Il 5 febbraio 1911 viene approvato dall’Assemblea generale lo Statuto del Fascio Operaio di Casagiove. La pubblicazione in opuscolo reca la firma di Vozza Pasquale di Francesco, presidente, Verdicchio Tommaso fu Gaetano, segretario, e Tommaso de Angelis, direttore. Sulla prima di copertina si può leggere l’intestazione
FASCIO OPERAIO
Casagiove
seguita, al centro, dalla scritta
STATUTO.
In basso i dati della tipografia,
Caserta
Premiato Stab. Tipo-Litog. Salvatore Marino,
Via Tanucci - Via Bologna (stabile proprio)
1911
Sulla copia a noi pervenuta è visibile, al centro della metà inferiore della copertina, un timbro ovale recante nella corona esterna la scritta Fascio Operaio - Casagiove e al centro una stretta di mano.
Il testo dello statuto occupa 15 pagine. Il resto dell’opuscolo contiene numerose pagine, una per ogni anno, contenenti una griglia di tre colonne: la prima con i mesi dell’anno, la seconda per segnare lire e centesimi e la terza per le firme del tesoriere. Non è specificato l’uso di questa parte ma con tutta evidenza l’opuscolo veniva consegnato ad ogni iscritto perché potesse istruirsi sui diritti e i doveri e, nello stesso tempo, potesse servirsene per farvi registrare le quote versate mensilmente.
I Fasci, come è noto, si svilupparono nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, soprattutto nell’Italia centrale (Toscana, Emilia e Romagna), accompagnando e provocando le prime lotte contadine e operaie. Furono inoltre intimamente connessi alla nascita e diffusione del socialismo e non a caso ai Fasci di Bologna aderì, tra i primi,Giuseppe Garibaldi.
Ma è in Sicilia che la diffusione dei Fasci, che si chiamarono dei Lavoratori, ebbe carattere di massa. Per le particolari condizioni sociali ed economiche dell’isola le rivendicazioni da essi provocate sfociarono, tra il dicembre 1893 e il gennaio 1894, in lotte aspre e disordini che ne determinarono lo scioglimento da parte del governo Crispi.
La costituzione dei Fasci operai in molte città della Penisola, tuttavia, continuò negli anni seguenti, con caratteristiche diverse, a seconda delle situazioni sociali in cui operavano, ma con un comune denominatore costituito dall’aspirazione a migliori condizioni di vita e di lavoro, dall’azione solidaristica svolta nei confronti degli aderenti, da un embrionale tentativo di organizzazione sindacale e politica.
Ma torniamo al nostro Statuto. Esso si compone di 46 articoli divisi in sei Titoli.
Il Titolo Primo (art. 1-3) tratta della ‘Costituzione Sociale’ e in modo succinto fa riferimento all’art. 32 dello Statuto del Regno, definisce la situazione di operaio (“Per operai si intendono persone che traggono pane col proprio lavoro”) e delinea gli scopi del Fascio (lavoro ai disoccupati, benessere morale e materiale dei soci).
Il Titolo Secondo (art. 4-6) tratta ‘Dei soci e la qualità’. Vengono definiti soci effettivi gli operai dai 21 ai 45 anni ed eccezionalmente quelli oltre i 18 anni. Per soci onorari si intendono quei cittadini che si adoperano per il bene del Fascio. Essi non hanno diritto di voto e di eleggibilità, però in caso di morte “il Fascio è obbligato di accompagnare la salma al cimitero con la Bandiera”. L’art. 6 tuttavia restringe la possibilità di diventare soci in quanto afferma esplicitamente che “non possono appartenere a cotesto Fascio né professori, né tampoco quelli che non fan più parte di altro Circolo, e né impiegati governativi”. In effetti professori e impiegati non lavorano di braccia. Essi, soprattutto gli impiegati, devono essere visti come categoria privilegiata che niente ha da spartire con le privazioni e le mortificazioni degli operai. Non parliamo dei fuorusciti di altri circoli, di costoro non c’è da fidarsi….
Il Titolo III (art.7-11) riguarda ‘Ammissioni dimissioni ed espulsione’. L’art. 7 ribadisce che per essere socio effettivo bisogna essere un lavoratore delle braccia, averne l’età, godere di buona condotta morale e politica attestata con un certificato del Sindaco e di “essere di sana costituzione fisica, il che si prova con un certificato medico”…). Naturalmente si deve presentare domanda con garanzia di altri due soci e impegnarsi al pagamento delle quote mensili. Il successivo art. 8 presenta un capoverso di 20 righe senza pause se non qualche rara virgola. Ha una articolazione piuttosto difficoltosa per spiegare le conseguenze della morosità. L’estensore o gli estensori dello Statuto si sono trovati evidentemente di fronte all’argomento più spinoso da trattare. Comunque il risultato è molto chiaro in quanto nel secondo capoverso si legge che “Appena un socio è caduto in contumacia perde il diritto alla parola”.
Il Titolo IV (art. 12-19) tratta dei ‘Diritti e doveri dei soci’. Lo statuto si conferma piuttosto duro. I soci che dovessero assentarsi dalle riunioni due volte consecutive senza alcuna giustificazione sono soggetti a una multa di L. 0,25 che nel caso di soci ricoprenti un incarico sale a L. 0,50. Tale pena però non si applica al presidente.
Ma il Fascio sa essere anche solidale verso chi si trova in una situazione di bisogno. Ad esempio al socio ammalato viene erogato un sussidio di 50 cent. al giorno fino a un massimo di 30 giorni. E in caso di morte sarà accompagnato al cimitero da tutto il Fascio Operaio. Chi si astiene da tale obbligo è tenuto a versare una multa di c. 25 a beneficio della vedova o dei figli.
Per quanto riguarda i rapporti tra i soci e i membri del consiglio, i quali formano il “corpo della Società”, l’art. 17 è molto preciso: i soci che abbiano a rivolgere parola ad uno di loro lo debbono fare in “termini decenti e rispettivi”.
Il Titolo V (art. 20-26) tratta delle ‘Adunanze’. Il primo degli articoli di questo Titolo descrive il posto occupato da ciascun membro del consiglio. Vale la pena di riportarlo integralmente: “Il presidente apre la seduta col suono del campanello. Aperta la seduta ognuno deve essere al suo posto col capo scoperto serbando il massimo silenzio. I componenti del consiglio sederanno col presidente al centro, il vice-presidente e il cassiere sederanno l’uno a destra e l’altro a sinistra, e così i consiglieri. All’estrema sinistra il segretario e il vice-segretario”. Gli articoli successivi disciplinano l’andamento della riunione la quale è valida solo se c’è il numero legale. Il presidente concede la parola che non può essere richiesta per più di due volte sullo stesso argomento. Hanno la precedenza mozioni d’ordine e questioni personali. Il presidente può togliere la parola al socio che con discorsi inopportuni turbi l’ordine dell’adunanza. Esaurita la discussione le proposte sono messe ai voti dando la precedenza a quelle che contengono pregiudiziali.
Il Titolo VI si divide in due sottotitoli, ‘Della rappresentanza della Società’ (art. 27-31) e ‘Del Consiglio’ (art. 32-43). Per quanto riguarda il primo sottotitolo, oltre alle cariche fin qui citate (un Presidente, un Vice-presidente, un Segretario, un Vice-Segretario, un Cassiere) il Consiglio comprende anche otto consiglieri, un Contabile, due Censori, quattro Questori e due Vessilliferi. Nelle funzioni ufficiali il Presidente porta la fascia tricolore “ad armacollo”. Il resto del consiglio porta lo stemma del titolo “pendente all’occhiello dell’abito”. I soci portano “la coccarda tricolore con lo stemma in argento pendente all’occhiello dell’abito”.
Le cariche sono rinnovabili alla scadenza con elezioni a scrutinio segreto.
Inoltre è formata una commissione sanitaria di cui fanno parte tanti soci quante sono le sezioni che compongono il Fascio, oltre ai medici esistenti nella Società.
Per ciò che concerne il secondo sottotitolo, vengono descritti i compiti del Consiglio e dei singoli componenti. Non vale la pena render conto delle funzioni dei singoli membri del consiglio, al contrario è utile esaminare il primo e l’ultimo articolo di questa serie, cioè il 32 e il 43.
Il primo recita che il consiglio è “il fedele interprete” dello Statuto, mette in atto tutte le deliberazioni dell’Assemblea, amministra gli interessi del Fascio “da buon padre di famiglia”.
L’art. 43 è interessante perché descrive la figura inconsueta dei censori. Questi sono incaricati di badare al buon ordine della sala in occasione delle riunioni, ma altresì di contare i voti nelle votazioni per alzata e seduta. Inoltre “nelle riunioni esterne cureranno che i soci procedano ordinatamente con contegno e decoro” e faranno rapporto al Presidente di ogni inconveniente rilevato perché possa prendere gli opportuni provvedimenti.
Il Titolo VI contiene ‘Disposizioni diverse’ (art. 44-46). In particolare, si stabilisce (in una forma piuttosto contorta) che il Fascio si mantiene estraneo rispetto alle elezioni politiche o amministrative, si prevede di nominare un bidello, dotato di uniforme, responsabile della sala sociale e si dispone l’abrogazione di ogni disposizione precedente allo Statuto.
Avviandoci a concludere, il documento è tutt’altro che una costruzione di alta giurisprudenza. Esso si presenta essenziale nel contenuto e non sempre corretto nella forma. Tuttavia è lo specchio del suo tempo e nella rigidità di alcune prescrizioni si riflette l’intransigenza caratteristica di questo tipo di organizzazioni. Sono evidenti alcuni elementi distintivi del circolo:
Una chiusura ideologica verso il resto della società, soprattutto verso quelle categorie di persone che svolgono professioni più ‘nobili’ e identificate probabilmente come espressione del potere dominante.
La presa in carico dei problemi del socio, soprattutto l’erogazione di un sussidio in caso di disoccupazione, massima espressione del principio di solidarietà che anima il Fascio. Far parte di questa organizzazione comporta l’obbligo di rispettare con precisione tutti i doveri insiti nella figura dell’associato (comportarsi diversamente è considerato dannoso per tutti gli altri iscritti) ma è anche una garanzia per i momenti duri, frequenti per chi trae ‘pane dal lavoro’, in un’epoca in cui non c’erano casse mutue o ammortizzatori sociali.
L’alta considerazione di sé e del proprio ruolo nella società che si rileva nell’ostentazione del decoro e del contegno irreprensibile. Decoro e contegno che devono essere conservati sia all’interno del Fascio stesso, nei rapporti interpersonali e nell’espressione della propria individualità, sia nelle manifestazioni esterne quando il Fascio si presenta come organismo collettivo in cui ogni membro è responsabile verso gli altri. Addirittura sono previste delle figure, i Censori, che sono addetti al controllo dell’ordine e della correttezza nelle sfilate o in altre occasioni ufficiali. Eludere questo dovere significa danneggiare la reputazione dell’intero organismo e comporta l’erogazione di provvedimenti disciplinari.
L’accentuata gerarchizzazione della organizzazione i cui segni esteriori sono ostentati in ogni momento della vita del Fascio, dalle riunioni interne alle manifestazioni pubbliche. Ogni iscritto al fascio, dal presidente all’ultimo dei soci, mostra contemporaneamente, in modo rigido e preciso, sia la propria appartenenza alla struttura sia il ruolo ricoperto nella stessa.
Bibliografia:
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Pubblicato sul quadrimestrale di cultura, attualità e informazione Le Muse - Anno VI n. 3 (XVIII) sett.-dic. 2004