Strage di Bologna

Parte 2

Le responsabilità

Premessa quanto mai doverosa: l’autore, in linea con l’opinione della redazione tutta di IdeeVol@nti, si assume la responsabilità e l’onere di presentare al pubblico la verità emersa da quarant’anni di indagini forensi, giudiziarie e parlamentari. La verità “vera”, per parafrasare un termine caro al Professor Alessandro Barbero, è figlia di considerazioni personali e contestuali, che all’interno della vicenda qui trattata non possono che districarsi con difficoltà dal nodo gordiano composto dai depistaggi e dalle cupissime ombre che si stagliano al di sopra della vicenda tutta. Proprio per questo motivo, la redazione desidera fornire solamente quanti più elementi possibili alle lettrici ed ai lettori, per far sì che questə possano formare al proprio interno una coscienza consapevole in merito alla vicenda.

Partendo dalle responsabilità materiali, bisogna riconoscere senza alcun tipo di dubbio la presenza sulla scena del crimine di membri dei famigerati NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), una delle organizzazioni terroristiche di matrice politica, in questo caso afferente all’ala di destra estrema, sorte durante l’epoca dei cosiddetti Anni di Piombo. Tra i suddetti, spiccano i nomi di terroristi del calibro di Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Sergio Piccafuoco (condannati all’ergastolo per il delitto di strage nel 1995), di Luigi Ciavardini (condannato alla pena di 30 anni per il reato di banda armata) e di Gilberto Cavallini (ritenuto colpevole del delitto di concorso in strage, per il quale è stato condannato nel gennaio 2020 all’ergastolo).

Tuttavia, come precedentemente accennato, questo particolare periodo del recente passato della Repubblica è fortemente intriso da dubbi, misteri, opere più o meno celate ed omissioni, talvolta anche da parte dello Stato stesso. Tra le organizzazioni più invisibili, e ciononostante più attive, si ricorda la P2, loggia massonica guidata per lungo tempo dal Maestro venerabile Licio Gelli e comprendente tra i propri iscritti numerose personalità in vista dei mondi politico, militare, economico, imprenditoriale e sociale (es. giornalisti). Nella nebbia di incertezze, uno dei pochi bagliori di luce ha però portato la commissione Anselmi, che negli anni Ottanta aveva indagato per conto del Parlamento sulla strage, e anche la Corte d’Assise di Bologna a condannare Paolo Bellini, allora membro del gruppo Avanguardia Nazionale (organizzazione terroristica di stampo neofascista) nonché esecutore di diversi omicidi per conto della ‘Ndrangheta (per i quali ha ottenuto lo status di collaboratore di giustizia). Il ruolo di Bellini sarebbe centrale nell’attribuire responsabilità alla P2, in quanto avrebbe agito da tramite tra Gelli e gli esecutori materiali dell’attentato, come sottolineato dalla stessa commissione Anselmi, la quale affermò che

“La loggia P2 svolse opera di istigazione degli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare”

Tuttavia, come affermato precedentemente, per quanto le responsabilità di Bellini siano state chiaramente attribuitegli dal foro felsineo, il coinvolgimento diretto o meno nell’attentato di Bologna da parte della P2 rimane un mistero, almeno per oggi.

A proposito della compartecipazione dello Stato alla strage, non di minor conto sono le dichiarazioni rese dal sostituto procuratore generale Palma, lo stesso che ha poi condannato Bellini. Secondo il PG, sarebbero più che suggestioni gli indizi del coinvolgimento dei servizi segreti nel compiere direttamente la strage di Bologna, o quantomeno nel coprire coloro che vennero poi identificati come colpevoli. I nomi più caldi in questo senso corrispondono a Carlo Digilio, che fu condannato per concorso nella strage di piazza Fontana del 1969, e soprattutto di Massimiliano Fachini, personalità talmente centrale che, sempre secondo Palma, “sapeva della strage prima che venisse commessa”, e se tali erano le condizioni, allora sarebbe stato impossibile secondo il PG che i servizi segreti non ne fossero al corrente. Nuovamente con grande disappunto mi preme affermare per onore di giustizia che le sentenze a sostegno di un suddetto coinvolgimento dei servizi segreti il 2 agosto 1980 sono pari a zero, pertanto le suggestioni, per quanto ognunə sia libero di crederci o meno, rimangono nella sfera delle illazioni, almeno di fronte ad Atena bendata.

Epilogo

Ottantacinque non è un numero, è un macigno; è il peso sulle spalle dell’Italia prometeica; è la spada di Damocle che lambisce il cranio del nostro Paese; è il memento mori più potente della storia della Repubblica Italiana. Ma ottantacinque sono anime, ricordi eterni e fugaci manifestazioni di compianta libertà che, a causa di una bomba e mille motivazioni, non hanno più la possibilità di reificarsi al nostro fianco.

Duecento sono le ferite che struggono le carni del corpo di una Repubblica, che nacque da un enorme sacrificio e che venne martoriata per numerosi anni a seguire. Duecento non è qui un numero preciso, dal momento che costituisce piuttosto un punto di minimo accordo. Ma è proprio il suo essere vacuo di puntigliosità che ne definisce l’importanza: l’impossibilità di avere un numero esatto data la moltitudine di coinvolgimenti conferisce a titolo pieno il grado di strage agli eventi del 2 agosto 1980.

Il quarantadue rappresenta per Douglas Adams la “risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto”, innalzandosi pertanto a causa e radice ultima della stessa esistenza dell’essere e dell’essenza. Sarebbe bello potersi aggrappare alla consapevolezza che il quarantadue rappresenta una certezza, poiché ciò significherebbe che proprio quest’anno, a poco più di quattro decenni di distanza, conosceremmo la verità “vera” su Bologna. Tuttavia, come affermato dallo stesso autore di “Guida galattica per gli autostoppisti”, il numero quarantadue non rappresenta altro che il frutto della propria inventiva.

Come ben ci dicono questi tre numeri, 85-200-42, la spasmodica ricerca di una definizione oggettiva e scibile è in questo caso, così come in numerosi altri, nulla che un’infinita tensione verso una pressoché certa illusione. Tuttavia, la ricerca della verità non finirà certo per colpa di tre numeri, e non dovrà tantomeno arenarsi di fronte al quadro non propriamente ottimista, poiché l’interpretazione della realtà è caratteristica insita all’interno dell’essere umano: nessun altro compito appartiene a Noi come la razionalità. Bisognerebbe soltanto aver voglia talvolta di metterla al servizio del Bene.

Fabio Nača