Post date: 11-nov-2011 21.13.34
di: Piero Di Vona *
Per comprendere la dottrina spinoziana dell'anima, e dell'uomo come insieme di anima e corpo, bisogna riportarsi ad Aristotele, e confrontare la sua dottrina con quella di Spinoza. Come è noto, per Aristotele l'anima è l'atto primo di un corpo fisico organico avente la vita in potenza (1). Per lo Stagirita è il corpo fisico organico che è in potenza alla vita, e l'anima è l'atto che porta a compimento questa specifica potenza. Al contrario per Spinoza che, d'altronde, possedeva un'edizione di Aristotele (2), la mente non è altro che l'idea di una res singolare esistente in atto, e precisamente l'idea di un corpo, ossia di un modo dell'estensione esistente in atto (3). Dunque, per Spinoza, diversamente che per Aristotele, è il corpo che è in atto, mentre la mente non è che l'idea di questo oggetto singolo esistente in atto. L'atto dell'esistenza questa volta si definisce e specifica mediante il corpo, e ne coinvolge l'idea che è quanto corrisponde all'anima della concezione aristotelica. Lo Stagirita nel testo citato aveva detto, invece, che l'uno e l'essere hanno molte accezioni, ma che il loro senso fondamentale è l'entelechia. Nel nostro caso per lui l'entelechia era l'anima.
Spinoza aveva stabilito con la proposizione Vili della parte II dell'Etilica, col suo corollario e col suo scolio, che le idee dei modi singolari non esistenti in atto sono comprese nell'idea infinita di Dio, allo stesso modo che le essenze formali dei modi singolari sono contenute negli attributi di Dio, sicché ne segue che, fin tanto che le res singolari non esistono se non in quanto sono comprese negli attributi di Dio, le loro idee non esistono se non perché esiste l'infinita idea di Dio. Ne segue ancora che quando, invece, le res singolari esistono nella durata, le loro idee implicano l'esistenza per la quale si dice che durino. Per Spinoza, dunque, l'idea dura finché dura il corpo esistente in atto nella durata (4).
Come è noto, per il filosofo olandese l'essenza dell'uomo non è una sostanza, ed è invece costituita da modificazioni certe degli attributi di Dio (5). Nell'uomo non si congiungono due sostanze, come per Cartesio. Spinoza respinge nella prefazione della parte V dell'Ethica l'ipotesi cartesiana dell'unione di anima e corpo mediante la ghiandola pineale, e tutta la dottrina cartesiana su codesta unione (6). Per lui il rapporto tra la mente ed il corpo non è che il rapporto di un'idea con il suo oggetto secondo la dottrina citata nella parte II dell'Etilica. Questo significa che il rapporto tra mente e corpo ricade sotto il principio dell'identità tra l'orda et connexio idearum e l'orda et connexio rerum, ed inoltre sotto l'accordo che ci dev'essere tra l'idea e l'ideato in forza dell'assioma VI della parte I dell'Ethica (7), e della pari necessità della consecuzione da Dio delle idee inadeguate e confuse e delle idee adeguate chiare e distinte (8).
Certo, è pur vero che per la dimostrazione della proposizione I della parte V dell'Ethica c'è un'identità reciproca tra l'ordine e la connessione delle idee e l'ordine e la connessione delle res (9). Gli spinozisti, specie materialisti, talora si dimenticano di questa dottrina. Nondimeno, possiamo rilevare che, almeno per quanto riguarda l'essere umano, Spinoza nell'Ethica collega l'esistenza attuale dell'idea con l'esistenza attuale del corpo. La dipendenza tra le due è quanto meno reciproca, ed in ogni caso il rapporto dell'idea col corpo che ne è l'oggetto, non può mai mancare. Ciò vale per la condizione dell'uomo in tutti e tre i gradi della conoscenza.
Circa la conoscenza del primo genere, quanto abbiamo affermato risulta già da ciò che si è rilevato sull'esistenza delle idee nella durata. Passando alla conoscenza del secondo genere, ricordiamoci che questa dipende dalle nozioni comuni, le quali sono il fondamento del nostro raziocinio. Ora queste idee si riferiscono a ciò che è comune a tutti i corpi dai quali è affetta la mente umana, e che si ritrova nel tutto e nella parte dei corpi stessi e del medesimo corpo umano. Di tali elementi comuni Spinoza da due soli esempi: l'attributo dell'estensione ed il modo infinito immediato moto e quiete (10).
Veniamo al terzo genere della conoscenza. Per Spinoza l'eternità della mente umana dipende dall'avere un corpo "ad plurima aptum" (11). Il filosofo olandese anche nella parte V dell'Etìlica sostiene che la durata della mente umana, in quanto è delimitata dal tempo, dipende dall'esistenza attuale del corpo che si esplica nella durata ed è definita dal tempo (12). Perisce il corpo dato nella durata, e perisce con esso l'immaginazione, ma ciò che rimane della mente è eterno, e questo è l'intelletto (13). Ma che cos'è questo alcunché che rimane dopo la distruzione del corpo, e che resta eterno? È l'idea dell'essenza del corpo umano espressa "sub aeternitatis specie" (14). Grazie alla permanenza dell'essenza del corpo nell'eternità, la mente umana conosce se stessa ed il corpo "sub aeternitatis specie" (15). Perciò, anche questa volta è da qualcosa del corpo che dipende la sussistenza della mente umana e la sua consapevolezza di sé. Questo è il punto che importa stabilire e tenere a mente. Che cosa sia poi quest'essenza del corpo, ed il corpo stesso nell'eternità, può essere discusso. Osserviamo solamente che questa dottrina di Spinoza non ha un vero rapporto con la cristiana e musulmana resurrezione dei morti, perché nella dottrina di Spinoza il corpo non risorge, ma solamente un alcunché del corpo permane oltre e al di là della morte temporale, come abbiamo veduto.
Consideriamo brevemente qualche altro punto della teoria spinoziana sull'anima ed il corpo. La mente umana è, bensì, un'idea singola, ma quest'idea è molto complessa perché è costituita da molte idee sia adeguate sia inadeguate (16). A sua volta il corpo umano, che ne è l'oggetto, si compone di molti individui fisici di varia natura (17). E tuttavia per Spinoza mente e corpo costituiscono pur sempre un unico individuo. Come Dio è un'unica sostanza compresa sotto questo o quell'attributo, così un modo dell'estensione e l'idea di questo modo formano una sola e medesima res espressa da due modi, e perciò un unico e medesimo individuo concepito sotto l'attributo del pensiero e sotto l'at-tributo dell'estensione (18).
Questa condizione fatta all'uomo dalla dottrina di Spinoza indusse Tschirnhaus a chiedere al filosofo suo amico perché quella res che è l'uomo non fosse espressa in ognuno degli infiniti attributi della sostanza, e perché di questa infinita espressione dell'individuo umano non abbiamo le idee corrispondenti. Spinoza rispose che certo nell'infinito intelletto di Dio ciascuna res è espressa in infiniti modi. Ma queste infinite idee non possono costituire l'unica e medesima mente di una cosa singola (19). Senza addentrarci in questa discussione, ci basti ricordare che sia nella Korte Verhandeling, sia nell'Ethica, ci sono dei testi che potevano spingere quell'amico di Spinoza a sollevare la questione.
Tratteremo in breve un'ultima questione: c'è in Spinoza una dottrina dell'autocoscienza? La domanda è lecita perché nei suoi Renati Des Cartes Principia Philosophiae il filosofo olandese assegna una precedenza all'Ego sum sul Cogito, sebbene poi dimostri che l'Ego sum non può essere il primum cognitum che in quanto cogitamus. Tanto dimostra la proposizione IV della parte I, ma la proposizione II asseriva perentoriamente: "Ego sum debet esse per se notum" (20). Perciò, prima di procedere oltre confermeremo la presenza in Spinoza di una dottrina della consapevolezza di sé, ricordando anzitutto che per lui l'idea è un concetto della mente che la mente forma perché è res cogitans. Il concetto per Spinoza esprime un'azione della mente. L'idea non è un'immagine muta simile ad una pittura sopra una tavolozza, ma un modo del pensare, ossia un atto del comprendere. Spinoza dice: "Ipsum intelligere" (21). Inoltre, Spinoza chiama Cupiditas sia la coscienza dell'appetito, che è uno dei tre affetti primari riconosciuti da lui (22), sia, in modo più fondamentale, la stessa essenza umana in quanto è determinata ad agire da una sua qualunque affezione data (23). Infine, ricordiamo ancora che nella parte V dell'Etilica almeno il sapiente in quanto si contrappone all'ignaro, è detto "sui, & Dei, & rerum aeterna quadam necessitate conscius" (24).
Ciò che noi indichiamo col termine autocoscienza nella filosofia di Spinoza si esprime con la teoria dell'idea dell'idea (idea ideae), premesso che l'idea antecede tutti gli altri modi del pensiero (25). Infatti, per il nostro autore in Dio si da, oltre all'idea dei corpi, anche l'idea della mente umana, la quale in Dio segue, ed a Dio si riferisce, proprio allo stesso modo dell'idea del corpo umano. Da questo procede che l'idea della mente umana è unita con la mente proprio come la mente è unita al corpo. La mente è unita al corpo perché il corpo è il suo oggetto. Allo stesso modo l'idea della mente dev'essere unita col suo oggetto che è la mente stessa. Da ciò procede ancora che l'idea della mente e la mente stessa formano una sola e medesima res che questa volta è conce-pita sotto un solo e medesimo attributo che è la cogitano (26).
Semplificando, l'uomo nella filosofia di Spinoza risulta, dunque, costituito dall'idea di un'idea che è la mente, dalla mente che è l'idea del corpo, e dal corpo stesso dato nell'estensione. Analizzando tali componenti dell'individuo umano, questo risulta molto più complesso, perché è cosi composto: 1) dall'i-dea dell'idea dell'essenza del corpo sub aeternitatis specie; 2) dall'idea dell'idea del corpo esistente in atto nella durata; 3) dall'idea dell'essenza del corpo sub aeternitatis specie; 4) dall'idea che dura insieme col corpo che esiste e dura in atto nella durata; 5)dall'essenza del corpo contenuta in Dio; 6) dal corpo che esiste in atto in un dato tempo e luogo. Come si vede, ciascuno dei tre componenti dell'uomo è espresso una volta sub specie aeternitatis ed un'altra volta sub duratione. Ma inoltre all'idea dell'essenza del corpo sub aeternitatis specie è collegato l'amore intellettuale, mentre all'idea che dura insieme col corpo sono ricollegati il comune amore, le cupidità e tutti gli affetti dell'animo. Tutti questi elementi costitutivi sono dati simultaneamente nell'individuo umano, perché Spinoza afferma che solamente per una maggiore facilità di esposizione e di comprensione ha proceduto nella sua Ethica come se la mente avesse un inizio e cominciasse a comprendere le cose sub aeternitatis specie (27).
Di questa costituzione dell'individuo umano, e dei suoi singoli elementi costitutivi da noi enumerati, occorrerebbe fare uno studio approfondito che in questa sede ci è precluso. Ci contenteremo di far osservare che i due rapporti dell'idea con la mente, di cui è idea, e della mente col corpo, di cui è idea, sono retti da una medesima legge che è l'identità dell'ordine e della connessione delle idee con l'ordine e la connessione delle res e delle cause (28). Anche questa volta, dopo aver stabilito la sua dottrina dell'idea dell'idea, Spinoza afferma che la mente non conosce sé stessa se non in quanto percepisce le idee delle affezioni del corpo (29). La conclusione che si deve trarre anche questa volta è evidente: la qualità ed il grado della autocoscienza umana dipendono dal modo col quale la mente umana conosce il suo corpo. Perciò la conoscenza che la mente umana ha di se stessa sarà confusa e mutila finché essa percepisce la res ed il suo corpo secondo l'ordine comune di natura (30). Viceversa, questa medesima conoscenza di sé sarà adeguata, e perciò chiara e distinta, tutte le volte che l'idea della nostra mente avrà per oggetto una mente che ha una conoscenza adeguata del corpo che è il suo oggetto. Anche nel terzo genere della conoscenza ci sono differenti gradi di consapevolezza di sé. Infatti, quanto più ciascuno è potente in codesto genere della conoscenza, tanto più e tanto meglio è conscio di sé e di Dio, e tanto più è beato (31 ).
Spinoza è convinto che non ci sia nessuna affezione del corpo, della quale non possiamo formare un concetto chiaro e distinto (32). Questo significa che la mente umana ha il potere di ordinare e concatenare le affezioni del corpo non secondo l'ordine comune di natura, ma secondo l'ordine dell'intelletto (33). Si comprende, pertanto, che Spinoza, mentre reputa che la mente possa riferire all'idea di Dio tutte le affezioni e le immagini del corpo, poi faccia dipendere la nostra conoscenza di Dio dalla conoscenza delle cose singole (34). Per lui tutto ciò che possiamo comprendere sub specie aeternitatis non proviene dal concepire il corpo come dato e presente nella durata e nei limiti temporali, ma proviene pur sempre dal potere di concepire l'essenza del corpo sub aeternitatis specie (35). A sua volta, la capacità di ordinare e concatenare le affezioni del corpo secondo l'ordine dell'intelletto, e di riferirle all'idea di Dio, per Spinoza dipende dall'avere un corpo "ad plurima aptum". Solo chi possiede un corpo siffatto, possiede una mente che, in sé sola considerata, è molto consapevole di sé, di Dio e delle cose. Non sembra dubbio, dunque, che anche la condizione del sapiente, descritta nello scolio finale dell'Ethica, dipenda dall'imprescindibile condizione di avere un corpo "ad plurima aptum" (36). Riteniamo di aver esposto con la maggiore semplicità possibile e consentitaci dal testo, la dottrina spinoziana sull'anima ed il corpo. Abbiamo rinunciato di proposito ad arricchire il nostro scritto con dotti riferimenti critici alla letteratura sull'argomento. Essi, certo utili agli studiosi di Spinoza, non lo sono altrettanto per tutti coloro che, spinti dalle urgenti necessità della vita, si pongono le inevitabili domande sul senso di questo nostro vivere e che per orientarsi, per avventura, si rivolgano anche a Spinoza.
Note
* Docente di Storia della Filosofia all'Università Federico II di Napoli.
1) ARISTOTELIS DE ANIMA recognovit W.D. Ross, Oxonii e Typographeo Clarendoniano, 1959, pp. 26-27 (412 a-b). Vedi anche RODOLFO MONDOLFO, //
pensiero antico, Firenze, La Nuova Italia, 1967, pp. 326-327.
2) PATRIZIA POZZI, La biblioteca di Spinoza, appendice a J. Koehler (Coleurs) J. - M. Lucas, Le vite di Spinosa, Macerata, Quodlibet, 1994, p. 160 n. 12.
3) SPINOZA OPERA, ediz. C. Gebhardt, Heidelberg, s.s., voi. II, pp. 94-96, 145. Sarà citata in seguito come Opera seguita dal numero romano del volume e dal numero
arabo delle pagine. Vedi MARTIAL GUEROULT, Spinoza, II, L'Ame, Paris. Aubier-Montaigne, 1974, pp. 546-551, per il carattere fondamentale di tale definizione dell'anima rispetto ad altre date da Spinoza.
4) Opera, voi. II, pp. 90-91.
5) Opera, voi. II, pp. 92-93.
6) Opera, voi. II, pp. 278-280. Cfr. M. GUEROULT, Spinoza,, II, L'Ame, ed. cit, pp. 135-136.
7) Opera, voi. II, pp. 47, 89
8) Opera, voi. II, pp. 117-118.
9) Opera, voi. II, p. 281.
10) Opera, voi. II, pp. 98, 118-120, 122.
11) Opera, voi. II, pp. 304-305. Per codesto corpo rinviarne al nostro articolo Chimica ed alchìmia in Spinoza, "Discorsi", V (1985), fase. 2, 237-252.
U) Opera, voi. II, p. 295.
13) Opera, voi. II, p. 306.
14) Opera, voi. II, pp. 295-296. Cfr. M. GUEROULT, Spinoza, II, L'Ame, ed. cit., pp. 136-137.
15) Opera, voi. II, p. 299.
16) Opera, voi. II, pp. 103, 140, 147.
17) Opera, voi. II, p. 102.
18) Opera, voi. II, pp. 90, 109, 141, 144.
19) Opera, voi. IV, pp. 279, 280 (Lettere 65 e 66).
20) Opera, voi. I, pp. 151-153.
21) Opera, voi. II, pp. 84-85, 124.
22) Opera, vol.II, pp. 148, 149.
23) Opera, voi. II, p. 308
24) Opera, voi. II, pp. 85-86.
25) Opera, voi. II, pp. 85-86.
26) Opera, voi. II, pp. 108-109.
27) Opera, voi. II, p. 300.
28) Opera, voi. II, pp. 108-109.
29) Opera, voi. Ili, p. 110.
30) Opera, voi. II, pp. 113-114.
31) Opera, voi. II, pp. 123-124, 300.
32) Opera, voi. II, pp. 282-284.
33) Opera, voi. II, p. 287.