Le prove di Davide

“Ricorsati di Davide, / Signore, di tutte le sue fatiche” (Sal 132,1). Si può anche tradurre: “Ricordati di Davide e di tutte le sue prove“. Ed è proprio a partire da queste prove che Dio preparerà per il suo Messia “una lampada; rivestirà di vergogna i suoi nemici e farà splendere su di lui il suo diadema” (cfr. vv. 17-18) Le prove di Davide occupano una gran parte dei libri di Samuele (e se sfogliamo la Bibbia ci accorgiamo che i titoli dei vari racconti, in questo senso sono molto indicativi), e ce ne siamo imbattuti nel corso di questi nostri incontri. Ma questa sera le affronteremo direttamente. Per comodità le divideremo in prove personali, politiche e familiari.

I racconti

1 Samuele 30, 3-8

3 Tornò dunque Davide e gli uomini che erano con lui ed ecco la città era in preda alle fiamme; le loro donne, i loro figli e le loro figlie erano stati condotti via. 4 Davide e la sua gente alzarono la voce e piansero finché ne ebbero forza. 5 Le due mogli di Davide, Achinoàm di Izrèel e Abigail, già moglie di Nabal da Carmel, erano state condotte via.

6 Davide fu in grande angoscia perché tutta quella gente parlava di lapidarlo. Tutti avevano l’animo esasperato, ciascuno per i suoi figli e le sue figlie. Ma Davide ritrovò forza e coraggio nel Signore suo Dio. 7 Allora Davide disse al sacerdote Ebiatar figlio di Achimelech: “Portami l’efod”. Ebiatar accostò l’efod a Davide. 8 Davide consultò il Signore e chiese: “Devo inseguire questa banda? La raggiungerò?”. Gli rispose: “Inseguila, la raggiungerai e libererai i prigionieri”.

1 Samuele 17, 6-8

6 Al loro rientrare, mentre Davide tornava dall’uccisione del Filisteo, uscirono le donne da tutte le città d’Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul, accompagnandosi con i timpani, con grida di gioia e con sistri. 7 Le donne danzavano e cantavano alternandosi:

“Saul ha ucciso i suoi mille,

Davide i suoi diecimila”.

8 Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole. Diceva: “Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dato mille. Non gli manca altro che il regno”.

2 Samuele19, 1-9a

1 Allora il re fu scosso da un tremito, salì al piano di sopra della porta e pianse; diceva in lacrime: “Figlio mio! Assalonne figlio mio, figlio mio Assalonne! Fossi morto io invece di te, Assalonne, figlio mio, figlio mio!”. 2 Fu riferito a Ioab: “Ecco il re piange e fa lutto per Assalonne”. 3 La vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo, perché il popolo sentì dire in quel giorno: “Il re è molto afflitto a causa del figlio”. 4 Il popolo in quel giorno rientrò in città furtivamente, come avrebbe fatto gente vergognosa per essere fuggita in battaglia. 5 Il re si era coperta la faccia e gridava a gran voce: “Figlio mio Assalonne, Assalonne figlio mio, figlio mio!”. 6 Allora Ioab entrò in casa del re e disse: “Tu copri oggi di rossore il volto di tutta la tua gente, che in questo giorno ha salvato la vita a te, ai tuoi figli e alle tue figlie, alle tue mogli e alle tue concubine, 7 perché mostri di amare quelli che ti odiano e di odiare quelli che ti amano. Infatti oggi tu mostri chiaramente che capi e ministri per te non contano nulla; ora io ho capito che, se Assalonne fosse vivo e noi fossimo quest’oggi tutti morti, allora sarebbe una cosa giusta ai tuoi occhi. 8 Ora dunque alzati, esci e parla al cuore della tua gente; perché io giuro per il Signore che, se non esci, neppure un uomo resterà con te questa notte; questa sarebbe per te la peggiore sventura di tutte quelle che ti sono cadute addosso dalla tua giovinezza fino ad oggi”. 9 Allora il re si alzò e si sedette sulla porta; fu dato quest’annunzio a tutto il popolo: “Ecco il re sta seduto alla porta”. E tutto il popolo venne alla presenza del re.

Le prove di Davide

- Le prove personali

A differenza di Saul, che viene presentato in preda a terribili angosce esistenziali, la Bibbia non parla di Davide come di un uomo tormentato da paure, da dubbi o da tentazioni gravi. È piuttosto un ottimista, uno che cerca sempre una via d’uscita, uno che si affida a Dio con grande speranza e grande fiducia.

Però ci sono delle eccezioni nella sua vita, e una è quella descritta in 1Sam 30, 3-8. Davide non aveva previsto il disastro, e si sente in grande angoscia anche perché la gente parlava di lapidarlo. “Ma Davide ritrovò forza e coraggio nel Signore suo Dio” (v. 6)

È un passo significativo perché l’angoscia di Davide non è un semplice dolore: è una disperazione perché la gente vuole lapidarlo. Anche Mosé aveva sentito più volte come un peso la responsabilità del popolo che si ribellava e se la prendeva con lui. Davide però si fida di Dio, e lo consulta e gli chiede consiglio (v. 8)

Ma per conoscere più profondamente le prove personali di Davide, dobbiamo ricorrere ai Salmi, per esempio al Salmo 42, non attribuito a lui, però molto simile al Salmo 63: “Le lacrime sono mio pane giorno e notte, / mentre mi dicono sempre: “Dov’è il tuo Dio?”./ Perché ti rattristi, anima mia, / perché su di me gemi? / In me si abbatte l’anima mia; / perciò di te mi ricordo / Dirò a Dio, mia difesa: / “Perché mi hai dimenticato? / Per l’insulto dei miei avversari / sono infrante le mie ossa; / essi dicono a me tutto il giorno: “Dov’è il tuo Dio?”. / Perché ti rattristi, anima mia, / perché su di me gemi?”

Sono due i sentimenti che prova Davide in queste prove. Innanzi tutto la solitudine, il sentirsi abbandonato, non capito. E dal momento che ognuno di noi può vivere questa esperienza, vorrei sottolineare che i salmi ci possono dare un grande conforto, perché la rispecchiano e ci aiutano a superarla. Mi pare di avervi già detto che s. Carlo Borromeo (uomo molto forte, coraggioso, a volte anche duro) un giorno che era a cavallo col cugino Federigo, molto più giovane di lui, questi ad un tratto gli domandò: “Che fai nei momenti di angoscia?”. Il santo prese dalla tasca un libretto dei salmi e gli disse: “Leggo i Salmi”.

Davide però non sente solo la solitudine, sente anche di avere dei nemici, delle persone che gli vogliono male. Quando si è giovani sembra strano che i Salmi parlino tanto di “nemici che circondano”, che deridono, disprezzano. Però col passare del tempo ci accorgiamo che in realtà ci sono delle persone le quali, per errori nostri o di altri, si mettono contro di noi. Anche in questo caso i Salmi ci aiutano: “Fammi giustizia, o Dio, / difendi la mia causa contro gente spietata; / liberami dall’uomo iniquo e fallace.” (Sal 43, 1). Non è un giudizio contro gli altri, o un richiesta di vendetta; è la richiesta al Signore di aiutarci quando ci troviamo in difficoltà, senza sapere il motivo del comportamento ostile di chi ci sta intorno.

- Le prove politiche e sociali di Davide sono descritte lungamente e cominciano fin dall’inizio.

1 Sam 18, 7 è, secondo il padre J. Barthelemy, il versetto chiave di tutte le successive prove. Il canto delle donne non è che l’inizio dei dolori, perché Saul si adirò molto per questo canto. Forse la Scrittura vuole anche dirci di diffidare delle lodi perché possono sempre generare gelosie e incomprensioni. Basti pensare alle lotte e agli intrighi per la successione alla morte del re.

Davide attende, sicuro della parola di Dio. Non fa nulla per diventare re, non uccide Saul, si difende come può, fino a farsi, per sopravvivere, vassallo dei Filistei. È così retto davanti a Dio, così libero, da poter entrare senza difficoltà in contatto coi nemici di Israele, ma restando sempre fedele al suo popolo. Saul si ostina fino alla fine nel vedere il suo essere re come l’aveva pensato lui; Davide, al contrario, non si pone il problema del futuro, ma si abbandona nelle mani del Signore. È questo il dono di saggezza, di libertà, di scioltezza di Davide.

A questo proposito sono significativi i capitoli 28 e 29 del primo libro di Samuele. I Filistei radunano l’esercito per combattere contro il popolo di Dio. Davide, che si era rifugiato da loro e che fino a quel momento non aveva avuto problemi, non sa come comportarsi. Achis gli dice di uscire in campo con lui e i suoi uomini e Davide risponde: “Tu ora saprai ciò che farà il tuo servo” (28, 2). Cerca di cavarsela, confidando in Dio, nella speranza che nuovi fatti lo dispensino dal combattere contro Israele. Ma Achis lo nomina sua guardia del corpo. Sappiamo dal seguito del racconto come la situazione si volga in modo a lui favorevole, come gli altri capi filistei obbligarono Achis a lasciare Davide al campo e come quindi lui non combatta contro il suo popolo. La Bibbia sottolinea così che anche quando si vive in mezzo ai nemici, si può rimanere coerenti e leali verso Dio e verso la propria gente.

- Le prove familiari sono per Davide molto grandi, soprattutto verso la fine della vita. La sua famiglia, da lui fortemente amata, è vittima del prestigio regale, del desiderio di potere, delle lotte tra fratelli, delle gelosie. E Davide non riesce a tenerla unita.

E questa è la più grande tragedia per il suo cuore appassionato e magnanimo. Tale tragedia raggiunge il culmine alla morte del figlio Assalonne. Davide ha fatto di tutto per non combatterlo e per ignorarne gli intrighi. Ma quando viene a sapere che è stato ucciso scoppia in lacrime, in un pianto disperato. Il pianto del re mostra come il cuore è al di sopra di tutto. Non c’è gloria di re, non c’è politica dello stato che possa valere quanto l’amore.

Ci è facile leggere in questo pianto di Davide una profezia del cuore di Gesù che dice a ciascuno di noi: Figlio mio, tu ti sei fatto male col tuo peccato e io voglio morire per te!

Spunti di meditazione sulle prove di Davide

L’altra volta abbiamo visto come la regalità si eserciti anche nell’umiltà. Oggi vediamo come la regalità, la messianicità si eserciti anche nella prova e nella sofferenza. Davide ha vissuto le sue prove con fede, con amore, con lealtà, con fiducia in Dio. Il messianismo ha luci, glorie e splendori, ma ha anche ombre e oscurità. La regalità si esercita spesso nella sofferenza, sofferenza soprattutto per gli altri, per il popolo, perché Davide soffre come re e come rappresentante, simbolo, di tutto il popolo.

Il profeta Isaia ci può aiutare, forse meglio di ogni altro profeta, nella comprensione della regalità di Gesù sulla linea di Davide: “Uomo dei dolori che ben conosce il patire, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.” (Is 53,3) Può essere un uomo come questo il Salvatore? La risposta è più avanti: “Egli è stato trafitto per i nostri delitti, / schiacciato per le nostre iniquità. / Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; / per le sue piaghe noi siamo stati guariti.” (Is 53,5). Queste parole sono state scritte riflettendo sulle grandi sofferenze del popolo eletto, forse sulle sofferenze del profeta stesso, ma certamente anche pensando a Davide: “Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione? / A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? / È cresciuto come un virgulto davanti a lui / e come una radice in terra arida.” (Is 53,1-2). Il virgulto è quello che spunterà dal tronco di Jesse e che germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore (cfr. Is 11, 1-2). Lui è passato per la sofferenza e per la prova per amore del suo popolo.

Il punto acquisito della coscienza di Israele è che il re designato da Dio dovrà attraversare la prova, che la sofferenza entra nella storia del vero re che vuole il bene del suo popolo. Nelle meditazioni di Isaia possiamo anche vedere una risposta alla domanda con cui termina il Salmo 88: “Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo, / che per la tua fedeltà hai giurato a Davide? / Ricorda, Signore, l’oltraggio dei tuoi servi: / porto nel cuore le ingiurie di molti popoli, / con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano, / insultano i passi del tuo consacrato.” (vv. 50-52). Non è strano, dice Isaia, è una sofferenza per il popolo, vissuta già da Davide, il re amato e scelto da Dio.

Le prove di Gesù

Ripetiamo lo schema delle prove di Davide: prove personali, politico-sociali e familiari.

- Le prove personali di Gesù. Come per Davide non abbiamo molti testi che ci facciano conoscere le esperienze interiori di Gesù. Mi pare però interessante richiamare:

¤ Mc 8, 12. I farisei domandano un segno dal cielo e “gemendo (traduzione più corretta rispetto a quella della CEI) dal profondo dell’anima, egli disse: ‘Come mai questa generazione domanda un segno?’”. L’angoscia sottolineata dall’evangelista ritorna in:

¤ Mc 9,19. Gli viene portato l’epilettico indemoniato che i discepoli non erano riusciti a guarire, e Gesù esclama: “Generazione incredula fino a quando sarò in mezzo a voi? fino a quando dovrò sopportarvi?”. È strano, a dir poco, sentir dire a Gesù: ne ho abbastanza di voi.

¤ Il brano più sconvolgente è però Mc 14,33-34. È la notte del Getsemani, in cui si dice molto chiaramente che Gesù provò paura, angoscia e tristezza.

Gesù è entrato in quel terribile momento nel quale si vorrebbe abbandonare tutto e ha chiesto a noi non solo di non lasciarlo solo, ma in un qualche modo di condividere la sua prova.

Molti Salmi sono stati ripresi dal Nuovo Testamento per descrivere l’angoscia di Gesù. Ad esempio vi rimando al Salmo 21 ai versetti 15-16. Si tratta di un’angustia interiore, e anche esteriore, che prende il cuore e impedisce di parlare e pensare.

- Le prove politiche e sociali. Gesù ha avuto contro tutte le autorità, nessuna di esse lo ha capito, anzi, fin dall’inizio i capi politici e religiosi hanno provato nei suoi confronti come minimo un astio profondo.

A questo proposito è significativa l’interpretazione che danno gli Atti degli Apostoli del Salmo 2 (At 4, 24-28). Gesù non ha nulla contro l’autorità, non si avvale mai della sua popolarità per mettere la gente contro di essa. Il malanimo che i capi hanno nei suoi riguardi e che li porterà alla decisione di crocifiggerlo è inspiegabile, e va vista alla luce del piano divino di salvezza.

Gesù non si lascia fermare dalle autorità. Vi ricordo il passo che abbiamo visto l’altra volta (Lc 4,16-30), quando Gesù, dopo il discorso nella sinagoga e il tentativo di buttarlo giù dal monte “passando in mezzo a loro se ne andò”. L’evangelista ha voluto anche descrivere simbolicamente il comportamento di Gesù in questo mondo: passa in mezzo, senza andare cioè contro le autorità, senza fare resistenza, né attiva né passiva. Punta al suo scopo, incurante delle opposizioni e delle difficoltà. E quando le opposizioni arriveranno a sentenziarne la morte, accetterà.

Questo atteggiamento di Gesù lo ritroviamo a proposito di un’autorità particolare, Erode. Vi consiglio di andare a rileggere Lc 13, 31-33, dove Gesù dice: “Andate a dire a quella volpe [si tratta di Erode]: Ecco, io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.”

Davide aveva l’abilità politica di entrare in relazione con i nemici, ricavandone ciò che poteva essere utile per sé e per il suo popolo. Gesù perfeziona il comportamento di Davide perché sa stare in mezzo a chi gli è ostile non tralasciando mai di andare verso il suo scopo.

- Le prove familiari:

I parenti di Gesù non lo capiscono e non gli danno appoggio né consolazione. Ad esempio leggiamo in Mc 3, 20-21 che i suoi vanno per riprenderlo pensando che sia fuori di senno, matto. In Gv 7, 2, invece, i suoi fratelli vogliono che lui si manifesti al mondo. I parenti, anche quelli più stretti, o non lo capiscono oppure pretendono da lui una regalità di successo, di onore, di prestigio, nella linea della regalità di Saul.

Ma c’è una prova più dura per Gesù, ed è dovuta all’incomprensione dei discepoli, cioè di quelli che aveva chiamato “fratello, sorella, madre” (cfr. Mc 3, 35) e a cui era legato da un patto di alleanza totale.

Mc 8, 17 ss.: “Perché discutete che non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?”. Dobbiamo riflettere a lungo su questo brano, perché sottolinea la difficoltà di Gesù a farsi capire dai discepoli.

Mc 14, 18 ss. descrive l’insuccesso dell’amicizia sperimentato da Gesù. Prima il tradimento di Giuda, poi la fuga degli altri apostoli e il tradimento di Pietro. Gli amici più cari, i più amati l’hanno lasciato solo, non hanno fatto nulla per consolarlo e per alleviargli la prova.

Possiamo quindi dire che Gesù ha vissuto due profondi dolori: lo scacco nella predicazione e quello nell’amicizia. I suoi, i discepoli, gli apostoli, non avevano assimilato col cuore il messaggio del Cristo ed era necessario che desse la vita per loro. È questo il centro del Vangelo: bisognava che il Figlio di Dio donasse la vita affinché gli uomini potessero capire l’amore del Padre. È la croce la prima “lieta notizia”.

Spunti di meditazione

Il messaggio della vita di Gesù si chiarisce a poco a poco: tutto va verso la croce, verso la morte accettata per amore. Lo possiamo leggere ancora in Isaia 53, riferendolo direttamente a Gesù:

“Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. / Quando offrirà se stesso in espiazione, / vedrà una discendenza, vivrà a lungo, / si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. / Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce / e si sazierà della sua conoscenza; / il giusto mio servo giustificherà molti,

egli si addosserà la loro iniquità. / Perciò io gli darò in premio le moltitudini, / dei potenti egli farà bottino, / perché ha consegnato se stesso alla morte / ed è stato annoverato fra gli empi, / mentre egli portava il peccato di molti / e intercedeva per i peccatori.” (vv. 10-12)

Gesù ha ottenuto con la sofferenza per amore ciò che non era riuscito ad ottenere con l’insegnamento. È stato circondato da difficoltà di ogni genere, da prove politiche e familiari, ma con la morte ha ripreso tutto nelle sue mani.

Gesù ci ripete le parole di Davide ad Assalonne: “Figlio mio, ho voluto morire al tuo posto”.

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