Gesù disse ai suoi discepoli: "Vegliate, I DOMENICA di AVVENTO - 29 Novembre 2020
perché non sapete quando è il momento..." Marco 13,33-37
Quando ero ragazzo, non so se è successo anche a voi, il commento di questa pagina del Vangelo insisteva sempre sull'attesa della venuta del padrone come giudice, come colui che viene a fare i conti, a condannare, forse volevano educarci con il timore del castigo, poi ho imparato a leggere il Vangelo e mi sono accorto che l'attesa di Colui che deve venire, nel Vangelo è invece carica di speranza, di fiducia, si attende il banchetto di nozze, la grande festa che il Signore prepara per noi.
Il Vangelo è pieno di attesa, di speranza: il seminatore semina con fatica il suo seme, che sembra a volte perdersi, ma poi c'è la grande festa della mietitura, il seme piccolo come un granello di senape poi diventa come un albero.
Si aspetta il mondo nuovo in cui siano beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace, quelli che hanno fame e sete di giustizia, si aspetta un futuro in cui ci sia la pienezza della vita, la libertà, il bene, per questo Gesù è venuto.
Tutto questo, se ci pensate ha radici antiche, la fede di Israele, che dovrebbe essere anche la nostra ha nel cuore la speranza del futuro, un futuro da costruire, comincia tutto con l'uscita dall'Egitto, Dio promette una terra nuova "dove score il latte e il miele", la terra del sogno, la terra dello Shalom, della pienezza della vita, della libertà, dell'amore. Dio dice al suo popolo: ecco la terra che io vi dono, andatela a conquistare. Avere fede significa vivere di speranza, avere il coraggio di costruire il mondo futuro.
Poi, troppo spesso, questa attesa si è trasformata in qualche cosa di mitico: si aspettava un personaggio glorioso che venisse dal cielo a risolvere, quasi con un colpo di bacchetta magica, tutti i problemi degli uomini. Ma Gesù, in cui noi cristiani riconosciamo Colui che viene, non è venuto con potenza, con forza - lo aspettiamo ancora il prossimo Natale - viene a farsi un piccolo bambino che condivide con noi il cammino, la speranza e ci parlerà attraverso tante parabole di fiducia, di coraggio di costruire la vita. Troppo spesso, per comodità, noi cristiani abbiamo spostato questa attesa in un'altra vita, quasi dimenticandoci che il nostro compito è qui, che qui che comincia il Regno di Dio, come dice il Vangelo di Luca: "è già in mezzo a voi".
È compito di ogni credente costruire un mondo più giusto, più bello, conservando sempre nel cuore il coraggio della speranza, ne abbiamo bisogno particolarmente in questo periodo difficile che viviamo nel nostro paese e nel mondo intero. Abbiamo bisogno di speranza, fiducia nei medici che trovino i rimedi per questi malanni, ma soprattutto speranza per non farci travolgere dalla paura, per continuare a cercare i valori autentici della vita, a costruire un mondo migliore.
Possiamo uscire dalla malattia non avendo più paura del virus, ma ci sono altre malattie da cui dobbiamo uscire: la malattia dell'indifferenza, della noncuranza dobbiamo fare in modo che Gesù nasca ancora in mezzo a noi, che siano vivi i suoi valori, i sogni del suo cuore.
Siamo qui per prepararci al Natale abbiamo acceso la prima candela della nostra attesa, accenderemo pian piano le altre, sperando che cresca in noi la speranza, il desiderio che Gesù nasca nel nostro cuore prima di tutto e poi intorno a noi e Gesù nasce quando cresce la condivisione della vita, la tenerezza, la voglia di camminare insieme, quando va via la paura e cresce la fiducia in noi stessi e nel mondo e nella presenza di Gesù accanto a noi: è venuto per condividere con noi la vita, ci ha donato il suo Spirito, ancora è con noi, tra poco ci nutriremo di Lui e quindi non dobbiamo avere paura, non dobbiamo aspettare il giudice, ma l'amico, il compagno di strada, Colui che continuerà a parlarci di speranza, a invitarci a non aver paura, anche se il mare è in tempesta e sulla barca qualche volta sembra a dormire, ma è con noi, perché tutti noi possiamo fare il nostro meglio per costruire la vita, per volerci bene, per essere più liberi e più capaci di amare.
Il Signore ci aiuti.
"...Io vi ho battezzato con acqua, ma II DOMENICA di AVVENTO - 6 Dicembre 2020
egli vi battezzerà in Spirito Santo" Marco 1, 1-8
Quando si legge il Vangelo si rimane colpiti della differenza profonda che c'è tra la figura di Giovanni Battista che vive vestito di peli di cammello, mangia cavallette e miele selvatico nel deserto e minaccia il castigo di Dio, il fuoco e quella di Gesù che sembra completamente diverso, Lui sta nella città, non si allontana, mangia, beve e parla più della tenerezza, del perdono e della festa. Mi sono spesso chiesto perché in questi 2000 anni la tradizione cristiana ha preso per modello più Giovanni Battista che Gesù, ci hanno sempre invitato alla penitenza, ai digiuni, hanno cercato di educarci con la minaccia del castigo.
Ma se c'è questa differenza - è una domanda che possiamo farci stasera - perché Giovanni è stato così importante per i primi discepoli e, con ogni probabilità, per Gesù stesso, tanto che, come sapete, Gesù si fa battezzare da Giovanni Battista? Che c'era di importante nel messaggio di Giovanni, per loro e cosa può farlo importante anche per noi oggi?
Vedete, al di là delle parole - spesso quando si legge il Vangelo bisogna andare al di là delle parole per cercare di cogliere i simboli - nel messaggio di Giovanni troviamo due simboli fondamentali: il deserto e il Giordano. Importanti perché Giovanni cerca di richiamare la sua gente agli inizi, ai fondamenti della fede ebraica, che poi sono anche i fondamenti della nostra fede, questo non dovremmo mai dimenticarlo. Perché il deserto è così importante della tradizione ebraico-cristiana? Il deserto è il luogo del cammino, dell'uscita dall'Egitto, dal mondo della schiavitù, del male, il viaggio verso la libertà, verso il futuro, verso la terra del sogno.
Ed è anche il cammino della fedeltà del popolo, che nonostante tutte le tentazioni, le difficoltà, le privazioni è stato capace di andare avanti, senza stancarsi, rispondendo all'invito di Dio a non fermarsi, a non tornare indietro: la radice della fede di Israele è il cammino verso una terra nuova, è il futuro, il sogno.
Il deserto, Giovanni cerca di ricordarlo, è anche il luogo in cui la vita è ridotta all'essenziale, non ci sono lussi, non si può possedere niente, si è quasi nudi in un cammino alla ricerca delle cose essenziali, dei valori fondamentali.
Ritrovarsi qualche volta nel deserto farebbe bene anche a noi, travolti dalla vita di ogni giorno, dalle preoccupazioni - in questo periodo non abbiamo parecchie - per fermarci un momento lontano dalla confusione, per usare le parole del vangelo di Marco: lontano dalla folla, per cercare dentro di noi che cosa è veramente importante. Anche Gesù ogni tanto si ritirava sul monte, anche Lui è andato nel deserto, anche Lui aveva bisogno di qualche momento in cui fermarsi, guardare il mondo un po' da lontano, ritrovare il senso della vita.
L'altro simbolo importante per Giovanni Battista è il Giordano: segna l'arrivo, il passaggio attraverso l'acqua, verso la terra nuova che bisogna conquistare, ci si lascia dietro le spalle la negatività, il male, si è finalmente liberi dall'Egitto da tutto quello che era schiavitù, mancanza di libertà si è finalmente arrivati nella terra nuova, nella terra del sogno, in cui la vita deve ritrovare tutta la sua bellezza. Questa terra il popolo di Israele deve conquistarla giorno per giorno, senza stancarsi, questa è anche la nostra missione, il cammino d'Avvento ci ricorda questo, anche noi siamo chiamati a riattraversare Giordano, a unirci a Gesù nel suo Battesimo, anche lui passa attraverso l'acqua, vuole esserci vicino nel tentativo di lasciare dietro le spalle tutto quello che è negativo per conquistare una terra nuova.
Ecco i due grandi simboli il deserto, il Giordano: ci invitano a cercare i valori essenziali della vita, ritrovando anche il senso della sobrietà, i momenti di silenzio, nel nostro cammino sulla terra troppe cose ci preoccupano e qualche volta rischiamo di dimenticare le cose essenziali: questo tentava di ricordare Giovanni Battista alla sua gente, usando parole che noi non condividiamo, minacce di castigo, fuoco, uno stile di vita che non è certo quello di Gesù, ma nel suo messaggio possiamo ritrovare cose essenziali della nostra fede: la speranza, la sobrietà, la ricerca delle cose essenziali, il cammino verso il futuro, verso la terra promessa, la terra del sogno, dell'amore.
Il Signore ci aiuti.
Venne un uomo mandato da Dio III DOMENICA di AVVENTO - 13 Dicembre 2020
e il suo nome era Giovanni Giovanni l, 6-8. 19-28
Giovanni è per i primi cristiani il grande profeta mandato a preparare la strada a Gesù, non è lui la luce, ma soltanto una voce che grida nel deserto.
Se ricordate domenica scorsa dicevamo che Giovanni ci invita a riscoprire il deserto, il cammino per uscire dall'Egitto, dalla schiavitù, dal male, per camminare verso la terra nuova, il tempo del coraggio, della speranza, il momento dell'incontro con Dio e della fedeltà alla sua Parola.
Ci invitava anche a ritrovare gli spazi del silenzio, per guardare il mondo un po' dall'alto, per ritrovare in noi stessi i valori veramente importanti.
Oggi vorrei parlarvi di un altro aspetto della figura di Giovanni, forse importante per noi nel momento così particolare che stiamo vivendo. Leggevo proprio ieri un'altra pagina del Vangelo in cui si parla di Giovanni che è in prigione e manda i suoi discepoli a chiedere a Gesù: "Sei tu Colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". È il momento del dubbio di Giovanni: è finito in prigione e si aspetta che il Messia venga a salvarlo, forse pensa di essersi sbagliato, forse si sente abbandonato da Dio.
Penso che molti dei primi cristiani - a differenza di noi conoscevano bene il Vangelo - abbiano letto e riletto quella pagina del Vangelo per cercarvi consolazione e tranquillità nei loro momenti di dubbio, perché Gesù in quella stessa pagina dice che Giovanni "è il più grande tra i nati di donna", solo di lui si parla così nel Vangelo, dunque se anche il più grande attraversa momenti di dubbio, non posiamo sgomentarci se li proviamo anche noi. Giovanni si aspetta aiuto e protezione da parte di Dio e anche noi ce lo aspettiamo, se veniamo a Messa, se cerchiamo di comportarci bene speriamo che le cose ci vadano bene, una delle frasi che ho più sentito ripetere nel corso della mia vita di prete è: "Padre che male ho fatto perché mi capiti tutto questo?" in certi momenti ci sentiamo abbandonati da Dio. La stesa cosa capita a Giovanni, ma lui è "il più grande tra i nati di donna" quindi il dubbio fa parte del cammino del credente, avere dubbi non significa non avere fede.
Gesù manda i discepoli a riferire a Giovanni quello che vedono: i ciechi riprendono la vista, i sordi odono, gli storpi camminano, i morti risorgono, ai poveri è annunciata la buona novella e a dirgli che non si scandalizzi di Lui. Quando parlano così i primi cristiani non pensano ai prodigi, ai miracoli, pensano alla loro vita: si sentono delle persone che erano come sorde, non avevano mai sentito parole di vita come quelle che diceva Gesù, si accorgevano di essere stati spesso come ciechi, confondendo le grandi intuizioni della Legge con le regole spesso minuziose e opprimenti che cercavano di difenderle, scoprivano di non aver capito che cosa fosse importante, Gesù aveva aperto i loro occhi. Quando parlavano del loro Battesimo - lo trovate spesso nelle lettere di Paolo - dicono che si sentivano come morti tornati alla vita, sentivano di vivere nel mondo della morte, dell'odio, della violenza, dell'ingiustizia e ce n'era tanta in quel tempo e l'incontro con Gesù li aveva portati in un mondo nuovo, della vita vera, della gratuità, dell'amore.
Ora questo può essere anche per noi l'invito di Gesù quando ci sentiamo abbandonati da Dio, quando ci viene qualche dubbio, quando ci chiediamo perché Dio non cambia le sorti di questo mondo, perché se può fare miracoli non li fa più spesso, perché permette tanta fame nel mondo, dobbiamo ritornare a quella parola di Gesù ricordando che se siamo qui è perché abbiamo fatto esperienza dell'amore di Dio, anche a noi Gesù ha aperto li occhi, ci ha fatto cogliere i valori essenziali della vita, adesso tocca a noi guarire il mondo, essere testimoni dell'amore, della gratuità e possiamo non aver paura: abbiamo accolto Gesù dentro di noi e non siamo mai lontano da Dio, anche se qualche volta sbagliamo, Lui ci vuole sempre bene, è sempre con noi e se capita qualche guaio c'è da aspettarselo nella vita, non è che Dio voglia punirci, così è la vita la vita: fatta di virus, di tanti malanni, non sono opera del Signore, è la natura e se ci vengono dubbi ricordiamoci di Giovanni Battista, come facevano i primi cristiani, se lui il più grande tra i nati di donna ha avuto dubbi, possiamo averli anche noi e ripensiamo alla nostra storia, se siamo qui è perché abbiamo fatto esperienza dell'amore di Dio, anche a noi Gesù ha toccato il cuore, ci ha fatto cogliere i valori essenziali della vita e cercheremo di superare i nostri dubbi ritrovando la fiducia nel Signore e nella nostra fede.
Il Signore ci aiuti.
"...concepirai un figlio, lo darai IV DOMENICA di AVVENTO - 20 Dicembre 2020
alla luce e lo chiamerai Gesù..." Luca 1, 26-38
Ci prepariamo a celebrare il Natale. Vivere il Natale significa tentare di far nascere di nuovo Gesù, di rendere viva la sua vita per noi, di fare in modo che diventino vivi i suoi pensieri, i suoi valori, i sogni del suo cuore, che facciano parte della nostra vita e di quella di questo nostro mondo.
Ma è possibile, rendere presenti i suoi valori in questo mondo così complicato così pieno di violenza? Tante volte durante il corso della mia vita mi son sentito dire che il Vangelo e i valori di Gesù andavano bene per il tempo di una volta, quando il mondo era più pacifico, più tranquillo, sorridendo rispondevo che il mondo in cui è nato Gesù era molto più violento di questo, più pieno di ingiustizia, eppure Gesù è venuto a condividere con noi la vita proprio perché quello che sembra impossibile lo diventi, perché i suoi valori siano condivisi e il mondo diventi migliore.
E poi io sono capace di testimoniare Gesù, di renderlo presente nella mia vita?
Sono domande serie, Maria ci può aiutare, nel bellissimo racconto di Luca abbiamo ascoltato, l'annuncio dell'angelo la invita a far nascere un figlio lei che è vergine, la prima cosa che risponde è che le sembra impossibile, significa andare al di là delle leggi della natura.
Poi si sarà chiesta, come ci chiediamo noi, se sarà capace, nonostante tutti i rischi che potrà correre, di accogliere nella sua vita questo figlio, di stargli vicino, di farlo crescere, forse questi dubbi hanno attraversato il cuore di Maria, poi come avete ascoltato è andata aldilà di ogni dubbio. Forse da lei possiamo imparare che è meglio non domandarci se è possibile o impossibile, se siamo capaci non siamo capaci: l'unica risposta è quella di Maria: "Eccomi, sono la serva del Signore".
A molti cristiani la parola "serva" non piace, ma è una parola chiave del Vangelo, la parola forse più importante, la ascoltiamo qui all'inizio e alla fine Gesù dirà: "Non sono venuto per essere servito, ma per servire per donare la vita".
Maria dona la vita e invita anche noi a farlo, a condividere quello che siamo, senza chiederci se è possibile o non è possibile, se siamo capaci e non siamo capaci, ecco io mi metto a disposizione perché la Parola diventi viva in me e io possa in qualche modo rendere presente Gesù nella mia vita, come non lo so, qualche volta ne sarò capace, qualche volta un po' meno, l'importante è che io continui ad essere disponibile e a dire come Maria: "Eccomi".
Quando leggo questa pagina del Vangelo una cosa da sempre mi colpisce: Maria del grande annunzio dell'Angelo sembra comprendere una cosa sola, che sua cugina Elisabetta, che è avanti con gli anni, aspetta un figlio, si alza in fretta e corre. Comincia l'essere serva non in astratto, ma in concreto, va a mettersi a disposizione della cugina, a dare una mano se può.
Ricordiamoci mettere la nostra vita a disposizione di Dio significa metterla a disposizione di chi abbiamo accanto, dare una mano nelle cose semplici di tutti i giorni, forse non siamo capaci di fare cose grandi, ma anche Maria non lo è stata, è andata a dare una mano a sua cugina, gli è stata vicino forse per qualche mese, per dare coraggio, per manifestarle tutto il suo affetto, è quello che possiamo fare anche noi.
Il servizio, la vita condivisa, il dono, l'amore non sono fatti secondo me di grandi gesti, qualcuno ne è capace, ma quello che il Signore ci chiede è di condividere la vita, allora Gesù lo incontriamo nelle persone che ci stanno intorno e li possiamo anche noi dire: "Eccomi".
Faccio quello che posso, dono quello che posso di me stesso, senza farmi tante domande, se non ci riesco, se qualche volta sbaglio so che il Signore è venuto per me, per darmi coraggio, nasce per stare vicino alla gente che non ce la fa, che non si sente buona, che ha bisogno ogni giorno di rinascere, occorre trovare il coraggio di credere, di sperare, di saper dare qualche cosa gli altri, speriamo di poter vivere così il Natale che viene.
Il Signore ci aiuti.
C'erano in quella regione alcuni pastori NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2020
...l'Angelo disse loro: "oggi è nato per Luca 2, 1-14
voi un Salvatore che è Cristo Signore..."
Andiamo anche noi a Betlemme, anche noi ascoltiamo l'annuncio dell'Angelo: "oggi è nato per voi un Salvatore", come non andare, abbiamo bisogno di un Salvatore, ne abbiamo bisogno sempre, ma soprattutto in questo tempo un po' più difficile, abbiamo bisogno di qualcuno che ci salvi, ci protegga, ci custodisca.
Allora ci mettiamo in cammino pieni di fiducia, di attesa, di speranza, pronti a presentare i nostri bisogni… arriviamo e troviamo una povera capanna spoglia, una mangiatoia e lì un bambino appena nato, ci fermiamo a guardare questo bambino, un cucciolo d'uomo, appena nato: il mistero della vita, la bellezza della vita che sboccia, ci fermiamo a guardare rapiti questo bambino, non vorremmo staccare gli occhi da lui, è troppo grande il mistero di un bambino che nasce, troppo bella la forza della vita.
Poi ci guardiamo intorno e cominciamo a farci qualche domanda: perché è nato qui in questo posto desolato, possiamo domandare a Giuseppe: "Perché siete qui?", "Non abbiamo trovato posto, nessuno ci ha voluto accogliere, nessuno ci ha fatto spazio, nessuno ci ha ricevuto".
E cominciamo allora a domandarci: un Salvatore che tutti rifiutano, che nessuno accoglie che Salvatore è?
Allora guardiamo il Bambino: ha bisogno di tutto, un refolo di vento può spegnerlo, ha bisogno di calore, di un po' di fuoco, di qualche coperta, ci tende le sue manine, ci guardiamo intorno per vedere se possiamo fare qualche cosa… e sconcertati ci chiediamo: ma che Dio si manifesta in questa stalla? Abbiamo sempre pensato a un Dio onnipotente, che protegge la vita dell'uomo, la custodisce, abbiamo sempre pensato di avere bisogno di Dio e se invece avesse Lui bisogno di noi?
Allora torniamo di nuovo, per superare lo sgomento, a guardare quel Bambino ci fermiamo a contemplare la bellezza, il mistero della vita, qualche cosa di straordinario, quel Bambino crescerà lo vedremo sorridere, cosa c'è di più bello del sorriso di un bambino? e forse pensiamo a guardarci anche intorno, sarà stata una notte stellata non lo sappiamo, tutto lo splendore della natura, possiamo fermarci a contemplare tutto quello che c'è di bello nella vita e allora forse cominciamo a capire che veramente Dio è venuto a salvarci, perché riesce farci uscire da noi stessi, a portarci al di là dei nostri bisogni, al di là del nostro egoismo, a farci capaci di contemplare la bellezza della vita e a farci capaci di capire che la vita ha bisogno di noi, del nostro amore, della nostra tenerezza, della nostra passione: Dio ha bisogno di noi.
Scopriamo lì nella povertà di Nazareth non il Dio onnipotente di cui crediamo di aver bisogno, ma il Dio impotente, che tende le mani verso di noi e ci chiede di uscire dai vostri egoismi, ha bisogno di noi… e se essere salvati significasse proprio questo: essere capaci di amare?
È questo il dono del Natale, il Dio che contempliamo nella mangiatoia di Betlemme non è un Dio onnipotente, ma il Dio che è venuto a camminarci accanto, per esserci amico, condividere il nostro cammino, per salvarci, ma nel senso più vero, salvarci perché diventiamo capaci di gratuità, di donare noi stessi, di prenderci cura di questa vita, degli uomini e della natura.
L'augurio più bello che possiamo farci per Natale è di accogliere quel Bambino, le sue mani tese, accogliere Dio che ha bisogno di noi, che ci chiede di uscire dai nostri gusci e diventare capaci di amare.
Vorrei concludere con un augurio ricordando le prime parole che avete ascoltato nella lettura di Isaia: "il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce" abbiamo camminato quest'anno che sta passando nelle tenebre, adesso cominciamo a intravedere la luce, vi auguro che diventi sempre più luminosa e ci renda tutti i migliori.
Il Signore ci aiuti.
…fecero ritorno in Galilea alla loro città di SANTA FAMIGLIA di GESÙ - 27 Dicembre 2020
Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava… Luca 2,22-40
Quando ero ragazzo mi presentavano la Famiglia di Nazareth come il modello di ogni famiglia, mi dicevano che Gesù era un bambino rispettoso, ubbidiente, mai una risposta sgarbata, mai una parolaccia, Maria una mamma amorevole, dedita alle cose di casa, attenta a far crescere il suo figliolo, Giuseppe impegnato quasi sempre nella sua bottega di falegname a procurare il mangiare per tutti: una famiglia ideale.
Poi crescendo mi sono accorto che questa famiglia è unica, eccezionale, non può essere un modello: un padre che lo è solo di nome, una mamma che è vergine, un figlio che quando arriva a dodici anni lascia i genitori e va nel tempio e quando lo ritrovano risponde pure male e poi a trent'anni circa lascia la bottega del padre, in cui aveva lavorato fin da piccolo, dando una mano, doveva secondo la tradizione continuare il lavoro del padre, rifiuta di sposarsi, cosa assolutamente impensabile per un ebreo di quel tempo.
Qui avete ascoltato che la famiglia di Nazareth adempie scrupolosamente la legge della purificazione, poi offre le due colombe per il riscatto… quel Figlio cresciuto aiuterà i suoi discepoli ad andare oltre la legge, a superare i riti di purificazione, a capire che quello che conta non è la tradizione, la regola, i ruoli, ma il rispetto dell'uomo, ha insegnato più volte nella sua vita che non è l'uomo fatto per il sabato, ma il sabato è fatto per l'uomo, l'uomo non è fatto per la tradizione, le regole, le leggi, ma tutto è fatto per l'uomo, per la sua crescita e quindi ha portato i suoi discepoli anche noi ad andare oltre tutto quello che non rispetta la vita dell'uomo.
Poi, guardandomi intorno, mi sono accorto sempre di più che di famiglie ne esistono di tutti i tipi: ci sono persone che riescono a stare insieme per tutta la vita, ne ho conosciute di straordinarie, altre che non ci riescono, che si separano, poi si rimettono insieme con qualcun altro, poi magari non ci riescono ancora, ho visto che ci sono famiglie in cui sono si sono unite persone di tradizioni, di culture diverse, con un diverso colore della pelle, che venivano da terre lontane, cosa impensabile un tempo, quando ero bambino si diceva: "mogli e buoi dei paesi tuoi" mi accorgevo che erano regole che non valevano più.
Si scopriva anche che c'erano famiglie fatte di due soli uomini o di due sole donne, famiglie in cui c'era una persona sola o perché una se ne era andata o perché chi era solo non era riuscito a trovare un compagno o una compagna di vita. Un tempo c'erano famiglie con tanti bambini che a volte vivevano insieme, oggi ogni famiglia vive per conto suo e di figli ce ne sono uno o due, raramente di più, a volte nessuno, insomma non uno, ma un'infinità di tipi di famiglia, non esiste un modello, come non esiste un modello per educare un figlio, per stargli vicino, perché ognuno è diverso e allora ho capito che Gesù ci aveva dato il criterio: quello che conta è il rispetto dell'altro, una famiglia è veramente tale quando si sa rispettare l'altro così com'è, nella sua diversità, anche quando sbaglia, si sa trovare strada della riconciliazione, riprendere il cammino.
Occorre saper accettare la diversità delle culture, il mondo che cambia, come sono educato io non sono certo educati i miei nipoti, forme, ruoli, regole cambiano quello che conta è il rispetto, il rispetto vero, profondo, la tenerezza verso l'altro, è questo che fa una famiglia e ogni famiglia è diversa dalle altre, perché siamo tutti diversi, in qualcuna si litiga di più, in qualcuna di meno, ma non significa che sia amino di più o di meno, perché i nostri caratteri sono tutti diversi e allora ripeto: quello che conta è il rispetto, non esistono modelli ideali, ogni famiglia deve cercare il proprio cammino, cercarlo con passione giorno per giorno, qualche volta non ci si riesce, si riprende la strada, si passano momenti di crisi e si cerca di superarli e di andare avanti sempre cercando di accogliere l'altro, di fargli spazio, di vivere l'attenzione, più che l'amore credo che conti il rispetto, che siamo capaci di rispettare veramente l'altro per quello che è, accogliere la sua diversità, come Gesù, Maria e Giuseppe hanno saputo rispettarsi e accogliersi pur nella loro assolutamente straordinaria diversità.
Il Signore ci aiuti.
In principio era il Verbo e il Verbo II DOMENICA dopo NATALE - 3 Gennaio 2021
era presso Dio e il Verbo era Dio Giovanni 1,1-18
I vangeli di Matteo, di Luca e di Giovanni hanno all'inizio un prologo in cui tentano di dire chi è Gesù, i vangeli di Luca e di Matteo lo fanno raccontando la storia della nascita di Gesù, storie ricche di simboli, una quella di Luca, l'abbiamo ascoltata il giorno di Natale, ricordate: l'Angelo che annuncia il Salvatore, poi la mangiatoia, il Bambino appena nato, i pastori, la povertà più totale, la gente semplice e il rifiuto di un posto e poi il canto degli Angeli, mercoledì prossimo nella festa dell'Epifania ascolteremo l'altro racconto quello di Matteo, molto diverso, i simboli sono altri: non c'è la mangiatoia, non c'è la capanna, c'è una casa, non ci sono i pastori, ci sono i Magi, personaggi che vengono da lontano e c'è una stella che cercano di seguire fino a scoprire "con grandissima gioia il Bambino, cercano di dirci attraverso questi simboli chi è per loro Gesù, raccontano cercando di esprimere all'inizio di cosa parlano i loro vangeli, quasi la conclusione messa in anticipo.
Come avete ascoltato il Vangelo di Giovanni lo fa in maniera completamente diversa, non racconta storie enuncia concetti, cerca di dare definizioni: "In principio era il Verbo è il Verbo era presso Dio è il Verbo era Dio" e qui, vedete, noi troviamo qualche difficoltà, ma questo è il tentativo - dicono quelli che se ne intendono - straordinario di un gruppo di persone di trovare il modo di parlare di Gesù alla gente con il linguaggio del loro tempo: dietro la parola Verbo che non abbiamo tradotto si dovrebbe dire: Parola, c'è la storia dell'Antico Testamento, la Parola di Dio che è quasi personificata, che opera fin dalla creazione del mondo e c'è anche parte della filosofia greca: il Logos, la razionalità dell'universo, attraverso queste parole cercano di dire chi è Gesù e annunciarlo a gente che parla un altro linguaggio, che non vive più in Palestina, che non ama raccontare, non vuole simboli, ma vuole cercare di definire chi è Gesù con parole precise, quasi una definizione.
Nel corso della storia della Chiesa si è molto insistito sul tentativo di dire in maniera sempre più precisa chi è Gesù, nei primi secoli questa ricerca è costata divisioni, liti e anche sangue, una ricerca che è continuata fin quasi ai nostri giorni.
Tra poco reciteremo il Credo dove troviamo il tentativo di dire chi è Gesù, in cosa crediamo in maniera sempre più precisa: "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre" come vedete si aggiungono sempre più parole per definire chi è Gesù.
Questo è continuato fino ai nostri giorni, molti di noi alla domanda: chi è Gesù? rispondevamo con la rispostina del catechismo: Gesù è la seconda persona della Santissima Trinità, il Figlio di Dio fatto uomo e ci sembrava di rispondere in maniera precisa, ma pian piano ci siamo accorti che certe parole nel corso dei secoli muoiono, oggi nessuno parla più del Verbo, perché non c'è dietro la nostra cultura quella di quel tempo che ha portato ad usare questa parola, oggi nessuno di noi parla più di sostanza, per molti di noi le parole del Credo sono diventate antiche, non parlano più al nostro cuore e forse nemmeno la nostra mente, forse bisognerebbe trovare parole nuove.
Ecco il compito di una comunità cristiana e di ciascuno di noi è quello di cercare di esprimere di nuovo chi è Gesù, provate a pensare se un bambino o un adolescente vi chiede: chi è Gesù? non potete rispondergli: la seconda persona della Santissima Trinità, il Figlio di Dio fatto uomo, non capirebbe niente, avete bisogno di dargli una testimonianza, di trovare parole nuove che possano risuonare nella sua mente, nel suo cuore, quali siano queste parole io non lo so, forse bisogna saper raccontare la propria esperienza, come abbiamo conosciuto Gesù, chi è stato per noi, come è stato per noi luce, ci ha fatto vedere con occhi nuovi e noi stessi e gli altri e il mondo, forse dobbiamo raccontare storie per tentare di dire con parole comprensibili a chi parliamo oggi chi è per noi Gesù.
Dobbiamo imparare da chi ha scritto la pagina che abbiamo letto, perché hanno fatto uno sforzo grande, ci hanno messo mesi, forse anni di riflessione per arrivare a dire queste parole che a noi suonano difficili, ma invece potevano comunicare la loro fede ai contemporanei, anche noi, con la stessa passione, dobbiamo cercare di dire chi è Gesù alla gente che incontriamo, ai ragazzi, agli adolescenti, dirlo con parole comprensibili, che toccano il cuore, che facciano intuire che Gesù dice parole straordinarie, ci fa liberi, capaci di amare, di conoscere i valori più importanti, ci fa capaci di avvicinarci al mistero di Dio, che abita l'oltre, sempre ricordando che nessuna parola può mai dire pienamente la realtà di Gesù e tanto meno la realtà di Dio, possiamo solo intuire qualcosa.
Forse possiamo raccontare la nostra esperienza, come facevano gli antichi, forse possiamo usare i simboli, inventare linguaggi nuovi per essere testimoni di Gesù, della nostra fede in questo nostro mondo che cambia rapidamente.
Il Signore ci aiuti.
Entrati nella casa, videro il Bambino con EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2021
Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Matteo 2, 1-12
Abbiamo ascoltato un altro racconto della nascita di Gesù, il primo quello del Vangelo di Luca l'abbiamo ascoltato il giorno di Natale, oggi quello di Matteo, non è il proseguimento del primo è un altro racconto, questi due Evangelisti mettono all'inizio del loro Vangelo un prologo, scritto probabilmente dopo, dove tentano, narrando la storia della nascita, di dirci chi è Gesù per loro, che esperienza ne hanno fatto, Matteo si sofferma anche per dirci come secondo lui si può incontrare Gesù e quali difficoltà si incontrano nel cammino.
I protagonisti della storia, come avete ascoltato, sono persone che nessuno sa chi siano, probabilmente immaginarie, il Vangelo li chiama Magi, vengono da Oriente, da lontano, sono dei pagani, ormai è scontato anche per la comunità di Matteo, che è quella più legata alla tradizione ebraica che anche i pagani possono cercare e incontrare il Signore e quindi in queste persone che non appartengono al popolo Ebreo, che vengono da lontano, anche noi, lontani dalla Palestina, possiamo identificarci, così come si identificavano i primi cristiani.
Come si può incontrare il Signore? Inseguendo la luce, qui è rappresentata dalla stella, non pensate ad un astro del cielo, si fermerà sulla casa, le stelle non si fermano sulle case, è solo un simbolo di luce, per arrivare a Gesù occorre essere desiderosi di luce, cercare il senso della vita, cosa significa essere uomini, qual è il nostro rapporto con gli altri, con Dio.
È una ricerca lunga - vengono da lontano - qui c'è probabilmente il ricordo della grande intuizione di Israele nel cammino dell'uscita dalla terra d'Egitto, anche lì si cammina a lungo inseguendo la libertà, il sogno di un mondo dove scorra latte e miele.
Il Cristiano è uno che cerca la luce, il senso della vita, che ha dei sogni nel cuore e cammina senza stancarsi, nonostante le difficoltà.
Quali difficoltà si incontrano secondo il Vangelo di Matteo? Ancora un simbolo: la città, quando entrano in città la stella scompare, che c'è in città che preoccupa i primi cristiani, dove vedono la difficoltà? Ci sono i sapienti, quelli che rispondono subito quando chiedono loro dove deve nascere il Re, ma nessuno di loro si muove, non cercano più, non hanno nessuna curiosità di andare a vedere la stella, pensano di possedere già la luce e la verità. Pensare di sapere chi è Gesù, ce lo dirà più volte il vangelo di Marco è diabolico, il diavolo che pensa di sapere deve tacere, per incontrare Gesù bisogna pensare di non possedere la verità, la luce, bisogna cercare senza credere mai di essere arrivati.
Nella città c'è poi un'altra difficoltà: la folla, la incontreremo quest'anno leggendo il Vangelo di Marco quasi in ogni pagina, la folla che come avete sentito si agita, non sa cosa pensare, si lascia trasportare dall'ultimo imbonitore - lo si è visto tante volte nel corso della storia, il secolo scorso è stato drammatico - diventa massa, che rinuncia a cercare a pensare, è difficile pensare è meglio affidarsi a chi ci dice che risolverà ogni problema, ma rinunciare a pensare significa rinunciare ad essere uomini.
Poi l'ultima drammatica difficoltà che si può incontrare nella città: Erode, qui il simbolo della violenza, che porta dolore, sofferenza, morte, anche questo bisogna attraversare, senza lasciarsi sopraffare, per incontrare il Signore.
I Magi attraversano la città e rivedono la stella e "con grandissima gioia" incontrano il Bambino Gesù è Lui la luce, con Lui possiamo continuare a inseguire la luce, a cercare il senso della vita, i valori autentici, la gratuità, la giustizia, la bontà, la tenerezza, conservare nel cuore sogni e adesso sappiamo di non essere soli, sappiamo che Gesù, la luce, cammina con noi e possiamo ascoltare la sua Parola, è quello che faremo in quest'anno che ci sta davanti, cercheremo aiutati dal Vangelo di Marco la luce di Gesù, i valori che si portava nel cuore, i sogni che vuole comunicarci.
Il Signore ci aiuti.
Gesù venne da Nazareth e fu battezzato BATTESIMO del SIGNORE - 10 Gennaio 2021
nel Giordano da Giovanni. Marco 1, 7-11
In tutti i vangeli la vita pubblica - così la chiamano - di Gesù inizia con il battesimo nel Giordano, è un episodio questo che i primi cristiani raccontano con grande imbarazzo, nei Vangeli di Matteo, di Luca Giovanni dice: "Non sono io che devo battezzare te, sei tu che devi battezzarmi".
Perché Gesù si fa battezzare? Marco come avete ascoltato è estremamente sobrio, lascia a noi il tentativo di capire, si limita a dirci che Giovanni ha detto che non è degno nemmeno di sciogliergli i sandali, poi c'è la voce dal cielo che dice questo è il Figlio, l'amato, perché il Figlio si fa battezzare nel Giordano? Marco non aggiunge niente, vuole che siamo noi a cercare di capire, Marco è così, lo vedremo in tutto il Vangelo che quest'anno ci accompagnerà, è il più sobrio, usa i simboli, si affida a noi.
Guardate, ritengo questo molto importante perché purtroppo nel corso della storia l'autorità ecclesiastica spesso ha sottratto il Vangelo al popolo cristiano, era proibita la traduzione in italiano, fino all'inizio del secolo scorso il Vangelo in italiano era nell'indice dei libri proibiti, l'autorità non si fida di noi, non ci lascia interpretare liberamente il Vangelo, per Marco non è assolutamente così, il Vangelo è affidato a noi, al tentativo di capire, magari confrontandoci tra di noi, aiutandoci insieme, cercando di entrarci dentro e di farlo nostro.
Cosa significa allora questa pagina del Vangelo, perché Gesù il Figlio si fa battezzare con un rito di penitenza, per chiedere perdono dei peccati, ma quali peccati ha Lui è il santo, il giusto e allora perché sta lì insieme con gli altri, perché come suggeriscono gli altri Vangeli non si mette dalla parte di Giovanni, perché non è lui che battezza?
Quando era un giovane prete ho passato decine e decine di ore in Confessionale e c'era fuori spesso, quando stavo in una parrocchia grande, una lunga fila di persone, credo che anche loro pensassero, come me quando ero ragazzo, che Gesù lo avrebbero trovato dietro la grata, il sacerdote lo rappresentava… Marco ci dice non avete capito, sta in mezzo alla fila, se hai il cuore pesante, se ti senti in colpa non lo trovi davanti per giudicarti, ma accanto a te, per camminare con te, per prenderti per mano, darti coraggio, aiutarti a superare il male, Lui con il tuo male non può fare pace assolutamente, ma con te sempre, ti stava vicino, cammina con te… Gesù dalla parte dell'uomo che sbaglia, il Vangelo lo ripete quasi in ogni pagina, ricordate la parabola del buon pastore che va a cercare la pecora perduta, tutti i banchetti di festa con Matteo il pubblicano, con Zaccheo, con i peccatori e si scandalizzano perché va con i peccatori, ma Gesù è venuto per loro.
Ecco allora Gesù che incontriamo in questa pagina del Vangelo non è il giudice, non è colui che è pronto a condannare, a mandarci all'inferno, se tutta quella gente che era fuori del mio Confessionale avesse riflettuto su questo non sarebbe venuta a confessarsi con un peso sull'anima, con la paura di non essere perdonati, temendo il castigo di Dio, ho cercato tante volte di portarli oltre il senso di colpa, qualche volta ci sono riuscito, spesso no, ho incontrato delle mamme che avevano paura di essere punite nei figli, questo è rinnegare il Vangelo: Gesù è venuto per stare vicino a chi sbaglia, per dargli la mano, per questo non lo troviamo dalla parte di Giovanni, ma insieme a tutti quelli che ci mettono in fila per andare da lui, entrano nell'acqua, chinano il capo, Gesù compagno del nostro cammino anche quando sbagliamo, anzi direi soprattutto quando sbagliamo, dobbiamo sentirlo vicino che ci tende la mano, ci rialza, ci aiuta a combattere il male.
Combattere il male è il compito del cristiano, Marco scrive subito dopo che dopo il battesimo Gesù viene spinto nel deserto a combattere il diavolo, è il simbolo del male che va sempre combattuto.
Oggi molta gente non si confessa più, ritengo che non sia un gran male, anzi forse un bene. ma certo se perdiamo il senso della gravità del male - e male è quello che fa soffrire il prossimo, che procura danno - non siamo più dei credenti, abbiamo perso qualcosa di essenziale, il male sciupa la vita, qualche volta capita anche a me di farlo, ma Gesù è lì accanto a me, mi prende per mano, cammina con me, per portarmi oltre, Lui ci battezza con lo Spirito, che da speranza e il desiderio di guardare avanti e la voglia di essere migliori, di riempire il nostro cuore dell'amore di Dio e del prossimo.
Il Signore ci aiuti.
"Ecco l'agnello di Dio, colui che II DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 17 Gennaio 2020
toglie il peccato del mondo" Giovanni 1, 29-34
Giovanni Battista indica Gesù chiamandolo "Agnello di Dio" lo ripetiamo anche oggi prima della Comunione, perché i primi cristiani mettono in bocca a Giovanni questa parola, da dove viene? Non è facile capirlo, gli studiosi hanno opinioni diverse, quella che mi convince di più fa riferimento all'Agnello Pasquale della grande notte della liberazione, è il dono di Dio, l'agnello che con il suo sangue salva il suo popolo, gli permette di uscire dalla terra d'Egitto e di andare verso la terra dove scorre il latte il miele, è l'agnello della libertà, della salvezza, forse pensano a questo ricordo che sta nel cuore della fede ebraica, non dovete dimenticare che l'Esodo, l'uscita dall'Egitto, il racconto di questo passaggio dalla schiavitù verso la libertà, l'attraversamento del deserto è nel centro della religiosità ebraica, ogni tanto si torna lì e quindi anche i primi cristiani che come sapete sono tutti ebrei per indicare Gesù usano: Agnello di Dio.
Anche per noi Gesù è il dono di Dio che viene a liberarci, a portarci al di là del male verso la terra della libertà e della giustizia.
I due discepoli che ascoltano questa parola seguono Gesù che si volta: "Che cercate?" "Rabbì dove abiti, chi sei?". C'è una differenza non so se avete notato tra il Vangelo di Giovanni e gli altri dove si dice che Gesù passa sulla riva del lago, vede i discepoli che stanno a lavorare e li chiama: "Venite con me", lasciano la barca e il padre e seguono Gesù.
Questo ci permette una riflessione: mi sono sentito domandare tante volte nel corso della mia vita di prete: la Fede è un dono o una ricerca? Nel caso dei discepoli chiamati lungo la riva del lago sembra proprio un dono, Gesù li chiama, dona loro la Fede, qui invece sembra che siano i discepoli a cercare Gesù. Allora la Fede è un dono o una ricerca? Troppa gente pensa che la fede sia un dono uno ce l'ha o non ce l'ha, a uno è donata a un altro no, chi l'ha ricevuta in dono non deve più cercare, visto che la possiede.
La vita è molto più complessa, vedo se riesco a spiegarmi: tutta la vita secondo me è insieme un dono e una ricerca. Non ci siamo nati, l'esistenza è un dono, nei primi anni della nostra vita tutto c'era donato, ma poi abbiamo dovuto cominciare la nostra ricerca, il tentativo di scoprire il mondo, di costruire la nostra personalità.
Oppure pensate al rapporto di amore tra due persone, incontrare una persona, se è quella giusta è il dono più bello che potete avere, non l'avete fatta voi, l'avete incontrata come un dono straordinario, preziosissimo: è finito? No, l'amore va costruito, va cercato giorno per giorno con attenzione, qualche volta si creano delle tensioni, si cerca di superarle, insomma, se ci pensate, tutto nella vita e nello stesso tempo dono e ricerca, il fatto che ci sia donata una cosa e soprattutto il fatto che ci sia donata una persona, un figlio, un amico non significa che poi non si debba cercare continuamente cosa fare per essere utili, per condividere la vita.
Lo stesso è la Fede: i discepoli cercano Gesù e Lui: "Venite e vedete" e si fermarono presso di Lui, fermarsi con Gesù, ascoltarlo, condividere le sue parole, la sua vita, è una ricerca che non finisce mai, finché respira un cristiano cerca Gesù, i suoi valori, cerca di far propri i desideri del suo cuore, i suoi gesti, il Vangelo ci aiuta, ma non solo il Vangelo, ci sono anche le persone che di Gesù sono testimoni, perché come avete ascoltato i discepoli che incontrano Gesù e si fermano con Lui poi ne diventano testimoni, Andrea dice al fratello Simone: abbiamo incontrato il Signore, ecco nel momento in cui incontri Gesù, dimori con lui, cerchi la sua Parola, allora in qualche modo ne diventi testimone e i testimoni sono preziosi, Gesù qui con noi non l'abbiamo più, abbiamo la sua Parola che è fondamentale, ma abbiamo anche, almeno questa è la mia esperienza, i testimoni, fin da quando ero bambino, mia madre, mio padre, alcune persone straordinarie che ho conosciuto sono stati testimoni di Gesù, mi hanno mostrato con la loro vita i valori che avevano scoperto.
E anch'io avrei dovuto cercare di essere testimone, ormai la mia vita volge al tramonto, mi chiedo: lo sono stato, fino a che punto? Parole ne ho dette molte, ma la testimonianza di Gesù è fatta di gesti, di attenzione agli altri, di vita condivisa, di amore, le parole sono soltanto una parte della vita, preziose, sono importanti le parole, ci aiutano a cercare, ma poi quello che conta è la testimonianza viva.
Ecco il messaggio di questa pagina del Vangelo: continuiamo a cercare Gesù senza stancarci e tentiamo di essere poi testimoni di Lui, ma attenzione ho sentito troppe volte dei papà, delle mamme dire: non sono riuscito a comunicare la mia fede ai figli, non vengono più in chiesa, non credono più, non sono stato un bravo testimone, allora domando: "Sono persone perbene?" "O sì sono anche migliori di me, si danno da fare per gli altri, fanno del bene". Allora hai testimoniato Gesù i suoi valori, e se non sanno più pronunciare il nome di Gesù, non significa che non condividano i suoi valori e questo è quello che conta.
Il Signore ci aiuti.
Passando lungo il mare di Galilea, vide III DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 24 Gennaio 2021
Simone e Andrea, mentre gettavano le Marco l, 14-20
reti in mare e disse loro:"Venite dietro a me..."
Il vangelo di Marco, lo vedremo in tutto quest'anno in cui ci accompagnerà, è fatto soprattutto di simboli, non vuole raccontarci delle storie, ma esprimere l'esperienza che i primi cristiani hanno fatto con Gesù di Nazareth.
Se lo prendete come una storia l'episodio che abbiamo letto sembra incredibile, Gesù passa lungo la riva del lago, vede dei pescatori, che non lo conoscono: "Venite con me" quelli lasciano tutto e vanno, evidentemente è un storia simbolica che cerca di esprimere prima di tutto la meraviglia, lo stupore che questi discepoli ci vogliono comunicare: un giorno Lui ci ha attraversato la strada, ci siamo sentiti affascinati da Lui, abbiamo cominciato a conoscerlo, non era come gli altri maestri aveva parole di vita, di verità, Lui ci ha cambiato la vita, abbiamo scoperto un altro mondo in cui ci siano veramente la giustizia, il bene, la gratuità, l'amore.
Con lui abbiamo vissuto qualche tempo, abbiamo condiviso con lui il cibo, lo abbiamo conosciuto sempre meglio, sempre di più siamo stati affascinati da Lui e ci siamo sentiti chiamare, invitati a seguirlo, per essere poi testimoni di Lui.
La seconda riflessione che questi discepoli ci invitano a fare è che seguire Gesù comporta lasciare qualche cosa: "lasciarono subito la barca e il padre lo seguirono", ma più avanti nel Vangelo vedrete che li troveremo ancora sul lago, con la loro barca, a pescare. Paolo ci dice che anche dopo la Risurrezione, quando sono andati in giro per il mondo, i discepoli portavano con loro la famiglia, come è normale
Ma allora perché ci dicono che bisogna lasciare, cosa lasciare? I discepoli lasciano la loro barca, il loro lavoro, ma si può lasciare il lavoro? certo no, se si è fortunati di averlo, forse si tratta di lasciare quello che corrompe il lavoro: il carrierismo, la sopraffazione degli altri, la mancanza di attenzione agli altri, la superficialità e la svogliatezza nello svolgere i propri compiti. Dobbiamo lasciare anche l'idea che il lavoro è fatto solo per accumulare denaro, la nostra vita non può essere basata soltanto sui soldi, sono importanti, necessari, ma non è certo tutto, quindi bisogna lasciare il desiderio di possedere sempre di più.
I discepoli lasciano anche la famiglia, cosa può significare? La famiglia può essere a volte un condizionamento che ci impedisce di seguire il Signore se ci mette paura, ci fa rinchiudere in un guscio che isola dagli altri e dal mondo. Se poi pensiamo a situazioni più pesanti: uno cresce in una famiglia mafiosa con una mentalità quasi impossibile da superare.
Anche gli amici ci possono condizionare, i mezzi di comunicazione oggi così invasivi, la mentalità comune, ecco siamo invitati a lasciare per pensare con la nostra testa, per vivere con la nostra responsabilità l'incontro con Gesù.
Un'ultima considerazione: quando sentivamo commentare questa pagina di Vangelo, quando eravamo ragazzi, si parlava spesso della vocazione ed era la vocazione dei sacerdoti, dei missionari, delle suore, la vocazione sembrava riservata a qualcuno, a una missione particolare, questa pagina ci indica qualcosa di diverso: persone comuni, stanno lavorando, in tutti e due gli episodi si sottolinea che stanno pescando o riassettando le reti, questo indica che la vocazione è per tutti e nel concreto della nostra vita.
Ciascuno di noi ha una vocazione, viviamo in una famiglia, abbiamo degli amici, un lavoro, facciamo parte della società, la vocazione è determinata dalle circostanze in cui ci troviamo a vivere e dentro questa realtà ciascuno di noi cerca di portare i valori di Gesù, essere testimoni di Lui, seguirlo alla ricerca di un mondo che sia sempre più giusto è più ricco d'amore.
Il Signore ci aiuti.
Erano stupiti del suo insegnamento: IV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 28 Gennaio 2018
Egli insegnava loro come uno che Marco 1, 21-28
ha autorità, e non come gli scribi.
Gesù è entrato nella Sinagoga di sabato, anche per lui la Sinagoga è un punto di riferimento, lo è stato probabilmente per tutta la sua vita, da piccolo avrà imparato a leggere andando in Sinagoga e poi avrà partecipato lì alla preghiera.
Vorrei fermarmi un momento sulla Sinagoga che è una straordinaria invenzione del popolo di Israele, è stato costretto a pensarla quando ha deciso che il culto del sacrificio, con la casta sacerdotale, si svolgesse solo nel tempio di Gerusalemme, allora gli abitanti delle varie cittadine della Palestina, alcune come Cafarnao o Nazareth sono molto lontane da Gerusalemme e soprattutto quelle al di fuori della Palestina, sparse ormai in buona parte del bacino del Mediterraneo, hanno pensato di costruire le loro sinagoghe, un punto dove si ritrova la comunità, lì si va per studiare, ogni adulto ebreo deve sapere leggere per poter leggere la Parola, lì si va per pregare e Israele deve inventare un modo di pregare diverso da quello che si fa nel tempio di Gerusalemme, che è simile alla preghiera di molte religioni contemporanee, fatta di una casta sacerdotale, di riti, di sacrifici, di offerte, Israele riesce a intuire che di tutto questo si può fare a meno, la preghiera può essere diversa, non si comincia offrendo qualche cosa al Signore, ma ascoltando e quindi si va in Sinagoga il sabato per ascoltare la Parola, Dio ha qualcosa di importante da dire, poi si cantano i salmi: preghiere che si sono formate pian piano nella storia d'Israele, per lodare, ringraziare, invocare Dio, poi il rabbino o qualcuno della comunità farà il suo commento alla Parola che è stata letta.
Quello che abbiamo fatto noi qui, fino adesso è la liturgia sinagogale: abbiamo letto la Scrittura abbiamo recitato il Salmo e adesso mi accingo a dirvi qualche cosa di assennato per commentare.
Volevo insistere sulla Sinagoga e l'eredità che c'ha lasciato: una parte della Messa che celebriamo viene da lì, dalle intuizioni che gli ebrei hanno avuto sulla preghiera, che comincia dall'ascolto, noi non siamo noi che parliamo, che chiediamo, ascoltiamo, ho voluto farvi questa riflessione perché c'è ancora anche tra cristiani - mi è capitato di sentirlo anche di recente - qualche traccia dell'antisemitismo: l'idea che gli ebrei siano ricchi, potenti, capaci di manipolare la società, sono tutti pregiudizi che non hanno nessun senso, la maggior parte degli ebrei sono stati poveri, poverissimi, quando ero ragazzino a Trastevere facevano gli stracciaroli, dovremmo sempre ricordarci che noi siamo eredi di questo popolo, che ci ha insegnato a pregare, a incontrarci con Dio.
Detto questo che cosa ci dice Marco? Hanno fatto esperienza che Gesù non parla come i soliti rabbini, nelle sue parole c'è qualche cosa di completamente diverso, in genere il rabbino si ferma sulla morale, sulle minuzie della legge, Gesù riesce invece a intuire le cose essenziali, ha un linguaggio affascinante che ci porta al cuore della verità, all'incontro vero con Dio, i primi cristiani lo esprimono con la parola: è uno che parla con autorità, dice parole che sentono vive, che toccano il cuore, si sente in Lui una presenza che viene dall'alto, ha parole di vita.
L'altro aspetto che Marco mette in evidenza è Gesù che caccia il diavolo, lo troveremo più volte nel Vangelo è simbolo del male e vedremo quali diversi aspetti del male ci presenterà Marco dietro il diavolo. Oggi c'è un aspetto molto strano, ma che Marco ripete spesso: questo diavolo sa, ma deve stare zitto, viene cacciato. Mi domandavo quando ero giovane se anche Marco, come me, aveva incontrato tante persone (io anche preti, autorità ecclesiastiche, papi) che pensavano di sapere tutto di Dio, che cosa Dio volesse, cosa proibisse, cosa fosse lecito. cosa no, credere di sapere per Marco è diabolico non si conosce mai pienamente chi è Dio, chi è Gesù, è una ricerca che non finisce, una ricerca vitale, non bastano certo formule, non si può pretendere di conoscere Dio, soltanto il diavolo lo pretende, ma deve tacere è, secondo Marco, il primo male che Gesù è venuto a cacciare per farci capaci di essere come bambini, che non sanno, che cercano senza stancarsi chi è veramente Gesù nella nostra vita, che cosa ha da dirci di importante.
Ecco queste due cose ci dice il Vangelo di oggi: Gesù ha parole di vita e cammina con noi nel mondo per aiutarci a combattere il male dentro di noi e fuori di noi.
Il Signore ci aiuti.
La suocera di Pietro era a letto V DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 7 Febbraio 2021
con la febbre... Egli si avvicinò, Marco l, 29-39
la fece alzare, la febbre la
lasciò ed ella li serviva
Nelle frasi precedenti il Vangelo di Marco ci ha detto che i primi discepoli, i cristiani, anche noi abbiamo avuto la ventura di incontrare Gesù, ha attraversato la nostra strada, aggiungono che hanno incontrato un uomo affascinante, per usare la loro parola: Colui che parlava con autorità, non come gli altri maestri, che ha da dire parole di vita e Gesù ci invita seguirlo.
Adesso Marco comincia a dirci dove ci porta, cosa significa seguirlo, ce lo dirà per tutto il Vangelo, ma comincia sottovoce, quasi sussurrando, forse teme di sgomentarci.
Si entra nella casa di Pietro e Andrea con Giacomo e Giovanni - la casa, lo vedremo anche più avanti, nel Vangelo di Marco è il simbolo della comunità cristiana, quindi ci siamo anche noi - là avviene il primo miracolo (i miracoli che Marco ci racconta sono solo simboli, piano piano vedremo ogni volta, di una cosa diversa) ma questo è un miracoletto piccolo piccolo, Marco ve l'ho detto vuole parlare sottovoce, c'è la suocera di Pietro che è malata, a letto, ha la febbre, un po' di latte, un po' di miele poi passa, no Gesù si avvicina la prende per mano lei si alza e si mette a servire, nella comunità cristiana c'è una febbre che impedisce di alzarsi e servire abbiamo bisogno della mano di Gesù.
"Servire" ecco la parola chiave, depurate questo raccontino da tutto il maschilismo di quel tempo per cui sono le donne destinate a servire, vedremo più avanti che le donne nel Vangelo di Marco sono le uniche che permettono di capire veramente Gesù, perché sono loro che sanno veramente amare, ma dovremo attraversare tutto il Vangelo, qui troviamo la parola chiave del Vangelo di Marco, siamo all'inizio, la ritroveremo fino alla fine quando Marco ci dirà che dobbiamo essere come Gesù "che è venuto non per essere servito, ma per servire e donare la sua vita".
A molti Cristiani per la mia esperienza, forse anche a qualcuno di voi, la parola "servire" non piace, cambiatela purché rimanga la forza di quello che vuole comunicarci il Vangelo: ognuno di noi ha dei doni, delle capacità e le può mettere a disposizione degli altri, perché la vita sia migliore, più bella, soprattutto perché chi è in difficoltà, chi soffre possa sentire la nostra vicinanza, il nostro conforto, il nostro aiuto, ecco cosa significa per Marco servire, questo verbo ci accompagnerà per tutto il Vangelo, capiremo sempre di più cosa secondo lui significa.
La volontà di donare è importante perché come avete ascoltato fuori della porta si raduna l'umanità dolente e là Gesù ci chiama, a chinarci sulla sofferenza del mondo, a cercare di guarire il dolore, il male e c'è il male del corpo che è il compito dei medici fondamentalmente, ma anche di ciascuno di noi, perché un malato ha bisogno di tenerezza, di vicinanza, di carezze di chi lo accompagna, perché gli dia speranza, ma poi ci sono altri mali, della mente: l'ignoranza, l'incapacità di capire, i mali del cuore: la solitudine, il sentirsi abbandonati. Ecco Gesù ci chiede di dare una mano e mettere la nostra vita a disposizione, con semplicità, facendo quello che possiamo, se non ci riusciamo ci riproviamo un'altra volta.
Poi dobbiamo cacciare i diavoli, combattere il male, troveremo spesso il diavolo e ogni volta Marco ci dirà un significato diverso del diavolo, come ci dirà un significato diverso per ogni miracolo, perché sono simboli per lui e qui per la seconda volta sentiamo che i diavoli sanno, ma debbono tacere, non so se Marco pensi come me che questo diavolo che non può parlare è uno che crede di sapere chi è Dio, è onnipotente e quindi risolverà Lui i problemi del mondo, tapperà i buchi della nostra debolezza, deve tacere perché per Gesù è compito nostro, tocca a noi chinarci sulla sofferenza e fare quello che possiamo.
Poi aggiunge un'altra cosa importante: Gesù se ne va in un luogo deserto, ha bisogno di rimanere solo, di pregare, di incontrarsi con Dio, abbiamo anche noi bisogno di fermarci e di chiederci: cosa faccio, Dio cosa vuole da me, dove mi chiama Gesù e quelle persone che incontro ho veramente capito di che cosa hanno bisogno, come posso aiutarle? Ecco abbiamo bisogno di momenti di silenzio per guardare un po' da lontano quello che accade e cercare di capire.
Ma la preghiera di Gesù è interrotta: Pietro dice "Tutti ti cercano" e Gesù: "Andiamocene da un'altra parte" Marco comincia a dircelo, lo ripeterà fino alla noia: abbiate paura della folla, non cercate l'applauso, non fatevi condizionare, cercate di essere voi stessi. Gesù sa che deve andare a portare il suo messaggio, è il suo compito fondamentale: annunciare la Parola portare agli uomini la speranza, il lieto annuncio di un mondo nuovo possibile e ancora a cacciare il male.
Con Gesù siamo invitati a camminare e non è un cammino semplice, per questo Marco ha cominciato a parlarci quasi sussurrando, ma ci invita ad andare e continuerà a dircelo per tutto il suo Vangelo.
Il Signore ci aiuti.
Venne da Gesù un lebbroso: VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 14 Febbraio 2020
"Se vuoi puoi purificarmi!". Marco 1, 40-45
Ne ebbe compassione e disse:
"Lo voglio, sii purificato!"
C'è qualche cosa di veramente strano in questa pagina, che si ritrova molto raramente nel Vangelo, Gesù sembra veramente arrabbiato: "ammonendolo severamente, lo cacciò via subito", perché ammonire severamente questo povero lebbroso? Le cose si complicano quando gli studiosi ci fanno notare che forse qui i copisti hanno anche cambiato una parola per addolcire un po' la pagina. Sapete che il Vangelo è arrivato a noi per secoli sempre copiato a mano, qualche volta chi copiava non capiva e pensava che bisognasse cambiare una parola, anche se erano molto fedeli al testo da copiare che consideravano sacro.
Gli studiosi hanno trovato in alcuni manoscritti molto antichi che dove abbiamo letto: "Gesù ebbe compassione" era scritto: "si indignò", e pensano che sia la versione originale.
Allora viene veramente da chiedersi: perché Marco ha scritto questa pagina così strana, perché Gesù si indigna di fronte a questo povero lebbroso? sembra molto più giusto scrivere "si mosse a compassione" come hanno fatto molti copisti, che però non hanno tolto quello che viene dopo "lo ammonì severamente e lo cacciò via" perché erano molto attenti a copiare fedelmente.
Qui forse c'è una riflessione attenta da fare e, se ho capito, molto importante: Gesù si indigna di fronte al lebbroso, badate bene non si indigna di fronte al malato, ma di fronte alla malattia: la malattia, la sofferenza, il dolore sono per Lui qualche cosa che bisogna combattere in tutti i modi, non si può accettare che un uomo soffra, lo abbiamo visto già nella domenica precedente, ci capiterà di vederlo ancora fino alle ultime parole, le ricordate "avevo fame e mi avete dato da mangiare…" Gesù non tollera il dolore dell'uomo, la fame, la sofferenza vuole che tutti noi ci impegniamo a togliere ogni sofferenza e che conserviamo nei confronti del dolore, della malattia una severa indignazione.
Per spiegarmi vi faccio un esempio che mi sembra aiuti a capire, pensate se noi uomini conservassimo nei confronti della lebbra una forte indignazione la lebbra non ci sarebbe più, già anni fà Raoul Follereau, qualcuno di voi lo ha sentito nominare, che si occupava di queste cose, diceva che bastano i soldi di un aereo sofisticato per togliere dal mondo la lebbra, perché questo male terribile, che un tempo era incurabile, oggi si cura con relativa facilità, eppure noi preferiamo costruire navi, aerei da guerra, bombe, ma non conserviamo quello che Gesù ci consiglia in questa pagina: l'indignazione verso il male.
Questa indignazione cresce quando si vede questo malato escluso, abbandonato da tutti, deve gridare al mondo la sua malattia.
Soprattutto non può essere accettato il dolore come qualche cosa che sia gradito a Dio, vedete c'è nella tradizione cattolica l'idea che la sofferenza sia in qualche modo salvifica, liberi dal peccato, ci renda graditi al Signore, sapete che qualche volta i cristiani non soltanto hanno accettato le sofferenze che capitano, ma se le sono procurate: flagellazioni, digiuni, pellegrinaggi camminando in ginocchio, come se la sofferenza fosse gradita a Dio.
A me è capitato di ascoltare - c'è da sorridere - una signora che si era rotta una gamba, è andata dal parroco a raccontarlo le ha detto di ringraziare il Signore per il dono che le ha fatto, per soffrire un po' per Lui, mi sembrano cose assurde, eppure fanno parte di una tradizione secolare, Gesù ci invita a conservare una forte indignazione verso il dolore, la malattia, fanno parte della vita dell'uomo, dobbiamo accettarli, ma come qualche cosa da combattere con tutte le forze.
Ma c'è un'altra cosa forse ancora più seria che provoca l'indignazione di Gesù: pensare che la disgrazia, la malattia siano punizione di Dio per un peccato. La frase che più ho sentito ripetere nella mia vita di prete: "Padre che male ho fatto perché mi capiti questo" molta gente si porta dietro questa mentalità, ho incontrato persone che avevano paura di Dio, della sua punizione e purtroppo mi è capitato di ascoltare dei poveri cristiani che andati a cercare aiuto dal santone di turno si sono sentiti rispondere: "Se qualcuno in famiglia è malato significa che qualcuno ha peccato" e poi si cerca il colpevole, la strega, in genere è una donna. Abbiamo sentito ripetere negli anni passati anche da autorità della chiesa che l'AIDS, secondo qualcuno anche questa pandemia, siano un castigo di Dio per la corruzione del mondo. Com'è possibile pensare che Dio ci punisca in questo modo? Gesù ha cercato di combattere in tutti i modi questa mentalità e non c'è riuscito, ma possiamo accogliere il suo invito a indignarci davanti alla sofferenza, a fare quello che possiamo perché la gente non soffra, soprattutto dobbiamo, questo me l'ha insegnato mia mamma, fare in modo che nessuno soffra per causa mia.
Il Signore ci aiuti.
Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto, I DOMENICA di QUARESIMA - 21 Febbraio 2021
e rimase quaranta giorni, tentato da Satana Marco 1, 12-15
Subito dopo il battesimo, come avete ascoltato, lo Spirito spinge Gesù nel deserto, la parola greca è molto forte quasi lo butta fuori, per affrontare il diavolo. Sapete che il diavolo è un simbolo nel Vangelo, lo troveremo più volte, è il male, domenica scorsa parlavamo del male fisico, della malattia, del dolore che Gesù ci invita ad affrontare, oggi è il male morale, quel male che rischiamo di fare anche noi e che troviamo intorno a noi: il male che sciupa la vita dell'uomo, che ferisce.
Lo Spirito spinge Gesù nel deserto ad affrontare il diavolo, quando ero ragazzo mi dicevano che era il diavolo che veniva a tentare me e vedete che invece Marco la pensa diversamente bisogna andare ad affrontarlo, senza paura, con coraggio.
Perché nel deserto, che c'entra il deserto? Nella tradizione di Israele e il luogo del cammino verso la libertà, ma proprio in questo cammino il popolo di Israele è continuamente tentato: la paura, la fame lo spingono a tornare indietro, la libertà è faticosa, meglio avere un po' di pane e la sicurezza che affrontare il cammino, inseguire il sogno, a volte non ce la facciamo a guardare lontano e allora si è tentati di tornare indietro.
Non solo, Israele è tentato di non fidarsi più del Dio che ha qualche cosa da dirci, che ci chiama, ci cammina davanti, ci spinge a conquistare il futuro, a sognare un mondo migliore, pensa che sia meglio avere un dio più concreto, che possiamo toccare e si costruisce il vitello d'oro, è la religione che cerca sicurezza, un Dio che ci protegga, che possiamo invocare nel bisogno e non c'è più bisogno di ascoltare un Dio che ha qualcosa da comunicarci, che ci chiama.
Ecco le tentazioni che Israele ha provato e Gesù quali tentazioni avrà provato nella sua vita? Come avete ascoltato Marco è molto sobrio non ci dice, come fanno gli altri Vangeli, quali possono essere state le tentazioni, ricordate: le pietre da trasformare in pane, il pinnacolo del Tempio, tutti i regni della terra, qui Marco non dice una parola, ci invita - è quello che fa quasi sempre - a ragionare con la nostra testa, a immaginare quali possono essere state le tentazioni di Gesù. Chissà se anche lui ha provato e fino a che punto la tentazione di mollare tutto, di ritirarsi, di ritornare a fare il falegname: predicava, ma pochi lo ascoltavano, a un certo punto si delinea anche la persecuzione, si rischia la morte: è stato tentato di tornare indietro, di rinunciare alla sua missione? Gesù è per noi il modello della fedeltà, Colui che ha saputo essere fedele fino in fondo, anche quando questa fedeltà gli è costata la croce.
Quali possono essere le nostre tentazioni? Marco l'ho detto non ci dice niente, solo che dobbiamo combattere il male. Ognuno deve cercare sue, dobbiamo rifletterci. Però se fate questa riflessione state attenti a non pensare ai comandamenti che ci vengono da fuori: ho trovato nella mia vita molti cristiani preoccupati per certi precetti, che tra l'altro non gli sembravano nemmeno peccati, il male, le tentazioni che noi abbiamo sono qualche cosa di più concreto, ci rendiamo conto, qualche volta, di fare del male al nostro prossimo e fare del male è una cosa seria, sciupa la vita degli altri, per quello che ho capito il male non è tanto quello che troviamo scritto nei comandamenti, ma quello che fa soffrire, che nuoce a chi ci sta intorno.
E dobbiamo anche ricordarci che Gesù non si contenta più dell'antico precetto, che abbiamo sentito ripetere tante volte: "Non fare agli altri quello che non vorresti che gli altri facessero a te", Lui dice: "Fai agli altri…" per Gesù il male e non cercare di essere utili agli altri, non fare intorno a sé il bene che si può, il servizio per usare la parola di Marco, il male è non trafficare i propri talenti, non mettere a frutto quelle capacità che abbiamo.
Ecco se vogliamo cominciare la Quaresima domandiamoci quali sono le nostre tentazioni, contro quale diavolo dobbiamo combattere, ognuno di noi deve trovarlo da solo, guardando la propria vita e cercando quello che può fare per avvicinarsi alla Pasqua e partecipare alla vita nuova e alla resurrezione di Gesù.
Il Signore ci aiuti.
Gesù… li condusse su un alto monte. Fu II DOMENICA di QUARESIMA - 28 febbraio 2021
trasfigurato davanti a loro e le sue vesti Marco 9, 2 - 10,
divennero splendenti…
Domenica scorsa, forse lo ricordate, Marco ci invitava a combattere il male dentro di noi e intorno a noi, oggi ci dice che per combattere il male bisogna salire sulla montagna, contemplare lo splendore di Gesù, ascoltare la sua parola.
Vedete spesso noi uomini nella nostra debolezza pensiamo che per combattere il male bisogna moltiplicare regole, precetti, punizioni, nella società, ma anche nella scuola, in famiglia, Marco ci dice che occorre avere la luce dentro, dei valori, qualche cosa di importante in cui credere, se credi veramente nel bene, se hai dentro dei valori che ti appassionano, allora sarai capace di vincere il male, di fare il bene.
Per questo ci invita a salire, a contemplare Gesù in tutto il suo splendore e con Lui, avete ascoltato, ci sono Mosè ed Elia: è la grande tradizione di Israele che si mostra sulla montagna insieme a Gesù, Elia e Mosè sono i rappresentanti Elia della profezia, Mosè della Legge, le due grandi correnti della tradizione di Israele che hanno saputo consegnarci l'idea di una religione che non è basata sul bisogno, sulle nostre necessità, sulla convinzione che non possiamo fare a meno di un dio onnipotente che ci protegga, ma che è basata sull'ascolto, sulla ricerca dei valori essenziali, ci ha insegnato a credere nel Dio dell'Alleanza, che ci chiede fedeltà, impegno, il coraggio di costruire una terra giusta.
In Gesù questa religiosità, che è ascolto, passione per i valori, trova il suo compimento, troviamo in Lui i valori essenziali della vita: la fame e la sete della giustizia, il rispetto del prossimo, la tenerezza, la mitezza, la gratuità, il desiderio di costruire la pace, questi valori siamo invitati a cercare lassù sulla montagna, a sentirli nostri e luminosi veri.
Non so se a voi è capitato nella vita qualche momento in cui vi siete trovati sulla montagna, quando tutto sembra luminoso, chiaro, quando Gesù ha sembra avere perfettamente ragione, quando quei valori sono quasi evidenti, a me è capitato più di una volta per fortuna, qualche volta da solo sulla montagna, qualche volta insieme persone a cui voglio bene, che condividono con me la Fede, a volte momenti di preghiera, a volte di riflessione, in cui ti sembra che i valori di Gesù siano evidenti, che basti poco per metterli in pratica… e c'è la tentazione di fermarsi lassù, avete ascoltato Pietro: "costruiamo tre capanne" ci fermiamo, qui stiamo bene, qui tutto è luce, tutto è splendido, non sa che cosa dire, povero Pietro. Poi avete ascoltato una delle frasi secondo me più forti del Vangelo: "Non videro più nessuno, se non Gesù solo", a volte diventa "nessuno", succede che nella vita dei Cristiani ci siano dei momenti in cui Gesù sembra nessuno, in cui i valori in cui credi si riempiono di dubbi, di difficoltà, ecco perché ogni tanto dobbiamo ritornare sulla montagna a contemplare la luce, ad ascoltare la voce, per cercare di conservare la fede, la passione per il bene, per la giustizia, lo spirito di servizio, solo questo ci permette di combattere il male, ma sulla montagna non si può restare, bisogna scendere e giù, se leggete la pagina seguente nel Vangelo di Marco, ci sono i diavoli cattivi, quelli che è difficile cacciare e ci vuole tutto il coraggio della fede, la passione del proprio cuore, la convinzione di seguire la luce.
Speriamo che il Signore ci metta un po' della sua luce dentro, ci conservi nel cuore il coraggio di credere, anche quando si passano momenti difficili, quando si vivono momenti di oscurità, che ci stia accanto, ci dia veramente la forza per ascoltare la sua Parola, per condividere la sua vita e per tentare di viverla ogni giorno, allora sapremo combattere il male, che si combatte non se si ha paura del castigo, ma se si hanno valori in cui si crede.
Il Signore ci aiuti.
Entrato nel tempio si mise a scacciare quelli III DOMENICA di QUARESIMA - 7 Marzo 2021
che vendevano e compravano… Marco 11. 15 - 16
Quando l'ho scoperto per la prima volta sono rimasto molto sorpreso, poi riflettendoci mi sono accorto che è una cosa che succede spesso nel cammino degli uomini: a volte ci vuole una catastrofe per scoprire certe cose importanti, per capire qualche cosa che non avevamo compreso, anche perché è difficile per gli uomini, si nota leggendo il Vangelo, trarre delle conclusioni dalle intuizioni che parole importanti che abbiamo ascoltato potevano suggerirci, ma che non sappiamo esprimere in pieno nel nostro modo di pensare, perché la tradizione, le cose che abbiamo sempre detto, il modo con cui abbiamo sempre ragionato ci condizionano.
Perché dico questo? Perché vedete ho scoperto a un certo punto che il tempio per i primi cristiani rimane ancora a lungo un punto di riferimento, se leggete gli Atti degli Apostoli nei primi tempi andavano al tempio tutti i giorni, forse un po' esagerato e anche fino agli anni sessanta, quando Paolo va per l'ultima volta a Gerusalemme, Giacomo, il capo della comunità, lo invita ad andare al tempio e lui ci va volentieri a fare il sacrificio, l'offerta, a sciogliere il voto, quindi quasi fino alla fine rimane il tempio il luogo in cui incontrare Dio, secondo l'antica tradizione, poi è successa la catastrofe, il tempio è stato distrutto, allora i cristiani, che interpretano spesso le disgrazie come punizione di Dio, cominciano a pensare che c'era qualcosa nel tempio che non andava bene e allora si ricordano che Gesù qualche cosa aveva fatto intuire che loro, rimanendo fedeli alla tradizione e alla sicurezza del tempio, ai riti, alle cose che si sono sempre fatte, non avevano capito. Allora, forse, si è formato il racconto che abbiamo letto e che si trova in tutti i Vangeli: un simbolo.
E allora nelle varie comunità si sforzano di capire che cosa c'è che secondo Gesù non andava nel tempio, che cosa non hanno capito e se leggete - è interessante - i vari Vangeli ciascuno mette l'accento su qualche cosa che per quella comunità è particolarmente importante.
Il vangelo di Marco mette l'accento, lo abbiamo ascoltato, sulla frase: "il tempio sarà casa di preghiera per tutti i popoli" adesso capiscono che Gesù non accetta le distinzioni tra Giudei e Pagani, tra schiavi e liberi, tra uomini e donne (Paolo usa queste parole in una sua lettera) il tempio invece era pieno di divisioni: i pagani non potevano assolutamente entrare dovevano fermarsi sulla soglia, poi anche quando si entrava altre distinzioni le donne si dovevano fermare a un certo punto, c'era una transenna, oltre potevano andare solo gli uomini, poi un'altra divisione che potevano oltrepassare solo i sacerdoti: tutto questo secondo Gesù andava superato perché davanti a Dio siamo tutti uguali, Gesù ha tentato di fare allargare il cuore dei suoi discepoli al mondo intero, non potevano rimanere legati all'antica Tradizione, ma dovevano aprire lo sguardo ai confini della terra, il suo messaggio è per tutti gli uomini.
Anche la distinzione uomo, donna, così pesante a quel tempo, Gesù ha cercato di superare: le donne nel Vangelo hanno una straordinaria importanza, più lo si legge più ce se ne rende conto, le uniche che capiscono Gesù fino in fondo, fino alla Cena, alla Croce sono le donne, con la loro capacità di amare.
Matteo invece si sofferma su un altro aspetto: nel tempio non potevano entrare gli storpi, i ciechi, i lebbrosi, venivano considerati puniti da Dio, lontani da Lui, impossibilitati a pregare, a entrare nel tempio, questo per Gesù è assolutamente inaccettabile, finalmente lo capiscono.
Luca invece si preoccupa soprattutto della preghiera: continuando ad andare nel tempio a fare sacrifici, riti non abbiamo capito quello che per Gesù è la preghiera. La comunità di Luca è quella che più ha riflettuto sulla preghiera, hanno compreso che la preghiera non è offerta, domanda, ma ascolto e ricerca appassionata della luce di Dio, dei suoi valori. Luca vede la preghiera quasi come una lotta quotidiana per conservare la fede in Gesù, in quello che lui ha detto, ha fatto, ecco perché Luca dice che bisogna pregare ogni giorno, non sono importanti le offerte, i riti, ma una preghiera interiore che ricerca è di Dio, ascolto della Parola ecco tutto questo intuiscono, ma lo capiscono del tutto quando vedono il tempio distrutto.
Potremmo domandarci: noi oggi queste cose le abbiamo capite? C'è gente che non può fare la Comunione, magari perché sono divorziati risposati, tanta gente ho incontrato, forse ce n'è anche qualcuno qui, che non si sente di fare la Comunione, perché si sente lontana dal Signore, anche noi viviamo le esclusioni, non sentiamo che Gesù è per tutti, che il Pane che spezziamo non per i giusti, ma per chi sente il cuore pesante, per chi vuole riprendere la strada.
Molti cristiani sentono ancora la chiesa come propria e a molti darebbe un gran fastidio se qui dopo di noi venissero a pregare i musulmani o i buddisti, eppure Dio è di tutti, questo dice il Vangelo e forse altre cose, ma io ve l'ho fatta già abbastanza lunga.
Il Signore ci aiuti.
Chi crede in Lui non è condannato, ma IV DOMENICA di QUARESIMA - 14 Marzo 2021
chi non crede è già stato condannato… Giovanni 3,14-21
Vediamo cosa posso dirvi su questa pagina del Vangelo, qualcosa che forse può essere strana per qualcuno di voi, se è così chiudete le orecchie o pensate a qualche altra cosa.
Una domanda: è possibile per noi oggi interpretare le parole del Vangelo che abbiamo letto in modo diverso da come sono state interpretate in questi 2000 anni e da come, forse, le interpretavano coloro che le hanno scritte? A qualcuno una domanda del genere sembra un'eresia, io credo non solo che sia possibile, ma, forse, che sia doveroso, sarebbe bene che chiunque può ripensi le parole che ascoltiamo, perché le parole cambiano nel tempo e soprattutto cambia la nostra comprensione dell'uomo, della vita e quindi dobbiamo cambiare la nostra interpretazione di certe parole, perché rimangano vive, altrimenti rischiano di non dirci più niente o di sembrarci incomprensibili.
Vorrei farvi tre esempi delle parole che abbiamo incontrato oggi, la prima è una parola che il Vangelo e molti in questi 2000 anni hanno considerata molto importante: "Bisogna che il figlio dell'uomo sia innalzato": è la Croce. "Bisogna" in greco è una parola piccola piccola: "dei" si deve, è necessario, cioè fa parte di un piano, di un progetto, è scritto nelle Scritture, è la volontà del Padre che il figlio venga innalzato sulla croce e offra la sua vita in sacrificio per i nostri peccati: lo ripeteremo tra poco nella preghiera Eucaristica: per noi è difficile da comprendere e da accettare la Croce come un sacrificio espiatorio, che il Padre esiga il sangue e soprattutto che la vita dipenda da un progetto, che tutto sia scritto, che si debba seguire un copione, dov'è la nostra responsabilità e la nostra libertà? Oggi sentiamo questo molto più di quanto lo sentivano i nostri padri, si sentivano del tutto dipendenti dalla Provvidenza, dal progetto di Dio, mia mamma ripeteva spesso: "Non si muove foglia che Dio non voglia", per noi questo è difficile da accettare e allora posso interpretare in maniera diversa quel "bisogna" non più - per quello che ho capito - come l'osservanza di una legge esteriore, come la recita di una commedia già scritta, ma come una esigenza interiore che Gesù sente e come Lui dovremmo sentire anche noi, cioè l'esigenza di essere fedeli alle cose in cui crediamo, ai valori che in qualche modo abbiamo fatto nostri. Se voglio essere un uomo - uomo prima di dire cristiano - devo essere fedele altrimenti tradisco me stesso, per usare parole che troviamo nel Vangelo finisco nella spazzatura, la vita perde il suo valore. Quella croce su cui Gesù è inchiodato esprime la sua fedeltà e la terribile realtà della violenza.
Gesù non è scappato, non abbandonato la sua missione, non ci ha lasciato soli, ha donato se stesso fino in fondo, per rimanere fedele alle cose che credeva, perché ci sentissimo amati, perché lo sentissimo vicino, soprattutto perché lo sentissero vicino tutti coloro che subiscono in questo mondo, e sono tanti, la violenza. Ecco al di là della violenza, al di là del male c'è la fedeltà, il coraggio dell'amore, è questo che ci salva e può dare anche a noi il coraggio della fedeltà anche quando costa, anche quando è pericoloso.
La seconda parola su cui vorrei attirare la vostra attenzione è "Dio ha mandato il Figlio non per condannare il mondo ma per salvarlo". Oggi potremmo domandarci: Gesù ha salvato il mondo? Guardatevi intorno vi sembra che questo mondo sia salvo, allora che significa questa parola? Un cristiano di quelli osservanti mi direbbe di fare la persona seria: Gesù è venuto a salvare la nostra anima, a liberarci dal peccato originale, ci sono i salvati e quelli che non sono battezzati non lo sono, la salvezza diventa una specie di marchio, Sant'Agostino un grande padre della Chiesa diceva che l'umanità è "massa dannata", tutti sono destinati all'inferno eccetto che non siano battezzati, siccome c'erano di mezzo i bambini piccoli, quelli non si possono mandare all'inferno non avendo fatto niente di male allora si inventa il limbo, per me, non so se posso coinvolgere anche voi, è difficile da comprendere. Non si può dividere l'umanità in salvati e non salvati, quasi tutti i cinesi che non conoscono il Battesimo, non hanno ne mai sentito parlare, non possiamo pensare che siano perduti, allora in che senso Gesù è venuto a portarci la salvezza? È venuto a portarci il suo messaggio, la sua Parola, a comunicarci i sogni del suo cuore e io so per la mia esperienza di credente che accogliere Lui significa scoprire le cose essenziali della vita, sentire Lui vicino significa sentirsi amati, sapere che siamo tutti figli di Dio e non soltanto chi crede, ma ogni uomo che vive sulla terra, ci invita a condividere il suo messaggio con tutti gli uomini, forse questo significa: salvezza, per quello che ho capito.
Un'ultima cosa: "Chi non crede è già stato condannato". Come vi dicevo è stato interpretato nel senso che ci sono quelli che credono in Gesù, cioè quelli che vengono in chiesa, che recitano gli Credo come faremo noi fra poco e gli altri che non credono e quindi sono condannati. Questo secondo me non è accettabile, perché credere in Gesù non significa soltanto nominarne il suo nome, ma accettare i suoi valori, allora se ci sono nel mondo molti che senza conoscere Gesù vivono gli stessi valori, l'amore, la gratuità, con tutti loro posso sentirmi fratello, perché crediamo le stesse cose. Credere non è un fatto solo di parole, lo dice il Vangelo: "Non chi dice: Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre" e io ho avuto tante fortune è una che non ritengo tra le minori è di aver conosciuto gente che diceva di non credere, ma che era molto, molto migliore di me, perché viveva più di me certi valori.
Non so se a qualcuno queste parole sono suonate eretiche: dimenticatele, se invece qualcuno le trova in qualche modo convincenti ci rifletta su e veda di arricchirle, di elaborarle, perché secondo me le parole del Vangelo, della nostra tradizione cristiana, dipende da noi farle vive, altrimenti muoiono e i nostri contemporanei non possono più credere.
Il Signore ci aiuti.
Se il chicco di grano, caduto in terra, V DOMENICA di QUARESIMA - 21 Marzo 2021
non muore rimane solo; se invece Giovanni 12, 20-33.
muore produce molto frutto.
Domenica prossima leggeremo il lungo racconto della passione e della morte di Gesù, queste parole del Vangelo di Giovanni tentano di aiutarci a comprendere il senso di quello che leggeremo, il senso di quella Croce. Avete notato probabilmente un certo senso di complicazione: ci sono dei Greci che vogliono vedere Gesù, potrebbero andare da Lui invece si rivolgono a Filippo e Filippo si rivolge ad Andrea e poi con Andrea vanno da Gesù, i nostri antichi lo sapete amano i simboli e questa complicazione vuole esprimere la difficoltà che non solo i primi cristiani, ma anche noi abbiamo nel comprendere quella Croce, ad accettarla, a capirne il significato profondo. Si parla di greci probabilmente ricordando le parole di Paolo: "Io parlo solo di Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i greci". Come possiamo superare lo scandalo e la stoltezza?
La risposta di Gesù sembra non entrarci niente perché comincia a dire una specie di proverbio: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore resta solo, se invece muore produce molto frutto". Potremmo domandarci cosa c'entra, cosa vuol dire Gesù? Queste parole esprimono uno dei drammi, secondo me, non facilmente comprensibili dell'umanità: spesso i giusti sono rifiutati, lasciati soli, poi ci accorgiamo che sono proprio loro che hanno portato dei frutti che arricchiscono la vita, questo vale in tanti campi della vita umana, vale per la scienza, per l'arte, ma forse soprattutto per coloro che sono capaci di indicare agli uomini le vie della giustizia, del bene: perché vengono spesso rifiutati, perché non siamo capaci di accogliere le persone per bene? Qualche volta accogliamo e onoriamo gente che pensa solo ad arricchirsi, non si cura affatto dell'uomo, non dà nessun aiuto al prossimo: rifiutiamo e trascuriamo i giusti quelli che ci aiuterebbero a rendere più ricca e bella la terra, perché? io non ho trovato una risposta, non so se voi la trovate, credo che sia uno dei grandi misteri dell'umanità.
Adesso pensiamo un momento a questo chicco di grano che muore, ma pensateci bene: il chicco di grano non muore, si riproduce, ha dentro di sé una carica vitale così potente che da un chicco solo ne vengono molti. Ecco il senso di quella frase: il giusto ha una carica che ci vuole comunicare e che arricchisce la vita, ha dei valori che sono fondamentali.
Qual valore Gesù ci propone? "Chi ama la sua vita la perde" è un invito a rinunciare a possedere la vita, a vivere solo secondo le leggi della natura che vuole che ognuno pensi a sé, cerchi di proteggere, di custodire la propria vita, per certi versi è giusto, ma spesso questo ci fa chiudere, non ci rende capaci di amare, non ci fa vivere pienamente la gratuità, quella Croce, ci dice Giovanni, si comprende solo se riconosciamo in Gesù la pienezza del dono: è venuto per condividere la nostra vita, a donarci se stesso, senza chiedere niente, gratuitamente.
Nel Vangelo di Marco ci sono due donne che esprimono questo concetto: una è la vedova anziana che ha soltanto due monete da mettere nel tesoro del tempio e le dona senza pensarci, Gesù dice ha dato tutta se stessa e poi c'è l'altra donna, in quello straordinario racconto che introduce di racconto della Passione, che ha un vaso di profumo prezioso, costa 300 denari lo stipendio di un anno di un lavoratore, eppure lo spacca, in un dono che non fa calcoli, che dona tutto fino in fondo, che vive pienamente la gratuità e sa riconoscere chi nel dramma ha bisogno di una carezza. È la ricchezza che potrebbe fare il mondo bello, è quel seme che Gesù ha seminato nella terra e in questi 2000 anni dei frutti li ha portati, io spero che voi, come me, abbiate potuto in vederli, abbiate potuto sperimentare che tanta gente nel suo nome ha saputo vivere la gratuità, il dono, l'altruismo, tante persone il cui nome non è scritto sui giornali, ma che sanno accogliere la forza straordinaria di questo seme di Gesù e farlo portare frutto nella propria vita
Ecco il senso di quella Croce: non è il sangue, non è un sacrificio espiatorio, non sono la morte e la sofferenza che ci salvano, ma l'amore gratuito che ha portato Gesù ad essere fedele fino alla fine, possiamo anche noi tentare di condividerlo: ci porta oltre noi stessi, a superare l'egoismo, il pensare solo a se stessi, a riconoscerci fratelli, a donare quello che possiamo, senza condizioni, gratuitamente, non è semplice, ma per Gesù è il cuore della vita, è quello che può fare il mondo migliore. La Pasqua che viene dia la forza anche a noi di accogliere il messaggio di Gesù di fare in modo che il suo seme cresca anche in noi e porti di frutto.
Il Signore ci aiuti.
Il primo giorno della settimana Maria di Magdala DOMENICA di PASQUA - 4 Aprile 2021
si recò al sepolcro al mattino, quando era ancora Giovanni 20, 1-9
buio e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro
Cosa può dirci la Risurrezione del Signore oltre la speranza di una vita luminosa dopo la morte, di cui però non possiamo conoscere, sapere, immaginare assolutamente nulla, non ci è dato di sapere che cosa può essere una vita fuori del tempo, dello spazio, non ne abbiamo la più pallida idea, rimane la speranza di un'altra vita.
Ma per ora, a me, a voi cosa può dire la fede nella Risurrezione? Ecco io credo che una cosa, per me almeno, sia fondamentale: credere che Gesù è risorto significa credere che sia possibile e credibile un mondo altro, un mondo diverso, qui, su questa terra, un mondo in cui siano beati i miti, quelli che hanno fame e sete di giustizia, quelli che fanno la pace, che donano agli altri qualche cosa. Un mondo in cui non ci sia più la violenza, l'odio, la volontà di potere che ha inchiodato Gesù sulla croce, un mondo in cui sia possibile la fedeltà, il coraggio, il dono di se, l'amore, quello che Gesù ha vissuto fino in fondo. Un mondo in cui i valori non siano la ricchezza, il potere, la corsa al primo posto, la voglia di conquista della terra e dei popoli, ma la gratuità, il rispetto degli altri, della natura, della vita. Insomma credere che ha ragione Gesù, la sua fedeltà, la sua vita donata e non la violenza che lo ha ucciso.
Poi la fede nella Risurrezione di Gesù mi dice che posso tenerlo vivo dentro di me, la sua memoria rende vivi la sua vita, i suoi valori in me, come vive in me la vita di mia mamma, di mio papà, di tante persone che ho conosciuto nel corso della mia vita, alcune straordinarie, mi hanno lasciato qualcosa di importante e vivono dentro di me, così Gesù vive dentro di me nella memoria, la sua parola, la sua vita, i valori che lui ha testimoniato fino alla fine, la sua fedeltà, il suo dono, di tutto questo posso conservare memoria dentro di me e finché c'è la memoria Gesù vive in me, come vive nel cuore e nei gesti di tante persone nel mondo.
Non solo, posso sentirlo accanto a me nel momento della difficoltà, in cui anch'io conosco la sofferenza, il dolore, la fatica di vivere, non posso sentirlo come Colui che mi libera dalla sofferenza e dalla violenza di questo mondo: hanno gridato sotto la sua Croce: "Scendi e crederemo in te", no, non è sceso e il centurione romano, il simbolo di ogni credente, proprio perché non è sceso, perché è rimasto fedele, ha donato la sua vita fino in fondo, può dire credo e così anch'io, allora posso sentirlo accanto a me nella vita di ogni giorno, soprattutto nei momenti difficili, sentirlo compagno di strada, perché il suo Spirito dia anche a me il coraggio della fedeltà, della speranza.
Ancora una cosa: nel giorno del Battesimo, come ci ricorda l'apostolo Paolo, siamo stati immersi con Gesù nella morte per risorgere ad una vita nuova, abbiamo lasciato dietro le spalle tutto quello che sciupa la vita, tutto quello che sa di morte, per scegliere la vita, quello che l'arricchisce, dà felicità, piacere, gioia, abbiamo scelto la gratuità, la condivisione di quello che siamo e che abbiamo con chi ci sta intorno, l'impegno per custodire la pace e il creato. Noi possiamo far continuare a vivere in questa terra i valori di Gesù, attraverso le nostre mani, le nostre parole: tutto questo significa per me credere nella Resurrezione del Signore, questo lo posso capire e può nutrire la mia vita.
Allora possiamo rinnovare la professione di fede, crediamo che il Signore viva ancora e renda possibile un mondo nuovo, più giusto, viva in noi nella nostra memoria e nei nostri gesti di amore e gratuità e possiamo anche sperare in una vita oltre, che non possiamo conoscere.
Il Signore ci aiuti.
"Perché mi hai veduto tu hai creduto; beati II DOMENICA di PASQUA - 11 Aprile 2021
quelli che non hanno visto e hanno creduto!" Giovanni 20, 19-31
Cominciamo in maniera un po' strana, vi leggo sei versi di un sonetto di Belli. Spero che molti di voi conoscano e amino i sonetti di Belli, sono straordinari, molto spesso pieni di ironia, anche verso il modo di pensare la fede, era un cristiano serio Belli cercava di pensare, di capire, trovate in queste righe tutta la sua ironia.
Li du’ inquilini mii sò mmissionari,
E pprèdicheno in piazza, e in conseguenza
È cchiaro che non ponno èsse somari.
Dicheno lòro c’a pparlà de fede
Sce s’arimette sempre de cusscenza.
Cqui nun z’ha da capí mma ss’ha da crede.
Se non si capisce non si può credere, ma noi siamo stati educati un po' così, non so se posso coinvolgervi, quando facevamo qualche domanda da ragazzi spesso ci sentivamo rispondere: "È un mistero non puoi capirlo", ma se non capivo le parole rimanevano vuote.
Per farvi un esempio, più di una volta mi è successo di ascoltare degli scienziati, bravi, che sanno anche parlare bene, che parlano di fisica quantistica, delle sue leggi, oppure dello spazio-tempo che si incurva, cerco di ascoltare con attenzione, ma non capisco niente, mi mancano i fondamenti, sono troppo vecchio, posso anche dire: "Credo", ma in che cosa credo se non capisco, mi fido di chi dice quelle parole, ma non mi dicono niente perché non le capisco. Il guaio non è molto grande, sono arrivato a 84 anni senza troppi problemi anche senza capire la fisica quantistica e lo spazio tempo che si incurva, ma se non avessi capito le leggi che regolano lo Stato, o il codice della strada sarebbero stati guai e soprattutto se non avessi capito almeno qualche cosa di cosa significhi amare, di cos'è la libertà, la gratuità questo sarebbe stato un grosso problema, non posso credere nell'amore senza sapere almeno un po' cosa vogliono dire queste parole. Certo l'amore, la gratuità, non si possono provare, non sono come il teorema di Pitagora (fino qui ci arrivo anch'io, ma non oltre), ma si possono capire, in qualche modo si possono sentire veri.
Ecco ha ragione Belli non "s'ha da crede senza capì" ed è quello che vuole Tommaso, non si contenta di quello che dicono gli altri, ha bisogno di toccare, di capire, non so che cosa abbia toccato Tommaso, sono i simboli del Vangelo, perché, vedete, tocca un corpo che attraversa i muri, che ora c'è ora non c'è, io un corpo così non lo conosco, credo che sia soltanto un simbolo di Tommaso che ha finalmente capito che Gesù può essere vivo per lui, in lui possono essere vivi i suoi valori, la memoria di quello che Gesù ha detto, ha fatto, queste cose Tommaso le può capire, può rivivere tutto il suo rapporto con Gesù, portarsi nel cuore tutti i discorsi che ha ascoltato, il ricordo di tutte le volte che con Lui si è fermato a tavola per far festa, può capire l'amore di Gesù, la vita che ha donato per lui e per noi.
Certo anche Tommaso, come me, non può provare l'amore, non può provare che Gesù sia vivo, ma può farne esperienza, sentirlo vivo dentro di sé, può capire le sue parole, altrimenti resterebbero parole vuote, come ci capita qualche volta la domenica: recitiamo il Credo, ma molti di voi, come me, non capiscono, ripetiamo parole a pappagallo, ma che vuol dire: "Credo" se non capisco le parole che dico?
Tommaso ci consiglia stasera di non stancarci di cercare, di capire che cosa ha detto Gesù, in che cosa crediamo, quali valori ha voluto comunicarci.
Cerchiamo di capire cosa significa venire a fare la Comunione, è inutile che ripetiamo che nell'ostia c'è corpo, sangue e l'anima di divinità di Gesù senza capire niente, non è un fatto fisico, ho incontrato, con meraviglia la prima volta, qualche persona che ricordava come da bambino aveva paura che gli si riempisse la bocca di sangue, perché gli avevano raccontato il miracolo di Bolsena, ripetendo parole incomprensibili abbiamo messo paura ai bambini invece di farli felici: si tratta di riconoscere Gesù presente nel segno del pane, è un segno, un simbolo vivo, che posso sentire mio, in cui posso nutrirmi di Gesù, dei suoi valori, sentirlo vicino, che mi dona se stesso, la sua vita, la sua parola. Questo lo posso capire e viverlo, non stancatevi di cercare, date ragione a Belli, che non si contenta di dire: "Credo" senza capire cosa dice.
Il Signore ci aiuti
Sconvolti e pieni di paura, III DOMENICA di PASQUA - 18 Aprile 2021
credevano di vedere un fantasma Luca 24, 35-48
Ci sono due cose che quando si legge il Vangelo colpiscono molto quelli che condividono la lettura, le ritroviamo in questa pagina.
La prima cosa è la difficoltà che hanno le persone, sia gli abitanti di Nazareth, sia gli altri ebrei, sia i Farisei, i capi del popolo, ma quello potrebbe essere scontato, anche i discepoli però con difficoltà capiscono e accolgono quello che dice Gesù, spesso rimangono turbati, arrivano a dire in un'occasione: "Questo è impossibile", Pietro pensa di riconoscere in Gesù il Messia, il Figlio, ma poi quando Gesù parla della Croce dice che questo non è succederà mai e si sente addirittura chiamare Satana.
Ma la cosa che più meraviglia è che dopo la Risurrezione sembra che i Vangeli insistano solo sulla difficoltà di riconoscere il Signore risorto, domenica scorsa abbiamo sentito parlare di Tommaso che non si fida degli altri che hanno visto Gesù e vuole toccare con mano, oggi si ricordano i due discepoli di Emmaus che camminano per un'intera giornata con Gesù senza riconoscerlo e poi lo riconoscono la sera, allo "spezzare del pane", oggi i discepoli addirittura pensano che Gesù sia un fantasma, tutto questo sembra molto strano, ma poi quando si riflette insieme si vede che è un po' anche la nostra esperienza, non si tratta di conoscere Gesù, di rivolgersi a Lui nella preghiera, ma di accettare nella vita di ogni giorno quello che Gesù dice, i suoi valori, essere capaci di accettare fino in fondo l'altruismo, il perdono, la riconciliazione, la condivisione della vita, qualche volta ci riusciamo, ma altre volte no, capitano situazioni un po' difficili e non riusciamo a riconoscere il Signore, a vivere i valori che ci vuole comunicare.
Oggi il Vangelo, secondo me un po' ci consola: non è un nostro difetto è sempre stato così, i valori di Gesù sono alti, noi tentiamo di inseguirli, di farli nostri, ma non arriviamo mai, è una ricerca continua per cercare di calare nella nostra vita la parola di Gesù, e noi a differenza degli apostoli potremmo prendere la scusa che non abbiamo Gesù, non possiamo parlarci, ci può consolare che anche loro che parlavano con Gesù facevano la stessa fatica.
Gesù tenta di comunicarci qualche cosa e lo fa oggi come allora attraverso la Parola e il Pane. Non so se avete notato in tutti e due gli episodi che ci ricorda il Vangelo di oggi i discepoli di Emmaus riconoscono Gesù allo spezzare il pane, a cena, e nel racconto di oggi l'ultima cosa che Gesù dice è di portare qualcosa da mangiare per farlo davanti a loro, poi cerca di spiegare loro cosa è avvenuto.
Ecco quello che abbiamo per cercare di conoscere e accogliere Gesù sono soltanto queste due cose, le stesse che avevano loro: la Parola e il Pane e noi ogni domenica ci ritroviamo qui per leggere la Parola e condividere il Pane, ci nutriamo di Lui per cercare di credere sempre di più, per far nostri suoi valori.
La seconda cosa che colpisce e per molti di noi è inaccettabile è che quando Gesù dice, spiegando, che tutto "si doveva" compiere, si dovevano compiere tutte le cose scritte su di Lui nella Legge e i Profeti. Che tutto era previsto e doveva accadere è ripetuto più volte nel Vangelo, così sembra che ci sia un piano prestabilito, che tutto dipenda dalla volontà di Dio che decide la storia, ma se è così dov'è la responsabilità degli uomini, come avete ascoltato o letto o addirittura visto in una commedia musicale Giuda dice che se tutto doveva accadere, se era stabilito che Gesù dovesse morire, qualcuno lo doveva uccidere, qualcuno lo doveva tradire, a lui è stata affidata quella parte, che colpa ne ha, l'ha anche recitata bene, per gli antichi era accettabile che tutto dipendesse dalla volontà di Dio, ma molti di noi non riescono a capirlo e accettarlo, ci sembra che non ci sia più la responsabilità dell'uomo.
Non solo, non riusciamo accettare che Dio voglia la morte del Figlio, che solo il suo sangue possa espiare il peccato.
Come possiamo interpretare in maniera diversa queste parole? Ci pensavo in questi giorni e mi sembra che possiamo dire che Gesù porta effettivamente a complimento la grande tradizione di Israele, di questo popolo straordinario che ha saputo avere delle intuizioni sulla fede uniche sulla faccia della terra, Gesù ha saputo coglierne l'essenziale, purificarlo da tutto quello che si era corrotto, pensate al sabato era si era ridotto a regolette che ne offuscavano il valore, Gesù afferma che è fatto per l'uomo, non l'uomo per il sabato e se qualche sua interpretazione impedisce di aiutare qualcuno allora va abolita: quello che conta è solo il bene dell'uomo.
Penso che in Gesù venga a compimento il progetto di Dio che non determina gli avvenimenti, ma che ci chiede di essere giusti, di vivere la gratuità, l'amore, di donare la nostra vita e Gesù è stato in mezzo a noi veramente il giusto, capace di amare, di donare totalmente se stesso e di questo amore noi possiamo nutrirci, è la nostra salvezza, non è il sangue che salva, ma l'amore, ce lo diceva, diversamente da quello che è scritto nel catechismo e ripetiamo nella Messa, tanto tempo fa, un professore, uno dei geni che ho avuto la fortuna di incontrare: non è il sangue che salva ma l'amore e Gesù ha saputo veramente realizzare pienamente la volontà di Dio che non è volontà di morte, ma di amore, forse così possiamo interpretare queste parole e superare la nostra difficoltà ad accettare questa pagina del Vangelo.
Il Signore ci aiuti
"Io sono il buon pastore, conosco le mie IV DOMENICA di PASQUA - 25 Aprile 2021
pecore e le mie pecore conoscono me..." Giovanni 10, 11-18
Quando andavo al liceo, molto tempo fa, ancora c'era Pio XII, come si diceva allora felicemente regnante, era chiamato spesso nella Chiesa il Pastor Angelicus, pastore angelico, parlava spesso, aveva opinioni quasi su tutto e quando parlava il Papa, quella, così ci dicevano, era la verità, anche perché il Papa è infallibile e quindi dovevamo seguire i suoi insegnamenti, i suoi ordini, come pecore docili, ubbidienti e, secondo qualcuno, anche un po' sceme, come chi non le conosce pensa che siano le pecore, sono tutt'altro.
Non solo c'erano anche molti altri pastori nella Chiesa, che dovevamo seguire.
Poi, crescendo mi sono accorto che il Vangelo dice che il pastore è uno solo: Gesù e Lui è un pastore molto diverso, non parla molto, il suo esempio per quel che riguarda l'ubbidienza è veramente sconcertante, potremmo chiamare Gesù il grande disubbidiente, ha disubbidito a tutti, ai capi del Popolo, ai sacerdoti, alla tradizione, addirittura alla Torah, alla legge, ripeteva a volte i suoi discepoli: "È stato detto, ma io vi dico" quello che gli sembrava non più valido, diceva non si può seguire, bisogna andare oltre.
È stato veramente un uomo libero da tutto e da tutti, in maniera totale, libero dalla propria famiglia che a un certo punto ha lasciato e se n'è andato, libero dalla sua città di Nazareth che non ha potuto trattenerlo, libero anche dai suoi discepoli: quando cercavano di farlo rinunciare alla sua missione nel momento del pericolo, Lui ha continuato il suo viaggio, libero di fronte alla folla, di fronte all'autorità: un uomo libero è disubbidiente questo era il nostro Pastore
E ha insegnato a noi non a essere ubbidienti, a non ascoltare chi vuole condizionarci, a pensare con la nostra testa.
Quando due persone vanno da Lui a chiedergli di essere giudice tra loro, dice che non è Lui che deve giudicare, ma devono trovare loro la soluzione, al più Lui può raccontare una parabola.
Ecco le parabole: Gesù amava parlare in parabole, ce ne sono tante, le conoscete, nel Vangelo, cos'è la parabola se non un simbolo che stimola la ricerca di chi vuole conoscere, non è una formuletta, non è una legge, una regola, è un simbolo che debbo tentare di interpretare e di calare nella mia esperienza personale, quei due uomini che sono andati da lui dovevano cercare di capire quella parabola che parlava del rapporto con la ricchezza, per vedere come potevano risolvere le loro questioni di eredità.
Le parabole, ma tutto il Vangelo è così, è parabolico, è uno stimolo a domandarsi cosa significano i vari episodi, quali valori ci comunicano e dobbiamo farlo noi, con la nostra libertà, non da soli, se possiamo condividendo la ricerca con altre persone, anche con quelli che studiano e scrivono libri che sono importanti e ci aiutano a capire, ma poi siamo liberi di interpretare e siamo noi gli unici che possono calare nella propria vita la luce del Signore, per capire che cosa è giusto e che cosa non lo è, quale senso hanno gli avvenimenti che stiamo vivendo.
Una volta ha rimproverato i suoi discepoli perché sapevano interpretare da bravi contadini o pescatori i fenomeni del tempo per capire quando pioverà o ci sarà il sole, ma non sapevano interpretare i fatti della vita, giudicare quello che accade.
Ecco Gesù tentava di educare i suoi discepoli a capire, a interpretare e soprattutto a essere liberi da tutto meno che dal servizio dell'uomo, Gesù diceva, ce lo siamo ripetuto tante volte, perché è forse uno dei principi fondamentali del Vangelo: "Non è l'uomo fatto per il sabato, il sabato è fatto per l'uomo", l'uomo è quello che conta secondo Gesù, l'unica cosa sacra, ogni uomo, il più piccolo degli uomini, il più sofferente degli uomini e tutto quello che non è a suo favore, che non lo aiuta, non lo rispetta, tutto questo si deve superare, a tutto questo bisogna disubbidire e sabato può essere ogni cosa, la legge, le regole, l'autorità, anche quella ecclesiastica. Non è proprio facile.
Il Signore ci aiuti.
"lo sono la vite, voi i tralci. Chi rimane V DOMENICA di PASQUA - 2 Maggio 2021
in me, e io in lui, porta molto frutto..." Giovanni 15, 1-8
Domenica scorsa, lo ricordate, si parlava del Pastore che guida le sue pecore e noi i discepoli, invitati nella libertà ad andare dietro di Lui, oggi un'immagine ancora più forte: la vite e i tralci, esprime l'ideale, il sogno più grande di un credente, non soltanto quello di seguire Gesù, ma di diventare una cosa sola con Lui, di condividere la stessa vita e non solo unito a Lui, ma anche agli altri, perché nella vite e tronco e tralci fanno parte di un unico organismo.
È il sogno che Paolo esprime verso la fine della sua vita dicendo. "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me" oppure potrebbe dire io vivo in Cristo, è di Paolo anche a l'immagine del corpo: Gesù è il capo e noi siamo le membra, tutti uniti insieme.
Ci hanno detto che il giorno del Battesimo siamo stati innestati come tralci nella vite e che una volta uniti nella vite eravamo radicati in Gesù.
Un sogno, ma a leggere con attenzione la pagina di oggi c'è qualcosa che non funziona occorre non dare per scontate cose che forse non lo so sono. Si parla di una vite che ha dei tralci che non portano frutto, mio nonno si intendeva di viti e se gli avessero detto che c'è una vite con parecchi tralci, ma molti non portano frutto avrebbe detto che probabilmente la vite è fasulla e conviene estirparla e metterne una nuova, perché tutti i tralci devono portare frutto. Qualcuno di voi potrebbe scandalizzarsi, in questo simbolo la vite è Gesù. Ma a pensarci bene non è automatico che una volta radicati in Gesù portiamo frutti.
C'è qualche cosa di più inquietante per un cristiano: sembra che Gesù non sappia tenermi legato a sé, non farmi seccare, non possa impedirmi di non portare frutto, ma allora se Lui non può farlo dipende da me, non posso dare per scontato di essere radicato nella vite e debbo invece continuare a nutrirmi della linfa di questa vite, rimanere unito senza staccarmi, perché c'è il rischio che io non continui a cercare Gesù, i suoi valori, la sua Parola, le cose importanti che vuole comunicarmi, insomma quando mi hanno detto che nel Battesimo ero radicato in Cristo e potevo sentirmi tranquillo che Lui mi avrebbe custodito per impedirmi di separarmi da Lui e invece questo non è possibile, perché siamo liberi.
Liberi anche di rinnegare, di tradire, se leggete il Vangelo c'è sempre, specialmente alla fine, per i discepoli questa ombra del tradimento, Gesù ha scelto dei discepoli, ma uno lo tradisce, gli altri lo abbandonano, Pietro lo rinnega, ma non poteva trasformarli, cambiarli? Dipende da noi, dalla nostra ricerca, dalla nostra passione, dal cercare di mantenerci uniti a Gesù, non possiamo dare per scontato il fatto che siccome siamo cristiani, allora tutto funziona, sentirsi sicuri è un grande rischio nel seguire il Signore, forse il rischio peggiore che può correre un cristiano, se ho capito qualcosa conoscendo la gente, il rischio di essere certi che siccome si viene in chiesa, si fanno delle pratiche, si nomina Gesù, si è capaci come Lui di amore, di gratuità e non è una cosa tanto semplice.
Chi crede è in continua ricerca del suo contatto con Gesù, di essere una cosa sola con Lui e anche con i fratelli, perché se siamo tralci della vite dobbiamo condividere la vita e gli stessi valori.
Ma c'è un'altra cosa inquietante nel Vangelo che abbiamo letto: "Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi chiedete quello che volete e vi sarà fatto", qui non c'è bisogno di mio nonno, bastate tutti voi, a chi di voi non è successo qualche volta di aver pregato e di non aver ottenuto nulla.
Che significa che non siamo veramente radicati in Cristo? La preghiera è una cosa complicata, abbiamo letto: "Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi", allora la preghiera, se si è veramente radicati in Lui, è simile alla sua, pensate al Padre Nostro, noi siamo abituati a pregare - lo faccio anch'io - se ci sentiamo poco bene, se abbiamo un amico malato chiedendo la guarigione, ma questa è una preghiera che si fa in tutto il mondo, in tutte le religioni, rivolgendosi alle varie divinità, dappertutto ci sono i santuari, si fanno offerte, ma Gesù ci invita a pregare perché venga il Regno di Dio e la sua giustizia, allora la preghiera diventa qualche cosa di diverso, un continuo cercare di conservare la fede, di avere dentro di noi i valori di Gesù, se siamo radicati in Lui non cerchiamo più l'aiuto di Dio, ma di mettere la nostra vita, il nostro coraggio, a servizio di Dio. Diceva qualcuno che non siamo noi che abbiamo bisogno di Dio, ma Dio che ha bisogno di noi, allora la preghiera diventa un cercare di conservare la fede, il coraggio del bene e secondo il Vangelo di Luca è una preghiera incessante, che non deve finire mai, la ricerca continua per capire che cosa posso offrire al Padre perché il mondo sia più giusto, ci sia più amore, allora la preghiera è niente affatto semplice, diventa una cosa seria, che coinvolge la nostra vita, ci aiuta a credere e ad amare.
Il Signore ci aiuti.
"Questo vi comando: che VI DOMENICA di PASQUA - 9 Maggio 2021
vi amiate gli uni gli altri" Giovanni 15,9-17
Gesù ci lascia un comandamento, uno solo, sembrerebbe tutto più semplice, non più tanti comandamenti, non più tante regole, un solo comandamento.
Eppure se uno ci riflette su ci si accorge che la vita non si semplifica, ma si complica perché, vedete, le regole sono importanti, necessarie, aiutano a capire cosa bisogna fare, come dobbiamo comportarci. Quando eravamo ragazzi, ma anche adesso se andate vicino a un confessionale trovate che l'esame di coscienza si fa con i dieci comandamenti, non trovate mai un solo comandamento, qualche volta poi si spiegano i dieci comandamenti e sembrano aggiungersi tante altre regole, che a volte sembrano a molti cristiani indicare come cattive azioni che non lo sono.
Ma c'è ancora un'altra cosa, forse più importante, spesso i comandamenti sono negativi: non uccidere, non rubare, non bestemmiare e può sembrarci di essere a posto, come se bastasse non fare il male.
Gesù dice che il comandamento è uno solo: ama, ma cosa significa amare? Se non ci sono più regole, devo cercare dentro di me, capire giorno per giorno, momento per momento, situazione per situazione cosa significa amare e non è affatto semplice, sarebbe molto più facile avere una regola da seguire.
Le regole ci aiutano, certamente, ma se non so andare oltre, non so mettere in gioco il mio cuore, la mia vita, le mia scelte di fondo, allora dipendo dagli altri, non sono io il vero protagonista, Gesù mi dice che quello che conta è amare e questo non può impormelo nessuno, dipende solo da me.
Non ubbidisco più a regole esterne, debbo ubbidire al mio cuore, devo essere io a scegliere non è più un comportamento che mi è imposto fa fuori, chi parla difficile direbbe una morale autonoma e non eteronoma.
Cosa significa poi amare come Gesù? Questo posso cercarlo leggendo e rileggendo il Vangelo, allora potrò intuire come Gesù ha concepito l'amore, come Lui ha voluto bene.
Posso dirvi soltanto alcune cose: Gesù non ama solo quelli che sono buoni, ma soprattutto quelli che non lo sono e per noi non è affatto semplice. Gesù non ama soltanto i vicini, ma anche i lontani, soprattutto gli ultimi, i deboli.
Gesù ama di un amore libero, e anche questo non è semplice, libero dalle convenzioni, da quello che dice la gente, dalla legge, libero addirittura dalla Scrittura. Quando gli dicono che lui non può guarire di sabato, crede che l'amore può andare al di là della regola, questo significa, e molto altro, amare come Lui ci ama.
C'è un'altra cosa che voglio dirvi che nella mia vita è stata spesso preziosa, vedete, se mi dicono ama come quell'amico là, che è molto più bravo di me, comincio a fare confronti e rischio di scoraggiarmi, se mi dicono ama come Gesù, allora è come scalare una montagna che non ha cima, come Gesù non potrò mai amare e se si scala una montagna che non ha cima allora non si arriva mai, non c'è nemmeno chi arriva primo e chi ultimo, l'importante è camminare, cercare di essere almeno un po' come Lui, qualche volta ci riusciamo, qualche volta no, ma non ci scoraggiamo perché non siamo riusciti ad amare come San Francesco o come Madre Teresa di Calcutta, anche loro non hanno amato come Gesù, anche loro non sono arrivati in cima, ripetevano spesso che si sentivano poveri peccatori ed è giusto. Ma io non devo confrontarmi con loro, posso sentirmi libero di continuare a cercare di amare come posso, seguendo Gesù, fin dove riesco e so che posso sempre ricorrere alla sua tenerezza e Lui mi metterà una mano sulla spalla e continuerà a invitarmi a provarci ancora, a tentare di amare con un amore libero, gratuito, come posso
Il Signore ci aiuti.
"Andate in tutto il mondo e proclamate ASCENSIONE del SIGNORE - 16 Maggio 2021
il Vangelo a ogni creatura..." Marco 16, 15-20
Ho letto all'inizio: "Dal Vangelo secondo Marco", ma gli studiosi ci dicono che le parole che abbiamo letto oggi non appartengono alla versione originale di questo Vangelo, che finisce in maniera molto brusca con l'annunzio, da parte di un giovane vestito di bianco che il Signore non è più lì, è risorto, alle donne che vanno via spaventate e non dicono niente a nessuno.
Anni dopo qualcuno ha sentito il bisogno di aggiungere qualche cosa, hanno fatto un breve riassuntino, poche righe in cui ricordano alcuni episodi che si trovano nei vari Vangeli e poi aggiungono le parole che abbiamo letto oggi, che io trovo particolarmente interessanti perché ci dicono che cosa pensano dei Cristiani vissuti circa un centinaio dopo la morte di Gesù della loro fede, della loro missione, del loro essere cristiani.
Si esprimono attraverso dei simboli, come del resto anche i Vangeli. Io trovo i simboli particolarmente interessanti, perché ciascuno di noi può interpretarli, non sono delle formulette fisse, ma immagini, simboli che occorre comprendere e tradurre nella propria esperienza di ogni giorno. Certo il simbolo è anche pericoloso perché si rischia di interpretarlo ciascuno a modo proprio, ma il maggior pericolo credo che sia quello di prendere queste parole non come simboli, ma come affermazioni da prendere alla lettera, certo è difficile non interpretare come simbolo il fatto di prendere in mano i serpenti o di bere il veleno, penso che nessuno di voi berrà veleno pensando di essere al sicuro perché è cristiano, ma altri simboli sono stati invece usati nella vita della Chiesa come se non lo fossero, in maniera pericolosa.
Avrete notato che ormai questi Cristiani danno per scontato che il Vangelo sia per tutto il mondo, all'inizio molti pensavano che il messaggio di Gesù fosse riservato agli Ebrei, anche Lui non era mai uscito dalla Palestina, ma ora è diventato chiaro che il loro compito e di portare il messaggio di Gesù a tutte le genti, nessuno escluso.
Forse avrete anche notato che mentre il primo racconto, che abbiamo letto negli Atti degli apostoli, dell'Ascensione del Signore parla ancora della venuta di Gesù, che i primi Cristiani pensavano fosse imminente, che sarebbe tornato presto, glorioso trionfante a chiudere una storia per aprirne un'altra profondamente diversa, ora questi Cristiani non parlano più della venuta del Signore, credo che siano pienamente convinti che sia compito loro testimoniare Gesù e il suo messaggio e fare in modo che il mondo sia migliore.
Il primo simbolo che incontriamo non è semplice da interpretare: "Chi crede non sarà condannato, chi non crede e già condannato", i Cristiani allora non avevano nessun potere, non potevano condannare nessuno, poi lo avranno e useranno queste parole per condannare e bruciare, loro cercano di dirci che Gesù ha detto parole che colgono l'essenziale della vita, una vita in cui non ci sia amore, tenerezza, gratuità è una vita già condannata, che non ha senso, quindi in queste parole questi Cristiani vogliono soltanto affermare la loro fede in quello che Gesù ha detto, ha fatto, credono che il suo messaggio sia un messaggio di vita e chi non condivide quei valori, chi vive di odio, di violenza, di vendetta, chi cerca solo il potere, il denaro, vive una vita che non ha senso, che va contro l'intenzione di Dio che vuole una comunità di fratelli, che cercano di amarsi, per loro la Parola di Gesù rende bella e ricca la vita.
Poi questi Cristiani parlano di segni straordinari e di demoni che vengono cacciati, noi pensiamo sempre ai prodigi, ai miracoli, ma per loro, e così è anche nel Vangelo, sono segni, sono simboli, che ci comunicano qualche cosa di importante.
Nel corso della vita della Chiesa si è dato poi troppa importanza al miracolo come fatto assolutamente straordinario, per loro il miracolo è un'altra cosa, per spiegarmi posso dirvi l'esperienza che ho fatto con certe persone che sono andate a Lourdes con i malati, facendo da barellieri, assistenti, accompagnatori, a Lourdes i malati andavano con la speranza di essere guariti, di avere il miracolo, ma gli scienziati ci dicono che a Lourdes succedono gli stessi miracoli che succedono in tutti gli ospedali d'Europa, però i malati tornavano da Lourdes - mi dicevano – contenti, pacificati, avevano forse visto i veri miracoli, avevano sentito come un miracolo le persone che li avevano accuditi, curati con tenerezza, fatto compagnia, avevano sentito come un miracolo il ritrovarsi con tanta gente che come loro soffriva e pregava, tornavano a casa, il 99,999 di loro non avevano ottenuto nessun miracolo, ma avevano visto, sperimentato il miracolo della gratuità e della tenerezza e questi forse sono i veri miracoli della vita.
I cristiani dicono poi che il loro compito e anche quello di cacciare i demoni, non pensate al diavolo, soltanto pochi pazzi ancora oggi si occupano di cacciare diavoli, è il simbolo del male che c'è nel mondo che un cristiano deve combattere e lo trova dentro di sé, fuori di sé e fa quello che può per superarlo.
C'è poi un altro simbolo interessante: dicono che possono prendere in mano i serpenti, bere veleno e non gli farà alcun male, di cosa parlano? probabilmente di tutto il veleno che trovano intorno a sé in quel mondo romano, ce n'era forse anche più di oggi, era un mondo pieno di schiavi, si andava al circo per vedere uomini che si uccidevano, c'era violenza, corruzione, eppure loro erano convinti di poter passare indenni, rimanendo fedeli al messaggio di Gesù, senza lasciarsi contaminare, avvelenare da tutto il male che dovevano attraversare, e vale anche per noi, possiamo, specialmente in certe situazioni difficili, attraversare il male senza lasciarci corrompere il cuore, loro ne erano convinti, forse faremmo bene a esserlo anche noi.
Poi avete ascoltato che dicono che bisogna imparare a parlare in altre lingue, devono saper comunicare il messaggio di Gesù anche gente che parla diversamente da loro, che usa altri concetti altri modi di pensare, non possono usare sempre il loro linguaggio, debbono inventarne di nuovi, questo sarebbe molto prezioso anche oggi, dovremmo cercare tutti di capire come possiamo parlare ai nostri giovani, come trasmettere il messaggio di Gesù, testimoniare la nostra fede, non possiamo più usare vecchie parole, che ripetiamo stancamente, dobbiamo cercare linguaggi nuovi, non è semplice, ma secondo me, molto importante.
L'ultima cosa che dicono è che bisogna guarire i malati, è quello che attraversa tutto il Vangelo: Gesù si china sulla sofferenza, sulla malattia, su chi tribola e invita anche noi a fare lo stesso e ci sono tante malattie del corpo, ma anche del cuore. Il compito dei cristiani, in fondo forse il più importante, è proprio questo: chinarsi sulla sofferenza, sul dolore di questo mondo e cercare per quanto si può di curarlo. Ve l'ho fatta troppo lunga, scusate.
Il Signore ci aiuti.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità DOMENICA di PENTECOSTE - 23 Maggio 2021
vi guiderà a tutta la verità Atti 2, 1-11. Giovanni 15, 26-27, 16, 12-15.
Avete ascoltato l'inizio della lettura degli Atti degli Apostoli che dice: "Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste", se la mia esperienza non mi inganna, se vi domandassi che giorno si compie con la Pentecoste, probabilmente la maggior parte di voi non mi saprebbe rispondere, la Pentecoste è una grande festa degli Ebrei, la festa delle "settimane", Shavuot, 7 settimane dopo la Pasqua, un tempo era la festa della mietitura, ma poi quando anche l'altra festa grande, che era della transumanza, è stata cambiata nella Pasqua, il ricordo della liberazione e dell'uscita dall'Egitto, anche questa festa cambia, non più festa del raccolto del grano, ma del dono della Parola, il dono della Torah, la legge, ricordate le grandi tavole di pietra, con sopra incisi i comandamenti, che Dio consegna a Mosé, tavole di pietra, qualche cosa da toccare, da conservare, da possedere, da riporre, come dice l'antica tradizione, nel luogo più sacro del Tempio, là si conserva il dono di Dio, la sua legge.
Oggi invece sentiamo parlare dello Spirito, è una parola che viene dal latino, potremmo tradurre anche con soffio, vento, aria, qualche cosa di impalpabile, molto diverso da tavole di pietra, e fa venire in mente l'antico racconto del Profeta Elia che sale sul monte alla ricerca di Dio e passano il terremoto, il fuoco, ma non c'è Dio e poi il "sussurro di una brezza leggera" Elia si accorge che Dio sta passando, un soffio leggero di vento, qualche cosa di impalpabile, che bisogna inseguire, cercare, nessuno lo può mai conoscere fino in fondo, soprattutto nessuno mai può possedere un Dio fatto di aria, di vento.
Oggi come avete ascoltato ancora il vento, perché di Dio, ormai i primi cristiani ne sono convinti, si può parlare soltanto attraverso i simboli e uno, forse il più forte, è proprio quello del vento, che non si sa da dove viene, né dove va, che nessuno può fermare, imbrigliare, possedere, nessuno può usare per suo comodo, bisogna inseguirlo, cercarlo.
Come avete ascoltato qui non è un soffio leggero, ma un vento impetuoso, che scuote la casa, spalanca le porte, spinge a uscire, a liberarsi dalla paura, per essere testimoni di Gesù.
Poi un altro simbolo il simbolo delle fiammelle che scendono sugli Apostoli, c'è anche Maria ricordiamolo, un simbolo di luce e di calore, luce che illumina i passi dell'uomo, la sua mente, la sua coscienza e fuoco che riscalda il cuore, dà passione, così interpretano il dono che adesso Gesù fa loro, non qualche cosa di esterno, scritto su tavole di pietra, ma dentro di noi il vento, il soffio di Dio, da cercare, inseguire. Ormai è dentro di noi che possiamo far risuonare la Parola di Gesù, i valori che Lui ha cercato di testimoniarci, cercare che cosa è giusto, non c'è più una legge esterna che ci dice cosa dobbiamo fare punto per punto, ma qualcosa che deve nascere da dentro di noi, ascoltando, inseguendo il soffio dello Spirito, il vento di Dio, di Gesù, è Lui che ci comunica attraverso la sua Parola le cose essenziali della vita, è Lui che ci dà luce, che riscalda il nostro cuore e allora dentro di noi possiamo cercare le strade dell'amore, della gratuità, della libertà, sempre convinti che Dio non ci lascia soli, che c'è un vento che anima il nostro cuore, che ci spinge, certo non possiamo mai dire di possederlo, il vento non si possiede, lo si insegue, lo si cerca, e ci si sente il cuore riscaldato e gli occhi che vedono, perché qualche cosa della vita di Gesù passa anche attraverso il nostro cuore.
Un'ultima cosa su cui vorrei fermare la vostra attenzione è il segno su cui questi primi cristiani, raccontando l'evento della Pentecoste, che certamente è simbolico, sottolineano a lungo, rileggete il racconto vedrete quanti popoli vengono nominati, quasi tutti quelli del bacino del Mediterraneo, e tutti, pur parlando lingue diverse, intendono lo stesso messaggio: è il sogno di questi primi cristiani che gli uomini possano ritrovarsi intorno a valori comuni, che possano parlare lo stesso linguaggio, è quasi il ribaltamento della torre di Babele, lo ricordate, allora le lingue si erano disperse, qui si riuniscono, è un sogno di cui noi, che viviamo nel XXI secolo, in cui ormai il mondo si è fatto piccolo, perché basta aprire un computer possiamo comunicare col Giappone, l'India, il Congo, il Sud America, e tanti popoli diversi, come sarebbe bello se trovassimo valori, ideali, principi comuni, se potessimo condividere tutti il rispetto dell'uomo, la libertà, la dignità di ogni persona, se uomini di tutte le religioni e anche chi non ha nessuna religione, non ha importanza, potessero trovare non un linguaggio comune perché siamo tutti diversi, ma valori comuni, da condividere, da cercare insieme, da rendere concreti in questo nostro mondo attraversato ancora oggi da troppe ingiustizie, da troppe violenze, da troppo male.
Quest'anno siamo stati quasi travolti dal virus dalla pandemia e rischiamo di dimenticare tutte le sofferenze di questo mondo: la guerra, la schiavitù, la miseria, tutti questi problemi hanno bisogno, un bisogno assoluto, che noi uomini cerchiamo insieme al di là di tutte le differenze, che devono rimanere perché sono preziose, non dobbiamo essere tutti uguali, dobbiamo essere diversi, parlare le lingue più svariate, avere le culture più diverse, ma trovare qualche cosa che ci unisca, qualche cosa che sia essenziale per la nostra vita, secondo i primi cristiani a questo ci spinge il vento di Dio, il soffio che Lui ci manda che spinge all'unità, alla fraternità, a trovare insieme i valori che rendono ricca e bella la vita, la libertà, la dignità di ogni uomo.
Invochiamo il Signore perché lo Spirito soffi su tutta la terra e soprattutto su ciascuno di noi perché possiamo cercare quello che è giusto e buono, e non dividiamoci tra cristiani e non cristiani e se tra trovate oggi tante persone, specialmente i giovani, che dicono di non credere più in Dio non vi spaventate, l'importante è credere nella giustizia e nel bene, l'importante è credere nell'uomo, perché come dice l'Antico Testamento: "La gloria di Dio é l'uomo vivente", Dio ci ha creato e la sua gloria si realizza se tutti gli uomini vivono una vita ricca, giusta, bella.
Il Signore ci aiuti.
Vorrei condividere con chi legge questa Filastrocca di Pentecoste che ho ricevuto da un mio amico sacerdote e trovo particolarmente suggestiva:
Ho un 'Dio fatto di aria'
Lei è credente? Che religione professa?
Io credo... credo nel ‘Dio fatto di aria’.
Mi scusi ma che Dio è, un Dio fatto di aria?
com’è possibile immaginare un Dio fatto di aria?
È così, non mi crede?
'Spiritus' si traduce con Aria o mi sbaglio?
Boh. Un Dio fatto di aria non l'avevo mai sentito.
Me lo presenta per favore il suo Dio fatto di aria?
Eccolo qua.
Un Dio fatto di aria lo trovi dovunque
Un Dio fatto di aria appartiene a chiunque
Non fa preferenze, il Dio fatto di aria,
Un Dio fatto di aria non ti lega non ti iscrive non ti prende per sé.
È un Dio libero, è un Dio sciolto il mio Dio fatto di aria.
Dovrebbe conoscerlo, se ne innamorerebbe anche lei
del mio Dio fatto di aria.
Però. Chi se lo sarebbe mai immaginato
un Dio fatto di aria.
I greci dicevano che pure noi sotto sotto siamo fatti di aria.
Difatti anche l’anima significa aria.
Quindi gli somigliamo tanto al Dio fatto di aria.
Qualche volta gli parlo al mio Dio fatto di aria
“Sapessi come sono felice a portarti con me...
Le religioni saranno pure grandi e sublimi
ma certe volte sono pure pesanti asfissianti scoccianti noiose ossessive.
Invece Te.
Invece Te, che meraviglia, a portarti con me.
Senza che se ne accorga nessuno
io ti porto sempre con me.
Tu sei leggero leggero soffice come una piuma d’uccello
non pesi, non imponi, non dai condizioni
non hai leggi non hai prescrizioni non hai divieti
non hai confessioni.
Sei di tutti per tutti con tutti.
Basta respirare e far respirare
Basta tollerare rispettare onorare
e tu entri in chiunque senza problemi.
Sei aria e a volte sei perfino un uccello che vola nell'aria.
Dimmi tu se c’è un Dio che allarghi il mio cuore
meglio di te.
Non hai popoli eletti, non prometti terre a nessuno
Non ti leghi a nessuno
Non sei re non sei papa non comandi su niente
Nessun muro o parete ce la farebbe a chiuderti dentro
Nessun altare ti vorrebbe sul suo piedistallo
se no, sai che ridere...
“Ma che facciamo, direbbero tutti,
adoriamo l’aria, adoriamo un uccello?”
E tu invece felicissimo
sfrecceresti da tutte le parti.
Ma quelli….
Quelli ti rincorrerebbero coi lacci e le reti
per impossessarsi di te
per averti un Dio tutto per loro.
Ma Tu, come rideresti di cuore a svolazzare beato
non ti faresti mai mettere in gabbie dorate.
Sembri più un Dio egizio o un respiro buddista
che un Dio veramente cristiano.
Càpiti sempre in momenti felici.
Per Noè sei la colomba che,
nel beccuccio, porta un rametto d’ulivo
fin sulla finestrella dell’Arca
per dire ohi signori il diluvio è finito.
Per Elia che aveva paura di Dio
sei un refolo che lo calma e lo placa.
Per Maria sei l’invito di un angelo
a partorire il Figlio di Dio.
Al Giordano sei appena un battito d’ali
quando il cielo si aprì.
Gesù nella Cena Pasquale profumava “di nardo”
(glielo aveva spalmato addosso Maria)
e quel aroma, lo sapevano tutti, eri Tu.
Per me invece chi sei?
Lo sai che neanche lo so?
Ma forse lo so.
Con te mi confido senza usare parole o preghiere
basta che prema forte qui dalla parte del cuore.
Me lo scordo sempre che tu non usi parole ma battiti
Perché senza dirmelo
mi ti sei infilato
dritto al centro del cuore.
Sei il mio filo d’aria.
Che io dorma o sia sveglio
quel ‘su e giù’ del mio petto
è per dire a chiunque signori io respiro da solo,
lasciatemi libero, io decido da me
vi prego non incubatemi
in una religione in una famiglia in una città soffocante
Dì la verità.
Forse ti annoio con queste mie cantilene perché
non te ne fai niente di altari di templi di immagini o statue
o culti o fedeli o pellegrini o devoti
non te ne frega niente
se qualcuno ti veneri o no.
Perciò devi ammetterlo
sei un Dio originale spassoso e leggero.
Quello che ho sempre sognato
Per provare dolcezza
Per coltivare ottimismo
Per non aver paura di niente.
Ti sembra poco per noi che
con tanti pesi sul petto
facciamo fatica a riprendere fiato?
Però.
Però se vedi soprusi ingiustizie e invasioni
Allora t'incavoli e diventi uragano
T'infili dentro un profeta che sia Geremia o Saviano
E strilli quello che nessuno ha il coraggio di dire
In quel momento tu che sei fatto di aria
diventi un vento gagliardo che sbatte porte e finestre
come a Pentecoste con gli Apostoli e Maria radunati a pregare
In principio eri il ffffffffffffffffffffff del Padre celeste
che soffiava soffiava soffiava sul casino
del caos per dare una spinta al creato a evolversi e a farsi.
Ma, dico io, può mai un Dio essere un semplice ffffffffffffffffff?
Eppure a me piace tanto
Che tu sia un semplice fffffffffffffffffff
Sapessi quanto lo aspetto
Il tuo semplice ffffffffffffffffffff
Perché solo allora io prendo vita, mi si colorano gli occhi e mi ridono un po’.
Ci vado a letto la sera e ti stringo forte sul petto.
Non uscirtene di nascosto mio adorabile ffffffffffffffffff
Che se poi quel Dio lo associ all’amore,
eh, allora son guai.
Perché questo Dio non gli piacciono mezze misure
prende subito fuoco
e diventa un Dio fatto tutto di fuoco.
E lo sai perché?
Perché Tu non sei mai ‘una specie d’amore’
non sopporti un amore tanto per dire
tiepidino, un po’ usato, un po’ trasandato
Perché Tu
sei un amore totale e un amore finale.
Quando non si fanno più calcoli,
Quando non si guardano date e orologi,
Quando si cancella ogni impegno e ogni altro dovere. Perciò...
POI HO SCRITTO
Perciò se tu amico mio
nel tuo piccolo (qualche volta)
hai amato così
nel tuo piccolo (qualche volta)
l’hai portato anche tu questo Dio strano e bellissimo
questo Dio fatto di aria e fatto di fuoco
Non dire di no.
Andate e fate discepoli tutti i popoli SANTISSIMA TRINITÀ - 30 Maggio 2021
battezzandoli nel nome del Padre e Matteo 28, 16-20
del Figlio e dello Spirito Santo.
Oggi tentiamo di celebrare la festa della Santissima Trinità, questa parola fa venire alla mente ricordi lontani, non so se qualcuno di voi li condivide, quando ero bambino spesso mi mostravano un triangolo con un grande occhio dentro, per me un po' inquietante, da quell'occhio mi sentivo scrutato, controllato, poi diventato un po' più grande, quando andavo al catechismo cercavano faticosamente di spiegarmi il mistero della Trinità con il triangolo: tre lati uguali, un'unica figura, io la matematica l'ho sempre odiata quindi trovavo difficoltà ad accettare il paragone, un po' più familiare mi era il trifoglio: una sola foglia con tre parti uguali e poi mi dicevano sempre che si trattava di un mistero, senza spiegarmi che cosa si può intendere come mistero, poi ho capito che questa parola può essere riempita di luce, qualche cosa che è aldilà delle nostre comprensioni, ma non per questo oscura, ma troppo grande, troppa luce per essere compresa.
Sono andato in seminario, ho cominciato a studiare per diventare prete e ho passato parecchie ore a studiare la Santissima Trinità, con le antiche parole della filosofia greca: natura, sostanza, persona e poi le "processioni": il Figlio procede dal Padre, lo Spirito dal Padre e dal Figlio, insomma quello che trovate riassunto nel Credo che tra poco ripeteremo. Parole in un certo momento della storia della Chiesa particolarmente importanti, ma per me e anche per molti cristiani che conosco sono diventate pesanti, perché crediamo che non parlino più al nostro cuore e forse nemmeno alla nostra mente. Penso che forse dobbiamo tornare all'antica Parola del popolo d'Israele che dice che di Dio non conviene parlare, non si può nemmeno pronunciare il suo Nome.
Poi però qualche cosa dobbiamo dire se vogliamo che sia in qualche modo presente nella nostra vita, nella nostra esperienza e allora gli antichi Ebrei usano simboli, qualcuno ne conoscete, ce ne sono molti se leggete la Bibbia, pensate al roveto ardente che non smette di bruciare e si sente la Voce, oppure pensate alla "sussurro di una brezza leggera" in cui, sul monte, Elia riconosce Dio che passa. Parlano della Parola di Dio come se fosse una persona, la Parola che crea. "Dio disse e la luce fu", oppure parlano della Sapienza che quasi come una persona gira per il mondo, o dello Spirito che anima la vita e ispira la voce dei Profeti. Parole, simboli che tentano di esprimere qualche cosa dell'inesprimibile.
Noi abbiamo qualche cosa di più vicino, abbiamo Gesù che ha tentato di parlarci in qualche modo di Dio, ma anche Lui non ripeteva formule, raccontava parabole, ci parlava del regno di Dio, della sua giustizia che dobbiamo cercare, ci ha raccontato la parabola del Padre misericordioso, penso la conosciate tutti, quando la leggi la prima volta ti sembra semplice e poi più la rileggi e più ti sembra che veramente sia qualche cosa di oltre, forse lì c'è veramente il mistero di Dio, non ombra, ma luce, solo il Padre può rispondere al male con la festa, chi di noi lo potrebbe immaginare, al male rispondiamo con la vendetta, la punizione, la paura, non con la festa, questo può farlo solo Lui, un amore oltre, che non riusciamo nemmeno ad immaginare.
E poi la vita di Gesù: in Lui possiamo intuire qualche cosa dell'oltre di Dio, ricordate: quando Filippo gli chiede: "Maestro mostraci il Padre" gli risponde: "Ormai da tempo sei con me e non mi hai conosciuto? Chi ha visto me ha visto il Padre", attraverso le parole, le parabole, i gesti di Gesù possiamo intuire qualche cosa dell'oltre, intuire, non possiamo mai comprendere fino in fondo, non sarebbe Dio, la pienezza della vita, della luce, dell'amore.
Forse oggi dovremmo trovare le parole della poesia, della mistica per sentire ancora Dio che parla al nostro cuore, lo riscalda, ci fa sentire l'esigenza di amare, perché come dice l'apostolo: "Chi non ama non conosce Dio, perché Dio è amore. Ma che significa amore? forse l'esperienza di Gesù ci fa intuire qualche cosa.
E poi lo Spirito, ma anche lì, ne parlavamo domenica scorsa, non si possono che usare i simboli: il vento, il fuoco, la luce, simboli, ma che possono farci intuire qualche cosa di Dio: ricordando sempre l'Apostolo: solo chi ama può intuire Dio, chi ama veramente, vive la gratuità, perché Dio è amore, è luce, è la pienezza della vita: parole, lo ripeto, che non posso mai dire di capire fino in fondo, no, Dio non si può capire, ma lo si può sentire vicino, lo si può amare, attraverso il Vangelo possiamo addirittura dargli del Tu.
Il Signore ci aiuti.
"Questo è il mio corpo... SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO - 3 giugno 2021
Questo calice è la nuova I Corinzi 11,18- 22. Marco 8,1-9
alleanza nel mio Sangue…"
Oggi celebriamo la festa del Corpus Domini, del Corpo e del Sangue del Signore, non vi parlerò del mistero dell'Eucaristia, non vi racconterò i tanti miracoli, come quello di Bolsena, o dell'asino che si inginocchia, come facevano quando ero bambino, niente di tutto questo, cercherò di farvi intuire qualche cosa o di darvi qualche spunto di riflessione, che sarebbe bene poi continuaste, su quello che facciamo qui la Domenica.
Quando si legge con un po' di attenzione il Vangelo c'è una cosa che colpisce: nei Vangeli che chiamiamo sinottici perché sono molto simili: Matteo, Marco e Luca, c'è una sola catechesi sull'Eucaristia, nel Vangelo di Giovanni c'è qualche cosa d'altro, ma negli altri tre il racconto che abbiamo letto nel Vangelo Marco è la sola catechesi, ed è ripetuta due volte, significa che questo racconto era per chi ha scritto il Vangelo la chiave per capire che cosa facciamo insieme ogni Domenica, la conferma la trovate nelle parole di Paolo che abbiamo ascoltato: sono il primo racconto che abbiamo della Cena del Signore, la lettera di Paolo ai Corinzi è stata scritta quasi 30 anni prima dei Vangeli eppure già troviamo il racconto della Cena che lui dice di aver ricevuto, era già probabilmente un racconto scritto che girava nelle comunità cristiane. Paolo lo ricorda perché quando i cristiani si riuniscono per "spezzare il Pane" e condividere la cena i ricchi mangiano molto, alcuni addirittura si ubriacano e i poveri hanno fame, non sanno condividere nemmeno un po' di cena, avete ascoltato le parole durissime di Paolo: "Perché gettate il disprezzo sulla Chiesa di Dio, perché volete umiliare chi non ha niente?" ecco vedete Paolo esprime quello che dice il racconto della moltiplicazione dei Pani: se si mette in comune quello che si ha, anche se è poco, la vita si moltiplica, è chiaro che sono simboli, ma i primi cristiani sono convinti che Gesù ha trasmesso loro che soltanto condividendo il pane, non soltanto il pane materiale, la gente ha fame di pane, ce n'è ancora tanta sulla terra, ma anche fame di conoscere, di scuola, fame di affetto, di gratuità, di rispetto, se sappiamo condividere la vita un po' di questa fame si può saziare, la vita si può moltiplicare, non dimenticatelo, secondo me è importantissimo, quando vi chiedono che cosa fate la Domenica in Chiesa rispondete per prima cosa: una celebrazione, un simbolo di vita condivisa, l'importante è condividere quello che abbiamo, questo ci ha insegnato Gesù, solo così la vita si fa ricca e si moltiplica.
Qualcuno di voi potrebbe domandare ma è solo questo? Avete ascoltato l'apostolo Paolo e le parole di Gesù nell'ultima cena: "Fate questo in memoria di me" siamo qui per far memoria di Gesù, per ricordarlo non come un evento del passato, ma come fosse vivo per parlarci ancora, ascoltiamo la sua Parola, facciamo memoria della sua vita, dei suoi gesti, di quello che Lui è stato.
Non solo comunichiamo anche al Calice dell'Alleanza, noi siamo diventati molto attenti all'igiene, non possiamo prendere il calice e farlo girare, un tempo non avevano difficoltà, dovete accontentarvi di guardare, ma quel Calice è importantissimo: è il calice dell'Alleanza. L'alleanza è un concetto antico, avete ascoltato nella prima bellissima Lettura il rito che fa Mosé: prende il sangue degli animali offerti in sacrificio e ne mette parte sull'altare che rappresenta Dio e in parte lo spruzza sul popolo: il sangue per gli antichi è la vita, il rito vuole esprimere l'idea che ora una stessa vita unisce Dio e il popolo, che si impegna a vivere l'alleanza. Anche noi, qui, entriamo in comunione con Gesù, con la sua vita e ci impegniamo con Lui a vivere l'amore, la gratuità. La Fede se non è anche impegno etico non ha senso, non basta fare una processione, partecipare alla Messa, recitare tanti rosari, se non c'è amore non serve a niente.
E poi: "Prendete e mangiate". Siamo qui per nutrirci di Gesù, della sua vita. Ecco solo un accenno al senso di quello che facciamo qui, bisognerebbe parlarne a lungo, ripensateci però.
Mi fermo perché vorrei condividere con voi il disagio che, fin da quando ho cominciato a dire Messa, sono ormai 60 anni, ho provato, qualche volta con pena, vedendo che c'è qualcuno che partecipa alla Messa e non fa la Comunione, perché? si può essere invitati ad una cena e non mangiare? uno deve stare proprio male.
Quali sono i motivi per cui le persone non fanno la Comunione? Tre fondamentalmente: il primo: alcuni si portano dentro un senso di colpa, pensano di non esserne degni, di non potersi avvicinare al Signore, l'ho sentito ripetere tante volte, mi è capitato ancora qualche giorno fa. Ma che Vangelo leggono? Gesù è venuto per i peccatori, lo ha ripetuto tante volte, non è venuto per i giusti, ma per chi sente di essere un peccatore, si è messo accanto a loro fin dal suo battesimo, ha mangiato e fatto festa con loro e tu proprio perché ti senti peccatore non ti avvicini a Lui? Ricordate, quando Gesù ha distribuito per la prima volta il Pane a chi l'ha dato? a Giuda che stava per tradirlo, a Pietro che tra qualche ora lo avrebbe rinnegato, ai discepoli che sono tutti scappati, chi di loro era buono? Se c'è qualcuno che non fa la Comunione perché si sente in colpa, dico una parola forte, bestemmia, il Signore, è venuto proprio per voi, si è fatto carne per i peccatori, non per i giusti.
Il secondo motivo è un po' più delicato: ci sono persone che non fanno la Comunione perché sentono di non poter superare il divieto della Chiesa. Quando ero un giovane prete ho tribolato molto, c'era il problema della pillola anticoncezionale, delle relazioni prematrimoniali, oggi questi sono un po' finiti (forse purtroppo, perché significa che la gente giovane non viene più in Chiesa) rimane quello dei divorziati risposati, molti dicono che pensano di non fare nulla di male, desiderano fare la Comunione, ma si sentono dire che non possono. Ho ripetuto molte volte che il criterio fondamentale del nostro comportamento è la nostra coscienza, qualcuno mi diceva sì, ma rischio di accomodarla a comodo mio, penso che questo si possa superare vedendo che nel mondo ci sono milioni di persone che si trovano nella stessa situazione e la maggior parte di loro si sentono liberi di fare la Comunione, perché pensano che certe regole della Chiesa diventano vecchie e si cambiano soltanto se la gente pian piano non le osserva più, quindi se la tua coscienza ti dice di essere a posto e ti accorgi che tanti la pensano come te, perché non fare la Comunione? Gesù ha ripetuto tante volte che le leggi, le regole sono fatte per l'uomo e se non lo rispettano si possono superare, Lui lo ha fatto tante volte.
L'ultimo motivo è il più delicato: ho sentito più volte persone che dicono di venire a Messa per accompagnare la moglie o il marito o i figli, ma non fanno la Comunione perché non ci credono, alcuni non sanno nemmeno se credono in Dio, pensano che per loro non avrebbe alcun senso.
Nei giorni scorsi ho fatto un specie di sogno che vi comunico, non so se è un sogno o una bestemmia, deciderete alla fine: immaginatevi di trovarvi a cena con un gruppo di persone tra cui c'è un musulmano, un buddista e un paio di persone che sono atee, vi chiedono: "Che fai domani, è domenica?" "Vado a Messa" "E che fate?" "Ci riuniamo per celebrare attraverso dei simboli, per sentirci fratelli, per esprimere la volontà di condividere la vita, per pregare insieme, ascoltiamo la Parola di Gesù, ci scambiamo un segno di pace, poi abbiamo il Pane da condividere, oggi purtroppo è soltanto una piccola Ostia bianca, ma è un simbolo, tutti mangiamo lo stesso Pane".
Il musulmano dice che sarebbe contento di partecipare, anche lui qualche volta legge di Gesù, che per loro è un grande profeta e sarebbe contento di ritrovarsi con persone che vogliono esprimere la fraternità e la condivisione, scambiare un segno di pace e condividere lo stesso pane.
Il buddista dice che Gesù non lo conosce, hanno le loro letture, anche loro hanno riti di comunione, segni per augurarsi la pace, come scambiarsi una sciarpa bianca in segno di fraternità, perché la compassione, la fraternità, il rispetto, la tenerezza, la condivisione sono il fondamento della loro religione e quindi anche a lui farebbe piacere partecipare e sentirsi in comunione con persone che riconosce fratelli, e condividere lo stesso pane.
L'ateo afferma di non credere, ma se si parla di Gesù ascolta volentieri perché condivide i suoi valori, e crede nella fraternità, anche a lui potrebbe far piacere trovarsi con delle persone che dividono anche con lui un pezzo di pane per sentirsi fratelli e scambiano un segno di pace
Cosa rispondereste a queste tre persone? Io che sarei felice se venissero a condividere con me il Pane, che per me è Gesù. Guardate quello che ho detto a molti cristiani, alla maggior parte dei preti suona come una bestemmia, per me è un sogno, che fra qualche secolo potrebbe realizzarsi, un tempo in cui gli uomini di ogni religione e anche chi religione non ha, possano trovarsi insieme in un gesto che esprime amicizia, fraternità, amore e giustizia, volontà di condividere la vita.
Scusate s'è fatto proprio tardi stasera, ma questa cosa mi pesava sul cuore. Vi prego quando venite non rinunciate a condividere il Pane con tutti noi: è un segno di fraternità, se vedete solo questo basta, venite e mangiate.
Il Signore ci aiuti.
Vorrei condividere con chi legge la poesia che una ragazza, che dice di non essere affatto religiosa, ha scritto a commento della Filastrocca di Pentecoste:
Ho sempre pensato a Te non come a un tu singolo,
ma come a un tu esteso, immenso, capillare.
Come all'aria mi rivolgo a te come a un essere singolare
(grammaticalmente sei un sostantivo singolare),
ma come l'aria non sei uno e limitato,
sei invece per me tutte le cose, e sei in tutte le cose.
Se mi chiedessero di indicarti farei come per indicare l'aria:
il mio indice punterebbe in tutte le direzioni,
anche in quelle che non si vedono e che non si toccano:
Come l'aria tu sei nella terra, nel sangue, nella corteccia degli alberi,
nel cemento duro delle strade affollate;
e come l'aria scorri tra i miei capelli come in quelli delle bambine di Munnar,
passi per le finestre dei grattacieli, delle capanne e delle fattorie,
porti brezza e tempesta nel sobborgo più abbandonato
come sulle colline di Los Angeles.
So che ci sei soltanto se su di te mi concentro, proprio come l'aria.
Sai essere aria pulita di montagna,
fumo nero delle ciminiere, leggero vento estivo e stringente
odore di muffa di una stanza rimasta chiusa per troppo tempo.
Ma non ci vedo imperfezioni in questo,
queste diversità ti rendono ai miei occhi insieme mutevole e fisso.
Non so chi tu sia, o come sia, o cosa sia;
o cosa io sia in relazione a te, cosa tu sia in relazione a me e a tutto.
Sento che ci sei, come l'aria, e questo (forse scioccamente?) mi basta.
"Così è il regno di Dio: come un XI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 13 Giugno 2021
uomo che getta il seme sul terreno Marco 4, 26-34
...il seme germoglia e cresce..."
Comincia con questa pagina del Vangelo una storia che ha attraversato la vita della Chiesa fino ai nostri giorni, non solo della nostra, purtroppo, ma quella di molte culture e civiltà su tutta la terra, è la storia della censura. Perché, domanderete, parli di censura? Vedete, accade questo: gli studiosi ci dicono che coloro che scrivono i due Vangeli che seguono quello di Marco, quelli di Matteo e di Luca, hanno tra le mani il vangelo di Marco, lo riportano quasi interamente, per farvi soltanto un esempio con dei numeri nel Vangelo di Marco ci sono circa 650 frasi, nel Vangelo di Matteo di queste se ne trovano ben 600, la prima parabola che abbiamo letto oggi manca sia nel Vangelo di Matteo sia in quello di Luca, che anche riporta quasi tutto il vangelo di Marco, l'hanno censurata, perché? Sono i vecchi motivi per cui si censura: la paura e il moralismo, probabilmente nelle comunità di Matteo e di Luca, quando hanno letto questa parabola, hanno pensato che quelli di Marco fossero matti, come possono dire che il seme cresce da solo e il contadino dorme? deve lavorare, zappare, custodire sennò il seme non cresce e si perde.
Ma così, forse, si perde la pagina più bella del Vangelo, almeno per me, perché è vero che bisogna lavorare, ma è importante che il seme sia quello giusto, è il seme che ha la forza per far crescere la spiga e produrre il grano in abbondanza, qui c'è tutto lo stupore e la meraviglia del contadino che assiste al miracolo per lui incomprensibile della vita che si moltiplica.
È soltanto una parabola, ma vale per tanti aspetti della vita. Pensateci un momento: un insegnante che vuole comunicare ai suoi alunni la bellezza della poesia deve impegnarsi, fare lunghi studi, ma se non conserva lo stupore, non crede nella forza della letteratura, nella bellezza della poesia e dell'arte non riuscirà a comunicarla ai suoi alunni, perché tutti i suoi sforzi servono soltanto a far sì che il seme della bellezza cresca nel loro cuore.
E questo vale anche per la musica: i musicisti devono prepararsi a lungo, fare tante prove, studiare, poi è bello che conservino lo stupore e la meraviglia per la musica, è lei che scalda il cuore e la mente di chi ascolta.
E questo vale anche per tutti gli altri aspetti della conoscenza, per la matematica, per la lingua e la grammatica, vale per tutto quello che un insegnante cerca di comunicare i suoi alunni: deve credere che sia una cosa che fa crescere e arricchisce la vita. Io la matematica, lo sapete, non la amo, ma penso che sia fondamentale per conoscere il mondo e tanti aspetti della nostra vita, chi la conosce dice anche che è bella, domandate a chi se ne intende.
Quello che vale per la letteratura, la poesia, la musica vale anche, e forse soprattutto, per i valori morali che un genitore vuole comunicare ai suoi figli: bisogna credere nella giustizia e nel bene, si possono fare tutti gli sforzi, ma poi sono i valori, la capacità di credere nel bene, nell'amore che possono portare frutti e rendere la vita giusta e ricca.
Ma quello che vale per tutto questo, vale forse ancora di più per la religione, la Fede, perché se noi cristiani non siamo capaci di annunziare l'Evangelo, la lieta notizia, il messaggio meraviglioso di Gesù, così ricco di valori e di vita, sono inutili tutti i precetti, i catechismi, i riti, le cerimonie, solo la Parola di Gesù è il seme che porta frutto.
Mi è capitato di incontrare tante volte persone, specialmente giovani, che pensano che la religione sia soltanto divieto e proibizione e senso di colpa e dogmi astrusi, non abbiamo saputo comunicare il messaggio di Gesù, la lieta, gioiosa notizia capace di illuminare la loro vita, scaldare il loro cuore, solo questo può dar loro la capacità di credere e portare frutti di gratuità, di bene.
Bisogna, lavorare, impegnarsi, prepararsi, ma se io, che faccio il prete ormai da 60 anni, pensassi che dipende fondamentalmente da me non avrei capito nulla, io non sono niente, quello che conta il messaggio che cerco di dare alla gente, se riesco a comunicare Gesù allora ho fatto qualcosa, se comunicassi solo me stesso farei solo ridere, è Lui che devo tentare di testimoniare, è Lui il seme che da 2000 anni può portare frutti di bene in chi lo accoglie e lo lascia crescere nel suo cuore, ecco perché per me la parabola che abbiamo letto è forse la più preziosa del Vangelo, forse anche la più bella, io l'ho sempre amata perché mi consola, dice che non dipende da me, dai miei sforzi, dalle mie parole, ma dal seme prezioso che ho la fortuna di conoscere, è Gesù, la sua vita, la sua Parola il messaggio straordinario, il seme giusto di cui è bello innamorarsi, un messaggio che è luce, speranza, pienezza di vita, che non mette paura a nessuno, non fa sentire a nessuno un peso o un senso di colpa, una lieta, straordinaria notizia, che allarga il cuore, dà speranza, canta la vita.
Il Signore ci aiuti.
Ci fu una grande tempesta di XII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 20 Giugno 2021
vento e le onde si rovesciavano Marco 4, 35-41
nella barca... Egli se ne stava
a poppa sul cuscino, e dormiva.
Abbiamo letto questo racconto che, a una prima lettura, sembra uno dei tanti miracoli, che si trovano nel Vangelo, che vengono letti dalla maggior parte dei Cristiani come la possibilità di ottenere il miracolo, la certezza della protezione di Dio, onnipotente e premuroso che custodisce la vita degli uomini.
A leggere con un po' più di attenzione questa pagina del Vangelo ci accorgiamo che è un racconto parabolico, fatto di simboli che tentano di esprimere quello che è il dramma più grande della vita del credente, che attraversa tutte le religioni, che opprime il cuore di tutti coloro che credono in Dio, nella sua Provvidenza, nel suo amore. Dov'è il Dio nelle tempeste della vita? qui tutto si risolve bene, la tempesta si placa, ma molto spesso le tempeste non si placano, la storia degli uomini è stata attraversata da tragedie quasi senza fine, catastrofi naturali, terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni, epidemie (ne abbiamo fatto una esperienza limitata perché viviamo nel 2021), tante volte le pandemie, pensate al vaiolo, alla peste, alla malaria, hanno reso tragica la storia degli uomini e molti si chiedevano perché Dio non intervenisse.
Fino a un certo punto, per molti l'unica risposta che potevano darsi era che fosse un castigo di Dio, e purtroppo c'è ancora oggi che interpreta così certi avvenimenti, a un certo punto della storia si è cominciato a dubitare, una svolta importante è avvenuta con il famoso terremoto di Lisbona, ma siamo già nel 1700, i pensatori più importanti da Voltaire a Kant si interrogano e non accettano più la risposta della punizione di Dio.
Ma allora per il credente la domanda si fa più angosciosa: dov'è Dio perché non interviene, perché ci abbandona al disastro? La domanda è diventata drammatica, quasi insostenibile per noi, ma anche per gli Ebrei, che hanno sempre conservato l'idea della punizione, durante la Shoah, lì non si poteva più parlare di punizione, troppi bambini erano morti bruciati, troppo grande era l'orrore, non poteva essere un castigo di Dio.
Ma allora che risposta può darsi un credente? Sono convinto che per chi tenta di credere c'è un'unica risposta possibile, se si legge il Vangelo fino in fondo, fino alla Croce: ad Auschwitz Dio passava per il camino come l'ultimo dei bambini.
È la risposta del Vangelo e della Croce, ma accettando questo dobbiamo accettare quello che per molti è impossibile accettare: l'impotenza di Dio, il Dio che si manifesta nella Croce, che si rivela nella storia, non è onnipotente, non può intervenire a correggere la vita dell'uomo.
O, forse meglio, e onnipotente dell'unica vera onnipotenza quella dell'amore, della gratuità della vita donata e condivisa, questo leggiamo nel Vangelo: Gesù è venuto per essere tra noi testimone d'amore totale e gratuito, ha condiviso la vita degli ultimi, è nato nella paglia, è morto sulla Croce, per camminare con noi ed affrontare con noi i drammi della vita, dandoci il coraggio di conservare la fede e la speranza.
Il rimprovero, chiamiamolo così, di Gesù ai discepoli: "Perché avete paura, non avete ancora fede?" è importante per i credenti, ma non aver fede non significa: non vi siete fidati di Dio, ma: perché qualche volta non siete riusciti nella tragedia a credere ancora nell'amore, nei valori nella giustizia, nel bene?
Vedete io sono stato fortunato nella vita, ho visto la guerra, con gli occhi ingenui di bambino, ma poi ho sentito, crescendo, come anche nei momenti peggiori, anche nei campi di concentramenti anche ad Auschwitz, c'era gente che non ha perso la dignità, la capacità di amare, che ha saputo condividere l'ultimo pezzetto di pane: è questa l'onnipotenza vera, che permette agli uomini di sopravvivere e riprendere la strada.
Non solo questo, ho visto con occhi meravigliati di ragazzo, quando in questo paese tutto era distrutto intorno a me, mio padre, mia madre, ma anche tanti padri, tante madri che hanno combattuto, lottato, cercato di ricostruire con una passione che non aveva limiti e hanno fatto il miracolo, lo chiamiamo ancora il miracolo economico, perché era gente che non aveva perso la fiducia nel futuro, la capacità di costruire il mondo: è questa l'unica risposta, ma è la nostra risposta, Dio può soltanto condividere con noi questa vita in Gesù di Nazareth e ve lo ripeto quando ci domandiamo dov'era Dio ad Auschwitz l'unica risposta possibile è: passava per il camino anche Lui insieme ai bambini bruciati, e a noi chiede di continuare, qualunque sia la disgrazia, di continuare ad amare, a credere nel bene, nella vita, nel futuro, non è cosa semplice assolutamente, ma questa è la Fede, non bisogna aver paura di perdere i valori che abbiamo, la fiducia nella vita, la capacità di amare, per questo ci troviamo qui ogni Domenica, per nutrirci di Lui, della sua Parola, del suo amore.
Il Signore ci aiuti.
"Fanciulla, io ti dico: alzati!" XIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 27 Giugno 2021
E subito la fanciulla si alzò… Marco 5, 1-43
Abbiamo ascoltato il racconto di tre miracoli, ho fatto leggere come seconda lettura, avrete notato, l'inizio del capitolo (si tratta del capitolo quinto del Vangelo di Marco, lo dico perché a casa possiate leggerlo e rileggerlo più volte) è il brano dei porci che probabilmente molti di voi non hanno mai ascoltato, perché non si legge mai la Domenica, forse perché lo ritengono troppo strano, 2000 diavoli in un solo uomo sono un po' troppi e allora lo saltano. Eppure io lo ritengo importantissimo, sia perché è un racconto di una suggestione straordinaria, credo che solo un genio può aver scritto un racconto così e sia perché forse più di altri racconti ci aiuta a capire che non si tratta di fatti accaduti, ma di simboli che ci aiutano a capire.
Qui abbiamo letto il racconto di tre miracoli, ma sapete che cosa abbiamo letto?: il catechismo sul Battesimo dei primi cristiani, il catechismo non era fatto di domande e risposte come l'abbiamo imparato noi, ma raccontando storie ricche di simboli, oggi sono moltissimi (lo dicevo con don Tonino prima della Messa) ci vorrebbe almeno un mese per commentare questa pagina del Vangelo, io sarò sommario, per questo vi consigliavo di leggerlo e rileggerlo.
Forse non l'avete notato nei tre racconti si parla di morte, nel primo si dice più volte che l'indemoniato vive tra i sepolcri, fra le tombe, si ripete 4 volte, e si esprime quello che per loro è il mondo della morte, fatto di violenza incontrollata, che sperimentavano: la guerra, la schiavitù, l'oppressione, l'indemoniato che fa del male a sé e agli altri è simbolo di tutto questo.
Poi c'è la donna che perde sangue: per gli antichi il sangue è la vita, quindi questa donna sta morendo lentamente, e poi c'è l'ultima la ragazza che è morta (traducono: bambina, ma ha 12 anni sta per sposarsi a quel tempo si sposavano presto) dunque tre racconti che parlano del passaggio dalla morte alla vita.
Per comprendere che si tratta di un catechismo sul Battesimo bisogna tener presenti alcuni passi delle lettere dell'apostolo Paolo, i primi cristiani parlano del Battesimo come di un passaggio dalla morte alla vita, Paolo lo ripete più volte: "Voi siete morti con Cristo e risorti con Lui" "Siete stati sepolti con Cristo per risorgere con Lui ad una vita nuova", ecco per i primi cristiani il Battesimo è un passaggio dalla morte alla vita, per loro che si battezzavano da adulti era una scelta radicale, lasciavano dietro le spalle tutto quello che sa di morte, di violenza, di sfruttamento, di umiliazione dell'uomo, tutto quello che avvilisce la vita, per vivere la pienezza, la bellezza della vita, sceglievano i valori autentici: l'amore, la gratuità, il dono di se, è quello che rende la vita ricca e bella.
In questi tre racconti loro ci dicono (vi ripeto posso fare solo un breve sommario) le condizioni per fare la scelta cristiana che valgono per tutti noi, perché un testo diventa Vangelo per noi quando ci accorgiamo che sta parlando di noi, sta parlando di me, della mia vita, se mi domando che vuol dire vivere da cristiano leggo questo catechismo e capisco cosa significa essere stati battezzati e poi da grandi aver accettato di vivere da cristiani.
Veniamo alle condizioni, la prima: bisogna preferire l'uomo sano al denaro, al potere, al profitto, a tutto il resto, se preferite il denaro invece dell'uomo sano non conviene continuare a parlarne, se, (questa è una straordinaria finezza in quello che abbiamo letto) di fronte all'uomo sano e ben vestito abbiamo paura, perché perdiamo qualcosa allora, come i proprietari dei porci, pregheremo Gesù di andarsene da un'altra parte, l'uomo è sacro non gli si può preferire niente.
Della seconda condizione ci parla la donna che perde sangue: è impura, ha commesso un sacrilegio gravissimo perché ha contaminato Gesù, una donna che tocca un uomo mentre perde sangue, ha le mestruazioni, lo rende impuro, deve correre nel tempio a fare la purificazione, quindi questa donna ha violato la legge, non ha accettato la legge delle impurità, non ha accettato di sentirsi lontana da Dio, una minaccia per il suo prossimo, soltanto perché perde sangue, sa andare al di là delle regole, della legge per scoprire quello che è giusto, intuisce che per incontrare Gesù questo è fondamentale.
Non solo, ma deve uscire dalla folla che la stringe, la folla è un incubo nel Vangelo di Marco, bisogna uscirne, andare oltre, avere il coraggio di non pensare come tutti, ma di essere liberi di scegliere, se ci lasciamo condizionare dalla mentalità comune non siamo più capaci di scegliere i valori autentici, se ci facciamo guidare dagli altri, soprattutto se ci facciamo guidare dalla folla non potremo andare dietro Gesù, come dice non ricordo chi: "quando la gente diventa folla, massa, si affida al turpe" è successo purtroppo tante volte nel corso della storia, fino ad oggi, dobbiamo essere liberi dalla folla per cercare Gesù, questa donna deve uscire dalla folla, anche se ha paura, trema, per buttarsi in ginocchio e dire "tutta la verità", non dice solo quello che gli è successo, è la sua professione di fede, ha scelto Gesù, i suoi valori
Poi l'ultima condizione ancora quando ci arriva a casa della ragazza bisogna allontanarsi dalla folla, il passaggio dalla morte alla risurrezione, alla vita è personale, una scelta totale. E come avete ascoltato la folla, quando Gesù dice che la ragazza può vivere, ride: questo riso forse l'avete incontrato anche voi, ha attraversato la vita di quasi tutti i cristiani, dal tempo di Gesù fino ad oggi, quando dicono che si può uscire dal male, si può migliorare il mondo, spesso sentono intorno il riso: come fai a cambiare l'uomo? è fatto così, non c'è niente da fare, contano solo i soldi, il potere, che state a parlare di amore, di gratuità, sono favole, la realtà è un'altra cosa, è dura, voi proponete sogni che fanno solo ridere.
Gesù prende per mano la ragazza e lei si alza e vive, ecco i primi cristiani erano convinti che nel giorno del Battesimo Gesù li aveva presi per mano e li aveva introdotti a una vita nuova, si sentivano risorti.
Un'ultima annotazione alla fine avete ascoltato che Gesù disse di darle da mangiare, che bisogno c'è di dire quello che sembra ovvio? se si legge come un racconto non si capisce, ma se è il catechismo sul Battesimo allora è solo un'indicazione che sta per iniziare il catechismo sull'Eucaristia, è quello che seguiremo a cominciare da Domenica prossima, dovremo cercare di capire in che condizioni viviamo l'Eucaristia e cosa significa viverla e non è cosa semplice.
Il Signore ci aiuti.
"Un profeta non è disprezzato XIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 4 Luglio 2021
se non nella sua patria, tra i Marco 6,1-6
suoi parenti e in casa sua"
Una pagina del Vangelo si può leggere in modi diversi, questo per noi non è affatto semplice da comprendere, perché siamo abituati ai libri moderni: un autore comincia a scrivere un libro, magari gli ci vuole un po' di tempo, lo rivede, lo corregge e poi lo pubblica, è il suo libro dall'inizio alla fine, il Vangelo è tutta un'altra cosa: è una raccolta di scritti di persone diverse, di tempi diversi, quello che leggiamo, il Vangelo di Marco, gli studiosi dicono che sia stato composto negli anni 70, quindi più o meno una quarantina d'anni dopo la morte di Gesù, ma alcuni testi sono stati scritti probabilmente una decina d'anni dopo la morte di Gesù, altri 20 o 30 anni dopo, altri addirittura negli anni 70, sappiamo questo perché basta prendere in mano il Vangelo di Luca (parliamo di Luca, Marco, Matteo, ma secondo gli studiosi sono gruppi di persone che si rifanno a queste persone conosciute) e leggere che ha cercato tutto quello che c'era e adesso lo mette con ordine.
Quindi una pagina si può leggere cercando di capire che cosa dicevano quelli che l'hanno scritta per la prima volta, ma anche l'ordine in cui è stato messa, vi dico questo perché la pagina di oggi probabilmente risale a parecchio tempo prima, ma adesso Marco (sempre il gruppo che ha scritto il Vangelo di Marco) la usa in un modo diverso e quindi cambia anche il significato, vedete questa pagina è scritta in modo molto polemico nei confronti del popolo di Israele, una polemica che coinvolge tutti: i capi, il popolo e soprattutto, come avete ascoltato oggi, la città di Nazareth e la famiglia stessa di Gesù: secondo i primi cristiani, che sono perseguitati dalle autorità ebraiche, tutto il popolo di Israele e soprattutto i suoi concittadini, i suoi familiari sono responsabili di aver rifiutato Gesù, ma quando Marco scrive la Palestina ormai è distrutta, questa polemica con gli Ebrei ormai ha perso di significato, perché non sono più perseguitati dagli Ebrei e quindi rimane un racconto che Marco usa per dirci un'altra cosa.
Vi dicevo Domenica scorsa che cominciavamo oggi il Catechismo sull'Eucaristia e Marco usa questa pagina per dirci una cosa che per lui è molto importante: chi ogni Domenica celebra l'Eucaristia, cioè un simbolo dell'incontro con Gesù, della sua vita che vogliamo condividere, scegliendo di amare, di donare, si trova a vivere questo in un mondo in cui c'è l'incredulità.
Ci sono molti che non credono (non parlo di una fede esplicita in Dio o in Gesù, ci sono molti miscredenti che condividono i valori di Gesù più di molti credenti), molti non condividono affatto questi valori, credono nel successo, nel denaro, nel potere, pensano che sia giusto curare i propri interessi, senza preoccuparsi del prossimo.
Marco dice che oltre l'incredulità il credente incontra a volte la persecuzione, la violenza, l'ingiustizia, affida questa riflessione a un racconto che quest'anno non leggeremo, ma lo trovate subito dopo, è il racconto della morte di Giovanni Battista, scritto probabilmente molti anni prima e poi pian piano si è arricchito di particolari folcloristici, a Marco serve perché vuole dirci che nel mondo troveremo la corruzione, la violenza, l'adulazione verso i potenti, la folla: l'incubo di Marco,
che ripete quasi in ogni pagina.
Marco dunque all'inizio del suo Catechismo ci vuol mettere in guardia: vivere l'Eucaristia che celebriamo ogni Domenica non è affatto a buon mercato, perché siamo in un mondo in cui incontriamo, l'incredulità, la corruzione, l'ipocrisia, la violenza e non è facile continuare a credere.
Ma penso che quando in una comunità cristiana si leggono queste parole un brivido corra nella pelle dei presenti, avete ascoltato la parola di Gesù: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria tra i suoi parenti e in casa sua", ma qui non siamo nella Sua casa e se Gesù ce l'avesse anche con noi? Crediamo veramente all'Eucaristia, che siamo qui per nutrirci di Gesù, della sua Parola, della sua vita, per impegnarci a condividere la vita, oppure diciamo soltanto parole che siamo abituati a ripetere fin da bambini? Le parole Gesù potrebbero metterci inquietudine nel cuore, un senso di colpa, non serve, i sensi di colpa sono quanto di più inutile c'è nella vita di un cristiano, ma fermarci a pensare che l'Eucaristia è una cosa seria e che anche noi corriamo il rischio di non accettare Gesù fino in fondo può essere utile.
Degli strumenti che abbiamo per affrontare le difficoltà di vivere l'Eucaristia Marco ce ne parlerà Domenica prossima e dovremo purtroppo notare che sono molto diversi da quelli che sono stati usati da una parte della Chiesa nei secoli.
Volevo farvi notare chiudendo un'ultima piccola cosa: "E lì non poteva fare nessun prodigio… e si meravigliava della loro incredulità" quando ho letto con un po' di attenzione queste parole tanto tempo fa mi sono meravigliato: Gesù non può compiere prodigi per l'incredulità della gente, a me quando hanno parlato dell'Eucaristia (ma è successo anche a voi) hanno raccontato il miracolo di Bolsena, lo ricordate: c'è il sacerdote che non crede e avviene il miracolo perché creda, esattamente il contrario di quello che dice il Vangelo, perché chi mi insegnava così non pensava che stava contraddicendo il Vangelo? Il miracolo non genera la fede, quanto sarebbe importante nella nostra Chiesa che questa pagina del Vangelo fosse presa sul serio, troppo miracolismo, troppi miracoli, non sono i miracoli che fanno credere è la fede in Gesù che fa compiere i miracoli veri, quelli dell'amore, del dono di sé, del servizio al prossimo, della vita condivisa, è un'illusione che raccontando storie di miracoli si aiuti qualcuno a credere, occorre prima cercare di conoscere Gesù, far propri i suoi valori e allora si potranno fare i veri miracoli quelli dell'amore.
Il Signore ci aiuti.
E ordinò loro di non prendere… XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 11 luglio 2021
né pane, né sacca, né denaro… Marco 6, 7-13
Continuiamo a leggere il Catechismo del Vangelo di Marco sull'Eucaristia, ormai lo sappiamo è molto diverso da quello che abbiamo studiato noi, i primi cristiani ci parlano attraverso simboli, a volte difficili da interpretare e quindi ci stimolano a cercare. Domenica scorsa Marco ci diceva che l'Eucaristia, cioè nutrirci di Gesù, condividere la sua vita, essere suoi testimoni, la viviamo in un mondo difficile, in cui c'è, insieme a tanta gente di buona volontà, anche l'incredulità, molta gente non condivide i nostri valori, c'è anche l'ingiustizia, la corruzione, la violenza.
Quali strumenti ci offre, cosa ci dai gli potremmo chiedere per andare ad affrontare questo mondo così complicato, che so un po' di soldi, oppure, se dobbiamo affrontare la violenza delle armi, l'autorità o il potere, insomma quale strumento abbiamo? Avete ascoltato: "Né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa…" quindi niente, il messaggio può essere offerto solo nella più totale gratuità, da gente sprovveduta che ha da offrire soltanto i valori che ha dentro, senza avere strumenti di potenza, di forza.
Lo sapete, nella storia della Chiesa molte volte si sono illusi che addirittura con le armi si potesse diffondere il Vangelo, sono stati costretti popoli a convertirsi, alle volte si è cercato di convertire con il denaro, non ha nessun senso, è solo causa di massacri, miseria, dolore, a ricordare quello che è successo nelle Americhe, in Africa, c'è veramente da stringersi il cuore e chiedersi quanto del messaggio di Gesù è stato vissuto dalla Chiesa, ma non parliamo del passato, dei potenti, parliamo di noi, non abbiamo che la nostra testimonianza, la gratuità delle mani che si tendono, possiamo offrire solo i valori che abbiamo dentro, nient'altro, non abbiamo potere, non servono i denari, non serve nemmeno la ricchezza della cultura, sono cose importanti per la vita dell'uomo, ma non è questo che testimonia Gesù, che fa vivere l'Eucaristia.
Nel Vangelo di oggi ci sono altre due considerazioni che Marco fa e sono particolarmente importanti, ma io le ho trovate molto difficili, anche perché nessuno me le sapeva spiegare interamente.
Abbiamo letto: "E diceva loro: dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì", il Vangelo di Luca aggiunge "Non passate di casa in casa" perché bisogna fermarsi in una casa, non si può andare da una casa ad un'altra? non riuscivo a capire questa insistenza sul fermarsi.
Me l'ha fatto capire, quasi con un pugno nello stomaco, la Lettera a una professoressa di Milani e dei suoi ragazzi, una frase dice così: "Le maestre sono come i preti e le puttane si innamorano alla svelta delle creature, ma se poi le perdono non hanno tempo di piangere, il mondo è immenso ci sono altre creature da servire, è bello vedere al di là della propria casa", il Vangelo dice il contrario non si può guardare al di là della casa, bisogna rimanere nella casa, prendere sul serio le persone con cui viviamo, con sgomento dovevo ammettere che almeno in parte era vero anche per me, se si incontrava una persona che dava difficoltà, procurava problemi o non ti ascoltava era facile girarsi da un'altra parte, trovare altre persone.
Quello che succede ai preti e alle maestre succede anche tra amici, qualche volta è difficile continuare un'amicizia e allora si guarda da un'altra parte, vale per i colleghi di lavoro, per i vicini di casa, è facile guardare fuori, non fermarsi, non radicarsi nel rapporto con qualcuno, perché qualche volta è pesante è fastidioso, ma questo significa che non lo consideriamo più come un fratello, come parte di noi, come figlio dello stesso Padre, capisco che è un discorso complicato, ma per Gesù è l'unico modo per essere testimoni di Lui, occorre prendere a cuore le persone, non considerare gli altri come estranei, da cui possiamo girare lo sguardo e cercare altrove, insomma nella casa dobbiamo restare, non si può girare di casa in casa, non si può passare da persona a persona, a volte accade addirittura nella famiglia, non con i figli, perché lo sapete i figli sono figli, ma mi è capitato di vedere che qualche volta i fratelli non si riconoscono più.
L'altro aspetto che tocca è molto delicato, ma forse il più importante: "Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi…" andarsene, scuotere la polvere dai piedi, sembra il contrario di quello che diceva prima.
Pensate se nel secolo scorso la maggior parte dei cristiani, compresi Papi, vescovi, cardinali, preti, cristiani tutti i giorni avessero saputo veramente scuotere la polvere dai piedi, cioè avessero avuto il coraggio di non aver niente a che spartire con il fascismo e il nazismo la storia sarebbe stata diversa, se avessero avuto il coraggio di non avere niente a che spartire con la violenza e il disprezzo dell'uomo si sarebbero evitate tragedie immense, troppi applaudivano, troppi erano consenzienti, scuotere la polvere dai piedi, non avere niente a che spartire con il male è fondamentale per la vita cristiana.
Pensate al nostro paese se i cristiani, preti, vescovi, cardinali, gente di tutti i giorni avessero sempre il coraggio di scuotere la polvere dai piedi dalla mafia, si son fatte processioni in cui ci si inchinava davanti alla casa del boss, il coraggio di scuotere la polvere dai piedi è fondamentale per i cristiani.
Pensate se, non so se a voi è capitato qualche volta, in un posto di lavoro, in un ufficio vi dicessero: se avessi la raccomandazione di un vescovo o addirittura di un cardinale tutto sarebbe più facile e il cardinale o il vescovo interrogato rispondesse, come una volta ho sentito rispondere: "Manco dopo morto", come sarebbe diverso il nostro paese, no la raccomandazione è normale, un tempo c'erano addirittura appositi uffici. Purtroppo il nepotismo ha ancora grande spazio e non solo nell'ambiente ecclesiastico. "Scuotere la polvere dai piedi" ho fatto degli esempi, ne potete trovare tanti altri.
Ma perché dicevo che una cosa delicatissima? Perché bisogna scuotere la polvere solo dal male e capire che cosa è male non è sempre semplice, specialmente per i cristiani, facciamo solo un esempio (se no poi qualcuno brontola che ve la faccio lunga) in questo momento nel nostro paese si discute dell'identità sessuale: lesbiche, gay, transgender, tutto questo mondo così complicato, che stiamo cominciando a conoscere meglio, se qualcuno pensa che tutto sia contro natura e che da tutto questo mondo bisogna scuotere la polvere dai piedi non ha capito niente di Gesù, niente, ecco perché scuotere la polvere dai piedi è delicato, bisogna scuotere la polvere da quello che è veramente male, che è corruzione, violenza, insomma da quello che fa male alle persone, che fa soffrire, non certo dall'accettazione della diversità, che rispetta l'altro per quello che è e non per quello che vorremmo che fosse, occorre dunque avere una coscienza limpida, che cerca il bene con cuore aperto, mente libera e passione altrimenti, rischiamo di scambiare il bene con il male e questo è pericoloso.
Dunque Marco ci dice che non è semplice essere cristiani, vivere l'Eucaristia, bisogna essere persone serie che prendono sul serio il proprio prossimo, che si radicano nelle situazioni, ma che anche sanno scuotere la polvere da quello che è male, ma solo da quello lo è veramente, quindi sono in una continua ricerca della verità di Gesù, dei suoi valori.
Capire cosa significa veramente amare non è affatto semplice, per questo Marco forse parla un po' difficile, perché impariamo a cercare, io ci ho messo anni e anni per capire questa pagina del Vangelo, credo di avere intuito qualche cosa di importante, ma forse Marco ha fatto apposta, perché cercassi e mi domandassi più volte cosa vuol dire che mi devo fermare, ma anche saper scuotere la polvere dai piedi, sono cose fondamentali.
Il Signore ci aiuti.
"Venite in disparte, voi soli, in un XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 18 Luglio 2021
luogo deserto, e riposatevi un po'" Marco 6,30-34
Ho detto e ripetuto che stiamo leggendo il Catechismo di Marco sull'Eucaristia, c'è un aspetto che molti non ritengono particolarmente importante, credo che per Marco non sia affatto così.
Avete ascoltato che Gesù invita i suoi discepoli: "Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'" ecco quello che facciamo qui è proprio questo, siamo in un luogo in disparte, non c'è nessun altro, siamo lontani dalla folla, dal rumore di ogni giorno, per Marco lo sapete la folla è particolarmente importante, è il suo incubo, perché rischia di condizionarci, bisogna andare ogni tanto un po' lontano.
E poi bisogna riposarsi dalla corsa, dall'affanno di ogni giorno, ora vedete molti di noi - siamo parecchi ormai con i capelli bianchi - non hanno più da correre per il lavoro, però penso che tutti abbiamo da riposarci dalle immagini che vediamo ogni giorno in televisione, dalle notizie che sentiamo, da tutto quello che succede nel mondo, ci fanno ascoltare quasi solamente notizie negative e forse possiamo riposarci dalle preoccupazioni per i figli, i nipoti, per la vita di ogni giorno.
E fermarci per guardare il mondo un po' da lontano con gli occhi di Gesù e Lui ci invita a guardare non il male, ma il bene del mondo: c'è tanta gente di buona volontà, probabilmente ne abbiamo incontrata anche in questa settimana, di loro facciamo memoria e poi Gesù era abituato a guardare la bellezza della natura, parla spesso del seme che cresce, degli alberi, degli uccelli del cielo, dei fiori del campo, fermiamoci allora un momento a ringraziare per tutto il bene che c'è intorno a noi, anche per il bene che noi riusciamo a fare, a ringraziare per la bellezza della natura che abbiamo potuto godere anche in questa settimana: il sole, il mare, la pineta, lasciamo tutto quello che è preoccupazione, affanno, guardiamo il mondo con gli occhi di Gesù e questo può dare pace al nostro cuore.
Mi è capitato tante volte di incontrare persone che mi hanno detto che quando vengono in Chiesa poi escono e si sentono tranquillizzate, rasserenate, quasi un senso di pace dentro di sé.
Qualcuno purtroppo, siccome i sensi di colpa sono spesso presenti nella vita dell'uomo, mi dice: "Non so se vengo a Messa soltanto perché mi fa sentire bene o perché ci credo veramente", mi viene da dire parolacce, ma mi trattengo in genere, non c'è niente di più stupido che pensare che se una cosa ti fa piacere deve esserci qualcosa che non va, se ne godi ringrazia il Signore.
Auguro a tutti voi che la Messa sia anche un momento in cui avete modo di riposarvi un po', di stare con Gesù e con persone che hanno come noi desideri di pace e di ricordare le cose belle della vita, di prendere la distanza dalle preoccupazioni, dall'affanno, dalle brutture di tutti i giorni, un momento per fermarsi e riposarsi con Lui
Ma avete visto, vogliono fermarsi, ma non si può, lo sapete bene la vita non è qui è fuori, appena usciamo ritroviamo il mondo e per Gesù gente senza pastore e che ha fame: fame di pane, ce ne sono anche tra noi, ma anche fame di tenerezza, di affetto, di compagnia, per qualcuno fame di sapere, fame, cultura, per qualcuno fame di valori importanti, ecco questa fame siamo invitati a tentare di saziare ed è proprio l'esserci ritrovati qui con Gesù, esserci nutriti di Lui che ci fa poi capaci di condividere un po' la nostra vita, perché la fame di questo mondo sia almeno un po' saziata, ma di questo parleremo Domenica prossima, entreremo nel cuore del Catechismo sull'Eucaristia del Vangelo di Marco e parlerà proprio della vita donata e condivisa.
Il Signore ci aiuti.
Allora Gesù prese i pani e dopo XVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 25 Luglio 2021
aver reso grazie li diede a quelli Giovanni 6,1-15
che erano seduti…
Siamo arrivati al cuore del Catechismo sull'Eucaristia, lo leggiamo non nel Vangelo di Marco come abbiamo fatto finora, ma nel Vangelo di Giovanni, le differenze sono pochissime, questo racconto lo troviamo in tutti e quattro i Vangeli, anzi in quelli di Matteo e di Marco è ripetuto due volte, quindi è l'unico racconto che si trova ben 6 volte nei Vangeli, questo secondo gli studiosi vuol dire che si formato fin dai primi tempi della vita della Chiesa, Paolo già lo conosce.
I primi cristiani si riuniscono insieme ogni sabato per spezzare il pane e condividerlo, è il segno che Gesù ha lasciato per far memoria di Lui, cercano di capirne fino in fondo il significato e lo trovano in questo racconto, non sappiamo che cosa ci sia dietro questo racconto, se un qualche fatto accaduto, oppure sia soltanto un'invenzione, come avete ascoltato nella prima Lettura del Libro dei re se ne trova uno molto simile, che risale ai tempi del Profeta Eliseo.
I primi cristiani riprendono quell'antico racconto e lo usano per cercare di capire che cosa Gesù vuole dirci. Il racconto è semplice c'è una moltitudine di gente che ha fame, non c'è pane a sufficienza, cosa si può fare? c'è un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci e Gesù dice di portarli, ora se questo ragazzo mette a disposizione il suo pane si può moltiplicare e sfamare tutti.
Ecco questo per loro è il cuore dell'Eucaristia, anzi il cuore della vita cristiana, perché qui stiamo vivendo un simbolo, un segno fondamentale della vita cristiana: l'ho ripetuto tante volte alla vita è fuori, ma qui la celebriamo.
Questa celebrazione ci dice che uscendo di qui troviamo la fame e c'è fame di ogni genere, ho fatto un piccolo elenco e adesso ve lo leggo rapidamente, perché è importante che ciascuno di noi trovi la fame per cui può fare qualche cosa, perché se a molti di noi dicono che c'è tanta fame nel mondo, ci sono bambini che muoiono di fame, possiamo dare un'offerta, ma più di questo non possiamo fare.
Ecco allora l'importanza e il valore del simbolo, non ci troviamo davanti un discorso, ma un racconto: un ragazzo condivide i suoi due pani e la fame si sazia. Di quale fame io posso occuparmi, per quale fame posso fare qualche cosa di concreto, quale fame posso saziare almeno un po' se metto a disposizione quello che ho, anzi meglio, quello che sono?
C'è chi ha fame di pane, anche qui tra di noi. C'è chi ha fame di tenerezza, di attenzioni, di compagnia, di affetto e questa fame forse la possiamo trovare nella nostra stessa famiglia.
La gente ha fame di lavoro ce n'è tanto bisogno in questo paese perché il lavoro da dignità. C'è fame di libertà, quella vera, ci capita di ascoltare degli imbecilli che vanno gridando libertà, perché vogliono fargli mettere la mascherina o fare il vaccino, questa gente ha bisogno di libertà dai condizionamenti dei Social, dal farsi prendere in giro da quello che pensano i loro amici più cretini di loro, la libertà è una cosa seria, libertà di essere se stessi per cercare le cose importanti.
La gente ha bisogno di pace, di concordia, ha bisogno di cultura, di sapere, oggi, secondo me, ma non sono il solo, c'è bisogno di maestri, di qualcuno che indichi delle strade, viviamo in un mondo che cambia in maniera rapidissima, mi trovavo in questa settimana nel piccolo paese dove sono nati i miei genitori, parlavo con un mio cugino di quella che era la vita dei nostri nonni, meno di cent'anni fa: completamente diversa non c'era scuola, cultura, solo un campo e la possibilità di seminare il grano per avere pane per mangiare, non c'era altro lavoro, qualche pecora qualche animale e niente altro, per i loro pronipoti la cosa è completamente diversa si è spalancato il mondo, ma sono incerti, non sanno dove andare, rischiano di lasciarsi condizionare dalle tante stupidaggini che ascoltano da ogni parte, in quel mondo che ho avuto la fortuna di conoscere c'erano dei valori, delle persone che ti testimoniavano cos'è la vita, cos'è importante, sono stato fortunato perché ho avuto mio padre e mia madre, ma anche dei parenti che vivevano in campagna, che mi hanno comunicato le cose essenziali: il rispetto dell'altro, l'attenzione all'altro, anche se poi non sono stato all'altezza dei miei maestri. C'è oggi un gran bisogno di chi sappia dare indicazioni, non tanto con le chiacchiere quanto con la vita, con la propria testimonianza.
Ecco rileggetevi questa pagina, la trovate in tutti i Vangeli e chiedetevi a quale fame potete andare incontro, per condividere quello che siete, quello che avete, forse sono solo due piccoli pani, ma per Gesù è l'unico modo per moltiplicare la vita, questo è quello che facciamo qui niente di più, il resto rischiano di essere precetti, regole e abitudini, doveri, sensi di colpa, chiacchiere.
Questa è il Catechismo sull'Eucaristia del Vangelo di Marco, domenica prossima comincerete ad ascoltare quello di Giovanni e vedrete sarà molto diverso e forse un po' pesante per noi, ma ha da dirci cose importanti.
Il Signore ci aiuti.
"Voi mi cercate non perché XVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 1 Agosto 2021
avete visto dei segni, ma Giovanni 6,24-35
perché avete mangiato di.
quei pani e vi siete saziati"
Comincia così il catechismo sull'Eucaristia del Vangelo di Giovanni, anche lui ha scritto, lo abbiamo letto domenica scorsa, il racconto della moltiplicazione dei pani e adesso comincia il suo ragionamento, non sono più fatti simbolici, ma un dialogo tra Gesù e la gente.
Mi fermerei sulle prime parole di Gesù: "Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani". Quali sono i segni? Lo ricordate il segno è che se si riesce a mettere in comune quello che si è, quello che si ha, la vita si moltiplica, quindi siamo qui per nutrirci di Gesù, come avete ascoltato, è lui il Pane di cui abbiamo bisogno per essere capaci di sfamare la fame del mondo.
Gesù non sazia la nostra fame di beni materiali: cibo, salute, denaro, ma ci dona Se stesso, la sua Parola, la sua vita, perché possiamo vivere la gratuità e l'amore: è questo il cuore dell'Eucaristia, di più il cuore della vita cristiana, ma non è a buon mercato, noi siamo pieni di bisogni.
Mi trovavo nei giorni passati nel piccolo paese dove sono nati i miei genitori, ho visitato la chiesa, una piccola chiesa di campagna, ma rispetto alle case intorno sembra un palazzo e lì c'è una grande statua di Sant'Antonio di Padova e sotto una scritta in latino (quella gente non sapeva leggerla): "Si quaeris miracula" se cerchi miracoli c'è qui Sant'Antonio, incuriosito (potete divertirvi anche voi) sono andato a cercare in Internet che cos'era questo "si quaeris miracula": è l'inizio di un antico inno in cui si dice che Sant'Antonio guarisce tutti i mali possibili e immaginabili, nei miei ricordi d'infanzia, forse in quello di qualcuno di voi, c'è che quando ci perdeva una cosa la mamma diceva che bisognava rivolgersi a Sant'Antonio, lo trovate anche nell'inno che vi ho citato.
Le statue di Sant'Antonio c'erano in quasi tutte le chiese di un tempo, ma mi meravigliavo nel vederla lì, perché quella gente era veramente povera, non riusciva a trovare il pane da mangiare eppure una statua di Sant'Antonio la volevano, oggi Sant'Antonio che era il protettore principale è stato soppiantato da altri guaritori, se girate, a me è capitato nel Lazio, ma mi dicono anche del meridione, sulle piazze di molti paesi trovate una statua e la trovate anche in molte chiese, c'è in quasi tutte le chiese di Ostia.
Le statistiche dicono che la presenza alla Messa diminuisce sempre di più, anno dopo anno sempre meno gente frequenta l'Eucaristia, ma quello che cresce sono le visite ai santuari, i pellegrinaggi e si moltiplicano le statue, non soltanto nelle chiese, ma anche sulle piazze, penso che se l'Evangelista Matteo potesse venire qui ci guarderebbe con occhi totalmente sconcertati: "Ma questo è un mondo pagano, anche al mio tempo c'erano dovunque santuari ed erano pieni di ex-voto, statue, pellegrinaggi, processioni di ogni genere, che ne avete fatto del Cristianesimo?". Già che ne abbiamo fatto del Cristianesimo? L'Eucaristia, la vita cristiana non è chiedere a Dio che risolva i nostri problemi, ma che ci dia il coraggio e la forza di risolvere quelli che incontriamo, di saziare, come possiamo, la fame che ci capita di incontrare, fame di affetto, di tenerezza, di compagnia, tutta la fame che c'è intorno a noi.
L'Eucaristia è nutrirsi di Gesù, è Lui, lo abbiamo ascoltato, il Pane che ci nutre, ma ci nutre perché cresca in noi l'amore, la voglia di condividere la vita.
Non siamo noi ad aver bisogno di Dio, è Dio che ha bisogno di noi e ci nutre perché ci rimbocchiamo le maniche, per saziare, come possiamo anche nelle piccole cose, magari solo con un sorriso la fame di chi abbiamo intorno, per condividere noi stessi e moltiplicare la vita.
Il cristianesimo è gratuità, il bisogno di un Dio che guarisca, protegga è un bisogno pagano e guardate che anche noi che non andiamo nei santuari, non facciamo pellegrinaggi, rischiamo di venire in Chiesa per cercare protezione, per sentirci a posto, per osservare la legge, per vivere le tradizioni che ci hanno insegnato da bambini, dobbiamo andare al di là di questo, siamo qui per nutrirci di Lui, dei suoi pensieri, delle sue parole, dei sogni del suo cuore, tutto questo deve diventare il nostro cibo perché la vita sia ricca e possiamo condividerla.
Il Signore ci aiuti.
Lo prese in disparte lontano XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 5 Settembre 2021
dalla folla gli pose le dita Marco 7,31-37
negli orecchi…
Non solo spero, ma penso che tutti voi ormai quando ascoltate il racconto di un miracolo non pensate al prodigio, ma vi domandate quale sia il messaggio che c'è dietro, pensare che i racconti del Vangelo servano a confermarci nell'opinione che ci possano essere dei miracoli, che Dio custodisca e protegga la nostra vita significa vivere ancora in un mondo pagano.
È difficile accogliere nel nostro cuore il superamento della possibilità del miracolo, del bisogno di protezione, perché siamo pieni di bisogni e arrivare ad un rapporto con Dio che non si basi più sul bisogno, ma sulla gratuità, sullo stupore, sul dono non è cosa semplice, se ci chiediamo: "a cosa mi può "servire" Dio?" non lo incontreremo mai.
Marco lo sa benissimo e ce lo dice alla sua maniera: avete ascoltato c'è un muto Gesù lo prende in disparte, lontano dalla folla, ormai lo sapete la "folla" è l'incubo di Marco, perché il rapporto con Gesù, aprire le orecchie per ascoltare, è un fatto privato, non si può seguire la folla, la massa, non si può vivere tra gli applausi, bisogna ascoltare Gesù lontano dalla folla. Non solo, Marco aggiunge una cosa, non so se l'avete notata, Gesù proibisce più volte a tutti di raccontare quello che è successo, ma nessuno lo ascolta.
Ma non è questo il messaggio principale di questa pagina del Vangelo bisogna essere un po' attenti per accorgersene, avete ascoltato che Gesù è passato per Tiro, Sidone e ora siamo in "pieno territorio" della Decapoli, un mondo completamente pagano, Marco lo sottolinea attentamente: "come si permette di guarire un malato pagano ci sono gli prima gli ebrei" oggi diremmo "prima noi poi gli altri?" questa frase l'abbiamo sentita ripetere infinite volte e guardate che il "prima noi poi gli altri" ha attraversato tragicamente la storia della Chiesa, mi capitava proprio ieri di rivedere un documentario sulle guerre di religione che hanno devastato l'Europa ed erano guerre fatte proprio per motivi religiosi: noi sì, i protestanti no, e possiamo scannarci in nome del Vangelo.
Oggi non ci sono più guerre di religione almeno da noi, ma anche per noi è importante non distinguere più noi dagli altri, la distinzione è tra chi ha bisogno e chi non ce l'ha, non tra noi e loro, tra chi è straniero e chi italiano, tra chi crede e non crede, chi ha la pelle di un colore e chi di un altro, siamo tutti fratelli.
Oggi abbiamo per fortuna un Papa che ce lo ricorda quasi ogni giorno, lui probabilmente non sa che è scritto con chiarezza in questa pagina del Vangelo, non vi meravigliate non conosce a fondo il Vangelo, ma come me e forse come molti di voi lo ha imparato sulle ginocchia di sua mamma, perché, vedete, il Vangelo prima che attraverso i testi, le parole, passa attraverso l'esperienza di gente che lo vive e ci crede veramente. Ma forse bisognerebbe dirlo al Papa che sta scritto qui, si consolerebbe perché lui parla, parla e pochi, anche tra i cattolici, lo ascoltano, si potrebbe consolare perché, come avete ascoltato, succedeva anche a Gesù. Una delle cose per me più sconvolgenti è che in questo paese le regioni, le parrocchie cui ci sono persone che rifiutano ogni accoglienza degli "altri", che più si avvicinano a movimenti, partiti che ripetono "prima noi" sono le regioni in cui la frequenza in chiesa è maggiore che nelle altre.
Marco ce l'ha detto: "Gesù ordinò loro di non dirlo a nessuno, ma più lo proibiva tanto più lo divulgavano" ditelo al Papa così si consola un po', parla e pochi purtroppo tra i cattolici gli danno ascolto, ancora una volta la domanda: "dove è finita la fede?". Cerchiamo almeno noi di seguire, non dico il Papa, ma Gesù.
Il Signore ci aiuti.
Ed Egli domandava loro: XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 12 Settembre 2021
"Ma voi chi dite che io sia? Marco 8,27-35
Siamo nel cuore del Vangelo, direi nel cuore stesso della vita cristiana: Gesù pone ai suoi discepoli la domanda fondamentale: "Per voi chi sono io?" ed è una domanda personale rivolta anche a ciascuno di noi: "Per te chi sono io?"
Come avete ascoltato Pietro risponde con quella che sembra quasi una formuletta del catechismo: "Tu sei il Cristo" dice quello che pensa di aver capito, ma non ha capito niente e Gesù ordina severamente di non dire niente a nessuno e poco dopo, avete ascoltato chiama Pietro "satana" Pietro probabilmente si aspetta il Messia glorioso e potente, colui che libererà Israele e conquisterà il mondo a capo del suo popolo, è il Messia aspettato da secoli dal popolo di Israele.
Ma Gesù è un'altra cosa e Pietro non l'ha ancora capito, ha molta strada da fare, deve accettare il dramma della Croce, in cui si manifesta quello che è quasi impossibile accettare per chi cerca di credere: l'impotenza di Dio.
Ma credo che Pietro abbia intuito il senso profondo della domanda, perché si mette dietro a Gesù e continuerà a camminare con Lui, qualcuno di noi forse se ne andrebbe sentendosi dire: "Satana, tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini" non c'è offesa più grave, Pietro no, si mette dietro a Gesù e lo seguirà fino in fondo, a volte capirà, a volte non capirà, ma continuerà a seguire Gesù, perché Gesù per lui è la vita, gli ha insegnato le cose essenziali, è il maestro, è colui che gli si è fatto vicino come amico, che vuole camminare con lui, che vuole tenerlo per mano e Pietro ha capito e ha scelto.
La domanda "Per te chi sono io?" non sopporta le risposte delle formule del catechismo, quando ero bambino se mi avessero domandato: "Chi è Gesù?" avrei risposto senza pensarci un attimo: "È la seconda persona della Santissima Trinità, il figlio di Dio fatto uomo", ma non sapevo cosa dicevo, erano parole insignificanti.
No, a questa domanda non si può rispondere con la risposta del catechismo è una domanda vitale, è, su un altro piano, come la domanda che due innamorati si rivolgono dopo qualche anno: "Per te chi sono io?" e non voglio certo sentirsi rispondere: "Sono un ingegnere, un insegnante, uno che lavora all'ufficio delle poste o faccio lo spazzino" vogliono sentirsi dire: "Ti amo, con te voglio condividere la vita, sono disposto a camminare con te mano nella mano", la domanda: per te chi sono io? è una domanda che impegna il cervello, il cuore, tutta la vita ed è la domanda fondamentale del Vangelo e della vita cristiana.
A questo punto potrei farvi una confidenza (la faccio con un po' di fatica, ma pensando che possa essere utile a qualcuno di voi) vedete ho studiato per diventare prete più di 60 anni fa, ho studiato i grossi volumi della teologia, le grandi costruzioni teologiche dei secoli passati, costruzioni mirabili, a cui intere generazioni avevano dedicato ore e ore e di tutto questo mi sono innamorato e anch'io ho dedicato ore a studiarle e ho sostenuto esami (per l'altro con ottimi voti) avevo fatto mie quelle grandi costruzioni teologiche, la storia dei concili, i vari dogmi e poi pian piano tutto questo è morto dentro di me.
Anno dopo anno, giorno dopo giorno… anni fa, ne sono passati almeno una trentina, avevamo letto con vari gruppi di persone, quando eravamo ancora in parrocchia, il catechismo della chiesa cattolica e avevamo concluso che è un libro indecente, assolutamente illeggibile, non ho cambiato idea è un libro indecente, non si può più usare quel linguaggio, bisogna trovarne un altro per esprimere la nostra fede, bisogna inventare parole nuove, perché quelle per molti di noi sono morte, quelle formulazioni dei dogmi non hanno più senso per la mia mente, per il mio cuore e qualche volta, potete immaginarlo, mi è venuto il dubbio di star perdendo la fede, anzi di averla già persa, qualcuno me l'ha pure detto, poi ritorno a questa pagina del Vangelo e i dubbi scompaiono, perché alla domanda di Gesù: "Chi sono io per te?" non ho dubbi, Lui è il punto di riferimento essenziale della mia vita via, è per me l'amico, il maestro che mi ha comunicato i valori essenziali, non avrei alcun dubbio a ripetere le parole che Pietro dice a Gesù quando chiede ai discepoli se vogliono andarsene anche loro e Pietro risponde: "Dove andiamo Signore tu hai Parole di vita", ripeto questo con tutta la convinzione della mia mente, del mio cuore: Gesù ha parole di vita, è il Signore, il Maestro e questa è la fede, il resto è sovrastruttura che cambia, si modifica, anzi dovrebbe modificarsi più in fretta, ma la Chiesa è sempre andata con estrema lentezza, ma ne stiamo pagando dure conseguenze.
Il Signore ci aiuti.
Chi accoglie uno solo di XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Settembre 2021
questi bambini nel mio Marco 9,30-37
nome accoglie me…
Forse lo ricordate, qualche domenica fa leggevamo nel Vangelo di Marco che Gesù invita Pietro a mettersi dietro di Lui e a seguirlo lungo la strada, sentiremo più volte parlare di strada, la strada verso il Calvario che Marco usa per delineare la vita cristiana e ci proporrà vari temi lo vedrete domenica dopo domenica per indicarci cosa significa seguire Gesù.
Il primo tema che affronta è: "essere primi" i discepoli discutono tra loro e non capiscono (succede spesso) che sono fuori dal cammino, ma, lo abbiamo già detto parlando di Pietro, ostinatamente continuano a seguire Gesù e pian piano capiranno, è quello che siamo invitati a fare anche noi.
Gesù dice che per essere primi bisogna essere gli ultimi, su queste parole, particolarmente importanti, c'è stato, per quello che ho capito, nella storia della chiesa un grandissimo equivoco, una esaltazione dell'umiltà intesa malamente, l'invito a tenersi da parte, a mettersi in fondo, cercare di non apparire, che comporta a volte non voler prendersi responsabilità, la paura di assumere ruoli importanti, di comandare, è una interpretazione, per quello che ho capito, assolutamente sbagliata, il Vangelo è chiaro su questo punto: ricordate tutti la parabola dei talenti ciascuno di noi ha dei doni e il primo dovere è quello di trafficarli, di moltiplicare la vita, quindi ciascuno di noi ha il dovere, dovunque si trovi, di cercare di essere il primo e di assumersi con coraggio le responsabilità che gli vengono affidate, altrimenti lo spazio resta al carrieristi, ai ruffiani.
Certo, lo sapete, spesse volte chi cerca in qualunque ambiente, di impegnarsi, di assumersi responsabilità, di essere il primo, poi gli capita di vedersi scavalcato da qualcuno perché è raccomandato, è questo, lo sapete, uno dei grandi mali che affliggono questo paese e forse non solo questo, contro tutto ciò un cristiano dovrebbe combattere con tutte le sue forze, fare in modo che chi è meritevole assuma un posto di comando, che sia il primo chi è bravo non chi è raccomandato.
Certo poi Marco ci dice che cercare di avere potere, autorità è valido nel cammino dietro Gesù se è servizio, la parola servizio, lo sapete a qualcuno non piace, è però la parola fondamentale nel Vangelo di Marco, che finirà con Gesù che dice: "Non sono venuto per essere servito, ma per servire" accettatela, poi magari cambiatela se non vi piace, questo è il linguaggio di Marco: servire significa mettere i propri talenti, le proprie capacità non a servizio del proprio Ego, della propria affermazione, ma del bene comune, la differenza è fondamentale: lo faccio per me, per affermarmi, per essere il primo, per farmi applaudire o perché voglio mettere le mie capacità, senza spaventarmi senza sentirmi incapace, accettando l'impegno di mettere quello che sono a disposizione degli altri?
E qui entra in campo, come avete ascoltato, un bambino, in questo cammino ritroveremo più volte il bambino, per noi non è facile capire, perché per noi accogliere un bambino è un cosa molto bella, tutti ci commuoviamo davanti ai bambini, nessuno di noi si tira indietro se si tratta di aiutare un bambino, come avete ascoltato in questi giorni il problema di un bambino può diventare addirittura un caso internazionale, al tempo di Gesù non era mica così e in molte parti del mondo ancora non è così.
Il bambino è l'ultima ruota del carro, quando aveva 4 - 5 anni cominciava a lavorare, se c'è una carestia non muoiono i grandi, muoiono i bambini, non ci si leva il pane di bocca per darne un pezzo al bambino, si lascia morire il bambino, con l'adulto la vita può continuare con il bambino no, è l'ultimo, quello che non conta proprio niente e a Marco serve per dirci che il servizio è autentico quando è completamente disinteressato, quando dal servizio non ci si aspetta nulla, come non ci si aspetta nulla da un bambino, al tempo di Gesù poi, ma è così in tante parti del mondo anche oggi i bambini spesso sono sfruttati, abusati, il bambino è colui che non ha niente che non può darti niente e accogliere un bambino è per Marco il simbolo del servizio più disinteressato.
Seguire Gesù non è facile, possiamo consolarci non lo era anche per i discepoli, mettere tutto quello che siamo a disposizione della vita, accettando il nostro ruolo, con coraggio, senza paura e nel più completo disinteresse è difficile per noi, ma seguire Gesù significa piano piano vivere meglio che possiamo il dono di sé, la gratuità, l'amore.
Il Signore ci aiuti.
Chi scandalizzerà uno XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 26 Settembre 2021
solo di questi piccoli… Marco 9,38-48
E' un passo questo del vangelo di Marco di straordinaria complessità e importanza, ma voi non mi concedete un'ora di tempo quindi devo soltanto darvi degli accenni, poi ve lo rileggete e cercate di farvi la predica, quella vera che vi fa intuire quello che il Vangelo dice a ciascuno di voi.
Dunque vediamo gli aspetti che Marco tocca in questa pagina, ricordate siamo in cammino cercando di capire che cos'è la vita cristiana, il primo è l'intolleranza: questo è il seme avvelenato che si annida nella tradizione monoteistica, chi crede in un solo Dio rischia di pensare che ci sia una sola verità, che debba essere imposta magari con la forza, chi non crede in quella verità può essere addirittura eliminato, fino a non molto tempo fa molti cattolici erano convinti che fuori della Chiesa non c'è salvezza.
Conoscete le conseguenze nella storia: sono state fatte crociate, ci sono state terribili guerre di religione, sono stati bruciati eretici, sono state conquistate nazioni intere per imporre l'unica verità e c'è anche molto altro.
Se ci pensate anche in questo, come in tante altre cose, Gesù ha fallito: Giovanni gli dice che hanno impedito ad un uomo che cacciava i demoni (qualunque cosa questo significhi) in nome di Gesù perché "non era dei nostri", Gesù lo invita a pensare: "Chi non è contro di noi è per noi" e poi aggiunge: "Infatti se uno vi dà anche un bicchiere d'acqua non perde la sua ricompensa" anche se è pagano, anche se crede in altri dei o in nessun Dio può fare del bene, se i cristiani lo avessero ascoltato si sarebbero evitate tragedie immense.
Oggi non ci sono più guerre di religione ma c'è ancora tanta intolleranza sia dentro la Chiesa, sia fuori nella società civile e non è semplice capire cosa significa non essere intollerante: si può essere si può essere tolleranti con chi è intollerante, si può dialogare con chi rifiuta la scienza? non è semplice capire che cosa significhi vivere in dialogo senza essere intolleranti, fino a che punto si spinga la tolleranza.
Il secondo aspetto è un altro particolarmente importante: lo scandalo "Chi avrà scandalizzato uno solo di questi piccoli che credono è meglio che gli si metta una macina da mulino al collo e venga buttato nel mare" una macina da mulino, non quelle piccole che servivano per macinare il grano, per sottolineare la gravità dello scandalo.
Quando io, ma posso dire quando eravamo ragazzi, vi ricordate, scandaloso era un film, un racconto, il vestito delle donne, lo scandalo riguardava principalmente il sesso: è l'ossessione che ha attraversato la storia della Chiesa fin dai primi tempi, accompagnata da un'infinità ipocrisia.
Lo scandalo per il Vangelo è tutta un'altra cosa ed è una cosa gravissima: scandalizzare significa far perdere a qualcuno la fiducia in se stesso, nel futuro, negli altri, togliergli la possibilità di credere nella vita, nel bene, nella bellezza. Questo è lo scandalo e riguarda tanti aspetti della vita a cominciare dalla famiglia, perché i primi che rischiano di scandalizzare i figli sono proprio i genitori o imponendo loro traguardi troppo alti, oppure trattandoli come persone inadeguate, che non ce la faranno mai.
Riguarda la scuola, quando, tanti anni fa, sono andato a insegnare, per pochissimo per fortuna, religione a scuola mi ricordo che una volta al consiglio finale i professori parlando tra loro dicevano: "Questo è stupido, ma non lo possiamo scrivererlo, scriviamo che è timido". Se consideri un bambino stupido non potrai che scandalizzarlo, non lo metterai in grado di credere nelle sue possibilità, perché tutti anche quelli che tu pensi stupidi hanno delle possibilità ed è soprattutto allo stupido che dovresti dedicarti per dargli possibilità di credere in se stesso, di avere fiducia. Ecco togliere a una persona la speranza è lo scandalo per il Vangelo.
Riguarda anche la società: è scandaloso che ancora oggi in Italia se si nasce in una famiglia povera e con poca cultura non si può accedere veramente agli studi. Fino a che punto ci preoccupiamo degli ultimi, nel Vangelo i piccoli non sono i bambini sono gli ultimi, quelli che non hanno possibilità a cui bisogna offrire tutto, perché credano in se stessi, perché possano camminare con fiducia.
Poi c'è un altro aspetto anche questo importante: non solo possiamo scandalizzare gli altri, ma possiamo scandalizzare noi stessi: "se la tua mano ti è di scandalo, tagliala e gettala via se no finisci nella Geenna", nella discarica, perdi il senso della vita e del bene.
Ora voi siete persone intelligenti sapete che non si tratta di tagliarsi le mani, siccome nella Chiesa c'è sempre stata fino agli inizi l'ossessione del sesso sembra che anche il grande Origene si sia tagliato gli attributi per seguire il Vangelo, probabilmente non è vero per Origene, ma certamente se l'avesse fatto non sarebbe stato il solo, ce n'erano diversi a quel tempo, qui non si tratta di tagliare mani piedi, ma di capire quali cose, quali atteggiamenti mi impediscono di fare il bene, di conservare sana la mia vita, di non sciupare la mia esistenza, è quello che devo tagliare.
Vi faccio un solo banale esempio: una ragazza o un ragazzo che passano tutto il giorno col telefonino o con i social rischiano di perdere il treno della vita, di non studiare più, di chiudersi in se stessi, non devono tagliarsi una mano, ma buttare il telefonino o almeno usarlo come si deve, è un esempio che non vi riguarda, perché penso che nessuno di voi sia tentato dal telefonino, cercate voi quelli che vi riguardano, quali sono le cose, gli atteggiamenti che vi impediscono di essere liberi e di vivere pienamente la vita. Mi direte che tutto questo non è facile, ma lo sapete bene il Vangelo non è facile, perché è serio, perché non ci prende in giro con le sciocchezze, ci invita ad essere uomini veri, liberi, responsabili di se stessi e degli altri. Ho già palato troppo.
Il Signore ci aiuti.
Chi non accoglie il regno di Dio XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 3 Ottobre 2021
come lo accoglie un bambino, Marco 10,2-16
non entrerà in esso
Nel cammino che delinea la vita cristiana oggi Marco ci parla dell'amore tra l'uomo e la donna, lo fa in maniera sconcertante: ci sono dei Farisei che chiedono a Gesù se è lecito o no ripudiare la propria moglie, la risposta di Gesù è inaudita e sconcerta non solo i Farisei, ma anche i discepoli, Gesù osa addirittura contestare l'antica Legge attribuita a Mosé, che è secondo la tradizione dettata direttamente da Dio, Gesù la supera e riporta l'uomo al primo mattino del mondo e lo fa citando l'Antica Scrittura, ma non quella che abbiamo ascoltato nella prima lettura, usa le parole del primo capitolo della Genesi, il primo racconto della creazione, dove non si parla di costola e quindi della superiorità del maschio: "Dio li creo maschio e femmina" su un piano di perfetta parità, anzi sembrerebbe che la donna sia superiore perché è l'uomo che deve lasciare suo padre sua madre e unirsi alla sua donna e poi Gesù ripropone quello che è il sogno, l'ideale più antico e forse più bello della vita dell'uomo, presente in molte culture, il sogno di un amore in cui da due si diventi una sola cosa, l'ideale di un amore totale, fedele, appassionato, è un sogno prezioso: chi ha avuto come me la fortuna di incontrare diverse coppie ormai al tramonto della vita con gli occhi già un po' appannati che si guardavano ancora pieni di stupore, che si capivano con uno sguardo, che avevano condiviso la vita pienamente al di là di tutte le difficoltà e ancora si amavano con grande tenerezza, sa che è possibile vivere l'ideale e credo che ogni cristiano debba continuare a cercare di testimoniarlo.
Ma quando il sogno, l'ideale diventano legge non rimane spazio che all'ipocrisia, all'immensa ipocrisia degli annullamenti matrimoniali, della Sacra Rota, nel Vangelo è chiaro, quasi in ogni pagina, che chi sbaglia può sempre riprendere la strada, a chi fallisce si deve dare la possibilità di ricominciare, di provare di nuovo a vivere l'ideale. Perché ancora oggi nella Chiesa questo non è possibile, perché chi è divorziato non può risposarsi in chiesa? Se ci pensate tra i tanti ideali che il Vangelo propone: la verità "non giurate mai", la povertà, l'accoglienza solo questo è diventato legge. Perché? I maligni dicono che se i preti si sposassero il matrimonio sarebbe un Sacramento, ma io penso che probabilmente non sarebbe così perché i preti hanno sempre preferito l'ipocrisia, come vedete forse sono più maligno degli altri.
Su un secondo aspetto possiamo un momento soffermarci: "Dio li fece maschio e femmina" ho ascoltato, anche pochi giorni fa, usare queste parole per dire che l'omosessualità, la transessualità sono delle degenerazioni o delle malattie se non degli orribili peccati come al tempo di Sodoma, sembra un problema morale, ma si tratta di scienza, l'antico problema di Galilei: bisogna imparare a leggere la Bibbia, un tempo l'uomo non sapeva nulla di omosessualità, di transessualità, oggi la scienza ha indagato tutto questo, sa dirci qualcosa sulla complessità della natura dell'uomo. Se volete un piccolo fatto che può aiutarvi a ricordare: mi trovavo qualche giorno fa in macchina con mia nipote e mio fratello in un lungo viaggio, dovevamo andare per un cinquantesimo di matrimonio ed è venuto il discorso sull'incomprensibilità di certi comportamenti umani: perché l'uomo non riesce a resistere a certe pulsioni, perché si comporta a volte in maniera che sembra del tutto irrazionale? Io tra i tanti esempi portavo quello della transessualità: come può uno che nasce uomo desiderare di diventare donna? mi sembra del tutto incomprensibile, mio fratello che si intende di queste cose, ha sorriso e mi ha risposto: "No, questo oggi si spiega facilmente è un problema di genetica: si nasce con certi geni e il cervello funziona in un certo modo, per l'omosessualità il problema è più complesso". Scienza dunque non morale o meglio la morale esige di conoscere e poi accogliere e soprattutto rispettare.
E ora abbiate ancora un momento di pazienza e soprattutto prestate attenzione, ma prima permettetemi di sfogarmi un po' vedo qui sul lezionario che oggi avrei potuto evitare la seconda parte del Vangelo, c'è una lettura breve, credo che in molte chiese d'Italia e del mondo si sia fatta solo la lettura breve, chi ha fatto questa scelta forse pensava di dover insistere sull'indissolubilità del matrimonio, ma secondo me è un vero incosciente, questa pagina è per me la più importante o almeno una delle più importanti del Vangelo, qui Marco ci dice qual è l'essenza della vita cristiana.
Ricordate, qualche Domenica fa c'era un bambino, si trattava di accogliere il bambino, oggi no, occorre accogliere il regno di Dio come bambini, diventare bambini, non pensate che diventare bambini significhi ritrovare l'innocenza e l'ingenuità dei bambini, il Vangelo è una cosa seria a leggerlo tutto con attenzione si capisce chi è un bambino, cosa dovremmo diventare.
Il bambino è uno che non sa, non pensa assolutamente di possedere la verità, tanto meno di volerla imporre a qualcuno, cerca di scoprire il mondo con gli occhi, le mani, la bocca, facendo continuamente domande, cerca di scoprire cos'è la vita, chi sono le persone che incontra.
Il bambino è uno che ha la vita davanti, non si porta sul cuore il peso del passato delle colpe che ha commesso, i sensi di colpa, per lui c'è solo il futuro e guarda con fiducia al domani, alla vita, agli altri, il bambino non ha paura del futuro, del domani, della vita.
Il bambino è uno che scopre piano piano, con stupore, la bellezza del mondo, della natura degli alberi, dei fiori, dei piccoli animali che incontra e soprattutto la bellezza delle persone, comincia a conoscere la vita dal sorriso della mamma.
E soprattutto il bambino è uno per cui tutto è dono, non può dire: io ho fatto, ho meritato non ha ancora meritato niente, ha ricevuto come dono la natura, il mondo, il sole, gli alberi, il mare e soprattutto le persone: tutto per lui è gratuito, riceve tutto gratuitamente e per questo può vivere la gratuità.
Ecco dovremmo anche noi diventare bambini capaci di stupore, di fiducia nel futuro, sempre convinti di non possedere la verità, ma di doverla cercare, guardando avanti e non indietro, sentire che tutto è dono e cercando di vivere anche noi la gratuità. Ecco diventare bambini è il cuore della vita cristiana.
Il Signore ci aiuti.
"Una cosa sola ti manca: XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 10 Ottobre 2021
va', vendi quello che hai Marco 10, 17-30
e dallo ai poveri"
Sulla strada che Marco ci sta facendo compiere, seguendo Gesù, oggi si tocca un tema particolarmente delicato il tema della ricchezza, del possesso di beni. Ci sarebbero tantissime cose da dire su questa pagina molto complessa io ho dovuto fare delle scelte.
Ma prima di affrontare il problema vorrei dirvi brevemente una cosa che forse è utile e importante per qualcuno di voi: l'uomo dice a Gesù: "Maestro buono" Gesù risponde: "Perché mi chiami buono, solo Dio è buono", molti cristiani quando sentono questo si scandalizzano, ma Gesù non è Dio, non abbiamo imparato a catechismo che Gesù è la seconda persona della Santissima Trinità, il Figlio di Dio fatto uomo? Se Gesù dice: "Perché mi chiami buono, solo Dio è buono" che dobbiamo pensare? Vedete, qui c'è solo l'inizio del lungo cammino, durato circa tre secoli, che porterà alla formula del catechismo è alle parole del Credo che tra poco reciteremo, a qualcuno, forse a più d'uno quelle parole risultano pesanti, non dicono granché, sembrano incomprensibili, per qualcuno addirittura insopportabili, non vi preoccupate potete tranquillamente fermarvi qui, alla parola di Marco: "maestro" senza nemmeno aggiungere buono, riconoscere che Gesù è il nostro maestro e soprattutto ascoltarlo e seguirlo, questo è più che sufficiente per essere cristiani, il resto è teologia, parole, concetti, l'importante è che Gesù per me sia il Maestro, mi posso fermare al vangelo di Marco, che io amo particolarmente.
E ora andiamo avanti: le parole che abbiamo ascoltato sono state interpretate nel corso della vita della Chiesa come una esaltazione della povertà e del pauperismo, questo fin dagli inizi del cammino cristiano, i Padri della Chiesa e poi lo sapete San Francesco e poi altri.
L'esaltazione della povertà secondo me è pericoloso per almeno due motivi, prima di dire dei pericoli vorrei farvi notare che in molti ordini religiosi l'invito di Gesù a lasciare tutto è diventato un obbligo i frati, i monaci fanno voto di povertà, quando un ideale diventa un obbligo c'è poi sempre una grande ipocrisia, sapete che nei secoli passati i conventi possedevano immensi territori, mezza Italia era proprietà dei monasteri, qualcuno chiama alcuni monumenti splendidi come la basilica di San Francesco ad Assisi o la Certosa di Padula, i mausolei di Madonna Povertà, continuando a definirsi poveri i monaci hanno costruito edifici costosissimi, pagati dalla povera gente.
Ed ecco il pericolo: ai poveri si diceva di accettare la povertà, Dio ama i poveri, quindi è bene accettare con pazienza, senza cercare di cambiare, la propria condizione.
Dio non può amare la povertà, perché a volte impedisce di mangiare, quasi sempre impedisce di studiare, di affermarsi, di migliorare la propria condizione sociale, quindi esaltare la povertà, dire che Dio ama la povertà secondo me è bestemmiare Dio, Dio ama la pienezza della vita dell'uomo, il suo benessere.
La seconda conseguenza forse ancora più seria è che con questa esaltazione della povertà nella vita della Chiesa non si sono mai presi sul serio i problemi dell'economia, non ci si è chiesto, studiando seriamente, perché c'è la povertà, cosa produce la povertà, abbiamo risposto con l'elemosina e con tante iniziative caritatevoli, con grande generosità, ma non basta perché occorre che ogni uomo e anche il credente sia attento, per quello che può, ai problemi dell'economia: oggi assistiamo ad un'economia di rapina, che crea grandi differenze sociali: pochi uomini possiedono immensi patrimoni e un enorme potere e molta gente non riesce ad avere il sufficiente per vivere e poi è un'economia di rapina che sta rovinando la terra, rapinando i materiali più preziosi che rischiano di finire e non lasciare spazio al futuro, tutto questo esige la conoscenza dei problemi economici, la partecipazione alla vita politica, se esaltiamo la povertà perché dovremmo preoccuparci di cambiare il mondo?
Se avete fatto attenzione a quello che abbiamo letto l'ideale del Vangelo non è la povertà ma la ricchezza: Gesù a Pietro che gli dice di aver lasciato tutto risponde che avrà cento volte tanto in case, in campi, già qui, su questa terra, quindi l'ideale che Gesù propone è la ricchezza: cento volte di più, ma Pietro avrà anche cento fratelli allora significa che Pietro non può essere ricco da solo, si può essere ricchi solo quando sono ricchi tutti e allora quello che dobbiamo lasciare non sono i beni e il denaro, ma l'avidità, lo spirito di rapina, la voglia di arricchirsi a tutti i costi, senza saper condividere: è questo che sciupa la vita, che rovina il mondo, non siamo chiamati a disprezzare il denaro, i beni, le comodità, tutt'altro, siamo chiamati a lasciare l'egoismo, il pensare che solo i soldi permettono di vivere, l'uomo vero è l'uomo libero, capace di amare, questo ci dice il Vangelo.
Il Signore ci aiuti.
Se qualcuno volesse ascoltare la registrazione dell'introduzione alla lettura di alcuni brani dell'Antico Testamento ecco il link:
https://drive.google.com/file/d/144JEkfYylwzNQIoara3R48SPVve3EUOf/view?usp=sharing
"Il Figlio dell'uomo XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 17 Ottobre 2021
non è venuto per essere Marco 10,35-45
servito, ma per servire"
Nel lungo cammino che Marco ci ha fatto percorrere, cercando di capire cosa significa essere cristiani, siamo arrivati in cima, qui c'è il cuore stesso del Vangelo di Marco, la parola chiave di tutto il Vangelo è:"servire".
La parola servizio, come tutte le parole astratte è equivoca e a molti non piace. Se provate a cambiarla però dicendo: dono, condivisione, amore, anche queste lo sono, la parola amore secondo me è una delle più equivoche che ci siano in giro, una parola deve essere riempita di contenuti, di senso e allora possiamo usare benissimo anche la parola servizio, perché le parole valgono per il senso che gli diamo, sapete cosa in questi giorni sia diventata la parola libertà, la sentiamo usare spesso in maniera del tutto insensata, allora non preoccupiamoci della parola, ma cerchiamo di capire che cosa il Vangelo intende per servizio.
Prima di tutto per sgombrare un pericolo che rende a qualcuno questa parola antipatica: il servizio a cui Gesù ci invita è libero e gratuito, nessuno ce lo impone e non avremo nessuna ricompensa, se non la coscienza di vivere una vita autentica, abbiamo dei doni, chi più chi meno, chi grandi chi piccoli, non ha nessuna importanza, possiamo usarli per migliorare noi stessi, per curare noi stessi e per condividerli con gli altri.
Parlare di servizio non significa che ci siano dei ruoli specializzati o delle persone che siano addette al servizio: il prete, l'insegnante, il medico non sono i soli che vivono il servizio, ma ogni uomo, qualunque sia il suo compito.
Il servizio è una cosa seria, esigente, può arrivare fino a perdere la vita, come è accaduto a Gesù, che è finito sulla croce non certo perché amava la sofferenza e tanto meno perché voleva espiare i nostri peccati, è finito sulla croce perché ha voluto rimanere fedele ai suoi valori, ai suoi ideali e al servizio della sua gente.
Per fortuna il servizio esige solo raramente gesti eroici, ha richiesto a molti l'eroismo, tanti esempi li conoscete, ma non è la vita normale, servizio è tutto, anche le cose più semplici: i nonni che giocano con i loro nipoti e li vanno a prendere a scuola, le signore che organizzano una partita a burraco preparando un buon tè per le loro amiche, sono servizio tutte le piccole cose che rendono la vita più bella a chi ci sta intorno.
Come è servizio certamente il lavoro, l'impegno sociale, servizio e uno dei più preziosi, è la politica, l'impegno per il bene comune e potete continuare l'elenco, è quasi infinito.
Ricordiamo che il servizio non è fatto principalmente di sentimenti, non è tanto importante con quanto trasporto faccio il servizio, contano le cose concrete, i gesti che curano e rallegrano la vita delle persone. Ed è bene diffidare di coloro che si dichiarano a servizio, a volte sono solo parole, per fare un esempio il Papa si firma sempre: "servus, servorum Dei" servo dei servi di Dio, ma è l'unico sulla terra che, almeno a parole, detiene ancora un potere assoluto, per fortuna oggi solo a parole, ma non è stato sempre così.
Il primo servizio, non bisogna mai dimenticarlo, è verso se stessi, dobbiamo curare la nostra salute, il nostro conoscere, cercare le cose che fanno piacere, anche questo è servizio e ci permette poi di farlo agli altri, come possiamo, senza scrupoli se qualche volta non ci riusciamo.
Forse nel parlare di servizio si può arrivare fino in fondo, ma qui rischio di scandalizzare qualcuno di voi, non fatelo, non vi scandalizzate, tenete presente che sono molto anziano, ormai rincoglionito, quindi qualche volta non controllo le parole e se vi dà fastidio quello che dico probabilmente avete ragione: qualche volta mi capita di partecipare a una discussione sull'eutanasia, a cui sono completamente favorevole: la mia argomentazione, che qualche volta sconcerta, è che dico che voglio morire da cristiano, "Come vuoi morire da Cristiano se vuoi fare un peccato gravissimo o lo fai fare agli altri, un peccato che la chiesa ha sempre condannato?". Tanto tempo fa un mio amico che si intende di storia mi diceva che la Chiesa ha quasi sempre condannato cose sbagliate. Che significa voler morire da cristiano? Gesù, ce l'ha detto adesso, è venuto non per essere servito, ma per servire, se la mia vita si riduce solo a essere servito, a non poter servire nessuno, nemmeno con un sorriso, a non riconoscere più gli amici, quella vita non è più cristiana vorrei che finisse, vorrei morire da cristiano servendo, dando almeno l'ultimo sorriso alle persone che amo, quando questo non è più possibile, secondo me non è più una vita cristiana.
So benissimo che è un argomento complesso e particolarmente delicato, che avrebbe bisogno di molte precisazioni e distinzioni, intendo solo ribadire la centralità del servizio nella vita cristiana. Qualcuno dice che allora tutti coloro che hanno un grave handicap non avrebbero diritto a vivere, se qualcuno dice che coloro che hanno grossi handicap non possono "servire" e la loro vita non ha senso, secondo me non conosce affatto il mondo dell'handicap, non solo in genere sanno sorridere, ma sanno spesso donare una tenerezza che arricchisce chi vive con loro. Se qualcuno non è d'accordo probabilmente ha ragione, ma volevo solo ribadire che secondo Gesù vivere è servire
Ma non c'è bisogno di arrivare fino in fondo, per fortuna riguarda i giorni che abbiamo, in cui ancora il servizio può essere non soltanto un sorriso, ma qualche cosa di più, è vero che qualche volta ci ripieghiamo su noi stessi, ci dimentichiamo e ci disinteressiamo degli altri, ma, se vogliamo essere cristiani, vivere è essenzialmente vivere con e per gli altri.
Il Signore ci aiuti.
Gesù disse: "Che vuoi che io XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 24 Ottobre 2021
ti faccia?" E il cieco: "Rabbunì, Marco 10,46-52
che io veda di nuovo"
Verso la fine del cammino che Marco ci ha fatto percorrere nelle domeniche precedenti e prima di entrare in Gerusalemme per continuare la strada fino alla Croce: il cieco che grida il suo bisogno di luce.
A una prima lettura sembra il racconto di un miracolo come tanti nel Vangelo, per Marco è particolarmente importante e cerca di farlo capire con un giochetto che per noi è difficile da comprendere perché è nella lingua aramaica: vedete figlio di Timeo e Bartimeo sono la stessa parola, Bartimeo significa figlio di Timeo, Marco lo fa probabilmente perché vuole attirare la nostra attenzione su questo cieco e forse perché vuole invitarci a sostituire il nostro nome a quello di Timeo.
Guardiamolo bene questo cieco, è importante: è uno che sa di aver bisogno della luce, non sa bene cosa sia la luce, ma gli hanno detto che è una cosa bella, potrebbe vedere il volto degli amici, riconoscere le persone.
Se usciamo dal simbolo, sapete che i racconti del Vangelo sono sempre simbolici, possiamo domandarci: sappiamo sempre cos'è la luce? A volte no, perché per saperlo, per averne qualche barlume ci vuole educazione, bisogna che qualcuno ce l'abbia fatta almeno un po' conoscere, pensate a cose che non riguardano la fede, per esempio alla poesia, all'arte, alla scienza, se qualcuno non ce ne fa vedere la bellezza, non sentiremo il bisogno della luce, c'è tanta gente in mezzo a noi che non conosce la bellezza di ammirare un quadro, ascoltare una musica, leggere un libro, c'è bisogno di molta educazione perché la gente senta il bisogno della luce e questo vale anche, e forse soprattutto, per i valori morali, la gratuità, la giustizia, il bene, c'è chi vive in un ambiente, in una famiglia in cui non si ha la più pallida idea di questi valori e come può accorgersi di essere cieco e di aver bisogno di luce? Ecco un compito per tutti, cristiani e non.
Ma anche per chi ha cultura a volte non è semplice rendersi conto di essere cieco, faccio due esempi di questi ultimi giorni, ho visto più volte in televisione delle persone che vanno per le piazze gridando libertà e non hanno la più pallida idea di cosa sia la libertà, sono schiavi di pregiudizi o di ideologie che hanno causato immense disgrazie e dovrebbero essere ormai sepolte. Ma mi è capitato anche di sorridere perché ho ascoltato degli esperti di filosofia, di arte, di storia, maestri nel loro campo, che hanno anche successo e forse siccome hanno successo pensano di poter parlare di tutto e dicono grandi sciocchezze, anche loro non si accorgono di essere ciechi, forse il successo qualche volta rende cieche persone intelligenti che credono di poter parlare di tutto, anche di cose in cui non hanno nessuna competenza.
Ho fatto due esempi con cui non c'entrate niente, ma l'ho fatto apposta, perché gli esempi che vi interessano li cerchiate da voi, quando venite in Chiesa ad ascoltare una predica il prete può fare una piccola parte, poi se volete veramente ascoltare il Vangelo dovete lavorare voi, pensare in cosa potete essere ciechi.
Marco ci ha proposto un cammino che qualche studioso ha chiamato "dell'impossibile amore", più volte abbiamo ascoltato i discepoli dire che quello che Gesù propone è impossibile, anche a noi, a volte quei valori sembrano impossibili, l'ho sentito ripetere tante volte: "Belle parole, ma non si possono vivere, sono concetti di altri tempi, oggi il mondo è un'altra cosa, contano il denaro, il potere", per credere in certi valori abbiamo bisogno della luce di Gesù.
A volte poi ci riesce difficile capire come vivere concretamente ciò in cui crediamo: se dico di credere nell'amore, ma non so cosa significhi in pratica amare questa persona, devo riconoscere spesso di essere cieco.
Ecco l'importanza di Bartimeo per Marco: non ci resta che gridare come lui il nostro bisogno di luce, dobbiamo continuare a cercare la luce, anche perché stiamo per entrare a Gerusalemme e dovremo arrivare fino a vedere Gesù inchiodato sulla croce e ci chiederemo perché Dio non lo ha salvato, perché Lui non è fuggito, cosa significa essere fedeli fino in fondo, amare di un amore totale.
Stasera siamo qui per riconoscere la nostra cecità, parziale se volete, e per gridare, con tutta la passione del nostro cuore, il bisogno di luce: "Gesù fa' che io veda".
Il Signore ci aiuti.
"Amerai il Signore tuo Dio... XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 31 Ottobre 2021
Amerai il tuo prossimo come Marco 12,28b-34
te stesso"
Prima di tentare di parlare un po' dei due fondamentali comandamenti vorrei farvi notare una cosa che ritengo sia importante: avrete notato che Gesù e lo scriba ripetono esattamente le stesse parole, quando sentite dire che il cristianesimo è completamente diverso e superiore all'antica tradizione ebraica ricordatevi che nelle cose essenziali sono identiche, Gesù dice le stesse parole dello scriba, che anzi aggiunge: "Questo vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici" se avessimo ascoltato lo scriba d'Israele la nostra religione sarebbe quasi completamente diversa: l'amore di Dio e del prossimo vale più di tutte le preghiere, i riti, i sacrifici, le penitenze, i pellegrinaggi, più di tutto conta l'amore e non l'abbiamo capito.
Se vi domandassi: è più facile capire il significato del primo comandamento: ama il tuo Dio o del secondo ama il tuo prossimo? alcuni di voi risponderebbero con saggezza, ma penso che la maggior parte risponderebbe come rispondevo quando ero ragazzo e come ho sentito rispondere tante volte nel corso della mia vita: è più facile il secondo, amare il prossimo più o meno so che possa significare, amare Dio invece che significa? non lo vedo, non sento niente, quando prego non provo alcuna emozione, provare sentimenti verso Dio forse è impossibile, ma l'amore non è sentimento l'avete sentito: ama il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta la tua forza: cuore, intelligenza, forza, non sentimento, questo forse riguarda i mistici, ce ne sono stati dei grandi nella storia della Chiesa, forse loro hanno sentito qualche cosa, io non ne capisco niente, però a guardare le stupende sculture di Bernini: l'estasi di Santa Teresa o di Santa Ludovica Albertoni mi viene più di qualche dubbio sui sentimenti verso Dio.
Oggi sono convinto che è molto più semplice il primo comandamento perché mi dice fondamentalmente che debbo rinunciare ad essere Dio, è la tentazione se ricordate dell'antico serpente: Adamo mangia e diventerai come Dio e Adamo ha mangiato e ha pensato di diventare come Dio, non possiamo diventare come Dio, il bene ci trascende, non possiamo noi esserne gli arbitri, quindi semplicemente occorre uscire dai propri interessi, piaceri per cercare la giustizia, il bene, la bellezza.
Per noi credenti il bene si cerca in Dio e io lo trovo nel Vangelo, in Gesù, ma non c'è differenza sostanziale tra me e un non credente, se è una persona seria cerca anche lui il bene, la giustizia, l'oltre, fuori da sé, insieme possiamo cercare i valori importanti della vita, credo sia capitato anche a voi, come a me, di trovare tante persone che non credono e sono migliori di me, ne ho incontrati molti e sempre ho ringraziato il Signore perché c'è gente che non crede, che non è mai letto il Vangelo eppure sa vivere la gratuità, la generosità, il dono di sé.
Invece capire cosa significhi amare il prossimo è una cosa quasi impossibile. Il Comandamento dice che devo amare il prossimo come te stesso, ma quando incontro il prossimo, mi è capitato spesso, mi accorgo che non vuole affatto essere amato come io amo me stesso, vuole essere riconosciuto nella sua diversità e amato per quello che è.
A volte pensiamo di sapere cosa significhi amare una persona e non ci accorgiamo che questa è una ricerca continua al cui fondo non si arriva mai, a cominciare dall'infanzia: troppi papà e troppe mamme pensano di sapere cosa significhi amare un figlio, ma non è mica semplice, ho sentito tante volte dire: io gli voglio tanto bene, darei la vita per lui, non basta, devi chiederti cosa significhi concretamente amare questo bambino, cercare il suo bene, un grande affetto non basta, occorre capire cosa lo fa crescere, lo fa sentire libero.
Anche nell'adolescenza, oggi - ce lo ricordano parecchi psicologi - alcuni genitori pensano che sia bene diventare amici dei loro figli, mettersi sullo stesso piano, non c'è niente di più sbagliato, un adolescente vuole avere davanti a sé un adulto, un padre, una madre, non un amico, gli amici si trovano fuori.
Poi le persone cambiano e quello che va bene oggi non va bene domani, abbiamo di volta attese e bisogni diversi e occorre dunque un'attenzione continua. Parlando con una coppia di amici che conosco da tanto tempo e che si vogliono bene, hanno passato la vita insieme, ma si rendono conto che conoscere l'altro pienamente è quasi impossibile, in fondo siamo un mistero, e si cambia, si è diversi di ogni giorno, una volta ci vogliono le coccole, a volte l'altro vuole solo che tu rispetti e forse cerchi di capire il suo broncio.
Un altro semplice esempio per capire che sapere cosa significhi amare il prossimo non è affatto semplice: se fuori la porta della chiesa, trovo il barbone o la giovanissima ragazza con i bambini appena nati e gli do la mia moneta, non posso fare altro, ma questo significa veramente amare? Ecco farsi venire il dubbio su cosa significhi amare è importante.
Per concludere ricordatevi che amare il prossimo come se stessi ha un presupposto: devo amare me stesso e anche questo non so sempre cosa significhi, molti ragazzi che crescono credono di saperlo, ma non lo sanno, perché amare se stessi non significa fare quello che ci pare, ma cercare di costruire la propria personalità, il proprio futuro, la propria cultura, amare se stessi è difficile come amare il prossimo.
L'amore è una ricerca che non deve smettere, perché non è un fatto di sentimenti, ma di conoscenza e poi di impegno, di cuore.
Il Signore ci aiuti.
"Questa vedova, così, XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 7 Novembre 2021
povera ha gettato nel Marco 12,38-44
tesoro più di tutti gli altri"
Il vangelo di Marco ci lascia, cominceremo nell'Avvento a leggere il Vangelo di Luca e ci lascia con questo piccola, preziosa, stupenda, straordinaria, perla.
Guardatela questa anziana signora, è la rappresentante di tutti i piccoli che hanno attraversato la storia gettando nel tesoro della vita tutto quello che avevano, se la fede è arrivata fino a noi, ne sono da tempo profondamente convinto, non si deve ai santi, ai teologi, tanto meno ai Papi, la fede è arrivata a noi nonostante molti Papi, Vescovi e preti, è arrivata perché ci sono tante persone come questa donna che hanno solo due monetine, ma le gettano con generosità nel tesoro della vita, danno quello che hanno con generosità.
I "piccoli" hanno attraversato la storia e hanno portato il Vangelo fino a noi, su di loro non si è mai scritto, se sapessi farlo scriverei un libro sulla gente semplice, su quelli che del Vangelo avevano colto l'essenziale e ce l'hanno comunicato.
Vorrei portarvi qualche esempio e mi scuserete se lo prendo dalla mia famiglia, siamo nel mese in cui ricordiamo quelli che non ci sono più.
Mia mamma si chiamava Annunziata, una sua sorella si chiamava Maria, ne aveva altre, hanno vissuto, fino a 20 anni mamma, zia Maria fino alla fine dei suoi giorni, in un piccolo paese sull'Appennino umbro-marchigiano, se si possono chiamare paese tre case, 3 di numero, c'ho vissuto anch'io per qualche tempo durante la guerra, erano lì con i loro animali, la terra da coltivare, una vita di estrema semplicità, hanno fatto solo la terza elementare, fino a vent'anni nessuna delle due è mai andata nel proprio comune a Fabriano, dista 17 chilometri troppo lontano per andarci a piedi.
Quando zia Maria è diventata adulta allora andava a Fabriano accompagnata da uno dei suoi tanti figli, una volta è andata a partecipare ad una riunione, l'avevano invitata alcuni di questi cristiani moderni i quali pensano che bisogna ricominciare da capo, diventare catecumeni, imparare che il Signore è veramente risorto, lei ascoltava, mi hanno poi detto, con attenzione, cercando di capire senza riuscirci fino in fondo, poi una maestra ha detto che soltanto chi è acculturato, chi ha studiato può conoscere veramente il Vangelo, a questo punto lei è saltata in piedi e ha gridato: "Ma che dici, io il Vangelo l'ho imparato sulle ginocchia di mia zia Rosa che non sapeva né leggere né scrivere e come lei di Gesù non me ne ha più parlato nessuno" e si è riseduta, vergognandosi forse del suo grido, non l'ha detto a nessuno, nemmeno ai suoi figli, io l'ho saputo da chi era presente.
A gente come la zia Rosa, come zia Maria, come mia mamma è stato affidato il vangelo.
Un episodio della mia prima infanzia, di cui non ho quasi alcun ricordo: durante la guerra veniva a casa nostra, ogni tanto, un signore alto alto, almeno alto per me che avevo 5-6 anni, tutto vestito di nero, tendeva la mano, non gli ho mai sentito dire una parola, mamma diceva: "Presto prendi qualche cosa, un frutto, un po' di pane". Un giorno ho detto."Mamma c'è solo un'arancia e poi io" "Quando bussa un povero bussa Gesù, portaglielo subito!" È l'essenziale della fede.
Più avanti, ero in seminario e ho saputo che aveva incontrato una sua amica che aveva difficoltà con il marito, una persona violenta e gli ha detto seccamente: "Lascialo, che stai a fare con un uomo così?" Quella gli ha risposto. "Come posso? è peccato, il prete mi ha detto che non posso" "Non dar retta, lascialo" mi sono meravigliato: una donna religiosissima, fedele ai comandamenti, andava a Messa tutte le mattine, ecco cos'è credere: davanti a una persona che soffre non contano i preti, le regole, la legge, i comandamenti, quello che conta è solo la sofferenza di una persona e di fronte a questo tutto si ferma. Forse mia mamma nella sua saggezza sapeva che i preti spesso si soffermano sulle regole, i divieti e tendono a mettere paura.
Questa gente ha portato la Fede fino a noi, ho raccontato questo perché spero che ciascuno di voi abbia qualche cosa da ricordare oggi dei nostri cari che non ci sono più.
Permettetemi poi di ricordare anche quelle che, appena prete 60 anni fa, chiamavo le mie vecchiette, dicevo la Messa la Domenica alle 7:30 di mattina e venivano delle persone anziane, mezzo addormentate, che avevano fretta perché dovevano tornare a casa a preparare la colazione per il marito e spesso per i nipoti, a volte mi dicevano: "Don Checco, come predica bene lei è così corto" ho imparato allora che la caratteristica principale di una di una buona predica è di essere corta, ho cercato di essere fedele alle mie "vecchiette", qualche volta ci sono riuscito, qualche volta, come sapete no, abbiate pazienza. Mi sono rimaste impresse quelle signore, perché erano ricche di umanità, di saggezza, avevano una profonda fede, religiosa e umana e sapevano guardare il mondo con una certa ironia.
Tutte queste persone semplici, spesso incolte, hanno portato il Vangelo fino a noi, io ho studiato il Vangelo, lo conosco abbastanza in tutte le sue sfumature, loro ne conoscevano solo l'essenza e soprattutto la vivevano.
Voglio dirvi ancora che ho sempre amato questo Vangelo perché mi sono sentito come questa povera donna che ha soltanto due monetine da gettare nel tesoro della vita: ho avuto degli amici straordinari che avevano grandi capacità, alcuni hanno avuto il coraggio di andare nelle periferie lontane del mondo a portare la loro testimonianza e il coraggio della loro Fede, io non ho potuto seguirli perché sono un pover uomo, mi sono riconosciuto, fin da quando ero giovane in questa donna e lei è stata la mia consolazione, perché Gesù dice che non c'è bisogno di avere tante capacità, basta mettere nel tesoro della vita, con generosità, ciò che si ha, quello che conta è donare gratuitamente, senza fare conti, anche un sorriso, quando ci rimarrà di dare solo un sorriso, ricordiamoci è prezioso davanti a Gesù più di grandi opere, per Gesù sono preziose le piccole cose, le monetine e le possiamo donare tutti.
Il Signore ci aiuti.
Il cielo e la terra XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 14 Novembre 2021
passeranno ma le mie Marco 13,24-32
parole non passeranno
"Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo" sembrano parole per mettere paura, per terrorizzare la gente, sono invece l'espressione dell'ultima disperata speranza di Israele o forse è meglio dire della sua illusione, si crea la figura del Messia, inviato per chiudere la storia e iniziarne una radicalmente nuova.
Israele per lunghi secoli ha creduto che il compito che Dio gli ha affidato è quello di costruire il mondo della giustizia, la terra felice dove scorre il latte il miele, la terra della pienezza, dell'abbondanza, della felicità, del piacere, lo ha sognato per lungo tempo. E poi pian piano si sono accorti che forse si erano illusi e allora la loro speranza si è mutata, è diventata una speranza che chiamerei disperata: pensano che, oppressi come sono da ogni parte, non potranno mai riuscirci, deve intervenire di nuovo Dio, già era intervenuto una volta con il diluvio, ma adesso bisogna proprio che si distrugga tutto, la storia dell'uomo deve finire, ne deve cominciare un'altra completamente diversa, opera diretta di Dio e del suo Messia.
Per Israele se finisce la vita dell'uomo anche tutta la natura finisce: questa è una delle sue grande intuizioni, di cui oggi avremmo bisogno, per Israele l'uomo non è mai separato dal creato, dalle stelle, dalle piante, dal mare, siamo strettamente connessi, se finisce la storia umana anche il sole e la luna si spengono.
Anche i primi cristiani vivono questa attesa, ma per loro cambia colore, perché dopo aver visto Gesù morire sulla croce, quando le loro speranze sembravano finite, poi lo hanno visto, creduto risorto, allora hanno cominciato a sperare che la grande attesa di Israele finalmente ci sarebbe compiuta, ormai riconoscevano in Gesù il Messia atteso, che doveva concludere la storia e aprirne un'altra e pensavano che sarebbe venuto molto presto: avete ascoltato le loro parole "Non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga" e poi passano gli anni, Paolo pensa che lui non morirà, prima della sua morte tornerà Gesù a far risplendere la vita in un altro mondo completamente nuovo, ma Paolo muore e non succede niente, ancora un'illusione, si accorgono di aver sbagliato, lo esprimono con le parole che abbiamo letto: "Quanto però a quel giorno e a quell'ora nessuno lo sa, né gli angeli, né il Figlio, eccetto il Padre". Deve essere stato molto duro per loro superare lo sgomento di una speranza che svaniva, accorgersi di essersi illusi, poi capiscono che devono ritrovare una speranza più concreta per vivere quella che rimane la loro certezza. "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" resta la Parola di Gesù, è la loro luce, questa devono cercare di vivere ogni giorno.
Mi sono a volte chiesto: perché ci parlano ancora della loro grande illusione se ormai hanno capito che Gesù non torna tanto presto? Forse pensano che sia importante non dimenticare quella drammatica esperienza che hanno vissuto e il ricordo può essere utile per chi leggerà il Vangelo anche dopo molto tempo, sarà sempre importante pensare che la Parola del Signore dura per sempre, è Lui che ha ragione, che può darci ancora la forza di credere nel bene e continuare a fare quello che si può, anche dopo ogni fallimento e ogni illusione che svanisce.
Qui posso raccontarvi la mia storia, perché questa pagina è stata importante per me, vedete, sono diventato prete in un momento felice della storia della Chiesa era il tempo del Concilio, quell'uomo straordinario che era Giovanni XXIII ha detto che bisogna cambiare, rinnovare, aprire la Chiesa al mondo, allora noi abbiamo cominciato a sognare che presto le cose sarebbero cambiate, che si potesse trovare un modo nuovo per parlare della fede: il vecchio catechismo era diventato insopportabile, bisognava trovare altre parole.
Bisognava cambiare la liturgia, il nostro ritrovarci qui, non ripetere più parole vecchie di secoli che sono diventate stanche, aspettavamo che parlasse la voce dei poeti e ce n'era qualcuno in giro per il mondo.
Aspettavamo che cambiasse la morale che si potesse, per esempio, vedere il matrimonio degli omosessuali, che il divorzio potesse diventare un sacramento, abbiamo sperato che le donne potessero diventare prete, che cambiasse il ruolo del prete… non è rimasto quasi niente di quelle illusioni che ci riempivano il cuore 60 anni fa, nella liturgia della Messa hanno cambiato solo la traduzione del Padre nostro "non ci indurre in tentazione" forse era l'unica cosa che non bisognava cambiare, è una parola importantissima per gli uomini, ma sarebbe lungo spiegarvi perché.
Quando se ne va l'illusione ti resta solo la Parola di Gesù e di questa Parola cerco ancora di dare testimonianza, ne sono innamorato, ho cercato di essere fedele, ora so che il mondo non si cambia in fretta, come sognavo quando ero giovane, ma si può ogni giorno, anche nelle piccole cose, cercare di essere fedeli alla Parola di Gesù e farlo un po' migliore.
Forse anche voi avete avuto qualche volta delle illusioni che svanivano, non bisogna scoraggiarsi, ma trovare il coraggio di riprendere la strada cercando di vivere le cose essenziali, aspettando che si compia sulla terra la pienezza della vita che Gesù ci ha indicato, che il mondo diventi come lui ce l'ha disegnato, un sogno lontano, ma gli uomini hanno ancora da camminare, molta strada si è fatta, ma occorre farne ancora tanta, è il compito dei più giovani, noi ormai, posso, credo, coinvolgere più di uno di voi, abbiamo più poco tempo, ma qualcuno continuerà a credere nella Parola di Gesù per tentare di rendere il mondo più giusto.
Il Signore ci aiuti.
"Il mio regno non è di questo mondo…" CRISTO RE DELL'UNIVERSO - 21 Novembre 2021
Giovanni 18,33-37
Celebriamo ancora una volta la festa di Cristo Re, mi viene in mente quando celebriamo questa festa il nostro ingenuo saluto di giovani ragazzi di Azione Cattolica, che quando ci incontravamo ci dicevamo con fierezza e convinzione: "Cristo regni" e l'altro rispondeva: "Sempre", nessuno ci spiegava perché era stata istituita questa festa, meno di un secolo prima, era un tentativo dell'autorità della Chiesa di riaffermare il proprio potere di fronte ai grandi imperialismi che cominciavano ad affacciarsi, un tentativo forse disperato di dire che il Signore e quindi la Chiesa ha potere sul mondo intero, ma poi quel Papa, che aveva dichiarato Cristo Re, chiamava Mussolini "uomo della Provvidenza", era stato fatto il concordato con l'Italia di Mussolini e ci si appressava a fare quello con Hitler, tutto si riduceva ad uno scambio di potere, la Chiesa rinunciava a valori fondamentali come l'educazione dei giovani, soprattutto rinunciava ad affermare la dignità dell'uomo, per un piatto di lenticchie: il Vaticano, i cappellani militari, il Crocefisso nelle aule…
Il processo che abbiamo ascoltato nel Vangelo mette di fronte Pilato e Gesù: due mondi inconciliabili, non si tratta della terra e del cielo, ma di valori fondamentali, da una parte il potere, la violenza, la sopraffazione, la conquista dell'uomo e della sua coscienza, dall'altra il "servizio".
Gesù, lo abbiamo ascoltato qualche domenica fa, ha detto: "Voi sapete che i capi delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono, io sono venuto non per farmi servire ma per servire e donare la mia vita".
Il potere e il servizio: uno scontro che accompagna la vita cristiana sempre e non è facile rimanere fedeli, pensate a Hitler, Mussolini, Stalin, volevano il cuore e la mente delle persone, imporre un solo pensiero, una visione della storia, dell'uomo, imporre dovunque il loro potere, dall'altra parte Gesù: chi crede sa che è venuto per dare libertà all'uomo, per dargli dignità, responsabilità, il coraggio di costruire il mondo, purtroppo troppe volte i cristiani sono stati abituati ad ubbidire più che ad essere liberi e ne abbiamo pagato conseguenze terribili nel secolo scorso, se i cristiani in Germania, in Italia, in Russia fossero stati educati alla libertà, alla dignità, al rispetto di ogni uomo, al rifiuto dell'ingiustizia, dell'oppressione, ad una convinzione profonda che non si ubbidisce, anche a costo della vita, ad un ordine che comanda di uccidere un innocente, non avremmo conosciuto la tragedia dei campi di concentramento. La Shoah dipende dalla follia di Hitler, ma anche dal consenso di tanta, troppa gente, compresi vescovi, preti, cristiani che si credevano molto religiosi.
Gesù è venuto a portarci fuori da questo mondo folle, in cui comanda il potere in cui c'è la sopraffazione, in cui un uomo può essere bruciato in un camino solo perché pensato diverso, Gesù ci vuole uomini liberi di pensare, di amare.
Lo dice in maniera straordinaria un testo che forse tutti conoscete: "La leggenda del grande inquisitore", di Dostoevskij ne I fratelli Karamazov, che finisce così: "Cristo rimane sempre in silenzio e come unica risposta si avvicina al vecchio inquisitore e lo bacia sulle sue vecchie labbra esangui, il vecchio sussulta gli angoli delle sue labbra hanno come un tremito, va verso la porta, la apre, gli dice vattene e non venire più, mai più, mai più e lo lascia andare per le oscure vie della città". Ivan commenta: "Quel bacio gli brucia nel cuore, ma il vecchio non muta la sua idea" il potere non muta la sua idea e Gesù ha soltanto una risposta: un bacio sulle labbra e forse dovremmo ricordarci che anche Hitler, Mussolini, Stalin se avessero saputo accogliere quel bacio avrebbero trovato il Dio che ci ha annunciato Gesù, un Dio che può accogliere il peggiore criminale nel momento in cui decide di tornare e aprire gli occhi e allora gli butta le braccia al collo e lo invita ad un banchetto festoso.
Questa è la differenza tra chi vuole soltanto dominare, opprimere e chi invece vuole amare con tutto il suo cuore, celebriamo oggi non il tentativo che ancora oggi c'è in tante parti del mondo della gerarchia ecclesiastica, dei preti, di avere un potere, di imporre il proprio modo di vedere, che qualche volta, lo vediamo anche in Italia, si oppone stupidamente a leggi che tentano di affermare dei diritti, di difendere i diversi, il Signore ci invita a guardare lontano a credere nel rispetto degli altri, nella libertà, nell'amore, questo vi invito a celebrare oggi.
Il Signore ci aiuti.