Così chiamano gli indigeni la regione di Nazca, a sud del Perù che viene comunemente chiamata “Pampa”.
Ma a differenza della pampa argentina, lussureggiante di vegetazione e fertile, le pampas del Peru si presentano molto inospitali: sono distese di sabbia e pietrame, senza traccia di alberi né arbusti e il deserto di Nazca si estende per una cinquantina di chilometri tra le città di Nazca e di Palpa.
Nessuno avrebbe mai sentito parlare di questo territorio se non fossero state fatte delle scoperte sensazionali linee incise di proporzioni gigantesche, raffigurazioni di animali e alcuni soggetti tuttora non identificati. Questi strani segni sono la testimonianza di grandi conoscenze geometriche e astronomiche tanto più inspiegabili in quanto le figure sono visibili soltanto dal cielo, ad una altezza di 700/800 metri : a questa altezza, infatti, ci si può rendere conto di tutta la grandiosità dell’opera.
Si vedono migliaia e migliaia di linee di diversa lunghezza (ne sono state contate fino a 13.000!) tracciate in ogni possibile direzione verso tutti i punti della rosa dei venti e tracciate meglio di quanto si possa oggi fare con le moderne tecniche di rilevamento aereo.
Le linee finiscono spesso in un luogo comune dal quale si dipartono come i raggi di una ruota o i raggi del sole.
Tutto è impeccabile, tirato a filo, perfettamente triangolare o rettangolare, tracciato con straordinaria maestria, da cui emerge come il disordine non sia che apparente.
La tecnica di costruzione fu perfetta, perché gli artefici portarono le linee a dorsi e burroni senza deviare dalla loro direzione originale, riemergono sempre precise per continuare il loro rettilineo percorso e sono tracciate con piccolissimi angoli di deviazione.
La profondità dei solchi non eccede mai i 30 cm.
Le straordinarie linee di Nazca possono essere definite la più grande opera grafica del pianeta.
I tracciati sono opera di un popolo molto antico, anteriore a quello degli Incas vissuto tra il II e il VI secolo dopo Cristo, probabilmente della stessa razza dei costruttori della Porta del Sole (Bolivia) e degli osservatori astronomici dell’America precolombiana.
Il nome “Nazca” è preso dalla zona in cui esso viveva, appunto l’Altipiano di Nazca che a quei tempi era molto fertile.
Le linee furono tracciate rimuovendo le pietre contenenti ossidi di ferro dalla superficie del deserto, lasciando così un contrasto con il pietrisco sottostante, più chiaro.
La pianura è ventosa, ma le rocce della superficie assorbono abbastanza calore per far alzare l’aria proteggendo il suolo.
Così i disegni giganti sono rimasti intatti per migliaia di anni, enormi disegni che rappresentano figure geometriche, animali :
la balena
Il ragno, lungo 25 metri
la famosissima scimmia, lunga ben 135 metri e rappresentata con nove dita e una coda a forma di spirale
volatili, figure umane, labirinti.
A causa delle caratteristiche del suolo, e per la difficoltà di applicare il sistema di datazione con il Carbonio 14, che non ha dato risultati soddisfacenti, gli scienziati si sono avvalsi di altri metodi, come il confronto tra le figure dei geoglifi e quelle trovate sul vasellame della civiltà Nazca.
Si ritiene comunque che i geoglifi siano stati tracciati tra il 300 a.C. e il 500 d.C.
Molte sono le ipotesi, di cui alcune fantasiose, che cercano di dare una spiegazione a questi tracciati e ai disegni giganti.
La storica peruviana Maria Rostworowski interpretò le linee come segnalazioni per il Dio Viracocha (detto anche Quetzalcoatl) per indicargli il luogo dove i suoi devoti si sarebbero trovati quanto egli sarebbe ritornato.
Altre teorie parlano di piste di atterraggio e di partenza di astronavi aliene che fecero visita agli antichi popoli della terra (alcune figure umane sono rappresentate con un copricapo incoronato da tre o quattro linee verticali).
Altri studiosi optano per l’astronomia e ritengono che gli ignoti autori avrebbero rappresentato, con simboli diversi dai nostri, pianeti, stelle e costellazioni.
Il primo che studiò le linee di Nazca fu l’americano Paul Kosok, inviato in Perù nel 1939 dalla Long Island University di New York, inizialmente per studiare il sistema di irrigazione ideato dagli antichi peruviani e ancora in uso lungo le coste, sistema di perfetta tecnica idraulica.
Il Prof. Kosok notò le linee il giorno 22 di giugno, giorno che coincide con il solstizio d’inverno nell’emisfero sud, e capì subito che le linee dovevano essere una sorta di gigantesco atlante astronomico del mondo. Egli fu il primo a scattare delle foto della piana e a rivelare al mondo l’esistenza di tale mistero.
Chi ha dato un contributo importante allo studio delle linee di Nazca fu l’archeologa tedesca Maria Reiche e anch’essa formulò l’ipotesi che l’intero complesso fosse un gigantesco calendario astronomico in cui ogni segno corrisponderebbe ad una sequenza (il solstizio, il tempo delle piogge, la semina ecc).
Tutti i disegni sono stati eseguiti partendo dalla linea del solstizio, con il Sole come il centro del tratto che va dalle Ande al mare.
La Reiche identificò la figura della scimmia con l’Orsa Maggiore, il Delfino e il Ragno con la Costellazione di Orione e le tre linee rette che passano sopra al Ragno erano dirette verso le tre stelle della cintura di Orione se osservate da un certo punto della pampa.
Per Gerald Howkins (1968) astronomo dell’Osservatorio di Astrofisica di Washington i disegni di Nazca hanno allineamenti stellari simili a quelli di Stonehenge e non solo, il disegno chiamato “Il Grande Rettangolo” coinciderebbe con la costellazione delle Pleiadi nel periodo in cui è stato creato.
Ad aumentare la dose di mistero contribuisce anche il famoso disegno del Ragno: l’animale in questione vive solo in Amazzonia e presenta una particolarità che non è sfuggita alla civiltà di Nazca: l’organo riproduttivo del ragno è una minuscola escrescenza posta sulla terza zampa, talmente minuscola che è visibile solo al microscopio.
La cosa sorprendente è che questa piccola escrescenza è presente anche nel disegno, e a quell’epoca il microscopio non era ancora conosciuto.
Secondo gli studi eseguiti dall’equipe del Prof. Giuseppe Orefici del Centro Studi e Ricerche delle Civiltà Precolombiane, impegnato in un progetto quinquennale fino al 2011, i “geoglifi” sarebbero dei percorsi di preghiera e i disegni riproducono animali relazionabili al concetto dell’acqua e della fertilità.
I fedeli percorrevano i sentieri durante i riti per invocare la pioggia ed eseguivano danze e cerimonie, come spesso accadeva in diverse antiche culture pre-colombiane.
I disegni avevano dimensioni così grandi perché dovevano essere visti dagli dei nel cielo.
Non tutti i geoglifi, però, rispondono a questa intepretazione: per alcuni gruppi di linee è stata accertata la funzione calendariale e corrispondenze con gli eventi climatici : alluvioni e periodi di crescente siccità che hanno portato alla desertificazione, a seguito della quale le popolazioni cominciarono ad abbandonare i villaggi e migrarono in cerca di nuovi territori.
Per concludere un’ultima affascinante particolarità.
Nel deserto di Nazca sono stati rinvenuti corpi mummificati alcuni dei quali presentano un cranio allungato probabilmente per motivi che non conosciamo ma che possono ricondursi a canoni estetici e molto più probabilmente religiosi.
Corpo mummificato con evidente deformazione craneale rinvenuto in una tomba di Usaka, durante gli scavi del 1989.
(Museo Antonini di Nazca)
Come dice Fabrizio nell’articolo “Anomalie craniche” che trovate nel sito: “Quest’ultimo tipo di pratica (quella del cranio dolicocefalico) sembrerebbe diffusa in moltiluoghi della Terra anche molto lontani fra loro ed in merito ritengo che ci sia un certo rischio nella deformazione sostanziale di un cranio infantile mediante la “fasciatura” cosidetta Rituale.” ed inoltre “ questo tipo di pressioni applicate al cuoio capelluto per deformare il tavolato osseo sottostante provocherebbe, come conseguenza, uno stato ischemico cronicolocale della cute con l’insorgenza di una piaga in tutto simile a quelle da decubito. Questo tipo di lesioni sarebbero state molto rischiose per la vita del neonato…si dovrebbe ipoteizzare che questo tipo di pratica prevedesse il sacrificio della salute di un certo numero di bambini per ottenerne alcuni con la testa molto allungata”.
Crani anomali ritrovati nell’isola di Malta
come nella penisola peruviana di Paracas
a Merida in Spagna (notare il raffronto con un cranio normale)
o in Egitto
Allora come non fare la similitudine con i tanti copricapo usati in ambito religioso?
Siamo nel campo delle ipotesi ma potremmo azzardare, fra le tante, allora anche quella degli antichi astronauti.
Ecco che le piste di Nazca e il ritrovamento di crani allungati potrebbero essere interpretati da noi che amiamo anche spingerci ai “confini” della ricerca come l’imitazione e l’ aspettativa del ritorno di un popolo venuto dalle stelle.