Anna Petri - In benedizione, femminile, da Venezia

In benedizione, femminile, da Venezia

di Anna Petri

 

 

Da tanti anni ormai ho preso l’abitudine di inaugurare l’anno nuovo partecipando alla prima messa del giorno.

Mi piace scendere in strada quando ancora il mondo dorme.

Tutto è silenzioso e tranquillo.

 

Chissà, se sarò fortunata forse quest’anno, a farmi gli auguri per primo sarà il piccolo pettirosso che ogni mattina, sotto la finestra della cucina, viene a becchettare le briciole della mia colazione.

È così piccolo che starebbe nel palmo di una mano!

 

Mi piacciono le cose piccole, sono schive, pudiche.

Richiedono pazienza.

Spesso non sono appariscenti.

Si offrono a noi nel nascondimento.

Cose piccole e silenziose.

 

Mi incamminerò in questo nuovo anno verso la chiesa, nella mia parrocchia, alla prima periferia di Venezia.

 

E inizierà questo anno nuovo con una benedizione bellissima, un regalo stupendo.

È un augurio apportatore di pienezza, di gratuità, di gioia!

Basterebbe solo l’incipit: “Ti benedica il Signore…”.

Ma la capisco l’immensità di queste parole? Il Signore mi bene-dica, il Signore dica bene di me!

A chi il Signore racconta di me? Con chi parla dei miei giorni, a chi confida segreti e speranze?

 

E dopo avermi benedetta mi costudisce, cioè mi protegge, allarga il Suo cuore e mi fa spazio e rivolgendo a me il Suo volto lo fa splendere per me donandomi grazia e pace…

 

Ammutolisco.

Ecco ora io ho, ora noi tutti abbiamo, riflesso sul nostro viso lo splendore del volto di Dio.

 

Assieme ad una contentezza incontenibile per questo amore così avvolgente e caldo, sento però nascere in me una domanda che inquieta molto “che cosa posso rendere al Signore per quello che mi ha dato”?

 

Ho un altro anno da vivere.

So bene che il tempo scandito dai giorni del calendario è un’invenzione umana: abbiamo bisogno di ordine, altrimenti ci perdiamo. E allora ecco: c’è ancora tanto da fare. Questo anno come un quaderno bianco che profuma di nuovo, è tutto ancora da scrivere.

E non mi illudo che ogni pagina sarà ispirata dalla felicità. Conosco la pesantezza dei giorni.

 

I momenti bui.

La stanchezza e la fatica.

Sento la responsabilità del farmi carico di chi il Signore mi ha posto accanto perché ne abbia cura infinita.

Ma voglio fare mie le “viscere di misericordia” del Padre perché renda le mie mani aperte e il mio cuore materno.

 

Davvero vorrei che il Signore parlasse bene di me!

Lo aspetterò al mattino, quando il sole deve ancora sorgere.

 

Chi è nato in montagna o la conosce perché la frequenta e la ama, sa che il momento più freddo in assoluto è l’attimo prima dell’alba.

La notte cede il passo al giorno che però ancora non è nato.

È l’aurora che porta con sé la speranza ma che è anche il momento di maggior debolezza.

Ci svegliamo dal torpore e forse, però, non siamo ancora pronti.

 

Non tutti i giorni sarò pronta.

Ma mi porrò davanti a Signore perché il Suo volto brilli sul mio.

Me lo ha promesso!

 

Sarò come la bella statua di Lorenzo Bartolini “La fiducia in Dio”: la mia anima nuda davanti al suo Creatore.

Lo pregherò perché io sia capace di accogliere i giorni con tranquilla vigilanza. Inginocchiata, silenziosa, abbandonata.

Imparerò a fidarmi e a non avere paura.

 

Proverò a trasmettere agli altri un po’ della Sua luce e a scoprire sul volto degli altri il riflesso del volto di Dio.

Imparerò io stessa a benedire il Signore.

E a raccontare di Lui con la mia vita.

 

E se posso azzardare un desiderio, una richiesta al mio Signore, una grazia è quella di poter essere custodita anche dall’amicizia di persone care.

Di sentire il loro abbraccio.

Di condividere pensieri e sentimenti.

E non sentirmi mai sola, ma abitata da dolci presenze.

 

Vorrei, infine, manifestare la mia riconoscenza a Rodafà e al suo caro direttore.

Lo benedico, se ciò mi è permesso, e lo ringrazio.

L’amicizia e la fraternità trovano varie strade per esprimersi.

Possono usare anche il mezzo modernissimo di un giornale on–line.

Mi scuserà il direttore se ho parlato un po’ troppo di me… ma fra amici ci si confida. E si è indulgenti…

 

Buon compleanno a Rodafà nel suo quattrocentesimo numero.

E buon anno a tutte le lettrici e a tutti i lettori.

Il Signore ci ricolmi davvero della Sua benedizione!