Avvento 2009

Attesa

(Prima domenica d'Avvento)

L'altro giorno ero al supermercato a fare la spesa. C'era un bambino che frignava perché voleva una merendina. La mamma gliel'ha comprata, ma lui continuava a frignare perché la voleva subito. Non era capace di aspettare, non aveva il gusto dell’attesa. Ma poi sono arrivato alla cassa, e mi sono reso conto che neanche io avevo il gusto dell’attesa!

In effetti viviamo in una società che ha perso completamente il senso dell’attesa: vogliano tutto su­bito. Ma non ci rendiamo che tutto questo ci rende schiavi del desiderio, delle nostre voglie. Solo ri­scoprendo l’attesa ci renderemo liberi dentro. Sapendo aspettare il nostro cuore si allargherà, e allo­ra scopriremo che aspettare significa anche che siamo aspettati; non siamo solo noi che aspettiamo, ma c’è anche qualcuno che ci aspetta, qualcuno che ci attende che ha delle aspettative su di noi.

Ecco allora che il tempo di Avvento diventa un momento in cui allargare il cuore nell’attesa, ad al­zarti in piedi perché sei atteso, perché tu sei importante, perché tu hai un valore. Molti ti aspettano, Dio, l’eterno innamorato dell’uomo, ti aspetta perché tu possa vivere una vita vera e piena.

Speranza

(Seconda domenica d'Avvento)

Intimamente legata all’attesa c’è la speranza. In effetti riusciamo ad aspettare proprio perché speria­mo. Sarà forse proprio per questo che non c’è più, come dicevo la volta scorsa, il piacere dell’attesa: perché non speriamo più! E quello che fa più male è che sono proprio i giovani che hanno perso la speranza. L’aver rubato la speranza ai giovani penso che sia una delle colpe più gravi delle nostre generazioni di adulti.

I latini dicevano che la speranza è l’ultima dea, ad indicare che una volta che la si è persa non rima­ne più niente. E anche noi tante volte, ad indicare il suicidio, diciamo “un gesto disperato” cioè un gesto di chi è “senza speranza”.

Ma la speranza ha anche un’altra ‘dote’: mantiene giovani. Nel racconto evangelico della presentazione di Gesù al Tempio (quello che si legge il 2 febbraio, la Candelora) ci sono due persone che hanno molti anni, Simeone e Anna, ma che nel loro animo sono rimaste giovani. E sono rimaste così perché non hanno mai smesso di sperare. E la forza di questa speranza ininterrotta è che la loro speranza è basata sulla parola di Dio. Dio mantiene le sua promesse, anche a costo di farsi inchiodare ad una croce.

Che questo tempo di Avvento sia l’occasione per noi di tornare a sperare, ma soprattutto di essere segno di speranza per tutti i disperati che ogni giorno incontriamo nella nostra vita.