Ru 2,1-23

Prosegue il nostro viaggio alla scoperta di Rut. Il cammino di ritorno è giunto al termine, e le due donne adesso, dopo la gioia dell’arrivo a casa, devono affrontare la vita quotidiana.

È esperienza di tutti noi che dopo l’euforia di momenti “grandi”, ci si scontra con la quotidianità, coi problemi di ogni giorno, coi soliti problemi. Ma Dio lo dobbiamo trovare non solo nello straordinario, ma soprattutto nel nostro quotidiano. Dio interviene nella nostra vita non solo nei momenti eclatanti, ma anche in ogni istante delle nostre giornate. Se abbiamo deciso di affidare la nostra vita a Lui, allora non dobbiamo dimenticare che tutta la nostra vita è nelle sue mani. E Lui approfitta di ogni istante per dimostrarci il suo amore infinito. Non c’è momento della nostra vita che non sia “sotto le sue ali”.

Il racconto (Ru 2,1-23)

1 Noemi aveva un parente del marito, uomo potente e ricco della famiglia di Elimèlech, che si chiamava Booz. 2 Rut, la Moabita, disse a Noemi: «Lasciami andare per la campagna a spigolare dietro a qualcuno agli occhi del quale avrò trovato grazia». Le rispose: «Va', figlia mia». 3 Rut andò e si mise a spigolare nella campagna dietro ai mietitori; per caso si trovò nella parte della campagna appartenente a Booz, che era della famiglia di Elimèlech. 4 Ed ecco Booz arrivò da Betlemme e disse ai mietitori: «Il Signore sia con voi!». Quelli gli risposero: «Il Signore ti benedica!». 5 Booz disse al suo servo, incaricato di sorvegliare i mietitori: «Di chi è questa giovane?». 6 Il servo incaricato di sorvegliare i mietitori rispose: «È una giovane moabita, quella che è tornata con Noemi dalla campagna di Moab. 7 Ha detto: Vorrei spigolare e raccogliere dietro ai mietitori. È venuta ed è rimasta in piedi da stamattina fino ad ora; solo in questo momento si è un poco seduta nella casa». 8 Allora Booz disse a Rut: «Ascolta, figlia mia, non andare a spigolare in un altro campo; non allontanarti di qui, ma rimani con le mie giovani; 9 tieni d'occhio il campo dove si miete e cammina dietro a loro. Non ho forse ordinato ai miei giovani di non molestarti? Quando avrai sete, va' a bere dagli orci ciò che i giovani avranno attinto». 10 Allora Rut si prostrò con la faccia a terra e gli disse: «Per qual motivo ho trovato grazia ai tuoi occhi, così che tu ti interessi di me che sono una straniera?». 11 Booz le rispose: «Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marito e come hai abbandonato tuo padre, tua madre e la tua patria per venire presso un popolo, che prima non conoscevi. 12 Il Signore ti ripaghi quanto hai fatto e il tuo salario sia pieno da parte del Signore, Dio d'Israele, sotto le cui ali sei venuta a rifugiarti». 13 Essa gli disse: «Possa io trovar grazia ai tuoi occhi, o mio signore! Poiché tu mi hai consolata e hai parlato al cuore della tua serva, benché io non sia neppure come una delle tue schiave». 14 Poi, al momento del pasto, Booz le disse: «Vieni, mangia il pane e intingi il boccone nell'aceto». Essa si pose a sedere accanto ai mietitori. Booz le pose davanti grano abbrustolito; essa ne mangiò a sazietà e ne mise da parte gli avanzi. 15 Poi si alzò per tornare a spigolare e Booz diede quest'ordine ai suoi servi: «Lasciatela spigolare anche fra i covoni e non le fate affronto; 16 anzi lasciate cadere apposta per lei spighe dai mannelli; abbandonatele, perché essa le raccolga, e non sgridatela». 17 Così essa spigolò nel campo fino alla sera; batté quello che aveva raccolto e ne venne circa una quarantina di chili di orzo. 18 Se lo caricò addosso, entrò in città e sua suocera vide ciò che essa aveva spigolato. Poi Rut tirò fuori quello che era rimasto del cibo e glielo diede.

19 La suocera le chiese: «Dove hai spigolato oggi? Dove hai lavorato? Benedetto colui che si è interessato di te!». Rut riferì alla suocera presso chi aveva lavorato e disse: «L'uomo presso il quale ho lavorato oggi si chiama Booz». 20 Noemi disse alla nuora: «Sia benedetto dal Signore, che non ha rinunciato alla sua bontà verso i vivi e verso i morti!». Aggiunse: «Questo uomo è nostro parente stretto; è di quelli che hanno su di noi il diritto di riscatto». 21 Rut, la Moabita, disse: «Mi ha anche detto: Rimani insieme ai miei servi, finché abbiano finito tutta la mia mietitura». 22 Noemi disse a Rut, sua nuora: «È bene, figlia mia, che tu vada con le sue schiave e non ti esponga a sgarberie in un altro campo». 23 Essa rimase dunque con le schiave di Booz, a spigolare, sino alla fine della mietitura dell'orzo e del frumento. Poi abitò con la suocera.

Il commento

Appena arrivate a Betlemme, le due donne si trovano ad affrontare un problema immediato: di che vivere? L’altra volta abbiamo notato che era il momento della mietitura dell’orzo, cioè l’inizio dell’estate, e Noemi conosce bene le leggi d’Israele che concede alle vedove e allo straniero il “diritto” a spigolare nei campi, cioè a raccogliere le spighe dimenticate o cadute durante la raccolta.

Infatti il Levitico, il libro con le norme giuridico-religiose, dice: “Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete fino ai margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare della messe; quanto alla tua vigna, non coglierai i racimoli e non raccoglierai gli acini caduti; li lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, vostro Dio.” (Lv 19, 9-10). E il Deuteronomio aggiunge: “Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche mannello, non tornerai indietro a prenderlo; sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova, perché il Signore tuo Dio ti benedica in ogni lavoro delle tue mani” (Dt 24, 19)

Rut ora cerca di procurare per la suocera e per sé il pane, e quindi si dispone al lavoro della spigolatura. La sua bontà e umiltà si rileva già nel modo in cui si prepara al lavoro. Innanzi tutto chiede il permesso alla suocera (v. 2). E domanda il permesso di andare nel campo di “qualcuno agli occhi del quale avrò trovato grazia” (v. 2). Rut è colei che spera, le esperienze tristi della vita non hanno soffocato in lei la fiducia nel futuro e negli altri.

E da vera povera non avanza pretese, raccoglie quello che per gli altri è superfluo. I Padri in questo lavoro compiuto in un solo campo, vedono rappresentata simbolicamente anche lo spigolare dei catecumeni nella Scrittura: è li che si trova il vero frumento, perché li si trova Cristo.

Il Signore conduce Rut non su di un campo qualsiasi, ma su quello di Booz, parente di Noemi, uomo ricco economicamente, ma soprattutto di pietà e benevolenza (qualità con le quali Dio stesso si autodefinisce, cfr. Es 34, 6). Il suo ingresso nella scena avviene col saluto ai mietitori. Non sono parole convenzionali: in questo saluto c’è veramente uno scambio di bene. Padrone e servi sono consapevoli di essere creature di Dio, da Lui dipendenti. Viene spontaneo un riferimento al saluto dell’angelo a Maria: “Il Signore è con te” (Lc 1, 28). Sulle labbra di Booz il saluto indica un augurio (Il Signore sia con voi), mentre su quelle dell’angelo dice un evento: l’Incarnazione.

E la risposta dei mietitori (Il Signore ti benedica) ci ricorda il saluto di Elisabetta “Benedetta tu ...” (Lc 1, 42). Vedete come un semplice saluto rivela come si incontrano le persone, a quale livello fondano le loro relazioni. Niente è banale nella vita: ogni gesto, ogni atto diventa rivelatore. Occorre imparare a compierli bene: nel segno della croce, nel saluto, in ogni espressione si può e si deve testimoniare quello in cui si crede e di cui si vive.

Avrete notato che quando Booz si accorge di Rut, domanda “Di chi è questa giovane?” (v. 5). Secondo la cultura di Israele, ma anche di tutti i popoli antichi, una donna doveva essere sempre sotto la tutela di un uomo (il marito, o il padre, o il fratello). Rut invece non è di nessuno. È veramente povera, di una povertà totale. E come sempre accade con i poveri, con i più miseri, sarà Dio stesso che diventa il suo protettore, la farà “sua” e ne farà un’antenata del suo Figlio.

I mietitori danno di lei una buona testimonianza. Rut, con la sua umiltà e fedeltà alla suocera si è conquistata la stima e i rispetto degli abitanti di Betlemme. Molto belle le parole che le rivolge Booz: “Ascolta, figlia mia, ... rimani con le mie giovani” (v. 8). È un invito non più da straniera, ma da familiare. E inoltre “rimanere” è il verbo proprio della fedeltà e dell’amore. Si deve essere costanti se si vogliono ottenere risultati, se si vuole ottenere da Dio la sua grazia e i suoi beni.

In tutta questa scena Rut rimane sempre umile e in disparte, non avanza pretese. È la povertà che accetta con naturalezza e semplicità la propria condizione. Proprio per questo troverà grazia agli occhi di Dio e a quelli di Booz, colui che Dio le ha inviato. Trovare grazia agli occhi di qualcuno, infatti significa che si è trovato grazia agli occhi di Dio, che muove alla benevolenza e alla compassione il cuore degli uomini.

Tutte le parole e i gesti di Booz nei confronti di Rut sono un preludio alla piena accoglienza che le farà in seguito. E sono anche rivelatrici di cosa viene riconosciuto, in Rut, come meritevole di benevolenza da parte di Dio: l’essere stata buona con sua suocera, l’aver abbandonato tutto per amore. I gesti del pasto sono gesti di comunione, che hanno il sapore della gratuità di Dio. Ma vi sono condizioni per poter fare l’esperienza della gratuità di Dio: la libertà e la purezza di cuore insieme con l’umiltà. Il momento della purificazione è necessario. Ma se lo affrontiamo con generosità, troviamo molto più di quello che possiamo desiderare e sperare.

Sempre a proposito del pranzo: Rut mette da parte gli avanzi (v. 14), naturalmente con l’intenzione di portarli a Noemi. Alle origini della Chiesa, i fedeli che celebravano l’Eucaristia portavano a casa le ostie per gli anziani e gli ammalati. Rut compie quindi un gesto di bontà che preannunzia la carità cristiana. Nessuno può nutrirsi di Dio senza donarsi ai fratelli, senza avere verso gli altri quell’attenzione che è il frutto dell’amore di Dio accolto nel cuore.

Dal prosieguo del racconto sappiamo come Rut alla sera torni a casa con una grande quantità d’orzo. Al vederla, Noemi, che fino a quel momento non riusciva a vedere l’opera di Dio in atto, inizia a scorgere in questo fatto il disegno provvidenziale di Dio (v. 20) e consiglia saggiamente la nuora (v. 22)

Rut è ogni anima che trova grazia agli occhi di Dio, perché persevera nella ricerca di Lui nella stabilità e nella fedeltà: il Signore l’ha condotta lì, ed è bene che lì rimanga, perché è quello il luogo dove Lui si farà conoscere da lei sempre più. E questo è un consiglio che è valido in ogni epoca, è sempre attuale: nella vita spirituale non si cresce senza “radicarsi”, senza lottare contro la tentazione, che può sempre venire, di cambiare, di trovare qualcosa di nuovo. Questa tentazione denota il tentativo di evitare il vero passo da fare: cambiare sé stessi, convertirsi veramente.

Si può vedere in Rut una figura della Chiesa, scelta e radunata in mezzo a tutti i popoli, la Chiesa venuta dal paganesimo, dall’idolatria del potere, del denaro e del successo, e fatta sedere a mensa per il banchetto della “nuova ed eterna Alleanza”.

Il capitolo termina con l’affermazione che “Rut rimase con le schiave di Booz sino alla fine della mietitura” (v. 23). Rut rimane, persevera nella fede e nell’amore. Ritorna quindi questo verbo, rimanere, che è un po’ il sottofondo, il basso continuo per usare una terminologia musicale, di questo capitolo. Ma dovrebbe esserlo anche della nostra vita. Possiamo dimostrare agli altri, ma prima di tutto a noi stessi, il valore che diamo alla Persona cui doniamo la nostra vita solo con il rimanere, con la fedeltà.

Messaggio per noi

Venendo a noi, al di là di quello che abbiamo già detto, quali possono essere le indicazioni che possiamo trarre da questo capitolo? Ricordate che la volta scorsa vi dicevo come il primo capitolo si potesse leggere anche in chiave vocazionale.

Rut e Noemi arrivano a Betlemme nel momento del raccolto. Vi dicevo come questo sia un momento di gioia. E la scoperta della propria vocazione è gioia. Ma dopo questa gioia, questo “momento forte”, ritorna la vita di tutti i giorni, il tran-tran quotidiano, le preoccupazioni e le responsabilità solite.

Il giorno in cui si copre un amore corrisposto, il giorno del matrimonio, il giorno in cui si entra in seminario o in convento, il giorno in cui si viene ordinati o si fa la professione solenne, sono grandi giorni, sono il momento “quando si cominciava a mietere l’orzo”, ma non sono dei momenti “finali”, sono dei momenti di inizio. Si può giungere al vero momento finale, alla nostra gioia più grande e vera, solo seguendo l’esempio di Rut: rimanendo a spigolare nello stesso campo. La costanza, la fedeltà sono necessarie.

Diceva Sören Kierkegaard: “Coloro che temono di dire sì per sempre, per paura in un domani di dover cambiare idea, è evidente che non ritengono che l’amore sia un bene supremo, se no sarebbero contenti dell’esistenza di un potere che li costringe a rimanere legati”

Ogni vocazione è vocazione d’amore. Legandoci a delle persone, siano esse il coniuge o una comunità, ci si lega innanzi tutto a Dio. La nostra fedeltà è segno e misura dell’importanza, del valore che diamo sia agli altri che soprattutto a Dio.

Però la fedeltà non è una virtù legata al passato. Non dobbiamo rimanere fedeli ad un passato più o meno lontano. Dobbiamo essere fedeli al presente. La fedeltà va riscoperta, reinventata ogni giorno. È la virtù dell’oggi, non del passato. “La fedeltà non consiste nel prolungare un impegno che avrebbe perduto il suo significato, a mantenere una scelta che non sarebbe portatrice di valori ... Essere fedeli non vuol dire rimanere incatenato. Significa, invece, prendere coscienza dei valori attuali - forse meno romantici, ma più realistici e più veri - della strada nella quale ci si è impegnati” (P. de Locht).

Il campo che abbiamo scelto, o meglio, su cui il Signore ha indirizzato i nostri passi, è quello in cui dobbiamo rimanere a spigolare. E anche se ci saranno giorni in cui dovremmo sudare sangue per riuscire a trovare anche solo una spiga, un solo chicco d’orzo, dobbiamo accogliere quella semplice spiga, quel semplice chicco come la più preziosa delle perle. È un dono d’amore che ci fa il Signore.

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