Il significato della sessualità (seconda parte)

La volta scorsa abbiamo visto alcuni significati della sessualità umana. La sessualità come:

    • uscita da sé stessi;
    • via per il superamento dell’egoismo;
    • profezia, morte e risurrezione.

Ma come vi anticipavo c’è ancora un significato nella sessualità, ed è quello che vedremo questa sera.

Nel brano della Genesi letto la volta scorsa (Gen. 3, 6-10) c’è un piccolo particolare. Abbiamo Dio, Eva e l’uomo. Eva e Adamo sono in rapporto con Dio, la persona per eccellenza, e quindi, come abbiamo visto la prima serata, si stanno personalizzando per mezzo dell’amore divino partecipato, donato. Quando Eva rompe il rapporto con Dio e si concentra su un oggetto, che poi è un albero, succede questo fatto drammatico: l’essere umano cessa di personalizzarsi e si oggettivizza. Con questo processo l’uomo scopre la morte, perché ha rotto il rapporto con Dio, che è la vita e l’unica fonte di vita (cfr. ad esempio: Sal 35,10: “È in te la sorgente della vita”; Sal 96,10: “Odiate il male, voi che amate il Signore: lui che custodisce la vita dei suoi fedeli li strapperà dalle mani degli empi”, ma è un concetto presente in tutta la Bibbia). Eva in rapporto con Dio è in rapporto con la vita. Troncando il rapporto con la vita, è logico che si aspetti che questo oggetto, questo albero, le dia la vita. Capite perché la volta scorsa ho detto che il momento in cui l’adolescente si innamora per la prima volta è molto importante: è la prima vittoria sul peccato originale.

Quando Eva si stacca da Dio e si attacca ad un oggetto, si attacca alla morte.

Una piccola digressione. Con questo attaccarsi agli oggetti, inizia anche tutto il problema ecologico, cioè il problema di avere sempre più oggetti per essere più forti e per essere rassicurati nella vita. Si comincia ad abusare, a sfruttare la terra, tutto quanto, anche l’uomo, per avere di più. Se io voglio salvare me stesso devo procurarmi più oggetti, ma se poi devo badare anche ad una famiglia ne devo avere ancora di più. Se poi appartengo ad una tribù, ad un popolo, allora devo fare in modo che abbia di più di ogni altro, deve possedere tutto il mondo. Ci si scorda che la terra in fondo è una mela: prima l’abbiamo mangiata, prima è finita. Il cosmo non è infinito. Che sia infinito è la grossa bugia consumista che ci fa credere che tutte le risorse siano illimitate. Il problema ecologico è veramente già presente qui, nel terzo capitolo della Genesi, quando l’essere umano inizia a pensare di salvare sé stesso tramite gli oggetti.

Ma Adamo ed Eva scoprono che non è vero, che gli oggetti non danno la vita, ed ecco allora in sottofondo questa grande tragedia, che è impossibile sopravvivere. E difatti Gesù nel Vangelo dice continuamente: cosa ti serve se conquisti tutto il mondo e perdi la tua anima? (Mt 16,26; Mc 8,37; Lc 12, 13-31) Questa è proprio la risposta di Cristo a questa domanda, a questo problema. C’è sempre questa discussione: o l’oggetto o la persona.

Però Adamo ed Eva scoprono che la salvezza ci sarà soltanto quando si ritroverà una relazione definitiva. L’uomo si salva, si sente esistenzialmente sicuro, se è rafforzato da una relazione che non lo lascia più spaventato, insicuro, incerto, ma che lo renda sicuro che questa relazione non si tronca più, non finirà mai. La prima esigenza umana è la ricerca della certezza esistenziale, l’essere rassicurato nella propria esistenza. Per rispondere a questa esigenza l’uomo cerca questa certezza da diverse cose, dagli oggetti innanzi tutto e quindi ha inventato diverse strade. Ma la grande scoperta che fanno Adamo ed Eva dopo essersi trovati vulnerabili e minacciati (lo scoprirsi nudi e provarne vergogna) è che questa certezza esistenziale sarà garantita solamente da una relazione definitiva. È una grande scoperta: sentirsi sicuro non significa dormire su di un granaio pieno, ma avere una persona fedele che malgrado tu divenga un disgraziato non ti abbandona, che malgrado tu non divenga un eroe nazionale non ti abbandona, che malgrado tu fallisca in pieno non ti abbandona. La soluzione non arriva da un oggetto, ma dalla relazione.

Ma come si percepisce che questa relazione è definitiva? come ci si può rendere conto che ci si lega ad una persona in maniera definitiva? È la grande questione!!! È la questione eterna, ed è una questione che si perpetua ancora oggi. Possiamo vedere che le proposte di soluzione sono le più svariate: dal timbro di un avvocato, a un anello, alla sessualità, a mille altre cose. Ma il problema è particolarmente drammatico oggi. Questa è un’epoca fortemente caratterizzata da una totale incertezza delle relazioni; è una crisi generale, non si ha nessun argomento che quella relazione è sicura. E allora come si arriva ad essere sicuri?

Giovannino Guareschi l’8 settembre del 1943 venne catturato dai tedeschi e internato in campo di concentramento in Germania perché rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò. Narra questa sua esperienza nel libro “Diario clandestino”. In esso racconta anche l’episodio di un ufficiale italiano, padre di due figli, che poco prima della cattura aveva acquistato due tavolette di cioccolato per loro. Erano per loro, e anche se aveva fame non le toccò. La fame era tanta. Questo ufficiale morì di fame, tenendo in mano le due tavolette di cioccolata per i figli. Amava i figli più della sua vita, cioè più di sé stesso.

L’unica certezza, ci dice l’antropologia, è la morte, la morte per l’altro. L’unico argomento che ancora convince l’uomo che è amato è se uno muore per lui. Capite perché in ogni religione, non solo in quella cristiana, al centro c’è un sacrificio di qualcuno per qualcun altro, perché è ancora l’unico argomento che può convincere l’uomo che qualcuno ha scelto lui e non sé stesso.

La morte per l’altro significa uscire da sé stessi e scegliere l’altro, cioè creare la relazione vera. Perché se io ho ancora una riserva, se mi lascio una possibilità di scappare, allora non sono ancora uscito totalmente da me stesso, ancora non ho creato una relazione definitiva. E siccome l’essere umano non si soddisfa con le caramelle, né con le parole, vuole qualcosa di molto più forte che lo convinca che è amato, è una situazione molto crudele. Perché l’uomo non si accontenta se non vedendo che uno letteralmente ha scelto lui al posto di sé. Ma ha scelto l’altro al posto di sé in maniera definitiva, non approssimativamente, non circa, non sino a un certo punto e non oltre. La morte per l’altro non è una commedia, non sono belle parole, ma un fatto concreto.

Ed è sempre qui, in Gen 3, che l’essere umano fa la scoperta della sessualità. C’è questo piccolo particolare delle famose foglie di fico, fonte di tante battute perché in fondo non si riesce a capire. Adamo ed Eva si coprono gli organi sessuali, e con questo dicono praticamente questo: siccome se io muoio per te, tu rimani sola, (e viceversa) e allora assaggerai veramente la solitudine, scegliamo un simbolo, un segno, in modo che, quando tu lo vivi è la stessa cosa che se io morissi per te. Questo simbolo deve dire la stessa cosa che morire per te. Perché se realmente moriamo, non viviamo, ma se non moriamo, non sei convinto che io ti amo, e se non sei convinto di essere amato, non riesci ad amare nessuno. Questo ultimo punto è logico. Non si può dare ciò che non si ha. Se vuoi essere una persona che può amare, devi prima sentire di essere una persona amata. Ma se per essere sicuro di essere amato l’altro deve morire, alla fine ti ritrovi solo.

Capite quindi la necessità di trovare qualcosa, un simbolo, che dica la stessa cosa della morte per l’altro. Se quindi la cosa a cui aspiriamo, di cui abbiamo bisogno, è una relazione definitiva che mi dia la certezza di essere amato, vediamo allora che Dio ci ha fatto in maniera che ci sono fisiologicamente, nel corpo umano, due organi creati nel maschio e nella femmina per esprimere l’unione fisica. L’uomo, distinguendosi dal mondo animale, scopre il significato di questa unione fisica. È questa la distinzione con gli animali: l’uomo è in grado di comprendere il significato della sua struttura fisiologica, antropologica e psicologica, e di tante altre cose. Si tratta quindi di trovare qual è il significato del fatto che Dio ci ha fatto in modo che l’uomo e la donna si possano unire fisicamente, ci deve essere una ragione.

In pratica Adamo ed Eva si sono detti: se noi aspiriamo ad una relazione definitiva e se noi vediamo che abbiamo due organi corporali che sono fatti per questo, occorre scavare dentro di noi per trovare il significato. E sono arrivati a scoprire che la sessualità è simbolo della morte per l’altro. E allora si sono coperti la genitalità dicendo praticamente: “nessuna donna tranne te vedrà e vivrà la mia sessualità, nessun uomo tranne te vedrà e vivrà la mia sessualità”. Attraverso il coprirsi la genitalità, l’uomo scopre questo simbolo della sessualità come via per arrivare alla certezza che sei amato (il senso del pudore c’è in ogni cultura, ogni cultura ha un simbolo che è esclusivo di un rapporto molto particolare e intimo come quello tra marito e moglie). Siccome io posso morire una sola volta, ecco che coprendomi gli organi della comunione, dell’unione, dell’amore, io rendo visibile che tu sei l’unica persona che li vede e che li vive, e allora è come se io morissi, perché solo a te io mi dono.

E questo ci introduce in un’altra dimensione dell’amore erotico: l’esclusività. In questo l’amore erotico è in contrasto con tutti gli altri amori. Più figli uno ha, e più padre o madre si sente; lo stesso per l’amicizia: più amici hai più sei amico. L’amore erotico invece è all’opposto: ti dà soddisfazione esistenziale solamente se è portato all’estrema esclusività. Sei convinto solamente quando tu vedi che una persona, tra tutti i miliardi di persone, si stacca da tutti e dice: per me sei la più importante di tutto il resto, persino della mia stessa vita. E fino a quando l’essere umano non arriva a questa coscienza che per qualcuno è più importante di tutto il resto, tanto che l’altro muore per lui, non si accontenta. Proprio questo costituisce la differenza tra l’amore erotico e l’amicizia, perché se uno dice: “io muoio per te, ma anche per ... e per ...” non è amore erotico. Ci deve essere un “io”: proprio io sono quella persona per cui lui (lei) muore, non noi. È l’unico amore che è esclusivista; se ti vuole dare soddisfazione esistenziale, te la può dare solo nel massimo dell’esclusività. L’amore erotico è proprio rovesciato: è una relazione definitiva ed esclusiva. E per questo si coprono gli organi sessuali che diventano esclusivi per una persona.

Capite cosa succede se noi miniamo o mandiamo per aria questo significato della sessualità. Se prendiamo le statistiche vediamo che tanta gente non si sente amata, che si è pieni di sospetti e di dubbi uno nei confronti dell’altro. In questa cultura del sospetto è difficile pensare di riuscire ad amare realmente. È difficile perché l’assioma antropologico a riguardo dell’amore è che se non sono amato non posso amare. Io succhio, prendo, ma non posso dare. Se una mamma non è amata, lei ama i propri figli perché i bambini danno alla mamma più soddisfazione e tenerezza del marito, perché per una donna la tenerezza è indispensabile (ma anche per l’uomo, non pensate che è una cosa solo da donne). Ma se la donna non riceve una certa dose di tenerezza allora diventa nevrotica, la tenerezza è come il cibo, se ti manca sei sottoalimentato. Se questa mamma non ha la certezza che è amata, ama i propri figli, ma perché ha bisogno di loro. Ecco allora i figli come soprammobili, come oggetti preziosi, non come persone. I figli come monumenti personali, come progetti personali dei genitori. Oppure dall’altra parte i figli estranei: “vuoi fare il medico? fai il medico; vuoi fare il vagabondo? fallo. Noi abbiamo la nostra vita, tu vivi la tua”. Sono esempi drammatici, ma purtroppo reali.

Oggi tutti dicono che il mondo è in crisi, che c’è una generale crisi di valori. Ma questa è una frase che non dice niente, non si ha il coraggio di scavare fino in fondo e di ammettere che molta di questa crisi è dovuta al fallimento dell’amore erotico. Questo perché nessuna persona è sicura di essere amata. In ogni ambiente, chiesa inclusa, ci si da gomitate per vedere chi è più forte, e questo perché nessuno si sente amato e di conseguenza è in grado di amare. Se l’uomo si potesse convincere da solo che è amato sarebbe più facile, ma non può farlo, deve essere amato o niente. Se una donna non si sente amata non può amare i figli, i vicini, le colleghe, lo straniero che passa per strada; se un uomo non si sente amato non può amare i figli, i vicini, i colleghi. Dio ha fatto l’uomo così che l’amore erotico è la strada regale, principale per convincersi esistenzialmente che è amato.

Se noi mandiamo all’aria il simbolo erotico, sessuale, con che cosa l’uomo può dimostrare che ama? È una domanda seria, che però oggi nessuno fa più, nessuno ha più coscienza di questa sete d’amore che ognuno di noi ha, ed è per questo che il mondo occidentale attraversa questa crisi così profonda. La cosiddetta crisi di valori è questa, perché i valori stanno in piedi solo se c’è l’amore, altrimenti prima o poi crolla tutto perché senza amore è puro volontarismo, pura ideologia, quando non un puro indottrinamento.

L’amore erotico è la base della società, su di esso si basano tutti gli amori: l’amore paterno, quello materno, l’amore per il vicino, per il collega, per l’estraneo. È la più perfetta spiegazione dell’amore di Dio, tanto che, come abbiamo già accennato la volta scorsa, non c’è differenza tra l’amore di Cristo sulla croce e quello del marito e della moglie che si amano carnalmente. Quindi è una cosa molto profonda, è la base della società perché è la base della certezza che l’uomo è amato. Un marito non amato è come una sedia per aria: nessuno vi si può sedere perché cade. Prima bisogna avere un pavimento per poggiarvi la sedia e solo dopo ci si può sedere. Se la moglie non è questo pavimento, il figlio non si può sedere sulla sedia che è il padre, ma neanche il vicino, il collega, nessuno. E lo stesso per la moglie. Senza amore è anche lei come una sedia per aria. Se il marito non è il pavimento nessuno si può sedere. Perché se non si è amati non si può amare, invece di amare si cerca disperatamente questo appoggio. Quante volte, dopo che i figli sono andati via da casa perché maturano, perché si sposano, si apre una crisi terribile dei genitori, perché non hanno avuto un forte rapporto tra di loro. Allora capite che i bambini più sani affettivamente non sono tanto quelli che sono stati ricoperti di cure, ma quelli che hanno genitori che si amano tra loro e che in questo amore sono inseriti. La cosa migliore che un padre può fare per i propri figli è amare la propria moglie, e la cosa migliore che una madre può fare per i propri figli è amare il proprio marito.

Certo che l’affermazione che la base di tutti gli amori è l’amore erotico è molto forte. Allora bisognerebbe sposarsi tutti? Non è proprio così. L’amore erotico è la scuola in cui una persona impara che è amata e impara ad amare. Lo scopo del matrimonio è creare la comunità umana, la comunione, la tenda di Dio su questa terra. Siccome Dio ci ha creati come maschi e femmine, come esseri sessuati, non c’è altra via che l’amore erotico per imparare ad amare e a essere amati. Però ad un certo punto s. Paolo (1Co 7, 6 e segg.) dice che è meglio esser soli che sposati. Allora vediamo di chiarirci bene. Paolo parte da questo punto: l’uomo impara ad essere amato per mezzo del simbolo, e dall’essere amato poi impara che è cercato da Dio e che Dio lo ama. Però ci può essere il caso che Dio ti faccia un regalo, un suo dono personale. Questo dono è il carisma. Dio ad alcuni fa un dono particolare, per cui in maniera esperienziale o interna si rendono conto che sono amate da Dio. Ci sono cioè persone che hanno un’esperienza diretta dell’amore di Dio, altre invece a questa esperienza arrivano per mezzo di amori umani: in questi amori scoprono che c’è qualcosa al di là, qualcosa di universale e allora arrivano alla scoperta dell’amore personale di Dio in questi amori.

Il carisma, il dono del celibato è questo: io avverto che sono amato da Dio direttamente, quindi non sono più una sedia per aria, ma in terra, senza aver bisogno dell’amore erotico. Capite perché Paolo, ragionando nell’ottica dei carismi, dice che è meglio essere soli, perché è più pieno di doni. È di più ma solo in questo senso. Non dice che è un privilegio, Paolo non parla di privilegi. Siamo noi che poi ci abbiamo messo i privilegi. Lui parla nel senso della relazione con Dio, nel senso dell’infusione di un dono diretto. Però la base antropologica intrinseca non è questa. L’uomo è creato uomo e donna affinché cercandosi scoprano Dio che li cerca e li trova. La via normale umana è la via dell’amore erotico.

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