Almeno una volta nella vita ci sarà sicuramente capitato di affrontare un dibattito. Esistono vari argomenti che ancora oggi sono messi fortemente in discussione. Uno di questi è la pena di morte. Questa veniva praticata sin dall’antichità da vari popoli ed è una sanzione penale, la quale consiste nel togliere la vita ad un condannato. La si trovava già nel codice di Hammurabi a Babilonia e fu praticata anche dai Romani, ad esempio, con la crocifissione di Gesù Cristo.
Con il passare degli anni le società si sono evolute e hanno cancellato questa pratica, ma in alcuni stati, come l’America o il Giappone, persiste ancora.
Partiamo dal principio che la pena di morte è un’usanza po’ primitiva. Il vero problema nasce dal fatto che il sistema carcerario non funziona in modo consono. C’è una frase del filosofo e scrittore francese Voltaire che dice “il livello di civiltà di un Paese lo si vede dalla qualità del carcere di quest’ultimo”. E’ giusto punire qualcuno che ha commesso un reato, ed è altrettanto giusto togliere la libertà ad un criminale, ma non la vita. Molte persone hanno dimenticato il vero scopo della prigione, che è quello di riprogrammare, rieducare e seguire psicologicamente colui che ha commesso un determinato crimine, in modo che, quando uscirà, potrà inserirsi nuovamente nella società. Molti sono dell’idea che il carcere sia un luogo orrido, in cui i detenuti, ormai non più liberi, debbano essere sottoposti a maltrattamenti per ciò che hanno compiuto. In realtà, il carcere non ha solo funzione punitiva, ma ha anche e soprattutto funzione rieducativa, perché se lo stato dovesse punire un reato maltrattando una persona, esso compirebbe un altro reato e non se ne trarrebbe alcun beneficio. Se qualcuno va in prigione perché è un criminale, e viene solo picchiato, uscirà con l’idea di picchiare di nuovo. Non in tutti penitenziari i detenuti vengono riabilitati per filo e per segno, perchè a causa del sovraffollamento non vengono ben seguiti come dovrebbero essere e questo poi diventa un problema perchè non si aiuta il carcerato a pentirsi e a rendersi conto del danno che ha compiuto.
Un problema molto frequente è anche quello che molte volte le pene vengono ridotte. Supponiamo che un uomo abbia commesso un femminicidio e debba scontare 30 anni e che, dopo 2 anni dalla sua entrata in prigione, la pena venga ridotta a 15 anni, magari per buona condotta. In questo modo la punizione è come se venisse sminuita, come se fosse considerata futile, viene quasi annullata la sua importanza e magari quei 15 anni non bastano per far riequilibrare la salute mentale di quel criminale. Tutto questo comporta un grave danno alla società. Se almeno si rispettassero le pene, sarebbe già un grande passo.
Uno dei principali motivi per cui sono assolutamente contro la pena capitale è per il semplice fatto che la morte non è una pena e tanto meno una soluzione. Nessuna persona si può sostituire a Dio per decidere della vita o della morte degli altri. Nemmeno lo Stato ha il potere di decidere se una persona merita o no di morire. Nessun essere umano ha il diritto di togliere la vita ad un altro essere umano; privare la vita ad una persona è un gesto disumano e va contro la morale. Se dovessimo uccidere gli altri per punirli, commetteremmo gli errori che sono stati effettuati in passato. Infatti la storia insegna che sono stati giustiziati molti innocenti.
Tuttavia c’è chi è a favore della pena di morte, pochi la ritengono giusta in generale, mentre la maggior parte ritiene sia necessaria solo in casi estremi come nel caso, che ha fatto il giro del mondo, di Junko Furuta, una ragazza Giapponese di soli 17 anni. Questa giovane negli anni 80 aveva rifiutato un ragazzo. Costui non aveva accettato di essere stato respinto e assieme ad altri suoi tre amici l’ aveva rapita e rinchiusa per 44 giorni in una stanza, violentandola e stuprandola brutalmente assieme ai suoi complici per poi bruciarla. Questa storia ha fatto vacillare le convinzioni anche di chi è totalmente contro la pena capitale. Come possono degli essere umani, se si possono definire tali, commettere questo genere di orrori? Devono come minimo fare la stessa fine di Junko, non meritano di vivere. La morte di questi quattro assassini, farà giustizia alla povera ragazza che ora si trova in un posto migliore. Questo è quello che in primis si tende a pensare. Che senso ha tenere in vita, anche se chiusi in una cella, dei criminali che hanno distrutto una vita umana? E se dovessero pure evadere dal carcere sarebbe un disastro.
Molte persone commettono l’errore di pensare “ la pena di morte è sbagliata, ma dipende dalla motivazione e dal delitto”. Anche se in certe situazioni è umanamente impossibile giustificare delle atrocità, bisognerebbe ricordarsi che vivere con una simile colpa nella coscienza è senz’altro un supplizio peggiore rispetto alla morte. Certi criminali hanno la consapevolezza che non saranno mai perdonati, né accolti dalla società.
Oltre che per l'etica, uccidere un essere umano, indipendentemente da quello che ha fatto, va contro il diritto alla vita e in più il carcere non avrebbe senso.
Nessuno decide quali sono i casi estremi e quali no. Se dovessero stabilire la pena di morte per i pedofili, dopo dieci anni la metterebbero per i serial killer, cinque anni dopo per gli omicidi, due anni dopo per gli spacciatori, un anno dopo per chi commette crimini contro lo Stato. Finiremo per essere sotto ad un regime dittatoriale.
Anche nei casi definiti estremi, come quello di Junko Furuta, la morte degli assassini non è la soluzione più adeguata. Dopo la morte, la pena è finita e i carcerati non hanno nemmeno il tempo di redimersi. C’è chi vede la morte degli assassini come una vendetta, ma anche se morissero, il delitto resterebbe sempre e non si concluderebbe niente, neanche per i parenti di chi era stato ucciso.
Non bisogna assolutamente generalizzare la pena di morte come sistema punitivo, perchè è capitato spesso che lo Stato ha scoperto l’innocenza dell’imputato dopo l’esecuzione, sbagliando in modo irreparabile. Il rischio di punire con la morte persone non colpevoli, magari vittime di congiure, diventa molto alto. Chi di noi sarebbe disposto ad assumersi una simile responsabilità?
Anonimo