Cambiamento o evoluzione

Abbiamo visto che l’insegnamento di "A" ha come solido elemento di base il principio di evoluzione.

Questo principio è talmente radicato da annullare qualsiasi principio assoluto e la stessa contrapposizione bene/male, basso/alto, buono/cattivo, ecc.. Ma l’applicazione più convincente e più vicina ai nostri modelli umani, è nel principio di cambiamento, il quale rappresenta il vero modello esecutivo del principio evoluzionistico. Se la vita passiva, vale a dire la vita subita e conservativa (la tradizione, cioè!) rappresentano l’antimodello dell’intelletto e dell’interiorità e sono il vero ostacolo alla conoscenza, non c’è dubbio, a rigor di logica, che il suo opposto, cioè la vita attiva dell’intelletto e dell’interiorità, provocano il cambiamento della persona.

Dal punto di vista dell’umano, il problema diventa estremamente pratico. Per costituirsi eticamente, la vita deve essere vissuta all’insegna del cambiamento, poiché ogni staticità è una contravvenzione al principio dell’evoluzione.

E’ vero che la staticità (cioè la tradizione, il conservatorismo, la rinuncia a sperimentare!) non determina problemi e non produce sorprese, ma una esistenza passiva che significato può avere? Noi non possiamo essere "cinghie di trasmissione" di un sistema. Dobbiamo lottare per migliorarlo e nel contempo proporci (prima a noi stessi e poi al mondo) come soggetti liberi che fanno della propria vita una palestra tutta in salita.

Cambiamento spirituale (nel senso di una sempre maggiore e migliore conoscenza del vivere soggettivo e oggettivo) e cambiamento nel comportamento (come migliore uso della libertà personale e della comprensione di quella altrui, della maggiore apertura, tolleranza e rispetto verso gli altri, ecc.) sono, concretamente, atti che comportano un lavoro di riflessione e di attenzione verso il proprio Sé, una entusiasmante volontà di sperimentare molteplici situazioni, di uscire dalle regole conservatrici e proporsi come rivoluzionari morali nei confronti della staticità del vivere: lo Spirito è un essere libero, e il corpo bloccato dalla trappola.

Riportiamo alcuni stralci di lezioni di "A".

Dice il Maestro: "Il cambiamento spirituale è necessario, è fondamentale, perché riconosce una matrice spirituale che vive con voi il tempo della vita umana. Questo riconoscimento è fondamentale, evidentemente,perché è l’unica cosa che crea il desiderio, le aspirazioni a nuovi modelli di vita perché si adempia il destino del corpo, che è quello di essere il trasmettitore di esperienze e segnali, ma svolti attraverso il lavoro, la lotta, la sofferenza dove occorre, ma anche la felicità dove occorre e dove è necessaria, per trasformare le vite passive in vite attive. Ma nonostante questo molte volte mi accorgo che tendete continuamente a sedimentarvi, cioè ad essere passivi, a far trascorrere le vostre giornate nell’inerzia, nel fatuo, nel mondano, nello sciocco, cioè a dire senza dare un senso, una intenzione alle vostre volontà di vivere, che sono soltanto poi volontà apparenti, se per vita intendete la ripetizione continua di gesti quotidiani che non rinnovante minimamente. Invece dovete vincere la paura del cambiamento, correre qualche rischio, perché senza tutto questo la vita umana veramente non ha significato, ripete il meccanismo della cellula, il gesto della bestia, la ripetitività ossessiva di movimenti che non hanno né senso, né direzione.

Ecco che dovete osare di più, osare tutto se è possibile, staccarvi da questa abitudine alla conservazione di vite a volte banali, di vite che si rincorrono nei giorni, nei mesi, negli anni, per cui vi trovate vecchi e, guardando indietro, è come se non aveste passato, perché ogni giorno è uguale all’altro, ogni anno è eguale al precedente, e non riuscite a contrassegnare, a marcare nei vostri anni gesti impropri, desideri irrealizzati, capovolgimenti caratteriali, nuove direzioni, nuovi modi di interpretare il mondo. Ma così facendo vi condannate ad un passato inesistente, perché guardando indietro non trovate tracce se non quelle degli ultimi giorni solo perché si tratta di una memoria recente.

Ciò per lo Spirito diventa molto triste perché si rende conto che una vita cercata con tutte le difficoltà di trovare spazio in una incarnazione, diventa insignificante, banale, anche se socialmente giusta, normale, eticamente sana per i parametri storici e religiosi del proprio tempo. Le persone non riescono a capire che più una vita è "normale" più ricalca i ritmi biologici della natura.

Naturalmente ciò, per la vostra tradizione culturale, suona paradossale. Ma quelle vite che voi chiamate normali, giuste o santificate, sono spesso vite spiritualmente bruciate perché trascorse all’insegna del nullismo, cioè a dire, in una ripetitività che ricalca il mondo della natura ma non la qualità dello Spirito, perché lo Spirito è l’Essere che cerca, nella sua libertà, i gesti audaci, cerca riconoscimenti impropri, cerca percorrenti non stabili, cerca di guardare laddove altri non hanno guardato, cerca cioè nuove maniere di vita, nuove esperienze; e sa misurarsi o tenta sempre più di misurarsi, con un universo stabile, ma con l’universo dinamico, non con la materia che appare nella quiete delle leggi, ma nei principi che sono sottostanti alla quiete.

Lo Spirito non è un essere quieto, perché è l’essere che promana e proviene da una divinità il cui segno caratteristico è la vita, ma la vita intelligente, la vita che pensa, che crea, la vita che verifica, la vita che è movimento e non è calma o quiete.

Il mio invito, il mio modo di suggerirvi amore, se vogliamo usare questa parola, il mio modo di suggerirvi e darvi il bene, consiste nello spronarvi a scuotere questi vostri corpi troppo esangui e troppo fermi e troppo legati ad una stabilità che, se va bene per la natura, non si adatta alle regole dello Spirito. Questo è, quindi, il segnale col quale dovete auguravi di cominciare questo nuovo percorrimento, che poi è il percorrimento che dovrebbe rappresentare la costante di tutta la vostra vita."

"La cristallizzazione è sempre un evento negativo; d’altra parte io capisco che lo Spirito si trova in una situazione un po’ particolare. Vive, cioè, in un corpo che per natura tende alla cristallizzazione, cioè a stare fermo. Potreste dire che, contrariamente alla specie animale, l’intelligenza tipica della specie umana tenderebbe a creare delle fughe: ciò, però, non accade. E’ vero che l’intelligenza tende a creare fughe ed a sommuovere la quiete del corpo, ma questo non si verifica nella realtà, quindi c’è qualcosa che non funziona in questo ragionamento: sembra che non bastino l’intelligenza, la volontà, la possibilità apparente di libere scelte per modificare la cristallizzazione di un corpo che sopravvive a se stesso; gli esseri umani, una volta acquisiti alcuni beni, tendono a fermarsi ed a continuare a vivere nell’ambito di questi beni acquisiti. L’essere umano tende a vivere tutta l’esistenza con le regole che ha appreso, cioè nella trappola che si è costruito intorno a sé medesimo.

Soltanto un guizzo più libero e una meta utopica (non inscritta, però, nella cristallizzazione e nella ripetitività) dissociano la cristallizzazione. Ciò rappresenterebbe una ulteriore prova dell’esistenza di un estraneo all’interno di una struttura data, che spinge l’essere umano ad uscire dalla sua trappola ed a muoversi secondo regole diverse della cristallizzazione e della sopravvivenza a cui facevamo cenno. Sembra dunque che soltanto la presenza di quello che io chiamo Spirito costituisca quella riappropriazione di libertà in uno schema già prefissato quale è quello del corpo.

Lo vedete guardandovi intorno. Non vedete che la maggior parte delle persone tende a restare ferma nelle proprie abitudini, nei propri riti, nelle proprie regole e tabù, e non riesce a scuotersi da questa apatia del vivere perché non trova veramente la sua dimensione di Spirito, la sola che non soltanto lo spingerebbe fuori, ma costituirebbe, col riconoscimento del Sé spirituale, l’autorizzazione interiore a vivere secondo la regola dello Spirito e non secondo la regola del corpo, o per lo meno, non soltanto con l’una perché, finché si è viventi, lo Spirito ha il dovere di accettare parte della terra.

Questo significa che, nonostante tutte le vostre buone volontà e tutte le vostre dichiarazioni d’intenti, voi non avete riconosciuto ancora il vostro Spirito, non ne avete la persuasione sostanziale, viscerale, mentale. Lo Spirito, per voi, resta una definizione, non una proprietà dell’Essere; è qualcosa che definite attraverso le parole e le voci dei filosofi, ma non è il convincimento profondo quale poteva averlo un Cristo che, in nome di se stesso, si fa anche trucidare in croce, perché aveva l’assoluta certezza di essere uno Spirito immortale. E’ quel tipo di convincimento che porta fuori dalla trappola, il sapere veramente di esistere come sostanza spirituale e non come una definizione teorica, ma come una verità sostanziale.

Le definizioni teoriche sono facili ad accettarsi, come si accettano le cose che avete appreso a scuola, ma diventano affermazioni e verità che sono fuori di voi, anche se le accettate e le riconoscete vere e giuste. Sono fuori di voi perché restano teorie ma non cambiamenti dell’atteggiamento interiore che riconosce la proprietà di se stesso.

Quando sarà avvenuto questo, allora il cambiamento sarà automatico, come è automatico in tutti coloro che, avendo riconosciuto la proprietà del proprio Spirito, possono cambiare da un giorno all’altro come colpiti e folgorati dall’illuminazione della verità che essi rappresentano. Finché non ci sarà questo, voi vi muoverete soltanto nella teoria, nelle acquisizioni esterne che non producono un cambiamento interiore.

In buona sostanza "cambiare" significa passare da una esistenza passiva e insignificante, al riconoscimento attivo di essere fondamentalmente una sostanza spirituale che, nell’esistenza terrena, deve dare una meta, uno scopo alla vita.

"Cambiare" deve intendersi proprio nella direzione del desiderio interiore che promana dall’Anima. Anche se l’Anima sembra tacere, assumere la teoria del cambiamento vuole anche significare il riconoscimento che, senza uno scopo, la vita è pura inutilità e nevrosi, perché riporta l’uomo alla natura animale che è sempre ripetitiva.

La moralità della vita è nell’obbedienza ai principi di un’etica universale in cui predominano i principi dell’evoluzione, della conoscenza e della libertà del soggetto. Entro limiti di adeguamento, flessibilità e riconversione, questi principi stanno alla base anche della filosofia di vita dell’umanità.

"Molti hanno paura di cambiare perché suppongono che i rischi del cambiamento siano dolorosi. Non tengono presente, costoro, che esiste anche il piacere del cambiamento, il piacere di cambiare la propria vita, il piacere di rinascere. Infatti, quasi sempre, i cambiamenti rappresentano una rinascita. C’è il piacere ed il gusto del nuovo; una volta che nell’ambito della cristallizzazione si è rimasti per quasi tutta la vita, credo che il cambiamento rappresenti uno stimolo e una novità da non sottovalutare. Certo il coraggio ci vuole; ma così come ci vuole per tante altre cose che, pur non essendo a rischio, egualmente neppure cambiate. Voi non cambiate niente, neppure le cose più banali. Siete capaci di portare le stesse fogge d’abito per anni, di usare gli stessi colori per tutta la vita, di avere in casa gli stessi mobili per tutta l’esistenza, siete legati ed affezionati alle cose più inutili, non avete il coraggio di cambiare neppure le vostre abitudini alimentari, neppure i vostri orari di sonno. Siete degli esseri ripetitivi ed io veramente non capisco come facciate a non stancarvi di vivere in questo modo.

Vorrei per un momento soltanto farvi gettare lo sguardo nella vita di uno Spirito il quale è un essere in continuo lavoro e movimento, proprio perché egli è coscienza attiva in evoluzione e, implicitamente, in eterno cambiamento, nell’eternità dell’identità.

Lo Spirito "assapora" il nuovo, vive nel nuovo, cerca nel nuovo per amplificarsi, di risvegliare la propria natura divina. Lo Spirito è un essere esattamente il contrario di quello che voi siete nel corso della vita. Ecco perché non capisco bene come facciate a non stancarvi di fare sempre le stesse cose. Io capisco che ci sono cose che non potete cambiare, come il lavoro, la necessità di dover guadagnare per vivere, vive gli aspetti un po’ passivi dell’esistenza. Lo capisco benissimo.

L’esistenza non è i vivere, l’esistenza è il pensare, il cambiare e continuamente andare alla ricerca di ciò che non si è fatto prima. E’ questa l’esistenza che, certo presenta i suoi rischi, ma anche i suoi aspetti nobili perché vi qualifica come esseri pensanti e creativi e vi trasforma da corpi in Spirito, da forme naturali e vegetali (quali spesso siete) in forme vibranti nel senso divino del significato. Certamente Dio non ci ha fatti per rimirare la creazione, ma per rinnovare continuamente - e questo è un principio che dovrebbe essere a voi noto - il principio della creazione. E come si rinnova in noi stessi il principio della creazione? Muovendoci continuamente entro noi stessi; noi risvegliamo la natura divina che Dio ci ha conferito ab-eterno; e la rinnoviamo proprio col nostro lavoro spirituale, col nostro porre attenzione continua all’esistenza.

Questo bisogna fare: portare non la pace spirituale, ma la guerra spirituale, perché lo Spirito è questo, perciò è divino: divino perché vive, e vita non significa sopravvivere, perché la sopravvivenza è naturale, è vegetale, è di una natura che non ha intelletto. Lo Spirito, invece, è il contrario della natura."

Il cambiamento costituisce un diverso modo di guardarci intorno ed una mutata relazione con la realtà e le persone. Già assumendo una posizione "spirituale", cioè credendo nella vita interiore dell’Anima, c’è un incredibile cambiamento perché gli altri non vivono così. Ma il credere nella propria Anima non deve rappresentare una posizione teorica, ma solo un punto da cui partire. Verso dove? Ma verso il reale cambiamento caratteriale e della invertendo le nostre reattività sia nervose che culturali.

Cambiare vorrà dire, allora, avvicinarsi agli altri, coltivare le proprie emozioni e ridurre quelle negative, correggere l’aggressività, la possessività, l’egoismo, il narcisismo, la gelosia, l’invidia e tutte le attività interne che creano inimicizia e odio.

Imparare a capire la posizione esistenziale degli altri, tollerare gli altrui errori e ire, aprirsi alla cooperazione sociale, uscire dalle proprie asfittiche case ed entrare nel mondo partecipando alle esperienze della vita.

Cambiare significa "rinascere" a nuova vita illuminandosi della pienezza generosa del mondo, diventare ottimisti, imparare a suscitare la fiducia, liberandosi dai tabù sessuali e sociali, lasciare che l’Anima si espanda nell’esperienza coltivando il piacere e accettando pazientemente la malattia e il dolore.

Cambiare significa aprire la propria casa agli amici, imparare a cantare ed amare, capire che non esistono solo i figli e la famiglia e che la vita è aiutarsi affinché ci si riconosca tutti quanti figli di Dio. E’ questa la fraternità che può essere prodotta soltanto dal cambiamento della sterile e umana tipologia egoistica del cervello.

Ma perché il cambiamento (e quindi l’evoluzione) si metta in moto è necessario partire dalla domanda fondamentale: qual’è lo scopo di una vita? Sopravvivere in attesa del morire o vivere per conoscere proprio la vita che si possiede? Se si vive per conoscere, allora è imperativo il dovere di fare dell’esistenza un moto attivo, sul piano fisico, spirituale ed emozionale. Solo così l’Anima esegue il programma per il quale si è incarnato.

"Non si cambia mai senza fatica, bisogna sempre lottare per scardinare un sistema chiuso. Il sistema chiuso è vero che è rassicurante, ma non dà evoluzione, perché è proprio il sistema chiuso che fa vivere sempre allo stesso modo, che non produce nulla di nuovo, che fa ripetere sempre gli stessi gesti abitudinari.

Bisogna forzare il sistema chiuso e fare in modo che si aprano nuove porte, tangenti di uscita, di entrata e di uscita, altrimenti non c’è niente da fare; siete capaci di vivere fino all’ultimo tal quale come siete nati, e questa non è una procedura evolutiva, ma semplicemente conservativa della specie."

Ma quali sono i rischi reali, in una situazione di sistemi aperti, cioè eliminando gli impedimenti morali e sociali che bloccano la libertà?

Non c’è anche il rischio di sofferenza perché si scompensa il sistema psichico? Andrea, come sempre, risponde dal suo punto di vista di Spirito; tuttavia tiene in massimo conto il corpo, ma entro una logica che privilegia sempre lo scopo primario dello Spirito.

Comunicazione personale

"Il rischio reale, se non si hanno solide motivazioni, se cioè non si condivide in pieno il principio che la vita ha uno scopo, è di andare in nevrosi. Se invece la convinzione è autentica, se il cambiamento non è un puro gioco da salotto ma è radicato profondamente, tutta l’operazione è guidata dal "soffio" dell’Anima che, anzi, si nutre ed esalata il cambiamento. E’ anche vero, però, il suo contrario. E cioè che una situazione nevrotica venga risanata e ricompensata riconoscendo lo scopo della vita.

Tutto passa attraverso la mente e il cervello: in questo senso l’operazione psicologica e sociale del cambiamento non è affatto da sottovalutare e comporta rischi. Ecco perché, così come per una psicoterapia è necessaria l’esperienza dello psicologo, per il cambiamento ad orientamento spirituale, occorre un maestro o una forte teoria di base da condividere.

All’inizio, come con qualsiasi cura psichiatrica, si può star male, soprattutto perché gli altri non accettano i cambiamenti delle persone a cui sono affettivamente legati. Ecco perché è indispensabile che lo scopo che ci si prefigge, sia saldamente strutturato nei principi filosofici generali attraverso i quali si accetta e si condivide, che esiste una vita dell’Anima che incarna un corpo per uno scopo. S non c’è questa visione di fondo, è inutile cominciare il cambiamento e correre, da soli, il rischio di separarsi dal mondo. Però, anche il soggetto più labile ha il dovere etico di chiedersi il motivo per cui è al mondo perché questa domanda è legittima e non provocatoria finanche nella peggiore situazione di patologia cerebrale o psichica. Tutto hanno il diritto a questa domanda perché tutti- materialismo o visione biologica della vita permettendo - hanno (o addirittura sono) un’Anima interrogante benché spesso silenziosa.

Si tratta di un diritto che nasce dalla opzione materia-spirito, ovvero dall’alternativa, di cui tutti sono soggetti interroganti, spirito-materia che ciascuno deve porre come base etica al suo esistere. Qualunque possa essere la risposta, essa sarà sempre eticamente ineccepibile, poiché rappresenta una scelta di libertà che, come tale, è di leicità piena e indiscutibile: purché, tuttavia, sia una risposta frutto di perfetto ragionamento cosciente e non ideologicamente condizionata o dogmaticamente accettata al di là della coscienza."

"E’ indispensabile capire che non si può vivere passivamente e non si può vivere nell’obbedienza alle regole, almenché non si ammetta di essere soltanto un soggetto animale che segue la legge del branco e, quindi, non ha alcuna individualità.

Alla fin fine dovete riconoscere di appartenere soltanto ad un branco che ripete, come moltitudine, movimenti del branco, ma non ha alcuna fuoriuscita. Basta questo per capire l’inutilità di una esistenza fatta in questo modo."

"Cambiare, evolversi, mutare stato, assumere nuovi modelli, ridefinire la propria persona, allargare gli orizzonti, comporta sempre una lotta. Non si cambia senza impegno, non ci si evolve senza lavoro; questo è uno dei motivi per cui esiste la sofferenza.

Voi traducete il lavoro e l’impegno, e anche la risposta agli eventi, in una sofferenza reale, cioè somatica, ma questo è un errore che fa il vostro corpo; quando parlo di sofferenza intendo soprattutto il lavoro della persona, il lavoro dello Spirito, l’impegno a cambiare.

L’impegno a cambiare coinvolge sempre il corpo, perché il corpo è il depositario di tutti i gangli entro i quali si svolge la vita personale e sociale dell’individuo. E’ il corpo che crea la mente e nella mente vi sono tutte le cose che ormai dovreste conoscere poiché per tutta la vita vi seguono come oppressioni, come condanne e prescrizioni, come ordini impartite al vostro presente affinché ciò che è dato resti immutabile. Il conservatorismo, la tradizione sono i segni principali della immutabilità che si pretenderebbe da voi, al punto tale che le persone che cambiano voi non le riconoscete quasi più e proclamante l’estraneità di quella persona, rispetto agli anni precedenti, semplicemente perché la persona è cambiata; voi vivete secondo alla regola dell’immutabilità e vi sentite traditi se le persone appaiono diverse da quello che sembravano o da ciò che erano precedentemente.

C’è un tipo di evoluzione che si svolge un po’ al di là della vostra volontà, e questo si verifica quando lo Spirito riesce a controllare in qualche misura il proprio corpo, cioè impone qualche accelerazione. Perché lo Spirito possa imporre le accelerazioni deve trovare, però, un terreno favorevole; il terreno favorevole è sempre nel corpo, ed è la possibilità di poter agire sugli istinti del corpo che il soggetto, come mente vivente, può procurarsi dei cambiamenti.

Gli istinti, in qualche misura, sono una salvazione per lo Spirito perché gli istinti sono corporei ed il corpo tende all’auto-gratificazione; è una legge di natura. Così come le piante devono nascere da un seme e devono svilupparsi e, se hanno fiori, profumare, tanto più voi la limitate, tanto più la pianta non produce i suoi fiori; e così è per il corpo perché la natura non ha regole diverse.

Il corpo, invece, è quel soggetto che viene letteralmente limitato attraverso le regole, ed è chiaro che entra in sofferenza, in quanto non riesce più a vivere secondo i principi naturali, nè può vivere secondo quelli dello Spirito. Il corpo, nel corso del secoli, pur reagendo ai principi di adattamento, è lentamente diventato un ibrido e si è sempre più esposto alla malattia. E’ vero che vive sempre più a lungo, ma ha accentuato la sua carenza reattiva entrando in un ruolo sempre più passivo e dipendente (per es. ai farmaci).

Lo Spirito, a sua volta, non riesce a comunicare ed a trasmettere per cui il conflitto tra corpo, Spirito e mente diventa spesso insanabile. Da qui le nevrosi, le crisi spirituali delle persone, le vite più o meno distrutte o inutilizzate, certe depressioni esistenziali, certi suicidi.

Prendere coscienza di tutto questo significa impegnarsi in un’operazione evolutiva; l’evoluzione, a questo punto, diventa una via necessaria per dare un senso all’esistenza ed alla vita, ma questo lavoro (che è spesso una lotta ed è spesso perdente, almenché non si sia molto determinati) porta inevitabili sofferenze.

Come muoversi affinché le sofferenze siano ridotte al minimo? Devo dire che non c’è una regola entro la quale le sofferenze debbano essere ridotte; ma voglio aggiungere che se esse sono ridotte al minimo, molto probabilmente anche i cambia-menti sono ridotti sono ridotti al minimo, perché lo sforzo che si deve fare impegna la persona e la impegna nel quadro sociale in cui vive. Voi, quando cambiate, non cambiate da soli ma coinvolgete anche gli altri perché non siete dei solitari. E, coin-volgendo gli altri, avete come riscontrato anche l’eventuale sofferenza degli altri o, comunque, anche l’incapacità degli altri a seguirvi con lo stesso ritmo perché gli altri hanno, forse, un’evoluzione diversa, oppure non vogliono cambiare, oppure sono talmente testardi che credono di aver ragione e che voi abbiate torto nel cambiare: insomma si determinano i conflitti che si ripercuotono tutti sul soggetto che, con determinazione, ha deciso di cambiare.

Quindi, chiedere come ridurre la sofferenza, si pone una domanda che non ha sostanzialmente una risposta. Tuttavia c’è una regola generale: anzitutto il convincimento che ciò che si sta facendo è giusto e va fatto e dunque il riconoscimento di possedere uno Spirito che reclama la parola e l’applicazione del programma per il quale è venuto in terra; è su questa linea che bisogna sempre insistere, perché da questa linea che parte tutto. O si accetta questo principio, oppure tutto il resto non ha più valore.

Se si accetta che l’incarnazione è finalizzata ad uno scopo e che uno scopo è predeterminato e che ciascuno ha il suo scopo, ma che in linea di massima tutti gli scopi prevedono il cambiamento del corpo, se si accetta questo principio, bisogna, allora, diventare servi del principio; ciò, in senso tecnico, significa adeguare la ragione mentale alla ragione spirituale, porre il cervello al servizio dello Spirito e non viceversa, quindi ristrutturare la mente affinché, a sua volta, agisca sui circuiti del cervello che, a sua volta, si ripercuotono sulla struttura dell’Anima.

Direi che è una catena inevitabile di riflessi, che devono diventare automatizzati; automatizzare significa che la necessità del cambiamento impone radicalmente una lotta ma questa, una volta iniziata, tende a ridursi. Via via che si va avanti c’è bisogno di minore energia e di minore determinazione; l’inizio è duro, ma dopo diventa tutto più facile. E’ difficile cominciare, predeterminarsi ed iniziare la determinazione: è sempre possibile smorzare in qualche modo gli effetti dolorosi, ma non si può evitare che all’inizio vi siano.

Gli effetti dolorosi sono dovuti al fatto che voi dovete vincere condizionamenti che avete ricevuto dall’infanzia e che vi appaiono addirittura sacrali; ogni volta che voi cambiate è come se tradiste vostro padre e vostra madre che vi hanno inculcato certi principi. Voi combattete contro la tradizione che vi rende immobili, conservatori ed ubbidienti. L’ubbidienza è la prima regola che vi è stata data da bambini: ubbidire all’autorità, al padre e alla madre, ubbidire al sacerdote, alle religioni: c’è Dio che vi guarda! Vi hanno tempestato in maniera tale da rendervi schiavi del sistema vita per cui, nel cambiare, ricordatevi che non state lottando solo contro voi stessi, ma contro regole a volte millenarie, contro la sacralità delle istituzioni che vi sono state date con l’ordine dell’obbedienza. Scardinare questo sistema, quindi, penare diversamente, liberamente come esseri spirituali, è un impegno grande e rappresenta una lotta che può essere dura e faticosa. Molti non ce la fanno perché la tradizione ha dalla sua il complesso di colpa, l’obbedienza che vi è stata data è tale che, appena voi uscite dalla regola, ecco che scatta il complesso di colpa che vi riprende. Ma ecco che voi dovete vincere il complesso di colpa e ricordare di essere soggetti liberi, creati da Dio, ciascuno di voi come essere unico, irripetibile, autonomo.

Se vi ricordate questo potete sfidare il mondo, ma se non riconoscete questo, il mio consiglio è di non cominciare neppure, perché entrereste solo in una spirale di sofferenza e di opposizioni altrui e sareste psicologicamente distrutti.

Il motivo per cui gran parte delle persone non è cambiata, nonostante i maestri, è proprio questo: che le parole sono rimaste parole e nessuno ha avuto il coraggio di proclamare la presenza dello Spirito nel corpo, né è in grado di riconoscere la propria identità. Finché non avverrà questo i maestri resteranno sempre e soltanto, ci saranno soltanto aspirazioni al cambiamento, ma non decisioni!

Siete pieni di paure, avete il terrore di cambiare, paura di restare soli, paura del giudizio degli altri, paura che gli altri potrebbero non stimarvi. Volete stare con i piedi in tre o quattro staffe; può darsi che l’inferno esista - voi dite - può darsi che alla fine abbiano ragione i preti, che le cose che ci dicono i filosofi e i profeti siano forti sì, ma non quanto la parola della tradizione!

Non avendo il coraggio di fare analisi forti, voi preferite la calma più o meno quieta o più o meno inquieta delle vostre famiglie, dei vostri amici, delle vostre situazioni affettive, delle vostre regole sociali, perché e così che va il mondo e, dunque, per cambiare, non c’è abbastanza coraggio; ci sono solo le parole che spingono, ma restano parole, perché al di là di esse non sapete andare. I vostri comportamenti quotidiani vi tradiscono in ogni momento e dimostrano che i cambiamenti non ci sono ed esistono soltanto nei buoni propositi.

Ma al di là della piccola ironia o del gioco di parole, sicuramente c’è da dire che esistono vite ricche perché lottate, ed esistono vite povere perché sono quiete, di coloro che non sanno che fare, spesso usano i propri corpi solo in senso distruttivo per gli altri.

Questo non significa che dobbiate lottare dal mattino alla sera; significa avere, però, un atteggiamento critico che vuole cercare il nuovo, che vuole proporsi, che vuole capire con altre chiavi di lettura che non siano le solite dei tradizionalisti e della conservazione che, invece, mira a far restare tutto così come è stato nei secoli.

Quando si percorre la strada del cambiamento, in certi momenti questa è solitaria, in altri si fanno degli incontri che possono sembrare particolarmente significativi perché si incontra l’altro sul piano nuovo del cambiamento e della crescita.

Potrebbe essere, questo, un sistema per identificare che prova un bisogno simile?

"Potrebbe essere una modalità di riconoscimento, facendo attenzione, però, che molte persone danno la sensazione di essere aperte, di voler cambiare, di essere democratiche, ma poi in realtà lo sono solo a parole; il riconoscimento del fratello va visto nell’autenticità, in che cosa sta cambiando.

A parole tutti dicono di aver capito e di star cambiando, ma in sostanza, al primo ostacolo, tutti rivelano i vecchi vizi e difetti e quindi dimostrano di non essere cambiati come credono in buona fede. Il cambiamento va verificato nel comportamento. Dunque l’attenzione è da porre ai falsi soggetti che, invece, e non sono cambiati per niente e talvolta sfruttano e utilizzano il sincero cambiamento degli altri solo per scopi egoistici. Le persone che stanno veramente cambiando non sono tante, ma non sono poche; tuttavia sono frammiste ad altre che credono di farlo ma, in sostanza, sono rimaste tali e quali."

Come si comincia? Il Maestro afferma continuamente che bisogna imparare ad osservarsi e definire, anche teoricamente, il quadro personale degli aspetti caratteriali e propositivi, sia quelli positivi che negativi, rapportando entrambi al fattore di crescita e di conoscenza. Inoltre occorre imparare la capacità di reagire in modo molteplice alle domande dell’ambiente per rispondere in modo fluido e aperto, senza trincerarsi dietro la propria ideologia filosofica e religiosa.

Ampliando la risposta non si resta prigionieri degli stereotipi e si respira la propria libertà personale. E inoltre, rispondendo all’ambiente in modo fluido, si possono dirigere e controllare i propri desideri e bisogni evitando la trappola del complesso di colpa e della nevrosi.

"Un lavoro che ciascuno dovrebbe fare su se stesso è quello di ampliare le alternative. Di fronte ad una situazione le risposte possono essere molteplici, ma quasi sempre, invece, gli uomini hanno quel tipo di risposta e di reazione unica che proviene da una formazione ideologica personale. Invece, avere più opzioni significa dilatare il quadro di riferimento delle risposte e quindi non produrre reazioni prefissate.

Voi, di fronte allo stimolo, reagite sempre allo stesso modo, ma avere più opzioni significa avere più scelte, e sicuramente scegliere le più tolleranti e anche le più altruistiche; opzioni che tengono conto delle libertà, delle capacità, dei bisogni degli altri; significa, qualche volta, rinunciare anche a se stesso in favore dell’azione dell’altro e, quindi, far entrare il proprio Spirito in una serie di dimensioni operative e opzionali del tutto diverse. Ma significa anche realizzare esperienze personali del tutto nuove. Ciò comporta una dilatazione del campo ed una visione più panoramica con una migliore osservazione di tutte le alternative possibili. In altri termini, uscire dal proprio schema povero. Una persona che di fronte ad una situazione ha soltanto una sola possibilità di reazione (ad esempio quella di arrabbiarsi) significa che ha una povertà espressiva, perché non ha altro se non quella reazione. Quando viene quindi attaccata su quel piano, la risposta è unica ed a senso unico, talvolta di tipo distruttivo. Bisogna apprendere altri modelli di risposta, specie quelli che migliorano la relazione con gli altri.

Amplificare la propria sfera, allargare il campo, significa arricchire se stesso ed il proprio modello di comportamento e fare una operazione che intanto è di crescita psichica e spirituale.

Ma così, come avete il dovere di affrontare nuove esperienze e d sperimentare altre opzioni, così avete l’obbligo di fornirvi degli strumenti adatti per non andare allo sbaraglio. Spesso occorre il consiglio di un aggio, di uno psicologo, di un medico.

I cambiamenti spirituali incidono sul corpo e sulla mente ed è necessario essere persone sane e salde sul piano psichico altrimenti si va incontro all’auto-distruttività.

Bisogna arricchirsi del cambiamento, ma misurando le proprie possibilità ed il sincero desiderio e bisogno di cominciare un viaggio insidioso e spesso doloroso.

Il cambiamento è come un linguaggio: si deve apprenderlo cominciando da pochi vocali e poche regole, fino a giungere, gradualmente, ad una grammatica e ad una sintassi sempre più complessa e ampia."

Corrado Piancastelli


Ex sito C.I.P.