Cap. 4

DUE ESEMPI

Dopo aver visto sia il senso delle icone che la maniera in cui le varie componenti siano usate per esplicitarlo, passiamo ora ad analizzare due esempi. Non prenderemo, se non in maniera molto lieve, il messaggio teologico, ma guarderemo in che maniera sono stati usati i vari artifici tecnici.

La Trinità di Andrej Rublëv.

(Tav. 1)

S. Sergio di Radonez è considerato uno dei maggiori santi della Russia. Tutta la sua vita fu votata alla Santa Trinità al punto che vi dedicò la sua chiesa. Una trentina d’anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1392, il suo discepolo s. Nicone affidò ad Andrej Rublëv l’incarico di dipingere l’icona della Trinità in ricordo e onore di s. Sergio. Nel 1425 circa veniva terminata quella che è considerata l’icona delle icone. Il Concilio dei Cento Capitoli l’ha eretta a modello dell’iconografia e di tutte le rappresentazioni della Trinità.

La teologia di questa icona è vasta e profonda, sono stati scritti numerosi libri, anche se gli esegeti, mentre sono d’accordo che l’angelo di destra rappresenti lo Spirito Santo, non hanno ancora risolto il dubbio se l’angelo centrale rappresenti il Padre o il Figlio. Comunque per tutti il messaggio è unico: quello dell’amore di Dio, perfetto in Dio e verso di noi. Le diverse interpretazioni sono solo i vari sentieri dell’icona che portano però tutti al dischiudersi di quest’unico contenuto[1].

Per quanto riguarda i colori e la luce abbiamo già parlato delle caratteristiche più salienti[2].

La prospettiva è la classica prospettiva inversa, però qui è in parte mitigata, nascosta. Per evitare deformazioni troppo violente derivate da questa prospettiva, i seggi e il tavolo sono in parte celati dal corpo e dalle vesti degli angeli. Viene invece mantenuta in pieno per la tenda (stilizzata in edificio) sulla sinistra e per le rocce sulla destra. L’effetto di “uscita dall’icona” viene accentuato dallo spazio vuoto lasciato tra le due pedane in primo piano, che crea quasi una porta di ingresso nell’icona stessa.

Molto più ricco e soprattutto complesso è il discorso a proposito delle linee di forza e delle forme geometriche. Forse nessuna icona ne è così ricca.

Innanzi tutto notiamo che ogni angelo ha uno scettro. Questo attira lo sguardo verso un simbolo, associa ad ogni angelo un determinato simbolo. L’angelo di destra, lo Spirito Santo, alle rocce: è la montagna del Tabor, luogo della sua azione trasfigurante. L’angelo di centro è associato all’albero. Per chi vi vede il Padre è l’albero della vita, per chi invece vi vede il Figlio è l’albero della Croce. Infine lo scettro dell’angelo di sinistra indica la casa-tenda. Anche qui che vi vede il Figlio la legge come la chiesa, mentre chi vi vede il Padre la legge come la casa del Padre, la tenda dell’alleanza.

Se noi prolunghiamo l’albero lo vediamo discendere attraverso il tavolo per affondare le sue radici nel rettangolo (ricordiamo che il rettangolo indica la terra, il terrestre) sul davanti del tavolo.

Le mani degli angeli convergono verso questo rettangolo ad indicare che la terra è il luogo di applicazione dell’amore divino. Inoltre il mondo è al di fuori di ogni angelo, come un essere di natura diversa, però è incluso nel cerchio della “comunione del Padre”. Questo cerchio è dato dalle parti esterne delle due figure laterali e passa in corrispondenza delle teste e dei piedi (fig. 1).

L’asse centrale dell’icona è dato dall’albero. Questo asse passa attraverso la coppa sul tavolo e il rettangolo del mondo. Questa linea si incrocia con quella che unisce i nimbi dei due angeli laterali e forma una croce (fig. 2)

. Così la Croce è inscritta nel cerchio della vita divina, è l’asse vivente dell’amore trinitario.

I contorni degli oggetti (troni, predelle, montagna e casa) formano un ottagono, simbolo dell’ottavo giorno, il giorno del compimento definitivo (fig. 3).

I contorni interni degli angeli ai lati riproducono il calice (fig. 4) come una chiave del mistero dell’icona.

Altre figure geometriche sono presentate nelle figure:

5 - cerchio, triangoli e rettangolo

6 - cerchi concentrici (spirale)

7 - Triangoli e cerchio

Facciamo infine alcune considerazioni sugli angeli. Innanzi tutto si nota che hanno gli stessi volti, simbolo dell’unico Dio in tre persone. Vengono poi presentati di trequarti, così la larghezza delle spalle è diminuita e i profili allungati hanno un’eleganza celeste. Allo stesso modo anche i visi hanno la stessa forma allungata. Le linee rette si accordano con le linee rotonde e incantano per il ritmo e la freschezza. I contorni esprimono un dolce movimento. L’ampiezza delle vesti fa sentire il corpo leggero, mentre l’abbondante acconciatura sottolinea la fragilità dei volti di una purezza estrema.

Dall’icona si sprigiona un appello potente: “Siate uno come io e il Padre siamo uno“. L’uomo è a immagine del Dio trinitario. Tutti gli uomini sono chiamati a riunirsi intorno alla medesima e unica coppa .

Spas Nerukotvornyj (Acheiropoietós).

(Tav. 2)

Il nome di questa icona della seconda metà del XII secolo significa, sia in russo che in greco, “non fatta da mani d’uomo“. Questo nome si ricollega ad una leggenda orientale in cui si narra che il re Abgar di Edessa, essendo lebbroso e desiderando la guarigione, inviò una delegazione da Gesù, che predicava in Palestina, chiedendogli un miracolo ed un ritratto. Il Cristo si sarebbe asciugato il volto in una stoffa che gli avrebbe poi inviato. Su questa stoffa sarebbero rimasti impressi i suoi tratti. In pratica sarebbe l’equivalente di quello che in occidente è il velo della Veronica.

Una prima cosa colpisce: è uno dei pochi esempi di icona quadrata. Nel centro di questo quadrato, con una luce di un giallo intenso, vi è disegnato un cerchio. In questo cerchio è collocata una croce a tre bracci, su cui si trova il volto del Salvatore.

Questa struttura per noi occidentali non ha apparentemente nessun significato. Per un orientale invece ha un significato chiarissimo: è il santuario, il tempio, la chiesa. In effetti l’edificio delle chiese ortodosse è uguale a questa struttura. Il quadrato, che tridimensionalmente diventa un cubo, è la terra, il terrestre. Questo interiormente si apre al cielo, cioè al cerchio, la volta della cupola. Quindi il cielo non è sopra la terra, ma ne costituisce il centro, dove tutto converge e tutto trova la sua spiegazione e la sua identità. Tutta questa pienezza si comunica a noi attraverso il Cristo .

Passando al volto del Cristo possiamo vedere che questo è costruito sullo schema dei tre cerchi (fig. 8).

Il primo cerchio non è visibile, è il punto centrale di tutti i cerchi e si trova in mezzo agli occhi. Anche se non è visibile, però in tutte le icone questa parte, alla base del naso, è dempre ben visibile e modellata. Rifacendoci all’antropologia tripartita, rappresenta lo spirito, il luogo di inabitazione dello Spirito Santo.

Il secondo cerchio è concentrico al primo e il suo raggio è uguale alla lunghezza del naso. Racchiude, oltre al naso, anche gli occhi e la fronte. Rappresenta l’anima, cioè l’intelligenza, il sentimento, la volontà.

Il terzo cerchio, sempre concentrico, ha il diametro doppio del secondo. Contiene i capelli, la bocca e la barba e rappresenta il corpo.

Vi è poi un quarto cerchio, quello del nimbo. In genere anch’esso è concentrico agli altri, qui però è leggermente spostato in basso per contenere completamente la barba e inscriversi nella tavola. Il nimbo è lo Spirito Santo che, partendo dal centro più interno, permea tutto l’uomo al punto tale da essere visibile anche all’esterno dagli altri uomini.

Se si uniscono i centri degli occhi con la punta del naso si ottiene un triangolo equilatero, il cui lato è uguale al raggio del secondo cerchio. Rappresenta la Trinità che sempre opera nel cuore dell’uomo.

Sia la barba che i capelli sono bipartiti a indicare la duplice natura, umana e divina, del Cristo.

Infine se prolunghiamo le “trecce” e la barba (fig. 9), vediamo che convergono tutte sul primo cerchio a ribadire la centralità dello spirito per la vita dell’uomo.

Quindi lo scopo di questa icona è di rivelarci il vero significato dello “spirituale”. Questo non è qualcosa di astratto o di disincarnato. Lo spirituale è l’azione dello Spirito Santo che ci permea e ci fa cristoformi. Chi conduce una vita spirituale diventa comunicatore di Dio, parola di Dio agli uomini. La spiritualità deve trasparire nella concretezza della persona, nel suo operare nel modo.

[1] SPIDLÌK, Tomás; RUPNIK, Marko Ivan. Narrativa… op. cit.. p. 26

[2] vedi cap. 3

[3] EVDOKÌMOV, Pàvel Nikolàjevic. Teologia …, op. cit.. p. 243

[4] SPIDLÌK, Tomás; RUPNIK, Marko Ivan. Narrativa… op. cit.. pp. 63-64

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