Il coraggio di Davide

La mia impressione è che in genere ai cristiani interessi ben poco di Davide. Riteniamo che riguardi gli Ebrei.Dal momento però che noi crediamo a Gesù Figlio di Dio, il passato non ha più importanza. Ne abbiamo letto la storia, l’abbiamo trovata forse anche bella e piacevole, ma niente di più. Però in questo modo il concetto di Messia ci sfugge, e Cristo per noi non è altro che un altro nome di Gesù. Ma così ci viene a mancare l’ampiezza storica che ci permette di capire che Gesù è il Figlio di Dio MESSIANICO, capo dell’umanità nuova. È inutile proclamare che è Figlio di Dio se non si ammette la sua presenza e la sua missione nella storia. D’altra parte credo che il messianismo sia dentro di noi più di quanto pensiamo. Forse siamo impregnati di tanti messianismi che ci impediscono di cogliere il senso di quello vero. Sono i messianismi ideologici del progresso, dello sviluppo, della giustizia, della libertà, della democrazia, considerati come potenze liberatrici.

Soprattutto non possiamo rinunciare ad una visione del cammino umano verso una meta alta e definitiva: una visione del cammino umano non casuale, non pessimistica, non agonistica, ma colma di speranza in un futuro migliore e, se possibile, definitivo. Questa è la forma del messianismo storico.

Abbiamo staccato da Gesù i diversi messianismi. Consideriamo Gesù come Dio, e le realtà per cui ci battiamo (dalla giustizia alla libertà, la pace, ecc.) come realtà che riguardano solo gli uomini.

Oppure, all’opposto, abbiamo umanizzato Gesù confondendolo con un Messia liberatore dei poveri, liberatore politico.

Davide è importante perché ci sollecita a rimettere continuamente a posto la nostra cristologia che è sempre, nella pratica, un po’ zoppicante.

Ma forse Davide ci interessa poco perché ci interessa poco Gesù Cristo, mentre essere figli di Abramo vuol dire partecipare alla speranza di Abramo e di Davide, che è Gesù capo di un popolo, di una umanità storica, di un popolo nuovo. Non amiamo Davide perché non amiamo Gesù in tutta la completezza della sua realtà

Il messianismo davidico è storico-personale: il Messia cioè si trova in una discendenza e in una persona. Gesù riassume in sé tutti i diversi messianismi portandoli nella dimensione divina. Dio si comunica talmente all’uomo da suscitare l’uomo perfetto, Gesù Cristo Figlio di Dio, capo dell’umanità, speranza e centro di tutta la storia, sintesi di tutte le aspirazioni umane autentiche. Per capire quali siano queste aspirazioni dobbiamo però partire da ciò che Gesù rappresenta con la sua vita. Solo allora la nostra cristologia non sarà più ideologica o razionale o umanistica (come spesso accade), ma sarà cristologia biblica, cioè basata sulla parola di Dio.

Per capire Gesù come Messia potremmo leggere la Lettere agli Ebrei al cap. 11 che trova una conclusione in Eb. 12,1-2. Gesù è colui che dà inizio al grande cammino del popolo della fede, che inizia con Abramo, e lo fa culminare nella sua croce e risurrezione.

Ma cosa fa Gesù come perfezionatore della fede dell’A.T.?

- Ci libera dal peccato di Davide, della nostra umanità cattiva; ci libera dal peccato sociale, dall’ingiustizia, dalla schiavitù, ecc.

- Porta a perfezione le virtù di Davide, testimone intrepido della fede

- Insegna al suo popolo a entrare nelle prove di Davide e a superarle, come le ha superate lui

- Raggiunge e compie la speranza intravista da Davide: la pace, il Regno di Dio.

Il racconto (1 Samuele 17, 1-54)

I Filistei radunarono di nuovo l’esercito per la guerra e si ammassarono a Soco di Giuda e si accamparono tra Soco e Azeka, a Efes-Dammìm. 2Anche Saul e gli Israeliti si radunarono e si accamparono nella valle del Terebinto e si schierarono a battaglia di fronte ai Filistei. 3I Filistei stavano sul monte da una parte e Israele sul monte dall’altra parte e in mezzo c’era la valle. 4Dall’accampamento dei Filistei uscì un campione, chiamato Golia, di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. 5Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo. 6Portava alle gambe schinieri di bronzo e un giavellotto di bronzo tra le spalle. 7L’asta della sua lancia era come un subbio di tessitori e la lama dell’asta pesava seicento sicli di ferro; davanti a lui avanzava il suo scudiero. 8Egli si fermò davanti alle schiere d’Israele e gridò loro: “Perché siete usciti e vi siete schierati a battaglia? Non sono io Filisteo e voi servi di Saul? Scegliete un uomo tra di voi che scenda contro di me. 9 Se sarà capace di combattere con me e mi abbatterà, noi saremo vostri schiavi. Se invece prevarrò io su di lui e lo abbatterò, sarete voi nostri schiavi e sarete soggetti a noi”. 10Il Filisteo aggiungeva: “Io ho lanciato oggi una sfida alle schiere d’Israele. Datemi un uomo e combatteremo insieme”. 11Saul e tutto Israele udirono le parole del Filisteo; ne rimasero colpiti ed ebbero grande paura. 12Davide era figlio di un Efratita da Betlemme di Giuda chiamato Iesse, che aveva otto figli. Al tempo di Saul, quest’uomo era anziano e avanti negli anni. 13I tre figli maggiori di Iesse erano andati con Saul in guerra. Di questi tre figli, che erano andati in guerra, il maggiore si chiamava Eliab, il secondo Abìnadab, il terzo Samma. 14Davide era ancor giovane quando i tre maggiori erano partiti dietro Saul. 15Egli andava e veniva dal seguito di Saul e badava al gregge di suo padre in Betlemme.

16Il Filisteo avanzava mattina e sera; continuò per quaranta giorni a presentarsi. 17 Ora Iesse disse a Davide suo figlio: “Prendi su per i tuoi fratelli questa misura di grano tostato e questi dieci pani e portali in fretta ai tuoi fratelli nell’accampamento. 18Al capo di migliaia porterai invece queste dieci forme di cacio. Informati della salute dei tuoi fratelli e prendi la loro paga. 19Saul con essi e tutto l’esercito di Israele sono nella valle del Terebinto a combattere contro i Filistei”. 20Davide si alzò di buon mattino: lasciò il gregge alla cura di un guardiano, prese la roba e partì come gli aveva ordinato Iesse. Arrivò all’accampamento quando le truppe uscivano per schierarsi e lanciavano il grido di guerra. 21 Si disposero in ordine Israele e i Filistei: schiera contro schiera. 22Davide si tolse il fardello e l’affidò al custode dei bagagli, poi corse tra le file e domandò ai suoi fratelli se stavano bene. 23Mentre egli parlava con loro, ecco il campione, chiamato Golia, il Filisteo di Gat, uscì dalle schiere filistee e tornò a dire le sue solite parole e Davide le intese. 24Tutti gli Israeliti, quando lo videro, fuggirono davanti a lui ed ebbero grande paura.

25Ora un Israelita disse: “Vedete quest’uomo che avanza? Viene a sfidare Israele. Chiunque lo abbatterà, il re lo colmerà di ricchezze, gli darà in moglie sua figlia ed esenterà la casa di suo padre da ogni gravame in Israele”. 26Davide domandava agli uomini che stavano attorno a lui: “Che faranno dunque all’uomo che eliminerà questo Filisteo e farà cessare la vergogna da Israele? E chi è mai questo Filisteo non circonciso per insultare le schiere del Dio vivente?”. 27Tutti gli rispondevano la stessa cosa: “Così e così si farà all’uomo che lo eliminerà”. 28Lo sentì Eliab, suo fratello maggiore, mentre parlava con gli uomini, ed Eliab si irritò con Davide e gli disse: “Ma perché sei venuto giù e a chi hai lasciato quelle poche pecore nel deserto? Io conosco la tua boria e la malizia del tuo cuore: tu sei venuto per vedere la battaglia”. 29Davide rispose: “Che ho dunque fatto? Non si può fare una domanda?”. 30Si allontanò da lui, si rivolse a un altro e fece la stessa domanda e tutti gli diedero la stessa risposta. 31Sentendo le domande che faceva Davide, pensarono di riferirle a Saul e questi lo fece venire a sé. 32Davide disse a Saul: “Nessuno si perda d’animo a causa di costui. Il tuo servo andrà a combattere con questo Filisteo”. 33Saul rispose a Davide: “Tu non puoi andare contro questo Filisteo a batterti con lui: tu sei un ragazzo e costui è uomo d’armi fin dalla sua giovinezza”. 34Ma Davide disse a Saul: “Il tuo servo custodiva il gregge di suo padre e veniva talvolta un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge. 35Allora lo inseguivo, lo abbattevo e strappavo la preda dalla sua bocca. Se si rivoltava contro di me, l’afferravo per le mascelle, l’abbattevo e lo uccidevo. 36Il tuo servo ha abbattuto il leone e l’orso. Codesto Filisteo non circonciso farà la stessa fine di quelli, perché ha insultato le schiere del Dio vivente”. 37Davide aggiunse: “Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell’orso, mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo”. Saul rispose a Davide: “Ebbene va’ e il Signore sia con te”. 38Saul rivestì Davide della sua armatura, gli mise in capo un elmo di bronzo e gli fece indossare la corazza. 39Poi Davide cinse la spada di lui sopra l’armatura, ma cercò invano di camminare, perché non aveva mai provato. Allora Davide disse a Saul: “Non posso camminare con tutto questo, perché non sono abituato”. E Davide se ne liberò. 40Poi prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci dal torrente e li pose nel suo sacco da pastore che gli serviva da bisaccia; prese ancora in mano la fionda e mosse verso il Filisteo.

41Il Filisteo avanzava passo passo, avvicinandosi a Davide, mentre il suo scudiero lo precedeva. 42Il Filisteo scrutava Davide e, quando lo vide bene, ne ebbe disprezzo, perché era un ragazzo, fulvo di capelli e di bell’aspetto. 43Il Filisteo gridò verso Davide: “Sono io forse un cane, perché tu venga a me con un bastone?”. E quel Filisteo maledisse Davide in nome dei suoi dèi. 44Poi il Filisteo gridò a Davide: “Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche”. 45Davide rispose al Filisteo: “Tu vieni a me con la spada, con la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele, che tu hai insultato. 46In questo stesso giorno, il Signore ti farà cadere nelle mie mani. Io ti abbatterò e staccherò la testa dal tuo corpo e getterò i cadaveri dell’esercito filisteo agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche; tutta la terra saprà che vi è un Dio in Israele. 47Tutta questa moltitudine saprà che il Signore non salva per mezzo della spada o della lancia, perché il Signore è arbitro della lotta e vi metterà certo nelle nostre mani”. 48Appena il Filisteo si mosse avvicinandosi incontro a Davide, questi corse prontamente al luogo del combattimento incontro al Filisteo. 49Davide cacciò la mano nella bisaccia, ne trasse una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte. La pietra s’infisse nella fronte di lui che cadde con la faccia a terra. 50Così Davide ebbe il sopravvento sul Filisteo con la fionda e con la pietra e lo colpì e uccise, benché Davide non avesse spada. 51Davide fece un salto e fu sopra il Filisteo, prese la sua spada, la sguainò e lo uccise, poi con quella gli tagliò la testa. I Filistei videro che il loro eroe era morto e si diedero alla fuga.

52Si levarono allora gli uomini d’Israele e di Giuda alzando il grido di guerra e inseguirono i Filistei fin presso Gat e fino alle porte di Ekron. I Filistei caddero e lasciarono i loro cadaveri lungo la via fino a Saaràim, fino a Gat e fino ad Ekron. 53Quando gli Israeliti furono di ritorno dall’inseguimento dei Filistei, saccheggiarono il loro campo. 54Davide prese la testa del Filisteo e la portò a Gerusalemme. Le armi di lui invece le pose nella sua tenda.

Indicazioni del testo

Davide è un uomo di grande coraggio, e sono tanti i testi che lo testimoniano, ma quello che è rimasto più nella mente è quello del combattimento con il gigante Golia. Anche chi non “frequenta” molto la Scrittura conosce questa storia.

Da un punto di vista storico, però, è un po’ tenue perché il capitolo è di tradizione tardiva. Lo stesso libro di Samuele attribuisce la vittoria contro Golia ad uno dei guerrieri di Davide (2 Sam 21,19). Probabilmente c’è stata una certa confusione di dati; forse Davide ha ucciso un altro Filisteo, pure terribile e famoso, a cui in un secondo tempo si è dato il nome di Golia.

È tuttavia fondato nella storia il coraggio di Davide e il fatto che la Scrittura abbia collocato nel Primo libro di Samuele questo lungo e splendido racconto, indica che gli attribuisce un grandissimo valore simbolico.

I Padri della Chiesa l’hanno commentato a lungo e ne hanno fatto oggetto di catechesi attraverso i simboli: la lotta contro l’Avversario, il coraggio nell’affrontare il Nemico dell’umanità, il coraggio nelle tentazioni. Come spunto di meditazione mi limito a suggerire le tre parti in cui si può suddividere.

1 - La prima parte descrive la situazione. Prima di tutto quella del campo di battaglia (vv. 1-3). L’arte letteraria di questo brano è tra le più raffinate della Bibbia. Si fa vedere l’estensione del campo, un po’ come in un film c’è prima la visione d’insieme e a poco a poco si puntualizza meglio la scena. Nessun personaggio è individuato fina ad ora.

Dal v. 4 al v. 7 emerge la descrizione del campione, lentamente. Prima viene detto il nome, quindi si parla della sua statura, poi sono descritti l’elmo e la corazza pesantissima. Davanti a lui avanza il suo scudiero. Sembra quasi di vederlo in questa minuziosa descrizione e l’impressione che se ne prova è di terrore: si tratta di un gigante, di un uomo fortissimo.

I vv. 8-11 raccontano la sfida. Golia manda la sua sfida e comincia a mandare grida verso le schiere di Israele, e queste grida dicono disprezzo profondo

2 - La seconda parte (vv. 13-39) racconta l’arrivo di Davide al campo. Anche lui è descritto molto lentamente (ma non si parla dell’unzione che ha ricevuto da Samuele, della sua elezione divina). La scena è familiare, modesta, in contrasto con gli avvenimenti della guerra, e con quanto si è appena detto della forza di Golia.

A partire dal v. 23 si comincia a legare la storia del Filisteo con questo giovane servizievole, perché Davide si informa ed entra così nel movimento drammatico della storia. Eliab risponde male alle domande del fratello minore e lo rimprovera. Davide non si da per vinto, chiede ad altri, e alla fine decide di accettare lui la sfida. Notiamo il contrasto tra la paura degli Israeliti e l’offerta del ragazzo.

C’è poi il dialogo col re Saul. Bellissimo il v. 37: “Davide aggiunse: “Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell’orso, mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo”. Saul rispose a Davide: “Ebbene va’ e il Signore sia con te”".

Gli ultimi due versetti di questa parte sembrano far crollare tutto. Il re, che ha preso sul serio il giovane, gli pone addosso una pesante armatura. Ma quando a tutto questo aggiunge la sua spada, Davide si ribella e si libera di tutto quel pesante fardello.

3 - La terza parte (vv. 40-54) è il racconto di Davide in battaglia.Prima di tutto Davide si prepara col poco che ha, e solo con questo muove verso il Filisteo.

I vv. 41-47 riportano un lungo confronto verbale. Questi scontri verbali prolungati, con epiteti di ogni genere, sono tipici degli uomini dell’Antico Testamento, ed anche di tutte le culture del tempo.

Dal v. 48 al v. 51 l’azione è velocissima e il combattimento è descritto in poche righe. La conclusione è che gli ebrei riprendono coraggio, inseguono i nemici e riportano una vittoria strepitosa. Davide porta a Gerusalemme la testa di Golia.

Messaggi del testo

Ci domandiamo: quali sono i valori portanti di questa pagina biblica? Quali i sentimenti sottolineati? Quali i messaggi per gli autori sacri, ma soprattutto per noi?

Tra i tanti messaggi che si potrebbero sottolineare ne ho scelti due.

1 - Innanzi tutto la descrizione della paura irrazionale che prende il re e tutto Israele ( vv. 11 e 24). Se si considera bene tutto il racconto si comprende che è sproporzionata. Golia era molto alto, molto forte, un gigante, ma non poteva vincere tutto un esercito.

E difatti Davide lo ucciderà subito, e con un piccolo sasso, forse perché il filisteo non poteva muoversi tanto agilmente. La Bibbia gioca evidentemente con i simboli: un uomo fa paura al grande re Saul e al suo esercito - una piccola pietra però lo uccide. Per questo ho detto che si tratta di una paura ingiustificata, irrazionale, che ipnotizza il campo di Israele senza un vero motivo. La Bibbia fa vedere l’assurdità della paura anche perché, appena cade Golia, tutto Israele prende coraggio e vince il nemico. Ma avrebbe potuto vincerlo prima se non si fosse lasciato prendere dall’irrazionalità.

Troviamo qui l’interesse simbolico del racconto che la tradizione spirituale applica al Nemico dell’uomo, al Maligno che ci spaventa con poco, ci tiene assoggettati con timori vani, con angosce che, se analizzate a fondo, si rivelano irrazionali.

È un’esperienza spirituale molto importante che viene comunicata come messaggio perché noi, sia come persone singole che come comunità, come Chiesa, siamo spesso ipnotizzati dalla paura. E il Nemico, non avendo altro potere, conta molto su questa paura, amarezza, senso di frustrazione.

Golia aveva incantato il re e gli esercito con la paura. Quando il piccolo sasso lo colpisce, finisce l’incantesimo e tutti riprendono coraggio.

Sarebbe utile esaminare noi stessi ed esaminare il perché di certi cattivi umori sia personali che delle comunità cristiane: quando si comincia a lamentarsi di tutto e ci si accusa reciprocamente, cercando con affanno i motivi di ciò che non va bene, significa che siamo un po’ vittime dell’Avversario che infonde diffidenze e crea disagi. Al contrario, dove una comunità riesce a rallegrarsi di ogni piccolo dono di Dio, si prende coraggio e si affrontano le situazioni con maggiore chiarezza e obbiettività. A pensarci bene non c’è nessuna ragione reale per lamentarci, discutere, dividerci. Lo sguardo di fede è sufficiente per accettarci come siamo e per ringraziare il Signore della comunità che ci dona e ci affida.

2 - Un secondo messaggio del racconto lo colgo nella opposizione comica (il capitolo è pieno di aspetti umoristici) tra la prudenza politica di Saul e il coraggio teologico del piccolo Davide.

Il re vuole essere un uomo saggio e quindi scoraggia Davide (v. 33) Però la sua saggezza è sbagliata e la Bibbia mostra come Dio si prende gioco della cosiddetta prudenza politica che Saul sembra esercitare. Davide, infatti, rappresenta, di fronte alla prudenza politica, il coraggio teologico (vv. 36-37)

Sono chiaramente opposte le due maniere di agire. Davide ha delle ragioni su cui fonda il suo coraggio, che non è perciò né stupido né irrazionale. Queste ragioni però esigono l’accettazione di un uovo rischio: non è detto che possa riuscire ad uccidere un forte guerriero come ha ucciso l’orso e il leone. Ma ricordando ciò che Dio ha già compiuto per lui, comprende che ora gli domanda di fidarsi, di rischiare. E lo fa in maniera coerente, contando su quello che ha (bastone, pietre del torrente, fionda) e sulla parola del Signore.

Saul, che prima si è lasciato prendere dalla paura, dopo aver cercato di far desistere Davide dall’impresa, si arrende senza però capire che il giovane confida in Dio. Calcola tutto secondo una misura umana, lo ricopre dell’armatura e non capisce perché se ne sbarazzi e parta solo col bastone e la fionda.

Questo contrasto tra coraggio teologico e prudenza politica ritorna continuamente anche nella nostra vita e nella vita della Chiesa. La prudenza politica ci conduce ad esser sempre molto attenti alle circostanze, alle situazioni, a quello che gli altri possono dire, all’interpretazione che si darà della nostre parole e dei nostri gesti. Per certi versi è necessaria, ma non fa, come tale, camminare né i singoli né la Chiesa, se non c’è Davide che prende coraggio e va al di là.

Dovremmo chiedere spesso a noi stessi: “Ciò che sto facendo è frutto di coraggio, con prudenza spirituale e teologica, oppure è frutto di prudenza politica che non vuole rischiare?” Le due posizioni non sono contrarie al punto da non potersi conciliare, ma se si ha solo, come ispirazione, la prudenza politica, gli individui, ma anche la Chiesa, restano fermi, si difendono e non fanno altro. Se non interveniva Davide, gli uomini di Saul sarebbero rimasti immobili per sempre di fronte alle forze dei nemici. È Davide che rompe l’immobilità buttandosi al di là di ogni calcolo umano, disprezzando la paura irrazionale, sapendo che il Signore può tutto. Egli non prende il posto di Saul, peròSaul deve capirlo, se vuole uscire dall’immobilità.

Il coraggio di Gesù

Con l’aiuto della lettura e della meditazione dobbiamo domandarci: quando Gesù mostra coraggio, quando affronta l’Avversario, quando si confronta col Nemico?

Ho scelto quattro situazioni.

1 - Mc. 1,13-13. È il primo atto di coraggio di Gesù: Davide inizia col superare Golia, Gesù col superare le tentazioni nello scontro con l’Avversario. Marco, a differenza degli altri sinottici, descrive il fatto brevemente, solo una frase.

Il Re eterno ha dunque affrontato colui che fa paura, il Nemico dell’uomo, che lo tenta e vorrebbe schiacciarlo. La vita pubblica di Gesù inizia con questa lotta, per indicare che il suo messianismo è conflittuale, è un messianismo di combattimento, che egli rappresenta, come Davide, la figura del combattente. La Chiesa (ma anche ogni credente) quando si dimentica di questo, si stupisce delle difficoltà e dei problemi; si interroga sui suoi progressi senza pensare prima di tutto ad affrontare l’Avversario. Ma la vita della Chiesa è vissuta nel dramma quotidiano della lotta tra bene e male, tra luce e tenebre, tra Cristo e il Nemico dell’uomo.

2 - Mc 5, 1-20. Dopo aver affrontato il Nemico come tale, Gesù lo affronta mascherato in diverse situazioni. L’esempio che più colpisce è il suo coraggio contro le forze demoniache irrazionali che incrudeliscono attraverso l’indemoniato geraseno. Quest’uomo incute una paura irrazionale nella gente e la lotta di Gesù non è facile. Comincia col dire: “Esci, spirito impuro, da quest’uomo” (v. 8), ma il diavolo non esce e viene descritta la conversazione serrata.

È bello contemplare Gesù che combatte in noi l’irrazionale, tutto quello che non riusciamo a superare: l’angoscia, la nervosità, la paura, la confusione. Lotta per noi e ci porta verso l’ordine, l’armonia, la pace. Il racconto termina infatti dicendo che la gente vide il geraseno seduto, vestito con proprietà, sano di mente, mentre prima faceva del male a se stesso, cercando di uccidersi.

Vincendo il Nemico nell’uomo geraseno, Gesù ci da il coraggio per affrontare in noi e negli altri le forze irrazionali e tutti quegli inspiegabili turbamenti che tormentano l’umanità e che percepiamo come qualcosa di oscuro, che sono l’espressione della complessità della psiche umana. Gesù ci insegna a trattare queste forze in maniera da sviarle, da dirigerle verso sbocchi innocui.

3 - Mc 4,37-41. È il racconto della tempesta sedata, del coraggio di Gesù di fronte alle forze scatenate della natura, apparentemente indomabili. Gesù vince la paura dell’uomo di essere sopraffatto dalle forze naturali, dalla morte, e la vince con la calma e con la sua capacità di comunicarla agli apostoli e alla natura stessa. “Svegliatosi, minacciò il vento e disse al mare: ‘Silenzio! Calmati!’. E il vento cessò e si fece una grande calma” (v. 39). La paura degli apostoli era la paura fisica di morire, così grande da diventare amarezza contro Gesù. Gesù mostra che il suo coraggio nasce dalla fede.

Sappiamo vincere con il coraggio della fede la paura delle forze naturali, la paura della morte che certi disastri naturali possono provocare?

4 - Mc 8, 31-33. Il quarto passo l’ho scelto perché ci presenta Gesù di fronte alla prospettiva della morte e morte imminente. È chiaro che potremmo meditare il racconto dell’agonia nell’orto del Getsemani, ma ho preferito questo testo perché pone Gesù di fronte alla prospettiva della morte già durante la sua vita, quando ha da poco iniziato il suo ministero: “E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, essere respinto dagli anziani, i sommi sacerdoti, e gli scribi, essere messo a morte e, dopo tre giorni, risuscitare; e apertamente diceva queste cose. Allora Pietro, tirandolo in disparte, si mise a rimproverarlo. Ma lui, voltandosi e guardando i suoi discepoli, ammonì Pietro e gli disse: ‘Lungi da me, Satana! perché i tuoi pensieri non sono quelli di Dio, ma quelli degli uomini.’”

Contempliamo Gesù che parla della sua morte e che ritiene sia un’azione di Satana il distoglierlo da questo evento.

Come mai, Gesù, è capace di vincere la paura della morte e di parlare di questa morte come di qualche cosa che deve venire, che è nella volontà del Padre? Come mai è capace di superare la paura degli apostoli che non vogliono accettare le sue parole? Qual’è la chiave della sua vittoria?’.

Noi vediamo che il coraggio di Gesù non è semplicemente di chi dice: “Dio mi aiuterà”. È il coraggio di chi affronta tutto e avendo affrontato tutto affronta anche le piccole circostanze. Il suo è un coraggio ben superiore al coraggio di Davide che conta molto sul Signore e un po’ su di sé. Gesù ha la forza dei miracoli, sa vincere le potenze demoniache; ma qual è la sua forza contro la morte?

La sua forza è soprattutto quella di essere Figlio abbandonato al Padre, completamente donato a lui. La figliolanza è la sorgente della sua capacità di guardare in faccia alla morte, della sua libertà di cuore, del suo coraggio.

Gesù, nel piano divino, è al centro, è il Figlio che fino alla fine manifesta e compie la volontà del Padre.

Il coraggio teologico viene dallo spirito di figliolanza: sapersi nelle mani di Dio, il vero Padre di Gesù, e di conseguenza, nostro Padre; credere che Gesù ci rende partecipi dei suoi sentimenti di Figlio (cfr. 1Gv 3,1-2).

Salmo 121 (120)

Canto delle ascensioni.

1Alzo gli occhi verso i monti:

da dove mi verrà l’aiuto?

2 Il mio aiuto viene dal Signore,

che ha fatto cielo e terra.

3 Non lascerà vacillare il tuo piede,

non si addormenterà il tuo custode.

4 Non si addormenterà, non prenderà sonno,

il custode d’Israele.

5 Il Signore è il tuo custode,

il Signore è come ombra che ti copre,

e sta alla tua destra.

6 Di giorno non ti colpirà il sole,

né la luna di notte.

7 Il Signore ti proteggerà da ogni male,

egli proteggerà la tua vita.

8 Il Signore veglierà su di te, quando esci e quando entri,

da ora e per sempre.

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