Avvento 2006

Prima domenica

Avvento significa ‘venuta‘. Noi celebriamo la venuta di Gesù Cristo. La Chiesa parla in tre modi diversi di questa venuta del Signore: la sua nascita 2000 anni fa; la sua venuta gloriosa alla fine dei tempi; e la sua venuta nella nostra vita oggi.

Poco più di trentanni fa, alcuni giorni prima di Natale mi trovavo a Milano. Mi ricordo che dalle parti del Duomo vidi una scritta che mi colpì molto. Diceva: “Non lasciarti fregare, Cristo nasce ogni giorno o non nasce mai“. Al di là dell’intento forse provocatorio, penso che esprima anche una realtà. Natale non è solamente il ricordo di un fatto di tanto tempo fa, né una mera speranza di un domani che arriverà chissà quando. Soprattutto è e deve essere qualcosa che ci tocca da vicino e intimamente: è la celebrazione della nascita di Gesù Cristo nel nostro cuore.

Ma la parola avvento può avere anche un altro significato: ‘avventura‘. E in effetti la nascita di Gesù in noi è anche l’inizio di un’avventura. È la scoperta della vita, della gioia e dell’amore. È l’avventura della scoperta di Dio. Un Dio a cui piace scombinare i nostri piani, ma sopra ogni cosa piace presentarsi a noi come non ce lo immaginiamo. Aspettiamo sempre qualcosa di straordinario, e non ci accorgiamo che Dio giunge a noi quotidianamente nelle persone. Ogni incontro con una persona è un’avventura e una venuta di Dio in noi.

Tutti i mistici ci dicono che Dio viene a noi in un attimo. Allora la questione è se noi riusciamo a notare la sua venuta. Se riusciamo ad essere presenti all’appuntamento che Dio ci dà ogni giorno.

I più attenti riescono a scorgerlo nei poveri, nei sofferenti, in chi chiede il nostro aiuto. Ma in genere risulta più facile andare a cercarlo tra gli affamati dell’Africa, tra i lebbrosi dell’Asia.

E così, per cercarlo in persone più o meno ‘lontane‘, finiamo per non riconoscerlo nelle persone che invece ci sono più vicine. Ci riesce veramente difficile vederlo in quelle persone di cui conosciamo molto bene pregi e difetti.

È vero che Gesù è presente nei poveri e nei sofferenti, ma non solo. Perché Gesù nasca nel nostro cuore dobbiamo riuscire a vederlo in tutte le persone che ci circondano, anche nei nostri familiari. Non sono forse le mogli povere dei nostri pochi gesti di affetto e di tenerezza? Non sono forse i mariti poveri delle nostre poche parole di lode e stima? Non sono forse i figli poveri dei nostri pochi gesti di apprezzamento e incoraggiamento?

Seconda domenica

Gesù nacque in una stalla. Non era certo una di quelle stalle modello che si vedono a volte in televisione, quelle pulite, profumate, anche con la musica, così le mucche danno più latte. Era una stalla come quelle che i più adulti di noi ricordano dalla loro infanzia. Era un luogo caldo e accogliente, dove si poteva stare con gli animali.

Quando non c’era ancora né il riscaldamento né la televisione nelle fredde sere invernali era usanza comune che le famiglie si riunissero, dopo la cena, nella stalla per stare un po’ al caldo. Al lume delle candele, per i bambini diventava un luogo magico, perché quello era il momento in cui gli adulti narravano loro delle storie.

Ma nelle stalle non c’era solo il calore, la penombra, la magia. C’era anche l’odore e la sporcizia degli animali, il loro sterco, che era però così utile come concime.

In fondo la stalla è un’efficace immagine del nostro cuore. È un posto anche accogliente, a volte magico, ma anche il nostro cuore, sia quello nostro, personale, che quello della nostra famiglia, non è sempre pulito e asettico, anche nel nostro cuore vi è accumulato del sudiciume. Tutto quello che noi abbiamo rimosso è lì, nascosto sotto la superficie.

Ed è proprio lì dove si trova tutto questo stallatico che Dio vuole nascere in noi, nel nostro cuore e nella nostra famiglia. Non possiamo offrire a Dio la “stanza bella“, ma solamente la stalla del nostro cuore. Questo pensiero ci può far star male, però ci libera dall’illusione di aver meritato la nascita di Dio. Dio vuole nascere in noi, nella nostra famiglia, perché ci ama, non perché riusciamo a procurargli qualcosa.

Con la nascita di Gesù la stalla del nostro cuore si illumina di una luca calda e tenera. Nella vicinanza del bambino divino tutto in te, tutto nella tua famiglia ha un suo posto, anche ciò che è calpestato, sporco e puzzolente. Alla luce di Cristo tu puoi osservare tutto, perché tutto viene mutato dal suo amore. Cristo viene nell’oscurità del tuo cuore, nelle oscurità della tua famiglia. Proprio ciò che non è stato pulito offre al Bambino sicurezza e riparo, rende il suo letto morbido e confortevole. Il bambino chiede un letto morbido, non dei panni sterilizzati e asettici.

Allora puoi credere che proprio tu così come sei, proprio la tua famiglia così com’è, può essere l’abitazione di Cristo, la stalla nella quale Lui vuole nascere per te, per la tua famiglia e per il mondo.

Terza domenica

Le domeniche scorse ho parlato della nascita di Gesù nella famiglia di ognuno di noi. So benissimo che la festa della Sacra Famiglia viene nella prima domenica dopo Natale, però penso che nulla vieti di parlarne anche adesso.

Quando si parla di Sacra Famiglia, noi pensiamo subito ai tanti quadri, alle tante rappresentazioni che abbiamo visto o sentito nella nostra vita. Tutto in queste rappresentazioni è esageratamente armonico e idilliaco.

Il Vangelo invece ci dà un’altra immagine. Si inizia con la nascita che ha luogo in condizioni di povertà, fuori dal paese, nel rifiuto delle persone. Si continua poi con la fuga in Egitto per sfuggire alla persecuzione di Erode. La famiglia è minacciata fin dal suo nascere.

La difficoltà di essere una famiglia santa poi trovano la massima espressione nel famoso episodio di Gesù dodicenne che discute nel Tempio con i dottori della legge senza minimamente pensare all’angoscia dei suoi genitori. Insomma, non è proprio il bravo ragazzo che fa quello che vogliono i genitori. Ascolta il proprio cuore e fa quello che sente essere giusto agli occhi del Padre celeste.

Quando poi i genitori, dopo tre giorni di ricerche affannose, lo ritrovano e gli rivolgono un rimprovero che, sinceramente, è anche molto garbato, nella sua risposta non è che si senta poi molta compassione!

Non capisce che i genitori non sanno che lui in primo luogo non è figlio loro, ma del Padre celeste. Diventa realtà la promessa di Simeone a Maria: “una spada ti trafiggerà il cuore“. La madre inizia a sentire l’estraneità del figlio. Non lo capisce. Sente però che lo deve lasciar libero, che lui deve percorrere la sua strada, che lei non lo può più influenzare. Sente che lo deve affidare al Padre nei cieli.

In nessun altro momento dell’anno le persone hanno una nostalgia di una famiglia santa, cioè unita e piena di armonia e amore, come in questo periodo, ma nello stesso tempo sentono che non ci si riesce. Le aspettative sono troppo alte. Non si può costruire una famiglia santa solo per Natale.

La Sacra Famiglia ci mostra che anche la nostra famiglia deve passare attraverso l’esperienza dell’incomprensione e dell’estraneità. È possibile una famiglia santa solo se i suoi membri si affidano insieme al mistero che li supera, se nel Natale non si chiude in sé stessa ma prende coscienza della festa e anche del suo mistero.

Ognuno di noi ha un suo mistero. Maria conserva il proprio nel suo cuore, riflette sul mistero del figlio e lo medita nel suo cuore. Gesù parla del suo mistero e così spinge i genitori a guardarlo con occhi nuovi.

Natale non vuole la facciata di una famiglia santa, ma ti promette la santa famiglia, la famiglia che sarà santa perché porta il mistero di Dio e perchè in essa ognuno conserva il proprio mistero. Solamente se nel tuo cuore lasci agire il tuo mistero, il mistero del tuo coniuge, il mistero dei tuoi figli, puoi sentirti a casa all’interno della tua famiglia nonostante l’estraneità e la distanza. Ci si sente realmente a casa solo dove abita il mistero.

Quarta domenica

Quest’anno l’ultima domenica di Avvento cade proprio la vigilia di Natale ed è quindi naturale che il pensiero corra non tanto a oggi, ma a quello che accadrà questa notte.

A Natale Dio viene a noi come un bambino. Nasce come un bimbo debole e indifeso dal grembo di una donna. Dio si è affidato alle cure a all’aiuto di un padre e di una madre; da queste persone sperimenterà amore, dedizione, tenerezza. In questo clima crescerà.

Noi possiamo avvicinarsi a Dio solamente come una madre si avvicina al suo bambino: con prudenza e tenerezza, con attenzione e amore. Non possiamo agguantare Dio, stringerlo tra le mani per averlo in nostro possesso. Ad un bambino non ci si può avvicinare in modo violento e improvviso, ma solo con calma. Non si può parlare a Dio con parole forti, ma solo con delicatezza e a bassa voce come ad un bambino. Ad un bambino non si fanno discorsi difficili, ha bisogno solo di parole che vengano dal cuore. Così incontreremo Dio solamente se gli apriremo il nostro cuore.

Dio viene nel mondo come un bambino perché vuole liberarci dalla nostra mania di grandezza, dalla nostra mania di essere forti e indipendenti. Qualche anno più tardi sarà Gesù stesso, ormai cresciuto, ad esortarci a divenire come bambini per poter entrare nel suo regno. Perché i bambini sono capaci di meraviglia, sono aperti al nuovo, vogliono imparare. Non solo si abbandonano agli altri, vi si affidano. Sanno vivere totalmente l’attimo presente, basta guardarli quando giocano. Si avvicinano alle persone a cuore aperto, senza secondi fini, senza pregiudizi.

I bambini sono una nuova vita, un nuovo inizio. A Natale Dio pone un nuovo inizio. Lo pone nel mondo e nel nostro cuore. Non siamo più fissi alle ferite del nostro passato, dei nostri piccoli fallimenti, dei nostri sogni infranti. Possiamo riprendere a sognare. Possiamo ancora ricominciare dall’inizio.

In una predica natalizia il papa Leone Magno disse: “Oggi posso iniziare di nuovo, perché Dio è nato in me come bambino“. Come diceva il titolo di una trasmissione televisiva della nostra infanzia, “non è mai troppo tardi“. Non è mai troppo tardi per iniziare. Il Natale vuole incoraggiarci a scuotere il peso del passato e, consolati dal bambino divino in noi, ad osare un nuovo inizio.

Il mio augurio per il vostro Natale è che vi ricordiate che dentro di voi è nato Dio, che c’è qualcosa di divino nel vostro cuore. E vi auguro che ve lo ricordiate sempre, anche in mezzo al freddo e all’estraneità di questo mondo.

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