La Sindone

a cura del GruppoMizar

(anno 2001)

“Il dibattito sulla Sindone non divide i partecipanti tra credenti e non credenti in Cristo.

...la fede non è interpellata in prima istanza dalla Sindone.

I sinceri credenti non hanno bisogno della sua autenticità per la loro fede che si basa su altri fondamenti”

Così si esprimono Orazio Petrosillo ed Emanuela Marinelli nella loro introduzione a “La Sindone- Storia di un enigma” e non a torto. Si potrebbe aggiungere che non c’è necessità di basare la propria fede sull’autenticità di un telo. Per lo stesso motivo non crediamo che il vero cristiano si sia minimamente scosso alla visione del volto di Gesù nella versione realizzata recentemente al computer da un gruppo di studiosi inglesi per il network Bbc, un volto modellato con l’argilla dall’esperto dell’Università di Manchester, Richard Neave e pubblicato dal settimanale Times. Eppure l’immagine che ne è venuta fuori è totalmente diversa dal volto di quel Gesù al quale per due millenni il mondo occidentale è stato abituato; l’immagine ieratica, ora intensa ora drammatica ora delicata ha lasciato il posto all’immagine di un uomo dal colorito scuro, guance pienotte e naso pronunciato, un uomo qualsiasi, un volto comune a tanti pastori mediorientali. E chissà che non sia stato davvero così quell’uomo della tribù di Giuda che nacque in una capanna !?

Ma se l’uomo di fede non ha bisogno di conoscere il vero volto di Cristo per credere nel suo messaggio forse invece la cristianità ha bisogno di interrogarsi se continuare a vedere nell’uomo della Sindone quel Cristo flagellato, percosso e ucciso sulla croce, forse ha bisogno di sapere almeno se quel lenzuolo sia da considerare come una reliquia, come il sudario che avvolse il corpo di Gesù o come un lenzuolo qualsiasi con impresso un uomo qualsiasi.

Una cosa che sembra combaciare oggi è che, alla luce delle analisi fatte nel 1988, i risultati del Carbonio 14 datano la Sindone fra il 1260 ed il 1390 d.C., periodo coincidente con l’esposizione della stessa fatta per la prima volta pubblicamente a Lirey, nella diocesi di Troyes, appunto tra il 1353 ed il 1356 da Geoffroi de Charny.

La veridicità storica del fatto è confermata da una bolla che Clemente VII emanò nel 1390 nella quale si affermava che era stato il padre di Geoffroi de Charny II ad esporre una rappresentazione del sudario di Nostro Signore a Lirey e da un medaglione di piombo che riporta l’incisione della Sin- done completamente distesa; nel medaglione sono impressi due stemmi, quello di Geoffroi de Charny I appunto e di sua moglie Jeanne de Vergy. E’ bene aggiungere a questo punto che già all’epoca l’immagine impressa nel lenzuolo non sembrava essere considerata autentica tanto che ci fu un memoriale di protesta inviato nel 1389 dal vescovo di Troyes, nella cui giurisdizione cadeva appunto Lirey, all’antipapa Clemente VII nel quale si condannava l’esposizione della Sindone in quanto ritenuta falsa.

Ed il pontefice sembrò più che avallare non prendere troppo in considerazione la cosa tanto che nella bolla si parla di “quandam figuram sive represenctacionem Sudarii Domini nostri..” ovvero una certa figura o rappresentazione del Sudario di nostro Signore. E’ quel “quandam”, ovvero quel “una certa”, quell’aggettivo indefinito che fa pensare quanto un pontefice abbia preso in poca considerazione quella che invece avrebbe dovuto considerare una delle più grandi evenerabili reliquie. Ciò quanto meno può fare riflettere e bisognerebbe forse approfondire quale sia stata la ragione per la quale questo antipapa possa avere avuto così poco a cuore la cristianità per dare così poca considerazione a quella che poteva essere la vera immagine di Cristo.

E’ dunque la Sindone un falso medievale come vorrebbe la datazione al carbonio 14?

Ci sentiamo tutti, di fronte a questo enigma, come Sant’Agostino di fronte al riversare il mare con una conchiglia in una piccola buca scavata nella sabbia. E fu proprio Sant’Agostino il Dottore della Chiesa che già nel IV secolo si lamentava che esistevano innumerevoli ritratti di Cristo assai diversi fra loro proprio perchè non c’era nessuna informazione letteraria o visiva sull’esteriorità di Gesù.

Balza evidente la considerazione che lo stesso Sant’Agostino non riconosceva importanza alcuna alle varie immagini rappresentative del Cristo, compresa quella di Edessa. E ciò ci induce ad una considerazione ulteriore, ovvera alla considerazione che se ineffetti Gesù avesse lasciato sul sudario una sua immagine gli evangelisti non avrebbero certo evitato di sottolineare la cosa, come fecero per la resurrezione di Lazzaro o per altri simili prodigi e soprattutto non si sarebbe scatenata la lotta iconoclasta che, ricordiamo, fu violenta tra l’VIII ed il IX secolo tanto che il Concilio di Costantinopoli del 754 dichiarò le immagini sacre un’idolatria pagana.

Anche qui vale l’osservazione che ciò non sarebbe avvenuto se ci fosse stata una Sindone con impresso il volto del Cristo!

Ma il fatto rimane;abbiamo un corpo su un lenzuolo,un corpo che mostra evidenti segni di percosse, di frustate, di crocifissione, insomma un corpo che sembra rappresentare in tutto le ultime ore di vita di Nostro Signore Gesù Cristo. Perfino la giusta inclinazione e naturale fuoriuscita di sangue dalle ferite da percossa o da fustigazione o da lancia o da inchiodatura sono state esaminate e studiate ma... se dobbiamo essere razionali, un corpo lavato e cosparso di mirra e aloe, come risulterebbe dall’esame del lenzuolo, non può lasciare simili abbondanti tracce di sangue. E allora cosa dedurre? forse che, come vogliono alcuni, l’effige tutta medioevale sul lenzuolo sia l’effige dell’ultimo Gran Maestro dei Templari De Molay bruciato sul rogo nel 1314?

peccato che, come mostrato anche in una miniatura del 1340c a. conservata nella Biblioteca Vaticana, sia Jaques De Molay che il Precettore di Normandia Geoffroy de Charny, bruciato sul rogo assieme a lui, presentino la barba e la tipica tonsura monacale propria dell’Ordine. Qualcuno fa notare che la tonsura era solo apicale, ma il disegno ci darebbe comunque un’immagine che scarta la possibilità di una lunga chioma.

E, a proposito di lunga chioma, che dire del fatto che San Paolo, in una sua lettera, parla dei “capelloni” come di gente indegna? come avrebbe potuto parlare così del suo Maestro?

Non resta che la considerazione affascinante che qualcuno o meglio ungruppo di alchimisti medievali abbiano voluto“ripetere”l’evento, ricreare lasi tuazione al fine di creare una rappresentazione realistica di una reliquia che, non a caso, è la più controversa e venerata del mondo cattolico. Queste sono solo alcune riflessioni; ora, avvalendoci anche dell’aiuto di coloro che sono intervenuti nel Forum di Mizar per portare le loro conoscenze e osservazioni, cercheremo di tracciare un quadro il più possibile chiaro sulla storia e sulle problematiche che riguardano il mistrero della Sindone.

Claudio Contorni

La storia

Il racconto comincia con una leggenda fornitaci da Eusebio da Cesarea nella Storia Ecclesiastica (325 ca.), quella del re di Edessa Abghar V che, gravemente malato, invia una lettera a Gesù invitandolo a venire da lui per guarirlo. Gesù manderà Taddeo a fargli visita e a sanarlo. Tale leggenda verrà poi ampliata e rielaborata un secolo più tardi in due manoscritti siriaci; in questa variante il re Abghar manda il suo servo Ananìa a fare un ritratto di Gesù. C’è poi un’ulteriore variante più tarda, quella riportata negli Atti di Taddeo, un testo apocrifo dell’VIII sec., secondo la quale Gesù chiese al servo inviato dal re una pezza per asciugarsi il volto che così vi rimase impresso. Tale immagine impressa sul telo, detta anche acheiropòieton (non fatta da mano d’uomo), fra l’altro sembra sia stata issata per protezione durante un assedio ad Edessa nel 544 ed a ciò si rifanno molti, come lo storico Ian Wilson, che la identificano con la Sindone di Torino e asseriscono che veniva tenuta piegata in quattro parti (rhàkos tetràdyplon pezza piegata in quattro) in modo da non mostrare il corpo seminudo e martirizzato del condannato. Nei documenti questa “Sindone Piegata” viene chiamata anche Mandylion e ciò male si concilierebbe con le ipotesi di Wilson; mandil in arabo infatti significa asciugamano ( ion ne è il diminuitivo) il che fa supporre che non si riferisse a ciò che probabilmente era ben altra cosa, ovvero che il sudario del Cristo non fosse l’immagine di Edessa.

Comunque sia le reliquie lasceranno presto Edessa dopo il saccheggio delle truppe bizantine nel 944, anno in cui verranno portate a Costantinopoli dove rimarranno fino al 1204 anno in cui un nuovo saccheggio ne farà perdere le tracce.

Ma abbiamo nel 1203 la testimonianza di un crociato, Robert de Clary, che scrive di aver visto la “...sindone in cui Nostro Signore era stato deposto e che ogni Venerdì Santo veniva alzata verticalmente affinché si potesse vedere bene la figura di Nostro Signore”. Clary aggiunge poi che “nessuno ha mai saputo, né greco né francese, che ne fu di questa sindone quando la città fu presa”.

Costantinopoli fu saccheggiata nel 1204 e probabilmente la sindone fu trafugata prima. Se ne hanno notizie in un documento che attesta la Sindone presso Atene nel 1205. Ciò si potrebbe collegare con l’espulsione avvenuta nel 1205 dei monaci greci dal monastero di Daphni, a sei chilometri dall’Acropoli e l’assegnazione dello stesso ai cistercensi fondati da quel San Bernardo protettore dei Templari che sembra siano venuti in possesso della sacra reliquia tra il 1234 ed il 1272 quando Guillaume de Beaujeu divenne Gran Maestro dell’Ordine e fu portata in Francia dopo la disfatta di Acri del 1291.

La Sindone ricomparirà a Lirey in Francia nel 1353 nelle mani di Geoffroy de Charny e verrà esposta a Lirey presumibilmente fra il 1353 ed il 1356 come attesterebbero due documenti, una bolla papale del 6 gennaio 1390 nella quale papa Clemente VII affermava che era stato il padre di Geoffroi de Charny II ad esporre a Lirey una figura o rappresentazione del Sudario di Nostro Signore ed un medaglione di piombo con inciso un doppio lenzuolo con una figura frontale e dorsale e gli stemmi di Geoffroy de Charny I e di sua moglie Jeanne de Vergy.

Apriamo una piccola parentesi per spostarci in Inghilterra nel castello di Temple Combe appartenuto ai Templari, in questo castello è stato trovato un dipinto raffigurante il volto di un uomo del tutto simile a quello della Sindone, ma la cosa più strabiliante è che questo quadro nasconde una serratura che dà dentro una piccola nicchia ove (probabilmente) è stata conservata per qualche tempo la preziosa reliquia.

Tornando agli Charny, morto Geoffroy de CharnyII la figlia Marguerite nel 1453 decide di donare la Sindone alla moglie di Ludovico di Savoia della quale era stata ospite a Ginevra. La Sindone verrà poi sistemata nella Sainte Chapelle di Chambery. Il 1506 è una data importante dal punto di vista religioso; in questo anno infatti Papa Giulio II concede il culto liturgico e pubblico della Santa Sindone. Ma nella notte tra il quattro e il cinque dicembre dell’anno1532 scoppierà un incendio che distruggerà la cappella di Chambery e raggiungerà la teca d’argento che contiene il telo piegato in 48 parti; una colata di piombo fuso dall’enorme calore raggiungerà un angolo del telo e lo brucerà. Dopo due anni le suore clarisse di Chambery provvederanno a riparare con della nuova stoffa i numerosi “buchi” triangolari che si sono prodotti in serie come i ritagli fatti sulla carta; lavoreranno per molto tempo ma riescono comunque a riparare il telo che però porterà per sempre il segno di quella notte. La reliquia rimarrà a Chambery fino al 1578 quando Emanuele Filiberto con il pretesto di “accorciare” il pellegrinaggio di San Carlo Borromeo la trasferirà (provvisoriamente) a Torino... un provvisoriamente che dura da più di 400 anni. Nel 1694 la Sindone verrà posta nella cappella fatta costruire dai duchi di Savoia tra il palazzo e il duomo, su progetto dell’architetto Guarino Guarini dove resterà fino al 1995 anno in cui inizieranno i restauri alla cappella. Due anni più tardi ancora una volta un incendio ha rischiato di compromettere l’incolumità della Sindone ma il sudario fu portato in salvo prima che il soffitto potesse crollare con conseguenze irrimediabili. Dal 1983, dietro disposizione testamentaria di Umberto II, la Sindone appartiene alla Santa Sede ma viene lasciata a Torino nelle mani del Cardinale Anastasio Ballestrero nominato “Custode Pontificio” del telo Sindonico.Nel 1898 un avvocato con la passione della fotografia chiede ai Savoia il permesso di fotografarla; a permesso accordato Secondo Pia, otterrà dalla Sindone alcune lastre che segneranno, nella storia del sacro telo, una svolta: la Sindone è in realtà un negativo “fotografico” e perciò il negativo ottenuto dal Pia non è altro che un positivo. Ma questa affermazione non appaga gli scienziati i quali vogliono andare più a fondo nella questione e...la ricerca inizia. Anno 1983 alla morte del re Umberto la Sindone viene donata per testamento al papa. Gli studi scientifici sul telo continuano e C14 è la sigla della discordia: anno1986/88, vengono autorizzati i prelievi di campioni di telo dalla Sindone, i campioni verranno poi inviati a laboratori sparsi per il mondo, ma ecco poco dopo la risposta: La Sindone è medievale. C’è chi perde tutta la fede in questa immagine c’è chi invece non si dà per vinto ed elabora una tesi che all’atto pratico ha dato i risultati sperati, viene preso un pezzo di stoffa risalente all’anno 0 circa, lo si divide in due parti: una prima la si data... risultato“anno0", il secondo pezzo viene trattato come è stata trattata la Sindone (fuoco, acqua, aria..). La datazione di questo lembo di stoffa ”maltrattato" è una conferma ulteriore: “Anno1500" un ringiovanimento di ben 1500 anni !!

Inoltre hanno fatto notare alcuni studiosi un fatto estremamente ovvio: l’oscuro falsario medievale che nell’intento di ingannare l’umanità avrebbe prodotto la Sindone come poteva conoscere la tecnica del negativo se la fotografia venne scoperta 600 anni dopo?E inoltre come avrebbe potuto apporre sulle palpebre dell’uomo due monete di quell’ epoca (33d.C.) se di queste stesse se ne parlò solo a metà del 1850?(Attenzione: parlo dell’esistenza per i numismatici, perché sulla Sindone queste monete vennero scoperte solo molto dopo e identificate grazie ai computer e al Prof. Nello Balossino) E’ con queste prove che la storia della Sindone viene riaperta...1995 iniziano i restauri alla cappella che faranno spostare la Sindone in duomo in una teca che nell’aprile del 1997 dovrà essere distrutta a colpi di mazza dai vigili del fuoco che salveranno all’ultimo minuto il telo dalle fiamme.

E finalmente siamo al ‘98 anno in cui si celebrano numerose ricorrenze tra cui il ventennio dall’ultima ostensione e il centenario di Secondo Pia. Ostensione che sarà seguita da quella del 2000 in occasione del Giubileo. Per quanto riguarda la cappella del Guarini, le autorità competenti hanno rilasciato poco tempo fa una promessa; verrà restituita a Torino e al mondo intero nel 2006 in occasione dei Giochi Olimpici Invernali.

Le analisi al Carbonio 14

I primi esami scientifici sulla Sindone furono effettuati dallo STURP (Shround of Turin Research Project), nato nel 1978 e composto da vari scienziati di fama mondiale incaricati di studiare la sacra reliquia.

Dati i risultati contrastanti ecco che il metodo migliore sembrò allora quello di affidare all'esame "super partes" della datazione al C14 l'esatta collocazione storica della Sindone. Questa tecnica permette di stabilire, con una approssimazione minima, l'età di un reperto organico ed è basata sul principio che tutti gli esseri animali e vegetali assorbono durante la loro vita una certa quantità di radiocarbonio o C14, un isotopo radioattivo del carbonio. Alla morte tale isotopo viene rilasciato a ritmo costante; sappiamo, infatti, che dopo 5730 anni è ridotto alla metà, dopo altri 5730 anni ad un quarto e così via. Alla presenza dei cardinale Ballestrero e con la supervisione del dr Tite, direttore dei British Museum, si procedette al prelievo di un piccolo campione dei telo della misura di 8,1 x 1,6 cm. Tale campione fu poi diviso in due parti una delle quali fu trattenuta e l'altra divisa in ulteriori tre parti ciascuna delle quali fu inviata a tre laboratori, quello dell'Università di Tucson in Arizona, dell'Università di Oxford e del Politecnico di Zurigo, i cui responsabili erano stati presenti anche al momento del prelievo sul telo sindonico.

Il 13 ottobre 1988 il custode della reliquia, il cardinale Anastasio Ballestrero, arcivescovo di Torino, comunicò il responso degli esami; tutti e tre i laboratori sostennero all'unisono che il tessuto della Sindone va collocato tra il 1260 ed il 1390 !

La Sindone sembrerebbe essere quindi un falso medievale.

Nascono ovviamente le polemiche e le contestazioni alla validità degli esami di laboratorio. Una di queste fa leva sul fatto che " i campioni analizzati nel 1988 vennero prelevati a mani nude e secondo alcuni facevano parte di un rammendo successivo ad uno degli incendi citati" e che quindi ' l'esame era stato alterato da diversi fattori, quali la natura chimica dei lino, la presenza di muffe e l'idrolisi subita dal tessuto dopo l'incendio del 153T. Ciò è quanto sostenne il russo Kuznetsov che assieme a Ivanov nel 1993 fece ulteriori esami di laboratorio dai quali emergeva chiaro l'errore di datazione con il radiocarbonio, esami che, fu detto, potevano facilmente essere ripetuti da qualsiasi scienziato. Ma Paul Damon, Douglas Donahue e AJ.T. jull, dell'unità Radiocarbon Dating dell'Università dell'Arizona, esperti scienziati nelle datazioni con il radiocarbonio, hanno dichiarato di essere stati incapaci di riprodurre in laboratorio i risultati ottenuti da Kuznetsov.

Se è difficile avere un parere univoco, ancora più difficile appare la soluzione se si sommano ulteriori obbiezioni, non ultime quelle che la temperatura di un incendio non sembra poter in alcun modo ingenerare processi atomici necessari per l'alterazione del rapporto C12 - C14 nella tela e che comunque perché si possa ottenere un'alterazione tale da falsare la datazione occorrerebbe che una fibra di lino su due fosse stata alterata dagli incendi. Ma c'è invece chi sostiene che sia stata fatta una scelta errata del sito di campionamento: da un unico punto e per di più da un angolo che è molto inquinato e può essere stato restaurato nel medio evo.

Il chimico Alan Adier della Western Connecticut State University di Danbury (USA), membro della Commissione per la conservazione della Sindone, ha analizzato 15 fibre estratte dal campione sindonico usato per la datazione radiocarbonica.

Dopo un confronto con 19 fibre provenienti da varie zone della Sindone, ha riscontrato sul campione usato per la radiodatazione un grado di inquinamento tale da poter dichiarare che esso non è rappresentativo dell'intero lenzuolo.

Sul problema della datazione al carbonio e l'immagine di tipo fotografico impressa sul lenzuolo è apparso recentemente sulla rivista HERA a firma del direttore Adriano Forgione un articolo nel quale si sposa la tesi sopra citata di Kuznetsof secondo la quale, ripetiamo, l'esame al radiocarbonio venne svolto "trascurando i responsi di biologia, fisica, medicina e archeologia che avevano fornito in precedenza dei tasselli in contrasto con la nuova datazione" e che &&nessuno, inoltre, ha sottolineato che i campioni analizzati nel 1988 vennero prelevati a mani nude e secondo alcuni facevano parte di un rammendo successivo ad uno degli incendi citati e che quindi 1'esame era stato alterato da diversi fattori, quali la natura chimica dei lino, la presenza di muffe e l'idrolisi subita dal tessuto dopo l'incendio del 1532".

Indipendentemente dall'aspetto puramente scientifico viene da domandarsi come è possibile che per un esame così importante sia stato usato un "rammendo successivo" prelevato "a mani nude" tanto più che, come già detto, responsabili dei tre laboratori erano presenti al momento del prelievo del tessuto e, quanto meno, avranno avuto voce in capitolo se non su quale parte del tessuto tagliare almeno sul come intervenire per garantire un corretto esito delle analisi. Ma le prove non sono finite.

C'è chi non si dà per vinto ed elabora una tesi che all'atto pratico ha dato i risultati sperati; viene preso un pezzo di stoffa risalente all'anno zero circa, lo si divide in due parti: una prima la si data... risultato " anno 0" il secondo pezzo viene trattato come è stata trattata la Sindone (fuoco, acqua, aria..). La datazione di questo lembo di stoffa "maltrattato" è una conferma ulteriore: "Anno 1500" un ringiovanimento di ben 1500 anni!

Ed ancora: "Tre ricercatori italiani, il prof. Mario Moroni, l'ing. Francesco Barbesino e il dott. Maurizio Bettinelli, hanno condotto importanti esperimenti su tele di una mummia egiziana: tali campioni, irraggiati con un flusso neutronico e successivamente trattati termicamente simulando l'incendio di Chambéry, sono risultati alla datazione radiocarbonica più giovani di circa 1100 anni rispetto alla loro vera età.

Molto interessanti sono anche gli esperimenti del biofisico jean-Baptiste Rinaudo, ricercatore di medicina nucleare a Montpellier. Secondo questo scienziato, l'ossidazione acida delle fibrille superficiali della Sindone nelle zone di immagine, l'informazione tridimensionale contenuta nella figura, la proiezione verticale dei punti si possono spiegare con un irradiamento di protoni che sarebbero stati emessi dal corpo, sotto l'effetto di un apporto di energia sconosciuta.

Gli esperimenti condotti su tessuti di lino hanno portato a risultati confrontabili con la Sindone. interessante il fatto che il successivo invecchiamento artificiale dei campioni rinforza le colorazioni delle ossidazioni ottenute. J.B. Rinaudo ritiene che gli atomi coinvolti nel fenomeno siano quelli del Deuterio, presente nella materia organica: è l'elemento che ha bisogno della minore energia per estrarre un protone dal suo nucleo, che è formato da un protone e da un neutrone. t un nucleo stabile, quindi c'è stato bisogno di un apporto di energia per romperlo. 1 protoni prodotti avrebbero formato l'immagine, mentre i neutroni avrebbero irradiato il tessuto, con il conseguente arricchimento in C14 che avrebbe falsato la datazione."

Opinioni a confronto che non riescono a dare una certezza. Da una parte l'esame al radiocarbonio che farebbe della Sindone un telo medioevale, dall'altro chi contesta la validità di tale esame, inficiato da alterazioni dei tessuto, le più varie.

Forse è opportuno a questo punto fare un ulteriore passo; ammesso che l'esame al C14 sia esatto dobbiamo domandarci come si sia formata l'impronta sul telo sindonico o con quale tecnica sia stata fatta.

Ma tutto questo cercheremo di vederlo ora.

L'immagine della Sindone

Può l'immagine impressa nel telo sìndonico essere un dipinto?e se non lo è come è stato possibile che si sia formata?cercheremo ora di vedere alcune delle argomentazioni a favore dell'una o dell'altra ipotesi.

Per confermare l'ipotesi che l'immagine del sudario sia stata formata del tutto naturalmente sono stati effettuati vari esami di laboratorio. Ma ancora prima delle prove scientifiche alcuni studiosi hanno fatto notare un fatto estremamente ovvio: l'oscuro falsario medievale che nell'intento di ingannare l'umanità avrebbe prodotto la Sindone come poteva conoscere la tecnica del negativo se la fotografia venne scoperta 600 anni dopo?E inoltre come avrebbe potuto apporre sulle palpebre dell'uomo due monete di quell' epoca (33 d.C.) che Baima Bollone ha rilevato sul telo se di queste stesse se ne parlò solo a metà del 1850? come è possibile che chi ha fatto il falso abbia previsto anche questo particolare?

Per quanto riguarda le monete tutto sembra confermare che siano monete emesse al tempo di Ponzio Pìlato, nel 29 d.C. E dato che quella di mettere delle monete sulle palpebre dei defunti era un'usanza tipica dell'epoca, questo fatto da solo sembrerebbe confermare che la Sìndone risalga al 1 secolo d.C. Ma c'è chi sostiene che le abbia viste solo Baima Bollone, interpolando apparenti, e solo apparenti, infime macchie che appaiono sulle immagini del telo e facendole matchare con le iscrizioni di monete ad hoc. Un anatomopatologo che si occupasse di impronte digitali rimarrebbe molto imbarazzato dì fronte alle considerazioni di Bollone, ed alla sua fiducia sulla esistenza delle immagini delle monete. Ecco le parole di Luigi Gonella, fisico del Politecnico di Torino e consulente scientifico del cardinale Ballestrero, all'epoca dello studio dello STURP sulla sindone:"Quella della Sindone è un'immagine il cui dettaglio più piccolo, macchie di sangue escluse, è di mezzo centimetro. Come le labbra. Appare quindi molto, molto incongruente che esistano dei dettagli dell'ordine di decimi di millimetro come le lettere sulle monete. Ma si sa: a forza di ingrandire, si finisce a vedere anche quello che non c'é.

Peraltro, le monete, vere o riprodotte, le si poteva avere comodamente anche nel 1200, anno di datazione al C 14, per cui la cosa non appare conclusiva. Ci sono quindi infiniti dubbi sul fatto delle monete. Ma, riguardo alla accuratezza del falsario, dovremmo anche tenere presente che il falsario stesso, se esistito, potrebbe avere fatto ampie ricerche, prima, per riprodurre un falso a regola &arte, e forse anche diverse prove. Del resto, stava riproducendo la Reliquia, non una copia qualsiasi di qualsivoglia feticcio.

Ma torniamo all'immagine del corpo rappresentato sulla Sindone; cosa ha potuto lasciare l'impronta? una delle prima cose che ci viene in mente è naturalmente la fuoriuscita di sangue dovuta alla crocifissione ed al colpo di lancia nel costato. Vediamo pertanto cosa è stato affermato su

La Crocifissione

La crocifissione dell'uomo è una crocifissione di tipo romano, che si avvale dell'uso di una croce "smontabile composta da un lungo palo verticale detto "Stipes" che veniva piantato fuori dalla città (nel nostro caso... "nel luogo detto "cranio" il monte calvario).

La seconda parte della "croce" il "Patibolo" veniva applicato al condannato molto tempo prima dell'arrivo al luogo del supplizio, già in città al momento della condanna, in un primo tempo però il condannato non era inchiodato al questo palo ma vi era solo legato. Come tutti sanno, Gesù non venne direttamente inchiodato alla croce, prima ci fu un "regolare" processo, dopodichè l'uomo della sindone venne frustato."Supra dorsum meum araverunt aratores... hanno reso il mio corpo come un campo arato" questa descrizione può rendere eccellentemente l'idea di quanto fu dura e lunga la flagellazione di N.S. Gesù, all'incirca 100-120 colpi di flagello, dati da due flagellatori, posti ai due lati dalla colonna al quale si pensa sia stato legato il condannato; secondo gli studi fatti da Noghier, Vìgnon e G.B.Judica Cordiglia , si può realmente trattare della colonna portata nel 1213 dal Cardinale Colonna nella chiesa di s. Prassede: un pilastrino di appena 64 centimetri.Sul capo dell'uomo della Sindone fu veramente posto un casco di spine e ciò è testimoniato dalla presenza di numerose colature che appaiono appena sopra del volto, sulla parte della sindone che avvolse la nuca di nostro Signore. Tutte queste colature mostrano senza ombra di dubbio che il condannato ricevette molte percosse, soprattutto sull'emisfero destro (che appare più rigonfio dell'altro) tali da indurlo a piegare il volto dall'altra parte facendo colare il sangue dall'altra parte ... dalla direzione della colate si deduce anche la posizione tenuta dal condannato durante la crocifissione. Come venne crocefisso l'uomo della Sindone? Sicuramente a terra venne crocifisso mediante l'utilizzo di due chiodi, di ferro, quadrati i quali penetrarono nel polso e non nella mano come molti erroneamente pensano, il chiodo penetrò nel cosiddetto spazio di Destot, dove la conformazione dei corpo permette di mantenere un così gravoso peso per così tanto tempo. Se l'uomo fosse stato inchiodato sulle mani sarebbe caduto in pochi minuti. I piedi invece vennero fissati alla parte inferiore della croce con un solo chiodo: e quello fu l'unico appoggio che ebbe, per i 75 chili dì peso di quell' uomo. Osservando la Sindone, è possibile notare con sorpresa che i pollici mancano, non bisogna assolutamente pensare a una malformazione o altro, i pollici ci sono solo che non è possibile vederli, perché, lo spazio di Destot contiene un nervo che se toccato, e in questo caso strappato e lacerato, provoca la ritrazione del pollice all'interno come se fosse stato incollato al palmo e ovviamente un dolore disumano e lacerante.

e sulla morte

Come avvenne la morte dell'uomo della sindone? Secondo quanto affermano i medici la morte dell'uomo della sindone avvenne a causa dei gravi disturbi alla respirazione dovuti alla posizione tenuta dal condannato durante le ore in cui rimase crocifisso. La morte, fu dovuta a crampi tetanici, per cui i muscoli respiratori provocano l'asfissia, perché sempre tesi in espirazione, ma questa non è la sola alternativa, alcuni Parlano del cosiddetto collasso ortostatico per cui tutto il sangue presente nel corpo cadde verso il basso, non affluendo al cuore e al cervello e provocando la morte quasi istantanea. Vi è una terza tesi, la morte per ernopericardio, ovvero la rottura dei cuore, tesi difesa da coloro che giustificano così l'acutissimo grido di Gesù "Imma": "Mamma".

e la scienza dice che

"L'esame radiografico della Sindone ha mostrato l'esistenza dei due differenti tipi di sangue - arterioso e venoso - proprio nei punti in cui ci si aspettava di trovarlo.

Se la Sindone fosse un falso del 1300 l'autore sarebbe stato un veggente, perché le diverse circolazioni sanguigne sono una scoperta medica del 1593.( da web.tiscali.it/Mistero/Sindone ) Innanzi tutto quello che si vede sulla Sindone è sangue appartenente al gruppo AB, e quindi umano, e inoltre studi sulla forza di gravità applicata alla Sindone e alle colature del suo sangue hanno dato ulteriori conferme al fatto che l'uomo della sindone sia stato ucciso tramite crocifissione. Ulteriori studi sul sangue hanno inoltra "stabilito" i tempi della deposizione e quelli di permanenza nel sepolcro. Gesù morì dopo 3 ore di agonia la morte secondo i medici fu una tra le più dolorose, dopo la sua morte ma non molto tempo dopo, venne deposto e passatogli probabilmente un mantello sotto i reni, fu portato al sepolcro, dove venne sollevato e posto sulla sindone,la quale porta sulla zona del piede i segni delle impronte digitali di uno dei barellieri. "Alle 18:08 il sole tramontò e dì lì a poco sarebbero apparse le stelle, la terza apparve alle 19:08: all'incirca una mezz'ora fu necessaria per andare da Pilato per chiedere il corpo e ritornare a prenderlo meno di 30 minuti non sarebbero stati necessari per compiere tutti i rituali necessari alla sepoltura, perciò Maria e le altre rinunciarono all'impresa e avvolsero provvisoriamente il corpo in questo lino in attesa del giorno dopo, alle 19:09 era il sabato e più nessuno avrebbe potuto lavorare ".

Gli studiosi però vanno oltre (è da precisare che le date e le ore sono state calcolate in base a regole astronomiche che possono essere soggette ad errori seppur minimi); secondo alcuni calcoli Gesù rimase nel sepolcro per sole 40 ore dopodiché è avvenuta la risurrezione (entro le 5-6 del mattino) dopodiché sarebbe iniziata la decomposizione del corpo che come affermano le scritture ed evincono gli osservatori non ci fu.

... non sono mancati gli esami spettrografici

La riflessione spettrale delle zone di bruciatura (l'incendio a Chambery nel 1532) e dell'immagine del corpo era molto simile. In effetti come conseguenza di una serie di indagini di spettroscopia svolte con riflessioni all' infrarosso fatte da J. S. Accetta e da J. S. Baumgart nel 1978 era possibile confrontare le caratteristiche spettrali delle caratteristiche selezionate della Sìndone (zone delle macchie di sangue. immagine del corpo, lino originario e incorrotto e segni di bruciatura e di acqua causati da un fuoco accidentale nel 1532). In particolare, è stato trovato che nessuna differenza notevole esiste tra le caratteristiche spettrali dei segni di bruciatura e di quelle zone della tela che ha contenuto i particolari anatomici dell'immagine. I confronti spettrali fatti fra le zone di tela e le zone di bruciatura hanno esibito le caratteristiche simili nelle fasce in 3-5-e 8-14-mm di banda spettrografia. Effettivamente, è stato scoperto che esiste una corrispondenza cospicua fra l'immagine e le zone di bruciatura in entrambe le fasce spettrali. Tuttavia, considerando il modo di come è stata fatta, la bruciatura prodotta in entrambi i casi era dissimile (nell'una è stata causata con una reazione chimica, l'altra da calore diretto) e non desta meraviglia che i segni di bruciatura siano passati in breve tempo da una fluorescenza rossastra ad una giallo-verde in luce ultravioletta, l'immagine del corpo della Sindone, con le macchie di sangue che non sono fluorescenti (www.shroud.com/comments.htm )

... ma c'è qualcosa che

- ammettiamo che il C14 si sia sbagliato

-ammettiamo che il telo sia davvero il primo secolo d.C. (neutroni, monete)

-ammettiamo che venga dalla Palestina (pollini)

-ammettiamo che abbia contenuto un corpo

-dimentichiamo per un attimo il discorso sulla "maschera" che non si vede ma dovrebbe.

Bene, questo dimostrerebbe che si tratta di "quel" telo, ossia del telo che ha avvolto "quel" corpo specifico? Ovviamente no. Il lavoro, impossibile, di dimostrare che si tratta del vero sudario di Cristo, e non di un cencio qualunque di un qualunque crocifisso, andrebbe ancora fatto. Naturalmente si potrebbe obbiettare facilmente che proprio perché si tratta di un fenomeno particolare il telo sindonico s'intende appartenuto ed appartenibile inequivocabilmente a "quel" Gesù e non ad altri.

Ma l'opposta fazione incalza: se il corpo di Cristo fosse stato lavato e cosparso dì mirra e aloe come dicono alcuni vangeli, non avrebbero ragione di essere le impronte dì sangue, abbastanza abbondanti invece a meno che il sangue non sia versato dopo, ma questo implicherebbe un distacco dalla croce di una persona ancora in vita.

"La presenza dei sangue sul telo è prova che il cadavere non è stato lavato prima di esservi avvolto, usanza giustificabile solo nel caso di una sepoltura giudaica, antecedente al 70 d.C. e perfettamente coincidente con quanto narrato dai Vangeli. Si era in vicinanza della Pasqua ebraica e essendo oramai buio al venerdì sera quando Gesù venne calato dalla croce si rimandò il lavaggio del corpo alla domenica successiva (il sabato era proibito officiare culto). Un interessante studio statistico del professor Bruno Barberis ha evidenziato che su 200 miliardi di ipotetici individui crocifissi, solo uno avrebbe potuto possedere le stesse caratteristiche comuni a Gesù e all'uomo della Sindone. Ma basta questo a dire che la Sindone è realmente l'ìmmagine del Cristo? (http://www.heramagazine.net/sin done.htm )

E ancora: il sangue è molto rosso, mentre dovrebbe scurirsi in breve tempo. Di contro coloro i quali asseriscono l'autenticità della Sindone affermano che ciò è dovuto al fatto che questa fu trattata con dei conservanti, infatti da analisi effettuate nel 1973 da una commissione istituita dal Cardinale Pellegrino diedero risultati diversi non furono trovate tracce di globuli rossi, al contrario tracce di un colorante rosso. Altre analisi eseguite con un test che non è specifico per il sangue, tanto che può risultare positivo anche su tracce di origine vegetale dimostrarono invece la presenza di sangue. Nel 1980 McCrone trovò, analizzando i risultati precedenti, tracce di ocra rossa, cinabro ed alzarina, e la presenza di un legante. Ossia, trovò la presenza di colori a tempera. Poi, altre analisi, riconfermarono invece la presenza di sangue del gruppo AB. La domanda è questa: se la Sindone è un falso, allora potrebbe essere giustificata la presenza sia di sangue che di coloranti; ma se fosse vera, perché non solo sangue? E soprattutto, come è possibile che vi siano risultati così diversi, anzi contrastanti, tra di loro? In certi casi è la scienza o la fede che parlano?

Oltre al sangue, sulla Sindone c'è l'immagine del corpo che vi fu avvolto. Questa immagine, dovuta a degradazione per disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali del lino, è paragonabile ad un negativo fotografico.

È superficiale, dettagliata, tridimensionale, termicamente e chimicamente stabile. È stabile anche all'acqua, non è composta da pigmenti, è priva di direzionalità e non è stata provocata dal semplice contatto del corpo con il lenzuolo: con il contatto il telo o tocca o non tocca. Non c'è via di mezzo. Invece sulla Sindone c'è immagine anche dove sicuramente non c'era contatto. I suoi chiaroscuri sono proporzionali alle diverse distanze esistenti fra corpo e telo nei vari punti di drappeggio. Si può dunque ipotizzare un effetto a distanza di tipo radiante. Sotto le macchie di sangue non esiste immagine del corpo: il sangue, depositatosi per primo sulla tela, ha schermato la zona sottostante mentre, successivamente, si formava l'immagine. Ciò spiegherebbe perchè del volto sono visibili moltissimi particolari (si può affermare che è una vera e propria fotografia), mentre del resto del corpo sono rimasti impressi solo alcuni segni che ricordano uno scheletro. Forse il volto è più visibile e particolareggiato proprio perchè è stato a contatto col lenzuolo, mentre il resto del corpo a contatto lo era molto meno o addirittura in alcuni punti non lo era affatto. Si potrebbe supporre che l'immagine del viso sia più nitida del resto del corpo sia perchè il sangue avrebbe fatto da schermatura sia perchè il lenzuolo non avrebbe aderito in tutte le parti del corpo. Ma non si capisce perchè il sangue avrebbe dovuto schermare solo la parte del lenzuolo che ricopriva il corpo dal collo in giù. La descrizione della crocefissione di Gesù ci parla di un capo cinto di una corona di spine che gli venivano spinte in modo da conficcarglisi sempre di più. Quindi ci sarebbe dovuto essere anche sangue sul viso. E' anche da considerare che tra la morte e la sepoltura deve essere passato comunque del tempo (bisognava tirare giù la croce, togliere i chiodi ecc.) ed anche che il corpo, già dilavato dalla pioggia, fu comunque deterso per bene prima della sepoltura finale.

Ma la mancanza di sangue nel volto potrebbe essere spiegata dalle seguenti considerazioni; nella cattedrale di Oviedo (capitale del Principato di Asturias.Spagna), si venera da epoca medioevale un fazzoletto di lino che, secondo la tradizione, è stato disposto sul volto di Gesù Cristo nella discesa dalla Croce e fino alla sua definitiva sepoltura. Ai tempi di Gesu' un sudario era un fazzoletto (equivalente, anche se i più grande, ad uno dei nostri fazzoletti attuali) che fu usato come un piccolo tovagliolo, serviva per togliere il sudore dalla testa e pulirsi la faccia in caso di necessità. Una enciclopedia universale ebrea raccoglie la prescrizione secondo la quale quando un cadavere era sfigurato o mutilato il volto era imprescindibile che fosse coperto da un velo per nasconderlo agli occhi della gente. Non è strano che sia stato usato per questa necessità il sudario che si adopera a mano (nell'occasione arrotolato sul polso) e che si disponeva sui defunti prima della sepoltura. D'altra parte sappiamo che uno " dei fazzoletti di lino funerei usati " negli interments ebrei è il sudario e che copre esclusivamente il viso. Nel Vangelo di San Giovanni si accenna in due occasioni ad un sudario sulla testa di un corpo. Nella storia della resurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,44) si dice che il morto aveva legati i piedi e le mani e avvolta la testa in un sudario " ma il testo evangelico più importante degli Atti degli Apostoli su questo punto è il Cap. XX. Nei suoi versetti 6 e 7 si distingue chiaramente fra i fazzoletti dì lino in cui era avvolto il corpo (fra loro, logicamente, il lenzuolo che si accenna nei vangeli sinottici) e " il sudario che era stato sulla relativa testa ". Il Sudario di Oviedo ha quindi asciugato il volto pieno di sangue della corona di spine prima di essere coperto dal telo della Sìndone.

Ma le teorie non finiscono qui:

Ashe propone la tesi della folgorazione: quando, tramite la resurrezione, vi fu la trasformazione da materia in spirito, vi fu un'emissione dì radiazioni che impresse la Sindone; Carreno parla di esplosione atomica che determinò l'impronta per bruciatura; Accademia Brasiliana aggiunge, dando luogo ad una scissione di atomi con produzione di anti-materia.

C'è chi si chiede perchè il cosiddetto flash della Resurrezione, e quindi tutti i suoi effetti, non ha bruciato i pollini trovati sul telo, e non può aver alterato, ad esempio, il risultato degli esami sul sangue?

Rimane, poi, il problema della proiezione stereoscopica del volto. Un fazzoletto su un volto ne riporta una immagine distorta diversa da quella della sindone, visto che le orecchie, per una questione di tridimensionalità, di profondità, sono più distanti dal naso che non apparentemente guardando una fotografia in sostanza, l' immagine di un volto su un telo "deve" apparire distorta, allargata, come la famosa maschera di Agamennone, scoperta da Schliemann.A meno di non ipotizzare:

- un personaggio raffigurato con il volto a fattura "piatta"

- un meccanismo di formazione dell'immagine che abbia sfruttato una sorta di proiezione ortogonale (con telo teso sopra il volto e non avvolto), e non stereoscopica (in appoggio avvolto attorno al volto), praticamente una fotocopia

- una contraffazione che abbia utilizzato un bassorilievo.

La questione ha intrinsecamente a che fare con il modo in cui si sarebbe formata l'immagine. Se si accetta che si sia formata per contatto con un corpo (od una forma che si richiama ad un corpo), questo per evitare il sospetto, che parrebbe fugato, che si tratti di un dipinto o simile opera, allora la forma che il disegno dovrebbe avere e'una ed una sola: un volto allargato ai lati. Ecco perché chi propende per l'ipotesi del falso punta l'interesse verso un bassorilievo (e' l'ipotesi, fra gli altri, di Delfino Pesce, il cui testo sembra oggi introvabile).A proposito dell'opera di un falsario, così tanto negata da alcuni studiosi, e del fatto che non vi siano deformazioni, si dice che in realtà si poteva produrre l'effetto avuto utilizzando un calco in due modi, sia riscaldandolo di modo che poggiandovi sopra un telo si avrebbe un'immagine in negativo, non distorta e sfumata, sia poggiandovi il telo che viene strofinato con tampone e colore in polvere. Nel tempo, perdendosi la pigmentazione forte iniziale, si avrebbe un'impronta sfocata.

Vi e' chi, come il Dott. Lindner http://www.newsitaliapress.ít/speciali/sindone/sindone08.htm si e' messo ad ipotizzare un bombardamento neutronico, proveniente chissà da dove, che avrebbe ringiovanito la sindone, innalzando il contenuto di C 14; contemporaneamente il dott.Fanti, assieme alla Marinelli http://www.lapadania.com/ 1999/novembre/16/161199p11a2.htm, ha ipotizzato un "campo di energia" ortogonale (ossia un flash di luce e neutroni ortogonale al corpo) durante la resurrezione. Bene, anche prendendo per buone queste due fantasiosissime congetture, rimane il problema, visto che il telo si suppone comunque avvolto attorno al corpo, per cui anche un lampo ortogonale di energia avrebbe "cotto" le fibre del telo nel punto più ortogonalmente prossimo al corpo, ossia ancora quello di contatto con il corpo stesso. Ossia, l'immagine sarebbe stata comunque allargata; per ottenere quella che abbiamo, si dovrebbe ipotizzare un telo sospeso parallelamente, e teso, al disopra del corpo, al momento del lampo di energia. E non ci spiegheremmo, allora, le macchie di sangue, che implicano un contatto.

Unica scappatoia sarebbe congetturare ancora su un evento ulteriore, la sospensione del telo, in posizione parallela al corpo, sopra lo stesso, ad opera non si sa bene di chi o di cosa. Certo, se si ipotizza il lampo di energia ortogonale, non ci si meraviglierebbe più di nulla.

Effettivamente secondo alcuni studiosi sembra vi sia implicato un certo "potere energetico" nella formazione della Sindone, pare che sia stata fotografata dal corpo di Gesù nella resurrezione da un processo ultravioletto. C'è infatti chi sostiene che molto probabilmente è stato un tipo di radiazione non íonizzante, cioè che non intacca i tessuti. Infatti nella radiazione íonizzante è implicato il processo ultravioletto che è fra le possibili cause dell'immagine della Sindone.

"Alle frequenze oltre il centinaio di kHz il fenomeno più eclatante è costituito dal riscaldamento dei tessuti, inizialmente anche in profondità, ma che al crescere della frequenza finisce per interessare solo gli strati epidermici più superficiali".

Ma ci sono altri che, con prove più empiriche, affermano con certezza che l'immagine sarebbe stata lasciata dagli oli che furono usati per la sepoltura, aloe e mirra, grazie ai vapori di ammoniaca sprigionati dal corpo ormai morto dell'uomo della Sindone. Questa ipotesi è per il primo momento la più sicura perchè alla luce degli esperimenti condotti, numerosi scienziati hanno provato, con ottimi risultati che l'immagine è realmente riproducibile tramite un semplice esperimento. Si citano numerose prove sulla teoria "vaporegrafica", che fu poi proprio la prima teoria scientifica ad essere presa in considerazione. Secondo questa ipotesi infatti "i vapori dell'ammoniaca, sostanza prodotta dalla decomposizione dell'urea del sudore, agendo in combinata con l'aloe, di cui era impregnato il lenzuolo, sarebbero i responsabili dell'immagine sindonica. I vapori ammoniacali, infatti, per un verso avrebbero agito sui coaguli di Sangue, e questi, riumidificati, si sarebbero impressi sul lenzuolo, per l'altro verso avrebbero agito sull'aloe di cui era inzuppato il telo determinando le impronte nei punti in cui il telo era a contatto con il corpo e impallidendo invece le sezioni del lenzuolo non a contatto diretto con il corpo, cioè provocando un inscurimento la cui intensità sarebbe stata direttamente proporzionale alla vicinanza tra il telo e il corpo, più scura (dunque determinazione delle impronte) a contatto, meno scura, addirittura inesistente, là dove il telo non era a contatto con il corpo".

Si citano gli esperimenti molto attendibili del professor Sebastiano Rodante il quale "partendo dai risultati dei colleghi, cercando di afferrarne le motivazioni, e adottando una interpretazione radicale dei Vangeli, là dove si raccontano i particolari della sepoltura, procedette con una serie di sperimentazioni realizzate in una situazione ambientale molto simile alla tomba palestinese, le catacombe di Siracusa. Gli esperimenti, continuati per circa 15 anni, che rappresentano un successo per lo studioso italiano e un tassello importante nel tentativo di ricostruire la formazione dell'impronta sindonica, sono di due tipi. Con una soluzione acquosa di aloe e mirra è stato impregnato un telo che poi avrebbe ricoperto per 36 ore un volto spruzzato di sangue e di sudore, nonché di coaguli di sangue. Per il secondo blocco di esperimenti Rodante ha proceduto come per il primo semplicemente sostituendo la soluzione acquosa con una soluzione oleosa, sempre a base di aloe e mirra. 1 risultati, in entrambi i casi, sono stati decisamente molto soddisfacenti: l'immagine ottenuta infatti è un negativo nei tratti somatici, un positivo nei coaguli di sangue".

Quindi come si vede è possibile ottenere un negativo fotografico con l'aloe e la mirra in determinate condizioni ambientali.

Infine un "altro merito degli esperimenti di Rodante è stato quello di poter provare, con una certezza quasi assoluta, che la Sindone ha avvolto un uomo cadavere, smentendo i sostenitori della morte apparente. Infatti durante uno di questi suoi esperimenti, alla ventesima ora spostò di qualche millimetro la tela, a fine dell'esperimento le impronte ematiche risultavano a tratti confuse e sdoppiate. Se l'uomo avvolto nella Sindone fosse stato vivo, i movimenti respiratori e la contrazione dei muscoli, per quanto quasi impercettibili, avrebbero determinato un movimento dei lenzuolo che avrebbe fatto si che l'immagine sindonica non fosse certamente così perfettamente delineata e chiara come invece è."

Cominciamo, in questa ultima parte del nostro lavoro sulla Sindone, con l'esaminare la controversa quanto affascinante ipotesi che "l'uomo della Sindone" sia l'ultimo Gran Maestro dell'Ordine Templare, Jacques De Molay arso sul rogo da Filippo il Bello nel 1317.

Nel libro «La chiave di Hiram" di Cristopher Knight e Robert Lomas si spiega proprio come l'impronta del corpo morente di de Molay si impresse sul telo della Sindone.

Vi si legge: "Quella visibile sul tessuto era un'immagine incredibilmente nitida: reagendo chimicamente con l'incenso usato all'epoca come agente sbiancante, ricco di carbonato di calcio, l'acido lattico contenuto nel sangue del ferito aveva impresso i tratti fisici di de Molay sul sudario.

Il lungo naso, i capelli lasciati crescere fino all'altezza delle spalle con la scriminatura in centro, la folta barba biforcuta e la corporatura di un uomo sano, alto circa un metro e ottanta, tutto insomma combacia perfettamente con la descrizione nota dell'ultimo gran maestro dei Templari."

Questa ipotesi dell'identità di De Molay si adatterebbe benissimo all'esame del C14 svolto nel 1988 che fa risalire la Sindone ad un'epoca non precedente il 1260 d.C. De Molay infatti fu ucciso nel 1317. Ma come si spiegherebbero le monete. la scrittura "Nazareno", i pollini di origine palestinese? e rimane anche il dubbio se le condizioni ambientali (cella sotterranea fredda e umida della dimora di Geoffrey de Charney) in cui De Molay fu trasferito siano le stesse delle tombe palestinesi in cui si presume sia morto Gesù.

Se poi ci volessimo soffermare sull'immagine impressa nel lenzuolo non si può non evidenziare che, come si vede da varie rappresentazioni iconografiche, i Templari usassero la tonsura mentre il volto della Sindone appare circondato da una folta capigliatura e ancora è vero che la tonsura è apicale, ovvero all'apice della testa (il che non escluderebbe la folta capigliatura), ma ci sono delle raffigurazioni sulla morte di de Molay che lo ritraggono con la tipica tonsura fratina. ovvero niente capelli lunghi.

Ma ciò che sembra veramente allontanare l'ipotesi che il Gran Maestro dei Templari sia rappresentato nel telo sindonico e sembra quindi screditare totalmente l'amenità dei due autori della Chiave di Hìram è quella che gli esami sulla Sindone, effettuati da scienziati di medicina legale e anatomopatologi, ha dimostrato che la muscolatura del soggetto della Sìndone è quella di un uomo sulla trentina d'anni. Il Gran Maestro, Jacques de Molay, quando fu arso vivo aveva 67 anni. Inoltre la figura rappresenta un uomo abbastanza esile, mentre il Gran Maestro, da raffigurazioni dell'epoca, è ben più che corpulento.»

Anche l'esame del radiocarbonio per la datazione che colloca la Sindone fra il 1280 ed il 1340 sarebbe contestabile con il semplice ragionamento che la Sindone era già conosciuta perlomeno nel 1150; prove che la Síndone esisteva già prima del Medioevo è data dalle cronache del 944 e precedenti, che la descrivono in maniera assai precisa; per non parlare poi dei molti test scientifici che hanno dimostrato che nel Sacro Lenzuolo esistono oli, unguenti profumati, terra, pollini, semi e quant'altro è riconducibile ad una sua datazione in Palestina ai tempi di Gesù; gli esami alla luce polarizzata e con tutte le tecniche più moderne hanno stabilito che non esiste pittura o altra metodologia che potesse fissare l'immagine in quel modo: non è possibile farlo nemmeno ora con le tecniche più moderne, figuriamoci quindi nel Medioevo; tutte le analisi fatte sulla Sindone hanno dimostrato che ha avvolto il corpo di un uomo morto, non di un vivo, che questo morto era ebreo e che il suo gruppo sanguigno era AB, e che il suo DNA era maschile, che la sua età era sui trent'anni e che i rituali di sepoltura erano quelli in uso in Palestina ai tempi di Gesù."

In molti poi hanno provato, in vari laboratori sparsi per il mondo, a ricreare quello che è la Sindone, ma nessuno ci è mai riuscito, anche con le tecnologie più avanzate. Anche ammettendo che il lino, intriso dai sudori e dal sangue abbia poi funzionato come lastra fotografica, dal corpo avrebbe dovuto sprigionarsi una energia tale che può essere paragonata a quella emessa dagli isotopi nucleari: e chi ha mai visto un cadavere sprigionare in pratica energia atomica? Quindi la spiegazione a questo fenomeno è una sola: soprannaturale.

Finisce qui il nostro lavoro di gruppo sul tema della Síndone; pur sapendo che molti interrogativi rimarranno aperti crediamo di avere dato il nostro contributo cercando di esporre in maniera il più possibile organica quanto è stato oggetto di discussione sul forum di Mizar e soprattutto riportando i dati emersi dalla ricerca senza intervenire e distorcere quanto gli intervenutì hanno voluto esporre.

Ma dato che la ricerca è, specie su tali temi, come un puzzle senza una fine apparente vorrei aggiungere un'ulteriore tessera che potrebbe dare un connotato ben diverso a tutta l'intera vicenda.

Abbiamo accennato in ultimo ai Templari e proprio da loro parte la mia considerazione. Le testimonianze parlano del Mandylion come di una reliquia straordinariamente preziosa, una reliquia che molti considerano essere la stessa cosa della Sindone di Torino e che fortunatamente scampò all'incendio durante la presa di Bisanzio ad opera dei crociati, sembra, grazie a Othon de La Roche che trasferì il prezioso telo ad Atene e che consegnò successivamente al potente Ordine dei Cavalieri del Tempio.E sembra che fosse proprio l'immagine del Mandylion che i Templarí adorassero in gran segreto.

L'adorazione dì un volto barbuto fu facilmente strumentalizzata dal re di Francia Filippo IV il Bello che venerdì 13 ottobre 1307 ordinò l'arresto dei Templari dando inizio ad una persecuzione sistematica fatta di torture e condanne al rogo per motivi tutt'altro attinenti alla sbandierata difesa del Cristianesimo. Fra le accuse ci fu appunto anche quella di esercitare pratiche demoniache e di idolatria del volto di quello che venne definito Bafometto.

Che fosse stato invece il Mandylion famoso? gran parte degli studiosi ritengono di si ma ho trovato nel processo ai Templari svoltosi in Toscana un qualcosa che mi ha colpito; ecco il testo latino relativo all'interrogatorio svoltosi nei confronti di fratello Guido da Fiesole a Firenze nel 1308. Il documento autentico è tratto da un documento lasciatoci dal mons Telesforo Bini relativamente al processo dei Tempieri in Toscana. "Et dixit interrogatus quod dictum caput (e disse interrogato su quello che è detto il capo .... ) quod erat de metallo, et habebat faciem quasi humanam, capíllos nigros et crispos, et non recordatur quod habuerit barbam, circa collum autem et gulam habebat deaurata (disse che era di metallo e aveva una faccia quasi umana, con capelli neri e crespi, e non ricorda che avesse barba, inoltre aveva il collo e la gola priva di peluria).

C'é una ricostruzione commissionata dalla Bbc al professor Richard Neave (anatomo-patologo dell'università di Manchester) raffigurante il volto di un ebreo del 1 sec.

Ebbene una strana combinazione con la ricostruzione fatta recentemente al computer da un gruppo di studiosi inglesi che hanno ricreato, per il network inglese , quella che ritengono essere l'immagine più vicina al volto di Gesù di Nazareth, un volto con guance pienotte, colorito scuro naso pronunciato e capelli neri e crespi. Unica eccezione la barba!E allora il volto adorato dai Templari era quello di Bafometto o del Cristo? era il volto della Sindone, come sostengono alcuni o tutt'altro? e se non si tratta del Mandylion cosa li spinse ad adorare quel Bafometto e non Gesù ? insomma perché i Templari adoravano un volto, che fra l'altro ritenevano miracoloso e simile a Dio, che dalla descrizione di fratel Guido non sembra essere proprio quello della Sindone? E perché infine fratel Guido lo definisce come un "volto quasi umano" ?