Strage di Bologna

Parte 1

Nell'immagine in copertina, una foto aerea della stazione centrale di Bologna immediatamente dopo la deflagrazione

Introduzione

“Ho vissuto il terrorismo / stragi rosse, stragi nere / aeroplani esplosi in volo / e le bombe sopra i treni”

Basterebbero questi due versi musicali, tratti dal brano “Quarant’anni” dei Modena City Ramblers, per riassumere lo stato di tensione nel quale versava la, ancora relativamente giovanissima, Repubblica Italiana nel periodo a cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta del secolo scorso. Questi anni furono per il Bel Paese notevolmente difficili, con sequestri, stragi, attentati e agguati all’ordine del giorno. Numerosi furono i momenti spartiacque in questo breve periodo, ma, nonostante la forte ondata di terrore, in merito alla quale le responsabilità di alcuni organi statali non sono ancora state accertate (e molto probabilmente non lo saranno mai, nda), quanto avvenuto a cavallo del 27 giugno e del 2 agosto 1980 sconvolse per sempre il prossimo e distante futuro della Repubblica.

Nell’arco di soli 37 giorni, 166 furono le persone a perdere la vita, divise pressoché equamente tra due avvenimenti sconcertanti. Da una parte si stagliano le 81 anime di coloro che patirono le conseguenze dell’abbattimento del volo IH870 dell’Itavia, che la sera del 27 giugno 1980 si apprestava a fare la navetta tra le città di Bologna e di Palermo, nel mezzo del Mar Tirreno, in prossimità dell’isola di Ustica. Dall’altra, invece, furono 85 i cadaveri recuperati dai soccorritori in seguito all’attentato dinamitardo avvenuto presso la stazione ferroviaria centrale di Bologna il 2 agosto 1980. A differenza del primo caso, tuttavia, la quantità esorbitante di altre persone, fortunatamente scampate alle tediose braccia dell’Ade, ma ciononostante rimaste coinvolte nei pressi dei binari felsinei, propone un bilancio complessivo tra i due eventi di 166 vittime e oltre 200 feriti.

Premessa

La Bologna del 1980 era una città che, esattamente come oggi, raccoglieva gli interessi della gioventù italiana e straniera. Nei decenni d’oro dell’attivismo politico e giovanile in Italia, il capoluogo emiliano-romagnolo fungeva da punto di attrazione principale per i membri degli schieramenti di sinistra, e tale tendenza era altresì intuibile dallo storico municipale. Sin dalle prime elezioni comunali del secondo dopoguerra, Bologna era infatti rimasta sotto il saldo controllo del Partito Comunista Italiano (PCI), con la giunta che soltanto il 23 luglio 1980 aveva riconfermato per un secondo mandato l’uscente sindaco Renato Zangheri in qualità di primo cittadino.

Nonostante il periodo di tensione politica e sociale non fosse certo dei migliori, per usare un eufemismo, la voglia di vacanze e di staccare la spina dall’ennesimo anno difficile era forte nella testa di numerosə italianə e stranierə. Da questo punto di vista, la città di Bologna offre un ottimo aiuto anche dal punto di vista urbanistico, poiché la presenza sia della stazione ferroviaria sia dell’autostazione a nemmeno 100 metri di distanza l’una dall’altra non può che attirare l’attenzione e le voglie di persone accaldate e condurle verso lidi più spensierati e rigeneranti.

Il 2 agosto 1980 era un sabato, l’ennesimo caldissimo prefestivo di un’estate infernale. In tantə accorsero nei pressi di Porta Galliera, uno dei dodici mastodontici accessi storici alla centro della città di Bologna, e che, per l’appunto, s’affaccia per un lato sull’autostazione e per l’altro sulla stazione ferroviaria. Il solleone delle ore calde non è ancora presente, sono solamente le 10 del mattino, ma ciononostante l’asfalto e l’acciaio dei binari non favoriscono il refrigerio per i passanti e gli astanti. E di nuovo, nonostante siano le 10 del mattino di un giorno prefestivo, la stazione pullula di spasimanti vacanzieri, ansiosi di gettarsi tra i sedili dei regionali che sferragliano lungo la rete ferroviaria italiana in direzione del Mar Adriatico, distante nemmeno un centinaio di chilometri dalla città felsinea.

Nella sala d’attesa dell’ala ovest della stazione, appena alla sinistra dell’accesso principale, si trovano numerose famiglie in attesa del proprio convoglio. Nel medesimo luogo, nei minuti immediatamente successivi proprio alle 10 del mattino, venne a trovarsi anche una valigetta nera, dal peso approssimativo di 25 kg, che deciderà di lì a poco il destino di una nazione intera.

La vicenda

Alle ore 10:25 di sabato 2 agosto 1980, la valigetta nera riempita da una miscela di tritolo, esplosivo militare “Comp B” (solitamente rintracciato nelle ogive dei proiettili impiegati sui e contro i mezzi corazzati) e nitroglicerina saltò in aria. L’esplosione travolse la sala d’attesa precedentemente menzionata, distruggendone il soffitto e, pertanto, coinvolgendo anche il locale di ristorazione collocato al piano superiore, nonché una rilevante porzione sia del binario 1 (adiacente alla medesima sala), sia del convoglio Ancona-Chiasso, il quale era in fermata proprio al suddetto binario.

I dubbi riguardo la natura dell’esplosione vennero fugati sin dalle prime ore: l’evidentissimo cratere era forte indicatore di un’esplosione dinamitarda, non riconducibile certamente ad uno scoppio determinato da una fuga di gas, né tantomeno, come avanzato nei primi minuti immediatamente successivi al fatto, dalla deflagrazione di una caldaia. Lo stesso Presidente della Repubblica Sandro Pertini, giunto già nel tardo pomeriggio del 2 agosto a Bologna, fu lapidario nel sentenziare che si era “Di fronte all’impresa più criminale che [fosse] avvenuta in Italia”.

Come affermato in precedenza, 85 furono le persone coinvolte e rimaste uccise direttamente dall’esplosione o per effetto delle complicazioni subite per effetto della detonazione. Tra gli 85 cadaveri riconosciuti, non senza difficoltà, ben otto appartenevano a ragazzə e bambinə nemmeno maggiorenni: Marina Antonella Trolese (16 anni), Cesare Francesco Diomede Fresa (14), Eckhardt Mader (14), Manuela Gallon (11), Kai Mader (8), Sonia Burri (7), Luca Mauri (6), Angela Fresu (3).

Fabio Nača