Per più di trent’anni è andato avanti l’equivoco inglese di una adesione parziale e settoriale alla Comunità prima e all’UE dopo.
Il Regno Unito vuol partecipare alla tavola europea in qualità di commensale, magari riempiendosi la pancia oltre ogni limite, ma si rifiuta di partecipare alla sua preparazione e alle spese pretendendo di mantenere le mani libere in settori giudicati di interesse nazionale o direttamente collegati alla propria sovranità.
I governanti inglesi lo hanno detto chiaramente e in più di una occasione lo hanno dimostrato coi fatti, sia che si trattasse dell’adesione all’euro o al trattato di Shengen sia che si trattasse di avanzare sulla via di una più stretta integrazione politica.
La Gran Bretagna non intende rinunciare alla propria sovranità e l’adesione all’UE, vista più come una zona di libero scambio che come base di una futura integrazione politica, ha l’unico scopo di approfittare delle possibilità commerciali che offre. “L’Ue per noi è un network flessibile”, ha dichiarato David Cameron alla Camera dei Comuni durante il dibattito del 12.12.2011. Un concetto condiviso dalla maggioranza dei cittadini inglesi e delle forze politiche.
Nessuna illusione, quindi, su imprevedibili passioni europeistiche. Passerà ancora molto tempo prima che il regno di Sua Maestà si convinca, se mai accadrà, ad aderire sinceramente al processo di unificazione politica del continente. Allora è meglio mettersi l’animo in pace e lavorare con quelli che ci stanno. La crisi economica deve servire a dare un’ulteriore spinta all’integrazione. Altrimenti si torna indietro, con tutte le conseguenze del caso.