Vita di Peppino Impastato

Il 9 maggio 1978 è una data centrale negli accadimenti dell’Italia repubblicana, poiché nel corso di quella mattinata il cadavere dell’allora Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, venne restituito a seguito di un sequestro durato quasi due mesi. Eppure, per la famiglia Impastato di Cinisi i momenti di sconforto erano iniziati già da diverse ore al momento del ritrovamento della Renault 4 in Via Caetani a Roma. A dirla tutta, l’intera comunità del piccolo comune nei pressi di Palermo era sconcertata dalle dicerie che andavano spargendosi: un attentato alla ferrovia locale, per mano di Peppino Impastato sembra, il cui corpo sarebbe stato dilaniato dallo stesso ordigno che, secondo le autorità inquirenti, era destinato a coinvolgere un convoglio ferroviario in transito nelle ore successive. Insomma, un’azione di sabotaggio come tante già ne erano avvenute in Italia, nessuna stranezza si pensò, specialmente durante gli anni di Piombo.

Le sicurezze investigative vennero però scontrandosi immediatamente con le certezze di Felicia Bartolotta, mamma di Peppino, e di Giovanni Impastato, fratello minore del deceduto. Certo, Giuseppe andava propugnando idee di sinistra, era anche risaputa la sua candidatura per Democrazia Popolare all’ultima tornata elettorale di Cinisi, ma la violenza non faceva proprio per lui, e il solo pensiero di arrecare danno ad altri non era parte del carattere combattivo esclusivamente a parole di Peppino. Lo stesso non poteva semmai dirsi del papà di Giovanni e Giuseppe, membro della malavita locale, né tantomeno di loro zio Cesare, assassinato nel 1963 e sino ad allora uno dei membri centrali della cupola di Cosa Nostra, sostituito quindi da Gaetano Badalamenti, u vaccaru boia come lo definì la stessa Felicia.

La lotta stessa alla ricerca della verità sul destino di Peppino, sospinta da mamma Felicia e da Giovanni, fu straziante, andandosi ad intrecciare con il tragico destino di altre illustri vittime della mafia siciliana, tra cui spicca indubbiamente il nome di Rocco Chinnici, il primo esponente della giustizia a Palermo a credere nella versione secondo la quale Giuseppe sarebbe stato ucciso dalla mafia di Cinisi, posizione sino ad allora tuttavia totalmente screditata dagli inquirenti. A tal proposito, è sbalorditivo pensare che la prima sentenza che riconobbe la responsabilità penale di Gaetano Badalamenti in qualità di ideatore e mandante dell’omicidio di Peppino Impastato venne espressa solamente l’11 aprile 2002: è trascorso meno tempo da quel giorno ad oggi che non dall’omicidio di Peppino alla sentenza stessa.

Eppure, nonostante la verità giudiziaria abbia finalmente accertato le dinamiche della tragica notte a cavallo tra 8 e 9 maggio 1978, la lotta contro la mafia e il relativo sistema valoriale non si è mai fermata né nelle idee, né tantomeno nelle azioni di Felicia e di Giovanni, e proprio quest’ultimo è stato autore, e in un certo senso anche biografo, del suo defunto fratello, offrendo una narrazione intima e particolareggiata dell’immagine più veritiera di Peppino e del suo immenso coraggio, a partire dalla creazione di Radio Aut e dei programmi in cui proprio costui si dilettava nello schernire la mafia locale ed i suoi rappresentanti, in barba ai costumi locali e decretando di fatto la sua stessa condanna a morte. L’ultima realizzazione di Giovanni Impastato, dal titolo Mio fratello: Tutta una vita con Peppino, pubblicato da Libreria Pienogiorno nel 2021, racconta con una disinvoltura simil-romanzesca un corposo seguitare di piccole e grandi esperienze convissute da Giovanni e Peppino, narrate con gli occhi di un fratello minore che, sognante, prendeva come modello il proprio fratellone, tanto intelligente quanto accorato.

Nelle ultime settimane, invitato dalle varie rappresentanze regionali della “Casa della Memoria Felicia e Peppino Impastato”, ossia la ONLUS che dal 2010 gestisce la casa-museo della famiglia Impastato a Cinisi, Giovanni ha avuto modo di presentare la sua ultima opera, interfacciandosi di fatto con pubblici variegati tra scuole ed auditorium in diverse regioni italiane. Durante la sua tappa nel paese di Buttigliera Alta, all’imbocco della Val di Susa, ho presenziato nel pubblico alla sua presentazione, a cui ho quindi avuto l’onore di poter aggiungere una breve intervista vis-a-vis. Nella seconda parte della presente pubblicazione per la rubrica #èsempre21marzo, vi presenterò il reportage di questa occasione assieme alle risposte fornitemi da Giovanni Impastato.

Fabio Nača