Avvento 2007

Prima domenica

Quando un amico che non vediamo da tempo, perché abita lontano, ci telefona annunciandoci una sua prossima visita, subito iniziamo a pensare a come accoglierlo. Cerchiamo di prepararci al meglio per l’incontro, per fare in modo che sia il più lieto possibile. E anche ripensiamo ai bei momenti passati insieme, a cosa gli piaceva di più.

Una cosa che a Gesù, questo amico che ci verrà a trovare tra poco, piaceva fare era raccontare storie. Noi le chiamiamo parabole. Allora per prepararci alla sua visita, anch’io vorrei, in questo Avvento, raccontarvi delle storie che ci aiutino ad essere pronti ad accoglierlo.

Una giovane coppia di sposi stava seduta su di una panchina a contemplare il tramonto. Tenendole tenera-mente la mano, lui le disse: “Sai cara, lavorerò sodo e un giorno saremo ricchi”. Ma lei rispose: “Siamo già ricchi caro, perché tu hai me e io ho te. Un giorno forse avremo i soldi”

La vera ricchezza è un cuore che ama. Essere ricchi, ma veramente ricchi, non significa avere molti soldi, tante carte di credito, tanti fondi di investimento. Significa invece un cuore che ama, e che amando si dona totalmente all’amato. Un cuore che non trattiene niente, ma che tutto dona.

Solo un cuore che ama è pronto ad accogliere quel Gesù che sta per venire tra noi.

Seconda domenica

Un racconto ebraico:

Un povero contadino si recò al mercato col carro. Purtroppo durante il viaggio si stacco una ruota del carro, e il tempo perso per ripararla gli impedì di tornare a casa per la notte. Quando si preparò per andare a dormire si accorse che aveva dimenticato di portare con sé il libro delle preghiere.

Allora pregò in questo modo: “Ho commesso una grave sciocchezza Signore: sono partito da casa senza il mio libro di preghiere, e ho così poca memoria che senza di esso non riesco a dire neanche un’orazione. Ma ecco cosa farò: reciterò molto lentamente tutto l’alfabeto e Tu, che conosci ogni preghiera, potrai mettere insieme le lettere in modo da formare le preghiere che non riesco a ricordare”

Disse allora il Signore ai suoi angeli: “Di tutte le preghiere che oggi ho sentito, questa è la più bella perché è nata da un cuore semplice e sincero”

Non sono le parole che usiamo nella preghiera che contano, ma è il cuore che ci mettiamo che da il vero valore alla nostra preghiera.

Terza domenica

Un monaco molto venerabile era assorto in contemplazione. Dopo aver a lungo pregato, si inginocchiò e toccò con la fronte la terra dicendo: “Signore, ho un solo desiderio nella vita: fammi la grazia di non offenderti mai più”

Nell’udire queste parole, Dio scoppiò a ridere e disse: “È quello che chiedono tutti. Ma dimmi, se concedessi a tutti questa grazia, chi avrei ancora da perdonare?”

Gesù nella sua vita ha insistito molto sulla necessità di perdonare. E in effetti è proprio venuto sulla terra per proclamarci che il Padre non vuole altro che perdonarci, il sogno di Dio è che noi accettiamo il suo perdono, non ha sogno più grande.

Perdonare è proprio l’azione che ci rendo più vicini a Dio, che ci rende a Lui più simile, è un’azione divina.

Quarta domenica

Un monaco veniva disturbato nella sua preghiera dall’insistente gracidare delle rane del vicino stagno. Una sera, spazientito, intimò il silenzio. Siccome era un santo, di colpo le rane tacquero, e con esse anche tutti gli animali dello stagno. Però dopo pochi istanti di quel silenzio finalmente raggiunto, una voce interiore sussurrò al monaco: “E chi può dire se il gracidio delle rane non sia gradito a Dio quanto il tuo salmodiare e le tue preghiere? Come spiegheresti allora il fatto che Dio stesso l’abbia creato?”

Pensieroso, allora il monaco invitò le rane a riprendere il loro concerto, e subito l’aria fu piena del gracidare di tutte le rane dello stagno. Quelle voci sembravano arricchire il silenzio della notte e il monaco si accorse di non essere più solo a pregare, e si rese conto che il gracidare delle rane si univa alla sua preghiera. E la preghiera che saliva al Signore era molto più bella e ricca.

C’è il momento della preghiera solitaria, e c’è il momento della preghiera comunitaria. E se quando siamo soli ognuno prega come vuole, come può e come riesce, quando siamo tutti assieme allora bisogna essere attenti anche agli altri, accogliere soprattutto i più disturbatori, i più piccoli, unire la nostra preghiera alla loro. La loro preghiera sarà arricchita dalla nostra, ma anche la nostra sarà arricchita dalla loro. E la preghiera che salirà al Signore sarà immensamente più bella della somma di tutte le singole preghiere.

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