Post date: 25-ott-2011 20.08.43
di:
Carlo Adriani
Nel variegato panorama delle opinioni "scientifiche" intorno al problema dell'anima si segnalano quelle di scienziati come, ad esempio, Edelman (premio Nobel) che mentre da un lato auspica un confronto con la filosofia, dall'altro rifiuta a priori le ipotesi di tipo trascendentale o metafisico perché dai suoi studi biologici è portato a concludere che la mente non è trascendente. Certamente il cervello è una realtà vivente e senza dubbio produce un'attività mentale che gli è propria e su questo singolo punto non ci può essere diversità di opinioni. Ma ritenere che il cervello produca anche ciò che biologicamente non gli è proprio può indurre in un errore simile a quello che commetterebbe colui che ascoltando una voce alla radio, ritenesse che la voce che ascolta è prodotta dalla radio stessa. Sicuramente un cervello è capace di autoprodurre una serie molteplice di rappresentazioni e di idee e, quindi, di pensieri, tra cui sicuramente tutti quelli che riguardano il bios, la vita, la sopravvivenza, il coordinamento delle pulsioni istintuali e così via, e fin qui hanno ragione coloro che sostengono che questo tipo di attività della mente non è affatto trascendente; ma il fatto è che la mente non produce solo questo ma anche realtà che non sono ascrivibili alle funzioni ed alle finalità di una struttura vivente. Penso a tutte le attività che si presentano in contrasto con le leggi e le finalità del bios e che ci fanno sospettare che nella trasmissione cerebrale si sono inserite altre funzioni non più spiegabili col metro biologico. Si tratta talvolta di quegli stimoli informi che urgono per diventare linguaggio e pensieri pensati e comportamenti significativi. E qui appaiono quei segnali, quelle spinte, quelle istanze che rompono certi schemi e certi ritmi della natura e che non potrebbero essere prodotti direttamente dall'apparato biologico perché sostanzialmente difformi da esso. Non appena si focalizza l'attenzione su quest'altro tipo di produzione mentale subito ci si accorge che la spiegazione puramente biologista si arresta e non funziona più. E si è costretti ad ipotizzare nuove fonti che non sono più quelle strettamente biologiche. Soprattutto la ricerca filosofica ha chiamato questa produzione come appartenente alle funzioni dell'anima. Il neuroscienziato fa bene a studiare il cervello, la sua organizzazione e la sua funzione ed a trarre conclusioni intorno a questa struttura vivente, ma deve anche rendersi conto che qualsiasi attività "trascendente" deve necessariamente passare per quest'organo non diversamente da qualsiasi voce che passa nei circuiti di una radio accesa per farsi udibile. Ma immaginare che la vista dell'eccitazione neuronale dimostri la non trascendentalità dell'impulso che origina l'eccitazione è un errore di prospettiva, perché si finisce per scambiare la voce vicina come fosse presente nella radio e non riconoscere la stazione lontana che l'ha emessa. Anche le filosofie non metafisiche, ad orientamento psicologico, appiattendosi sulla superficie non traguardano più l'origine e la fonte di certi impulsi e perdono di vista la profondità e la trascendenza del campo da cui proviene la stessa tensione conoscitiva o l'eticità del conoscere. Riproporre il discorso sulla fonte di certi stimoli, di certe istanze, è una necessità non soltanto intellettuale, ma di quella ricerca di "senso" di cui troppo si parla e su cui meno si indaga.