Il cammino della coppia: il fidanzamento

Questa sera vedremo un argomento che purtroppo è stato per troppo tempo trascurato o comunque preso sottogamba: il fidanzamento. E questo nonostante diversi documenti della Chiesa. Ci sono varie dichiarazioni della CEI, e anche di altre Conferenze Episcopali nazionali, che raccomandano una maggiore attenzione e valorizzazione di questa fase della vita di coppia, un maggior coinvolgimento dei fidanzati in quanto tali nella vita comunitaria e nella catechesi, non solo come oggetto di catechesi (la catechesi fatta per i fidanzati), ma anche come soggetti (la catechesi fatta dai fidanzati), portatori di un carisma loro proprio, di una spiritualità particolare che non è quella dei singoli giovani né delle coppie già sposate. Purtroppo a tante belle (e a volte veramente splendide) parole non sempre sono seguiti i fatti.

Ma qual è il vissuto proprio di questa fase della vita di coppia? come si può fare di questo periodo una reale e seria preparazione alla futura vita matrimoniale? e infine, c’è una differenza, e se c’è qual è, tra un fidanzamento cristiano e uno non cristiano?

Cominciamo dall’ultima domanda. L’unica differenza tra un serio fidanzamento cristiano e un serio fidanzamento non cristiano consiste nel fatto che i fidanzati cristiani sono consapevoli di ricercare la volontà di Dio proprio attraverso il loro fidanzamento. Il fidanzamento cristiano ha proprio questa “coloritura” di fondo.

Tenendo presente questo, nei comportamenti, nelle tensioni, negli scopi del fidanzamento non ci sono, non ci dovrebbero essere, altre differenze. Sempre che si affrontino le cose in maniera seria, tenendo cioè conto di quanto abbiamo detto negli incontri precedenti sulla persona umana, sul significato della sessualità, sul senso dell’amore umano.

Se vi ricordate nel nostro secondo incontro avevo detto che solo l’amore riesce a vedere la persona nella sua totalità e integralità. Ma questo non è un passaggio automatico, che avviene senza nessuna preparazione da parte nostra, è un passaggio che occorre curare e preparare.

Invece normalmente questo non avviene. Due si conoscono, si sentono attratti dall’altra persona da un particolare, e se la relazione profonda inizia subito, tutto rimane a livello di quel particolare che ci ha colpito. Ma la persona non si esaurisce in quel particolare, è molto di più, per questo è molto facile che una volta conosciuto a fondo quel particolare, non ci sia più niente da dirsi, anzi, non ci sia proprio più niente.

Per la mentalità corrente due si conoscono a mezzogiorno, il pomeriggio escono insieme e la sera finiscono a letto insieme. Ma questo non è amore, è solitudine a due, è usare l’altro. Cioè è l’esatto opposto dell’amore.

Capite dunque che è molto importante non solo come si conduce un rapporto, ma anche come lo si inizia. È importante iniziare fin dai primi momenti a creare una tensione verso l’altro, una tensione che deve durare. Questo si può fare per prima cosa con l’osservazione: per mesi io osservo l’altra persona, guardo come si comporta in gruppo, per strada, al mercato, a scuola, cioè in tutte le situazioni. Vedo molte cose e sono già attento con amore ad una persona. Questa è una grande cosa: osservare una persona con amore. Questo già mi porta a vedere la persona nella sua totalità, non è più solo un bel viso, o un bel sorriso o un bel carattere. È una persona nella sua totalità e integralità.

Perché l’innamoramento è una grossa strategia, e se non si ha questa fase di osservazione si possono beccare dei colpi molto duri, perché ogni fallimento dell’innamoramento ci segna, anche molto profondamente.

Questo è il primo momento, la prima fase. Dopo arriva il momento della “dichiarazione”, quando si avvicina l’ora zero, quando si va a dire, in un modo che si vorrebbe elegante e bello, il proprio amore. Prima di quel momento sarebbe bello che uno si ponesse anche il problema di come lo vivrà questo amore: secondo il mondo o secondo la verità antropologica. Si tratta di fare, o ripetere, una scelta di fondo, di come si vuole impostare la propria vita.

E poi si sceglie un momento prezioso. È importante scegliere il luogo dove dire alla ragazza che la si ama. Può sembrare strano sentire come molte coppie che durano abbiano scelto luoghi a cui nessuno penserebbe mai: un museo davanti ad un particolare quadro, una chiesa abbandonata, un chiostro di un monastero, nuotando in un fiume violento, a metà di una parete dolomitica, dopo una camminata di 8 ore in alta montagna (anche se può sembrare strano sono tutte cose vere).

Tutti questi momenti hanno una particolarità. L’arte introduce in un mondo che dura, l’arte comunica qualcosa, richiama al mondo interiore, ti libera da un mondo puramente tecnologico ed efficientista, dove tutto è prestabilito e prevedibile. È una situazione che già predispone il cuore. Anche una chiesa o un chiostro: siamo in un ambiente del sacro, del rispetto, del silenzio, un luogo dove non ci può essere violenza né prepotenza né calcolo. In un fiume, cioè in una situazione in cui se smetti di nuotare vai a fondo, come legati su di una parete dove se sbagli l’appiglio finisci 600 metri più sotto: sono situazioni vitali, in cui non è possibile fingere, non è possibile indossare una maschera, in cui devi essere presente al 100%. Se si sceglie la natura deve essere durante una lunga e faticosa camminata, perché la vita è una fatica.

Ma perché questo è tanto importante? Perché soprattutto, ma non solo, per la donna è molto importante, perché per lei è un momento prezioso, decisivo, e questo serve a lasciare nella memoria un’impronta che durerà per sempre. Capite allora che se viene detto in momento in cui non ci sono possibilità di falsità, quello che viene detto acquista una dimensione più profonda. Perché il momento della dichiarazione è una verità esistenziale per entrambi, e bisogna aiutarsi in queste cose anche con la cornice. La cornice non è un fattore secondario.

Vorrei riferirvi un fatto che è stato raccontato. Lui era un agronomo, con la passione delle rose, e nel suo giardino ne aveva di splendide. Una sera, LA sera, va da lei con una rosa delle più belle. Escono, e lui prende la rosa e la spreme tra le mani. Lei diceva che si sentivano le spine che bucavano la pelle. L’ha stretta fino a quando non gocciolava il sangue, e allora le ha detto. “Questo è quello che ti voglio dire questa notte: questo è l’amore, non è solo quello di sopra, che si vede e tutti ammirano, ma anche quello di sotto”. Dopo il matrimonio, quando era incinta, scoprì di avere un tumore al fegato. Capite allora che il gesto di lui era più che vero. E quando lei era in ospedale, lui non poteva andare a trovarla con la stessa frequenza degli altri mariti, riusciva ad andare si e no due volte la settimana. Ma lei confessava di essere la donna più sicura di essere amata di tutto l’ospedale.

Capite quindi che l’innamoramento non è un periodo stupido, ma che anzi è una cosa molto importante. Ed è importante anche dove e come lo si dice, perché quello è il momento in cui si inizia una storia, una storia d’amore che ha lo stesso valore della storia d’amore di Dio nei confronti del popolo ebraico. Questa storia per i due ha la stessa importanza della Bibbia. Perché come la Bibbia narra la storia del rapporto tra Dio e il suo popolo e la progressiva conoscenza che gli ebrei hanno di Dio, così la storia che inizia in quel momento tra i due è la storia del loro rapporto e del cammino della loro conoscenza reciproca.

La conoscenza ha due livelli: la conoscenza superficiale e quella del profondo.

La conoscenza superficiale consiste nel sapere i modelli del comportamento, del gusto, i modi di agire di una persona. Le cose del tipo “a me piace la margherita, a lei la prosciutto e funghi”. Questa è la prima conoscenza. Rappresenta la base della conoscenza.

La conoscenza profonda, la seconda conoscenza, scopre i rapporti che l’altro ha con il mondo, con sé stessa, con la realtà, con le persone. Perché conoscere una persona profondamente significa proprio questo: conoscere in che modo quella persona si rapporta con gli altri e col mondo. E per fare questo occorre parlare tanto, molto, e varie volte, anche dello stesso argomento. Perché prima uno domanda: “Cos’è la morte per te?”, e l’altro risponde. Poi muore la nonna, e allora torna a dire di nuovo cos’è la morte. Poi si va a vedere un film, tipo quelli di Bergmann in cui ci sono almeno sei persone che muoiono, e di nuovo ci si dice cos’è la morte. Allora in tante situazioni differenti ci si è ascoltati e pian piano ci si è fatta un’idea, una conoscenza, non solo dei comportamenti, ma anche dei modelli del suo pensiero, cioè della sua personalità, del suo agire e sentire.

E quando io ho scoperto una persona nel profondo, allora (e solo allora) posso dirle: “Ti ho conosciuto, sei una bella persona, con tanti pregi, però questo tuo atteggiamento (o questo modo di fare, o qualsiasi altra cosa) non ti rende giustizia, ti fa apparire diversa da come sei realmente”. Questo è molto diverso da dirle: “Questo tuo atteggiamento mi da fastidio, non mi piace”. Di fronte ad una frase come questa l’altro ha tutte le ragioni di rispondere: “Io sono così, se non ti piaccio, mi dispiace, ma non posso farci niente”.

Se io conosco una persona nel profondo e le rivelo ciò che è, l’aiuto a prendere coscienza di quello che è dentro, allora questa persona ti ascolta. E ti ascolta perché, anche se sembra una correzione, è invece un approfondimento, un’occasione di ulteriore conoscenza. Conoscenza che avviene attraverso domande, sempre nuove domande, sempre più profonde. Ma non come in un interrogatorio, ma domande di vita, fatte anche col comportamento, affinché la persona non solo dia risposte, ma essa stessa si ponga domande. Tutto questo è importante per tutte le coppie, ma soprattutto quando ci si innamora di una persona che ha fatto un’opzione di vita differente dalla propria.

La conoscenza del profondo deve sempre approfondire, deve essere proprio nell’ottica della profondità, e sotto quest’ottica, correggere la superficialità. E la persona ti sarà persino grata. Però deve essere una conoscenza che avviene amando: ti conosco amandoti.

Conoscere nel profondo significa constatare, non giudicare e cercare di spiegare quello che sto conoscendo nell’ottica dell’amore. Si tratta di conoscere: io scopro di lei una cosa, non la posso giudicare dal mio punto di vista, perché questa sarebbe una conoscenza analitica. Per conoscere con amore io devo vedere questa cosa che ho scoperto nella sua storia, letta proprio a partire dalla sua storia, perché se lei ha questa cosa è perché ha dietro di sé tutta una storia, tutta una vita. Io amo una persona solo quando accolgo la sua storia, e dalla sua storia cerco di capire come si comporta. Si tratta sempre di avere questa prospettiva storica personale, e sempre con un’accoglienza amorevole, mai bloccare.

Risulta chiaro che la conoscenza profonda, la conoscenza nell’amore, richiede molto lavoro, richiede fatica. La conoscenza empirica, analitica, è un abuso della persona e crea conflitti. Si può correggere o approfondire l’altra persona solamente quando questa percepisce esperienzalmente che tu l’ami. E allora bisogna porsi delle domande, degli obiettivi del tipo: “Dove, nel corso della giornata, lui/lei può percepire che l’amo senza usare l’amore corporeo, erotico? come posso, senza usare eroticamente il corpo, fare in modo che lui/lei si renda conto che è amato/a?”. Si tratta di cominciare a creare, di usare tutto di sé stessi per amare e dimostrare amore. E se avete presente quello che abbiamo detto negli incontri precedenti avete capito anche cosa si sta preparando: il matrimonio, cioè l’amore sessuale. L’orgasmo, quando verrà, allora non sarà un mucchio di belle parole non incarnate, ma sarà realmente l’incarnazione dell’amore per 24 ore.

Se si riesce a fare questo primo passo, allora è bellissimo quando lui arriva a dire: “Oggi ho sentito la mia ragazza e mi ha detto che ha studiato tutto il pomeriggio, e senza che dica niente ho capito che l’ha fatto per me, perché mi vuole bene, e io sono contento che studi bene, perché le voglio bene”. Sono questi i fondamenti dell’amore, quando cioè si inizia a trasmettere i significati del proprio vissuto.

Un altro passo da fare: dove sono le radici della mia vita? Le radici della mia vita sono nel mio/a ragazzo/a. E allora speriamo che lui/lei metta ogni giorno un po’ di acqua, che cambi la terra, che le curi molto, altrimenti seccheranno. Allora se io riesco ad essere conscio di questo, posso anche affrontare una lontananza, posso essere io a Trieste e lui/lei agli antipodi, però intanto so che le mie radici sono in lui/lei e lui/lei continua a curarle, e quindi posso continuare a stare bene con l’altro, anche se è fisicamente lontano.

Tutti questi passi servono a far si che si passi dal “sentire” all’“essere conscio”, essere cosciente, di essere amato. Che poi è la “conditio sine qua non” per il matrimonio. Ed è molto bello quando, rileggendo la propria storia d’amore, si riesce a scoprire quanto si è incarnato il proprio amore, quanto diventa anche altruista: “Oggi sul lavoro mi hanno fatto arrabbiare, ma pensando a lei sono riuscito a stare calmo, a non trascendere”. Lui si sta correggendo per causa sua, a motivo dell’amore reciproco.

Un’altra cosa da verificare è la reazione degli altri, cioè se i genitori, i fratelli, gli amici si sono resi conto che tu sei diventato una persona migliore, più tollerante, più amabile, più paziente. Perché quando uno è amato veramente allora inizia a diventare più sicuro di sé, più capace di amare. C’è da diffidare di un amore che vuole sempre e solamente isolarsi, di un rapporto che fa fuggire dalle altre relazioni, che isola dal mondo. Il più valido termometro del valore reale di un amore sono proprio gli altri, i familiari e gli amici. Questi si devono rendere conto che sei diventato una persona più profonda, più seria, più capace di relazionarti. Perché se sei amato veramente si deve vedere, devi diventare una persona più forte perché inizi a diventare una sedia sul pavimento (ricordate il nostro terzo incontro?).

Ma torniamo al discorso sui due livelli di conoscenza e sul modo di rapportarsi e influenzarsi. Dicevo che c’è molto lavoro perché tutto il tempo io devo essere in un atteggiamento d’amore verso l’altro. Se sono fuori da questo atteggiamento non posso dire niente, perché una persona ascolta, si migliora, cambia solamente se si sente amata. Se la persona non si sente amata tutto comincia a diventare una lotta. Però un ostacolo in questo modo della conoscenza è la sensualità: siccome la conoscenza d’amore richiede lavoro e la conoscenza sensuale è molto piacevole, queste due si scontrano. E allora si ha la sensazione di volersi molto bene, di stare molto bene insieme, ma questo stare insieme si riduce solo a fare del petting, ad uno stare insieme solamente corporale. Si ha la sensazione di conoscere l’altro, ma è solo un’illusione, perché la sensualità diventa un velo che avvolge i due e fa sembrare di stare molto bene insieme. Però quando la coppia dovrebbe passare dall’innamoramento all’amore, quando l’innamoramento comincia ad indebolirsi (e questo prima o poi avviene sempre) allora si ritrovano che non hanno niente da dirsi, non hanno nessuna base per il loro rapporto.

Quindi c’è questo scontro tra la conoscenza d’amore, che è lavoro, e la conoscenza sensuale, che è piacevole, e molte volte si opta per la seconda, ma alla fine ci si ritrova estranei. Ma c’è il problema del legame, della definitività a cui tutti aspiriamo, che tutti cercano e vogliono, perché una relazione ha bisogno di un’arte per essere alimentata, per crescere, per essere vivificata, e quest’arte richiede tempo e lavoro. Invece un orgasmo, un piacere biologico possono essere per un attimo molto pieni, così pieni da dare la sensazione di essere al di fuori del tempo e dello spazio, quindi di una cosa che dura, però in verità manca l’interlocutore, l’altro della relazione, perché non lo conosci veramente, per te è un mistero totale.

La sensualità da sola è una cosa puramente corporale cioè limitata e finita, e quindi prima o poi si esaurisce. Una relazione che sia solo su basi sensuali è destinata a finire, a fallire. E la maggior parte delle relazioni falliscono proprio per questo motivo.

Attenzione. Ci sono anche innamoramenti che finiscono perché devono finire, anche se erano impostati su solide basi. Che nessuno pensi che se una storia inizia debba per forza finire col matrimonio! Ricordate all’inizio di questa serata quello che ho detto sul fidanzamento cristiano: occorre vedere cosa vuole Dio! Quando uno va a dire il proprio amore e l’altra risponde “si”, questo sì non è per il matrimonio, ma per camminare insieme, per vedere se c’è la strada da percorrere assieme, e solo una volta scoperto che una strada c’è, solo allora diventa un si per il matrimonio.

Ma il fatto che la sensualità sia un possibile pericolo, non vuol dire che non debba entrare in un fidanzamento, tutt’altro. La sensualità va vissuta a tappe. Ci sono delle tappe per mezzo delle quali i due si scoprono conoscendo anche sensorialmente, si tratta di scoprire pian piano le cose.

Una prima cosa da scoprire è la tenerezza. La tenerezza come spazio dell’integrità della persona, come spazio che io lascio sempre l’altro nel suo mistero personale (perché ci sarà sempre una parte della persona che sarà un mistero, c’è in ognuno di noi), in cui non prevarico mai. La tenerezza fa parte di tutti i tipi d’amore, della mamma, della sorella, dell’amico, dei fidanzati, dei coniugi. Ma solamente la tenerezza dei fidanzati (e dei coniugi) ha uno sbocco nell’amore erotico. Non ci deve essere golosità, ma solo conoscenza d’amore. Amare significa accettare, rispettare fino in fondo. Questo processo di scoperta della tenerezza va fatto con colloqui, con apertura, cosa un po’ difficile in questa cultura pansessuale dei nostri giorni. Nell’innamoramento ci deve essere un periodo dedicato alla scoperta del fascino del femminile e del maschile, non sessualizzati, ma globalmente. Un periodo dedicato alla scoperta dell’altro sesso nel senso che abbiamo visto negli ultimi due incontri. È un cammino da fare insieme, mano nella mano. Si tratta di scoprire l’eros totale, perché l’eros non è solo un pene e una vagina come pensa la cultura generale oggi. L’eros è invece il mondo cosmico, è tutto l’essere umano, corpo anima e spirito, che ama in maniera sessuata. Si tratta di imparare ad allargare questo amore perché tutto sia espressione di questo evento: due persone che si avviano a diventare una cosa sola.

I passi da fare sono quelli che portano ad una sempre maggior conoscenza, ma sono quelli che vanno fatti col Signore. Se vi ricordate gli incontri dell’anno scorso sul Cantico dei Cantici, sottolineavamo che, anche se mai nominato, il Signore era il vero protagonista. Dicevamo che ogni storia d’amore ha sempre tre protagonisti: lui, lei e Dio.

Ma per sapere nel concreto della propria storia d’amore quali sono, di volta in volta, i passi che il Signore ci indica, quali sono i migliori per noi due, per il nostro cammino insieme, è basilare che questa storia non sia vissuta in maniera solitaria. È importante, necessaria direi, una guida. Questo perché, normalmente, si è attenti, e si sa molto bene, a cosa non bisogna fare prima del matrimonio, quando invece sarebbe meglio richiamare l’attenzione a tutto ciò di cui invece si deve tener conto, si deve fare.

E oggi, in una situazione in cui i giovani fanno fatica a trovare in famiglia un’amicizia spirituale, sarebbe bene che la coppia si cerchi un interlocutore spirituale altrove (una coppia già con qualche anno di matrimonio, un sacerdote, una religiosa, quello che conta è che sia una persona che sia matura dal punto di vista spirituale). E questo perché la cultura attuale è strutturata in maniera tale che l’amore coniugale e la famiglia trovano notevoli ostacoli. È importante che sia una persona veramente matura dal punto di vista spirituale, perché deve innanzi tutto “accompagnare” e non intromettersi, indicare e non imporre, accettare le confidenze e non chiederle, prendere i due e le loro gioie e le loro difficoltà e presentarle al Signore per poter poi illuminare i due con una visione teologico-spirituale senza intromettersi. Suo compito in definitiva è di riportare continuamente i due alla visione dell’insieme, alla logica relazionale e all’ottica pasquale. Cercherà di aprire sempre l’ottica giusta per evitare eroismi, sacrifici inutili, sogni romantici, depressioni.

E così, passo dopo passo, scoperta dell’altro dopo scoperta, si arriva al passo decisivo, al matrimonio. E questo è quello che vedremo la prossima volta.

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