L'ego come mezzo di emancipazione nel processo di percezione

Se l'iterazione tra l'ambiente percettivo e l'immagine di Sé può essere chiamata ego ,l'ego è il mezzo per eccellenza della linearizzazione della percezione.

La reazione dell'ego a situazioni non volute e/o estremamente desiderate (intensità di dispiacere e piacere) porta diritto agli schemi emozionali che condizionano la percezione.

Nel caso in cui la percezione è molto distorta si può arrivare a identificare le distorsioni cognitive principali e con la volontà dell'interessato ,rimuoverle.

Quindi nella somma la capacità di gestione delle risorse mentali e direttamente correlabile alla capacità di gestione del processo di percezione e della consapevolezza che se ne ha della sua esistenza e della necessità di controllo su di esso.

Inoltre ,riflettendo sul mio ego ho scoperto che interiormente avevo la convinzione di dispiacere verso il mio ego ma guardando più attentamente mi sono accorto che ,se l'ego non esistesse, io non avrei alcuna possibilità di rendermi conto nè del dispiacere nè del piacere che gli eventi interni ed esterni esercitano sull'ego.

Ne ho concluso che quanto più ego (somma di schemi emozionali e /o convinzioni) ha una persona più c'è la possibilità di emancipazione.

La vita sembra perfetta per conoscere la propria realtà e emanciparsi tramite la conoscenza.

Inoltre nella riflessione è venuto fuori che il processo della percezione è "sporcato" dal dispiacere e dal piacere verso gli eventi esterni ma anche dal dispiacere e dal piacere verso il frutto dell'azione che viene svolta dall'individuo.

Con questo si intende che la reiterazioni di azioni da parte dei corpi senzienti è indissolubilmente legato alla quantità di piacere e purtroppo dispiacere che il corpo senziente prova.

Certamente c'è da riflettere molto su queste connessioni.

Da quello che finora è emerso sembra essere confermato dalle esperienze che sto facendo nella riflessione che c'è la possibilità di avere chiarezza ca. il processo di percezione umano e di applicare il metodo della buona fede per linearizzare il comportamento della percezione influenzando consapevolmente il corpo senziente e i suoi schemi emozionali.

La riflessione e la teoria non servono se non c'è l'esperienza che si vive rispetto al proprio corpo senziente.