La giustizia distributiva (adattato da wikipedia)
L'utilitarismo è una teoria della giustizia secondo la quale è "giusto" compiere l'atto che, tra le alternative, massimizza la felicità complessiva, misurata tramite l'utilità.
Non hanno rilevanza invece considerazioni riguardo alla moralità dell'atto, o alla doverosità, né l'etica supererogatoria (eroica, che va al di là del dovere).
Non vi è alcun giudizio morale aprioristico. Si prenda ad esempio l'omicidio: questo atto può essere considerato "giusto" allorquando comporti come conseguenza uno stato sociale con maggiore utilità totale. Difatti potrebbe succedere che un solo individuo perda utilità dalla propria morte, allorché gli altri membri della comunità guadagnino in utilità dalla sua scomparsa.
Per tale ragione, si attribuisce all'utilitarismo una visione della giustizia di tipo consequenzialistico (altrimenti detto end-state oriented, o non aprioristico): la giustificazione di una scelta dipende dal risultato (in termini di utilità-felicità) che comporta per gli esseri sensibili.
Giustizia = gestione efficiente dell'utilità sociale.
Bentham individua come scopo dello stato garantire la «massima felicità per il massimo numero di persone». La giustizia è intesa come la massimizzazione del benessere sociale, quindi la massimizzazione della somma delle utilità dei singoli, secondo il noto motto benthamiano: "Il massimo della felicità per il massimo numero di persone." In verità una formala simile era stata coniata già prima di Bentham da Francis Hutcheson, nell'opera An Inquiry Concerning Moral Good and Evil (1725), nel cap. III § 8, afferma infatti che "la migliore azione possibile è quella che procura la maggiore felicità per il maggior numero; e la peggiore quella che, similmente, genera la miseria".
La giustizia è = massimizzazione del benessere sociale, la massimizzazione della somma delle utilità dei singoli.
J.S. MILL (1806-73)
Mill da giovane fu il segretario di Bentham. Anche lui utilitarista, propone di arrivare alla giustizia via un calcolo razionale ove GIUSTIZIA = il maggior bene per il maggior numero di persone possibile. Mill è però più preoccupato del suo maestro di limitare i possibili abusi di potere dello Stato. Lo Stato deve intervenire il meno possibile e limitare le libertà degli individui solo quando questo sia necessario a garantire loro la sicurezza (dottrina dello Stato minimo).
Nel saggio "La libertà" Mill afferma che tre sono le libertà civili fondamentali:
1) libertà di coscienza, pensiero e parola che per Mill, a differenza di Locke, sono assolute perché opinioni diverse (pluralismo) fanno sempre bene allo Stato (cfr. capitolo II).
2) libertà dei gusti, ovvero perseguire le soddisfazioni dei propri desideri come si preferisce
3) la libertà di associazione
La 1 e la 3 sono facili da intendere nelle loro ripercussioni, ma attenzione alla 2 che fa di Mill un antiproibizionista ("su se stesso, sulla sua mente, il suo corpo, l'individuo è sovrano"), figura rara nell'Inghilterra conformista e puritana della sua epoca. Per Mill l'unico limite posto alla propria soddisfazione, è quello di non ledere il diritto altrui.
"La libertà dell’individuo va limitata esattamente nella misura in cui può diventare una minaccia a quella degli altri"
(John Stuart Mill, Sulla libertà, 1858)
Perfino la poligamia dei Mormoni va rispettata (cap. IV).
Ho però avuto di recente una discussione col mio amico Louis Miller che sostiene scorretta questa mia interpretazione di Mill perché troppo moderna. Mill, secondo Louis, non è così progressista come pare a me. Non vi resta che leggere il saggio postumo "Sulla libertà" e decidere da che parte stare.
Qui sotto trovate uno schema che dovrebbe chiarire le differenze tra Mill e il suo maestro. Per approfondire vedi JS Mill Remarks on Bentham’s Philosophy, 1833.
Liberalismo UK
Limite dell’utilitarismo per John Rawls (1921-): VEDI J. Rawls, “A Theory of Justice” (1971) https://it.wikipedia.org/wiki/Una_teoria_della_giustizia
Schema Rawls:
LISTA DELLE LIBERTÀ DI BASE per Rawls (IN ORDINE D’IMPORTANZA):