L'Uno e il Tutto

di Mariangela Ferrara

(anno 2003)

Comprendere i segreti della natura, dell’universo, della coscienza è la mèta che si è posta ogni serio ricercatore in tutte le epoche storiche, tentando, attraverso studi e analisi sempre più approfondite, di penetrare i misteri del mondo in cui viviamo, di rendere comprensibili i fenomeni di cui siamo testimoni, nella speranza di “conoscere il pensiero stesso di Dio”.

Con quest’obiettivo e per questo scopo, Einstein, già famoso per aver pubblicato la teoria della relatività (1905) dedicò gli ultimi anni della sua vita all’infruttuosa ricerca di una teoria unificata e completa in grado di dare una spiegazione ad ogni cosa, ma i tempi non erano ancora maturi, si sapeva ben poco sulle forze nucleari, ed inoltre Einstein si rifiutava, a torto, poiché smentito dalle successive acquisizioni teorico-scientifiche, di credere nella realtà della meccanica quantistica e nel principio di indeterminazione (Heisenberg, 1927). Celebre, a questo proposito, è la sua frase “Dio non gioca a dadi con l’universo”. Ancora oggi relatività generale e meccanica quantistica, pur rappresentando i due pilastri fondamentali della fisica, hanno campi d’indagine differenti.

La relatività generale trova la sua applicazione solo nell’infinitamente grande, la meccanica quantistica solo nell’infinitamente piccolo. Le due grandi teorie della fisica del XX secolo, perciò, non possono essere giuste entrambe, sono incompatibili fra loro. Questo significa che ci rivolgiamo di volta in volta alla relatività generale oppure alla meccanica quantistica.

La speranza resta quella di trovare una teoria unificata, coerente e completa che includa tutte le teorie parziali che descrivono invece solo un ambito limitato di fenomeni. La difficoltà principale nel trovare la grande teoria unificata è data dal fatto che la relatività generale è una teoria classica, ossia non incorpora il principio di indeterminazione, tuttavia sembra che tale principio costituisca un tratto fondamentale dell’universo in cui viviamo; una teoria unificata, per poter raggiungere il proprio obiettivo, deve quindi necessariamente incorporare questo principio.

Il grande astrofisico S. Hawking, nel suo libro “La teoria del tutto” sostiene che “un primo passo da compiere nella ricerca è quello di combinare la relatività generale con il principio di indeterminazione, ciò può portare a conseguenze notevoli come l’idea che i buchi neri non siano così neri, che l’universo sia racchiuso in se stesso e privo di confine, che lo spazio vuoto sia in realtà pieno di particelle e antiparticelle virtuali”.

La teoria unificata che la fisica cerca, tenta di riunire le grandi forze della natura per arrivare a comprendere la meraviglia del creato e la semplicità delle leggi su cui è fondato, per svelare il funzionamento dell’universo e per poterlo contemplare attoniti in tutta la sua bellezza ed eleganza.

Anche l’uomo fa parte di questo scenario, egli non è solo spettatore passivo di un meccanismo che sta al di fuori di lui. Egli fa parte integrante del tutto, forse non è soltanto mèro osservatore degli eventi e della realtà del cosmo.

La visione meccanicistica dell’universo è stata profondamente minata proprio dal principio di indeterminazione che, secondo l’interpretazione di alcuni ricercatori, dimostrerebbe che l’osservatore condiziona l’osservato ponendo l’uomo e più precisamente la coscienza dell’uomo stesso in una posizione interattiva rispetto al tutto.

La ricerca della “grande teoria unificata” mira alla descrizione di tutte e quattro le forze fondamentali (nucleare forte, nucleare debole, elettromagnetica e gravitazionale) e di tutta la materia nell’ambito di un unico quadro concettuale onnicomprensivo, attraverso formule ed equazioni sempre più complesse, ma può tenere anche conto di ciò che è definito “principio antropico” enunciato per la prima volta negli anni '50 da R.H. Dicke ed elaborato nel 1986 da J.D. Barrow e da F.J. Tipler e, secondo il quale “la spiegazione del perché l’universo ha le proprietà che osserviamo sta nel fatto che, qualora queste proprietà fossero differenti, è probabile che la vita non sarebbe emersa e, di conseguenza, noi esseri umani non saremmo qui ad osservare tali differenze. La peculiarità che contraddistingue la combinazione di forze e particelle del nostro universo è quella di permettere il formarsi della vita. L’esistenza della vita, della vita intelligente in particolare, è un presupposto necessario per potersi domandare perché il nostro universo ha le proprietà che ha”. In altre parole le cose nel nostro universo sono come sono perché se fossero diverse noi non saremmo qui ad osservarle. L’essere umano è parte della natura, della terra, dell’universo e come tale rispetta i ritmi biologici e cosmologici propri del suo ambiente. Egli partecipa anche alle misteriose sincronie della natura: nel cervello milioni di neuroni agiscono in modo coordinato per regolare il respiro, mentre un metronomo naturale dà il ritmo al cuore; il corpo umano è come un’orchestra i cui musicisti sono le singole cellule che seguono il ritmo regolato dal loro DNA. Non soltanto nel corpo umano ma in tutti i fenomeni naturali le sincronie sembrano avere un regista o un coreografo. Sono significativi in tal senso i comportamenti di alcune specie di piante o di animali, eccone alcuni esempi: in Cina, dopo mezzo secolo di fioriture casuali, i bambù di una stessa specie fioriscono tutti nello stesso periodo, le farfalle monarca ogni anno partono in massa dal Canada dirette al Nuovo Messico, i polipi della barriera corallina australiana in una notte di luna piena di agosto su un fronte di duemila chilometri liberano simultaneamente una nuvola di miliardi di uova.

Per non parlare delle straordinarie coreografie di nuoto sincronizzato di alcuni pesci che si dispongono in banchi dalle forme più bizzarre, o delle formazioni complesse che assumono gli stormi mostrando la capacità di volare e di muoversi all’unisono coordinati da un regista invisibile.

Anche gli elettroni in un superconduttore si muovono in sincronia, permettendo all’elettricità di fluire senza incontrare resistenza. Sembra esserci un impercettibile legame che unisce tutte le sincronie esistenti. “Molti organismi si comportano come oscillatori accoppiati cioè sistemi composti da molti elementi legati da una grandezza il cui valore in una unità del sistema influenzerebbe tutte le altre.”

Il matematico Steven Strogatz, docente di matematica applicata alla Cornel University e al Massachussetts Insitute of Tecnology, dopo venti anni di studi, sostiene questa tesi; i risultati ottenuti dimostrano perciò che l’uno, non solo è parte del tutto ma ne condiziona il funzionamento globale in un interscambio di informazioni dando luogo alle manifestazioni osservabili. Il matematico si spinge ad affermare, altresì, che alcuni comportamenti umani stranamente ritmici potrebbero essere spiegati dallo studio e dall’applicazione di questa nuova disciplina divenuta nota con il nome di “ scienza dell’ordine spontaneo”.

Le mode o i movimenti di pensiero sarebbero guidati dalle stesse leggi che regolano alcune sincronie naturali.Si Potrebbe anche azzardare l’ipotesi, quindi, che il sorgere repentino e quasi contemporaneo di varie culture storiche o di molteplici abilità umane, i tratti culturali e religiosi comuni alle civiltà superiori dell’antichità, potrebbero scaturire dalle connessioni individuate dall’interpretazione della “scienza dell’ordine spontaneo”.

Alla luce di questa nuova chiave di lettura degli eventi della natura, si può tentare di estendere il concetto dell’unione e dell’interazione della parte con il tutto anche a livelli più profondi. Non solo la materia, sia organica che inorganica, risponderebbe alle sincronie naturali, ma anche l’inconscio e di conseguenza il pensiero, la mente e taluni comportamenti, sarebbero soggetti a tale osmosi, creando incredibili sinergie.

Gli esseri umani sarebbero liberi nelle loro scelte ma collegati gli uni agli altri molto più di quanto si creda, impegnati nella danza individuale della vita ma ignari delle invisibili sincronie.

Sapendo che la coscienza emerge proprio a causa delle complesse connessioni neurali che hanno sede nella corteccia cerebrale,si potrebbe stabilire un’analogia e giungere ad identificare l’universo con un grande organismo vivo e pulsante, un corpo fisico, ma anche una metamente di cui le capacità cerebrali rappresenterebbero i neuroni.

Infatti, come in un corpo ogni cellula contribuisce e partecipa al funzionamento dell’organismo, così, sia nell’universo (infinitamente grande) che nell’atomo (infinitamente piccolo), ogni parte interagisce con il tutto. Purtroppo, tranne le incoraggianti previsioni fornite dalla teoria delle Superstringhe, secondo la quale la trama microscopica dell’universo è un intricato labirinto a più dimensioni in cui stringhe unidimensionali vibrano senza posa dando il ritmo alle leggi naturali, a causa dell’assenza di una teoria unificata, non possediamo ancora le equazioni adeguate e compatibili per entrambe le realtà. Forse, però, se ci si spingesse a considerare il Cosmo non solo come materia ma anche come spirito,inteso come essenza nascosta delle cose,soffio animatore del reale e insieme delle attività mentali, tenendo presente che gli elementi atomici si comportano sia come particelle sia come onde, si giustificherebbero anche le fluttuazioni quantistiche, le onde di probabilità e l’indeterminismo tipico dell’infinitamente piccolo, poiché, così come la materia a grande scala risponde a leggi fisiche definite e prevedibili, la psiche presenta invece caratteristiche indefinite ed imprevedibili.

In quest’ottica la ricerca della grande teoria unificata, riservata allo specifico campo della fisica, potrebbe essere ampliata ad ulteriori territori d’indagine e curare l’aspetto interdisciplinare, ponendo l’attenzione anche alla biologia, all’etologia, alla neurofisiologia, alla psicologia etc.

La scienza dell’ordine spontaneo ci ha suggerito un nuovo percorso da seguire ed un nuovo approccio alla spiegazione degli eventi della natura, attraverso l’attendibile ipotesi di correlazioni e collegamenti non solo fisici ma anche psichici.

Il principio di indeterminazione ci ha fornito un indizio facendoci comprendere che non esistono proprietà dell’universo a livello microscopico che si possono determinare con precisione e che l’osservatore interagisce con l’osservato.

Sulla base di tali presupposti che rappresentano le ultime frontiere della ricerca scientifica, si può dedurre che l’uomo è una parte del tutto al quale partecipa e, come tale, quindi, probabilmente influenza le interazioni tra le particelle elementari, gli scambi molecolari e cellulari, l’inconscio collettivo, già ipotizzato da Jung.

Per ora, nell’attesa di nuovi risultati sperimentali e di un più completo quadro teorico, possiamo solo accontentarci della certezza che nell’unico universo che osserviamo, tentiamo di comprendere e nel quale ci è consentito di vivere, determiniamo, attraverso le scelte che operiamo, il nostro destino e la nostra storia.

Bibliografia:

La teoria del tutto, Origine e destino dell’universo di S. Hawking, Rizzoli

Sincronia di S. Strogatz, Rizzoli