La libertà in Davide

Sempre allo scopo di meglio conoscere Gesù Cristo, e come ha portato alla perfezione le virtù e gli atteggiamenti dell’Antico Testamento, questa sera affronteremo il tema della libertà. E in particolare la relazione tra la libertà e la legge. Questa sera seguiremo un modo un po’ diverso dal solito. Inizieremo da un passo del Vangelo di Matteo che richiama Davide. Quindi vedremo il passo del primo libro di Samuele richiamato da Gesù, poi ritorneremo al passo di Matteo. Da questi passi ricaveremo delle piccole tesi sulla legge per poterci aprire alla contemplazione della libertà di Gesù

Il brano che ci fa da introduzione è Mt 12,1-8: 1In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano. 2Ciò vedendo, i farisei gli dissero: “Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato”. 3Ed egli rispose: “Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? 4Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti? 5O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa? 6Ora io vi dico che qui c’è qualcosa più grande del tempio. 7Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato individui senza colpa. 8Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.

I versetti 3 e 4 sono quelli che ci invitano a leggere un passo del libro di Samuele

Il racconto (1 Samuele 21, 2-7)

2 Davide si recò a Nob dal sacerdote Achimelech. Achimelech, turbato, andò incontro a Davide e gli disse: “Perché sei solo e non c’è nessuno con te?”.

3 Rispose Davide al sacerdote Achimelech: “Il re mi ha ordinato e mi ha detto: Nessuno sappia niente di questa cosa per la quale ti mando e di cui ti ho dato incarico. Ai miei uomini ho dato appuntamento al tal posto. 4 Ora però se hai a disposizione cinque pani, dammeli, o altra cosa che si possa trovare”.

5 Il sacerdote rispose a Davide: “Non ho sottomano pani comuni, ho solo pani sacri: se i tuoi giovani si sono almeno astenuti dalle donne, potete mangiarne”.

6 Rispose Davide al sacerdote: “Ma certo! Dalle donne ci siamo astenuti da tre giorni. Come sempre quando mi metto in viaggio, i giovani sono mondi, sebbene si tratti d’un viaggio profano; tanto più oggi essi sono mondi”.7 Il sacerdote gli diede il pane sacro, perché non c’era là altro pane che quello dell’offerta, ritirato dalla presenza del Signore, per essere sostituito con pane fresco nel giorno in cui si toglie.

Indicazioni del testo

Questo passo si trova subito dopo il lungo capitolo che parla dell’amicizia tra Davide e Gionata. Dopo aver lasciato Gionata, Davide si reca a Nob, dal sacerdote Achimelech, discendente di Eli. Infatti, dopo la distruzione del santuario di Silo (cfr. 1 Sam 4) la casta sacerdotale si era rifugiata (ricordate che non c’era ancora il Tempio) sulla parte orientale del monte Scopus, a est di Gerusalemme

Alla vista di Davide, il sacerdote è preso da timore, probabilmente gli è già giunta voce della divergenza tra lui e il re. Davide, pur di ottenere il pane, inventa una scusa (”Il re mi ha ordinato” e così via); non ha più nulla, è povero e ha fame e così compie il primo passo per rifarsi un’esistenza. Le risposte che dà Davide sono un po’ confuse, segno del suo imbarazzo. Comunque Achimelech dà a Davide i pani dell’oblazione.

Nella struttura del libro di Samuele questa storia ha semplicemente lo scopo di far sapere che Davide ha ricominciato la sua vita presso il santuario e cosa è capitato in seguito al santuario stesso. Infatti nel capitolo successivo (22, 6 ss.) è raccontato di come Saul, venuto a conoscenza dell’accaduto, fa massacrare Achimelech e tutti i sacerdoti di Nob. Non ci sono dunque delle esplicite riflessioni sulla legge e su di una possibile eccezione alla legge. Però Gesù si appoggia proprio su questo testo per introdurre un tema importante, fondamentale, e la pagina di Matteo è la prima delle “catechesi” sul sabato.

Ne ricordo brevemente alcune altre: Mt 12, 9-14 (l’uomo dalla mano inaridita); Lc 13, 10-17 (la donna curva), Lc 14,1-6 (l’uomo idropico). Un passo significativo è Gv 5,1-18 (il paralitico di Betsaida), ma soprattutto Gv 9, la guarigione del cieco nato con la lunga storia che ne segue. Quello del sabato è un problema grave, non piccolo come a noi può sembrare, perché tocca un comandamento di Dio già presente nella Genesi: Dio si riposa il sabato e lo consacra perché in esso ha cessato da ogni lavoro (cfr. Gen 2,2-3).

A partire dal decalogo troviamo tutta una serie di prescrizioni minute costituite proprio per salvaguardare la sacralità del sabato: tutto è per la simhat shabbat, la gioia del sabato. Sarebbe bello vedere i preparativi che fanno i pii ebrei a partire dal venerdì in un’atmosfera di entusiasmo, di calma, di festa: il sabato per loro è davvero il giorno della gioia, della danza, della preghiera.

La legge del sabato è dunque una tradizione umana, ma che si basa su un concetto teologico: l’uomo fatto ad immagine di Dio; l’uomo fatto non solo per il lavoro, ma per essere gioioso, per vivere con Dio, per riposarsi; l’uomo che, a differenza degli animali, sa distinguere l’importanza dei giorni. Il ritmo tra lavoro e riposo è ciò che dà ordine alla vita.

Gesù, come vedremo, connette il problema che il sabato creava nel cuore dei farisei con l’atteggiamento dell’uomo davanti alla legge, atteggiamento che può essere giusto o sbagliato. Si tratta del modo di porsi davanti ad una legge positiva che si fonda su di un comando divino, e quindi ha a che fare col problema della conoscenza di Dio, con l’immagine che abbiamo di Lui. Per questo è un tema difficile, e la risposta di Gesù ai farisei, più che condannare cerca di far crescere, di far scoprire il vero volto di Dio.

La risposta di Gesù pone quattro principi molto importanti.

- Il primo è il principio del buon senso, vedi i vv. 3-4 (per quanto riguarda il senso dei pani dell’offerta vi rimando a Es 25,23-30 e Lev 24,5-9). Gesù si rifà a Davide per sottolineare che la necessità prevale anche sul sabato, che il buon senso ha i suoi diritti. Sa che Davide è amato, rispettato, considerato un uomo pio oltre che un grande re: se ha ceduto lui alla necessità, allora significa che la legge non può non tener conto del bisogno.

- Il secondo è il principio teologico (v. 5). Il sabato è divino, però è un valore relativo, non assoluto. E quello che potrebbe sembrare una violazione del sabato, la legge dice che non lo è: infatti le attività del culto non sono soppresse.

- Il terzo è il principio cristologico (v. 6 e v. 8)

- Il quarto è il principio etico (v. 7), cioè la misericordia prevale sul sacrificio, la misericordia di Dio è la norma di tutto.

Spieghiamo meglio questi punti perché ci possono illuminare sulla libertà di Gesù davanti alla Legge.

¤ Il principio del buon senso è facile da riconoscere, anche se non lo è sempre da praticare (quando ci troviamo di fronte a certe complicazione delle leggi positive, non sempre si riesce a capire da che parte stia il buon senso). Gesù però ricorda il buon senso anche in altri casi simili: “Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?” (Lc 14,5). Non si può venerare la legge in modo tale da rinnegare ciò che è richiesto, oserei dire ordinato, dal buon senso naturale. C’è una priorità di valori che ogni uomo riconosce immediatamente, perché la solu-zione è data dal buon senso naturale.

¤ Il principio teologico va più a fondo. È una spiegazione della Genesi e di tutta la tradizione: il sabato è un valore grandissimo, in esso anche Dio riposa, ma salvare il proprio fratello è sempre degno di Dio. In questo non ci può essere riposo, proprio perché siamo fatti ad immagine di Dio. È il caso della donna curva guarita di sabato: “E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciotto anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?” (Lc 13,16). E l’evangelista annota che mentre Gesù parlava, i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla esultava per le grandi cose compiute. Gesù compie un’opera di liberazione della coscienza e la gente è contenta: “Finalmente!!! È così che noi pensiamo la religione, è così che pensiamo Dio; quello che ci avevano detto ci stringeva il cuore, ma adesso capiamo che questa è la Verità!”

¤ Il principio cristologico è ancora più sviluppato (v. 6). La Legge è sottomessa alla legge definitiva dell’economia divina instaurata da Gesù, “Signore del sabato”, Signore di tutta l’economia divina. Gesù non è solo l’uomo umiliato, è l’umiliato esaltato, il capo del Regno messianico, il vero Davide che riceve il Regno eterno, colui che instaura gia adesso l’economia del Regno. Gesù è colui che mette il vino nuovo nelle botti nuove, la pezza nuova sull’abito nuovo. Nella nuova economia il principio è Gesù, non la Legge, ed è lui la chiave di tutto. Capire questo equivale a entrare nella comprensione del Nuovo Testamento. Nell’Antico il segno era la Legge data a Mosé sul Sinai, adesso il segno è Gesù, Re eterno e definitivo

¤ Il principio etico è conseguenza del primato di Gesù, Signore e Messia. È il principio che dovrebbe comandare tutti gli atteggiamenti dell’uomo, espresso con la semplice frase: “Misericordia io voglio e non sacrificio“. Il riferimento è al profeta Osea (”Poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti.” Os 6, 6), per sottolineare tutta la pregnanza del termine misericordia: è la hesed, l’amore salvifico di Dio diffuso nel cuore degli uomini attraverso lo Spirito Santo. E questa è la legge suprema. Osea collega l’amore con la conoscenza di Dio, per indicare la necessità di una conoscenza amorosa, analoga a quella sponsale tra l’uomo e la donna. E il tema ritorna in Giovanni: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17, 3). Faccio notare che sia Gesù che Osea riprendono un passo di 1 Sam 15, 22, quando Dio, per bocca di Samuele, rigetta Saul: “Il Signore forse gradisce gli olocausti e i sacrifici / come l’obbedienza alla voce del Signore? / Ecco, l’obbedienza è meglio del sacrificio, / la docilità è più del grasso degli arieti”. L’obbedienza migliore del sacrificio non è tanto alle regole, ma all’amore di Dio, all’ascolto della sua Parola, all’impegno di conoscerlo conoscendo Gesù e prendendolo come principio di ogni azione. È il primato della hesed. Gesù non approfondisce l’argomento, si limita a osservare che l’atteggiamento dei farisei davanti agli altri e alla Legge non è buono. Però è un principio formidabile, che fa ricomprendere tutto l’Antico Testamento e tutta la storia di Dio con l’uomo.

Spunti di meditazione

Allora quale deve essere il nostro atteggiamento davanti alla legge cristiana? cosa ci insegna Gesù a proposito della nostra libertà nella legge, attraverso la legge e di fronte alla legge? Ecco sette piccoli spunti, nel tentativo di riordinare un po’ quello che abbiamo detto prima.

1. La legge del Nuovo Testamento è principalmente lo Spirito Santo. “Lex nova principaliter in Spiritu Sancto consistit” afferma s. Tommaso a commento della lettera ai Romani (Rom 8, 2 e seg.).

2. Lo Spirito Santo, così come lo conosciamo dal Nuovo Testamento, è lo Spirito di Gesù Figlio di Dio. Ciò significa che lo Spirito Santo crea nel nostro cuore un atteggiamento di figli. La sua è una legge attiva, creativa; mette il nostro cuore nel cuore di Gesù perché viva in noi la sua filialità. La legge è l’essere come figli nelle braccia del Padre, esserlo per il passato (i nostri peccati che sono perdonati), per il presente e per il futuro. In termini teologici significa fede e speranza: fede nell’oggi, perché il Padre ci fa suoi figli già ora, speranza, perché abbiamo la certezza che nel futuro niente e nessuno potrà separarci dalla carità di Gesù Figlio di Dio. Questa è la legge cristiana.

3. Lo Spirito Santo ci spinge ad amare come Gesù ha amato. Egli ha amato innanzi tutto i suoi, e ha amato e ama tutti coloro che Dio chiama a essere suoi figli: “Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rom 5, 8). Il grande e unico comandamento è la carità, è assomigliare a Dio nell’amore. La vita di Gesù è allora il nostro modello nell’essere figli e nell’essere persone che amano gli altri. È questo lo Spirito Santo, la legge: amare come Gesù ha amato, lasciarsi amare come egli si è lasciato amare dal Padre. Giustamente si sottolinea che Gesù è uomo per gli altri, però Gesù è il Figlio di Dio incarnato, è Dio per gli altri, che ci unisce a Lui rendendoci per Grazia simili a lui nel rapporto con gli altri. Ecco il mistero cristiano.

4. La vita cristiana dipende da questo mistero: la legge, i comandamenti, la preghiera, i sacramenti, l’anno liturgico, la pastorale, i costumi, hanno lo scopo di rendere possibile, o di ristabilire, nella comunità l’ordine della carità. Tutto è a servizio dell’amore.

5. Cos’è allora la libertà di Gesù in questo contesto? È la libertà del Figlio che, sentendosi amato e amando spontaneamente, rispetta l’ordine della carità e tutto quanto a essa si riferisce. Illuminante a questo proposito è Mt 17, 24-27. Gesù dice che i figli, in quanto figli, sono esenti dal pagare la tassa del Tempio, ma che bisogna ugualmente pagarla. Si tratta di una libertà interiore che non vuole sconvolgere la legge che è stata data per aiutare la comunità a rispettare nella vita quotidiana l’ordine della carità. È un principio importantissimo sia per le singole persone che per la Chiesa: la libertà dei figli deve coniugarsi con quello che concretamente aiuta tutta la comunità a vivere il primato della carità (umiltà, buon esempio, correzione fraterna, preghiera in comune, perdono delle offese: cfr Mt 18)

6. Dobbiamo rispettare tutto ciò che si collega all’origine della carità, ma con la libertà di cuore e di spirito, con la libertà di figlio propria di Gesù.

Per ultimo ci chiediamo quale sia il contrario di questo atteggiamento di libertà. Può essere duplice:

- ci può essere l’anomia, cioè la mancanza totale di rispetto per le regole. Si afferma che non si vuole altro che la carità, ma di fatto questa è una scusa per fare ciò che si vuole. Dall’anomia nasce l’arbitrio, una licenza che ferisce gli altri in nome della carità

- oppure all’opposto c’è la rigidità, cioè la mancanza di scioltezza, di elasticità: è il culto della lettera della legge, è l’orgoglio legato a questo culto, è la durezza del cuore, è il formalismo, l’amarezza.

L’uomo cammina sui versanti di questi due abissi. Gesù cammina sulla cresta e ci invita a camminare con lui, non grazie ai nostri sforzi o alla nostra intelligenza, ma per la forza dello Spirito Santo, principio primo e assoluto della storia di salvezza.

Salmo 118,9-16

Come potrà un giovane tenere pura la sua via?

Custodendo le tue parole.

Con tutto il cuore ti cerco:

non farmi deviare dai tuoi precetti.

Conservo nel cuore le tue parole

per non offenderti con il peccato.

Benedetto sei tu, Signore;

mostrami il tuo volere.

Con le mie labbra ho enumerato

tutti i giudizi della tua bocca.

Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia

più che in ogni altro bene.

Voglio meditare i tuoi comandamenti,

considerare le tue vie.

Nella tua volontà è la mia gioia;

mai dimenticherò la tua parola.

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