E' la ragione, non la fede, un dono di Dio

di Corrado Piancastelli


Nessuna persona che abbia la capacità di intendere e di volere potrà mai spiegare il motivo per cui un essere umano ragionevole non debba (e non possa) crearsi un rapporto personale col divino e debba necessariamente filtrarli attraverso le norme, i “regolamenti” e i divieti di una religione organizzata. Allo stesso tempo – ma i due punti si raccordano attraverso una connessione distorta – appare del tutto incomprensibile il motivo per cui si dovrebbe rinunciare all’uso della ragione e sottostare all’irrazionale principio della fede a sua volta gestita e controllata da una attorità ecclesiastica, qualunque essa sia.

Queste due concettualizzazioni, unificate impropriamente in base al principio della fede in Dio che viene assimilata nell’adesione alle chiese come se si trattasse di un fenomeno di causa ed effetto del tutto naturali (e dunque ovvi), sono gli argomenti anomali che i cattolici, gli ebrei e gli islamici fondamentalisti continuano a suggerirci come se il mondo si fosse fermato al passato in cui le ragioni (e la Ragione) non erano contemplate nel rapporto tra cittadini e potere politico-religioso.

Ma, contrariamente al passato nell’anno di grazia 2003 oggi è definitivamente acquisito il diritto di porre la seguente domanda: si tratta di una patologica coazione a ripetere ignorando la concreta realtà del mondo e l’evoluzione storica degli ultimi secoli, oppure le religioni sono veramente giunte al capolinea della loro incapacità a darci un senso realistico e moderno della vita e del divino? Sono veramente a corto di argomenti o pensano che il mondo sia ancora abitato dagli spauriti e creduli uomini da palafitte i quali, terrorizzati dai fulmini credevano in piena coscienza che fosse Dio a scagliarli dall’alto del cieli? Non altrimenti si può pensare leggendo l’editoriale della più prestigiosa rivista cattolica (La civiltà cattolica, 15 nov. 2003) in cui ogni responsabilità della sparizione della fede sembrerebbe essere del progresso che ha allontanato gli uomini dalla religione. Il progresso, a sua volta, verrebbe concepito soprattutto come raggiungimento del benessere consumistico “divenuto scopo prima della vita”. L’analisi della rivista dei gesuiti bypassa, però, il fatto che, se è pur vero che la tecnologia ha il suo versante negativo come il consumismo e il danneggiamento ecologico del pianeta, ha tuttavia prodotto anche una sovrabbondanza di positività che ci viene dalla medicina, dalla fisica, dalla biochimica, dalla bioingegneria, dall’informatica, dalle conoscenze dell’universo.

La religione sarebbe stata, quindi, considerata “inutile al conseguimento del benessere” e quindi, per questa ragione sarebbe stata posta ai margini della società o del tutto ignorata.

In questa analisi c’è del vero e c’è del pretestuoso. Tace, ad esempio, sul fatto che contemporaneamente al progresso scientifico si sono sviluppate le società democratiche che hanno preso il posto di quelle teocratiche restituendo agli uomini il dominio sui diritti che le società controllate dalle religioni nemmeno pensavano di poter contemplare nei propri statuti. In questo nuovo ambito normativo i diritti sono stati equiparati, sono spariti i secolari diritti benedetti da Dio, tutti gli uomini sono stati considerati eguali davanti alla legge e alla giustizia, la scuola è stata aperta a tutti addirittura introducendosi l’obbligo scolastico. Questi diritti hanno prodotto un minimo processo di culturalizzazione in cui è stato introdotto tutto il popolo (e non solo le classi privilegiate o determinate caste sociali). Questo processo, ancora in fase di sviluppo e di correzione, ha incluso la lettura dei giornali e del libri, l’informazione radio-televisiva, la libera partecipazione ai dibattiti politici e bioetici, l’aumento dei laureati e dei diplomati, eccetera) ma tutto ciò non solo ha radicato i diritti e la democrazia laica, ma ha anche consentito lo sviluppo del potere critico ed un esercizio della libertà che l’umanità non aveva mai conosciuto in passato. Perché allora meravigliarsi dello scollamento fra civiltà e religiosità, quando fino a pochi decenni fa la maggioranza delle persone era analfabeta e ancor prima, se solo criticava veniva torturata, imprigionata e infine messo al rogo dall’Inquisizione per il solo delitto di opinione?

Colpevolizzare lo sviluppo scientifico (e la tecnologia che ne deriva) è un’operazione superficiale perché non tiene conto che la perdita di religiosità è causata non dalla comparsa della ragione risvegliata dal suo letargo millenario e dall’avvento dell’industrializzazione e delle democrazie nel mondo occidentale, ma dal fatto che la scomparsa dell’ignoranza becera ha semmai portato a riconoscere tutti i limiti di una religiosità mitica e in gran parte fiabesca e irrazionale che la Ragione (con la R maiuscola) ha respinto sia pure nei modi grezzi del consumismo e di una libertà concepita non come valore ma solo come liberazione. Lo sviluppo rapido delle scienze applicative ha infine messo in luce il carattere orfano dei moderni che, in quanto figli della cultura greca, avevano il diritto di aspettarsi qualcosa in più da quella cristiana la quale, di fronte all’avanzare della ragione illuministica e della scienza non ha saputo contrapporre altre ragioni che quelle della fede, la quale, si sa, non è una dottrina né scientifica né filosofica, per cui, cessato il rapporto di fiducia e di fede tra cittadini e chiesa, il mondo cristiano si è svuotato di senso e si è liquefatto. Orfani, dicevo, perché allo sviluppo scientifico la teologia si è, si, opposta sempre, ma con la forza del potere, mentre il cittadino medio ormai anche minimamente acculturato ha continuato ad assistere alla continua proclamazione di verità dogmatiche per lo più sessuofobiche che la sua ragione, sia pure minimamente risvegliata dalla diffusione della cultura e della libertà di informazione, non poteva che ragionevolmente rifiutare. Orfani, insisto, perché ci si aspettava un’eredità più forte, più argomentativa e razionale, più capace di restituirci quella sacralità di cui l’uomo, nella sua interiorità, ha estremo bisogno addirittura come “cura” per il suo mal di vivere ma che il cristianesimo non ha saputo trasmettere, ritenendosi forte e al sicuro nei suoi meccanismi fideistici.

La diffusione dei mezzi d’informazione, le nuove analisi degli storici, la diffusione della stampa quotidiana e del libro, la libertà di parola e la tutela della libera opinione, la costituzione degli Stati di diritto in nome del principio di laicità, hanno messo anche in luce pubblicamente non solo la fragilità dell’impianto teorico del concetto di fede, ma anche tutte le nefandezze delle religioni dai secoli passati fino ad oggi, le occupazioni colonialistiche degli stati con l’appoggio del Vaticano e le invasioni di Stati sovrani da parte dei cristiani, le violenze dell’Inquisizione e dei Crociati in Terra Santa, le collusioni Stato-Chiesa che ancora riempiono le cronache quotidiane dei giorni nostri e gli stessi appoggi al nazi-fascismo, nonché la pretesa di rappresentare Dio e la Verità, sono a nostro parare una delle cause principale – se non solo quelle – della secolarizzazione e del gap che si è creato fra sacralità e diritto ad un rapporto personale fra Sé e Dio.

Ma c'e ancora un punto da chiarire (e che le persone sentono ormai profondamente) ed e quello dell'identificazione fra Dio, sacralità e religione, come se si trattasse di una consequenzialità naturale che, al contrario, non è affatto ovvia. Perché per accettare o credere in Dio o per sentire nel proprio animo la disponibilità verso il sacro bisognerebbe necessariamente essere irreggimentati in una religione organizzata e verticistica, accettando il principio teocratico in luogo di quello democratico? Se è su questo assioma che si giudica I'allontanamento fra I'uomo e il sacro, allora la diagnosi è del tutto sbagliata, perché l'analogia non regge. Oggi finanche la politica organizzata partiticamente viene rifiutata, tanto è vero che i partiti lamentano un allontanamento degli iscritti, perché le persone non intendono più l'ortodossia alle ideologie come cieca obbedienza a volontà gerarchiche superiori. Questo si chiama autonomia del soggetto, presa di coscienza della propria individualità come soggetti storici, acquisizione del principio di libertà, diritto alla propria privacy mentale, decisionismo soggettivo che si e tramutato nel libero voto elettorale, nella possibilità di cambiare politici e governi delle nazioni. Questo fenomeno del tutto moderno rappresenta I'evoluzione naturale e il passaggio fra asservimento ideologico dei popoli che scelgono la democrazia come un bene supremo e ormai ineludibile.

Come potrebbero questi uomini che ormai formano una comunità democratica, continuare ad accettare strutture monarchiche, quali sono le religioni, in cui il parere dei singoli non conta nulla, dove i fedeli non sono mai chiamati a decidere, non possono obiettare mai nulla pena I'emarginazione e la scomunica, dove finanche il discorso intorno alla divinità esula dal giudizio privato, ed e tutto affidato, come una cambiale in bianco, ad una gerarchia continuamente compromessa col potere politico e finanziario, e che gioca le sue carte a tavoli dai quali e totalmente esclusa? Tra l'altro, le chiese monoteiste continuano a remare contro tempo, continuamente bersagliando la nostra società di messaggi sessuofobici, di guerriglie contro il progresso scientifico, addirittura condannando la razionalità, il soggettivismo, l'individualismo e ogni bioetica che si discosti dal magistero ecclesiastico; e ciò anche quando I'evidenza dei fatti mostra, finanche agli ignoranti, che si tratta di messaggi al di là della storia e dei costumi: Come per I'aborto, per la convivenza fuori dai matrimonio, il divorzio, I'omosessualità, la sessualità fra non sposati. Tutte consuetudini ormai radicate e accettate finanche dalla maggioranza degli stessi cattolici osservanti, per cui e lecito dedurne che la Chiesa ormai governa un universo di fedeli puramente virtuali, praticamente inesistenti sul piano della fedeltà, dell'affidabilità e dell'ortodossia al cristianesimo stesso. Un potere, quindi, che ormai si fonda sul nulla, è solo mitico e politico, poiché lo stesso zoccolo duro dei fedelissimi ad oltranza, cioè dei praticanti, per dichiarazione della stessa gerarchia cattolica, è quasi del tutto azzerato. Un potere, quindi, virtuale e paradossale, perché ha conservato ancora le connessioni sottobanco col reale, controlla ancora le centrali del potere politico e finanziario grazie a interessi omertosi che comunque vengono ricambiati con voti e protezioni, che fanno guadagnare prestigio sociale e insediamenti nei gangli del controllo sociale. In questo la diplomazia vaticana e la migliore (o peggiore secondo il punto di vista) diplomazia del mondo e la sua infiltrazione invisibile ha ancora sufficiente energia finanche in tempi di distanziamento fra sacro e profano.

La società, tuttavia, ha bisogno del sacro o, meglio ancora, di una dimensione ontologica del senso del vivere che nessuna religione, nei tempi moderni, e in grado di offrire.

Non dovremmo rallegrarci di questo desiderio inconscio che rappresenta, io credo, I'affacciarsi dell'anima sulla scena della vita? Lo dimostra I'insicurezza esistenziale dei cittadini, la paura della morte, il passaggio dei cristiani a religiosità più umane ma non per questo meno spirituali come il buddismo zen. Lo sviluppo della new age, lo sbandamento totale della stessa famiglia cattolica, ormai incapace di attribuirsi valori solidi, I'aumento dei suicidi e delle malattie depressive causate da problematiche esistenziali, il bisogno di guide e di maestri che sappiano parlare alla ragione e non solo ai sentimenti in nome di miti obsoleti, la dispersione ludica nell'insignificanza del vivere e nell'indifferentismo etico.

Veramente si suppone che bastino le reazione forti, come le ingerenze nelle leggi dei parlamenti, il controllo dei programmi televisivi, le prescrizioni di moralismi francamente ridicoli o le velleitarie invocazioni alla pace o il presenzialismo televisivo di un papa, e non, al contrario, una dialettica vera e seria sui valori forti che affrontino la "ragione" per indurla a riflettere sulla necessità di non perdere i reali valori interiori che contraddistinguono l'uomo dalle bestie? Veramente non si riesce a capire che un Dio esiste, è la ragione il valore forte da difendere e non la fede, poiché è la ragione il vero dono di Dio, quella che rappresento il soffio autentico e biblico della vita interiore, la sola verosimilmente fatta a Sua immagine e somiglianza.

Non si riesce a capire che nulla si impone per fede e con la forza perché il tempo dell'acquiescenza e dell'ipocrisia, in tale ambito, non paga più?

Oggi è il tempo dell'indifferenza perché si e tirata troppo la corda, che alla fine si e spezzata. Il cristianesimo non è riuscito a lasciarci un'eredità forte perché è stato manipolato, è diventato un rito, è caduto nelle mani rapaci di papi peccatori, si e reso impudico con la sua politica espansionistica che ha lasciato milioni di morti in tutto il mondo, ha dato di sé uno spettacolo opprimente, si e arricchito sui cadaveri dell'Inquisizione, ha vietato tutto e non ha concesso niente, ha cessato da tempo di essere la via mistica che restituisce I'umano al divino. Alla fine dei secondo millennio Gesù e stato ucciso una seconda volta dalla stessa casta sacerdotale che lo mando crocefisso nell'anno zero della sua morte. La Storia, scandita sull'inesorabilità del suo divenire si e, ancora una volta, confermata nella sua ciclica ripetitività di un'onda che sale, ritorna e risale e ogni cosa travolge nel suo cammino.

Corrado Piancastelli


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