geologia delle colline rosse

Qualche breve, ma illuminante e completo, cenno di geologia a cura di Marco R. speleologo del Gruppo Grotte CAI Novara.

Le rocce che affiorano nell'area delle Colline Rosse appartengono a un’unica formazione geologica, il cosiddetto Complesso dei Porfidi Quarziferi, un insieme di rocce vulcaniche diverse, la più caratteristica delle quali è certamente il porfido.

Quest’ultimo è un materiale ben noto fin dall’antichità per il suo colore rosso, spesso associato alla dignità di sovrani e imperatori, tanto che le migliori varietà erano utilizzate per busti celebrativi e celebri sarcofagi. Nella nostra zona, tuttavia, la roccia si presenta quasi sempre molto fratturata e alterata, talvolta fino a sfarinarsi e, in tal caso, la successiva erosione da parte delle acque piovane fa sì che si formino bellissime architetture di calanchi che conservano il colore rossastro, con innumerevoli sfumature più chiare o più scure, e danno luogo alle magnifiche tinte di queste colline.

Da tempo è noto che molti porfidi costituiscono delle antiche lave vulcaniche con composizione simile a quella delle rocce granitiche. Così è comprensibile che ci sia chiesti dove fossero i resti del vulcano che aveva eruttato questi porfidi che affiorano da Curino a Sostegno, a Gattinara e Romagnano e fino a Maggiora. Addirittura, don Luigi Ravelli nella sua celebre guida Valsesia e Monte Rosa, riteneva di poter individuare un ben marcato vulcano spento nei pressi della Cima Frascheia fornendo però indicazioni con toponimi ormai dimenticati che ne rendono molto difficile il ritrovamento, anche perché la sentieristica non è più la stessa e la copertura boschiva del suolo complica ulteriormente la ricerca. Questa la descrizione del Ravelli: dalla vetta della Pietra Groana un sentiero che si tiene quasi sempre sullo spartiacque scende al Bric Vaulino (riportato sulle carte), taglia il Bocchetto delle Chignole (dovrebbe essere, come da cartello, il bivio fra i sentieri 704 e 700), corre pianeggiante per quota 606 fino al Bocchetto di Netro (non riportato e non individuato) lasciandosi a destra e pochi metri in basso la Battaiola, un ben marcato vulcano spento da cratere coronato di larici. Il sentiero sale quindi in 10 minuti alla Cima Frascheia, o cima di Netro.

Oggi questi tentativi di individuare qualche modesto cono vulcanico ci sembrano un po’ ingenui perché il vulcano c’è davvero, ed è enorme, solo che per visualizzarlo serve molta immaginazione.

Recentemente, infatti, la geologia della bassa Valsesia è stata completamente reinterpretata in seguito alla ricostruzione di una serie di eventi avvenuti ben prima della nascita della catena alpina, tra 280 e 290 milioni di anni fa, quando nella zona era in attività un enorme vulcano le cui eruzioni furono di tale entità da farlo ascrivere alla categoria dei cosiddetti supervulcani. La sua attività eruttiva culminò con il collasso di una caldera sommitale di almeno 13 km di diametro il cui materiale di riempimento è costituito proprio dai porfidi delle Colline Rosse e della bassa Valsesia. Solo molto tempo più tardi iniziarono a formarsi le Alpi, con un processo che ebbe i suoi momenti di massima espressione tra 50 e 20 milioni di anni fa. Questo evento avrebbe ripiegato di 90 gradi l’enorme vulcano che sarebbe poi stato in gran parte divorato dall’erosione che ne ha portato alla luce la struttura interna. Così oggi il risalire la Valsesia da Romagnano equivale da affrontare una vera e propria discesa all’interno del vulcano partendo dai materiali eruttati nella caldera sommitale (appunto i porfidi delle Colline Rosse e delle zone limitrofe), scendendo poi in profondità fino ad arrivare, tra Varallo e Balmuccia, al serbatoio magmatico che, a suo tempo, si trovava a profondità comprese tra 20 e 25 km circa.

Una particolarità di questo territorio è che si trova compreso tra due complessi di natura geologica completamente diversi, ovvero il Fenera e Bercovei, due blocchi calcarei che trovano la loro spiegazione nell'articolo di Marco R.

I porfidi delle Colline Rosse e della bassa Valsesia sono ricoperti a tratti da lembi di calcari e dolomie mesozoici, residui di un vasto affioramento depositatosi quando tutta la zona era ricoperta dal mare e poi in gran parte smantellato dall’erosione. Il lembo più importante è quello del Monte Fenera, sulla riva sinistra (occidentale) della Sesia, noto per ospitare oltre 80 grotte comprese quelle delle Arenarie e della Bondaccia, lunghe rispettivamente ca. 3 km e oltre mezzo km, e parecchie più piccole in cui sono stati effettuati importanti ritrovamenti preistorici: Ciota Ciara, Ciutarun, Tana dell’Armittu, ecc. Dal canto loro, i porfidi delle Colline Rosse, sulla riva destra della Sesia, vengono in contatto a SO con il lembo di calcari dolomitici di Sostegno che ospita la Grotta di Bercovei, circa 1 km a Nord del paese. La grotta ha un andamento orizzontale e inizia con un breve antro d’ingresso seguito da un abbassamento della volta e poi da un’ampia galleria fangosa che si inoltra verso Ovest. Dopo una sessantina di metri si ha una brusca svolta a destra cui fanno seguito una breve risalita e una ripida discesa che conduce sulla sponda di un tetro laghetto dove, a circa 90 m dall’ingresso, termina la parte emersa della grotta. L’uso di attrezzature subacquee e alcune operazioni di svuotamento temporaneo del lago hanno permesso di esplorare un’altra quarantina di metri fino a interrompersi per la presenza di ingenti quantità di argilla. Presso l’ingresso si stacca sulla destra una bassa diramazione abbastanza complessa: un angusto cunicolo la mette di nuovo in comunicazione con l’esterno. La caverna, comprese la diramazione presso l’ingresso e le parti sommerse oltre il lago, ha una lunghezza complessiva di 170 m e ospita una fauna diversificata e ripetutamente studiata, per lo più costituita da invertebrati e, di tanto in tanto, da pipistrelli.

La grotta di Bercovei, o Bergovei, è facilmente raggiungibile dalla statale 236 poco a monte di Sostegno. Un pannello informatore ne indica l'ubicazione e un ben evidente sentiero ne porta al suo ingresso in un paio di minuti. L'entrata è protetta da una grata danneggiata da essere in pratica aperta, tuttavia una visita all'interno della cavità è assolutamente riservato a speleologi esperti ed attrezzati.

Le grotte del Fenera invece sono ubicate sulle pendici del monte Fenera e non sono di facile individuazione. Il loro accesso è comunque protetto da grate, essendo tutte riservate esclusivamente a speleologi esperti e ben attrezzati.

cartello informatore della grotta


il sentiero di accesso alla grotta di Bergovei


ingresso della grotta di Bercovei foto Gianni C. GGN


il fondo della grotta di Bercovei foto Gianni C. GGN


interno della grotta di Bercovei foto Paolo T.


interno della grotta di Bercovei foto Valerio B. GGN


verso l'ingresso di Bercovei foto Valerio B. GGN


dentro la grotta di Bercovei foto Valerio B. GGN


ingresso della grotta Ciota Ciara al Fenera foto di Paolo S. GGN

il complesso carsico del monte Fenera

Per ulteriori informazioni sulle grotte del Monte Fenera e di Bercovei cliccare sui link qua sotto riportati