Documenti islamici sui diritti umani*

Post date: 28-mar-2014 21.48.17

di: Erminia Gargiulo

"La natura universale dei diritti umani è fuori questione". Tutti i diritti umani sono universali, interdipendenti e interconnessi. [...] Sebbene occorra tenere pre­senti il significato delle particolarità nazionali e regionali, e le diverse tradizioni storiche, culturali e religiose, è dovere degli Stati, indipendentemente dal proprio sistema politico, economico e culturale, promuovere e proteggere tutti i diritti umani e le libertà fondamentali" (Dichiarazione di Vienna sui diritti umani, adot­tata dalla Conferenza Mondiale sui diritti umani dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 25 giugno 1993,1. 1. e 1.5).

I documenti che seguono ( scaricabili dai link a fondo pagina ) danno un'idea della situa/ione relativa ai diritti umani. Essi rappresentano il pensiero islamico rispetto alla Dichiarazione di Vienna sui diritti umani, adottata dalla Conferenza Mondiale sui diritti umani dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 25 giugno 1993: dichiarazione mai sottoscritta dagli stati islamici e di cui i documenti furono una preparazione alla stessa conferenza di Vienna che successivamente fu ritenuta dagli islamici di carattere "occidentale" e non consona ai valori islamici che mettono al primo posto il diritto di Dio, mentre i valori occidentali vi premettono quelli dell'uomo. I diritti musulmani non possono essere, cioè, desunti da un carattere universale dei diritti, ma solo dalla Legge islamica e tutto quanto si stabilisce deve essere conseguenziale ad essa; i diritti occidentali dell'uomo, in conseguenza di tale concezio­ne, sarebbero l'espressione dell'imperialismo occidentale che tenta di imporre, attraverso i diritti umani, un modello economico, politico e sociale che non è conforme alla Legge islamica. In un chiaro articolo che fa da introduzione al volume "L'islam e il dibattito sui diritti dell'uomo" (Edizione Fondazione Giovanni Agnelli, 1998) da cui abbiamo tratto i documenti - peraltro ufficiali e pubblici - che seguono, Andrea Pacini si domanda se "i diritti umani siano universali perché propri dell'uomo in quanto tale, indipendentemente dalle culture", ritenendo che, tra l'altro, si reclama uno "standard legale minimo" che può anche non ledere i diritti religiosi. Inoltre il plu­ralismo culturale in atto nel mondo è un dato internazionale ormai indiscutibile, fa parte della società, per cui i diritti minimi sono un dato assolutamente necessario da cui partire al di là delle appartenenze a particolari società. Tra l'altro nel caso dell'islam il rifiuto ad accettare i diritti occidentali non parte da valutazioni cultu­rali o storiche ma, in modo netto, da premesse religiose a cui si ispira l'intero ordi­namento sociale e giuridico della società musulmana. Ciò rappresenta indubbia­mente un ostacolo insormontabile a qualsiasi discussione. Andrea Pacini, nel citato articolo, ricorda che nelle dichiarazioni internazionali "il fondamento del diritto è rappresentato dall'uomo stesso" da cui derivano prerogative (e capacità cognitive) e diritti "dal suo stesso essere umano", mentre nel diritto musulmano, come si è già detto, è Dio il soggetto ultimo dei diritti e la "volontà di Dio determina i diritti e i doveri". E' evidente il contrasto fra due concezioni del diritto completamenteopposte fra loro. Deve essere anche detto che nell'islam vi sono attualmente intel­lettuali che tentano una mediazione "morbida" tra il radicalismo fondamentalistico e un visione più elastica del diritto; per esempio, si discute se per soggetto del diritto pieno debba essere inteso l'uomo nel senso fisico-spirituale del termine o il musulmano. Ma si tratta di una minoranza riformista (che però non rinuncia al primario diritto di Dio, anche se più dialettico) alla quale si oppone una cultura conservatrice ancora dominante come i documenti che seguono dimostrano abbon­dantemente. Anche quando appaiono aperturistici, i documenti concludono sempre con il richiamo alla legge islamica, vanificandosi in tal modo gli stessi principi di libertà, di parità e di diritto che apparirebbero concessioni democratiche senza gli articoli finali che ribaltano completamente quelli precedenti.

Un esempio per tutti. Il diritto musulmano si fonda su tre capisaldi: la disugua­glianza tra uomo e donna, tra musulmano e non musulmano, tra libero e schiavo. La schiavitù si sta dissolvendo, ma gli altri due punti restano in piedi, per cui è del tutto opinabile il principio della dignità e parità morale della donna (anche se dichiarato) o l'apertura verso i non musulmani, quando le dichiarazioni dei diritti si concludono tutti sempre con l'obbedienza alla Legge islamica che quelle venti­late parità non ha espunto dalle proprie norme giuridiche.

E ancora: il Regno Saudita non ammette il matrimonio della donna musulmana con un non musulmano, non concede al musulmano di cambiare religione e consi­dera illegale la costituzione dei sindacati per i lavoratori. Si ledono, cioè, diritti primari, come la libertà di coscienza, la libera scelta matrimoniale e il diritto dei lavoratori. Come si può affermare che bisogna affidarsi al diritto di Dio anche quando naufragano i diritti dei lavoratori? Tutti i documenti presentati si uniformano al diritto di Dio ed alla Legge islamica e soprattutto al principio che solo i diritti del­l'islam sono universali, non gli altri, ponendosi in atto un principio di intolleranza che difficilmente diventa confutabile perché ha il carattere dell'intransigenza asso­lutistica.

E' vero che in alcuni Stati si riscontrano aperture più democratiche, come ad esempio in alcuni paesi del Nord-Africa o in Tunisia (che ha votato la parità dei diritti e dei doveri dei coniugi, con l'eccezione del diritto ereditario e del matrimo­nio tra i membri di diverse religioni) ma siamo ben lontani da una vera libertà quale, con tutte le contraddizioni, concepiamo in occidente. Questo non significa che l'islam è nemico della pace e della giustizia, ma che sulla questione dei diritti umani lo scontro sarà certamente duro, poiché a monte non ci troviamo solo di fronte a pregiudizi, ma ad una visione giuridica per noi occidentali inaccettabile e per noi umanisti addirittura improponibile. Come del resto è inaccettabile, per l'i­slam, una visione universale cattolica in cui la verità sia solo nel cristianesimo. Nonostante ciò, i documenti islamici degli ultimi vent'anni mostrano lo sforzo di adeguare i principi dei diritti a quelli occidentali, ma il limite è altrove. È nel fatto che alle dichiarazioni di principio non sono seguiti i cambiamenti reali nella giuri­sprudenza che a sua volta si ispira alla legge islamica. Ciò diventa, di fatto, un ser­pente che si morde la coda poiché se i documenti appaiono vicini alla concezione moderna dei diritti, altra cosa sono i codici islamici e finché non si modificheranno questi, tutto resta velleitario e ambiguo e soprattutto affidato all'interpretazione "democratica" della legge da parte dei giudici e dei politici.

In fondo alla pagina è possibile scaricare i File dei seguenti documenti:

  • Dichiarazione del Cairo dei diritti dell’uomo nell’Islam - 1990
  • Carta araba dei diritti dell’uomo – 1994
  • I diritti dell’uomo e la sua applicazione nel Regno D’Arabia Saudita