Post date: 16-gen-2012 13.41.52
di Maria V. Turra*
La possibilità di interconnessioni geografiche e la mobilità migratoria attuale danno luogo al fatto che sempre più gruppi di culture diverse entrino in contatto diretto continuativo, con conseguenti micro-macroprocessi di diffusione e trasformazione culturale. E' in atto l'emergenza di una storia planetaria (1) che comporta il coesistere di differenze ricomprese e partecipi di una grande unità globalizzativa.
La psicoterapia più che mai, oltre a dover rispondere ad una necessità sociale, economica e politica di adattamento a queste interazioni, diventa un vero e proprio laboratorio dove è possibile sollevare nuovi rivitalizzanti interrogativi lungo questo orizzonte conoscitivo di acculturazione. Se da una parte possiamo imbatterci in tratti distintivi non generalizzabili propri di una specifica cultura, dall'altra vi possono essere ipotesi conoscitive, modelli, valori e prassi, reinterpretabili ed inseribili come imprestiti fecondi in una esperienza di confronto aperto.
Del resto, gli orizzonti ideali della ricerca scientifica si sono modificati con la consapevolezza che il fine scientifico non sta nello scoprire verità precise, immodificabili nel tempo, ma nel presentare ipotesi e modelli teorici adeguati alla esplicazione di quanto ci circonda, cioè di quanto riusciamo a cogliere direttamente ed indirettamente (2).
Sin dal 1960, ormai sono quasi quarantanni, sono sorte sulla costa della California correnti di pensiero come il Movimento del Potenziale Umano, la Psicologia Transpersonale, la New Age, il Neo Shamanesimo, che, pure se eclettiche ed eterogenee, hanno mirato allo sviluppo delle potenzialità latenti dell'essere umano, avendo in comune l'interesse per l'esplorazione di aspetti ignoti della percezione e per l'espansione della coscienza (3).
L'essere umano segnala così il suo bisogno di oltrepassare i limiti imprigio nanti del consueto e di mettere in sintonia, ricordando Castaneda, il proprio punto locale (4) con il grande circuito dell'Universale: un minuscolo bagliore d'accensione nella immensa rete di quello che ci circonda.
La nostra evoluzione, i cambiamenti tesi ad una migliore congruità all'ambiente, comportano oggi l'ascolto, la sospensione del giudizio e la consapevolezza che la ricchezza conoscitiva della esperienza umana complessiva non è più contraibile in pochi linguaggi, anche se questi risultano forti e coerenti.
La rete della vita, come la definisce Capra, comprende le diversità come espressioni partecipi di una grande globalità (5).
Occuparsi di Shamanesimo significa affrontare un'area interdisciplinare che
vede convergere antropologia, psicoterapia, filosofia, etnopsichiatria, ecolo
gia.... , dove gli oggetti teorici di riflessione diventano complessi, sfaccettati,
con aspetti spesso sfuggenti.
Lo Shamanesimo può essere considerato una posizione filosofica caratterizzata da un tipo di pensiero orientato al sistemico, con accento posto sul Tutto, in una prospettiva olistico-globalizzante di reti relazionali. Ma lo Shamanesimo è soprattutto una pratica terapeutica di problem-solving, che utilizza come dispositivo tecnico la modifica autoindotta ed auto-regolata della coscienza.
Fenomeno antichissimo che accompagna l'intera storia dell'uomo, le sue tracce ufficiali ininterrotte vanno dalla preistoria dei cacciatori paleolitici, come testimoniano i petroglifi di 25.000 anni fa delle grotte di Lascaux nella Francia centro meridionale, fino ai giorni nostri. Nel riflettere su un tipo di cultura così arcaica, può accadere che l'attenzione si restringa alle sole infrastrutture cioè agli aspetti materiali come lo stadio tecnico, l'economia, l'ambientazione etc..., disattendendo un'ottica più sottile e globale rivolta a valori sociali, estetici, filosofici, ecologici e così via.
Potremmo pensare agli Shamani paleolitici con i loro utensili di pietra, paragonarli agli Shamani del 2000, magari seduti al computer, e dubitare della legittimità di questa connessione. In realtà, nella storia dello Shamanesimo non ci sono soluzioni di continuità spazio-temporale, perché lo Shamanesimo non è il prodotto di un certo momento storico, legato a specifiche forme di civiltà, a strategie politiche e di mercato, ma è piuttosto una caratteristica della condizione umana, che accompagna l'uomo da sempre e si rinnova nelle diverse culture con ampie equivalenze di significato e di funzione.
L'etimo Saman indica colui "che vive uno stato di eccitamento, di elevazione, che si sente spronato a.......................... ; mentre la radice "Sam", comune a tutte le lingue
altaiche, comprende l'idea di danza e salto, di turbamento ed agitazione (6). Al termine Shamanoj/iene attribuita una provenienza dal nord-est asiatico, dal Tunguso-Manciù Saman, ma la radice Smn ha equivalenti fonetici in molte altre aree culturali. Indirizzi storico-etnologici ipotizzano, non concordemente, influenze indù dal Sanscrito Cramana. Lo stesso etimo però, con piccole modificazioni, lo si ritrova presso popoli e culture non solo diversi, ma così lontani geograficamente, da rendere incerte le spiegazioni in base a linee di spostamenti migratori e scambi economici (6).
Il cardine della metodologia shamanica poggia sulla modifica attiva degli stati di coscienza.
Nello Shamanesimo tradizionale questi fenomeni avvengono spontaneamente. I segni premonitori sono colti con precocità, educati e rafforzati da un gruppo sociale che sostiene e riconosce l'identità di questo ruolo. In genere si diventa Shamano secondo linee di trasmissione ereditaria o storico-familiare. E' pro
babile che intervengano in molti casi predisposizioni genetiche che favoriscono la tendenza alla trance.
II Neo-Shamanesimo, cioè la forma dello Shamanesimo attuale, continua l'essenza della tradizione shamanica attraverso l'apprendimento di percorsi esperienziali, organizzati come training di formazione presso sedi appropriate (7a).
Lo Shamano modifica i suoi stati mentali perché solo attraverso una consapevolezza differente e modi diversi del conoscere potrà accordarsi e sintonizzarsi con realtà differenti non ordinarie. Per sapere ascoltare e parlare il linguaggio di tutto ciò che ci circonda, necessitano modi diversi di interrogare la realtà, cioè avere percezioni che colgono nessi diversi (8).
Il tradizionale animismo che caratterizza lo Shamanesimo, cioè la concezione che vuole vive ed animate tutte le cose, può essere riletto come una conoscenza intuitiva che valorizza effettivamente le reti ambientali di connessione: un modo esplicito di testimoniare un'intima e sensibile correlazione all'interno del sistema evolutivo vivente, una vera e propria forma di Eco-Psicologia.
Parole-chiave come equilibrio, armonia, natura, svolgono funzioni di ordinatori semantici e pragmatici: rappresentano le coordinate lungo le quali lo Shamano si muove (9a).
Lo "stato shamanico di coscienza" (7b) è uno specifico stato modificato che si caratterizza per una espansione percettiva e produzione di pensiero visivo, corrispondenti e congruenti alla percezione di una "realtà non ordinaria". E' una peculiare condizione di recettività e di conoscenza, idonea a ricevere informazioni dirette, immediate, intuitive ed empatiche, volte alla soluzione dei problemi (9b). Lo "stato shamanico di coscienza" può essere attivato con una tecnica combinata di concentrazione, consapevolezza e visualizzazione, tecnica capace di modulare l'attenzione. Nella fase preliminare, pratiche visualizzative dirigono l'attenzione lungo iter prestabiliti, idonei a predisporre la modifica della coscienza e provocare l'accesso ad una "realtà non ordinaria". Lo Shamano è un meditatore sui generis perché la modifica di coscienza, i suoi "viaggi", sono motivati da compiti sociali cui egli è preposto. Nelle pratiche di trance shama nica, a differenza di altre forme di meditazione (l'etimo deriva dal latino mederi =curare), la consapevolezza e la memoria di quanto accade sono conservate dalla attenzione che lo Shamano mantiene ben diretta allo scopo per cui ha intrapreso il "viaggio". Il ricordo di questa finalità lavorativa mirata, fecalizzata allo svolgersi di un compito, è la traccia persistente di un modo ordinario per comprendere le cose: una inclusione logica dello stato di veglia. Lo scopo agisce come una freccia direttiva, un pensiero-sonda che gli permetterà di muoversi in un dominio della mente variegato ed imprevedibile (9a). Inoltre, il mantenere l'attenzione su uno scopo prefissato comporta che persistano, nel corso della trance, quei processi mentali necessari per avere esperienze visualizzative (10) nella cui lettura lo Shamano trova risposta. In sintesi i dispositivi-chiave che sottendono e strutturano la trance shamanica sono a) l'attenzione concentrata su moduli visivi prefissati, b) la consapevolezza ininterrotta di un compito sociale da assolvere, e) la comparsa di esperienze visualizzative spontanee da interpretare. Se questo speciale processo costruttivo accada solo nello spazio della sua interiorità, oppure nella interfaccia tra realtà diverse con cui entra in sintonia, è un interrogativo che si disfa, che si spegne come inessenziale per lo Shamano moderno abituato ad una logica scientifica.
Bisogna infatti "arrendersi" e sospendere le consuete forme di giudizio nel corso delle esperienze shamaniche. Queste modifiche peculiari della coscienza richiedono riflessioni e modifiche non banali nel nostro modo di interpretare la realtà, a causa degli interrogativi problematici che ne scaturiscono.
Oggi le modifiche della coscienza appaiono come procedure che ampliano l'orizzonte delle nostre risorse psichiche, anche se l'argomento Coscienza segna i confini tra la scienza e l'esperienza umana (11) perché ancora sfuggente all'approccio conoscitivo delle neuroscienze.
La concezione dell'universo Shamanico è facilmente comprensibile, se non addirittura familiare per alcuni aspetti.
Probabilmente questo è legato ad alcuni elementi strutturali che compaiono come tratti invarianti in miti e dottrine anche di altre culture.
Lo stato di creazione originaria è descritto come una cosmogonia tripartita (6). Criteri di suddivisione spaziale la ripartiscono in "mondo superiore o più alto", "mondo intermedio o di mezzo" e "mondo inferiore o più basso". Questa tripartizione descrive spazi concreti e metaforici che implicano operazioni concreto-simboliche (come per esempio il salire e scendere), valori, preferenze, prescrizioni etc... Lungo una dimensione di verticalità, verso l'alto, si ritrovano il cielo, i valori spirituali e sapienziali, i principi guida personificabili in maestri. Nel mezzo c'è la nostra realtà ordinaria, il mondo in cui viviamo, i luoghi che contengono la nostra quotidianità. Di seguito c'è l'infero, nel senso che "sta sotto", con i suoi poteri ctonii, generativi, le ricchezze nascoste nelle viscere della terra, le forze pulsive che spingono alla vita, le entità animali. Elementi concreto-metaforici mantengono i collegamenti e la continuità nella tripartizione, come per esempio il palo centrale che sorregge le capanne, il fumo che va verso l'alto....in modo che funzioni ascensionali e discensionali siano assicurate, come un virtuale axis mundi. Lo Shamano nel corso del suo apprendistato, attraverso le pratiche visualizzative, impara a relazionarsi con queste dimensioni di realtà non ordinarie. Perché questo accada, deve rafforzare ed espandere la sua identità attraverso l'alleanza con entità che lo aiutino e lo assistano: cioè i maestri e gli animali. Questi lo affiancheranno costantemente nel corso del suo lavoro. Lo Shamano viaggia nel "mondo-più-alto" per evocare l'aiuto del maestro, nel "mondo-più-basso" per incontrare il potere animale. Ogni Shamano ha quindi il proprio maestro ed il proprio potere animale; essi possono essere più di uno e cambiare nel corso della vita. Si può riformulare questo, dicendo che l'apparizione spontanea e ripetuta di forme riconoscibili segnala, nel corso della visualizzazione, un'efficace personificazione di idee emotivamente significative. Attraverso questa modalità rappresentativa vengono espressi concetti, valori culturali astratti, qualità fisico-sensoriali, affinità: è il segno di una partecipazione con il mondo esterno, percepito vitale ed in movimento (9a). Levi-Strauss dice che le specie naturali sono state selezionate dall'uomo non perché sono buone da mangiare, ma perché sono buone da pensare (12a).
Durante il "viaggio", lo Shamano può incontrare l'alleato animale nel "mondo superiore" ed il maestro invece negli inferi, nel "mondo più basso", cioè in una collocazione tradizionale completamente capovolta; può anche scegliere di lavorare solo con forme di potere animale: il suo universo non è organizzato da criteri rigidi, ma piuttosto da intensità relazionali. Le sue scelte testimoniano grossi svincoli creativi e di libertà, verosimilmente quale risultato della pratica del salto mentale. Il suo percorso lavorativo è difatti improntato alla disciplina, a valori di rispetto, alla improvvisazione ed alla spontanea espressività di Se stesso (9a).
Lo Shamano può tanto essere corporeamente immobile quando è in "viaggio", quanto può cantare, danzare, parlare, emettere suoni, stare in silenzio, scuotere i sonagli, suonare il tamburo. Di solito il suo "viaggio" è accompagnato da percussioni iterative di tamburo, solitamente a cornice. Anche le rattles-sonagli od altri idiofoni a scuotimento e clik-stik fanno parte della sua dotazione musicale. Levi-Strauss, nel suo "Dal miele alle ceneri"(12b), dice che nella dialettica delle coppie di opposizione, le zucche-sonaglio sono strumenti di disgiunzione orizzontale: nel mito separano infatti gli spiriti dagli esseri umani. Si potrebbe pensare che riaffermano vitalmente la territorialità degli umani. Il tamburo invece è uno strumento di congiunzione verticale-orizzontale. Nei miti si riallaccia alla catena di equivalenze funzionali come: troncocavo- trogolo da idromele-tamburo, per trasformarsi in contenitore-rifugio e successivamente in comunicazione-annunciazione-convocazione.
Le percussioni costituiscono un fattore di continuità del "viaggio" Shamanico, un binario esterno che regola la congiunzione tra l'uscire dal mondo ordinario ed il suo rientrarvi. Il tamburo ha più di una funzione. Organizza innanzitutto le variazioni degli stati di coscienza in pratica sociale, come mezzo concordato dalla cultura (13). Da un punto di vista neurofisiologi co da luogo ad effetti di rinforzo intermodali: l'attività visualizzati va si acuisce e si intensifica con l'intervento aggiuntivo dello stimolo acustico. La cadenza ritmica, monotònica, favorisce lo slittamento della coscienza verso stati non ordinari.
Avvenimento forte che consegna allo Shamano il riconoscimento definitivo di mediatore tra mondi diversi è l'esperienza del "dismembering", lo "smembramento", cioè la sua morte rituale. E' una transizione catartica nell'Aldilà, dove lo Shamano fa l'esperienza allucinatoria di diventare cibo energetico per il "potere animale", il "power animai", che si manifesta sotto forma di animali che lo divorano. L'abbandono rituale agli animali sembra essere una trasposizione cannibalica che richiama valori e significati collegabili ad una forma primordiale, ante-litteram, di pasto- comunione cristiana.
Questa esperienza rituale, se comporta il terrore della perdita della propria individualità, rende però abitabile lo iato tra vita e morte, rigenerando la vita attraverso una esperienza di morte. Rappresenta un ciclo di interazione e compartecipazione nutritiva: l'offertorio di Sé stesso come cibo conduce alla acquisizione di nuove qualità relazionali e nuove capacità conoscitive. E' una prova-cardine di questo percorso iniziatico-professionale, una operazione di empowering per una trasformazione evolutiva speciale. La minaccia dello scompaginarsi della mente e l'angoscia dell'annientamento diventano stabilmente dominabili, quando si riesce a superare un'esperienza, dove, come dice Jankelevitch (14), il pensiero si inabissa senza punti di riferimento e senza linguaggio.
Questo evento di morte può essere costruito in modo totalmente rappresentati-vo-allucinativo con progressivi esercizi di modifica degli stati di coscienza. Pratiche di digiuno, di isolamento, di immersione nella natura non scevra da rischi, possono intensificare l'esperienza. La scelta dipende in gran parte dal contesto in cui la formazione Shamanica è fatta. Convinzioni, esigenze, responsabilità legali, etc..., caratterizzano l'iter dell'apprendistato, più segnato da abitudini metropolitane, o viceversa più improntato a criteri di primordialità naturistica.
Nel "viaggio" Shamanico si possono evidenziare due versanti, uno più privato, l'altro più pubblico. Da una parte c'è un processo di visualizzazione e d'incontro con mondi sottili ed invisibili di realtà diverse; dall'altra c'è un lavoro sociale ritualizzato secondo i modelli culturali d'appartenenza, validato da convenzioni.
Secondo Cazeneuve (15), gli esseri umani esprimono la propria dimensione intcriore di mistero nel sentimento dell'angoscia. Il bisogno e la ricerca di controllo "sull'inquietante" darebbe luogo ai rituali, che sarebbero essenzialmente una risposta organizzata di difesa dall'angoscia e dai suoi derivati (non diversamente da quanto accade nella psicopatologia del rituale anancastico).
I rituali sono una combinazione complessa di parole, gesti, movimenti, manipolazioni d'oggetti, che devono poggiare sul consenso ed essere stati concordati perché funzionino. Come specifica Tambiah (16), i rituali possono essere riconosciuti come mezzi di comunicazione polisensoriale e come modi di presentazione. La prima funzione si realizza attraverso i canali sensoriali della vista, dell'udito, dell'olfatto etc...; la seconda funzione è rappresentata dal canto, dalla danza, dalla musica, dalla recitazione, che rendono evidente quanto si vuole comunicare.
Ancora secondo Tambiah (16), i rituali sono pratiche di efficacia e come tali sono soggetti a criteri normativi. I valori che caratterizzano ed indicano l'efficacia non sono la scientificità, la verificabilità o la predittività, ma la correttezza, l'adeguatezza di esecuzione e la sua legittimazione. Il tipo di comunicazione che interviene in questi contesti può essere definita una comunicazione persuasiva, una comunicazione cioè che ha il potere di convincere, di influenzare con successo. In questa forma di comunicazione, le parole e le azioni si fondono diventando un linguaggio specifico, il linguaggio dell'effettualità, capace cioè di generare come effetto una risonanza psichica. Chi vi partecipa non è un ascoltatore-osservatore ma un destinatario (16). Pertanto la comunicazione persuasiva può essere considerata un metodo che poggia su comportamenti e legami socio-culturali forti.
Una diversa ottica per affrontare la dimensione rituale, è quella orientata a processi mentali individuali. In questo caso, l'ipotesi concettuale a monte si occupa e privilegia una lettura fenomenologica centrata sull'intrapsichico. Secondo Bateson (17) il gioco, l'arte ed il rito rientrerebbero in una stessa categoria di fenomeni, caratterizzati dall'avere in comune una cornice psicologica con una duplice funzione contraddittoria.
Il contenuto della cornice è falso, quando prevale l'ottica distanziante dell'osservatore esterno. Se invece prevale la forza di una identificazione parteci-pativa, quello che la cornice contiene è vero. Questo duplice funzionamento psicologico si modula differentemente nell'arte, nel gioco, nel rito. La forza di partecipazione identificativa è molto grande nell'arte: il piacere estetico che ne deriva è il piacere sottile e raffinato del padroneggiare l'illusione(18); ci si consente un'illusione consapevoli del permesso. La cornice, in questo caso, funge da dispositivo che modula il controllo. Nel rito, la intensità partecipativa è anche molto forte e la funzione illusionale prevale, a patto che uno schermo ripari dal mondo esterno: cioè c'è adesione al contenuto della cornice ma la cornice deve proteggere il contenuto. In questo caso la cornice funge da dispositivo schermante. Nel gioco la funzione di schermo e di controllo della cornice si combinano in maniera meno definita.
Il termine "psicoterapia" ingloba, come dice Nathan (19) tutte le procedure di influenzamento che con intenzione "terapeutica" sono destinate a modificare radicalmente, profondamente e durevolmente la persona, la famiglia o una situazione.
Proviamo a considerare lo Shamanesimo come un'opportunità psicoterapeutica che viene ad amplificare il nostro sistema interattivo d'aiuto e che, nella trama di una invisibile ecologia, ci pone in maggiore risonanza con il mistero e la sacralità.
Note
* Professore di Psichiatria nell'Università di Napoli, psicoanalista.
1) Bocchi G.L.: Conversazione tenuta a "Sciamanesimo e Guarigione". 4-9 giugno
1998. Castello di Belgioioso - Pavia
2) De Mendoza J.L.J.: Cervello destro. Cervello sinistro. Il Saggiatore. Flammarion,
Milano 1996.
3) De Luca A.: La new age. Edizioni Xenia, Milano 1994.
4) Castaneda C.: L'arte di sognare. Rizzoli, Milano 1993.
5) Capra E: La rete della vita. Feltrinelli, 1997.
6) Eliade M.: Lo Sciamanesimo e le tecniche dell'estasi Edizioni Mediterranee,
Roma 1974.
7) a) Harner M.: The Foundation far Shamanic Studies. California USA. - b)
Harner M.: The way ofShaman. HI Edizione San Francisco: Harper-Row
8) Roszak T.: The voice of thè Earth. Touchstone. New York 1992.
9) a) Turra M.V.: The Shamanic Journey: Psychoterapy beyond lime. From thè
Paleolitic Drawing to thè University Hall. Central-Asian Shamanism. International
Baikal Symposium. Ulan-Ude-Baikal Lake, Giugno 1996. - b) Turra M. V.: Immagini e
configurazioni psicoterapeutiche: un viaggio sul lago Baikal. Convegno su " La mente
tra narrazione e rappresentazione". Napoli, Palazzo Serra di Cassano. 18 giugno 1998.
10)Goleman D.: La forza della meditazione. Rizzoli, Milano 1997.
11)Varela F. ed altri: La via di mezzo della conoscenza. Boringhieri, Torino 1994.
12)a) Levi-Strauss C.: // crudo ed il cotto. Il Saggiatore, Milano 1974. - b) Levi-
Strauss C.: Dal miele alle ceneri. Mondadori, Milano 1992.
13)Rouget G.: Musica e trance. Einaudi, Torino 1986.
14)Jankelevitch V.: Pensare la morte? Cortina, Milano 1995.
15)Cazeneuve J.: Sociologia del rito. Est 1996.
16)Tambiah S.J.: Rituali e cultura. II Mulino 1995.
17)Bateson G.: Verso una Ecologia della mente. Adelphi, Milano 1977.
18)Valeri V.: Rito. Enciclopedia Einaudi, Torino 1981.
19) Nathan T.: Quel avenir pour la psychiatrie et la psychotherapie? Les
Empécheurs de penser en rond. 1998.