“Inalazioni fino al n° 120…” annunciò l’altoparlante. Gruppi di pazienti si affrettarono a recarsi alle sale di cura. I tavoli davanti al bar, liberati in un batter d’occhio, venivano man mano rioccupati da altre persone che sciamavano lentamente dall’edificio centrale dopo aver terminata la propria seduta inalatoria.
Lo spiazzo, infatti, era luogo di sosta per quelli che si dovevano sottoporre alle cure e per quelli che si erano già sbrigati e che qui si intrattenevano a conversare, a consumare la colazione, a trascorrere un’oretta prima di ripartire definitivamente, inghiottiti da uno dei tanti torpedoni che facevano la spola con i centri limitrofi.
Il signor Piero era un po’ seccato da questo andirivieni incessante di gente, da questo campionario di malattie, di chiacchiere svagate e di piccoli sotterfugi e attendeva con impazienza l’ora del ritorno.
Il vociare screanzato e le risa grossolane coprivano le note di un concertino che più in là faceva del suo meglio per intrattenere altri ospiti. Di quando in quando qualche karaoke improvvisato veniva a ferire le orecchie degli astanti provocando scherno o fastidio e cameriere giovanissime passavano tra i tavoli a chiedere incessantemente quanto inutilmente che cosa prendessero i signori clienti.
Il signor Piero osservava distrattamente e con malcelata insofferenza quella fauna estranea, quando la sua attenzione fu attratta da una donna che sedeva sola a un tavolo poco lontano dal suo. Si chiese come mai non l’avesse notata prima. In tanta confusione, infatti, ella spiccava per la signorilità dell’atteggiamento e pareva per nulla interessata a quel rimescolio di gente, occupata com’era nella lettura.
Il signor Piero si concentrò, così, nell’osservazione di quella figura che gli appariva fuori posto in quel giardino volgare. Osservò i suoi capelli biondi, corti e ondulati, perfettamente pettinati, ammirò i lineamenti gentili e morbidi del suo volto delicatamente abbronzato e il piccolo naso alla francese. Le sue labbra, evidenziate da un leggero tocco di rosso, spiccavano promettenti su un volto solare. Non doveva avere più di venticinque anni.
Gli venne da pensare a quelle teste di statue antiche che tante volte aveva visto nei libri di storia.. Quanta differenza tra i modi saccenti delle donnicciole che parlavano ad alta voce e la classe di quella giovane signora che sprigionava un che di placido e di misterioso nello stesso tempo come un’immagine staccata da un quadro rinascimentale. Egli sarebbe rimasto a guardarla per ore, tanto ne era rimasto colpito.
Ella aveva accanto a sé poche cose: una borsetta, un libro, delle riviste. Sembrava non conoscere e non aspettare nessuno, non era interessata a quel che le accadeva intorno e non si mostrava infastidita dalla confusione dei gruppi che si avvicendavano. Continuava a leggere ma ogni tanto si interrompeva per guardare un punto indefinito davanti a sé.
A un certo punto aveva avuto come un lieve trasalimento e si era voltata a osservare il mondo circostante, così che il suo sguardo aveva incrociato per un attimo quello di lui. Stava per andare oltre ma poi ci ripensava e ritornava a guardare. Vistasi osservata ella si era bloccata. I loro sguardi erano sulla stessa linea. Spettacolo grandioso. Due occhi dai mille colori con predominanze cangianti di verde, di azzurro, di giallo. Pietruzze fosforescenti che, illuminate da un raggio di sole filtrato come per miracolo attraverso le chiome dei salici, dardeggiavano intensamente.
Il signor Piero si sentì venir meno di fronte a tale meraviglia, fu sul punto di guardare altrove, nondimeno resistette. Anche lei tardò a distogliersi e fu come se si trafiggessero l'un l'altra.
Una sonora risata proveniente da uno dei tavoli vicini venne a interrompere questo dialogo appena iniziato, questo messaggio luminoso da punto a punto. Lei tornò a leggere e lui rimase a scrutarla nella vana attesa di una ripetizione del fenomeno, sempre più deluso dal trascorrere del tempo, sempre più nostalgico di un evento che lo aveva fatto vibrare come non gli accadeva da anni.
E’ insaziabile, l’uomo! Egli non si accontenta della fortuna che gli è capitata una volta, ma pretende che essa, volubile per natura, si soffermi a premiarlo nuovamente. E invece, ecco, tocca a lui afferrarla per la chioma, piegarla ai suoi desideri, legarla a sé perché i frutti che dispensa non vadano perduti.
Nello sguardo di lei non aveva letto alcun fastidio, anzi il suo indugio era parso promettente, era lui, quindi, che doveva osare. La sconosciuta continuava a leggere e ogni tanto alzava lo sguardo dal foglio. Ora pareva al signor Piero che ella guardasse di sottecchi nella propria direzione, gli sembrava di leggere un’attesa, indubbiamente lei sapeva di essere osservata e senza volgere la testa sforzava l’occhio a guardare di lato. Anche così egli coglieva dei lampi multicolori.
Poi lei tornava ad abbassare lo sguardo sul libro.
Il signor Piero avvertì l’impulso di avvicinarsi alla sconosciuta. Percepiva che anche lei non aspettava altro. Egli era anche convinto che il proprio aspetto distinto gli avrebbe facilitato l’approccio. Tuttavia non sapeva decidersi. La partenza imminente gli fece, infine, scartare il proposito di rivolgerle la parola, per il rischio di essere costretto a interrompere una conversazione appena iniziata, così rimandò al giorno seguente ogni tentativo di approccio.
Ma l’indomani la sconosciuta non si fece vedere. E neppure nei giorni seguenti. Il signor Piero continuò a pensare a lei, per giorni e giorni l’attese invano in quel giardino ma lei non venne più.