Ostia antica ed i suoi mitrei

di Claudio Contorni

Dato che in questa rivista è stata rivolta una particolare attenzione al culto del dio Mithra ho voluto ricordare e riportare una delle gite fatte l’anno passato ad Ostia Antica e ai suoi mitrei il cui resoconto era stato sempre amorevolmente conservato nell’archivio di Mizar.

La città si sviluppa parallelamente al Tevere e la viabilità è data dalla via Ostiense nel tratto extra urbano; lungo questo tratto si sviluppa la zona della necropoli.

Ostia deriva da ostium, ovvero foce; abbiamo degli elementi che la fanno risalire ad Anco Marzio ma molti studiosi sono concordi sul fatto che ci sono anche resti risalenti al IV a.C. che testimoniano la presenza di una fortificazione come avamposto romano per il controllo del Tevere.

Effettivamente il recinto della prima città è un castrum; dopo le guerre puniche c’è un ampliamento di Roma e conseguentemente di Ostia che da castrum passa a città prevalentemente commerciale. Nel corso dell’epoca repubblicana (III-I sec a.C.) c’è una grande trasformazione e gli edifici sono di tipo residenziale con insule, domus aristocratiche ed edifici di tipo religioso, commerciale e per l’intrattenimento.

Ostia decade nel V sec d.C. principalmente a seguito della creazione a Roma del porto fluviale. Percorrendo il decumano troviamo, oltre alle varie abitazioni e botteghe, le terme di Nettuno, ricche di mosaici e composte da due vasche di frigidarium, due di tepidarium ed un calidarium. Alle terme è annessa una palestra con spogliatoi e mosaici con figure di atleti.

Percorrendo le insule, abitazione a due piani di tipo popolare, e le domus private troviamo la Cupona di Fortunato, una taverna nella quale c’è la scritta “Fortunatus bibe catera quod sitis” ovvero “Fortunato ti invita a bere se hai sete”. Proseguendo troviamo il Teatro che era fronteggiato da un porticato e due grandi fontane semicircolari; costruito da Agrippa, sotto Augusto, nel 12 a.C. viene poi ampliato dagli Antonini, da Commodo e restaurato da Caracalla nel III sec d.C. Vi si rappresentavano le commedie, le tragedie e di solito gli attori erano tutti uomini con maschere molto grandi e vistose. Proseguendo incontriamo la casa di Marcello Apuleio e nei pressi il Mitreo dei sette cerchi.

Il nome deriva da sette semicerchi a mosaico lungo il corridoio del mitreo indicanti i sette stadi dell’iniziazione.

Brevemente ricordiamo che Mitra è una divinità di origine persiana importata a Roma, si presume, dai legionari; il dio nasce da una pietra in una grotta e porta un messaggio salvifico simboleggiato dall’uccisione di un toro a cui partecipano un serpente ed uno scorpione; il serpente, anche nella religione mitraica, è simbolo della ciclicità della vita e della morte.

Gli adepti svolgono un periodo di catechesi con un percorso misterico costituito da sette stadi ognuno dei quali ha una divinità protettrice ed una costellazione. Brevemente qui intanto ricordiamo che gli stadi erano quello del “corvo” con divinità protettrice e costellazione Mercurio, del “ninfo” protetto da Venere e con simbolo una lampada, del “milex” sotto la protezione di Marte e con simbolo una spada ed una corona, del “leone” protetto da Giove, del “perses” che portava il berretto frigio e protetto dalla luna, dell’”heliodromos” portatore di luce con simbolo il Sole e recante in mano una torcia ed infine del “pater” con berretto frigio decorato e protetto da Saturno.

Il pater rappresentava Mihtra ed era chiamato pater patrum, abbreviato in pa.pa.!

Il mitraismo divideva il tempo in settimane i cui giorni erano dedicati a marte, venere, saturno, mercurio, giove, luna e dies solis.

La nascita di Mitra era collocata al 25 dicembre ed il 25 marzo avveniva il sacrificio del toro.

La celebrazione mitraica era fondamentalmente data dal condividere un banchetto a base di carne che ricordava il sacrificio del toro. I mitrei hanno forma rettangolare ed hanno due banconi laterali; in fondo è posto l’altare ed il trono per il pater.

Sempre in fondo è situata la statua di Mitra petrogeno (nato dalla pietra) o tauroctono (uccisore del toro) e la decorazione è sempre collegata alla simbologia del sette.

La nostra passeggiata prosegue; nei pressi di un edificio che veniva usato come “lavanderia e tintoria” detto “fullonica” visitiamo un secondo mitreo che ha una serie di mosaici rappresentanti i sette stadi dell’iniziazione.

Proseguendo per via della Fortuna Annonaria troviamo un edificio del II sec d.C. all’interno del quale viene ricavato un luogo di culto.

L’edificio è molto semplice e sfrutta un ambiente già esistente; si tratta del Mitreo dei serpenti nel quale si nota la povertà del materiale utilizzato e la mancanza di mosaico.

Ciò che è notevole è invece un affresco, probabilmente già esistente, rappresentante due serpenti uno dei quali crestato (ovvero maschio). Fra i due serpenti c’è una figura con il capo velato e con una cornucopia in mano; viene dagli archeologi identificato come il genio della famiglia, quindi il luogo dove fu ricavato il mitreo era un larario, il luogo dove erano rappresentati i lares, i lari protettori della famiglia.

Proseguendo visitiamo la casa della Fortuna Annonaria che prende il nome da una bellissima statua che la rappresenta. Ci troviamo dopo pochi passi in un grande spazio aperto, una grande area sacra dedicata a Cibele, la Magna Mater, divinità importata nel 204 dall’Asia Minore. Non ne conosciamo l’aspetto perché quando il culto viene introdotto viene importata una pietra nera, aniconica ovvero senza immagine, trasportata attraverso il Tevere.

Una delle sue feste si celebrava il 25 marzo ed è per questo che nell’area sacra troviamo un mitreo che descriveremo successivamente. In onore della Magna Mater si svolgevano cerimonie con portatori di canne e di pino. La leggenda narra che Cibele si era innamorata di Attis al quale ordinò di rimanere casto; ma Attis si innamora di una ninfa e allora Cibele lo condanna all’evirazione (o si evira, secondo un altra versione). Questo fatto rimane nelle celebrazioni della Magna Mater dove il sacerdote era un evirato. Sempre nella zona sacra visitiamo appunto il Santuario di Attis nel quale il pastore viene rappresentato sdraiato con a destra e sinistra due divinità pastorali (una delle quali è Pan); accanto troviamo il tempio di Bellona il cui culto era legato a pratiche orgiastiche simili a quelle della Magna Mater.

Proseguendo nell’area sacra troviamo il Mitreo degli animali che ha una divisione a pilastri con due banconi molto piccoli. Prende il nome dal fatto che vi sono mosaici rappresentanti animali cari al culto mitraico, il toro, il serpente crestato, lo scorpione, il corvo ed un gallo (uno degli attributi dei cautopates, i portatori di fiaccola).

Vi è inoltre la rappresentazione di una figura umana identificata con un “leo” uno dei gradi dell’iniziazione mitraica. Il mosaico è tardo in quanto le tessere sono piuttosto grandi ed anche l’anatomia non è particolarmente curata; probabilmente la poca cura è dovuta anche al fatto che trattandosi di un mitreo privato il proprietario non aveva particolari disponibilità economiche, un pò come abbiamo visto per il mitreo dei serpenti.

Rimangono da visitare altri mitrei ma l’ora è ormai tarda; ci avviamo verso l’uscita stanchi. Il cancello chiude ma Mizar non cede; deve mostrare in queste pagine i mitrei mancanti. Allora supponiamo di scavalcare, silenziosamente e nel massimo rispetto del luogo nel quale ci troviamo. La luce del giorno va gradatamente diminuendo, dobbiamo affrettarci. Ecco il mitreo detto delle sette porte dalla rappresentazione di queste nel mosaico d’ingresso. Nella porta centrale, più grande, una lampada simbolo di luce.

Lungo il corridoio un cratere simbolo dell’acqua ai cui lati è rappresentato il corvo e la lancia da una parte ed un serpente dall’altra. Il corridoio si conclude con un Giove con scettro e folgore e Saturno incappucciato e con la falce.

Un rumore, forse un animale; le ombre che si allungano ci suggestionano; non si tratterà di un guardiano ma, per prudenza, entriamo nel primo luogo di rifugio a portata di mano. Incredibile, è un mitreo, e ci siamo caduti dentro quasi per caso. Le pareti sono decorate con simboli che si riferiscono ai gradi iniziatici; ai lati banconi di seduta ed in fondo un bellissimo cippo sul quale doveva trovare posizione Mithra. Leggeremo successivamente che si tratta appunto del mitreo delle pareti dipinte.

Il fascino ci avvolge e facciamo fatica ad uscire per riprendere il nostro reportage per Mizar. Dobbiamo sfruttare le ultime luci; siamo fortunati perché vicino ecco un mitreo oggi all’aperto; si tratta del mitreo della planta pedis dalla curiosa rappresentazione di una pianta del piede forse del pater patrum? o di colui che volle lì dare vita al culto di Mithra?

Il mosaico prosegue con la rappresentazione del serpente e sull’altare notiamo le immagine del sole e della luna. Sappiamo che dovrebbero esserci altri mitrei in questo magnifico sito ma è opportuno ritornare sui nostri passi.

Ripassando davanti alla Cupona di Fortunato ci sembra ora di leggere “Mizar bibe catera quod sitis”…di cultura. Ed è così!