Era una notte serena. Il cielo punteggiato di stelle era attraversato, ad intervalli regolari, dalla lancia luminosa del faro che dall’aeroporto andava a violare gli angoli più remoti della volta celeste.
La macchina procedeva a velocità moderata sulla statale 48. Oliver Cassidy non aveva alcuna fretta e percorreva casualmente quella strada. Non avendo nulla da fare e non sapendo dove andare, quella sera girovagava a bordo della sua Cabriolet anni 50, lasciandosi inghiottire dal chiarore perlaceo che la luna dispensava generosamente a tutta la valle.
A Oliver sembrava di essere sospeso in un’altra dimensione. Abbandonato pesantemente sul sedile, batteva le dita sul volante seguendo il ritmo proveniente dalla radio di bordo. Davanti a lui c’era la lunga strada dritta che sembrava finire in cielo, in un punto in cui le luci di Willow City si confondevano con le stelle. Per tutta la valle erano disseminati come coriandoli i punti luminosi delle case e dei paesi, così che sembrava di volare nello spazio cosmico piuttosto che correre sull’asfalto. Potevano esserci momenti più belli nella vita di un uomo, di quell’attimo di calma, a contatto con la grandiosa presenza dell’infinito? Si dice che non vi è felicità a questo mondo e ciò vale anche per Oliver Cassidy, a bordo di una Cabriolet sulla strada statale 48, alle 10 e un quarto di sera sotto un cielo simile a una grattugia.
Giunto all’altezza del vecchio cimitero di St. Andrews, i cui incerti bagliori si intravedevano lontano sulla destra, i fari della macchina inquadrarono una figura femminile ferma ai bordi della strada. Oliver si fermò. La ragazza non doveva avere più di vent’anni. Si avvicinò al finestrino aperto e domandò:
-Vai verso Willow City?
La sua voce era atona. Il viso, un po’ pallido nel chiarore lunare, appariva minuto tra i folti capelli che le scendevano sulle spalle e quasi lo nascondevano.
-Monta – disse Oliver, contento di dividere con qualcuno le forti sensazioni che provava al cospetto di quella sera magica.
La ragazza salì a bordo con una leggerezza che lo colpì. Per qualche tempo i due restarono in silenzio. Oliver voleva attaccare discorso, ma la sua ospite, immobile, guardava dritto davanti a sé. Pensò che in ogni caso era meglio buttar giù qualche frase anziché restarsene muti.
-Sei di Willow City? Bella cittadina.
-Non vado lì. Mi fermo a mezza strada, all’incrocio di San Juan, rispose la ragazza.
Riflettendoci meglio, la sua voce era cupa, profonda, in alcuni momenti addirittura cavernosa: sembrava provenire dalle viscere della terra piuttosto che dalle labbra di una così bella fanciulla. Oliver era stupito anche dalla freddezza dei suoi occhi che sfidavano fissi i bagliori di qualche raro veicolo. Un piccolo brivido gli percorse la schiena, ma non vi fece caso. Preferì pensare alla conversazione.
-Mi chiamo Oliver Cassidy, di Graceland.
-Graceland? – esclamò la ragazza e il suo volto sembrò per un attimo ravvivarsi, come se quel nome le avesse riportato alla mente chissà quali ricordi. Oliver si sentì incoraggiato a continuare.
-Conosci il posto? Per me è il luogo più incantevole del mondo. Sono certo, non c’è di meglio sulla faccia della terra. Di dove sei?
-Anch’io sono di Graceland.
Nooo! Ma è incredibile. – Oliver era sinceramente sorpreso. – Uuuh, che coincidenza. Graceland, il paese più piccolo, più selvaggio e più bello di tutto l’universo. – L’euforia gli fece perdere il senso della misura. In pochi istanti fece mentalmente il giro del paese, ne percorse le poche strade soffermandosi in tutte le case. Conosceva tutti, grandi e piccoli. La ricognizione lo portò a un risultato sorprendente. Non aveva mai visto quella ragazza. Come si poteva sbagliare? Rifece il conto ad alta voce, nominò i capifamiglia ma il risultato non cambiò.
-Eppure io non ti ho mai vista. Come ti chiami?
-Helen Wright.
-Helen Wright – ripeté Oliver socchiudendo gli occhi per pensare. Di Wright non c’è che il vecchio Billy. Ha un negozio sulla strada principale.
-E’ mio padre – rispose la ragazza.
-Mi pare impossibile. Lo conosco bene: è solo al mondo.
-Sono fuori da molto tempo – disse Helen.
-Beh, quand’è così! E’ per questo allora che non ti ho mai vista. Volevo ben dire. Ad ogni modo sono contento di conoscerti.
Nel dire questo la osservò meglio nella penombra dell’abitacolo di tanto in tanto rischiarato dalla luce dei fari improvvisi. Era proprio una bella ragazza, ma continuava a rimanere immobile e a guardare avanti. Oliver sentiva un certo disagio di fronte a quell’eccessiva riservatezza. La considerava anche fuori luogo, visto che provenivano dallo stesso paese. La radio continuava a gracchiare musica mentre la luna osservava, imperterrita, tutta la valle.
-Ti piace la musica?
-E’ il linguaggio dell’anima – rispose Helen e disse questo con tanta serietà che Oliver rimase per un po’ pensieroso. Non ci aveva mai pensato, ma trovò che la ragazza aveva ragione.
-Io l’ascolto ogni volta che posso. Sai, il paese non offre molti svaghi e ascoltare musica alla radio è davvero piacevole. Anche a Willow City, certo, c’è un buon locale. Se vuoi ci possiamo andare. Ti va?
-Non posso – rispose Helen con malinconia.
-Allora possiamo vederci domani? Che ne dici, non è una buona idea? Io trovo che è straordinario. Due come noi, dello stesso posto, che non si sono mai visti prima e che si incontrano per caso in una notte di stelle! Dobbiamo festeggiare, questo sì che è un avvenimento. Andiamo a bere qualcosa e poi ti riaccompagno.
-Sei gentile ma non posso. Ho fretta.
-Va bene, non insisto. Però, per tutte le formiche giganti, ti dico che quest’incontro non sarà l’ultimo. Ci incontreremo. Sicuro! Se sei veramente di Graceland non possiamo non rivederci.
Oliver fu preso da una grande euforia e continuò per un pezzo a schiamazzare finché non furono in vista dell’incrocio di San Juan. Occorreva prestare attenzione perché era un posto pericoloso. Molti che non conoscevano la zona vi avevano perso la vita.
-Sono arrivata, vorrei scendere.
Il posto era deserto e a Oliver sembrava molto strano che quella ragazza sola volesse fermarsi anziché proseguire per Willow City. Tuttavia non era abituato a crearsi problemi. Così accostò e si fermò. Poiché Helen rimaneva seduta, egli uscì dalla macchina ed andò ad aprire la portiera di destra preparando anche qualche frase di circostanza. Nel fare ciò rimase di sasso. La ragazza era scomparsa. Il suo sguardo si diresse automaticamente al di là della macchina, pensando che potesse essere uscita dal posto di guida, ma non c’era anima viva. Si guardò intorno. La strada era paurosamente deserta. Le luci di Willow City erano ancora lontane e quelle di Graceland già non si vedevano più. Il fatto gli pareva davvero straordinario. Oliver aveva perduto tutta la sua allegria e brividi sempre più freddi gli percorrevano la schiena. Quel chiarore lunare che avvolgeva il paesaggio gli dava ora l’impressione di un sudario. La paura cominciò ad insinuarsi nel suo animo, perciò risalì in macchina e tornò indietro.
Stretto nell’abitacolo riprese calma e cercò di ripensare il più freddamente possibile all’accaduto. Si chiese alla fine se avesse detto qualcosa di offensivo nei confronti della ragazza. Non ricordava bene, ma era sicuro di essersi comportato correttamente. Ma per quale motivo Helen era scomparsa in modo tanto misterioso? Forse non voleva che si sapesse dove andava? Era tutto così strano: l’autostop a quell’ora di notte nei pressi del cimitero, l’atteggiamento freddo anche se cortese tenuto durante il tragitto, la dichiarata provenienza da Graceland che a lui non risultava e infine quella singolare fuga dall’auto. Quella ragazza doveva essere un po’ matta, senza dubbio, e gli elementi di mistero erano da attribuire solo all’ora, al luogo e agli scherzi della sua fantasia.
Oliver Cassidy era ancora scosso quando giunse a Graceland. Mancava poco alla mezzanotte e le strade del paese erano deserte. Le case basse proiettavano ombre inquietanti. Una volta a casa, un pensiero continuò a torturarlo: che Helen stesse in mezzo alla strada e che lui fosse stato troppo precipitoso a rientrare. Il rimorso si affacciava nel suo animo malgrado facesse di tutto per scacciarlo. Non aveva parlato con Helen fino a un istante prima di fermarsi all’incrocio di San Juan? Come poteva essere scomparsa nel nulla? C’era una sola spiegazione, la ragazza, per un motivo ignoto, si era dileguata nell’ombra per far perdere le proprie tracce. C’era la luna, ma la campagna a volte fa brutti scherzi. Sì, doveva essere andata proprio così.
Ma più cercava di ricordare la sequenza dei fatti e di spiegarseli razionalmente, più lo pervadeva la sensazione che tutto quello che era accaduto fosse straordinario. Così, i tentativi di risolvere il mistero con la logica, l’affacciarsi del rimorso per non aver cercato abbastanza Helen, si trasformarono in agitazione. Per tutta la notte Oliver non fece che rigirarsi nel letto alla ricerca della migliore posizione, che non riuscì a trovare.
Finalmente l’alba lo sorprese disfatto e nervoso, con un pensiero nella mente: andare a parlare al vecchio Billy.
Non indugiò più a lungo. Si vestì e si avviò a passo svelto verso il negozio del vecchio. Poiché mancava ancora molto all’orario di apertura dovette bussare.
Il vecchio Billy venne ad aprire.
-Salve, Oliver, ti hanno buttato giù dal letto? Ehi, che occhi, qualcuno te le ha suonate?
-Hai sempre voglia di scherzare. Fammi entrare.
-Beata gioventù. Vieni che preparo un buon caffè. Quella maledetta non mi ha dato pace stanotte! Non ha smesso un momento. Mettiti a sedere, Oliver. Ah, un buon caffè è proprio quello che ci vuole. Maledetta!
Si mise ad armeggiare intorno ai fornelli. Oliver si era seduto accanto al tavolo e osservava la piccola stanza che faceva da cucina e da camera da letto. Non vi era mai entrato perché quando veniva a trovare Billy si intrattenevano nel negozio.
-Quando si è vecchi come me – riprese Billy – si dorme poco e basta un niente per farti passare la notte in bianco. Si è messa proprio lì – e col dito indicò il soffitto – e vi è rimasta tutta la notte. Maledetta e rimaledetta!
Quando il caffè fu pronto, lo portò in tavola.
-Di chi stai parlando? – fece Oliver che, assorto nei propri pensieri, non aveva dato troppa retta alle parole del vecchio.
-La civetta, sangue del demonio – borbottò Billy.
Oliver smise di sorbire il caffè.
-Ottimo.
-Eh, quando si è soli bisogna arrangiarsi. Era diverso quando c’era la mia povera moglie. Lei sì che se ne intendeva. Ma anche Helen era brava, sai.
-Helen? – a quel nome Oliver sussultò.
-Imparava subito le cose e quando sua madre morì per noi non ci furono eccessivi problemi. Helen riuscì a mandare avanti la casa come una donna esperta e saggia finché un giorno mi lasciò anche lei.
Il vecchio Billy tacque e sembrò a Oliver che gli occhi gli si inumidissero.
-E’ da molto che ti ha lasciato? – chiese il giovane.
-Sono più di cinque anni.
-E’ per questo che non me la ricordo. Ero ancora un ragazzo.
Il vecchio Billy aprì un cassetto, vi rovistò dentro e ne trasse una fotografia. La osservò per un po’ e poi la passò a Oliver. Questi la guardò a sua volta e notò che era identica alla ragazza che aveva incontrato la sera precedente.
Allora pensò che forse non era giusto rinnovare il dolore di quel povero vecchio, dirgli che l’aveva vista nelle vicinanze del paese. Avrebbe potuto dargli una delusione circa il suo ritorno a casa. Se avesse saputo che non era molto lontana si sarebbe allarmato. Si, forse era più opportuno tacere. Tuttavia, non poté impedirsi di chiedergli:
-E in tutto questo tempo non hai ricevuto neppure una cartolina?
A questa domanda il vecchio divenne la personificazione del dolore e due grosse lacrime gli scesero lungo le gote smorte. Oliver si rimproverò di essere stato così poco accorto e rimase col capo chino ad aspettare che passasse quel momento di debolezza.
Quando si riprese il vecchio disse:
-Non hai capito? Helen è morta cinque anni fa in un incidente, all’incrocio di San Juan.
Oliver si sentì gelare e per quanti sforzi facesse non riuscì a resistere e svenne.
Sono passati tre mesi da quella mattina e Oliver Cassidy è ancora sotto l’effetto di quella improvvisa e sconvolgente emozione. Il suo sguardo, apparentemente assente, fissa un punto lontano dell’orizzonte, oltre la finestra della sua camera.
Di tanto in tanto Billy Wright va a trovarlo, ma le sue domande non ricevono risposta.