CAP 3: I SOFISTI

Come detto in classe dei sofisti (= filosofi itineranti che insegnavano filosofia in cambio di denaro) sappiamo poco e siamo pesantemente influenzati dall'immagine negativa che di loro ci ha trasmesso Platone, che li odiava e li considerava pericolosi.

Nella Repubblica appare Trasimaco (in greco Θρασύμαχος; Calcedonia, 460 a.C. circa – dopo il 413 a.C.), che difende la famosa massima:

« Il giusto altro non è che l'utile del più forte. »

(Trasimaco, citato in Platone, Repubblica)

Di suo resta qualche frammento di un'opera di retorica (= arte di parlar bene).

Ma il sofista più famoso è Protagora (nato 481 a.C.), soprattutto perché Platone ha intitolato un suo dialogo col suo nome. Di Protagora tutti riferiscono la famosa massima: "l'uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono". Cioè tutto è relativo.

Il dialogo è datato post 388 a.C. Nel Protagora Socrate (che parla in prima persona) incontra alcuni amici che gli fanno domande imbarazzanti sul suo rapporto con Alcibiade, politico ateniese, che aveva già fatto la corte a Socrate nel dialogo "Il Simposio". Alcibiade vorrebbe una relazione anche fisica con Socrate, che invece preferisce un amore "platonico".

L'amico di Socrate gli fa notare che ad Alcibiade è spuntata la barba. Socrate ribatte ribatte citando Omero "che ha detto che il momento più affascinante della giovinezza è lo spuntare della prima barba", poi però cambia discorso e racconta della sua recente visita a casa di Callia, ricco mecenate ateniese che ha l'onore di ospitare il celebre Protagora. Un altro amico di Socrate, Ippocrate (non il medico un omonimo), non vedeva infatti l'ora di incontrare Protagora, e Socrate accetta di accompagnarlo.

"Molto bene. Tu ed io andremo da Protagora, pronti a dargli una ricompensa in denaro per la tua educazione: se basteranno le nostre ricchezze lo convinceremo con queste, altrimenti spenderemo anche quelle dei nostri amici. Se qualcuno, vedendo che ci diamo tanto da fare, ci domandasse: Ditemi, Socrate e Ippocrate, chi è Protagora al quale volete dare i vostri soldi? Cosa gli potremmo rispondere? Con quale altro nome sentiamo chiamare Protagora? Sentiamo, per esempio chiamare Fidia scultore e Omero poeta, ma che nome sentiamo dare a Protagora?"

"Socrate, lo chiamano sofista".

"Andiamo dunque a dargli denaro in quanto sofista?"

"Sì".

[312] "Se poi ti si domandasse: Tu stesso vai da Protagora per diventare chi?"

E quello, arrossendo - infatti si stava già facendo giorno, perciò lo si poteva vedere chiaramente -, disse: "Se c’è qualche somiglianza con gli esempi precedenti, è chiaro che vado da lui per diventare sofista".

"E tu, per gli dei, non ti vergogni di presentarti ai Greci come un sofista?"

"Sì, per Zeus, Socrate, se devo dire quello che penso".

"Forse, Ippocrate, tu credi che l’insegnamento che riceverai da Protagora non sarà di questo tipo, ma come quello che si riceve dai maestri di grammatica, di musica e di ginnastica. Infatti non hai appreso queste discipline per esercitare un mestiere, per diventare cioè un professionista, ma per la tua educazione, come si addice a un libero e privato cittadino".

"Mi sembra che sia piuttosto questo il tipo di insegnamento di Protagora".

"Sai quello che stai per fare ora o ti sfugge?"

"Riguardo a che cosa?"

"Riguardo al fatto che stai per affidare la tua anima a un uomo che, come affermi, è un sofista. Mi stupirei, poi, se tu sapessi cosa sia mai un sofista. Se lo ignori non sai neanche a chi affidi la tua anima e neanche se questo è un bene o un male".

"Credo di saperlo".

"Dimmi, chi pensi che sia un sofista?"

"Io credo che sia un esperto del sapere, come dice il nome".

"Che siano esperti del sapere si può dire anche dei pittori e degli architetti. Se qualcuno però ci chiedesse: Di quale sapere sono esperti i pittori? Potremmo dirgli che sono esperti della rappresentazione delle immagini, e così di seguito. E se qualcuno chiedesse: Di quale sapere è esperto il sofista? Cosa gli potremmo rispondere, di cosa si occupa?"

"Cos’altro potremmo dire, Socrate, se non che si occupa di rendere abili nel parlare?".

"Forse diremmo la verità, ma sicuramente non sarebbe sufficiente. La risposta richiederebbe infatti un’altra domanda: su quale argomento il sofista rende abili nel parlare? Il maestro di cetra, per esempio, rende abili nel parlare su quello che sa, cioè l’arte di suonare la cetra. Non è vero?"

"Sì".

"Bene. Su quale argomento il sofista rende abili nel parlare? Evidentemente su ciò che sa".

"E’ naturale".

"Di cosa è esperto il sofista e di cosa può rendere esperto anche l’allievo?"

"Per Zeus, non sono capace di risponderti".

[313] "Allora? Capisci a quale pericolo stai per esporre la tua anima? Se tu fossi costretto ad affidare a qualcuno il tuo corpo, rischiando che questo possa diventare forte o debole, rifletteresti a lungo se farlo o meno, chiederesti consiglio ad amici e familiari, penseresti per molti giorni. Al contrario, per quanto riguarda la parte che consideri più importante del corpo, l’anima, e dalla cui condizione dipende la felicità o l’infelicità della tua vita, non hai chiesto il consiglio né di tuo padre né di tuo fratello né di nessuno di noi, tuoi amici, sulla necessità di consegnare o meno la tua anima a questo straniero venuto fino a qui: ne senti parlare la sera, come tu stesso dici, e sul far dell’alba ti presenti, senza parlarne prima e senza chiedere se convenga o meno affidarti a lui. Sei pronto a spendere il tuo denaro e quello dei tuoi amici, come se ormai avessi deciso che è strettamente necessario per te frequentare Protagora, che neanche conosci - come tu stesso affermi - e con il quale non hai mai parlato. Per di più lo chiami sofista, ma è chiaro che ignori chi sia un sofista, al quale pure stai per affidarti".

Sentite queste parole, disse: "Pare proprio così, Socrate, in base a quello che dici".

"Il sofista, Ippocrate, non sembra forse una specie di negoziante o venditore delle merci di cui si nutre l’anima? Credo che sia qualcosa di simile".

"Ma, Socrate, di cosa si nutre l’anima?"

"Di conoscenze, certamente. Fai però attenzione, mio caro, che il sofista, lodando quello che vende, non ci truffi, proprio come coloro che vendono gli alimenti per il corpo, cioè il negoziante e il commerciante. Questi infatti delle merci che portano non sanno quale sia utile e quale dannosa per il corpo, ma per venderle le lodano tutte. Non lo sanno neanche quelli che comprano da loro, a meno che non capiti un maestro di ginnastica o un medico. Allo stesso modo anche coloro che portano le conoscenze in giro per le città e le vendono a chi di volta in volta le richiede, lodano tutto quello che vendono, ma forse qualcuno, mio caro, ignora cosa sia utile e cosa dannoso per l’anima tra le cose che vendono. Lo stesso succede anche a quelli che comprano da loro, a meno che non capiti un medico dell’anima. Ora, se riesci a sapere quali tra questi insegnamenti risulti utile o dannoso, potrai tranquillamente comprarli da Protagora o da chiunque altro. Al contrario, caro amico, stai attento a non mettere a rischio e a giocare a dadi quanto vi è di più caro.

[314] Si rischia molto di più nell’acquistare gli insegnamenti che non i cibi. I cibi, infatti, e le bevande, una volta acquistati dal venditore o dal commerciante, si possono portare via in altri recipienti. Prima di berli o mangiarli si può, dopo averli riposti in casa, chiedere consiglio, domandare a un esperto se va bene mangiarli o meno, in quale quantità e quando. In questo modo non si rischia molto nell’acquisto. Al contrario, non è possibile portar via le conoscenze in un altro recipiente, ma, dopo aver pagato il prezzo pattuito, acquisito e ricevuto l’insegnamento nell’animo bisogna andar via o con un danno o con un beneficio. Esaminiamo dunque queste affermazioni anche con coloro che sono più vecchi di noi. Noi, infatti, siamo ancora troppo giovani per risolvere una questione così importante. Ora, come era nostra intenzione, andiamo e ascoltiamo Protagora e, dopo averlo ascoltato, discuteremo anche con gli altri. Lì infatti non c’è solo Protagora, ma ci sono anche Ippia di Elide - credo che ci sia anche Prodico di Ceo - e molti altri sapienti".

Presa questa decisione ci incamminammo. Giunti nel protiro ci fermammo e concludemmo un discorso che avevamo cominciato per strada. Non volevamo lasciarlo incompiuto, ma entrare dopo averlo finito: ci fermammo nel protiro e parlammo finché non ci convincemmo l’un l’altro. Avevo l’impressione che il portiere, un eunuco, ci stesse ascoltando e sembrava che si fosse irritato con i visitatori per la folla dei sofisti. Bussammo alla porta: ci aprì, ci vide e disse: "Ecco altri sofisti! Il padrone non ha tempo!". E chiuse con tutte e due le mani la porta con tutta la forza che poteva. E noi bussammo di nuovo. Quello, a porta chiusa, ci rispose dicendo: "Ma insomma, non avete sentito che è occupato?"

"Amico, non veniamo per Callia e non siamo sofisti. Forza, apri! Siamo venuti per vedere Protagora. Digli che siamo qui!" Alla fine a malincuore ci aprì la porta.

[315] Entrati, incontrammo Protagora che passeggiava nel primo portico.

Se vuoi sapere come andò l'epico scontro tra Socrate e Protagora leggi in resto del dialogo nel

Testo completo

In altra parte del dialogo Protagora racconta un mito per spiegare come nasca la società politica.

Un altro dialogo platonico prende il nome da un sofista molto celebre Gorgia. In questo dialogo però l'interlocutore principale di Socrate è un altro sofista di cui pochissimo si sa Callicle (in greco antico: Καλλικλῆς, Kalliklès; Atene, V secolo a.C. – forse 403 a.C.).

Tutto il testo del Gorgia.

ESERCIZIO PRE-ESAME

Legge di natura e legge umana secondo Callicle. Leggi il brano. Individua la tesi di Callicle e riassumila.

La tesi di Callicle, a differenza di quella, realistica, del Trasimaco della Repubblica, è chiaramente indirizzata contro la democrazia. Callicle non fonda la legittimità naturale - o nomos secondo natura - sulla mera forza, per non inchinarsi alla potenza del numero e quindi all'uguaglianza democratica, ma sull'ideale aristocratico della prevalenza del "migliore", che riesce a liberarsi dai legacci delle leggi e delle convenzioni per diventare, da schiavo, padrone. (484a)

Spiega le frasi:

"quelli che fanno le leggi sono i deboli"

"In molti casi, anzi, natura e legge sono in pieno contrasto tra loro".

Componi un elaborato a commento di quanto sostenuto da Callicle analizzando soprattutto il passaggio:

"Ma, io credo, qualora nascesse un uomo che avesse adeguata natura, scossi via da sé, spezzati tutti questi legami, liberatosi da essi, calpestando i nostri scritti, i nostri incantesimi, i nostri prestigi, le nostre leggi, tutte contro natura, emergendo, da nostro schiavo, lo vedremmo nostro padrone, e qui, allora, di luce limpidissima il diritto di natura splenderebbe."

Analisi e riassunto del Gorgia.

Anche in slides.