Casi clinici o esperienze di vita

Post date: 27-mar-2014 22.49.15

di: Heliana Ignacio

Ho pensato di portare alcune mie esperienze di arricchimento intcriore che vorrei condividere con voi, portandovi quattro casi clinici in cui sono stati dia­gnosticati malattie gravi. In questi casi, ha avuto anche un'influenza determi­nante la capacità di reazione emotiva di questi pazienti.

Per primo presento il caso clinico di un paziente al quale avevano diagnosti­cato un tumore allo stomaco. Dopo il primo intervento allo stomaco, passati sei mesi, è ritornato a lavorare come se niente fosse successo. Anzi, ha ripreso il lavoro con maggior ritmo. Nel corso del processo psicoterapeutico fra i suoi meccanismi di reazione emotiva prevaleva la sua volontà cosciente di sfida, di riuscire... Più o meno quattro anni dopo gli fu diagnosticato un meningioma al cervello. Ha subito una operazione chirurgica molto delicata; i medici non ave­vano stabilito una prognosi favorevole, anzi gli davano poco tempo di vita anche se l'intervento fosse riuscito. Per questo mio paziente questa seconda malattia è stata l'opportunità per scoprire in essa segnali da decifrare. Così, passando per fasi dolorose di riconoscimento interno fra perdita della salute e percezione delle sue possibilità e capacità interne di reagire, in quel periodo è riuscito ad acco­gliere e a prendersi cura della sua salute e della sua vita quotidiana con una spe­ranza sentita profondamente. Passato il periodo di recupero in ospedale, a casa ha seguito le cure con intento di speranza, come un'opportunità quasi unica per­ché in quel periodo ha capito che nell'ammalarsi così gravemente c'erano degli insegnamenti... Allora ha cominciato a rallentare tanto nel suo impulso di fare, di fare, ha cominciato a sentire nella sua disponibilità interna una nuova manie­ra di ascoltarsi, ha cominciato a sentire sensazioni e sentimenti che prima non considerava.

Il tempo che passava a letto molte volte era percepito come noioso, ma pian piano è diventato un tempo prezioso per stare con i figli, ma soprattutto per ascoltarsi. Un tempo concesso per sentire che in quel periodo in lui stava risve­gliandosi una sensibilità particolare agli odori, ad esempio l'odore della terra dopo la pioggia. Rendersi conto di queste esperienze lo rendeva felice; riusciva a godere di una mezza giornata di pioggia. La sua percezione degli odori e del tatto era migliorata: mentre beveva l'acqua, ha sentito proprio il sapore dell'ac­qua. È successo quando era ancora in ospedale dopo giorni in cui non aveva potuto bere niente. Finalmente nel momento in cui sentì l'acqua toccare le sue labbra, godè del momento in cui tutta la sua bocca si bagnava, così bevve l'ac­qua seguendo tutto il percorso che l'acqua fa scendendo pian piano nello stoma­co. In questa esperienza particolare l'odore dell'acqua che gli è rimasto impres­so è ancora più carico di emozione... Queste ed altre esperienze lo hanno aiuta­to anche a decidere di lavorare meno ore al giorno e a prestare una cura partico­lare all'alimentazione. Coinvolgendo anche tutta la famiglia. La cura cominciò al supermercato, leggendo sulle etichette quello che il prodotto contiene e da dove proviene; comprando meno ma con qualità, il che vuoi dire mangiare con parsimonia; con la cura nel cucinare e nel momento di mangiare; ringraziando inoltre perché gli è possibile mangiare ciò che si porta a tavola... Poi si accorse che aveva ancora vecchi atteggiamenti che intimamente gli davano un certo fastidio; ha smesso di fare il commercialista per fare lavori molto semplici ed umili e ha anche imparato cose che dava per scontato... Quando si è sentito più forte internamente ha ripreso il suo lavoro con la decisione di farlo part-time, in un ritmo che rispettava se stesso, la sua famiglia, in maniera da poter essere più disponibile per una telefonata, per gli amici, per scrivere una cartolina. Ormai sono passati più di sei anni dall'ultimo intervento...

Contemporaneamente seguivo anche un altro caso: un ricercatore universita­rio che stava per subire un'operazione chirurgica. È importante dire che questa persona da lungo tempo soffriva di una grave depressione. Non era da tanto tempo che lo seguivo. Talvolta alle sedute si presentava con un periodico o un giornale e mentre parlava lo guardava o lo sfogliava, non credo si accorgesse delle sue sensazioni mentre comunicava i suoi disagi. Il suo sguardo, tante volte, era lontano ed un po' appannato, la sua voce mi comunicava un senso di abban­dono, il colore del suo viso era gialliccio con qualche sparso grigio, di un pallo­re che può esprimere una certa inibizione dell'emozione. Anche quando aveva bisogno di comunicare rabbia, ad esempio, lo faceva con le parole svuotate. Prima della seduta individuale propriamente detta tutti i pazienti fanno un rilas­samento che dura 20 minuti più o meno. Questo paziente arrivava sempre un po' più tardi perché diceva che, a rilassarsi, si annoiava; non riusciva a seguire il processo del rilassamento, dormiva.

Oltre al processo psicoterapeutico, abbiamo un gruppo di meditazione aper­to a tutti i pazienti, poi c'è un altro gruppo di preghiera che si riunisce una volta al mese presso una famiglia. Questo gruppo è stato creato all'inizio del '91 per dare un sostegno morale e spirituale in caso di malattia grave e per alleviare anche la sofferenza della famiglia.

Questo ultimo paziente non partecipava alla meditazione, ma veniva quoti­dianamente informato. In genere quando si faceva la meditazione si chiedevano sue notizie ai parenti; talvolta lui dava segni di piccoli miglioramenti, però in giornata ricadeva. Alcuni che prendono parte alla meditazione hanno descritto la loro esperienza con questo paziente: era come voler riempire un secchio buca­to... Non scattava la molla che poteva mettere in moto la sua partecipazione, lui restava passivo. Così dava l'impressione di esprimere una personalità che tendenzialmente rinuncia e, purtroppo, non ce l'ha fatta.

Ci sono due differenze sostanziali da prendere in considerazione sull'effetto della meditazione sulla salute di questi pazienti. Quest'ultimo paziente non ha mai partecipato al gruppo di meditazione, ed abbiamo notato che anche durante il rilassamento non riusciva a seguire il processo di rilassarsi, infatti dormiva.

Invece il primo paziente era piuttosto puntuale per il rilassamento passando per fasi difficili, nel processo di rilassarsi ha avuto anche l'opportunità di parte­cipare a una meditazione fatta particolarmente per lui, meditazione che sembra aver avuto un effetto placebo perché ha stimolato le sue aspettative positive, se così possiamo dire.

Soltanto un paio d'anni dopo questa esperienza, in una giornata di psicotera­pia di gruppo, riascoltando lo stesso mantra che avevo cantato allora, questo paziente mi ha detto che, quel giorno, era un po' scettico rispetto alla medita­zione però era stato colpito dalle parole a lui sconosciute di quel mantra. Quelle semplici parole ripetute gli risvegliavano delle sensazioni struggenti come un'onda che lo copriva e lo scioglieva facendogli crollare le resistenze della mente, del pensiero. Sentiva che si mescolava al suo sangue, alle sue ossa, alla sua pelle dandogli i brividi, sensazione che lo accompagna ancora oggi come un momento importante vissuto pienamente.

Il secondo caso è quello del prof. Pierre Weil scrittore francese di origine ma che vive da 50 anni in Brasile, professore di Psicologia Transpersonale e mio supervisore di psicoterapia. A dire il vero è stato lui ad introdurre la Psicologia Transpersonale come disciplina nelle università brasiliane. Il prof. Weil più di venti anni fa ha avuto una malattia grave: un cancro. I medici che lo seguivano gli davano pochi mesi di vita, era visto come un caso senza speranza. La sua rea­zione psicologica è stata quella di un risveglio ad un livello più profondo della sua coscienza. Ha rivisto la sua filosofia di vita, sicuramente con sofferenza; è stata una prova forte, stravolgente per lui. Gli si leggeva negli occhi la sua espressione di umiltà; egli trasmetteva la sua forza interiore in una silenziosa meditazione di cura. Egli è stato in ritiro per più di tre anni in un monastero tibe­tano in Francia e grazie anche alle esperienze di meditazione sicuramente più semplici e profonde e ad esperienze di altri stati di coscienza è riuscito non sol­tanto a superare la malattia ma ha imparato, da questi momenti di ascolto più profondi di Sé, a confrontarsi con esperienze che gli hanno arricchito la vita. Di quel periodo ho un ricordo molto luminoso perché l'ho incontrato a Belo Horizonte, in Brasile, vestito tutto di celeste, con sandali ed era luminoso, dolce. Mi ha detto poco ma ricordo che trasmetteva una sensazione profonda di pace, di calma, di dolcezza, il suo insegnamento silenzioso era più ampio e mi è rima­sto al cuore.

Il dottor Eliezer Mendes medico chirurgico ed ostetrico era anche direttore di una clinica di medicina alternativa dove anch'io ho lavorato per alcuni anni. Questa estate ho saputo che era stato sottoposto ad un intervento al miocardio, ma un incidente cerebro-vascolare post-operatorio gli ha determinato un distur­bo sia spaziale che visivo. Egli ha preso questa operazione come un vero appren­distato. Mi ha risvegliato tante emozioni meravigliose, quando mi ha detto che i medici avevano fatto un buon lavoro: voleva dire che i medici non erano colpe­voli di quello che gli era successo. E quando mi ha detto questo, ho rivisto l'es­sere umano che è lui. Questo suo gesto mi ha tanto colpita: è una conferma della sua ricchezza interiore. E poi mi diceva che si rendeva conto della nostra respon­sabilità come uomini che hanno la possibilità di essere protagonisti di prove così piene di insegnamento e che molte volte al momento sembrano tanto difficili. Mi ha detto quante volte si è sentito impotente nel mettersi in relazione con il Sé curante. Mi ha trasmesso un senso immenso d'amore, quando mi ha detto che sta imparando a camminare in casa, a mettere la forchetta in bocca, a mangiare da solo, ad andare in bagno. Mi ha comunicato così quanto sia messa a dura prova la sua dignità, ma la sua disponibilità a riprendere la sua vita in mano è straor­dinaria. Mi sono sentita grata per l'opportunità che ho avuto di avere lui come mio direttore in una clinica psichiatrica e soprattutto come maestro di vita. Io non credo di riuscire a trasmettervi bene tutto ciò che mi ha suscitato quando, al telefono, mi ha riconosciuta ed anch'io ero molto emozionata mentre aspettavo l'infermiera che lo chiamava. Posso dire molto più sull'insegnamento di Eliezer Mendes, di come trattava i malati di mente, somministrando pochissimi farmaci o nessun farmaco.

Adesso parlerò della parte teorica e anche qui vorrei ringraziare una persona che ho conosciuto poco ma che anche così mi ha dato tanta emozione; è il dott. Elisabeth Kiibler-Ross, una donna meravigliosa che cura i suoi pazienti con immensa dedizione. Nel '91, tenne una conferenza in Brasile: con la sua presen­za e col suono della sua voce, riuscì a trasformare l'aria del convegno della gran­de sala in un silenzio pieno, trasmettendo con autenticità i suoi insegnamenti. Nelle sue ricerche, Elisabeth Kabler-Ross descrive le reazioni emotive delle per­sone a cui viene diagnosticata una malattia incurabile: negazione, rabbia, pat­teggiamento, depressione e accettazione.

Si può sentire una tensione psicologica e fisica così sconvolgente da non riu­scire a prendere in considerazione le sensazioni che arrivano al livello epider­mico. In queste fasi si può risvegliare la sensazione di essere stato tradito, di non essere rispettati nella propria intimità. Alle volte il sentirsi profondamente mosso da questo non rispetto verso di sé può aprire la via verso un processo di trasfor­mazione e di cura. Ci chiediamo se questo risveglio interiore non possa risve­gliare anche le difese naturali, e quindi il sistema immunitario, innescando in questo modo un processo di guarigione.

E quanto una persona con tendenze depressive ha maggiore difficoltà a recu­perare la salute? Il prof. Franco Fornari scrive: "I soggetti che si ammalano di cancro hanno in genere bisogno di apparire agli altri come buoni, di suscitare una buona impressione. Hanno difficoltà a esprimere sentimenti negativi, perché temono di apparire cattivi, di suscitare una cattiva impressione, e quindi di non essere amati. Si tratta dunque di personalità nelle quali compare sia il "il chiu­dersi nel guscio" sia il "sentirsi intrappolati" da situazioni di vita che appaiono senza uscita, come se per essi la vita fosse un labirinto".

Ho letto un articolo di Rita Levi-Montalcini in cui si dimostra la relazione fra sistema nervoso centrale e funzione immunologica nel senso che le reazioni emotive di un paziente sono in relazione con il suo sistema immunitario. Da più di vent'anni stanno migliorando le nostre conoscenze sulle funzioni del sistema immunitario. Altri ricercatori, C. Simonton e S. M. Simonton, hanno descritto le tracce della personalità in pazienti cancerosi che quando sanno della loro malat­tia hanno la reazione di darsi per vinti; in questi casi il loro sistema immunitario rivela un abbassamento delle loro difese. Studi di Herbert Benson e di altri sul­l'effetto delle tecniche di rilassamento dimostrano che esse intervengono sul benessere muscolare ed emotivo. Benson dimostra come attraverso la risposta del rilassamento si riduca il consumo di ossigeno, rallentano i ritmi della respi­razione ed i ritmi cardiaci, la pressione sanguigna, le onde cerebrali appaiono più in equilibrio; il rilassamento riduce anche l'attività cerebrale e può funzionare come prevenzione di varie malattie.

Uno studio del biochimico Nilck Hall ed altri studi confermano l'effetto della meditazione nel riattivare il nostro sistema immunitario. Sappiamo che i maestri orientali, attraverso la pratica della meditazione, riescano a mettere in equilibrio la frequenza del loro battito cardiaco, il movimento della respirazione, la pres­sione sanguinea.

Le preghiere possono svegliare e nutrire la speranza, però scientificamente non è stata confermata la loro efficacia come lo conferma anche la ricercatrice Fugh-Berman.

Quello che vorrei comunicare è che l'importante è risvegliare l'essenza umana di saggezza di valore universale di qualità di vivere. Credo che questi casi ci facciano percepire quanto siamo diversi nella nostra caverna interna e che al di là delle esperienze di stati modificati di coscienza, abbiamo la possibilità di toccare il potenziale umano racchiuso in noi. È vero che passano i tempi, i seco­li, sappiamo che ci sono piccoli e grandi cambiamenti dell'umanità però, la verità racchiusa nel profondo dentro di noi, come una fonte inesauribile che è la nostra essenza, molte volte addormentata nel nostro intimo, aspetta umilmente di esse­re scoperta e messa a disposizione della cura, della qualità della nostra vita.

Il valore morale, il senso del dovere, la responsabilità sono il più profondo stato di coscienza che possa emergere in noi come esperienza di stare in vita. Questa esperienza risveglia rispetto per sé e soprattutto per gli altri, un alto splendore spirituale nell'affrontare i piccoli ed i grandi momenti della vita quo­tidiana.

Ringrazio Maria Vittoria Turra per l'opportunità che mi ha dato di portarvi queste comunicazione e vorrei fare un augurio per la buona riuscita nel suo intui­to di portare in una facoltà universitaria un approccio trans-culturale, dando una opportunità ai ricercatori di proporre al malato di mente una visione più ampia nella cura. A tutti voi che mi avete ascoltato un ringraziamento pieno di forza e di risveglio interiore.

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