Ancora su Natura e Persona

Post date: 1-dic-2011 16.13.47

di Corrado Piancastelli

Recentemente due nostri lettori hanno osservato che, molti nostri guai dipenderebbero da un alterato rapporto tra la nostra cultura e civiltà e la natura, la quale è per noi una “madre naturale” perché è da essa che veniamo generati.

Mi accingevo a commentare questa riflessione quando ho trovato un discorso del genere sul venerdi di Repubblica del 19 novembre scorso. Uno studente di antropologia, Carlo Perazzo ha chiesto al filosofo Umberto Galimberti un parere sul fatto che l’uomo ha perduto gli istinti della natura, attraverso i quali avrebbe potuto controllare meglio l’habitat naturale in cui vive perchè l’istinto non gli avrebbe concesso di distruggerlo. Naturalmente, scrive lo studente, avremmo sempre dovuto controllare gli istinti altrimenti non si sarebbe svolta la civiltà, ma senza abbandonarli completamente per poggiarci “sulle strutture razionali e tecniche che abbiamo creato” e che ci hanno sopraffatto.

Galimberti gli risponde salomonicamente che il problema sta “nel giusto rapporto tra impiego della tecnica e conservazione dell’ambiente naturale”, ma che per effetto dell’espansione della tecnica questo rapporto si è infranto. E conclude che “sostituendosi progressivamente ai processi naturali , invece di assecondarli, oggi la tecnica ha finito col de-naturaluizzare la natura che, essendo la dimora dell’uomo, lascia presagire anche una de-umanizzazione dell’umano”.

Accorpo le domande e la risposta perché vi ho trovato, nel chiedere e nel rispondere, una carenza riflessiva francamente sorprendente. E’ fuor di dubbio che la natura vada rispettata e finanche difesa trattandosi del nostro habitat materiale. Ma sembra che a nessuno sia passato per la mente che proprio grazie al distacco con la natura noi abbiamo creato la civiltà, la cultura e l’etica. Se fossimo rimasti nel suo ventre avremmo dovuto conservarne anche gli istinti e la crudeltà, dal momento che la natura è senza etica e il suo istinto primario è la distruzione e la riproduzione, due proprietà che creano l’habitat ideale di specie riferito alla materia solo se stanno in equilibrio, altrimenti la natura vomita eruzioni, catastrofi, uccisioni, tsunami, malattie e ogni altro “mal di dio” che si traducono nella nostra morte e nella distruzione di città e di intere popolazioni. Naturalmente anche laddove la materia è in equilibrio essa non ci risparmia dalla morte che colpisce indifferentemente il giovane e il vecchio senza alcuna distinzione. La logica della natura, infatti, non coincide con la logica della ragione e ancor meno con quella del sentimento e della giustizia.

Ma c’è un ulteriore e per me fondamentale distinzione da fare. Siamo diventate Persone perché ci siamo trasformati (e non sappiamo perché) in esseri soggettivi, cioè mentalmente autonomi, pensanti e razionali finanche dotati di sentimenti, come l’amore e l’odio. Questo stato di cose non solo ci ha distaccati dalla natura (la quale non pensa e non ha sentimenti) ma ha determinato la creatività, l’intuitività, l’estetica e quello stato di autocoscienza e consapevolezza che nessuna cellula del nostro pianeta possiede e che costituisce, senza alcuna connotazione religiosa, lo spirito dell’uomo. La stessa thecnè, ovvero quell’insieme di arti e regole delle attivitù umane (giuridiche, politiche, scientifiche, educative, organizzative, artistiche, economiche, commerciali, ecc.) è talmente diversa dalla natura (la cui tecnica, diceva Kant, è puramente causale) da poter essere considerata una creatività dell’uomo radicalmente diversa dalle leggi meccaniche naturali. Nel produrre tutto ciò ci siamo totalmente diversificati per cui siamo rimasti talmente soli rispetto alle leggi naturali (che subiamo) da far dire a Platone che l’uomo è il solo animale che la natura ha lasciato più sprovveduto e inerme in tutta la creazione (Protagora, 211). Se ne deduce che, comunque declinabile, siamo esseri duali, oggettivi perché comunque dotati anche di natura materiale, e soggettivi perché è a partire dalla soggettività che abbiamo organizzato il mondo e la stessa vita interiore dell’uomo. Del resto tutta la Storia umana non è altro che storia delle soggettività e dei modelli sociali istituiti dall’uomo, non dalla natura la quale, in questo contesto, è presente solo come evento di nascita e di morte. Se, quindi, tornassimo a vivere secondo le leggi di natura torneremmo alla giungla, come del resto accade ogni volta che la ragione e i sentimenti tacciono e viene meno quella regola aurea secondo le quali non dovremmo fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi. Ma è una regola che la natura non può rispettare perché non può riconoscersi come soggetto, per cui la morte (che è l’esito di processi irriflessivi e casuali) colpisce gli innocenti e i buoni con la stessa indifferenza con cui uccide i perversi.