HERDER E KANT: NAZIONALISMO E COSMOPOLITISMO

Johann Gottried Herder (adattameto dalla voce di wikipedia)

Riassunto: Herder (1744-1803) in "Idee zur Philosophie der Geschichte der Menschheit" del 1784-1791 (Idee per la filosofia della storia dell'umanità) fonda un nazionalismo su base linguistica. In polemica col suo maestro Kant e gli illuministi pare contestare l'idea di individuo umano dotato delle stesse capacità critiche; le persone sono diverse a seconda delle culture cui appartengono.

Riprende Montesquieu che diceva i sistemi politici e legislativi dipendere da usi e tradizioni locali.

La cultura = modo di pensare è pesantemente influenzata dalla lingua usata da ciascun popolo. La lingua e la cultura riflettono il Volksgeist (spirito del popolo).

-La lingua è come una pianta che cresce e si sviluppa secondo la terra e il clima e pertanto, poiché «ogni lingua ha il suo proprio carattere nazionale», la nostra lingua materna corrisponde al nostro carattere e al nostro peculiare modo di pensare.

-Il problema che deriva da questa premessa è quello di come sarà mai possibile comprendere realmente le lingue straniere.

-Necessità di leggere nella lingua originale ogni spirito che in quella lingua si sia espresso.

Proprio perché patriota e cultore delle caratteristiche nazionali di ogni lingua, Herder è ostile al regime prussiano di Federico II, denunciando nei suoi Fragmente über die neuere deutsche Literatur la politica culturale prussiana, allora improntata all'imitazione dei modelli francesi, ostacolo allo sviluppo della cultura e della lingua tedesca «lingua nazionale originale e peculiare, creazione di genere proprio, con affinità con le altre lingue ma che ha in sé il proprio archetipo».

Neanche gli piacciono gli imperi multietnici, tipo l'Austriaco, nel quale più nazionalità sono obbligate a vivere assieme.

-Herder non crede nella democrazia (tipo svizzero perché ai suoi tempi era quello svizzero uno dei pochi regimi democratici) - ma considera che essere libero significa «poter essere un uomo onesto e cristiano, possedere in pace, all'ombra del trono, la propria capanna e la propria vigna e godere il frutto del proprio sudore»: un patriottismo monarchico, dunque.

-Compito dello Stato è «favorire ciò che giace in una nazione e destare ciò che vi dorme».

Le nazioni hanno caratteristiche proprie, derivanti dalla loro generazione: «la generazione nazionale resta la stessa per millenni se non ha mescolanze estranee e opera con più forza se rimane avvinta alla sua terra come una pianta» e se avviene che influssi stranieri vi vengano introdotti, lo spirito nazionale non può che risentirne in negativo, come avvenne al tempo di Carlo Magno: «Orde di monaci e di preti franchi, la spada in una mano e la croce nell'altra, introdussero in Germania l'idolatria papale, i peggiori residui delle scienze romane e il gergo più volgare [...] la lingua dei monaci recò eterna barbarie alla lingua del paese e, penetrando nelle fibre della letteratura, avvelenò lo spirito nazionale [...] ora i popoli tedeschi sono spogliati della loro nobiltà per la loro mescolanza, hanno perduto la loro natura durante una lunga servitù di pensiero [...] se la Germania fosse stata guidata soltanto dalla mano del tempo al filo della sua stessa cultura, certamente la nostra cultura sarebbe ora più povera e angusta ma almeno sarebbe fedele alla sua terra, archetipo di se stessa, e non sarebbe così sfigurata e divisa».

Quindi per Herder, l'impero romano rovinò la Germania e gli altri popoli conquistati perché volle distruggere i caratteri nazionali, ignorare le tradizioni dei singoli popoli, organizzare come un meccanismo la vita umana; dopo la sua caduta vi fu «un mondo completamente nuovo di lingue, di costumi, di inclinazioni». L'intervento dei Germani nella scena della storia fu positivo, apportando nuova linfa e nuovi valori: «le belle leggi e conoscenze romane non potevano sostituire le forze scomparse, non potevano reintegrare nervi che non avvertivano più alcuno spirito vitale, non stimolavano più impulsi spenti e allora nacque nel Nord un uomo nuovo» portatore di nuova forza, nuovi costumi «forti e buoni» e nuove leggi «spiranti coraggio virile, sentimento dell'onore, fiducia nell'intelletto, onestà e timore degli dei».

La critica di Herder va tuttavia al sistema politico del suo tempo, al «libero pensiero», al cosmopolitismo, a quanto doveva rendere felici gli uomini, ridotti a un «gregge governato filosoficamente». La felicità, per Herder, non può essere il derivato di un'unica causa valida ovunque, perché «ogni nazione ha in se stessa il centro della sua felicità».

Nell'animo umano si formano determinate disposizioni che, a un certo grado del loro sviluppo, si arrestano, cristallizzandosi e impedendo all'individuo ulteriori assimilazioni: «lo si chiami pure pregiudizio, volgarità, gretto nazionalismo, ma il pregiudizio è utile, rende felici, spinge i popoli verso il loro centro, li fa più saldi, più fiorenti alla loro maniera, più fervidi e quindi più felici nelle loro inclinazioni e nei loro obbiettivi [...] la nazione più ignorante, più ricca di pregiudizi, è spesso la prima: l'epoca delle immigrazioni di desideri stranieri, dei viaggi di speranze all'estero, è già una malattia, è una pienezza d'aria, una malsana gonfiezza, un presentimento di morte».

In Herder queste idee non si convertono immediatamente in un nazionalismo politico e aggressivo. Per Herder tutte le culture e tutte le nazioni hanno pari dignità, sono "tutte corde dell'arpa del Grande Maestro". Gli Illuministi fanno male a considerare la loro cultura e la loro epoca superiore alle altre.

Tanti popoli ma una sola umanità.

Alcune delle sue idee saranno portate agli estremi da filosofi successivi, tipo Fichte. Il Volksgeist, che per Herder era un concetto culturale, diventa in Fichte un fatto di razza, il Volksgeist tedesco è tedesco da quello degli altri popoli e si trasmette col sangue!

Non so voi, ma io trovo queste idee mostruose! E purtroppo cariche di gravi conseguenze sulla storia della Germania e dell'Europa tutta.

Ecco, se volete un'idea invece della filosofia di Immanuel Kant, è tutto il contrario.

Si veda:

Immanuel Kant, "Per la pace perpetua" (1795).