Davanti a sé era ancora notte fonda mentre alle sue spalle le prime luci dell’alba oltrepassavano l’orizzonte e cominciavano a morsicare il cielo scuro.
Il colonnello Gil Gomez, comandante di una squadriglia di sette bombardieri, si accingeva ad aprire la busta sigillata che gli era stata consegnata alla partenza dalla base di Ciudad de l'Este.
Mancavano ancora due minuti all’ora prevista per l’apertura e in questo lasso di tempo il colonnello Gomez cercò di immaginare quale potesse essere lo scopo della missione. La rotta puntava dritto sulla capitale, un posto dove gli obiettivi erano numerosi.
Intorno alla città c’erano caserme, impianti di avvistamento e postazioni di difesa, raffinerie e grosse fabbriche senza contare, entro la cinta urbana, il Parlamento, il Palazzo del Governo, i Ministeri, tutto in mano agli insorti.
Alle 3, 45 in punto aprì la busta e vi lesse: “Distruggere centro Capitale. Fare ricognizione danni”. Quest’ordine lo sorprese molto anzi lo lasciò a bocca aperta. Senza dubbio si voleva intaccare il morale del nemico. Si sentì a disagio al pensiero di quella gente ancora immersa nel sonno sulla quale entro pochi minuti si sarebbero abbattuti ferro e fuoco. Si chiese se non fossero impazziti all’Alto Comando. Tuttavia era un soldato e sapeva che era suo dovere obbedire.
Le luci della città, intanto, si avvicinavano rapidamente. Non c’era tempo per pensare. Aprì la radio e comunicò agli equipaggi: ”Distruggere impianti radar a Sud-Est e tornare alla base. Vi seguirò dopo verifica danni”. Chiuse il circuito e si preparò all’attacco. Furono venti minuti d’inferno al termine dei quali non s’intravedeva più alcuna struttura intatta. Mentre gli aerei riprendevano indenni la via del ritorno il col. Gil Gomez sorvolò diverse volte le rovine fumanti. Finalmente puntò in picchiata su un edificio scheletrito e chiuse gli occhi in attesa dell’impatto.