Lo studio del mitraismo, al pari degli altri culti misterici, è reso sufficientemente complicato dall’assenza di testi scritti e l’interpretazione dell’abbondante iconografia risulta alquanto difficile. Elemento basilare nel mitraismo è la tauroctonia, ossia l’uccisione del toro da parte del dio. Tra le varie interpretazioni, interessante è quella che vede nell’iconografia mitraica un complesso codice astronomico, che metterebbe in risalto l’alto grado di conoscenza posseduto dagli iniziati, e dai creatori, che avrebbero ideato una complessa simbologia per celare la loro dottrina. In particolare, mi riferisco qui alla teoria di David Ulansey,così come viene sviscerata nel suo libro “I misteri di Mithra. Cosmologia e salvazione nel mondo antico.”
Le autorevoli voci succedutesi nel tempo sullo studio del mitraismo sono state concordi, pur nel proporre tesi diverse, nell’interpretare la tauroctonia come una mappa del cielo, così come esso doveva presentarsi in un deter- minato momento dell’anno; è infatti innegabile la predominanza del simbolismo astrale, la presenza di segni zodiacali e pianeti, così come i simboli degli elementi, e, nel suo “Antro delle Ninfe”, il filosofo Porfirio commenta che i mitrei, luoghi ipogei, rappresentavano proprio l’immagine del cosmo.
Partendo da idee precedenti, che vedono negli elementi presenti nella tauroctonia le corrispettive costellazioni del Toro (toro), Cane Minore (cane), Idra (serpente), Coppa (vaso), Scorpione (scorpione), Corvo (corvo), leone (leone) e la stella Spica (ovvero la spiga di grano, rappresentata per alcuni dalla coda del toro sacrificato), l’autore si chiede allora a quale costellazione associare Mithras, e soprattutto quale epoca veniva raffigurata nella tauroctonia. Infatti, nel periodo greco-romano, gli equinozi cadevano in Ariete e Bilancia, che non sono però rappresentati nella principale scena mitraica, dove invece hanno una grande importanza il Toro e lo Scorpione.
Quindi, supponendo che la tauroctonia rappresentasse l’equatore celeste, essa lo raffigurerebbe nel momento in cui i punti equinoziali cadevano in questi due punti zodiacali, ovvero dal 4.000 al 2.000 a.C. circa. Allo stesso modo, il leone e la coppa rappresenterebbero i solstizi in Leone ed Acquario, e le spighe di grano, che in una rappresentazione fuoriescono nel punto in cui il pugnale affonda nelle carni del toro, non rappresenterebbero la stella Spica, ma il rapporto tra equinozio primaverile e la rinascita annuale della vegetazione. Nell’antichità spesso si raffigurava la sfera celeste con due cerchi che si intersecavano, quello dell’equatore celeste (ovvero la proiezione del- l’equatore terrestre sulla sfera celeste) e dell’eclittica (quel tragitto circolare che i pianeti, sole e luna, sembrano descrivere).
I due punti in cui questi cerchi s’incontrano sono appunto gli equinozi, che non cadono sempre ed eternamente negli stessi segni zodiacali. Infatti, a causa della precessione equinoziale, ogni 2.160 anni i punti equinoziali slittano a ritroso sulla fascia zodiacale. In questo modo la figura di Mithra viene associata a Perseo, la costellazione che si trova esattamente sopra il Toro. Le similitudini tra le due figure sono molte: in primo luogo il berretto frigio che entrambe indossano, donato a Perseo dalle ninfe affinché, invisibile, potesse uccidere Medusa.
Tale accessorio denotava nell’antichità un’origine orientale, e Perseo veniva associato alla Persia, cui suo figlio Perse avrebbe dato il nome. Altro elemento importante è il fatto che Mithra, nell’atto dell’uccisione del toro, guarda altrove, così come è costretto a fare Perseo, che non potrebbe sopravvivere allo sguardo della Gorgone. Ed anzi, questa stessa figura mitologica, di cui all’inizio si raffigurava artisticamente solo la testa, dal VII secolo a.C. venne invece rappresentata anche con un corpo, munito di ali e con dei serpenti attorcigliati, mentre la testa aveva sembianze animalesche. In questo, lo studioso scorge una forte corrispondenza con il dio mitraico leontocefalo, sul cui torace, in un rilievo della Germania, appare proprio la testa di Medusa; ed ancora in Pannonia la testa della Gorgone è associata proprio alla figura di un leone.
Se tutto ciò non fosse solo un’ipotesi, allora la tauroctonia avrebbe subito l’influenza del culto di Perseo. Un fattore che appare abbastanza significativo è che sia Mithra che Perseo sono legati alla caverna, il primo in riferimento ai riti che venivano celebrati in grotte sotterranee, il secondo perché, secondo quanto narra la leggenda, venne alla luce in una stanza ipogea. Le affinità si estendono anche al tipo di arma usata: se è vero che Mithra usa una daga o comunque una normale spada, mentre Perseo usa l’harpe, una spada con una seconda lama ricurva, quest’ultima compare però come simbolo del 5° grado iniziatico mitriaco, quello di Perse, nome che peraltro ci rammenta il figlio di Perseo; ed al 7° grado, quello di Pater, troviamo ancora un coltello ricurvo. Il mitraismo sembra provenire dalla Cilicia, dove il generale romano Pompeo fu inviato per sottomettere i pirati che praticavano questo culto, che si diffuse poi nell’impero romano. Ma nella stessa zona era venerato anche Perseo, ed anzi la città di Tarso, dove le testimonianze archeologiche hanno rinvenuto la presenza del culto mitraico, tributa, in testi di diversi autori antichi, (alcuni risalenti al 1° a.C.) la sua paternità proprio a Perseo, che peraltro compare anche sulle monete, pur se a partire dal 1° secolo d.C. Monete su cui appare spesso insieme ad Apollo Lykeios, proprio come ad affiancare Mithra troviamo spesso Helios. E l’emblema della città nel periodo tra il IV° a.C. e il III° d.C. era un leone che attaccava un toro, con associata la figura di Perseo. Anche le figure di Cautes e Cautopates, ossia i due portatori di fiaccola, ribadiscono l’importanza degli equinozi: Cautes ha la fiaccola rivolta verso l’alto, a rappresentare il momento in cui il sole si alza sull’equatore, ovvero l’equinozio di primavera, e in alcuni rilievi è associato alla testa di un toro; allo stesso modo, Cautopates simboleggia l’equinozio autunnale, con la fiaccola puntata verso il basso ad imitare la discesa del sole al di sotto dell’equatore, ed è associato ad uno scorpione.
Interessante l’accostamento con i Dioscuri, anch’essi con copricapo di feltro, e raffigurati con le gambe incrociate. Nell’antichità, essi rappresentavano i due emisferi della sfera celeste. Inoltre, un mito narrava che essi erano stati iniziati ai misteri eleusini, tanto che la fiaccola, loro attributo, compare nella figura del portatore di fiaccola, il dadoforo.
Se veramente Cautes e Cautopates sono in rapporto con i Dioscuri, allora le fiaccole potrebbero anche sottolineare, oltre al percorso del sole durante gli equinozi, che il mitraismo era un “mistero”, al pari dei misteri Eleusini. Fatto che sembra trovare conferma in un altro elemento fondamentale in entrambe i casi: le spighe di grano. Essendo i Dioscuri protettori dei naviganti, è probabile che la derivazione dei portatori di fiaccola mitraici dai Dioscuri sia avvenuta per mano dei pirati cilici. Ma perché i mitraisti dettero importanza ad un momento “astronomico” così lontano dal loro tempo? E da dove derivò la loro conoscenza del fenomeno precessionale? E qui l’autore del libro traccia una breve storia della città di Tarso, rammentando che, a partire dal periodo ellenistico-romano, fu uno dei più importanti centri dello stoicismo. Gli stoici s’interessavano moltissimo sia di astronomia che di astrologia, e proprio nel periodo in cui il mitraismo si diffuse (67 a.C. circa), il filosofo Posidonio guidava la scuola stoica. Secondo quanto riportato da Cicerone e da Agostino, egli era un filosofo- astrologo, creatore di un planetario, e sostenitore della validità della divinazione. Egli articolava il mondo in differenti piani, quello primario essendo proprio quello cosmologico e celeste, e sosteneva che ogni cosa, benché possa esplicare una propria causalità, agisce sempre in modo atto a mantenere e riprodurre l’universo di cui fa parte, ovvero è contenuta ed allo stesso tempo limitata dal piano superiore. Tutti i piani erano dunque in relazione tra di loro, essendo il denominatore comune quello che definì “simpatia”. Ogni cosa è dunque collegata alle altre. Ma l’innovazione principale della cosmologia stoica è la teoria della conflagrazione finale: essa si produce quando i pianeti tornano esattamente dov’erano all’inizio del cosmo. Il risultato è un grande fuoco cosmico, da cui poi il mondo viene ricreato. E tutto procede, così, ciclicamente. L’arco di tempo tra due conflagrazioni era chiamato il Grande Anno. Altro aspetto essenziale era l’allegoria: le grandi forze cosmiche venivano personificate, divenendo divinità e grandi eroi. La precessione, scoperta “ufficialmente” da Ipparco, doveva apparire agli stoici quasi come una risposta alla loro dottrina, poiché evidenziava che l’intero cosmo si muoveva, e ciclicamente. Il passo che condusse gli stoici ad identificare Perseo, adorato nella loro città, come il dio rappresentante di questa potente forza cosmica, fu breve: era logico riferirsi al precedente segno equinoziale, morto per mano di Perseo, la cui costellazione era proprio sopra a quella del Toro. La morte del toro ben simboleggiava l’uscita dell’equinozio di primavera da tale segno. E non dimentichiamo che la morte del toro era anche l’emblema della città di Tarso.
Una volta che il culto si diffuse tra i pirati della Cilicia, essi adorarono il nuovo dio con il nome di Mithras, forse a causa della loro alleanza con Mitridate Eupatore che, nel I° secolo a.C., aveva conquistato gran parte dell’Asia Minore. Il suo nome voleva dire “dato da Mithra”, il nome del dio iranico.
In merito al rapporto tra Mithras ed Helios, le scene di investitura in cui Helios è inginocchiato mostrano Mithras con la spalla di un animale in mano. Nel “Rituale di Mithras”, tratto dai papiri magici greci che, secondo alcuni studiosi, è un autentico rituale di questo culto, dopo l’apparizione dei sette Signori Polari del Cielo, compare un altro dio, con in mano la spalla di un toro, definita come “l’Orsa che muove e fa girare il cielo, che lo sposta su e giù a seconda dell’ora”.
L’Orsa Maggiore, nota in Egitto come la Spalla del Toro, è un’immagine del polo. Questo andrebbe ad avvalorare la tesi secondo cui Mithras era il dio che comandava la precessione degli equinozi, nel qual caso avrebbe anche controllato la posizione del polo cosmico. Helios, in questo senso, è solo una parte di quella struttura cosmica che Mithras controlla, e deve quindi sottomettersi a lui, cedendogli il titolo di Sol Invictus, ossia non sconfitto. E dunque nel mitraismo si vengono a venerare due soli (concetto tipico anche dei platonici) uno, Mithras, ipercosmico e situato aldilà delle stelle fisse, l’altro, il nostro astro visibile. La tesi presentata da Ulansey ha suscitato, ovviamente, reazioni sia di dissenso che di consenso, e nell’appendice al libro l’autore presenta alcune delle obiezioni sollevate, con relativa replica. Mi è sembrato comunque giusto proporne un sunto, così da ampliare questo tema, che ha “prodotto” articoli e visite guidate, a dimostrazione del fascino che esercita. Concludendo con le parole dello scrittore: “...Ma, se la mia tesi è valida, allora la nascita dei Misteri Mitriaci rappresentò la risposta di un originale gruppo di intellettuali alla sconvolgente scoperta che l’universo non era così semplice come fino ad allora si era ritenuto.”