Presenze templari e la croce fichée

di Claudio Contorni

aprile 2020

Questa ricerca e relative considerazioni sono nate dall’esigenza di dare risposta a due affermazioni che ho sentito fare da persone diverse ed in tempi diversi. La prima affermazione è che i Templari sono stati ovunque e per tale motivo è ovvio trovarne presenze più o meno in ogni luogo. La seconda è che la croce fichée è stata usata da molti ordini militari e conseguentemente non è sempre indice di presenza templare. Vedere la bellissima croce fichée su arco gotico scolpita sulla facciata adiacente all’Abbazia del S.S. Salvatore al Monte Amiata e pensarla una croce priva di identità, di storia e di una propria simbologia e appartenenza mi ha fatto pensare che non fosse giusto che anche su essa dovesse pendere una damnatio memoriae o una qualunque indifferenza in chi la osserva. Ho pensato quindi che un mio modesto contributo, quello di cercare di dare una risposta alle due affermazioni sopra dette, potrebbe essere utile a capire, a dare valore e far vedere con occhi diversi e meno distratti questo particolare manufatto e, per analogia, altri simili.

La prima affermazione è facilmente contestabile. Infatti è ben noto che non è sempre facile individuare reperti templari né luoghi attribuibili all’Ordine per due motivi ben precisi. Il primo è che dopo le ben note vicende dell’arresto del 13 ottobre 1307 e confisca dei beni da parte del re di Francia Filippo il Bello, dopo i successivi processi, molti dei quali condotti con l’uso della tortura, dopo la soppressione dell’Ordine da parte di papa Clemente V con la Bolla Vox clamantis in excelso nel 1312 e dopo che Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro dell'Ordine, venne arso sul rogo assieme a Geoffrey de Charnay il 18 marzo 1314, cadde volutamente un velo, appunto una damnatio memoriae, su quelli che Bernardo di Chiaravalle, loro fondatore spirituale e primo patrono, aveva definito nel De laude novae militiae «Novum militiae genus» (un nuovo genere di cavalleria) e «Christi milites» (cavalieri di Cristo).

Se è vero che, come dice la paleografa Barbara Frale che ha esaminato il documento oggi noto come la Pergamena di Chinon ritrovata nel settembre 2001 presso il fondo di Castel Sant’Angelo dell’Archivio Segreto Vaticano, nel 1308 Papa Clemente V concesse l'assoluzione sacramentale al Gran Maestro Jacques de Molay e ai restanti maggiorenti dei cavalieri templari, è anche vero che lo stesso Clemente V con la bolla pontificale Ad providam Christi Vicari, emanata nel maggio del 1312, solo due mesi dopo la Vox clamantis in excelso, concesse in perpetuo all'Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme (oggi Sovrano Militare Ordine Malta) tutti i beni e le terre appartenute all’Ordine Templare appena abolito. Ciò ha naturalmente comportato nel tempo uno smantellamento e, nel migliore dei casi, una sovrapposizione di molti siti appartenuti ai Cavalieri di Cristo e dei loro simboli. Si, perché se papa Alessandro III nel 1180 aveva obbligato i Templari a porre la loro croce patente sulle case dell’Ordine, a ben vedere, non ne sono rimaste poi così tante. Basti considerare che la chiesa romana di Santa Maria del Priorato, o Santa Maria all’Aventino, già dal XII secolo fu templare e sede del Gran Precettore per l'Italia, regione che comprendeva il nord ed il centro della penisola; ma oggi non rimane nulla che ci ricordi la presenza templare se si esclude la scritta nella vera del pozzo che si trova nel giardino, scritta recante la data del 1244 ed una iscrizione consunta dal tempo: «IN NO[m]I[n]E XRI, AN[no] EIU[s]DE[m] MCCXL-IIII, FR[ater] PETRUS IANUE[n]SIS, MAGI[s]T[er] DOMORU[m] MILITIE TE[m]PLI ROME [.] S[an]CTE FEC[..] [...] GEREGORII DE CAPO»

Eppure, ripeto, i luoghi dove i Templari svolgevano le varie attività non dovevano essere pochi. Per avere un’idea basta considerare quella che era la capillare organizzazione territoriale templare. Essa era così concepita: alla base vi era la magione o precettoria con a capo un precettore; la precettoria a sua volta poteva essere detta maggiore (di regola erano le precettorie delle città con alle dipendenze altre magioni) oppure minore (erano le precettorie delle zone rurali con alle dipendenze le «grange» o fattorie). L’insieme di più precettorie formava la “balia”, più balie costituivano una “provincia”, che coincideva spesso con i regni e principati, con a capo il Maestro provinciale. La penisola italiana, ad esempio, era divisa in due unità territoriali: la parte centro-settentrionale e la Sardegna, detta Provincia d'Italia o di Lombardia, e la parte meridionale, detta Provincia di Apulia (Apulée), che comprendeva tutto il regno di Sicilia, anche se alcuni storici ritengono che la Sicilia potesse costituire una provincia autonoma. A capo di tutto c’era il Maestro generale dell’Ordine o Gran Maestro. Si deve inoltre considerare che questa struttura doveva servire a far funzionare il complesso meccanismo militare, agricolo ed economico dell’Ordine e per questo non solo esigeva una elevata disponibilità economica ma anche una rete organizzativa capillare.

Se è vero che, grazie alle continue ricerche e studi, si va via via sempre più ampliando faticosamente la conoscenza sul «mondo templare», bisogna pur dire che la ricerca parte a volte da ipotesi di lavoro che vanno dall’uso della semplice toponomastica alle ricerche di archivio. Nonostante tutto, in molti casi, non sempre è facile arrivare ad una precisa e certa attribuzione per mancanza di documentazione, di sovrapposizioni o di distruzioni più o meno naturali.

Tutto ciò premesso mi sento di poter dare una risposta alla prima affermazione nel senso di ritenere che le tracce di presenza templare non si trovano necessariamente più o meno in ogni luogo. E aggiungerei la considerazione che quelle reperite, anche solo a livello di ipotesi, dovrebbero essere prese in considerazione, studiate, tutelate e mantenute con doveroso rispetto e attenzione.

Per quanto riguarda la seconda affermazione, quella cioè che la croce fichée sia stata usata da molti ordini militari, occorre una disamina particolareggiata anche se non certo esaustiva ma almeno sufficiente per permetterci una valutazione di massima.

Ma prima un sintetico excursus sulla croce templare.

Sappiamo che attorno al 1120-1121, al momento del pronunciamento dei voti, il Patriarca di Gerusalemme concesse ai Templari di portare, all’altezza della spalla sinistra, una doppia croce ( la croce patriarcale). Nella Regola Primitiva del 1129, all’art. 141 si dice che «La sopravveste dei fratelli sergenti deve essere completamente nera, con una croce rossa davanti e una dietro.(...)» ma non c’è alcuna indicazione circa la forma. La croce patente rossa sarebbe apparsa quando nel 1147 il papa Eugenio III autorizzò i Cavalieri del Tempio a portare un mantello di lana grezza di color bianco con, cucita sulla spalla sinistra all’altezza del cuore, una croce di colore rosso vermiglio. Ritengo che un indizio del perché la croce patente sia diventata anche fichée, almeno in quella parte dell’Ordine che aveva mansioni strettamente militari, ce lo possono dare le parole di San Bernardo nel De laude novae militiae ad milites templi. Al capitolo III infatti leggiamo «Affermo dunque che il Cavaliere di Cristo con sicurezza dà la morte ma con sicurezza ancora maggiore cade. Morendo vince per se stesso, dando la morte vince per Cristo.Non è infatti senza ragione che porta la spada: è ministro di Dio per la punizione dei malvagi e la lode dei giusti (Rom., 13,4; I Pet., 2,14)». E nel cap IV «Dio stesso ha scelto per sé tali uomini ed ha raccolto dai confini estremi del mondo questi suoi ministri [ministri della Sua giustizia] tra i più valorosi d’Israele per custodire con fedeltà e vigilmente il letto del vero Salomone – cioè il Santo Sepolcro – tutti armati di spada ed esperti quant’altri mai nell’arte della guerra (Ps., 117,23).» E’ il famoso passaggio dall’omicidio al malicidio come lo stesso Bernardo tende a sottolineare nel cap III: «Quando uccide un malfattore giustamente non viene considerato un omicida, ma, oserei dire, un «malicida» e vendicatore da parte di Cristo nei confronti di coloro che operano il male, difensore del popolo cristiano. E quando invece viene ucciso si sa che non perisce ma perviene [al suo scopo]. La morte che infligge è una vittoria di Cristo: quella che riceve è a proprio vantaggio. Dalla morte dell’infedele il cristiano trae gloria poiché il Cristo viene glorificato: nella morte del cristiano si manifesta la generosità del suo RE che chiama a se’ il suo cavaliere per donargli la ricompensa. Pertanto sul nemico ucciso il giusto si rallegrerà vedendo la vendetta (Ps., 57,12). Certo non si dovrebbero uccidere neppure gli infedeli se in qualche altro modo si potesse impedire la loro eccessiva molestia e l’oppressione dei fedeli. Ma nella situazione attuale è meglio che essi vengano uccisi, piuttosto che lasciare senza scampo la verga dei peccatori sospesa sulla sorte dei giusti e affinché i giusti non spingano le loro azioni fino alla iniquità». E’ in sostanza la ripresa del pensiero che aveva espresso S. Agostino circa ottocento anni prima.

Ma ritorniamo al nostro tema ovvero se gran parte degli ordini militari e cavallereschi del tempo portassero una croce con la punta nella parte inferiore. I principali ordini religiosi cavallereschi fondati nel periodo che va dal 1030 al 1562 sono 34, uno dei quali, i Cavalieri Ospitalieri di san Giovanni in Gerusalemme, sorti nel 1050, hanno dato vita ad altri sei ordini. Ad eccezione dell’Ordine di Santiago fondato nel 1170 e dei Cavalieri Portaspada costituitisi nel 1202 nessun altro ordine sembra portare fra i propri simboli la croce fichée o la croce e la spada. In realtà i simboli usati dai due ordini sopra citati sono comunque ben diversi dalla croce patente fichée usata dai Templari, come si vede nelle immagini sottostanti.

Anche fra le bolle ed i sigilli degli ordini militari e ospedalieri, così come riportati in Sigillografia di G.C. Bascapé, non mi sembra di aver trovato l’utilizzo di croci fichée salvo quando l’autore prende in esame le bolle ed i sigilli dei Templari. Cito testualmente «Fra i simboli sacri il primo è la croce. Una croce con le estremità leggermente patenti è nel marchio della commenda di Alfambra (Spagna) 1248 [...] Nei tipari francesi si trova, oltre alla croce patente - semplice o col piede inferiore a punta - quella gigliata (ad esempio nel controsigillo del commendatore di Parigi, dal 1290 in poi). In quello della commenda di Aquitania, 1251, il braccio superiore della croce è gigliato, i due laterali sono patenti, quello inferiore a punta».

Sempre relativamente all’Aquitania il sigillo del Precettore (1251-1307) «...è rotondo e reca, disegnato al centro, uno scudo con una croce di tipo fichée, qttorno si legge: Sigillum Militum Templi». (B. Capone, Sigilli templari, II edizione).

Ho fatto una ricerca anche fra le monete; non credo di essere arrivato ad un qualcosa di esaustivo, ma ho trovato almeno due monete risalenti al XII secolo che riportano però l’una una croce con tutti e quattro i bracci con un piccolo puntale, l’altra una croce con il braccio superiore gigliato e quello inferiore con un puntale più accentuato rispetto al precedentemente detto. Si tratta in ambedue i casi di monete coniate ad Auxerre e anche in questo caso vediamo come la presenza di croci con punte più o meno accentuate sia legata alla guerra santa. Non a caso Guglielmo IV conte di Nevers e Auxerre morì in terrasanta nel 1175. Che i conti avessero tendenza per i cistercensi poi ce lo dimostra anche il fatto che anche Guglielmo II nel 1139 «...diè alla presenza di San Bernardo all’abbazia di San Marianno d’Auxerre le terre della Grange e della Chapelle...»

Se vogliamo ricercare una qualche origine per la croce fichée forse la possiamo trovare nel IX secolo quando Iñigo Arista (790 circa - 852 circa), fondatore della dinastia Arista-Iñiga, conte di Bigorre e Sobrarbe e primo re di Pamplona la adottò come emblema.

Fu ripresa più tardi da Ramiro I d’Aragona (1008-1063), poi da Pietro IV d’Aragona (1319-1387) e dal conte Thierry d'Oldenbourg (1390-1440).

Più recentemente troviamo la croce fichée nel blasone del discendente della nobiltà spagnola, il duca di Vistahermosa (1879), nello stemma di Hüsten (menzionato per la prima volta nei documenti nell’ 802), un distretto di Arnsberg, una grande città nella regione del Sauerland nella Renania settentrionale-Vestfalia, e nella diocesi di Boise City, sede della Chiesa cattolica negli Stati Uniti d'America suffraganea dell'arcidiocesi di Portland (sec. XIX). Infine nella Real Maestranza de Caballería de Zaragoza, una istituzione nobiliare che ha avuto diverse funzioni nella città di Saragoza e che ebbe origine nel XII secolo, alla quale il re di Spagna Alfonso XIII nel 1908 diede l’autorizzazione di usare la croce di Iñigo Arista come insegna.

Probabilmente questa ricerca può non risultare completa, ma, da quanto riportato, sembrerebbe che la croce fichée non sia stata poi così usuale fra gli ordini militari e cavallereschi e nemmeno nei sigilli.

Se prima abbiamo visto l’organizzazione territoriale dell’Ordine del Tempio vediamone ora la struttura. Ciò ci aiuterà a capire che probabilmente e ovviamente solo una parte dei Templari usava nelle proprie insegne, stemmi e luoghi la croce fichée; ci riferiamo naturalmente a coloro che svolgevano attività militare, i veri milites Christi, una élite militare che tutta la struttura organizzativa templare, ad ogni grado e ad ogni compito, aveva l’obbiettivo principale di mantenere. Gran parte dei monaci-guerrieri era impegnata in Terra Santa ma, per motivi di sicurezza, di controllo e di protezione, non mancavano certo cavalieri, più o meno stanziali, dove ci fosse un possedimento, una fattoria, un luogo di culto e una postazione nei pressi o lungo le vie di pellegrinaggio.

Da tutto quanto sopra esposto mi sembra lecito concludere che le croci fichée appartenessero e fossero utilizzate solo o principalmente dalla élite militare e che quindi i luoghi nei quali sono reperite possano rappresentare, con alta probabilità, luoghi nei quali i monaci-guerrieri avevano una loro postazione operativa. L’importanza della croce fichée, probabilmente la più alta e carica di significato simbolico fra tutte quelle che l’ordine ha utilizzato nel tempo, sembra essere confermata dal ritrovamento nel 2018 a Verona di quello che sembra essere il sarcofago contenente le spoglie del Gran Maestro Arnaud de Torroja (1122-1184), sarcofago nel quale è scolpita.

Prima di concludere si può aggiungere un’ultima considerazione e avanzare un’ulteriore ipotesi, quella che la croce fichée si riferisca ad un periodo nel quale a capo dell’Ordine vi erano esponenti aragonesi. Abbiamo già visto come tale croce fosse infatti presente nel passare del tempo fra gli stemmi di questa casata. Fra i Gran Maestri del Templari vi furono tre aragonesi: Arnaud de Torroja (1180-1184), Gilbert Erail (1194-1200), Pierre de Montaigu (1219-1232). Potrebbe essere un’ipotesi percorribile ma restrittiva e, al momento, ritengo più accettabile la prima.

In chiusura voglio segnalare che, oltre alla pregevole croce fichée in arco gotico riportata all’inizio di questa ricerca, mi sono state cortesemente segnalate e mostrate, a pochi chilometri di distanza dall’Abbazia del S.S. Salvatore, altre croci fichée dalla sig.ra Marianna Ricci Barbini, che colgo qui l’occasione di ringraziare, rinvenute, a seguito di rimozione dell’intonaco, nel chiostro del convento di San Bartolomeo a Piancastagnaio. Ne riporto una a chiusura di questo mio lavoro.