L’assemblea generale delle Nazioni Unite ha indicato il 25 Novembre come Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, per ricordare le tre sorelle Mirabal assassinate il 25 Novembre 1960 nell’America Latina su volontà del dittatore Trujillo. Coraggiosamente, le tre sorelle tentarono di contrastare il suo sanguinoso regime, imposto su tutta la Repubblica Domenicana, e per tal motivo vennero assassinate. La storia delle sorelle Mirabal è contenuta anche nel libro “Buonanotte bambine ribelli”, un volume che raccoglie le storie di donne che lottano per la loro emancipazione e per i propri diritti in vari momenti storici, in diverse parti del mondo. Quanto è difficile per una donna essere donna? La violenza sulle donne è frutto di una visione della donna come “inferiore all’uomo”. Facciamo un salto indietro nella storia, per comprendere le origini di questa disparità tra uomo, visto come essere forte e superiore, e donna, vista come essere fragile e indifeso. La violenza sulle donne, purtroppo, è un tema sempre più attuale. Con l’industrializzazione si sono sempre più separati i ruoli di un uomo da quelli di una donna, andando a svalutare la sua figura. Basti pensare all’alba dell’era industriale: è proprio da questo punto che si è aperto sempre più un divario nella definizione dei ruoli. Nelle prime fabbriche le donne non avevano accesso, erano considerate inadatte perché non esistevano ancora le macchine che svolgevano i ruoli più pesanti, tutto veniva svolto dall’operaio. Era per cui un lavoro pesante che richiedeva una certa forza fisica, per questo le donne vennero escluse da questo lavoro, assieme agli anziani e ai bambini. Le donne inizialmente dovevano occuparsi della casa, della cura dei figli. Successivamente si definirono i cosiddetti “lavori da donna”, che potevano essere, ad esempio, l’infermiera, colei che si prende cura degli anziani e così via. Soltanto in un secondo momento le donne ebbero la possibilità di accedere alle fabbriche, con l’inserimento dei robot nell’industria. Con il passare degli anni le donne assunsero emancipazione sempre più vasta dal punto di vista del lavoro, senza però mai raggiungere un livello superiore a quello dell’uomo. La donna è sempre un gradino più in basso, anche al giorno d’oggi. E perché questa concezione? Siamo nel 2022, un’epoca in cui tutto il mondo si batte per l’uguaglianza e la parità dell’umanità, eppure se ci pensiamo, negli Stati Uniti non c’è mai stato un presidente donna, così come il ruolo di Capo dello Stato italiano è sempre stato rivestito da un uomo.
Pensiamo anche ai diritti delle donne: le donne in Italia ebbero il diritto di votare soltanto nel 1946, meno di cento anni fa. Le donne faticano a fare carriera, perché la maternità è vista ancora come un ostacolo, e sono milioni le donne che si trovano a dover decidere fra carriera e famiglia. Scelta che non dovrebbe essere fatta, in quanto dovrebbe essere possibile coniugare entrambe le situazioni, poiché entrambe sono motivo di realizzazione della donna e caratteristiche determinanti di essa. Le donne sono entrate a far parte delle forze armate italiane soltanto nel 1999, con l’alienazione dell’Italia alla NATO, poco più di vent’anni fa. A volte a qualcuno potrebbe sembrare strano immaginare una donna in divisa, così come potrebbe far strano sentire di una donna dirigente, capo, ecc. perché, secondo la società moderna, questi ruoli sono destinati soltanto alla parte forte della popolazione, gli uomini.
Facendo brevemente il punto, possiamo notare che la modernità sotto il punto di vista dell’emancipazione femminile, anziché progredire, ha portato un’enorme arretratezza. Questa disparità la si sente tutt’oggi, ha causato e causa ogni anno centinaia di vittime di violenza. Esistono diversi tipi di violenza: la violenza fisica, psicologica, verbale, o anche violenza dal punto di vista dei comportamenti, come potrebbe essere lo stalking. Stando ad alcuni dati, possiamo notare come sia drammatica e surreale la situazione. Nel settembre 2017, i dati riportano che 3 milioni e 466 mila donne hanno dichiarato di aver subito stalking negli ultimi 5 anni; una donna uccisa ogni 3 giorni nel 2017; 1740 donne uccise negli ultimi dieci anni di cui 1251 in famiglia. Sono dati che davvero fanno riflettere, ma ci sono dei campanelli d’allarme che potrebbero permetterci di evitare queste stragi? Durante l’incontro che abbiamo seguito in occasione di questa giornata, con l’Associazione “Donna chiama Donna Onlus” abbiamo avuto modo di conoscere quali sono gli eventuali segnali che potrebbero farci capire che una data relazione è tossica e pericolosa. Innanzitutto vorrei esporre e il mio pensiero sulle relazioni: a parer mio, una relazione per essere stabile e sana deve essere basata su dei principi fondamentali, come la fiducia reciproca. Vorrei a tal proposito analizzare un fenomeno molto comune e a volte frainteso, ossia la gelosia estrema di una persona: se una persona diventa possessiva, gelosa, tanto da voler controllare il cellulare del partner, o avere tutte le credenziali dei suoi social, sapere con chi è in contatto, con chi esce e altre situazioni simili, sicuramente c’è qualcosa che non va, perché viene a mancare la fiducia reciproca. Ogni persona ha diritto alla sua privacy e ai suoi spazi. E qui mi collego ad un altro principio che secondo me è fondamentale: se stessi e la propria individualità. Non dobbiamo mai rinunciare alla nostra persona e ai nostri spazi quando ci impegniamo in una relazione. Ognuno di noi deve mantenere la propria libertà individuale, non dobbiamo essere schiavi di nessuno. Mi è capitato di sentire donne dire che dovevano rientrare a casa entro una data ora, altrimenti i compagni le avrebbero sgridate. Assolutamente questo è un campanello d’allarme non indifferente, perché si sta privando il partner della propria libertà individuale. Altri esempi di segnali d’allarme potrebbero essere il partner che controlla gli spostamenti dell’auto con qualche dispositivo gps, oppure il partner che segue la compagna e la controlla, tutti quegli atti di stalking che limitano la libertà personale. Non è da sottovalutare nemmeno la violenza verbale, determinata da insulti, svalutazione della persona (come ad esempio: “tu non vali niente”), offese. La violenza verbale comporta la maggior parte delle volte violenza psicologica, che consiste in un lavaggio del cervello, nel portare la vittima a convincersi di non avere un valore, di essere quelle parole che le sono state dette. Purtroppo, molte volte, la violenza psicologica è causa di atti estremi da parte della vittima. L’errore che la maggior parte delle vittime commette, è sottovalutare questi segnali, giustificandoli. Ad esempio, la gelosia viene giustificata come un’azione buona, perché significa che l’altra persona tiene a noi, ma in realtà non è così. Dobbiamo sempre tenere a mente che l’eccesso non va mai bene. Serve avere il coraggio di chiedere aiuto anche in presenza di questi segnali, che potrebbero portare la situazione a peggiorare sempre di più. Noi esseri umani non siamo di proprietà di nessuno, per cui non dobbiamo permettere a nessuno di privarci della nostra libertà come individui. Questi segnali potrebbero poi diventare atti di violenza fisica, e purtroppo i dati ci mostrano quante vittime la violenza fisica causa ogni anno. Spesso è la gelosia, insieme al possesso, a portare a questi atti, per cui ogni segnale va colto con una particolare attenzione. Talvolta questi sono tutti segnali di disparità e sottomissione ad un’altra persona, ed ecco che il rapporto diventa tossico. Bisogna trovare il coraggio di parlare, di bloccare quella situazione prima che diventi incontrollabile. Dobbiamo imparare ad amare noi stessi prima di qualcun altro, dobbiamo imparare a preservarci e dobbiamo avere il coraggio di parlare, chiedere aiuto quando qualcosa non va nella relazione. Si chiama amor proprio, e a volte può salvarci la vita.