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OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2006-2007 - Vangelo di Luca
INDICE
Luca 21, 25-28; 34-36
Cosa rispondereste a chi vi dicesse che il mondo va sempre peggio, che la terra è sempre più piena di ingiustizia e di violenza, che l'uomo è condannato a vivere in una giungla in cui manifesta sempre di più la sua malvagità?
Cosa rispondereste a una giovane donna che vi dicesse che non si può mettere al mondo un figlio in un tempo così; che non si può condannare un figlio a vivere in un mondo così cattivo e ingiusto?
Forse qualcuno di voi potrebbe dire di non essere troppo pessimisti, di guardare anche gli aspetti positivi della vita!
Forse qualcuno di voi potrebbe consigliare a queste persone di rivolgersi al proprio medico per avere, magari, una pillola antidepressiva e, forse, gli consigliereste di guardare meno la televisione, di guardarsi più intorno, di essere attenti alle persone che hanno accanto, di saper riconoscere, anche, gli aspetti di bontà, di giustizia che ci sono nella vita di ogni giorno... avreste molta ragione… ma, vedete, il Vangelo ha una risposta profondamente diversa!
II Vangelo direbbe a queste persone: avete ragione, anzi, è molto peggio di così! Ci sovrasta una grande catastrofe...!
E, allora? potreste domandare… allora "alzatevi e levate il capo" e guardate lontano: sta per venire il Signore! Lui viene a condividere la vostra vita, Lui viene a salvarvi!
Allora potreste chiedere: "Quando avverrà questo? Quando arriverà, finalmente, il Signore a risolvere i nostri problemi, a cambiare il volto di questo mondo?… Forse il Signore si è pentito di questa società, dell'uomo che ha creato, forse, lo cambierà profondamente! Quando verrà il Signore nella Sua gloria?".
No, non nella Sua gloria: verrà un Bambino, piccolo, indifeso; in un minuscolo sperduto paese, a condividere le nostre paure, le nostre ansie, le nostre preoccupazioni; verrà a condividere la vita di ogni giorno...! E cosa farà? Il falegname! Passerà la vita tra seghe e martelli, tra pialle e chiodi... nella vita di ogni giorno condividerà il nostro cammino, le nostre ansie, le nostre paure; condividerà l'affanno di un mondo così carico di ingiustizie; tenterà di mettere nel nostro cuore un raggio di speranza, un "chicco" di fede, un pizzico di fiducia...
Verrà in mezzo a noi e cercherà di testimoniare che sono "beati i miti, i misericordiosi, i pacifici, quelli che hanno fame e sete di giustizia". Verrà in mezzo a noi testimone di pace, di tenerezza, di attenzione. Verrà a condividere la nostra vita, giorno per giorno e sarà, anche Lui, travolto dalla violenza: finirà sulla croce!
A noi, forse, questo sarà risparmiato: viviamo in un mondo un po' diverso dal Suo… ma l'affanno, la paura, la trepidazione, l'ansia per i bimbi che crescono, che nascono, ancora, in questi giorni, ce la portiamo tutti dentro!
E Gesù ci dice: "Verrò! Ma non aspettatevi il Signore potente, glorioso, con la bacchetta magica, Colui che viene a cambiare il mondo.... aspettatevi solo che venga, passo passo, a condividere la vostra vita".
E ci chiederà... lo chiederà con tutta la passione del Suo cuore, di essere, anche noi, testimoni di pace, di gratuità; di avere nel cuore la "fame e la sete della giustizia"; ci chiamerà a tentare, nella vita di ogni giorno, di portare uno po' di tenerezza, di bontà, di giustizia; di dare un bicchier d'acqua a chi ci sta accanto, di donare una carezza, un momento di piacere, un sorriso...
Ecco, siamo qui per prepararci al Natale, per preparare la venuta di Gesù! Dio viene a condividere la nostra vita, viene a camminarci accanto, Dio viene a condividere con noi la "fame e la sete di giustizia"! Celebrare il Natale non è risolvere i problemi del mondo, non è cambiare la storia di questo tempo, a volte, così carico di paura... vivere il Natale è vivere un momento di gratuità; è donare un sorriso, un attimo di tenerezza, di attenzione, di piacere; è sentire Dio accanto a noi, che cammina con noi nella vita di ogni giorno, è sentire Dio che cerca con noi la pace, la giustizia; che vive la fame e la sete di verità e di bene… ma c'è la paura, c'è l'ansia…! Sì, c'è la paura, c'è l'ansia! Non possiamo toglierla, ma possiamo buttare il nostro cuore aldilà… e non siamo soli! C'è Dio che cammina con noi, c'è Gesù che viene a condividere la nostra vita, viene a sporcare i Suoi piedi nelle strade polverose della nostra terra, viene a condividere con noi la "fame e la sete di giustizia", il desiderio di pace, la voglia di costruire un mondo un po' più giusto.
Questo è il Natale che aspettiamo, che ci prepariamo a celebrare.
Il Signore ci aiuti.
Genesi 3, 9-15.20 - Luca 1, 26-38
Capita ancora, per fortuna sempre più raramente, che qualcuno mi chieda: "Come è possibile che per una mela siano venuti tutti questi guai?". E poi: "Come si concilia la storia di Adamo ed Eva con la teoria, oggi ampiamente condivisa, dell'evoluzione che ha visto l'uomo crescere e moltiplicarsi per milioni di anni?" Sembrano domande assennate e non lo sono! Sono frutto della grande ignoranza di molti italiani nei confronti della Bibbia!
Prima di porci domande bisognerebbe sapere cosa si legge! In tante parti della Bibbia non ci sono delle storie, dei racconti di fatti accaduti, ma dei racconti simbolici! Gli studiosi, con una parola ebraica, li chiamano: "midrash"!
Che cosa è un "midrash"? È un racconto che tenta di esprimere, di spiegare un'idea, un pensiero, un principio, una riflessione... noi siamo abituati a parlare con parole astratte, gli antichi non hanno una mentalità astratta: loro raccontano delle storie! Qualcuno dirà: "Ma allora sono storie inventate?". Sì, sono storie inventate, sono storie simboliche!
Vediamo, se mi riesce, di farvi intuire cosa c'è dietro quello che abbiamo letto oggi; cosa c'è dietro la storia del peccato originale.
Vedete, gli uomini da tempo si chiedono: da dove viene il male? Qual è l'origine di tutta la sofferenza, la cattiveria che c'è nel mondo?
Israele risponde: non viene da un principio malvagio, da un Dio cattivo, no! tutto dipende dall'uomo! Ogni uomo è responsabile del male che c'è nel mondo e questo male provoca sofferenza e dolore. Qualcuno domandava, probabilmente anche a quel tempo: "Ma, a volte, soffrono anche bambini innocenti! Loro che male fanno? Un bambino è sempre innocente!". E la risposta è: il bambino è innocente, sempre innocente, ma non nasce in un mondo innocente; nasce in un mondo profondamente segnato dal male di coloro che lo hanno preceduto!
Vedete, io ho cercato di darvi una spiegazione usando sempre parole astratte; gli antichi non fanno così! Loro raccontano una storia: all'inizio c'erano un uomo e una donna... Adamo non è un nome proprio come Francesco, Giovanni, Luigi... è un nome generico: è l'uomo! Eva non è un nome proprio come Maria, Angela, Luisa: è la donna, la madre dei viventi!
Dunque, all'inizio, c'erano un uomo e una donna e in mezzo al giardino in cui vivevano, c'era un "albero": l'albero del bene e del male. E sono tentati dal serpente, che è un animale cattivissimo, striscia per terra... e parla - voi vi meravigliate che gli animali parlino, ma per gli antichi parlano le piante, gli animali, le sorgenti... perché non sono storie di fatti accaduti, sono racconti simbolici - dunque il serpente dice: "Se mangiate questa mela diventate come Dio!".
Ecco l'idea che vogliono comunicarci: l'uomo rifiuta di dire il suo "sì" alla vita, agli altri e vuole mettersi al centro di tutto, vuole essere Dio, vuole essere, lui, l'arbitro del bene e del male...
Qualcuno... - potete ascoltarlo anche in televisione, perché l'ignoranza religiosa è diffusissima nel nostro paese - parla del desiderio di sapere, di conoscere dell'uomo, che Dio vorrebbe impedire… ma questo è il compito principale dell'uomo! L'albero del bene e del male non è l'albero del conoscere: è l'albero del voler decidere cosa sia bene e cosa sia male a partire da me; è il dire "no" alla vita, agli altri, alla fraternità, alla libertà, all'amore, alla condivisione, per affermare se stessi...
Ecco, allora, l'odio, la violenza: Caino uccide Abele e così via... Il male rotola nella storia degli uomini e il bambino che nasce deve affrontare tutto questo! Lui è innocente, è chiaro! Che male può aver fatto il bambino? Ma il mondo in cui vive è un mondo profondamente segnato dal male: ecco il senso del peccato originale!
Vedete, è una storia, è un "midrash" che ciascuno interpreta, in ogni generazione, come può; lo traduce - come sto facendo - in parole astratte.
Quando ero ragazzo e andavo al catechismo, mi sembrava che ogni bambino nascesse con un abito tutto macchiato che poi, nel Battesimo, veniva lavato: è l'ingenuità di un bambino, un altro "midrash"!
La realtà che ci vuole comunicare questa storia è una realtà drammatica! Ogni bambino che mettiamo al mondo, lo facciamo nascere in un mondo che non è innocente; in un mondo profondamente segnato del peccato di quelli che ci hanno preceduto e, anche, dal peccato del papà, della mamma, di quelli che gli vivono accanto.
Come si può uscire da tutto questo? Il Vangelo di oggi è una risposta! Anche qui è una risposta attraverso un racconto, un "midrash"... non domandatevi come era quest'Angelo! Se si trattava di un raggio di luce, come si vede in qualche film, oppure se somigliava alla stupenda immagine del Beato Angelico, che è in cima alle scale nel convento di San Marco, a Firenze, oppure ai tanti angeli della nostra tradizione.... non c'è un angelo!
Qui c'è un'affermazione che ci riguarda tutti: Maria diventa il simbolo della nostra fede! Se vogliamo uscire da tutto questo male, occorre, per prima cosa, credere che sia possibile: "Come è possibile? Lo Spirito Santo scenderà… nulla è impossibile a Dio!" Si può credere nel bene, nella libertà, nell'amore.... Maria diventa il simbolo di questa fede: è possibile!
E poi, se si crede che sia possibile, occorre che ciascuno di noi smetta di pensare solo a se stesso, che abbia il coraggio di dire "sì" a Dio, alla vita, agli altri, alla libertà, all'amore, alla gratuità.
Maria è il simbolo del credente: " Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". "Sia fatta la Tua volontà!" Non voglio più pensare solo a me stesso, non voglio più vivere nell'egoismo; voglio che nasca il Signore nel mio cuore, nella mia vita.
Ecco, allora, il senso di questa festa nel cammino verso Natale. Tutti noi siamo chiamati a far nascere Gesù! Gesù è nato duemila anni fa, ma nel mio cuore, nella mia casa, tra la gente che sta intorno a me, Gesù deve ancora nascere! L'amore deve ancora nascere, la vita deve trionfare, la bellezza, la tenerezza, la gratuità, la libertà!
Ecco che Maria diventa, allora, l'icona, il simbolo del credente... il simbolo mio, di ciascuno di voi. Come Maria... - dice il canto che canteremo tra poco - come Maria vogliamo dire il nostro "sì" al Signore, offrire la nostra vita perché Gesù nasca, perché si possa uscire dalla catena di male che affligge anche i nostri bambini.
Dobbiamo impegnarci perché le case in cui crescono bambini siano sempre meno segnate dal male che ha attraversato la storia del mondo.
Ecco viene Natale: anche noi come Maria, possiamo far nascere Gesù; anche noi, come Maria, possiamo dire il nostro "sì"; anche noi, come Maria, possiamo credere che "è possibile" e aprirci al progetto di Dio.
Il Signore ci aiuti
Baruc 5, 1-9 - Luca 3,1-6
Nel cammino verso Natale ci vengono, oggi, incontro, due profeti: l'antico Baruc e Giovanni il Battista.
Ma chi è un profeta? Se facessi questa domanda alla maggior parte dei cristiani di questo paese, probabilmente, mi sentirei rispondere che il profeta è una persona con poteri speciali, capace di prevedere e di predire il futuro.
Ma vedete, questo lo si fa in quasi tutte le religioni, specialmente nei tempi antichi: c'erano grandi santuari in cui si andava a cercare un oracolo, una profezia; c'era qualche personaggio strano che, con parole enigmatiche, cercava di predire il futuro.
Anche nella vita cristiana, spesso, si è data attenzione a personaggi particolari. Nella mia vita... - forse è successo anche a qualcuno di voi - sono stato, spesso, perseguitato dai "segreti di Fatima": parole misteriose che sembravano annunciare chissà quali catastrofi; mi hanno fatto tante domande su queste sciocchezze!
Se leggete con attenzione la Bibbia, vedete che il profeta è tutt'altra cosa! Il profeta è una persona capace di interpretare il tempo che vive, di leggere la storia e, soprattutto, il profeta è uno capace di mettere, nei momenti di disperazione, la speranza nel cuore della gente.
Vedete, nella fede di Israele - che poi è la nostra fede - c'è un cuore: è l'Esodo. Il popolo di Israele è schiavo in Egitto, viene invitato ad uscire, a camminare verso la libertà, verso il futuro, verso la speranza… un vero profeta allora si riconosce se sa essere testimone di speranza, se invita a guardare avanti, a cercare il futuro; se tenta di rianimare il cuore della gente… lo abbiamo ascoltato, anche oggi, nelle luminose immagini del profeta Baruc.
Anche Giovanni il Battista annunzia la salvezza che viene da Dio e invita ad aprirsi al futuro, alla speranza.
Quando ero giovane e ingenuo mi chiedevo: perché, spesso, il profeta che annunzia la speranza, che cerca di consolare la gente, viene perseguitato, a volte ucciso? E poi, pian piano, l'esperienza mi ha fatto capire che il profeta è uno che va oltre l'ordine, spesso ingiusto, che si è costituito… come può il "potere" sopportarlo? Come può non condannarlo ed eliminarlo?
Pensate al tempo di Gesù: Pilato, Erode, Cesare, i sommi sacerdoti... viene Uno che comincia a dire che sono "beati i miti, i misericordiosi, i pacifici, quelli che hanno fame e sete di giustizia"… finisce sulla croce! E normale! Ed è successo anche dopo e succede anche oggi.
Ci sono ancora oggi i profeti? Io spero che la risposta non dobbiate cercarla molto lontano; che possiate cercarla nelle vostre case, in mezzo a voi: ciascuno di noi è invitato ad essere profeta!
Ma se volete pensare ad una esperienza straordinaria, oggi leggete il giornale - ma ci vuole attenzione - ascoltate attentamente la radio, la televisione, forse, sentirete parlare del premio Nobel per la pace, che hanno dato a Muhammad Yunus: lo chiamano il banchiere dei poveri, ha inventato una banca che fa piccoli prestiti alla povera gente; più di dieci milioni di persone hanno ricevuto da lui qualcosa che permetteva loro di vivere con dignità e onestà. Fino a quando lo lasceranno fare? Certo se disturberà i grandi poteri economici di questo mondo, anche lui, correrà dei rischi!
Dobbiamo essere attenti a queste persone, perché la speranza non può basarsi su un'illusione o un'utopia lontana e loro sono capaci, concretamente, nel quotidiano, di aiutare la gente a vivere. Se una persona, è capace di dare ad una donna in un villaggio del Bangladesh - e sono milioni - la capacità di vivere, di provvedere a se stessa, alla propria famiglia, il coraggio di sentirsi rispettata e piena di dignità… questa persona andrebbe onorata e conosciuta da tutti!
Oggi, leggerete altre cose sui nostri giornali: ascoltate Muhammad Yunus del Bangladesh, vive lontano, ma lui porta speranza nel cuore della gente! Lui è un profeta! Lui!
Qualcuno può dire: "Ma non è cristiano!". Ma il vero cristiano è chi porta speranza nel cuore degli uomini e badate, questo, non deve farlo soltanto un personaggio che vive nel lontano Bangladesh, ma è il compito di ciascuno di noi!
Ma per noi è difficile… certo, ma possiamo anche noi! Diventiamo profeti quando, con semplicità, a un figlio, a un nipote, a una persona che ci vive accanto, siamo capaci di comunicare un po' di speranza; capaci di aiutarli a interpretare la vita; a capire che cos'è importante, dov'è il rispetto dei piccoli, dei poveri, degli indifesi, dei diversi, di coloro che hanno, tutti, il diritto di vivere con dignità.
E la speranza, l'amore non si difendono con le leggi, ma con l'attenzione quotidiana, con la tenerezza, con la voglia di libertà.
Il Signore ci aiuti
Luca 3, 10-18
Vedete che oggi ho un abito curioso, forse, non l'avete mai visto: due volte l'anno, a metà dell'Avvento e della Quaresima, si può usare una pianeta color rosaceo, è un segno di gioia... avete ascoltato nella prima e nella seconda lettura un invito a rallegrarvi, alla gioia.
Ora non vorrei affliggervi con quello che dico; però, per dar ragione al mio abito, cerco di dirvi qualche cosa di curioso; qualche cosa, forse, di diverso dal solito.
Vedete, quello che dico, a volte, qui la domenica - credo che non capiti solo a me, ma a parecchi sacerdoti - dipende da circostanze, da discorsi fatti durante la settimana. Sono spinto a dirvi alcune cose proprio perché, in questa settimana, mi è capitato di fare vari discorsi di cui, adesso, cerco di darvi conto....
Tutto nasce dalla domanda che troviamo nel Vangelo di oggi. Le folle interrogano Giovanni il Battista: "Che cosa dobbiamo fare?". È una domanda molto importante, è una domanda che possiamo porci anche noi: che dobbiamo fare?
Vorrei invitarvi a riflettere sul fatto che rispondere a questa domanda è particolarmente difficile, quindi, se non ci riusciamo possiamo consolarci, ma oggi, soprattutto, vorrei farvi riflettere sul fatto che la risposta a questa domanda - che è importantissima - è, spesso, condizionata dal momento in cui viviamo, dall'ambiente che ci sta intorno, che può portarci a risposte sbagliate, a non capire quello che accade. Ciascuno di noi dovrebbe essere molto attento a difendersi "dall'aria che tira", dal momento che vive, se vuole rispondere con serietà e gratuità a questa importantissima domanda.
Le discussioni che ho fatto in questa settimana sono varie: la prima è sul Vangelo. Abbiamo letto una pagina che si trova solo nel Vangelo di Luca, ma la cosa curiosa è che le risposte che riescono a trovare i cristiani della comunità di Luca non riguarda loro, ma gli altri!
Perché dico questo? Perché, vedete, la comunità di Luca è una comunità di povera gente; non hanno quasi niente; loro della morale capiscono solo: "dateci un po' di elemosina, fateci del bene". Cosa dobbiamo fare? Gli esattori delle tasse, si contentino del dovuto, non rubino; i soldati non facciano violenza, si contentino della loro paga; e se c'è tra voi qualcuno che ha un mantello in più lo dia a noi! Si tratta sempre degli altri… forse qualche buon cristiano avrà chiesto: "E noi che dobbiamo fare?". "Arrangiatevi!".
In settimana leggevamo qualche frase della lettera di Paolo ai cristiani di Corinto… anche Paolo vive un momento particolare, ma non solo lui, lo vivono in molti: si aspetta la fine del mondo, il ritorno del Messia! Paolo è convinto che non morirà perché, prima della fine naturale della sua vita, verrà il cataclisma finale, allora quando i cristiani di Corinto gli chiedono cosa pensi del matrimonio, risponde una serie incredibile di sciocchezze: è totalmente condizionato dall'idea che il mondo stia per finire: se il mondo finisce non ha senso sposarsi, far nascere figli, mettere su casa. Purtroppo certe parole di Paolo sul matrimonio hanno condizionato pesantemente la vita cristiana.
In settimana, qualcuno mi portava un articolo su Celine... - forse, qualcuno l'ha sentito nominare - uno scrittore francese del secolo scorso. Ha scritto pagine di una ferocia antisemita impressionante, ma quello che è ancora più impressionarne, è che nel secolo scorso, in Francia, ma anche in Germania, in Italia, come nel resto d'Europa, giravano centinaia di libelli antisemiti di una virulenza quasi incredibile per noi. Molti cristiani, forse condizionati "dall'aria che tirava", non si sono resi conto della gravità della cosa... se l'antisemitismo, pian piano si diffonde e diventa così virulento, poi trovi il "pazzo" che, con il consenso di alcuni e l'indifferenza di molti, arriva ai campi di concentramento e allo sterminio.
E poi, qualcuno poneva la domanda. "Ma noi...?" Ecco, abbiamo fatto, anche, qualche piccola riflessione su "noi, oggi", ma se ne potrebbero fare molte di più.
Oggi, viviamo, in un mondo di brontoloni, di gente che protesta. Voi che vedete, spesso, la televisione e ascoltate la radio... non passa giorno senza che qualcuno protesti; tutti si lamentano, tutti brontolano e, quindi, ci lamentiamo e brontoliamo anche noi, brontolano i nipoti con i nonni, i figli con i genitori; brontola il marito con la moglie e la moglie col marito... Se aprite la televisione e assistete a un dibattito o a un reality, vedete che tutti litigano e, se tutti litigano, rischiamo di diventare anche noi un po' più aggressivi.
Volete un altro piccolo esempio? Poi, voi, cercatevi gli altri. In questo tempo ci affliggono un giorno sì e l'altro pure, con la famiglia; tutto sembra basato sulla famiglia! La famiglia è il cuore, il centro di tutto, senza famiglia il mondo va in rovina… allora accade che a scuola i bambini sono sempre difesi dal papà e dalla mamma... toccate la nostra famiglia, parlate male di noi: "ma i ragazzi, in gita, hanno rubato qualcosa al supermercato..." "creature, ragazzi!". Alcuni bambini dell'asilo si divertono a tirare sassi sulle macchine che passano... - sono fatti accaduti! - la maestra cerca di coinvolgere i genitori: "Eh! sono bambini, giocano...". Hanno sempre ragione i bambini, ha sempre ragione la famiglia, abbiamo sempre ragione "noi"! E il mondo si corrompe!
La mentalità comune, il rinchiudersi nel guscio della propria casa, porta pian piano a non avere più il senso del bene comune, della scuola, della società, della civiltà, degli altri...
"E noi che dobbiamo fare?" Qualcuno di voi può dire: "Vedi anche il prete, parla degli altri!" Io che devo fare? Io sono vecchio, forse non dovrei stare qui ad affliggervi con le mie parole. Vedete, non so rispondere! Mi consolo e consolatevi anche voi! Guardate, non sa rispondere il Vangelo di Luca, non sa rispondere Paolo, non hanno saputo risponde i cristiani del secolo scorso… se non sappiamo rispondere nemmeno noi possiamo consolarci.
La domanda però... - noi possiamo anche consolarci, anche perché l'abito rosa ci invita a rallegrarci - rimane e se vogliamo fare le persone serie, dobbiamo, anche se il prete non sa rispondere, tentare di rispondere ciascuno per sé. Cercando di non farci influenzare troppo dalla mentalità comune, dall'aria che tira e neanche dalla situazione che viviamo… ma non è facile.
Il Signore ci aiuti.
Luca 1, 39-48
Ho avuto la fortuna di incontrare, quest'anno e più d'una volta, delle signore incinte, a me particolarmente care ed ho potuto... - almeno in parte, come può un estraneo - condividere la loro attesa; le ansie, le preoccupazioni, per un bambino che, pian piano, cresce dentro di loro. Le prime ecografie: sarà uno, saranno due? Due, per una di loro! E poi, vedere, per la prima volta, il cuoricino che batte… le manine e contare le dita... ci sono tutte? Sono dieci?
Ascoltare le loro esperienze... la vita che viene sconvolta; un essere che viene a invadere la propria esperienza e il disporsi all'accoglienza… e poi lo stupore, la meraviglia per una vita che sta crescendo.
Oggi, come avete ascoltato, sono due donne incinte che ci invitano a preparare il Natale, a fare spazio al Signore nella nostra vita. È cosa accaduta tanto tempo fa, occorre che facciate appello alla vostra fantasia per andare là, in quel piccolo sperduto paese... - il Vangelo di Luca la chiama città, ma sono quattro case sulla montagna - in cui due donne, incinte, si incontrano per esprimere la loro esultanza, la loro meraviglia, il loro giubilo.
Quattro case sperdute su una montagna e due donne che si incontrano! A quel tempo non c'era la televisione ma, se ci fosse stata, certamente non sarebbe lì! È una cosa normale che due donne siano incinte, è una cosa normale che due parenti che si incontrano nell'attesa di un bambino si scambino le loro confidenze. Eppure, per la loro vita, quella è un'esperienza fondamentale! Per la storia del mondo, in quel piccolo paese, da una donna sterile, da una vergine nasce il dono di Dio per la nostra esperienza! Non ci sarebbe stata né televisione, né giornalisti, né clamore perché è una cosa normale che nasca un bambino, eppure quel Bambino, per noi, è il cuore, il centro della storia degli uomini!
Ricordatevelo, domani o stasera quando aprirete la televisione e ascolterete notizie, che sembrano grandi: ricordatevi di ogni bambino che nasce! E, se sarete sconcertati da qualche notizia, anche della vita cristiana, se sarete scandalizzati, guardate un bambino: lo stupore della vita che sboccia!
Ha fatto, Maria, parecchia strada per arrivare lassù sulla montagna... per noi cento chilometri sono niente, allora bisognava camminare per diversi giorni, a dorso di un asino, con fatica... provate a immaginare questa giovane donna alla sua prima gravidanza… forse qualche nausea, forse, la trepidazione per questo viaggio sull'asino: cosa succederà al bambino? Sembra che non gli importi nulla di tutto questo! Lei dall'Angelo sembra abbia colto soltanto l'avviso che sua cugina, anziana, aspetta un bambino e, forse, ha bisogno di aiuto e parte, dimenticandosi di tutto!
Natale è anche questo: la mano che si tende, una lacrima che si cerca di asciugare, un gesto di tenerezza, il servizio verso gli altri!
E poi, guardate queste due donne che si incontrano, le loro confidenze, il loro stupore, la loro meraviglia, l'esultanza, la gioia: la gioia per un bambino che nasce!
Ecco, Natale è lo stupore, la meraviglia, che ci vedrà riuniti, qui, stanotte e domani per fare anche noi, come Maria, come Elisabetta spazio a Colui che nasce! A chi viene a nascere nella nostra vita, nella nostra esperienza, a chi ci chiede di accoglierLo, di seguirLo, a volte, con fatica, a chi ci chiede di condividere i Suoi sogni, i Suoi ideali, la Sua passione per la vita, tentando, anche noi, di essere testimoni di luce, di tenerezza, di speranza nel mondo.
Due donne che aspettano un bambino, due donne che cercano di fargli spazio: la trepidazione, l'ansia, e poi il dono, la generosità, ma, anche, l'esultanza, la gioia, lo stupore, la meraviglia: così, il Vangelo, ci invita a prepararci al Natale.
Il Signore ci aiuti
Luca 2, 1-14
Ci sono Natali e Natali nella vita di una persona: per me, questo, è il Natale dei bambini. Come, forse, mai nella mia vita, mi è capitato nei giorni passati di incontrare, di guardare, potrei dire, di contemplare dei bambini appena nati da persone a me particolarmente care.
Ho visto i loro occhi aprirsi pian piano alla luce, cercare di mettere a fuoco, faticosamente, le cose e i volti delle persone, le loro mani stringersi appena intorno al dito. Le mamme mi hanno detto che hanno cominciato a cogliere il primo sorriso sulle loro labbra.
Mi è venuto in mente Gesù, anche Lui un cucciolo d'uomo, come i nostri... forse un po' diverso dai bambini che ho visto io: la pelle più scura, gli occhi neri, i capelli scuri come si conviene a un bambino palestinese.
In quel bambino, Dio, è venuto a condividere il nostro cammino, la polverosa storia dell'umanità. In quel bambino, Dio, si è fatto uno di noi. Ora pensate! cosa c'è di più bello di un bambino? C'è forse un segno più grande dello splendore, della bellezza della vita? C'è forse un segno più forte del futuro, della speranza? Ecco, il Bambino Gesù viene a condividere i nostri sogni, la nostra speranza, il nostro futuro...
Mi dicono, le mamme che ho incontrato, che un bambino è, anche, terribilmente esigente! Chiede tutto! non ti fa più nemmeno dormire, ti sconvolge la vita....
Anche Gesù ci chiede molto, viene a camminare con noi perché, anche noi, possiamo condividere i Suoi sogni, i Suoi ideali, la Sua passione per la giustizia, per il bene: è esigente un bambino! Ci chiede la vita come la chiedono i nostri bambini!
Un bambino è, anche, l'essere più fragile e indifeso; a un bambino non si può chiedere nulla, nulla! Anche a Gesù non si può chiedere nulla. Non possiamo nemmeno chiedergli che ci cambi il cuore; non possiamo chiedergli che cambi questa povera Chiesa, a volte così incapace di rispetto e di tenerezza: non possiamo chiederglielo... dipende da noi!
A un bambino non si può chiedere niente: è Lui che ci chiede tutto! Ci chiede la passione per la vita, per il bene, la tenerezza, il coraggio di credere, di sperare, di camminare ancora.
Gesù viene a nascere nella nostra vita: viene a condividere il cammino polveroso della nostra storia, ma non viene come il Dio potente, glorioso che cambia i destini del mondo: viene ad affidarsi al nostro coraggio, alla nostra passione per la vita. Ma un bambino che nasce è, anche, il segno della gratuità, della bellezza, dello splendore e, se questo bambino è Dio, è un segno "dell'oltre", della gratuità più totale, dell'amore che si fa condivisione, cammino fatto insieme, vita vissuta nel rispetto, nella tenerezza, nell'amore, nella gratuità.
Per me, questo Natale, è il Natale dei bambini e, quindi, come potete immaginare è, anche, il Natale della commozione, della gioia, della speranza… ma, forse, per qualcuno di voi non è così, perché ci sono Natali e Natali nella storia di un uomo… forse per qualcuno di voi, questo, è un Natale pesante perché è sopravvenuta la malattia, perché c'è un lutto nel vostro cuore, perché il cuore è lacerato: cosa potervi augurare? Forse che, anche a voi, il Bambino Gesù, possa fare una carezza, una carezza al vostro cuore, perché, anche voi, sentiate che Gesù viene a condividere la fatica di vivere, il vostro affanno, il vostro dolore.
Forse Gesù può mettere, anche, nel vostro cuore il coraggio della speranza e, forse, chissà, anche la promessa di un sorriso, magari lontano, ma ancora di un sorriso.
Ecco, un cucciolo d'uomo che nasce per noi è il segno della vita, il segno della voglia di camminare e di sperare ancora, il segno della vita che, anche tra noi, possiamo condividere, cercando che sia sempre, per quanto possibile, più bella, più tenera, più rispettosa, più accogliente.
Il Signore ci aiuti.
Luca 2, 41-52
In questi giorni ci ritroviamo in chiesa piuttosto spesso e si rischia di fare indigestione di prediche, che è peggiore di quella del panettone e della cioccolata e quest'anno poi... la domenica capita nell'ultimo giorno dell'anno, mi permetterete quindi di tralasciare il tema della famiglia, così impegnativo e complicato, specialmente, in questi tempi e di invitarvi, soltanto, a guardare indietro e a ringraziare il Signore per i giorni che ci ha dato da vivere.
Quando tento di fare questo discorso, mi vengono in mente, sempre, le persone che... - in questi lunghi anni non sono poche - mi hanno detto: "Ma secondo lei, io, per cosa ho da ringraziare il Signore nell'anno passato? Cerco solo di dimenticarlo in fretta!".
C'è, forse, anche tra voi qualcuno che non ha granché da ringraziare per l'anno passato e vuole, solo, dimenticarlo in fretta: porti pazienza! Non ho, tra l'altro, nessuna consolazione da parte del Signore, da darvi. Posso, soltanto, consolarvi - ma è una magra consolazione - con la saggezza popolare... A Napoli si dice: stuorta va, deritta vene, sempre stuorta nun po' ji!
Ma spero che, tra voi, ci siano parecchie persone che possano dire, invece, grazie al Signore! Per cosa? ma per le cose più quotidiane…!
Grazie per la natura! In quest'anno, ho assistito parecchie volte, all'alba o al tramonto, qui, sul mare... questo mare, a volte così bello! La mattina dico la Messa alle sette e mi capita di passeggiare poi fino al porto e vedere il mare in tutte le sue condizioni: è, veramente, uno spettacolo della bellezza della natura per cui rendere grazia al Signore.
Ho negli occhi immagini straordinarie delle nostre montagne, lo splendore delle Dolomiti, immagini del mare.... quest'anno ho potuto visitare le Cinque Terre: tante immagini di straordinaria bellezza! Spero che, anche voi, ne abbiate qualcuna e possiate dire il vostro grazie!
Ma non soltanto grazie per la natura, ma anche per l'opera degli uomini. Mi e capitato, in quest'anno, di leggere qualche bel libro; di ascoltare qualche buona musica... oggi i mezzi moderni ci permettono, anche, di passeggiare ascoltando musica: canzoni, canzonette che rallegrano la vita!
Mi è capitato di assistere a qualche bello spettacolo televisivo, sempre registrato perché così, uno, guarda quello che vuole!
Ho potuto vedere qualche mostra straordinaria di arte. Anche nella settimana scorsa mi capitava di andare a visitare, ancora una volta, palazzo Barberini: lo stupendo soffitto di Pietro da Cortona, i quadri di Caravaggio e tante altre immagini di bellezza che mi porto negli occhi, in questo ultimo giorno dell'anno.
E poi, la gente... la gente di ogni giorno: il fornaio, anche qui vicino, che fa un buon pane che rallegra la vita; il postino che consegna, regolarmente, la posta; l'autista che guida l'autobus; il treno per Roma... - a me è capitato di trovarlo quasi sempre puntuale - permette di visitare Roma che è sempre più bella, sempre più splendida.
Poi le persone che hai intorno... per me i legami della famiglia di origine si sono, ormai, allentati: ci vediamo ogni tanto con i fratelli, ma per voi è diverso: figli, nipoti, genitori con cui condividete il cammino di ogni giorno: tanti momenti di intimità, tanti momenti quotidiani, tanti momenti belli, che avete trascorso in quest'anno!
Per me, è l'amicizia che rallegra e arricchisce la mia vita. Ho la fortuna di avere tante persone con cui ho condiviso esperienze, confidenze, racconti, storie... e cosa c'è di più bello per cui poter ringraziare il Signore in quest'ultimo giorno dell'anno? Spero che abbiate, anche voi, tanti ricordi di persone, di amici, di familiari da tenere nel vostro cuore, qui davanti a Dio.
E poi, il nostro esserci ritrovati qui insieme ogni domenica, per cercare di incontrare il Signore, di condividere il Pane che spezziamo insieme, di condividere la ricerca di Gesù, dei Suoi valori, dei Suoi ideali, dei Suoi sogni.
Durante l'anno ci siamo ritrovati con parecchie persone a leggere insieme il Vangelo, a cercare di interpretare la presenza del Signore nella nostra vita: è la Chiesa concreta, vicina; è la Chiesa fatta di persone con cui puoi condividere qualcosa, con cui puoi, anche, dissentire, litigare: una Chiesa viva, una Chiesa che ama il prossimo, in cui c'è il rispetto...
Ci portiamo dietro, in quest'ultimo giorno dell'anno, l'affanno di una autorità della Chiesa a cui manca il rispetto, la tenerezza, l'attenzione verso gli altri, il rispetto del dolore, della gente che soffre: soffriamo per questo e vorremmo dimenticarle queste cose!
E allora fate come me: pensate alla Chiesa concreta, la Chiesa che siete voi, la Chiesa della gente con cui condividete il cammino di ogni giorno, condividete la speranza, gli ideali di Gesù; la Chiesa con cui condividete la tenerezza, il rispetto: di questa Chiesa, di gran cuore, io ringrazio Dio e, spero, che lo facciate con me.
E poi vengono, per me, le note dolenti, ma per voi forse no! Perché sarebbe bene ringraziare il Signore per tutto il bene che si è fatto e, io di bene, in quest'anno, forse, ne ho fatto poco! Cerco di consolarmi pensando che qualche bicchiere d'acqua, forse, l'ho dato; qualche persona con cui ho condiviso un momento di ansia, di perplessità, di paura, qualche parola che ho potuto dire e che ha sollevato un po' il cuore della gente: piccoli bicchieri d'acqua… ma il Vangelo dice che bastano davanti a Dio!
"Chiunque avrà dato anche solo un bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli… non perderà la sua ricompensa". Così dice il Signore! Vale per me, ma vale anche per voi, per voi, forse, vale di più, perché di bicchieri d'acqua ne avrete dati parecchi!
E allora ecco, l'invito, per chi può, a ringraziare il Signore per la bellezza, lo stupore, la meraviglia della natura, per le persone, la gente di ogni giorno, con cui avete condiviso la vita, per il bene che avete fatto, sperando l'anno prossimo di farne un po' di più.
Il Signore ci aiuti.
Matteo 2, 1-12
Può capitarvi, anche in questi giorni, di ascoltare o di leggere qualche ricerca su quale sia stata la stella che ha guidato i Magi, su chi siano questi Magi; potete leggere ricerche particolarmente erudite: non perdeteci tempo, sono sciocchezze!
Partono da un principio che non è quello giusto, si muovono come se avessimo letto il racconto di un fatto accaduto tanto tempo fa: questo non è il resoconto di un fatto, ma un racconto simbolico: il simbolo dell'uomo, del credente!
E, allora, le domande su cui potete esercitarvi - e potrebbe essere molto interessante - sono: chi rappresentano questi personaggi? Chi i Magi, i sapienti, gli scribi, i sacerdoti, Erode, nella lunga storia di questi duemila anni? Chi sono oggi? E, forse, la domanda più importante: quanto c'è, in noi, di questi personaggi? Perché questo è il Vangelo! Racconti simbolici che è importante che ciascuno di noi tenti di interpretare, di attualizzare, - direi quasi - di rivivere!
Oggi, vi propongo una domanda... una delle tante che possiamo porci su questo racconto!
Cosa si aspettavano questi personaggi? Cosa si aspettavano i Magi, secondo voi? Questi strani personaggi che partono da lontano, fanno un lungo cammino, inseguendo una vaga stella, un segno di luce! Camminano, non si stancano, non li ferma niente e continuano a cercare: cosa si aspettavano?
E poi, provate a domandarvi: cosa si aspettavano i sapienti del tempo e cosa si aspettavano tutti i sapienti della storia? "sapienti" mettetelo tra virgolette! Sono quelle persone... - ce ne sono anche oggi - che sanno tutto, che hanno la risposta pronta: loro non si aspettano niente! Cosa volete che si aspetti uno che sa già? Si dice sempre pronto al dialogo! Ma cosa significa "dialogo" per chi sa? Significa che tu mi dai ragione! Che tu riconosci la "verità" - certo quella che possiedo io - e, quindi, ti inchini a ossequiarla con grande rispetto, soprattutto, se questa "verità" viene "dall'alto", discende da Dio! Posso "dialogare" con tutti, basta che mi diate ragione! Sono i "sapienti" di tutti i tempi! Ce ne sono anche oggi!
Ci sono poi i sommi sacerdoti… anche loro non si aspettano nulla: possiedono le chiavi del rapporto con Dio, fanno belle cerimonie: tutto curato secondo la tradizione; vi assicurano la salvezza che viene da Dio...! Questi Magi che vanno cercando? Vengano qui al Tempio e lascino qui i loro doni! Dove vanno a portarli? Il luogo giusto è il Tempio! Qui c'è la salvezza! Cosa si aspettano i sacerdoti? Forse solo che venga riconosciuto il loro ruolo! Se, poi, il sacerdote è, anche, un "sapiente", conviene cambiare strada!
Cosa si aspetta Erode? Erode è un altro che non si aspetta niente! Erode è uno che ha soltanto paura: paura che qualcuno gli tolga il potere e, quindi, usa...- come spesso succede a chi ha il potere - l'inganno, il sotterfugio. "Andate, cercate e poi fatemelo sapere perché io venga ad adorare il Signore". Ha ammazzato i bambini di Betlemme! È la violenza del mondo! Questo è, a volte, il potere, che non si aspetta se non il riconoscimento e l'ossequio e ha paura di chiunque possa metterlo in crisi!
E, poi, c'è la folla: "tutta Gerusalemme"! Cosa si aspetta Gerusalemme? Si agita Gerusalemme! Si aspetta... - come le folle di tutti i tempi - "panem, circenses" dicevano gli antichi: pane, cibo e divertimento o, più recentemente, dicevano i nostri concittadini di Roma: "o Franza o Spagna basta che se magna"! Questo aspetta la "folla" pronta ad applaudire il primo "pifferaio" che gli cammina davanti, che sappia promettere benessere, ricchezze, tranquillità!
Questa è la folla! Non va a cercare, la folla, non si muove! Cercare è difficile e complicato! Bisogna sforzarsi, andare in giro… e chissà poi cosa si trova? No! la folla è pronta solo a "battere le mani". Più fate promesse belle e allettanti, più sapete suonare il "piffero" e più vi vengono dietro!
Quanto c'è di tutto questo, nella storia? E quanto c'è oggi? E quanto c'è di tutto questo, dentro di me? Perché è facile guardare gli altri, ma, forse, anche noi ci portiamo dentro una parte di tutti questi personaggi!
Nessuno di questi, cerca! Quelli che si muovono sono i Magi! E provate a immaginare queste persone che... - dice il racconto - vengono da lontano, hanno inseguito la luce; chissà che attese si portavano dentro… arrivano ad una casa e si trovano davanti un Bambino, un cucciolo d'uomo!
Verrebbe da dire: "Tutto qui?! Abbiamo fatto tutta questa strada per trovare solo un bambino? Una promessa di luce, di futuro!". Eppure i Magi non si fermano! Portano i loro doni e continuano a cercare; continua il loro cammino, la loro ricerca di luce…
Domani ci accorgeremo che quel Bambino, diventato grande, si fa compagno di strada dei Magi! Non degli altri! Non frequenterà né i palazzi di Erode, né le corti dei "sapienti", né i templi dei sacerdoti! No! Starà con la povera gente! Starà con quelli che "hanno fame e sete di giustizia", con chi intravede barlumi di luce e continua a cercare senza stancarsi.
Domani, ci accorgeremo che quel Bambino, diventato grande, sarà compagno della nostra strada, compagno della strada dei Magi o, almeno, di quello che dei Magi c'è, anche nel nostro cuore… un cuore che non si aspetta troppe cose, ma continua a inseguire, nonostante tutto, i barlumi della luce, cercandoli intorno a sé: nella natura, nella gente che ha accanto, nelle parole, nella liturgia… continua a cercare la luce e Gesù cammina con noi.
E, allora, ecco il consiglio che non vi do io, ma l'Angelo: "Non tornate da Erode, per un'altra strada tornate a casa vostra!".
Altra strada, lontano dalla folla, lontano dai sapienti, lontano dai sacerdoti, lontano da Erode, lontano da tutti... per la vostra strada! La strada della gente che ha fame e sete di giustizia, e Gesù ci camminerà accanto e con Lui cercheremo un po' di luce.
Il Signore ci aiuti.
Luca 3, 15-16; 21-22
Forse, qualcuno di voi lo ricorda... ieri ci domandavamo quali potessero essere le attese dei vari personaggi che avevamo incontrato nel Vangelo. Quali le attese dei Magi, che partivano da lontano inseguendo la luce: cosa si aspettavano? E quale la loro reazione quando hanno incontrato il Bambino nella culla? Avranno detto: "Tutto qui? È tutta qui la luce? Soltanto un piccolo Bambino, un cucciolo d'uomo?!" E abbiamo visto che... - non aspettandosi, forse, troppo - hanno continuato a cercare, ritornando per un'altra strada, nel loro paese.
Poi, ci siamo domandati che cosa aspettavano o, meglio, cosa non aspettavano gli altri personaggi: Erode, il quale, forse, aveva, solo, paura di perdere il potere e poi, i sapienti, i sommi sacerdoti e poi la folla di Gerusalemme: nessuno di loro si muove, nessuno cerca, forse, nessuno di loro aspetta niente!
Oggi, invece, c'è tanta gente che ha grandi attese ed è gente che si muove, che va a cercare... gente che ha lasciato le proprie case, i propri paesi, per andare là, sul Giordano, ad incontrare Giovanni, portandosi, forse, grandi attese nel cuore.
Oggi non abbiamo bisogno, come ieri, di troppa fantasia, perché le letture, che abbiamo appena ascoltato, ci indicano quali potevano essere le attese, che molte delle persone che stavano lì, si portavano dentro.
Forse c'era qualcuno che aspettava che si compisse, finalmente, quello che proclamava il profeta Isaia: "Ecco, il Signore Dio viene con potenza, con il braccio egli detiene il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e i suoi trofei lo precedono". Sembra un grande generale di Roma, Cesare o Augusto che ritornano dalle loro vittorie con i trofei, per portare il premio ai soldati! Forse molte di quelle persone aspettavano che si manifestasse la potenza di Dio!
Ma, forse, c'era povera gente che non si aspettava i trofei, il premio, ma soltanto un po' di pane... l'abbiamo letto nel Salmo: "Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni". Forse aspettavano che venisse "qualcuno" a togliere la fame dal mondo.
Ma, qualcuno, forse, ha dei desideri più alti, più profondi; desideri del cuore, della pulizia, della purificazione... è quello che abbiamo ascoltato nella lettera a Tito: "Gesù ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone". C'era, forse, gente che aspettava che venisse un Salvatore a creare un popolo nuovo, zelante nelle opere buone...
Giovanni il Battista, anche lui aspettava! Cosa aspettava? Nel Vangelo che abbiamo appena letto, sono state tolte delle frasi, ma a casa potete rileggerle: Giovanni aspetta il giudice, Colui che "tiene in mano la pala per separare il grano dalla paglia. Raccoglierà il grano nel suo granaio e brucerà la paglia con un fuoco senza fine". Giovanni è un uomo affamato di giustizia; vuole che venga, finalmente, il giudice del mondo, che separi i buoni dai cattivi e bruci il male, i malvagi con un fuoco senza fine!
Vedete quante attese sono riunite, là intorno al fiume? E la voce dall'alto: "Tu sei il mio figlio prediletto...", allora provate ad immaginare... provate ad immaginare tutta questa gente che è in fila per andare da Giovanni a ricevere un rito di purificazione, un lavacro, un segno che inviti a riprendere la strada e là, in mezzo a loro, a capo chino, un Uomo con le mani callose! Da dove viene? Da Nazareth! piccolo paese sperduto che quasi nessuno conosce: non c'è traccia di Nazareth nella storia! Dove ha studiato? Da nessuna parte! Nella bottega del padre! Dove sono i Suoi trofei? Qualche scheggia di legno probabilmente gli è rimasta nelle tasche: quelli sono i Suoi trofei!
Ma viene, finalmente, a fare un popolo puro, a cambiare il cuore della gente... finalmente un popolo zelante nelle opere buone? Se non volete pensare alla storia, guardiamoci in faccia; se non volete guardarvi tra di voi, guardate me: dov'è lo zelo? Dove sono le opere buone? Dov'è il cuore puro? Niente di tutto questo! Ma viene, finalmente, il giudice, Colui che separa i buoni dai cattivi?! A capo chino, in mezzo alla gente, che sente di avere il cuore pesante, che cerca un lavacro, un bagno, per rimettersi ancora in cammino.... eppure "la voce dall'alto" dice che è Lui l'unico Signore che aspettiamo! Non alza la voce, non grida, non cambia il cuore, non sfama nessuno; cammina insieme con la gente: è Lui l'unico Dio in cui crediamo: compagno della nostra strada, del nostro cammino, del nostro andare…
E, allora, e io e voi, siamo invitati a fare come i Magi, a non dire, come forse vorremmo: "Tutto qui...? È questo il Dio che aspettiamo? Chi ci cambia il cuore, chi ci sfama? Dov’è il giudizio? Chi alza la voce, chi ci difende? Chi ci da la verità, la giustizia, chi ci da l'amore?". Nessuno! Dipende da noi! Lui si fa soltanto compagno di strada della nostra ricerca, del nostro cammino.
Non dite: "Tutto qui?" perché non c'è un altro Dio! Non c'è il Dio della verità, non c'è il Dio della giustizia, non c'è il Dio dell'occidente, non c'è il Dio del potere, non c'è il Dio della gloria! C'è un "falegname" che si fa compagno di strada di ogni uomo di buona volontà, che condivide con noi la "fame e la sete di giustizia", il desiderio di pane, la ricerca delle opere buone: compagno di strada, anche Lui, col capo chino, in mezzo alla gente, accanto a noi.
Non c'è altro segno che ci è dato "dall'alto". La "voce" ci conferma che è Lui, il Dio che si manifesta nella nostra vita: Lui, solo Lui! E con Lui siamo invitati a camminare, passo dopo passo, a volte, con fatica, ma senza stancarci, anche noi, come i Magi, alla ricerca della luce… ma possiamo intravederne soltanto qualche barlume e continuare a cercare.
Il Signore ci aiuti
Giovanni 2, 1-12
Per cercare di intuire qualcosa del Vangelo di oggi occorre partire da lontano, perché, per noi, il vino perde i suoi significati simbolici. Noi siamo abituati a trovare il vino al supermercato, sotto casa e il vino, oggi, è frutto di grandi studi, di tecniche raffinate. Il vino buono - ce n'è, ormai, in tutte le regioni d'Italia - è fatto da enologi che hanno molto studiato.
La maggior parte di voi non ha mai provato a fare il vino con le proprie mani, ma i nostri nonni... - almeno di chi ha avuto dei nonni contadini - erano orgogliosi del "loro" vino! Quando ti offrivano un bicchiere di vino potevano dire con orgoglio: "È il mio, fatto con le mie mani". Per fare il vino buono, bisognava saper cogliere i grappoli al momento giusto, bisognava pigiarli nelle grandi vasche, con i piedi e poi farlo fermentare nella botte…
Il pane era, per loro, il segno della necessità, della vita di ogni giorno: senza pane non si vive! Il pane poi è quasi soltanto frutto della terra, non occorre molta fantasia, ma il vino, no! Il- vino è frutto di fantasia, di arte, di lunga esperienza. Il vino per il contadino di un tempo era il segno del superfluo, della festa, dell'allegria, dell'amicizia, della gioia, della vita condivisa!
Ecco perché il vino ha grande importanza nella tradizione biblica e anche nel Vangelo. Vi sarete accorti che il protagonista di questo racconto è il vino! Parla il maestro di tavola:"Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono".
Il vino... manca il vino! Chi se ne accorge è Maria! Forse, con la sua sensibilità di donna, avrà visto un'ombra sulla fronte di quei giovani sposi e basta quest'ombra per dire: "Non hanno vino!". E, Gesù: "Non hanno vino e che c'entro io? Non è ancora il momento, non è giunta la mia ora". "Non hanno vino, fa qualcosa!".
E allora? Allora bisogna prendere l'acqua dalle vecchie giare per la "purificazione", segno del passato, del bisogno di purificarsi, dei tanti sensi di colpa che accompagnano la religione, è ormai il tempo del vino nuovo, il vino della festa, della gratuità!
Così - dice il Vangelo di Giovanni - "Gesù diede inizio ai suoi miracoli", così "manifestò la Sua gloria"!
Penso, ormai da tanto tempo, che faremmo, tutti noi, molto bene a conservare nel cuore questa immagine perché, spesso, ci offrono del cristianesimo un'immagine che privilegia la sofferenza, il dolore o le regole, la rigidità dei principi.
Per il Vangelo il primo segno di Dio in mezzo a noi, è un segno di festa, di allegria, un segno di amicizia, un segno di condivisione, fatto, soltanto, per togliere "un'ombra" dalla festa di due giovani sposi! "Ma sono tutti mezzo ubriachi?" Sembra un miracolo più che inutile, addirittura dannoso! Qualcuno sarà tornato a casa ubriaco; qualcuno sarà, addirittura, caduto per la strada. Sembra non importare nulla né a Maria, né a Gesù! A loro interessa che ci sia l'ultimo segno della festa, dell'allegria!
Ricordatevelo quando vi diranno... - e ve lo diranno! - che è apparsa una Madonna che piange, magari lacrime di sangue, e non potrete riconoscere la madre di Gesù, perché non porta un sorriso! Perché non è mai apparsa una Madonna che invece di minacciare castighi, sciagure, segreti paurosi... veniva ad offrirci un bicchiere di vino?
Qualcuno di voi, potrebbe dire: "Perché non ci offre, lei, un bicchiere di vino e sta zitto?" Ne parlavamo ieri, con un gruppo di amici e dicevo di non aver soldi a sufficienza per offrire a tutti un bicchiere di vino! Ma credo che, prima o poi, bisognerà organizzarsi! In questi giorni preparavo qualcosa da dirvi e pensavo: "Questo non si può dire, quest'altro nemmeno, questo non sta bene, questo è pericoloso..." Quando uno comincia a non poter dire molte cose, conviene che prenda un bicchiere di vino e lo offra alla gente!
Qualcuno, dopo la Messa precedente, è venuto in sacrestia a chiedere il suo bicchiere di vino: non fatelo, per i miracoli non siamo attrezzati... l'acqua c'è in abbondanza, ma il vino ancora manca!
Però conservate nel cuore questo straordinario miracolo del vangelo: il segno di Dio è un bicchiere di vino per l'ultimo sorriso di una festa di nozze!
Poi, verranno i problemi grossi, che affliggono anche noi. Gesù dovrà occuparsi dei lebbrosi, dei ciechi, degli storpi: c'è tanto dolore nel mondo, ma se ciascuno di noi, fosse capace di portare un sorriso, un pizzico di allegria, di donare un bicchiere di vino, forse, la fatica di vivere sarebbe meno pesante!
L'uomo è stato creato per la festa, per l'allegria, per la condivisione, per la gioia... Tra i tanti problemi che ci affiggono, non dimentichiamo che la speranza dell'uomo è che ci sia la voglia di condividere la vita, l'amicizia, la tenerezza; la voglia di sorridere, di ricevere e donare un sorriso.
Questo è il primo miracolo di Gesù! Il segno più vero, più profondo, più forte di Dio... - se ho capito qualcosa - è un bicchiere di vino, per la gioia degli uomini.
Un rammarico che molti liturgisti si portano dentro è che non tutti possano condividere il Calice del Vino… sarebbe bello se potessimo bere tutti e sentissimo che, qui, si spartisce il vino di Gesù: il vino della festa, della vita condivisa, il vino dell'alleanza, il vino di un sorriso, condiviso nel faticoso cammino della vita.
Il Signore ci aiuti.
Luca 1, 1-4; 4, 14-21
Come avete ascoltato, al tempo di Gesù, ma anche molto prima, i credenti si radunano intorno ad un "Libro" - un rotolo, al tempo di Gesù non c'erano libri come i nostri - è, questa, una delle fondamentali intuizioni della fede, che Israele ha trasmesso, poi, alle grandi religioni che sono chiamate - appunto - le religioni del "Libro".
Noi siamo abituati a ritrovarci qui ogni domenica; gli Ebrei lo fanno ancora il sabato, i Mussulmani lo fanno il venerdì... Tutti leggiamo un "Libro". Per noi è scontato, ma, se ci pensate, nella lunga storia della religioni non è affatto scontato!
La religione per molti uomini sulla terra e - badate - anche per molti, ancora oggi, qui, nel nostro paese e in tutte le grandi religioni, è qualcosa che si usa quando se ne ha bisogno!
Ci si reca in chiesa o nel tempio quando si ha, in qualche modo, bisogno di Dio! Si va per cercare una benedizione, una protezione, una guarigione, per interpretare il futuro o per solennizzare qualche circostanza della vita - che so - una nascita o il matrimonio o per celebrare un funerale...
Quando si ha bisogno si va in chiesa, oppure ci sono delle grandi feste che ricordano qualche avvenimento del passato...
Israele intuisce qualche cosa di fondamentale: si va in chiesa ogni settimana! E si va in chiesa non perché si ha bisogno di Dio, ma per cercare, noi, in Dio, qualche cosa di fondamentale, per cercare, in lui, i principi irrinunciabili del nostro vivere! Gli antichi Greci le chiamano: "le leggi non scritte degli dei!"
Ci sono in tutte le civiltà dei codici, delle regole che cambiano durante il corso degli anni e della vita... ma cos'è, veramente, irrinunciabile? Quali principi sono il fondamento del vivere? È quello che il credente va cercando, in un atteggiamento di gratuità: non perché ne ha bisogno, ma perché ritiene essenziale cercare Dio, il Suo volto e, in Lui, il fondamento del proprio esistere!
Ma qui viene un problema! perché il "Libro" viene considerato, in molte religioni, come parola diretta di Dio! Un Angelo o lo Spirito avrebbero ispirato direttamente quello che leggiamo!
Ma è proprio così? Se avete ascoltato attentamente il Vangelo, Luca dice che ha fatto... - o lo ha fatto la sua comunità - "accurate ricerche"… e se non fossero state tanto accurate? E se avesse tralasciato qualche cosa di importante? E se qualche cosa l'avesse travisata? Perché, in fondo, erano uomini come noi!
Ma, allora, cosa significa "Parola di Dio" che diciamo alla fine di ogni lettura? E non soltanto noi ma, anche, gli Ebrei, anche i Mussulmani... cos'è la "Parola di Dio"?
Vedete, c'è un concetto che è il cuore della nostra fede ed è il concetto di incarnazione! Dio si fa "carne", cioè si è confuso nelle nostre parole. Noi non abbiamo la parola pura dell'Angelo, ma abbiamo una parola - diciamo così - "incarnata" e, mentre si incarna, una parola viene "sporcata" dalle nostre lentezze, dalle nostre pigrizie o, anche, dalle nostre violenze.
Quelli che hanno provato senza adeguata preparazione - forse, c'è n'è più d'uno tra voi - a leggere l'Antico Testamento, hanno fatto presto a rimanere sconcertati e scandalizzati. Come si possono dire "parole di Dio" certe parole, per noi, assolutamente assurde ed impronunciabili?
Vedete, allora, che la "Parola" ha bisogno di una interpretazione, per capire cosa è essenziale, quali sono i principi irrinunciabili e che cos'è, invece, caduco, cosa cambia con la cultura, con la mentalità del tempo!
Chi può interpretare la Scrittura? Vedete, uno dei drammi delle religioni... - compresa la nostra - è che ci sono dei "chierici" che si arrogano il diritto di essere gli unici interpreti della Scrittura. Paolo, nella lettera ai Corinzi parla di vari doni e capacità, di un corpo unito, ma articolato, in cui tante persone si impegnano in una ricerca. C'è stato spesso - e purtroppo c'è ancora - qualcuno che dice: "Questa è la verità di Dio!" E in nome di questa "verità" si possono compiere dei crimini! Si può bruciare la gente, la si può arrostire nell'olio e nella pece e non sono soltanto possibilità, è la storia, la storia drammatica delle religioni.
E, badate, non soltanto della nostra religione, anche del mondo ebraico, anche del mondo mussulmano! Siamo tutti nella stessa barca! Povera gente che non può fare a meno della ricerca di Dio, dei Suoi valori; che non può farne a meno perché perderebbe l'intuizione fondamentale della propria fede, cioè il riunirsi con gratuità, intorno al "Libro", ma che corre il rischio che "qualcuno" gli imponga l'interpretazione di questo libro!
È, invece, il compito di tutti cercare, con passione, quelli che sono i valori fondamentali dell'esistere e oggi questa esigenza è più forte che mai, perché viviamo, ormai, in un villaggio globale, in cui è importante dialogare, rispettarci, capirci, ma in cui è, anche, essenziale che gli uomini cerchino insieme i principi irrinunciabili del vivere, quelle cose su cui non si può dialogare.
Vi faccio un esempio! Si può dialogare a lungo sull'eutanasia, sul caso Welby, ma se mi trovo davanti a uno che fa violenza ad un bambino, io e, credo, nessuno di voi, siamo disposti al dialogo...
Si può discutere sulla pena di morte, ma quando si uccidono milioni di innocenti, noi non siamo disposti al dialogo. Di cosa possiamo discutere con rispetto reciproco? Uno vuole avere una moglie sola, uno ne vuole avere cinque... possiamo discuterne! Ma se uno fa violenza a sua moglie, non possiamo discutere… ci sono principi irrinunciabili!
E, allora, che cos'è irrinunciabile? Quali sono quelle che gli antichi Ebrei chiamano "parole di Dio", i greci "le leggi non scritte degli dei", i laici moderni "principi irrinunciabili"? E cosa, invece, può essere oggetto di discussione, di dialogo, di diversità e di rispetto?
È un problema fondamentale per gli uomini d'oggi, ma non è un problema di facile soluzione e non possiamo... non possiamo accettare chi dice: "Ho ragione solo io, vi dico io che cosa dice Dio!" Non può permetterselo nessuno sulla faccia della terra!
Dio abita "l'oltre" e affida a tutti noi la ricerca dei principi essenziali. A tutti noi l'interpretazione di quello che troviamo scritto, anche, nel Vangelo.
E non basta l'interpretazione, occorre l'attualizzazione... l'"oggi" di cui parla il Vangelo! "Oggi si è adempiuta questa Scrittura".
Quando si adempie la Scrittura? Il Vangelo di oggi - ma qui rischio di farvela troppo lunga, concludo subito - ci da un'indicazione e la prima Lettura un'altra, forse più bella... Il Vangelo dice che Gesù è stato mandato per "annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, e ai ciechi la vista, per rimettere in libertà i prigionieri e predicare un anno di grazia". Se non c'è tutto questo, non c'è una giusta interpretazione della Parola di Dio!
E, la prima Lettura conclude dicendo: "la gioia del Signore è la vostra forza". Diffidate, dunque, di chi vi propone soltanto leggi, di chi vi propone soltanto precetti, divieti, di chi elogia il dolore e la sofferenza: "la gioia del Signore è la nostra forza!"
O la "parola" di Gesù è liberazione e vita, oppure, non è "la Sua parola"! O la parola di Gesù è tenerezza, rispetto, amore o non è parola del Signore!
Possiamo continuare a dirlo, con la certezza che ci viene dal ritrovarci qui insieme, anche noi, povera gente, alla ricerca delle cose essenziali, dei fondamenti del nostro vivere; ed è importante che lo facciamo insieme con coraggio e gratuità
Il Signore ci aiuti.
Luca 4, 21-30
Vediamo se mi riesce di farvi intuire cosa c'è dietro quello che abbiamo letto oggi. Anzitutto conviene evitare di chiedersi perché tutti gli Ebrei abbiano rifiutato Gesù; perché tutti gli abitanti di Nazareth... abbiano addirittura cercato di precipitare Gesù dalla rupe. Non è vero! Non è vero che tutti gli Ebrei hanno rifiutato Gesù! Non è vero che tutti gli abitanti di Nazareth non hanno accolto il Signore! Come tutti sapete - penso - i primi cristiani son tutti Ebrei! Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni: tutti Ebrei! E, anche tra gli abitanti di Nazareth, molti, fanno parte della prima comunità cristiana, anzi, uno di loro, Giacomo, il parente di Gesù, è il capo della prima comunità cristiana.
Quindi, non è vero che tutto il popolo di Israele ha rifiutato Gesù! Sono cose che dobbiamo sempre ripeterci! Celebriamo in questi giorni - lo sapete - la memoria della "Shoah" e, certe affermazioni hanno pesato non poco sulla tragedia degli Ebrei: è bene sempre ricordarlo!
L'altra domanda da evitare, è quella che Gesù suppone sia la domanda dei presenti nella Sinagoga: "Perché non fai qui i miracoli che hai fatto a Cafarnao?". Perché io non ho mai ricevuto un miracolo? Se cominciate a porvi questa domanda finite per perdere ogni residuo di fede!
L'Antico Testamento, il Vangelo usano sempre il prodigio come un segno di Dio, un modo per parlare di Lui. Non conviene soffermarsi sui miracoli. Se si è trovato il modo di curare la lebbra, se oggi la lebbra dovrebbe essere completamente sparita dal mondo, non è perché qualche profeta ha fatto il miracolo, ma perché qualche medico ha scoperto di cosa si trattava e ha inventato le medicine per curarla!
Ma, allora, cosa c'è qui? In questa pagina del Vangelo c'è un tentativo di risposta a una domanda inquietante: perché, a volte, il profeta, il giusto viene rifiutato? E non è una domanda che riguarda gente di tanto tempo fa, riguarda anche noi!
Se provate a confrontare i Vangeli, leggendo questo episodio anche negli altri, vedrete che nel Vangelo di Marco e di Matteo la risposta è completamente diversa da quella di Luca... le comunità, a quel tempo, discutevano animatamente questo problema e ogni comunità da la sua risposta!
Qual è quella di Luca? Per Lui uno dei grandi problemi del credente è quello di tentare di appropriarsi di Dio! Dio sta con noi, Dio sta dalla nostra parte, Dio la pensa come noi e gli altri… gli altri sono gli "infedeli", sono i cattivi, gli altri, non possono seguire la retta via e non possono godere della Sua benevolenza, perché non credono, come noi, in Dio!
A noi, queste parole, sembrano sconcertanti, per noi sembra scontato che Dio sia il Dio di tutti! Ma è così? Anche oggi è così? Ed è così per noi? per tutti noi? Non è così semplice!
Non è così semplice e la storia sta a testimoniare quanto hanno faticato i credenti a credere nell'universalità dell'amore di Dio.
Gesù ricorda la storia del profeta Elia, che sfama soltanto una povera vedova in Zarepta di Sidone: Sidone è terra straniera, terra di pagani! Anche Eliseo guarisce un solo lebbroso: Naaman, il Siro, il pagano, il miscredente. Dio è il Dio di tutti!
Ma quanti infedeli sono stati combattuti in nome di Dio? Quanti sono stati bruciati come eretici… perché non la pensano come Dio? no, come noi! Come quelli che affermano: Dio dice così!
Celebriamo in questi giorni la giornata della "Shoah", non dimenticate! Non dimenticatelo mai! Raccontatelo ai figli, ai nipoti e che lo raccontino ai nipoti dei nipoti... sulle cinture delle S.S. era scritto: Gott mit uns e quelle cinture sono state benedette da preti e da vescovi e non una sola volta! Gott mit uns significa: Dio sta con noi! Dio stava da un'altra parte!
A noi sembra di saperlo, ma, anche oggi, nella Chiesa si continua a dire: "Dio sta con noi!" Ho sentito ripetere, in questi giorni, l'invito agli atei: "Vivete come se Dio ci fosse" Sono buoni, a volte, gli atei, potrebbero risponderci: "Imbecille di un credente, raccontami la tua storia! Voi che dite di avere sempre creduto in Dio, quante ne avete fatte? Quante guerre in nome di Dio? Quante stragi in nome di Dio… allora perché vuoi che io pensi e viva come se Dio ci fosse? Se credete veramente in Dio, come fate a non pensare che è il Dio di tutti, che non guarda il colore della pelle, la nazione, la razza, la cultura, non guarda le parole... Dio guarda il cuore".
Ed è il cuore che dovremmo guardare, anche noi, nella vita di ogni giorno. A volte i figli, i nipoti che ci crescono attorno e che, magari, non vengono in chiesa, noi siamo tentati di giudicarli... Dio è, anche, il loro Dio. Loro, magari, non ci credono; magari, lo bestemmiano, ma, forse, hanno un cuore più vicino a Dio del nostro!
Ecco quello che tenta di dire il Vangelo di oggi: Dio è di tutti, Dio non conosce differenze, Dio rispetta ogni uomo e - lo dice il Vangelo - anche chi sbaglia, anche il figlio che va lontano, e sciupa tutto… quando torna a casa, nella casa dell'unico Dio, trova la festa: non la condanna, il disprezzo, non viene considerato un eretico, un pagano, un infedele...!
Per chi crede, Dio è il Dio di tutti, al di là di ogni differenza di razza, di colore, di religione, al di là di ogni differenza di mentalità. Ma non è semplice! Non è stato semplice per i nostri padri e non è semplice per noi!
Il Signore ci aiuti.
Luca 5, 1-11
A volte un po' di fantasia aiuta a intuire qualcosa di una pagina del Vangelo e allora seguitemi, andiamo indietro di quasi duemila anni, ma non andiamo molto lontano, andiamo vicino, ad Ostia Antica... qui c'era ancora il mare.
Ad Ostia Antica c'erano diverse comunità di cristiani che si ritrovavano... - in genere lo facevano il sabato sera - intorno a una tavola e ciascuno portava qualcosa per cenare insieme, le cose semplici di quel tempo: un po' di pane, di formaggio, qualche oliva...
Ma questa sera c'è aria di festa. Qualcuno ha preparato un bel dolce, perché arriva Pietro a far visita a questa comunità. È già da qualche giorno, qui, a Ostia e stasera viene a far visita a questa comunità.
Allora, immaginate di essere invitati anche voi! Uno o due perché non ci sarebbe posto... una piccola stanza in cui una quindicina o ventina di persone si ritrovano intorno alla tavola.
Pietro racconta un po' della sua vita... a un certo punto si accorge che, là, in un angolo, c'è una signora con l'aria triste e domanda: "Cosa c'è? Forse qualche malattia?". "No, no - risponde - è un malanno del cuore! Vedi, Pietro, sono arrivate, in questi mesi, delle pagine scritte da voi, là in Palestina, che raccontano di Gesù... e mi ha colpito una pagina che parla della tua chiamata. Si parla di una grande pesca, una pesca straordinaria, tanto che le reti si rompevano e son dovuti venire gli amici... Io capisco che sono simboli, simboli della vita, ma è questo che mi turba! Questo episodio sembra dire che quando si incontra Gesù, poi, si può fare una "grande pesca"! Vedi! Io ho parlato tanto ai miei figli, ho pregato tanto, ho pianto per loro, ma non sono più qui con noi! Prima venivano con entusiasmo, seguivano la parola di Gesù, adesso non vengono più! Dicono che siamo ripiegati su noi stessi, che siamo troppo chiusi, che il mondo è grande, che devono andare in giro per il mondo, ma qui non vengono più e a me sembra di aver fallito, di aver faticato invano… non prima d'incontrare Gesù, dopo! Ho parlato, ho predicato... mi sembra, anche, di aver dato buon esempio, ma i miei figli non ci sono! Come posso partecipare all'Eucarestia? Come posso far festa? È questo il cruccio del mio cuore, per questo mi vedi triste!".
E là, vicino, c'è uno che dice: "E, allora, anch'io... - vedi Pietro? - lavoro qui al forno... (potete andare a vedere, ancora, le grandi macine) è un lavoro duro! Ma non è questo che mi preoccupa! Io cerco di essere, lì, testimone di giustizia, testimone dei valori di Gesù...! L'altro giorno - per esempio - ho parlato tanto, ho scongiurato i miei amici di non andare al circo, a vedere tutta quella gente che si uccide, tutto quel sangue, le stragi di animali... perché tutta questa violenza? Mi pigliano in giro, Pietro! Lavoro, parlo, mi do da fare, cerco di essere d'esempio... C'è, anche, qualcuno dei miei amici che fa delle ingiustizie, che fa violenza a un compagno, qualcuno, addirittura ruba... io cerco di fare quel che posso, ma, come lei, ho sempre l'impressione di lavorare invano, nella notte, senza prendere nulla!".
"E che dovrei dire io - dice il catechista della comunità - quante parole...! A quante persone ho cercato di portare l'annunzio di Gesù! Parlo, parlo... qualcuno sembra che capisca e mi segua... Poi, qui, siamo sempre "quattro gatti"; il mondo non cambia, fatichiamo invano nella notte. Pietro! questi racconti che ci mandate, qualche volta, ci mettono un peso sul cuore!".
Pietro ormai ha l'aria seria e dice: "È bene che impariate, anche voi, a leggere questi racconti! Vedete, noi siamo orientali, a noi piacciono i simboli e i simboli forti, ricchi di fantasia! Se, però, vi mettono un peso sul cuore, se vi portano tristezza, buttateli via! Significa che non è la parola di Gesù! Vedete, quando ho incontrato il Signore mi sembrava di sognare, anch'io credevo che il mondo potesse cambiare in fretta, che seguendo Lui diventasse facile portare il bene intorno a sé, ma mi sono dovuto ricredere presto, perché ho visto Lui, il Maestro, inchiodato sulla croce, solo! Ce n'eravamo andati anche noi! Io l'ho rinnegato! Se c'è Uno che sembra aver lavorato invano nella notte, senza prendere niente, è proprio Lui! E anch'io, quante volte, nel lungo cammino che ormai ho compiuto dietro il Signore, sono andato a dormire, chiedendomi cosa avessi combinato. Si lavora, si lavora e sembra, sempre, un lavoro vano! Le nostre reti sembrano bucate, spesso non si raccoglie niente!".
Poi si ferma un momento e si rivolge alla donna che ha parlato per prima: "Ma ascoltami! Ieri sera, parlavo con il sacerdote della comunità per conoscervi un po' e, anche lui, mi ha parlato dei tuoi figlioli; anche lui si rammarica che non siano più qui, mi ha detto, però, che sono dei bravi ragazzi che si portano dentro una sete di giustizia e di bene... pensano che il nostro gruppo ormai sia piccolo per loro e vogliono andare in giro per il mondo. Ha detto anche di pensare che le parole che avete detto loro, siano rimaste nel loro cuore, che credano, ancora, nei valori di Gesù... e - aggiunge Pietro - questa è la cosa più importante! Non fare mai conti, non domandarti se le tue parole hanno portato frutto, ma rallegrati che i tuoi figli sono persone oneste e giuste e se vogliono andare in giro per il mondo, canta con loro la vita e, anche se si smarrissero, non perdere la speranza!"
"E anche tu… - dice rivolgendosi a chi ha parlato del circo - un giorno, forse fra cento, mille anni i giochi del circo saranno spariti e non ci sarà più chi si uccide nell'arena! Se succederà è perché gente come te ha continuato a crederci, ha continuato a seminare i semi della giustizia"!
Poi si rivolge a tutti: "Credetemi, non c'è un prima e un dopo l'incontro con Gesù! A volte, chi va dietro il Signore ha l'impressione di faticare invano, lavorando nella notte, senza prendere niente; ma l'importante è credere, credere che Gesù ha ragione! Questo sta dietro il simbolo della rete piena di pesci! Con Lui siamo dalla parte della giustizia, dell'amore, della tenerezza. Con Lui tentiamo di seminare i semi del bene e poi, non ci domandiamo se portano frutto... sono affidati a Dio! A volte, i semi seminati fruttificano molto dopo... l'importante è conservare nel cuore il coraggio di credere nei valori di Gesù, tentare di esserne testimoni, tentare di portare agli altri uomini un po' di vita... questo significa, nella pagina che avete letto, "pescatori" di uomini! I pesci si prendono per metterli in padella, agli uomini occorre portare un pizzico di speranza, di vita, il coraggio di credere e di amare, ma non è facile! A volte la vita del credente è un lavoro nella notte, faticando invano"!
Il Signore ci aiuti.
Luca 6, 17. 20-26
Quella che abbiamo appena letto è una delle pagine più delicate del Vangelo, perché si presta a diverse e, a volte, contraddittorie interpretazioni; non è soltanto un'ipotesi, è la storia di questi duemila anni di cristianesimo.
Vediamo, se mi riesce di farvi intuire cosa c'è dietro questa pagina e come potrebbe essere interpretata!
A una prima lettura sembra di leggere una teoria diffusa in tutta la terra: la teoria del contrappasso! Chi tribola, chi è povero, chi ha fame, chi piange... un giorno, in un altro mondo, in un'altra vita, godrà, sarà saziato, potrà ridere e, invece, chi è vissuto nel lusso, nelle ricchezze, chi ha riso... in un'altra vita, tribolerà!
Sembra la giusta interpretazione di questa pagina ed è una scorciatoia! Una scorciatoia che impedisce di riflettere, di capire, di rendersi conto della vita e del perché gli uomini usano certe parole.
Vedete, dietro queste parole, dietro le immagini di un altro mondo, c'è il tentativo di uomini buoni, generosi, di consolare la gente! Cosa dire a una persona che soffre, se non puoi farci nulla? Alcuni uomini di buona volontà tentano di sublimare il dolore! Cosa dire a chi ha fame, se non puoi far nulla per sfamarlo? Le persone di buona volontà tentano di sublimare questa sofferenza, questa fame...!
Nel mondo cristiano la sublimazione è doppia: l'imitazione del Cristo sofferente e la promessa di un'altra vita, in cui ogni dolore, ogni sofferenza, siano banditi...
Spesso, dietro queste parole, c'è una reale tenerezza verso la sofferenza, un chinarsi sul dolore del mondo, per tentare di dire parole che, in qualche modo lo sollevino, diano un senso e un po' di consolazione. I nostri vecchi erano bravi in queste cose… A una mamma... - mi è successo di ascoltarlo varie volte quando ero ragazzo - a cui era morto un figlio dicevano: "Il Signore raccoglie i fiori migliori, li pianta nel Suo regno, nel Paradiso". Ed erano parole dette con tenerezza, con affetto e chi le ascoltava, spesso, lo capiva! A un ragazzo che cresce - a me che crescevo - sembravano, invece, ingiurie, offese del dolore.
Ma - questo, è l'altro aspetto su cui volevo attirare la vostra attenzione - spesso, queste parole del Vangelo sono state usate da persone che volevano affermare il proprio potere, la propria ricchezza, dicendo alla gente: "Porta pazienza, sopporta perché, poi, in un'altra vita, avrai la ricompensa, il contraccambio, il contrappasso! ".
E quando molti uomini di Chiesa sono diventati ricchi e potenti, queste parole diventavano all'ordine del giorno! Ricchi e potenti, i vescovi, i cardinali, i papi, possedevano grandi estensioni di terra, addirittura, uno Stato: lo Stato della Chiesa! I conventi avevano possedimenti immensi e sfruttavano, spesso, i contadini, dicendo alla povera gente: "Portate pazienza, il Signore sta con voi, voi siete come Gesù, povero, paziente e umile, poi, dall'altra parte avrete la vostra ricompensa!" e, intanto, godevano e banchettavano lautamente! Anche il Vaticano era diventato un luogo di divertimenti e di bagordi; tempi lontani, chiaramente!
La povera gente non poteva rivendicare i propri diritti, la propria libertà, il proprio cammino verso una vita più dignitosa...
Pensate anche al potere maschile: nella vita della Chiesa è un potere ancora totale... le donne non possono che contentarsi di un ruolo subalterno e passivo!
E, poi, il dolore, l'esaltazione del dolore! Il dolore come parte indispensabile della vita e come imitazione di Cristo, che è gradito a Dio e permette di acquisire meriti: quanto ha influito sulla cultura di questo nostro paese, sulla cultura cattolica!
Ancora oggi medici valorosi - pensate al professor Veronesi - debbono continuare a combattere perché tra i medici si diffonda la cultura del dolore! È successo anche a molti di voi - credo - andando dal medico di trovare attenzione per la malattia che avete, ma mai per la vostra sofferenza, quasi che soffrire sia una cosa normale! Il nostro paese sembra essere uno degli ultimi, in Europa, nell'usare l'iniezione epidurale per un parto indolore! A volte, si ripete anche oggi: è scritto nella Bibbia: "Tu, donna, partorirai con dolore".
Vedete, si rischia, interpretando in un certo modo queste parole, di continuare non affrontare il dolore, la fame, a permettere che la gente soffra senza impegnarsi a combattere questa sofferenza, magari promettendo una ricompensa "dall'altra parte"!
Ma tutto questo non è affatto semplice! Tutto questo ha richiesto e richiede e richiederà una cosa che la pagina del Vangelo, che abbiamo letto, ricorda: affrontare la persecuzione.
Spesso, nel corso della storia... - ma qui, vedete, entriamo nella possibile corretta interpretazione, almeno secondo me, di questa pagina del Vangelo - la lotta contro la fame, la ricerca della libertà, l'affermazione dei diritti delle persone ha richiesto un cammino faticoso e, spesso, perseguitato.
Se l'umanità ha fatto delle conquiste è perché dei giusti hanno combattuto, lottato e, spesso, pagato, non aspettandosi, molte volte, una ricompensa oltre la vita, ma cercando, qui, la giustizia e il bene.
Ed ecco, allora... - per quello che ho capito io - come può essere interpretata questa pagina: la vita dell'uomo non può essere dominata dal dolore, dalla sofferenza, dalla povertà, dalla malattia... il sogno dell'uomo è che chi ha fame sia saziato, chi piange possa ridere, chi prova dolore possa essere sollevato, ma qui, adesso! Da parte di tutti quelli che possono, da parte di ciascuno di noi!
Dio sta dalla parte della vita, della gioia, della libertà, della sazietà, della pienezza della vita e chiunque vuol essere dalla parte di Dio deve tentare di fare quello che può! Dire a un povero che ha fame: "Porta pazienza, perché dall'altra parte, Dio ti darà il Paradiso" è un'offesa a Dio, prima che a quell'uomo! Si rende Dio responsabile del dolore e della sofferenza degli uomini.
Il mondo è una cosa complicata, la natura è, spesso, crudele, ma a noi uomini è affidato il compito di fare quello che possiamo per togliere ogni sofferenza. A volte non possiamo fare granché per qualche persona che piange, però la mano sulla spalla, il cammino condiviso, un sorriso... questo è rendere vive queste parole nel concreto della vita di ogni giorno!
Se ci crediamo dobbiamo tentare... anche quando costa sacrificio, di fare quel che possiamo perché ci sia meno fame nel mondo e, vedete, che è un problema non soltanto di carità spicciola è, anche, un problema sociale - se volete - anche un problema politico, di politica internazionale in cui, forse, ciascuno di noi può fare poco, ma non possiamo rassegnarci dicendo: nell'altra vita...! Qui, in questa vita! Anche se, a volte, dobbiamo confessarci impotenti, possiamo continuare a cercare, a parlare, a intuire, a fare quel che possiamo intorno a noi, con semplicità, con cuore sincero, perché è giusto, non perché ci aspettiamo una ricompensa, non perché abbiamo paura del castigo, ma perché crediamo che sia giusto così, perché crediamo che l'uomo è chiamato alla solidarietà, a una vita fraterna, a un cammino fatto insieme, all'uguaglianza, a una vita condivisa, allo spartire i beni di questa terra, a volte, così generosa.
Tutto questo non è semplice, ma non ci sono scorciatoie.
Il Signore ci aiuti
Luca 6, 27-38
Oggi è l'ultima domenica di carnevale; penso siate tutti d'accordo che questa pagina del Vangelo non si addice a una domenica di carnevale... sono parole serie e complesse e avrebbero bisogno di lunghe spiegazioni.
Scelgo una scorciatoia: penso di raccontarvi, soltanto, tre fatterelli; piccole storielle che mi sono capitate, che fanno parte della mia esperienza... per tentare di farvi intuire una cosa che ritengo assolutamente fondamentale: se le parole del Vangelo diventano regole rischiano, soltanto, di complicare la vita delle persone, di mettere un peso sul cuore della gente...
I tre fatterelli, eccoveli!
Il primo mi è capitato, ormai parecchio tempo fa, ma mi è rimasto impresso, anche perché è curioso per la sua conclusione.
Una signora anziana viene da me e dice: "Padre, vorrei un consiglio, un suo parere! Vede, faccio parte di un gruppo di cristiani; ci raduniamo ogni settimana e mi trovo abbastanza bene perché mi sento circondata da amicizia e affetto, ma l'altro giorno è successa una cosa che mi ha turbata molto... Si parlava del dare senza aspettarsi niente, del Signore che dice che bisogna vendere tutto e darlo ai poveri e... - non ricordo se il sacerdote o il catechista - mi ha detto che devo vendere tutto quello che ho e se non lo faccio, non sono una brava cristiana. Io ho soltanto una piccola casa che mi ha lasciato mio marito, che non c'è più; è frutto di tanti sforzi, dei sacrifici di una vita, e ho detto: "Non posso vendere la casa!". Mi hanno detto: "Se non lo fai non sei una brava cristiana! Il Signore dice che bisogna donare senza aspettarsi il contraccambio, bisogna vendere tutto!" Poi aggiunge: "Ne ho parlato a casa con i miei figli, ma mi hanno rimproverata!". "Se vendi la casa che ti rimane? E poi è quello che ti ha lasciato papà!". Che devo pensare, Padre? Ho provato a dirlo nell'altra riunione e hanno insistito: "Se non si vende tutto non si è veri cristiani!".
Poi si ferma un attimo e dice: "Ma poi, perché lo dicono a me che ho soltanto la casetta che mi ha lasciato mio marito e non lo hanno detto all'architetto che di case ne ha due e anche una villa?"… Forse avevano ragione i figli!
L'altra storiella, invece, è successa poco tempo fa, una settimana o poco più. Incontro una persona che non vedo da parecchio tempo e mi chiede: "Don Checco avrebbe cinque minuti per me?". "Volentieri!" passeggiando mi dice: "Sono andata a confessarmi perché avevo un peso sulla coscienza, parlando con degli amici di questa faccenda di Welby a cui non hanno fatto il funerale, ho detto delle parole un po' forti; ho criticato il cardinale e anche il Papa e l'ho fatto con parole, forse, eccessive e, allora, pensavo di confessarmi. Il prete ha cominciato a strillare e a dirmi: "Come ti permetti di giudicare? È scritto nel Vangelo: non giudicate nessuno e tu ti permetti di giudicare anche il Papa e il cardinale. Non ti do l'assoluzione!".
Ho insistito: "Padre, sono venuta qui a chiedere perdono, non lo faccio più, stia tranquillo!" e quello mi ha fatto un'altra ramanzina e poi mi ha dato l'assoluzione, aggiungendo: "Ricordati: non giudicare! Gesù dice di non giudicare!"
Sono andata a casa, ne ho parlato con i miei figli... uno mi ha detto: "Tu non devi giudicare, però a te ti ha giudicato e non ti voleva dare nemmeno l'assoluzione! E pure quel povero Welby e i suoi parenti li hanno giudicati!" e dice: "Padre, che devo pensare? Giudicare vale per me, io non devo giudicare, ma gli altri mi possono giudicare, anche strillando?!" Cosa gli avreste risposto voi? Se l'era cantata e suonata da sola, con la saggezza del popolo cristiano!
L'altra non è solo una storia, ma - potrei dire - moltissime storie... l'ho sentita ripetere, anche da qualcuno dei presenti, infinite volte: "Mi hanno detto che devo perdonare, ma non ci riesco! Se penso a quello che mi ha fatto..." A volte si tratta della nuora che ha abbandonato il figlio, a volte di un fratello in lite per una questione di eredità, a volte di un grosso torto ricevuto da un amico, qualche volta addirittura di genitori e figli, succede... "Mi dicono che devo perdonare ma non ci riesco! Ogni volta che ci penso mi viene una rabbia dentro, chissà cosa farei!".
Da tempo dico che la parola "perdono" andrebbe abolita dal vocabolario cristiano.
In questi casi che senso ha perdonare? Voi potete dire mille volte: "Ti perdono!" Ma quella rabbia, quel rancore... - forse succede anche a qualcuno di voi - vi cova dentro e ogni volta che ripensate a quella persona vi viene fuori come un rigurgito di rabbia e di rancore, perché non potete farci pace... magari è una persona che non vedete più, che non vuole nemmeno parlare con voi... per fare pace bisogna essere in due!
Puoi pregare il Signore di dimenticare, ma se hai ricevuto un torto grosso, non ci riesci! Ti rimane dentro la rabbia, il rancore perché, noi, dei nostri sentimenti non siamo padroni! E inutile che il prete ti ripeta: "Devi perdonare, devi perdonare, devi perdonare...!".
Che significa perdonare? Se potessi far pace lo farei, ma in certi casi, rimane solo la rabbia e il rancore… e non ha niente a spartire con il perdono!
Vedete, quando il Vangelo viene ridotto a formule, a regole, non si fa altro che complicare la vita della gente, mettergli un peso sul cuore; guardatevene bene!
Questo Vangelo tenta di proporci il sogno, l'ideale di una vita vissuta nella gratuità, nella condivisione, nella ricerca del cammino fatto insieme e quindi, ogni volta che si può, del perdono reciproco... ma questo non ha niente a che spartire con i sentimenti, a volte aspri, che restano nel nostro cuore...
Questa pagina del Vangelo non parla di noi, dei nostri comportamenti morali: tenta di farci intuire qualcosa del volto di Dio! Il Suo cuore, i Suoi sogni… e i sogni di Dio non possono che essere infinitamente più grandi del nostro cuore. Oggi abbiamo ascoltato parlare di Dio che "è benevolo verso gli ingrati e i malvagi"! E poi: "Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro". Qui si parla di Lui! Solo Dio è più grande del nostro cuore, solo Dio è "sogno". Sogno di gratuità, sogno di vita che si rinnova, sogno di festa con cui si risponde al male, sogno di bene con cui si risponde al tradimento, sogno di amore con cui si tenta di rispondere a chi sciupa la vita. Ma è forse troppo grande per noi, quasi impossibile da tradurre nella nostra vita di ogni giorno.
Il Signore ci aiuti.
Luca 4, 1-13
Siamo alla prima domenica di Quaresima. Un tempo durante la Quaresima... - molti di voi lo ricorderanno, almeno chi ha i capelli bianchi - ci si preparava alla confessione di Pasqua: c'erano file lunghissime fuori dei confessionali. Oggi, le cose sono profondamente cambiate: la maggior parte dei cristiani non si confessa più e non soltanto qui a Roma. I motivi sono molti e complessi e non ho intenzione di affrontare, con voi, questo problema, ma sono convinto che non sia una cosa particolarmente grave; in fondo, i cristiani per più di mille anni, fino verso il millecento, non hanno conosciuto la confessione come l'abbiamo conosciuta noi. Se i cristiani non si confessano più non c'è - per quel che ho capito io - da rammaricarsi più di tanto, ma se mancasse dalla vita cristiana e, quindi, dalla nostra esperienza, lo sforzo della conversione, il cercare di migliorare la propria vita, allora, si perderebbe qualche cosa di essenziale, perché siamo figli di una fede che ha posto al centro il monoteismo etico: le esigenze di giustizia, di libertà, di moralità, di amore.
Non è normale questo: spesso, anche in mezzo a noi, in questo paese, la religione è il rifugio dai problemi, è il ricorrere a Dio quando se ne ha bisogno... non ci si meraviglia se nel rifugio del boss della mafia si trovano immagini religiose di tutti i tipi, perché la religione è vista come un mezzo per avere la protezione di Dio… e si perde qualcosa di essenziale, cioè le esigenze della giustizia, dell'amore, del rispetto degli altri; esigenze che dovrebbero essere strettamente connesse con la nostra idea di Dio.
Quindi, la Quaresima potrebbe essere, per noi, un tempo di riflessione, per chiederci cosa non va nella nostra vita, cosa potremmo cambiare. Ma qui le cose, per chi predica, si complicano in maniera totale… potrei dirvi: "Provate a confrontarvi con i dieci comandamenti". Ma la maggior parte di voi, non troverebbe nulla di cui pentirsi, nulla da cambiare.
Forse, c'è una strada più saggia: quella di confrontarci con il Vangelo di oggi, in cui - come avete visto - i primi cristiani immaginano una specie di palcoscenico, in cui mettono in scena le tentazioni dell'uomo... qui, non parlano tanto di Gesù, parlano di noi e individuano tre tentazioni, secondo loro, fondamentali.
Proviamo a vederle!
La prima tentazione è, forse, la più semplice. Il diavolo.... - sono simboli, lo capite facilmente - trova Gesù che ha fame dopo tanto digiuno, ci sono là delle pietre, Lui può farlo: "Prendi queste pietre e trasformale in pane!" Tradotto significa: pensa per te, non preoccuparti degli altri! Potrei allora dirvi: "Cercate di essere altruisti, di non pensare troppo a voi stessi". Potrebbe sembrare un discorso assennato, ma a molti di voi dovrei dire esattamente il contrario! C'è in mezzo a voi chi pensa troppo poco a se stesso. Ci sono dei genitori, dei nonni che si spendono totalmente per gli altri e si dimenticano di sé e, forse, sarebbe molto meglio se pensassero a sé e lasciassero figli e nipoti arrangiarsi con le loro forze, li preparerebbero meglio alla vita...!
Mi è capitato più volte di dire che un po' di sano egoismo è migliore dell'altruismo, ma non so se questa sarebbe, per molti di voi, una saggia riflessione in preparazione alla Pasqua!
Oppure la seconda tentazione, l'altra immagine....
Gesù viene portato su un alto monte e vede tutti i "regni" della terra: sono i "regni" del diavolo! Il diavolo dice: "Questa è roba mia, se ti prostri e mi adori tutto sarà Tuo!" È la tentazione del possesso, del potere.
Allora potrei dirvi: "Guardatevi dal desiderio di possedere, non preoccupatevi troppo delle cose di questo mondo". Ma, spesso, ho l'impressione che molti di voi peccano per il contrario, cioè, si preoccupano troppo poco del mondo, troppo poco dei problemi dei "regni" di questa terra... c'è gente che ha fame, c'è il mondo che si sciupa; forse consumiamo troppa luce, forse... il problema di molti cristiani è che prendono poco sul serio i problemi di questo mondo, quelli del lavoro, della politica, della società. Molti di noi si trincerano dicendo: "E noi che possiamo fare? sono problemi più grandi di noi!" E non ci preoccupiamo nemmeno di informarci, di conoscere, di portare il nostro consenso a chi, in qualche modo, si da da fare...
La terza tentazione è, per Luca, la più importante.
Il diavolo porta Gesù sul pinnacolo del Tempio e Gli dice: "Buttati giù! Un prodigio: tutti ti vedono, tutti ti applaudono... finalmente crederanno in Te!
E, allora, potrei dirvi: "Fate attenzione! Là dove ci sono troppi applausi, là dove c'è una Madonna che appare, che svolazza per l'aria e, magari, piange; là dove c'è il Papa che raduna grandi folle... state lontano! Sono tentazioni diaboliche…".
Però, poi, vi guardo in faccia e qualcuno potrebbe dire: "Quando mai? io non credo a queste cose" E, forse, il problema vostro e mio è quello, invece, che per paura di pregare troppo, preghiamo troppo poco...
Allora, vedete, se provo a dirvi qualcosa mi viene in mente subito il contrario e la conclusione è che non posso fare l'esame di coscienza per voi; già non riesco, quasi mai, a farlo per me... ognuno di noi è diverso, ognuno ha la sua situazione...
Provate - se posso suggerirvi qualcosa - a domandarvi: "C'è qualcosa che sciupa la mia vita, che potrei fare per cambiarla?". Non pensate all'artrosi ai malanni dell'età... anche i medici possono fare poco… ma c'è, forse, qualcosa che dipende da me, forse, mi ritrovo un po' troppo pessimista in questo periodo; forse farei bene, invece di dire qualche preghiera in più ad andare a teatro, a raccontare qualche barzelletta con gli amici... potrebbe essere un'idea, invece di fare una Via Crucis, quest'anno, raccontate barzellette!
Provate a guardarvi intorno... se c'è qualcosa che si può fare per rendere la vita più ricca di tenerezza, di bellezza... qualcuno mi diceva prima: "Se va a vedere una mostra, inviti pure me!". Ecco, se andate a vedere una mostra, invitate qualche amico, se c'è un amico malato ed ha bisogno di una carezza... passate un po' di tempo con lui...
Per concludere, se per Pasqua non vi confessate, non vi preoccupate: non è cosa grave! Ma se per Pasqua non trovate qualche piccola cosa da fare, perché la vostra vita sia più bella, più ricca, più tenera verso gli altri; se non trovate nemmeno un piccolo gesto perché la vostra vita sia un po' migliore allora, forse, bisogna cominciare a preoccuparsi! Forse il venire qui in chiesa è soltanto un rito, un'abitudine che non porta uno sforzo, un'attenzione per fare in modo che la vita sia, magari solo un pochino, più bella... anche nelle cose più semplici come raccontare una barzelletta in più, passare un po' di tempo con gli amici o dedicarsi di più a se stessi o sorridere un po' di più... vi ho già annoiato abbastanza... ciascuno di noi cerchi se può fare qualcosa per rendere la vita un pochino più bella: sarà Pasqua per noi, perché la Pasqua è la bellezza della vita! A questo ci chiama il Signore!
Lui ci aiuti.
Luca 9, 28-36
Il Vangelo di oggi ci propone due esigenze apparentemente contraddittorie del vivere cristiano. Vediamo, se mi riesce, farvi intuire qualcosa.
Penso che tutti voi siate convinti che abbiamo qui tutta una serie di simboli. Se prendete quello che abbiamo letto come un raccontino, si rischia di non capire nulla. Qui ci troviamo di fronte a dei simboli che lasciano intuire esigenze fondamentali.
La prima esigenza, importantissima, è quella di salire sulla "montagna". Chiaramente non si tratta di scalare un monte, ma di elevarci un po' dal correre quotidiano, dall'affanno di ogni giorno, dalla "folla", dalla confusione, dalle tante parole che ascoltiamo, dalle tante mode che passano...
Il cristiano ha l'esigenza di guardare, un po', la vita dall'alto, cercando di intuirne gli aspetti fondamentali, di cogliere ciò che è veramente importante, cosa conta nel travaglio, nella corsa di ogni giorno.
Il cristiano ha, anche, l'esigenza di svegliarsi dal sonno; dall'intorpidimento che, spesso, ci prende, che ci impedisce di vivere la vita in pienezza, per riscoprire Gesù, per vedere la Sua luce, la bellezza dei valori che Gesù si porta nel cuore e che è venuto a testimoniare in mezzo a noi.
Abbiamo bisogno di scoprire di nuovo i valori di Gesù! Il rispetto dell'uomo, la voglia di libertà, la tenerezza, l'attenzione all'uomo che è caduto, la vita condivisa, il cammino fatto insieme, sono valori essenziali del nostro cammino sulla terra.
Alle volte ci prende il "sonno", abbiamo bisogno di scuoterci, di aprire gli occhi, di incontrare Gesù, attraverso la Sua parola... ci sono anche Mosé ed Elia, che parlano con Gesù e in questo dialogo siamo invitati ad entrare anche noi, per avere un rapporto vivo, autentico con il Signore, con la Parola, per riscoprire le cose essenziali, per tentare di intuire il volto di Dio e le Sue esigenze nel cammino della nostra esperienza di ogni giorno, altrimenti, la vita quotidiana, le tante parole che ascoltiamo ci stordiscono, ci fanno quasi addormentare: troppe parole, troppe voci, troppa confusione...
Ecco, il cristiano ha bisogno di qualche momento di silenzio, in cui cerca di guardare dall'alto quello che succede, la propria esperienza, la propria vita, ha bisogno di silenzio per fermarsi e cercare di capire.
Ma se questa esigenza è - per quello che ho capito io - essenziale per il credente, cela una tentazione, un rischio gravissimo... quello di fermarsi sul "monte"!
Avete ascoltato come la pagina che abbiamo letto lo mette in evidenza! Pietro dice: "Facciamo tre tende, una per Te, una per Mosé, una per Elia, ci fermiamo qui, è bello stare sul monte, lontano dall'affanno, dalle preoccupazioni di ogni giorno, dai problemi della vita". Non sa quel che dice! Non si può restare sul monte! Se hai preso un po' di luce, se hai visto qualcosa, bisogna tornare giù! Restare lì è una tentazione gravissima! Bisogna tornare in mezzo alla gente... là ci sono i "diavoli" cattivi... (provate a leggere cosa c'è dopo questa pagina, nel Vangelo) giù ci sono i "diavoli": la violenza, la mancanza di rispetto, il menefreghismo, gli interessi che travolgono la vita dell'uomo... contro questi "demoni" bisogna combattere ogni giorno; combattere con coraggio.
Ma è anche importante non essere sicuri di avere trovato "lassù" la luce per ogni situazione. Provate a leggere il Vangelo: quando tornano giù, gli apostoli si ritrovano povera gente, incapaci di capire... la loro fede comincia a vacillare. Non si può scendere dal "monte" dicendo: "Io ho visto, io so!" è la tentazione più drammatica del credente!
Una tentazione che, in questi giorni, le cronache ci sbattono in faccia, con tutto lo scandalo che questo provoca nei nostri ragazzi: degli pseudocredenti, della gente che continua a professarsi cristiana e che sa sempre tutto di tutti! E poi il "tutto" è l'ultima parola che ha detto qualche autorità della Chiesa. Non si può!
Il credente che scende dal "monte" deve portarsi il coraggio di cercare la verità, ogni giorno, nel dialogo, nell'attenzione agli altri, per combattere, giorno per giorno, i "diavoli" che incontra, senza pensare di sapere tutto, accettando di imparare dagli altri e dalla vita il cammino faticoso della luce, della libertà, della tenerezza, dell'amore...
Non abbiamo certezze assolute su tutto e su tutti: nessuno può averle sulla terra! Il nostro è un cammino faticoso, fatto di dialogo, di attenzione agli altri, di voglia di capire... Certo! portandoci dentro la luce dell'incontro con Gesù, ma è una luce più grande del nostro cuore, delle nostre parole… è una luce che va sempre cercata e cercata insieme agli altri.
Ecco, allora, le due esigenze che sembrano contraddittorie... salire sul monte, trovare un po' di silenzio, guardare il Signore, cercare in Lui la luce… e poi scendere giù, per essere testimoni di questa luce, portandosi dentro tutta la fragilità del nostro cuore, tutta la voglia di cercare ancora, tutta la mancanza di sicurezze: luce, ricerca del senso e insieme attenzione a chi ci sta intorno e insieme coscienza della propria fragilità, del bisogno di camminare, cercando di inseguire la luce del Signore, che nessuno di noi può possedere...
Esigenze contraddittorie, ma fondamentali del vivere cristiano… senza sicurezze, ma con la passione nel cuore, senza certezze, ma inseguendo la luce, con la voglia di pace, di libertà di tenerezza, di amore… cercando di riscoprire tutto questo, ogni giorno, nel Signore Gesù.
Per questo siamo qui: per nutrirci di Lui, per vivere con Lui un momento di tranquillità, di silenzio, di interiorità, di intimità, ma poi dobbiamo uscire fuori e cercare di essere testimoni fragili, indifesi, ma appassionati di quello che in Gesù abbiamo scoperto. Non è semplice, lo sapete come me e, forse, meglio di me.
Il Signore ci aiuti.
Esodo 3, 1-8. 13-15 - Luca 13, 1-9
Tento, stamattina, di farvi un discorso difficile, anzi, più che difficile, un discorso impossibile... ed è complicato fare un discorso impossibile, ma vediamo se posso farvi intuire qualcosa.
Se, secondo le letture che abbiamo appena ascoltato, vi chiedessi: "Chi è Dio? Che cosa rispondereste?".
Qualcuno di voi, forse, sarebbe tentato di rispondermi con la rispostina imparata da bambini al catechismo: "Dio è l'Essere perfettissimo creatore e signore del cielo e della terra". Ma ho chiesto: "Secondo le letture che abbiamo ascoltato stamattina: chi è Dio?".
Dio è Colui che ascolta la voce del Suo popolo e lo invita verso la libertà, verso una terra dove scorre latte e miele? O Dio è Colui che misteriosamente parla da un roveto in fiamme, il cui nome è impronunziabile?
Dio - come dice il Salmo - è "buono e pietoso, lento all'ira e grande nell'amore", è paziente e perdona ogni peccato o - come dice l'apostolo Paolo - Dio è Colui che "abbatte nel deserto" coloro con cui "non si compiace"? Colui che manda lo "sterminatore" contro tutti quelli che solo "mormorano"?
Chi è Dio? Dio è Colui che non ha niente a che spartire con la disgrazia: non sono colpevoli quelli su cui è caduta la Torre di Siloe, quelli che Pilato ha ucciso… la disgrazia non è la punizione del peccato, oppure se non ci convertiamo, moriremo tutti?
Dio è Colui che ha pazienza, Colui che, se non trova frutti sull'albero della nostra vita, aspetta che il contadino zappi e aspetta un anno e poi un anno e poi ancora… perché Dio è "paziente e buono"?
Chi è Dio? Lo "sterminatore", Colui che ci fa morire tutti se non ci convertiamo o Colui che è buono e grande nell'amore? Chi è Dio?
Vedete, se Dio è "l'oltre", più grande di ogni nostro pensiero, ogni parola su Dio è un'interpretazione, che necessariamente cambia nel tempo, nei luoghi, secondo i bisogni della gente, secondo i paesi, secondo le religioni...
Ma, allora, chi è Dio? Come possiamo sapere qualche cosa?
Se qualcuno mi domandasse: "Secondo te, chi è Dio?" e tentassi di rispondervi - ma non lo farò - non farei che darvi la "mia" interpretazione, in questo momento della mia vita, in base alle mie esperienze, perché ogni parola su Dio non può che essere un'interpretazione... Allora, posso soltanto domandarmi: dove vai a parare tu che parli di Dio? Cosa vuoi?
Se qualcuno di voi venisse qui e dicesse: "Secondo me, Dio è un Dio severo, Colui che punisce il peccato, perché il peccato è una cosa seria! C'è tanto male nel mondo e non può che trovare un castigo da parte di Dio, un castigo severo!"
Potremmo ascoltarlo con attenzione... ma cosa c'è dietro queste parole? Non rischia di esserci il dogmatismo, il fanatismo, l'intolleranza?
Spesso gli uomini, invece di aspettare il castigo di Dio, hanno cercato di darlo loro, a volte con la guerra... "In nome di Dio" sono state combattute guerre, sono stati distrutti popoli, sono stati bruciati eretici... è pericoloso chi pensa di sapere, fino in fondo, chi è Dio!
Ma, se qualcuno di voi, venisse a dire: "Sì, è vero, Dio non è così severo... Dio è buono, perdona sempre!" Non si rischierebbe di pensare che tutto va bene, di confondere il male con il bene? Non si rischierebbe di perdere il senso severo del male che sciupa la vita e che Dio non può accettare?
Allora, vedete, qualunque cosa si dica non è che un'interpretazione e quello che c'è dietro può essere pericoloso!
Qualcuno potrebbe chiedere: "Ma c'è qualche strada?". Nel tempo che viviamo - se ho capito qualcosa - non c'è che la strada di ascoltarci, la strada della pazienza, del cercare insieme, del rispetto gli uni degli altri, dell'attenzione a quel pizzico di verità che ciascuno di noi può portarsi dentro, senza che nessuno di noi pretenda di avere la verità assoluta!
Oggi noi vediamo - lontano da noi e vicino a noi - tutti i pericoli del dogmatismo; tutti i pericoli delle affermazioni di qualcuno che pensa di sapere chi è Dio, cosa Dio vuole, cosa Dio ordina e cosa proibisce... e, per il cammino degli uomini, è pericoloso! Allora non ci resta che il dialogo, l'attenzione dell'uno all'altro, il rispetto...!
L'apostolo Giovanni dice nei suoi scritti che Dio è amore... Forse potete muovervi su questa strada... là dove c'è tenerezza, rispetto dell'uomo... là, forse, c'è una traccia del volto di Dio! Potrebbe essere una strada, purché non siate sicuri di sapere che cosa sia amore, che cosa significhi amare!
E, forse, vi conviene ricordare... - almeno per quello che ho capito io - che l'unica cosa sacra sulla terra non è il parlare di Dio, la dottrina su Dio, la verità su Dio... l'unica cosa sacra è l'uomo, il più piccolo degli uomini; un bambino, il più piccolo dei bambini; il più indifeso degli uomini che subisca violenza in nome di Dio... la verità sta sempre dalla parte dell'uomo, dell'ultimo degli uomini!
Dio, non possiamo che continuare a cercarLo, accettandoci gli uni con gli altri, nel rispetto, nel dialogo, nella condivisione, nel cammino fatto insieme, tenendoci lontano da ogni dogmatismo, da ogni fanatismo e cercando, per quanto ci è possibile, il bene dell'uomo, del più piccolo, stando bene attenti a cercare il "suo" bene, non quello che "noi" pensiamo sia il bene: è sempre pericoloso chi cerca di imporre, in qualche modo, se stesso, il proprio modo di vedere... rischia di mancare il rispetto dell'altro, la tenerezza, la ricerca, la pazienza, il dialogo...
È l'unica strada con cui, chi vive oggi, può cercare il volto di Dio nel dialogo con tutti a qualunque religione appartengano e, anche, ascoltando attentamente chi religione non ha e sembra bestemmiare il nome di Dio... a volte, è più vicino all'uomo di tante persone che si dicono credenti, che parlano di Dio, senza sapere cosa dicono.
Il Signore ci aiuti.
Luca 15,1-3. 11-32
Ci sono pagine del Vangelo che, a una prima lettura, sembrano molto complicate, quasi incomprensibili e poi, se uno le approfondisce un po', diventano relativamente semplici. E ce n'è qualche altra... - quella che abbiamo appena ascoltato è una di queste - che a una prima lettura sembra facile, relativamente semplice... ma poi più la leggete e più trovate un pozzo senza fondo, di cui cogliere tutti gli aspetti è sempre più complicato e quando riuscite a intuirne qualcuno, vi sembra aldilà di ogni immaginazione umana.
Ci sarebbero tante cose da dire su questa parabola. Oggi vorrei cominciare col porvi una domanda su cui, poi, potete continuare a riflettere: "Perché il fratello più grande ha torto? Perché non "vuole entrare"? Perché lo si giudica severamente in questa parabola?".
Guardiamolo un momento questo fratello più grande! È uno che dice - badate, lo dice con sincerità -:"Io non ho mai trasgredito un tuo comando!" Usando il linguaggio della parabola degli operai chiamati all'ultima ora, lui "ha sopportato il peso della giornata e il caldo", ha sempre lavorato, ha sempre osservato tutte le regole, ha sempre ubbidito... Cosa si vuole di più? Sembra del tutto scontato dare ragione a questo figlio! Magari ce ne fossero, oggi, di persone che osservano scrupolosamente ogni regola, ogni legge; che lavorano con dedizione ogni giorno... magari ce ne fossero!
Ma, allora, cosa c'è che non va?
Provate ad ascoltare con attenzione le sue parole... Lui ha osservato la legge, ma ne ha fatto il "piedistallo" per guardare e giudicare gli altri! Lui ha osservato la legge, ma adesso si aspetta il premio... il premio di essere considerato, lui, figlio e l'altro, no, perché l'altro la legge l'ha violata! Lui si aspetta un premio perché, lui, la legge, la osserva tutta; lui alla legge ci crede, lui, alla legge è fedele e, quindi, si sente in credito e, quindi, ha diritto al "premio"! Lui alla legge ci crede, ma la "festa" non l'ama, perché al padre dice: "Non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici!". Ma aveva tutto!
L'altro fratello ha sciupato la sua metà e lui della sua metà cosa ne ha fatto? Non è stato mai capace di far "festa" con i suoi amici!
Vedete: è l'uomo della legge, non della festa! E l'uomo dell'osservanza, dell'ubbidienza; non dell'amore... tanto è vero che il padre, per lui, non è più padre: "non vuole entrare" e il fratello non è più fratello! "Questo tuo figlio": dice al padre e il padre deve ricordagli che è suo fratello.
Per lui conta la legge, non contano gli uomini, non contano le persone, non conta il padre, non conta il fratello... è la legge! Il piedistallo da cui può sentirsi giusto e giudicare e disprezzare il suo prossimo.
E il fratello più piccolo è come lui! Anche lui ha grande rispetto della legge; tanto è vero che, adesso, aspetta la punizione! "Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei garzoni". Anche per lui e padre e fratello non contano più! La legge, lui, l'ha violata e si aspetta il castigo, come è giusto che sia!
Il padre, no! Il padre ama i figli più della legge! Il padre è capace di guardare negli occhi i figli, tutti e due! Lui ama loro non la legge! Lui ama le persone, lui ha un cuore grande e vuole che questo figlio che è andato lontano e che ha sciupato tutto, ritrovi la bellezza della vita. Lui è capace di rispondere al male con la "festa", all'abbandono con l'abbraccio…
Il padre gli corre incontro e lo abbraccia, perché per lui quel figlio, anche se ha violato la legge è sempre figlio! Per lui contano le persone… e al male lui sa rispondere con la festa e al disprezzo, lui, sa rispondere con l'amore… e ama anche il figlio più grande, esce e anche a lui butta le braccia al collo: "Vieni, la festa è anche per te, impara a scoprire la festa, togli il piedistallo della legge e guarda negli occhi tuo fratello, perché è tuo fratello, ancora!"
È vero! ha sciupato la vita...! Il padre non ama che si sciupi la vita! Lui vuole che la vita sia una festa… e il padre ama i figli, tutti e due!
Non affrettatevi a tirare conseguenze… è troppo per noi! Noi non sappiamo, non possiamo... - se volete che dica di più - non dobbiamo rispondere al male con la festa; noi dobbiamo essere severi contro chi viola la legge, ma il cuore di Dio è un'altra cosa, è il sogno, è l'utopia, è un'altra cosa...!
E cosa dovrebbe essere la Chiesa se non il grido appassionato dell'amore di Dio... perché sempre la legge? Perché? Perché la legge prima degli uomini? Perché?
Possiamo sognare un mondo in cui dall'ultimo dei fedeli al Papa si preferisca l'uomo alla legge? Si ami l'uomo, si abbracci, si curi l'uomo, si ami la festa per l'uomo, la vita dell'uomo...!
Non affrettatevi a trarre conclusioni! Qui c'è il sogno del Paradiso: il sogno di un mondo "altro"; il sogno di Dio, ma Gesù... - se ho capito qualcosa - è venuto su questa terra per farci sognare; per metterci, in qualche modo, in contatto col cuore di Dio, più grande del nostro cuore… ed è bestemmiare Gesù e Dio quando si preferisce la legge all'uomo: è una bestemmia! Dobbiamo ripeterlo con tutto il coraggio della nostra fede, chiunque parli…!
II Signore ci aiuti.
Isaia 43, 16-21 - Giovanni 8, 1-11
Pasqua ormai si avvicina: domenica prossima saranno gia "le Palme", comincia la settimana santa. Vorrei, oggi, parlarvi di un mio sogno che credo di condividere con la maggior parte degli uomini ed anche con molti di voi. Ma devo avvertirvi: ne ho parlato con varie persone nelle settimane passate e molti mi hanno detto che è un sogno impossibile, un'illusione, un'utopia lontana dalla realtà. La prima lettura di oggi e il Vangelo mi hanno spinto a farvi questo discorso.
Occorre che vi affidiate alla vostra fantasia, anzi alla fantasia di chi ha scritto queste pagine, per immaginare le scene descritte.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato le luminose parole del profeta Isaia: "Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa…". Immagini stupende: il deserto irrigato, il canto di ringraziamento degli animali…
Ma forse è accaduto anche a molti di voi quello che è successo a me per tanti anni, colpiti da queste immagini luminose non vi siete soffermati sulle prime parole: "Così dice il Signore che offrì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi insieme; essi giacciono morti: mai più si rialzeranno; si spensero come un lucignolo, sono estinti".
Con la fantasia del profeta immaginate la distesa degli Egiziani morti sulla riva del mare. Tutti morti per sempre, estinti come un lucignolo. Chissà cosa ne pensano gli Egiziani? Perché tanta violenza? Perché anche un grande profeta come Isaia non può parlare di futuro, di speranza, senza parlare di stragi, di distruzione dei nemici?
Da dove viene tanta violenza? Qualcuno pensa che appartiene alla natura dell'uomo. Ecco, ancora, questo maledetto concetto di natura! Troppo spesso ascoltiamo parlare della "natura" dell'uomo come se fosse tutto irrevocabilmente stabilito, come se il nostro concetto di "natura" non cambiasse con i tempi, la cultura, le esperienze che si accumulano. Non appartiene forse alla natura dell'uomo il desiderio di migliorare, di cambiare? È proprio inevitabile la violenza nella vita dell'uomo, è possibile non rassegnarsi alla violenza?
Anche il Vangelo ci propone immagini di violenza. Provate ad andare con la fantasia su quella piazza, là in Palestina. Guardate questa donna là in mezzo, umiliata, offesa, forse si porta nel cuore il peso della propria colpa. Guardate è sola! Dov'è il partner? Un adulterio si fa in due! Dov'è il maschio? Eppure la Legge condanna tutti e due alla pena di morte: perché non c'è? La violenza degli uomini, spesso, si rovescia su chi è più debole, su chi non sa reagire, sulla vittima. Ancora una volta c'è gente che punta il dito contro una vittima! Guardate questa donna, la sua angoscia, la sua paura per tutta questa gente, intorno a lei, che urla e condanna!
Là ci sono gli scribi, i maestri della Legge: loro sanno sempre tutto; sanno dove sta il bene, dove sta il male; sanno chi è giusto e chi è peccatore; sanno e vogliono che si rimetta ordine con la violenza e con il sangue; esigono espiazione, punizione per il peccatore. Guardate i Farisei: quelli che ritengono di essere giusti: hanno fatto piedistallo della loro osservanza della Legge e giudicano senza misericordia.
Perché tanta violenza? Perché la legge deve esigere il sangue?
Qui il Vangelo fa una scorciatoia perché ha fretta di andare oltre: avete ascoltato Gesù che dice: "Chi è senza peccato scagli la pietra". E tutti, dal più vecchio al più giovane, se ne vanno!… Se ne vanno? Chi ha un po' di esperienza delle vicende umane, sa che qui si potrebbe scrivere un'altra storia perché, in genere, non se ne vanno! Non se ne sono andati, in questi duemila anni, molti cristiani, non se ne sono andati preti, vescovi, papi, non se ne sono andati santi: sotto la condanna a morte di molti eretici c'è la firma di un santo!
Non se ne vanno! Se tornate qui domenica prossima vedrete che sono già tornati per mettere in croce Lui e grideranno: "Crocifiggilo! A morte!".
Ma adesso lasciamoli andare; lasciamoli andare perché abbiamo un gran bisogno, anche oggi, in questo mondo così carico di violenza, di guardare, almeno per un momento, negli occhi Gesù. GuardateLo! Non può far pace con il peccato di quella donna: "Non peccare più". Non può far pace con il nostro peccato, ma con questa donna, sì! Con noi, sì! Guardate i Suoi occhi, guardate la Sua mano, forse si china a prenderla per mano, forse fa una carezza: "Alzati e va'!". Forse per la prima volta quella donna si sente guardata negli occhi e rispettata.
È possibile, allora, guardarsi negli occhi, rispettarsi, andare aldilà della violenza, vivere la tenerezza e la comprensione?
È possibile - ecco il mio sogno - che un giorno gli uomini scoprano da dove viene la violenza, che tanto ha accompagnato la vita degli uomini? Gli studiosi hanno scoperto il rimedio a tante malattie, oggi si fanno tanti studi per vincere il cancro e molti di voi, giustamente danno la loro offerta per questo; stanno per partire grandi e costosissimi esperimenti per scoprire la realtà più intima della materia… è possibile che un giorno si riescano a scoprire le cause della violenza? Si potrà mai inventare una pillola "antiviolenza"? Possiamo sperare che i nipoti dei nostri nipoti vivano in un mondo senza violenza?
Debbo ancora ricordarvi che, se non riuscite a crederci, siete in buona compagnia: molte persone con cui ho fatto questi discorsi ripetono che è impossibile.
Ma essere credenti non è tentare di gettare il cuore aldilà delle nostre incapacità, dei nostri pessimismi, delle nostre disperazioni?
E se anche non riusciamo a sognare un mondo da cui la violenza sia del tutto scomparsa è almeno possibile togliere un po' della violenza quotidiana, che sperimentiamo anche dentro di noi, quando qualcuno, mentre guidiamo, ci taglia la strada, o che avvelena i nostri gesti di ogni giorno? Almeno questo dovrebbe essere possibile altrimenti non avrebbe senso celebrare la Pasqua. Vivere la Pasqua è rinnovare la nostra fede in Gesù, credere che Lui ha ragione, che l'amore può essere più forte della violenza, condividere almeno un po' i sogni di Gesù.
Il Signore ci aiuti.
Giovanni 20, 1-9
Ero un ragazzo, facevo ancora il liceo, quando ho cominciato a scoprire lo splendore della notte di Pasqua!
Ero ancora un ragazzo quando, cominciando a leggere il Vangelo, aiutato da persone sagge, ho scoperto la bellezza dell'annunzio di Pasqua: la gioia che irrompe nella vita degli uomini... ma c'era una cosa che mi sconcertava profondamente.
Leggendo con un po' di attenzione il Vangelo, là, dove ci si aspetta che esploda la gioia di Pasqua, la speranza della risurrezione, il coraggio di testimoniare il Signore, si trova, invece, la paura, la mancanza di coraggio, il rinchiudersi nel cenacolo e la cosa più sconcertante: sembra che tutti facciano una gran fatica a riconoscere il Signore risorto!
Incontreremo nelle domeniche seguenti Tommaso che vuole mettere la mano e i due discepoli di Emmaus che camminano tutto il giorno con Gesù lungo la strada e non Lo riconoscono e poi, addirittura, Pietro che là sulla barca, mentre è a pescare, vede qualcuno sulla riva, ma non riconosce Gesù!
Perché? Perché con l'annunzio di Pasqua, dopo la tragedia della croce, non esplode tra i cristiani la gioia di Pasqua? Perché il dubbio? Perché la difficoltà di riconoscere il Signore?
Allora non capivo! Poi, l'esperienza mi ha fatto intuire qualcosa e ho scoperto sempre di più la bellezza del Vangelo, la tenerezza del Vangelo per noi, perché - se non rimangono vuote parole - l'annunzio della risurrezione e della vita, il credere che il Signore sia risorto, che Gesù abbia ragione... non è affatto a buon mercato!
Credere nel male, nella morte, nella violenza è semplice... lo vediamo ogni giorno! Basta aprire il giornale, accendere la televisione: quasi sempre immagini di morte… e non pensate, soltanto, a guerre lontane, anche vicino a noi c'è un padre che sgozza il figlio, una madre che uccide la sua creatura... ci sono tante violenze nella vita di ogni giorno, anche qui intorno a noi. C'è la disperazione in tante persone e anche in tanti ragazzi. Qualche volta la violenza la sentiamo anche dentro di noi… il male è quasi evidente, ma credere che Gesù ha ragione, ah! questo è difficile!
Credere che l'ultima parola della storia degli uomini, a volte così tormentata, non è la morte, la violenza, il male, ma la vita, il bene, la tenerezza, la gioia, il piacere, l'affetto: questo, non è a buon mercato! Questo dobbiamo strapparlo dal profondo della nostra fede! Ecco perché il Vangelo ci vuole bene! Quando crescendo ti guardi intorno con occhi smarriti e ti chiedi: dov'è Gesù? Dove sono i Suoi valori? Perché non li sento esplodere dentro di me e intorno a me?
E quando la Chiesa, che dovrebbe essere l'aiuto per credere, ti appare così pesante e dura... il Vangelo ti ricorda che è successo anche con Pietro, allora doveva essere lui ad animare la fede dei discepoli e non riusciva, lui, a riconoscere Gesù!
Quando nella Chiesa trovi ancora la legge, la violenza, il disprezzo della vita degli uomini, l'incapacità di capire, il discutere ripetendo sempre le stesse cose e quando assisti a spettacoli di una liturgia trionfalistica, che sembra più affermazione del potere che annuncio della Pasqua… dov'è Cristo? Dove sono i Suoi valori? Dov'è il grido della risurrezione? Come posso sentire dentro di me che Cristo è vivo, che sono vivi i Suoi valori? Che le Sue parole sono, veramente, le parole decisive per la storia del mondo?
Credere non è mai stato a buon mercato! E credere nella risurrezione non è soltanto il ritrovarci qui a cantare un'Alleluia, ma è sperimentare che si può passare dalla disperazione alla speranza, dalla sfiducia al coraggio di rendere concreti i valori di Gesù… ma non è semplice, anzi, a volte si rischia la vita!
I discepoli che, nel Vangelo, fanno tanta fatica a riconoscere Gesù, hanno dovuto strappare dalle viscere della loro disperazione il coraggio di credere, poi tutti sono stati, come Gesù, fedeli fino alla morte, sono stati spazzati via dalla violenza del mondo; eppure, se io sono credente debbo tentare di credere - ma non è a buon mercato - che hanno ragione loro, che ha ragione Gesù! Debbo tentare di vivere i valori che ha vissuto Lui: la tenerezza, il chinarsi a lavare i piedi, la capacità di fare una carezza, di donare piacere, di condividere la vita!
Ripeto: non è a buon mercato e se c'è qualcuno di voi - forse non soltanto qualcuno - che fa fatica a sperimentare la gioia di Pasqua… ripetiamocelo e ripetiamolo, perché ce lo dice il Vangelo: non è semplice! la fede è una conquista di ogni giorno!
Credere non è soltanto chinare il ginocchio in una preghiera o portare sul cruscotto della macchina l'immaginetta di padre Pio: significa credere nei valori di Gesù, significa credere che Lui ha ragione, significa credere nella vita: è facile credere nella morte - lo vediamo ogni giorno - ma credere nella vita esige il coraggio della fede.
Per questo siamo qui, per questo ci nutriamo di Gesù, per questo tentiamo di camminare insieme, di tenerci per mano e se, qualche volta, sentiamo il peso della Chiesa in cui ci è dato di vivere in questi primi anni del terzo millennio, diciamoci - l'ho ripetuto tante volte, quando avevo sedici anni - noi non crediamo nei preti: crediamo in Gesù! Noi non crediamo nelle liturgie, nelle parole che si ripetono: noi crediamo in Gesù che è morto per testimoniare i valori che aveva nel cuore, ma è risorto: ha ragione Lui! E quei valori noi vogliamo testimoniare, anche se è difficile.
E in questo cammino non siamo soli: abbiamo con noi gli apostoli, abbiamo con noi tutti i veri credenti della storia, che hanno strappato dal profondo del proprio cuore il coraggio della speranza, la voglia di testimoniare i valori di Gesù, in un mondo, spesso, carico di violenza.
Non è semplice gridare l'Alleluia di Pasqua! Per questo Gesù si fa pane per noi, anche oggi vuole camminare con noi, perché il nostro cuore sia capace di speranza.
Il Signore ci aiuti.
Giovanni 20, 19-31
E se avesse ragione Tommaso? Quante prediche abbiamo ascoltato in cui si rimproverava il dubbio di Tommaso! Quante volte abbiamo sentito rimproverare chi non si fida, chi dubita, chi vuole pensare con la propria testa, nel lungo cammino della nostra esperienza cristiana!
Mi diceva un'anziana signora qualche settimana fa: "Quando mai, don Checco, ci hanno insegnato, nella Chiesa, a pensare con la nostra testa!?".
E se avesse ragione Tommaso?
Ogni conquista, nella storia degli uomini, è stata fatta perché ci sono state tante persone come Tommaso, che non si fidavano di quello che dicevano gli altri, che volevano vedere, sperimentare, mettere la mano...
Pensate alla storia della medicina! Quanti uomini di buona volontà, quanti studiosi non si contentavano di quello che dicevano gli altri, di quello che dicevano, spesso, i preti: "Il male viene dal diavolo, è la punizione di un peccato... viene da una fattura, da un malocchio...". C'era chi voleva mettere le mani, voleva toccare, chi voleva, magari, aprire il corpo di un morto per vedere cosa era successo, come funzionava: toccare, studiare, aprire, mettere le mani...
La scienza è andata avanti perché tante persone non si fidavano delle autorità, di quello che dicevano gli altri... perché Galilei non si fidava di quello che era scritto nella Bibbia, ma voleva toccare, guardare, studiare, conoscere...
E, questo, vale anche per l'arte! Quanti pittori non si sono fidati di quello che facevano prima; studiavano un colore diverso, la prospettiva in altro modo...
Sono stato con degli amici, in questa settimana, a vedere la mostra di Piero della Francesca in Toscana: è una cosa stupenda! Anche lui è un innovatore: ha cercato, ha studiato, ha visto e ha fatto come non facevano gli altri!
E, questo, vale per la musica... e, dunque, musica, arte, scienza, medicina non vanno avanti se non c'è gente come Tommaso che vuole vedere, studiare, conoscere; che cerca di pensare con la propria testa, che non si fida degli altri.
Qualcuno di voi dirà: "Sì, questo vale per la medicina, per la scienza e, forse, anche per l'arte, ma non vale per la religione!".
Sarebbe lungo, qui, dirvi come in questi duemila anni, tanti teologi cattolici... - ma vale per tutte le religioni - hanno cercato, studiato, impegnando la propria mente, il proprio cuore... faccio prima a raccontarvi, un po', la mia esperienza.
Sono entrato in seminario, per cominciare a studiare per diventare prete, dopo il liceo, nel lontano 1955. C'era allora un papa ieratico, di grande autorità: parlava di tutto e su tutto e sembrava che le sue parole fossero le parole definitive. Ho avuto la fortuna di incontrare professori e persone straordinarie, come il rettore del mio collegio, che invitavano a cercare, a pensare con la propria testa, a studiare. Quante ore ho passato a leggere, faticosamente, libri in francese perché, qui, in Italia, certi libri non si traducevano!
Quanta fatica a studiare, confrontare opinioni e interpretazioni diverse… e poi la scoperta entusiasmante del Vangelo che, allora, non si conosceva, la scoperta delle antiche Scritture. Allora, trovai un documento ufficiale della Chiesa di Roma che diceva: non date il Vangelo in mano ai laici, altrimenti diventano liberi!
Ho avuto la fortuna di incontrare chi mi ha messo in mano il Vangelo e mi ha invitato ad essere libero, con tutto il coraggio del mio cuore, a pensare con la mia testa: è stata l'esperienza, forse, più entusiasmante della mia vita!
Leggevamo quasi di nascosto; sembravamo dei congiurati! Poi il Concilio ha dato ragione a quei teologi, a quei libri che non si potevano tradurre in Italia: è stata una stagione bella, ricca di speranza. Dicevamo qualche giorno fa con un amico prete: "Non avremmo mai immaginato di ritrovare, ancora, una Chiesa in cui fosse un peccato pensare, in cui bisognasse fidarsi e ubbidire ciecamente". Non ha senso! Bisogna avere il coraggio di cercare, di pensare... di pensare con la propria testa: soltanto così va avanti l'umanità!
E, poi, però, bisogna sapere cosa significa, "toccare con mano": vi faccio un esempio, per farla breve.
Mi capita, in questi giorni, di aiutare due coppie di giovani a preparare il loro matrimonio. Se uno di loro mi dicesse: "Voglio toccare con mano, voglio essere sicuro del nostro amore! Come posso essere sicuro, come posso mettere la mano? Come posso garantirmi il futuro?".
Io sorriderei e sorridereste tutti voi e gli direste: "Non puoi mettere la mano! l'amore non si tocca con mano!". Ma nessuno di voi gli direbbe: "Rinuncia a pensare!". Non si può rinunciare a pensare, non si può dare niente per scontato. Se vogliono volersi bene debbono, ogni giorno, continuare a cercarsi l'uno con l'altro, con passione, con intensità; occorre che non diano niente per scontato, che non si fidino di chi vuole mettere "il dito" fra di loro, debbono costruire con il coraggio del proprio cuore, con le loro scelte, parlando, cercandosi ogni giorno, senza mai poter "toccare con mano", perché l'amore non è come la scienza, non si può mettere la mano: bisogna credere e fidarsi, ma senza rinunciare a pensare, a cercare... e così è la fede!
Bisogna avere un incontro vivo con il Signore, ma un incontro che impegna tutto il nostro coraggio di cercare, di pensare... di pensare con la nostra testa e nessuno può imporci il "suo" modo di pensare! Nessuno può chiederci di rinunciare a pensare… perché se c'è una cosa che è naturale per l'uomo è proprio questa: cercare... continuare a cercare, a pensare, a intuire, a volte, senza "toccar con mano"…
Avere fede è credere in Gesù, nei valori che aveva nel cuore: la giustizia, l'amore, la tenerezza, la carità, il servizio, la libertà: tutte cose che non si toccano con mano, ma su cui bisogna esercitare tutto il nostro coraggio di libertà e di pensiero, per cercare di intuire cosa significhino nel concreto della vita di ogni giorno. Non è semplice!
Il Signore ci aiuti.
Giovanni 21, 1-19
Una barca su un lago, lontano migliaia di chilometri, tanto tempo fa. Sul lago dei pescatori, degli amici che vanno a pescare per tutta la notte, senza prendere nulla, poi, al mattino, Gesù, sulla spiaggia e non Lo riconoscono, chiede: "Avete nulla da mangiare?". "No!"."Gettate la rete a destra della barca e troverete". E buttano la rete: centocinquantatre grossi pesci! Un miracolo! Sembra una bella storia, una bella favola di tanto tempo fa!
Non è così che si legge il Vangelo! In questa pagina si parla di me, di voi, si parla di questa Chiesa, di questo mondo, si parla della nostra realtà.
Chi di noi non ha mai fatto, nella vita, l'esperienza di avere lavorato invano, nella notte, nel dubbio, nell'incertezza? Chi di noi non ha fatto a volte fatica a riconoscere Gesù, nel concreto della propria vita?
Chi di noi non si è, qualche volta, sentito "nudo" e povero davanti al Signore? Avete notato come, in questa pagina, si sottolinea fino al ridicolo la "nudità" di Pietro? Gli dicono: "È il Signore!". Lui è spogliato, si veste e si butta in mare! Le persone sagge gli direbbero: "Pietro, prima nuota e poi ti vesti!". No, perché è la "nudità" di Pietro che, questa pagina, vuole mettere in evidenza: è la nostra "nudità", la nostra impotenza davanti al Signore.
Siamo noi, è questa nostra povera Chiesa, è questa umanità che fatica, a volte, invano nella notte. È la sensazione che abbiamo di lavorare senza prendere nulla!
E quando ci ritroviamo in chiesa la domenica è Gesù che ci invita a mangiare: "C'è del pane qui, venite, mangiate! ".
A me, a voi, Gesù intorno a questa tavola chiede: "Mi vuoi bene?". "Sì, Signore, Tu lo sai, Ti vogliamo bene!". "Mi vuoi bene?". "Sì, Signore!". Per la terza volta: "Mi vuoi bene?" E, anche noi, come Pietro, forse, ci ritroviamo un po' smarriti: "Perché me lo chiedi per la terza volta?".
Chi di noi non ha fatto l'esperienza, nella vita quotidiana, di avere, come Pietro, qualche volta, dimenticato e rinnegato il Signore, nel concreto delle nostre pigrizie, delle nostre indifferenze?
Qui, intorno alla tavola facciamo, anche noi, come Pietro, esperienza di tenerezza, di perdono, di Gesù che ci rimette in cammino. Qui, come Pietro, sperimentiamo l'invito di Gesù a ritrovarci a mangiare il pane della speranza, il pane della vita, il pane che ci spinge a camminare ancora.
Si parla di noi, delle nostre povertà, delle nostre "nudità". Si parla di questa Chiesa... forse il "sogno" di una Chiesa che sappia riconoscersi davanti al Signore povera, "nuda", incapace di fedeltà e di amore, ma che fa esperienza di Gesù, della Sua tenerezza. Il sogno di una Chiesa che sappia esprimere nelle sue parole, nei suoi gesti, la tenerezza di Gesù; l'invito a "mangiare", a condividere la vita, a ritrovarci insieme intorno ad un pezzo di pane nella tenerezza, nella voglia di "gettare le reti", per pescare ancora senza scoraggiarci.
Un'altra considerazione vorrei comunicarvi, che facevo in questi giorni, riflettendo sulla pagina del Vangelo... Qui si dice che i pescatori gettano la rete e tirano su centocinquantatre grossi pesci. Ci domandavamo venerdì sera: chissà perché centocinquantatre e non centocinquanta o centosessanta? Forse erano centocinquanta, poi, come fanno gli Ebrei, se ne aggiungono tre per allegria, per fare festa.
Ma noi, quando mai facciamo esperienza di centocinquantatre grossi pesci, di una pesca straordinaria? È una favola anche questa? È proprio vero che i credenti della terra... e, badate che - se ho capito qualche cosa - il Vangelo non parla soltanto dei credenti in Cristo, ma di chiunque, sulla terra, vive un sogno di tenerezza, di dedizione, di altruismo, di amore, di libertà, di progresso… è proprio vero che non si pesca niente su questa terra? Forse, il nostro sguardo è troppo condizionato dalla radio, dalla televisione, dai giornali.
Sentiamo parlare di una mamma che uccide, forse, il figlio; di un papà che sgozza il suo bambino... di tante cose brutte che si vivono in certe famiglie e ci dimentichiamo dell'infinito numero di papà, di mamme che dedicano la loro vita, a volte con sacrifici, a volte con tenerezza, sempre con dedizione ai propri figli per crescerli.
In questo mondo in cui, spesso, anche le mamme lavorano, vedo mamme e papà che corrono ogni giorno con la macchina, a piedi, per i figli, per offrire loro quanto c'è di meglio, con amore… e credo che succeda in ogni angolo della terra.
Ogni tanto leggiamo sui giornali di qualche scandalo di malasanità... ci sembra che questo sia il mondo! Ma quanti medici ci curano... ci hanno curato, con dedizione, con attenzione, con competenza... Quante persone ho conosciuto che dedicano, con pazienza e affetto, la vita a chi soffre, a chi è malato! Quanto amore intorno a noi!
Si sente parlare di una strage in una scuola, di insegnanti che non sanno fare il proprio dovere... ci si dimentica del numero, quasi infinito, di insegnanti che, invece, con generosità, con dedizione tentano di dare ai ragazzi quello che possono, a volte, con fatica; a volte, con sacrificio… è la "pesca" della storia! Forse non sono pesci grossi, forse sono piccolini… e ci vuole una rete ben fitta per raccogliere il grande tesoro dell'amore del mondo...
Non dovremmo dimenticarlo quando ci ritroviamo qui con i nostri smarrimenti, con le nostre paure, sentendoci poveri e "nudi" davanti al Signore, come Pietro! Poi possiamo continuare a sognare una Chiesa che si ritrova, ogni domenica, povera davanti al Signore senza sicurezze, senza certezze, senza l'arroganza di imporre agli altri il proprio modo di vedere; senza sapere che cosa è giusto e che cosa è sbagliato: povera gente, nella propria "nudità" che, qui, ritrova la tenerezza di Dio, l'invito a camminare ancora, a condividere il pane; che, qui, si sente dire ancora una volta: "Mi vuoi bene?". E il tentativo di rispondere: "Sì, nonostante le nostre povertà, Ti vogliamo bene! Sì, crediamo in Te, vogliamo camminare con Te!". Povera gente che non si sente sicura; che si sente "nuda", ma che continua, senza stancarsi, a credere e a sperare.
Questa è la Chiesa che amiamo; questa è la Chiesa che vorremmo vedere alla televisione… ma, ricordatevi, la vita vera non si vede alla televisione, nemmeno la Chiesa. La vita vera è nel tessuto del nostro quotidiano: del mio, del vostro e della gente che, come noi, in ogni angolo della terra vive la speranza e tenta di nutrirsi di valori, di sogni, di libertà, di amore, di tenerezza… e ce ne sono tanti che, per fortuna, non si vedono perché sono la normalità. Il Signore ci aiuti.
Apocalisse 7,9. 14-17 - Giovanni 10, 27-30
Tento, stamattina, di farvi un discorso difficile, sperando che non diventi troppo complicato. Un discorso difficile, ma che ritengo fondamentale per comprendere la nostra religione, anche altre religioni, il tempo, il mondo in cui viviamo.
Le prime parole del Vangelo di oggi sembrano molto semplici: "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono". Noi - secondo l'antica immagine - saremmo le pecore che ascoltano la voce del Signore e lo seguono.
Ma, provate a domandarvi: "Come faccio, io, a sapere qual è la voce di Gesù? Dove posso trovarla? Come posso ascoltare, oggi, la voce di Gesù?"
La risposta potrebbe essere semplice! Ho finito la lettura del Vangelo dicendo: "Parola del Signore". Chi ha letto la prima e la seconda Lettura ha finito dicendo: "Parola di Dio".
"Parola di Dio, Parola del Signore". Ecco, dunque, il modo per ascoltare la voce del Signore! Sembra semplice, ma non lo è!
Sono parole scritte in tempi e in luoghi molto lontani da noi, dal nostro oggi, dal nostro quotidiano, dalla nostra vita. Immagini che non ci sono familiari. Oggi abbiamo... - per farla semplice - due immagini: l'immagine del pastore e delle pecore... Gesù è il pastore e noi le pecore e, nell'Apocalisse, invece, Gesù è l'Agnello sacrificato. Dunque, il Pastore e l'Agnello del sacrificio... immagini lontane da noi!
Ma il problema non è questo soltanto! Se leggete l'Antico Testamento, le lettere di Paolo ma, anche, il Vangelo, vi accorgerete che viene data per scontata la schiavitù; che i rapporti tra uomo e donna sono molto diversi da quelli che concepiamo noi. Vi accorgerete che viene data per scontata la pena di morte, lo "sterminio dei nemici"...
Allora, vedete che la parola di Dio comincia a diventare problematica! Ha bisogno di una interpretazione; bisogna cercare di discernere l'essenziale del messaggio che il Signore vuole comunicarci e liberarlo dalle scorie, dalle pesantezze del tempo e della storia degli uomini.
Noi non abbiamo...- ma non solo noi, nemmeno gli ebrei, nemmeno i protestanti, nemmeno i musulmani - una parola di Dio "pura", che scende direttamente dal cielo, da leggere e da osservare... È - per usare un concetto fondamentale della nostra fede - una parola "incarnata", una parola che si è fatta "carne" nella storia degli uomini e, quindi, si è limitata, si è sporcata, è appesantita da tutte le scorie che l'umanità porta con sé nel suo lento cammino.
Al tempo del Vangelo, i discepoli - ma Gesù stesso - non avevano nessuna idea né dei computer, né della televisione, né della stampa; ma non avevano nemmeno idea dei diritti fondamentali degli uomini come li concepiamo noi… allora ecco il bisogno di una interpretazione!
Qualcuno può dire: "Bene! Ascoltiamo, allora, degli studiosi, delle persone che possono darci un'interpretazione autentica!". Ma se provate a leggere gli infiniti libri che sono scritti sulla Parola di Dio, trovate tante interpretazioni diverse.
E, anche oggi, se voi aveste la fortuna o, forse meglio, la disgrazia, di ascoltare mille prediche diverse, ascoltereste non mille, ma, certamente, moltissime interpretazioni diverse su questa pagina del Vangelo... e, allora, qual è l'interpretazione autentica?
Qualche cristiano assennato potrebbe dire: "Non c'è problema! basta ascoltare il Papa, basta ascoltare i "pastori" costituiti da Dio per interpretare e spiegare la parola di Dio!".
Questo può dirlo un teologo, ma non uno storico! Basta leggere la storia! Hanno detto tali e tante scemenze i papi, i vescovi e i "pastori" nel corso della storia che è quasi incredibile! Hanno proclamato crociate, hanno benedetto eserciti, hanno organizzato "inquisizioni", hanno fatto bruciare persone... In nome della croce di Cristo abbiamo distrutto civiltà intere!
Allora non possiamo fidarci nemmeno dei "pastori"! Come possiamo, allora, trovare la "Parola di Dio"? C'è una risposta? Non c'è!
Non c'è! Non c'è! Né per noi, né per gli ebrei, né per i protestanti, né per i musulmani! Non c'è una parola "pura", che cala dal cielo! C'è bisogno, sempre, di un'interpretazione... un'interpretazione che è affidata al coraggio di ciascuno di noi e al coraggio delle varie comunità, che si susseguono in tempi e luoghi diversi e che devono tentare di intuire il messaggio del Signore... tra le tante parole, spesso, contraddittorie che ci sono nella Bibbia e, anche, nel Vangelo. Occorre capire cosa possano significare per noi, per questa comunità, per questo nostro tempo, per questo nostro mondo.
Un problema serio, complicato che non ammette scorciatoie: ci vuole il coraggio di ogni comunità cristiana!
Ma il problema non è finito qui perché, una volta che ho tentato di interpretare, in qualche modo, la Scrittura e sono riuscito a intuire qualcosa, poi, debbo calarlo nel concreto della mia vita e, qui, siamo un centinaio di persone... ciascuno di noi ha la sua "parola", per la sua vita.
C'è gente più giovane con un bambino nato da poco, da crescere, da curare... ci sono degli anziani con dei nipoti... gente che, forse, conosce la malattia... qualcuno a cui è capitata una disgrazia... cosa significa nel concreto della mia vita, della mia esperienza ascoltare la parola di Gesù?
Qual è la parola che riguarda me in questa circostanza della mia vita? Me e nessuno di voi! Me, nel mio concreto, nel mio particolare! Perché se Gesù non mi parla lì, non mi parla! Dice parole astratte… e ne ascoltiamo tante di parole astratte! Debbo tentare di intuire cosa il Signore dice a me, qui, adesso, in questa situazione e, a volte, non è semplice!
E, non basta ancora! Perché, una volta capito, bisogna mettere in pratica; bisogna seguirLo il Signore, dalle parole ai fatti… e le cose si fanno ancora più complicate.
Sembra molto difficile essere cristiani. Sapete per esperienza che, a volte, è più semplice e, spesso, la vita non ha bisogno di troppe complicazioni, a volte, però, facciamo fatica a seguire il Signore, a rendere concreto nella nostra vita il suo messaggio e ci ritroviamo qui... - ce lo suggeriva il Vangelo domenica scorsa - come Pietro: "nudi", incapaci di amore totale...
Questa è la fede! Il cammino di povera gente sprovveduta, che non riesce, spesso, nemmeno a capire cosa è giusto e cosa è sbagliato; cosa vuole il Signore da noi; che tenta di seguirLo come può… e si ritrova "nuda" davanti al Signore e, per fortuna, il Signore non minaccia castighi, punizioni e ci ripete con dolcezza: "Mi vuoi bene?". E noi proviamo a dirgli: "Sì!". Qualche volta ci riusciamo, qualche volta no, ma siamo qui per nutrirci di Lui e camminare ancora.
Il Signore ci aiuti.
Giovanni 13,31-33a. - 34-35
Provate, con gli occhi della fantasia, a immaginare la scena... - anche se, probabilmente, i fatti si sono svolti in maniera diversa - provate ad immaginarla con gli occhi con cui la vedono i cristiani che hanno scritto il Vangelo di Giovanni.
Immaginate di trovarvi là, in quella modesta, piccola sala in cui è preparata una "cena": sarà l'ultima.
Guardate...! I discepoli riuniti intorno a Gesù... Giuda è uscito: Giuda è il simbolo del tradimento, il simbolo di chi - secondo coloro che hanno scritto queste pagine - per un pugno di soldi tradisce un amico.
La violenza si prepara intorno a quella tavola. La croce è già pronta, il tronco squadrato. La violenza degli uomini sta per colpire Gesù e, quando si scrive il Vangelo, si sa che la violenza si è scatenata anche contro tutti quelli che sono seduti intorno a quella tavola. Quando si scrivono queste pagine la maggior parte dei discepoli è stata uccisa.
Gesù sa che è l'ultimo momento e prende la parola. Cosa vi aspettate che dica? Voi conoscete la storia, quindi, nessuno di voi si aspetta più che dica: "Non abbiate paura, il Signore manderà i Suoi angeli a proteggerci, non ci accadrà nulla di male!" Così avrebbe dovuto dire secondo uomini religiosi in tutto il mondo e, in gran parte, anche tra noi, ma voi sapete che non è vero!
Forse, ci aspetteremmo che dica ai Suoi discepoli: "Coraggio, preparatevi ad affrontare la sofferenza, il dolore giova alla salvezza del mondo, la sofferenza porta la redenzione! Io sono venuto per dare la vita e anche voi darete la vita".
Oppure ci aspetteremmo che desse della regole per la Sua Chiesa, che lasciasse degli ordini precisi su come ordinare la gerarchia, i consigli per il futuro.
Oppure ci aspetteremmo che dicesse ai Suoi discepoli: "Non abbiate paura perché dopo la tribolazione, ci sarà la risurrezione; per tutti voi ci sarà la gloria del Paradiso: il premio che meritiamo attraverso la sofferenza".
Potete immaginare tante altre cose che voi mettereste in bocca a Gesù nell'ultimo momento della Sua vita.
E, adesso, provate ad ascoltare: "Figlioli, vogliatevi bene, come io vi ho amato, così amatevi anche voi".
Non sentite la voce delle nostre mamme sul letto di morte?: "Figli miei, non litigate, vogliatevi bene, non fate questioni, amatevi!".
Può essere che Gesù parli come le nostre mamme? Persone semplici, a volte, senza cultura, che avevano un'ultima cosa da dirci sul letto di morte: "Vogliatevi bene".
E se avessero ragione le nostre mamme? Se questo fosse il cuore della vita? Se questa è l'ultima parola che veramente ha senso dire, quando uno se ne va da questa terra: "Figlioli, amici, vogliatevi bene! ".
Ma qui - secondo chi ha scritto queste pagine - forse, c'è qualcosa d'altro! Giuda è uscito: è il tradimento… e la violenza intorno sta per scatenarsi: Gesù finirà su una croce! Allora qui, forse, c'è qualcosa di più, qualcosa che le nostre mamme non vedevano, per fortuna, sul loro letto di morte... loro vedevano soltanto noi riuniti, lì, intorno al letto e avevano, soltanto, parole di tenerezza da dirci...
Gesù, forse, dice ai Suoi discepoli: "Vi lascio il coraggio di credere... credete nell'amore anche quando vi sembrerà difficile".
Non soltanto allora, anche oggi è essenziale credere che l'amore è la parola fondamentale della vita. Ciò per cui vale la pena di vivere è il volersi bene, la tenerezza, il rispetto, l'accoglienza; è l'amore per quello che questo può significare aldilà delle regole, aldilà delle leggi. "Vogliatevi bene, da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri".
È possibile, allora, per noi che viviamo duemila anni dopo, continuare a credere nell'amore e sognare... sognare una Chiesa in cui l'amore sia il cuore, aldilà delle regole?
È possibile... - per riandare ai giorni passati, a quelle cose che mi pesano sul cuore e, forse pesano sul cuore anche a voi - è possibile non ascoltare chi a una madre a cui hanno ucciso una figlia chiede di perdonare? È possibile la tenerezza, il volersi bene, il rispetto del dolore, almeno davanti alla bara di una figlia?
È possibile non far prevalere le regole, la legge davanti alla bara di un morto che chiede, soltanto, di avere un funerale in chiesa?
È possibile che l'amore per la famiglia non sia scambiato per una manifestazione che, forse, è soltanto il manifestarsi dell'incapacità di capire il mondo in cui si vive, della mancanza di rispetto degli altri, di chi è diverso o, forse, peggio... soltanto volontà di predominio, di affermazione del proprio potere nella società?
È possibile che il cuore del nostro essere cristiani sia l'amore, il rispetto, la tenerezza?
È possibile sognare che abbiano ragione le nostre mamme? Che non sia la "verità" il cuore della Chiesa, ma l'amore, la tenerezza, il rispetto per tutti; per i piccoli, per i diversi, per chi ha il cuore affannato...?
È possibile sognare una Chiesa che parli d'amore concretamente di fronte alla miseria, alla violenza del mondo, che ce lo ricordi di fronte alle guerre, alla fame, alle malattie che uccidono i bambini... che non si occupi delle regolette della vita di ogni giorno, ma che ci faccia sognare la possibilità di amarci, la possibilità della pace, del rispetto degli altri?
È possibile che la nostra fede sia in un Dio che viene a condividere la nostra vita e parla nell'ultimo momento come hanno parlato le nostre mamme sul letto di morte?
È possibile sognare che ci sia fede in questa povera Chiesa, fede in Gesù e non nella legge, nelle regole?
Non è facile, ma che ci sia almeno permesso di sognare! Sognare che l'ultima parola del mondo, la cosa per cui val la pena di vivere è l'amore, è il volersi bene, è la tenerezza, è l'accoglienza, è il rispetto.
Il Signore ci aiuti.
Atti 15, 1-2. 22-29 - Giovanni 14, 23-29
"Vi lascio la pace, vi do la mia pace". E poi: "Quando verrà lo Spirito Santo, Egli vi insegnerà ogni cosa".
Quando mai? Quando mai, in questi duemila anni, abbiamo conosciuto la pace? La pace dentro di noi, la pace fuori di noi! Quanti cristiani, nel corso di questi duemila anni, non sono stati turbati dalla paura, dall'ansia? E quando lo Spirito Santo ha insegnato ogni cosa ai cristiani di tutti i tempi?
Cosa succede? Il Signore, forse, ci prende in giro? Ci inganna? Sembrano promesse, ma promesse non mantenute! Come possiamo leggere queste parole? Come possiamo leggere la Bibbia? È un problema importante per noi cristiani, un problema che non ammette scorciatoie.
Vedete, c'è un'immagine dell'Antico Testamento che considero una delle più belle... il popolo di Israele è stato liberato dall'Egitto, la schiavitù è finita! Ha, faticosamente, attraversato il deserto tra tanti turbamenti, tante tentazioni... terra arida, senz'acqua, il pericolo delle bestie selvatiche, il pericolo dei nemici... è riuscito, finalmente, ad attraversare questa terra desolata.
Arriva sulle colline che dominano la grande pianura di Israele: pianura fertile, ricchissima... gli esploratori, hanno portato grappoli d'uva enormi: è la terra promessa, la terra del benessere, della pace, della libertà! Finalmente si è arrivati!
Si sente la voce del Signore: "Ecco la terra che ti dono, va a conquistarla!". Me la doni, o me la devo conquistare?!
Ecco, è l'immagine della nostra fede! Noi leggiamo e facciamo scorciatoie! Crediamo di trovare nella parola del Signore delle promesse che si avvereranno senza fatica o, a volte, pensiamo di trovare delle leggi, delle regole che ci dettino i comportamenti di ogni giorno!
Non è questa la parola di Dio! Né nell'Antico Testamento, né nel Nuovo, né nelle antiche parole attribuite a Mosé, né nelle nuove attribuite a Gesù, Dio fa scorciatoie per la nostra libertà! Quello che vuol metterci nel cuore sono dei "sogni", degli ideali, degli impegni da costruire ogni giorno, a volte, con fatica; a volte nell'incertezza… ma questa è la dignità del nostro essere uomini!
A noi, alla nostra libertà è affidato il coraggio di costruire, di inseguire gli ideali, i sogni che Dio propone e ci vuol mettere nel cuore. E lo Spirito... lo Spirito è da inseguire ogni giorno con coraggio.
Se volete un esempio concreto… nella prima Lettura abbiamo ascoltato uno squarcio della vita dei primi cristiani: c'è turbamento nella prima comunità: ci sono alcuni "che sono venuti a turbarvi con i loro discorsi, sconvolgendo i vostri animi". Paolo e Barnaba "si opponevano risolutamente e discutevano animatamente". Non riescono a mettersi d'accordo e discutono e litigano... è un problema serio, perché c'è chi sostiene che bisogna circoncidersi, cioè, in pratica, diventare ebrei e osservare tutte le regole, anche le più minute dell'Antica Scrittura. E qualcuno invece, dice che basta la fede: basta credere in Gesù e sentirsi liberi!
Chi ha ragione? Si discute... bisogna cercare la pace, bisogna mettersi d'accordo e Paolo e Barnaba fanno un lungo viaggio, fino a Gerusalemme - perché da lì vengono quelli che "turbano gli animi" - per trovare una soluzione e si radunano intorno a un tavolo e discutono e cercano, finché trovano un accordo...
Scrivono una lettera: "Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi…" Lo spirito Santo ha deciso: siete liberi! Voi che venite dai pagani non dovete diventare ebrei: siete liberi! Ci sono delle cose però che sembrano essenziali: non si può mangiare la carne degli animali sacrificati agli idoli; né la carne degli animali soffocati, cioè, da cui non sia stato fatto uscire tutto il sangue: noi sappiamo che non è possibile, ma per gli antichi Ebrei il sangue è una cosa sacra. Paolo sottoscrive! Ha un grande bisogno di pace!
Cosa succede dopo? Provate a leggere le lettere di Paolo... Paolo per tutta la vita combatterà contro questi che vogliono, ancora, imporre, la circoncisione e l'osservanza della legge di Mosé! Non solo... ma quelle cose che lui ha firmato, che sembrano decise dallo Spirito Santo... Paolo le ritiene delle sciocchezze!
Sciocchezza: "non mangiare la carne sacrificata agli idoli...". "gli idoli non ci sono e posso mangiare quello che mi pare" scrive in una sua lettera.
Sciocchezza preoccuparsi di mangiare carne di un animale "soffocato"…
Provate a immaginare che venga qui Paolo, qualcuno di noi gli chiederebbe: "Paolo, scherzi? Lo Spirito Santo dice sciocchezze!? Non avete scritto: abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi... e tu dici che lo Spirito dice sciocchezze?".
Paolo, probabilmente, vi direbbe: "Sì, lo Spirito Santo, qualche volta, dice sciocchezze o meglio, siamo noi che gli facciamo dire sciocchezze!".
Quante sciocchezze ha detto, in questi duemila anni, lo Spirito Santo! Non lo Spirito Santo, ma noi che pensavamo di sapere che cosa dicesse lo Spirito Santo! Perché, a volte, gli uomini... nella Chiesa, soprattutto quelli che comandano, si dimenticano di inseguirlo lo Spirito e pensano di possederlo!
Lo Spirito non si possiede: lo Spirito si insegue. Come la pace non si possiede: la pace si insegue… e non è a buon mercato!
La Chiesa e noi tutti siamo come il popolo di Israele, che là, sulle colline, guarda la terra promessa... "Ecco, la terra che ti dono, valla a conquistare".
Ecco i sogni di Dio, i doni dello Spirito: "Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine" scrive l'apostolo Paolo in una delle sue lettere... il sogno di un mondo in cui ci sia pace, ci sia rispetto, ci sia tenerezza: "Questo vi prometto, andatelo a conquistare".
Ecco la Scrittura, ecco la parola di Dio, ecco lo Spirito: un Soffio da inseguire, un ideale da sognare e da tradurre in pratica, in concreto nella vita di ogni giorno, con pazienza, accettando i compromessi della vita, tentando di andare d'accordo e continuando a sognare, aldilà della realtà, a volte, pesante che troviamo, non solo intorno a noi, ma, anche, dentro di noi.... Perché la pace la debbo cercare, prima di tutto, dentro di me. Debbo cercare, prima di tutto, io, di non aver paura e - lo sapete - non è facile!
È il sogno che Gesù è venuto a tentare di mettere nei nostri cuori… e non è a buon mercato.
Il Signore ci aiuti
Atti 1, 1-11. Luca 24, 46-53
Quando ero giovane credevo che il problema della fede fosse credere in Dio, la difficoltà maggiore fosse quella di accettare e comprendere i misteri della fede. Poi, crescendo, l'esperienza m'ha insegnato che il vero problema del credente è quello di credere nell'uomo, è quello di avere fiducia nel prossimo!
Qualcuno di voi domanderà: "Che c'entra questo con la festa che stiamo celebrando, la festa dell'Ascensione?". Non avete notato che, questa, è proprio la celebrazione della fede di Gesù negli uomini, nella gente, in noi? È stato inchiodato sulla croce dalla violenza degli uomini poi... - come avete ascoltato - "si mostrò ad essi vivo, apparendo loro per quaranta giorni".
Se fosse qui gli faremmo la stessa domanda che, forse, gli hanno fatto i discepoli: "Perché te ne vai? Resta con noi... - come dicono i due discepoli di Emmaus - resta con noi perché si fa sera... resta con noi perché l'umanità è pesante, la storia è difficile! Resta con noi Tu che puoi".
E Lui se ne va dicendo: "Mi sarete testimoni… fino ai confini della terra". Si fida di noi! Si fida degli uomini, si fida della gente, si fida dei suoi discepoli! Qualcuno di noi, guardando indietro in questi duemila anni, potrebbe dire: "Fiducia mal risposta! Anche Gesù si è sbagliato!". Sì, può essersi, in parte, sbagliato... ma cosa sarebbe la storia se Dio non si fidasse di noi? Saremmo, tutti, dei burattini, marionette manovrate da una forza superiore! Dove sarebbe il coraggio, la dignità dell'essere uomini?
Dio crede nell'uomo, Dio si fida di noi e, anche noi, siamo invitati a credere che in ogni uomo ci sia, almeno, un riflesso, una scintilla della Sua luce; che ognuno di noi abbia la possibilità di credere nella vita, di costruire il mondo... il mondo della pace, della giustizia. Ciascun uomo può non rassegnarsi alla sconfitta, al male, finché vive, finché il soffio di Dio lo invita ad andare avanti, a cercare e a credere.
Ecco, Dio crede in noi! Ma non soltanto, genericamente, nell'umanità: Dio crede in me! Dio si fida di me! Dio affida a me il compito di costruire la vita. Io sono oggetto della fede di Dio e, anche, quando mi riesce difficile credere fino in fondo nelle mie possibilità... dovrei dirmi che Gesù in me ci crede! Ci crede fino in fondo e aspetta, con pazienza, che io possa trovare il coraggio di credere nella vita, di costruire la vita, di avere fiducia in chi mi sta accanto.
Il problema che ci impedisce di avere fiducia negli altri, il problema che ci impedisce di avere fiducia in noi stessi, spesso, è la paura! Il mondo che ci sta intorno ci mette paura; ci mette paura la violenza, il male...
Avete notato che, nel Vangelo, Gesù dice tante volte alla sua gente: "Non abbiate paura". Vi siete accorti che la fede è proprio questo? Andare aldilà della paura, buttare il cuore aldilà dell'ansia, dell'angoscia che, qualche volta, ci attanaglia di fronte al mondo.
Avere fede non è risolvere complicati misteri dell'esistenza di Dio: avere fede significa non avere paura; avere il coraggio di credere nei valori di Gesù e tentare di essere testimoni di Lui ogni giorno.
Noi, in parte, siamo vittime della televisione, dei giornali, dei mezzi di comunicazione... ci mettono davanti, sempre, tutto il male del mondo, tutte le violenze, tutti i drammi della vita... ci sono... ma, spesso, riempiono lo schermo; a volte, riempiono la nostra memoria, la nostra fantasia, il nostro cuore.
Se volete scoprire qualche traccia della fede di Dio nell'uomo, guardate la gente di ogni giorno, le persone che avete accanto; quelle che vi circondano di tenerezza, di attenzione, di affetto. Guardate il concreto della vita che vi circonda, ma - ricordate - sono soltanto tracce!
Sono, soltanto, sprazzi di luce perché per credere nell'uomo occorre fede...
Se - come dice il poeta - "la fede è sostanza di cose sperate ed argomento delle non parventi..." - ricordatevi - la bontà dell'uomo non appare, non è evidente, a volte, è nascosta: occorre fede! E la sostanza della fede è la speranza fino alla fine, in ogni uomo, nel più disastrato degli uomini.
Noi dobbiamo essere convinti che possiamo sperare che ogni uomo, anche il peggiore, possa convertirsi e vivere... - non traete facili conclusioni né in un senso, né nell'altro - la fede è il sogno che anima il cammino dell'uomo. La fede è il coraggio a cui Dio ci invita: avere fede significa credere in chi mi sta accanto, avere fiducia nell'uomo, continuare a crederci con testardaggine e, aldilà delle smentite di ogni giorno, continuare ad aver fiducia.
Essere credenti significa credere nell'uomo, perché Dio crede nell'uomo, perché Gesù si fida di noi!
Non è facile credere - lo sappiamo - ma la fede è qui: non aver paura e fidarsi dell'uomo. Per questo Gesù è venuto in mezzo a noi e, per questo, dopo quaranta giorni se n'è andato, perché è compito nostro portare avanti la vita.
Il Signore ci aiuti
Atti 2, 1-11 Giovanni 14, 15-16. 23b-26
Quando... - sono passati circa cinquant'anni - cominciavo i miei studi per diventare sacerdote, una delle battute sullo Spirito Santo che ascoltavo con stupore e meraviglia, è questa: "Dicono che, quando i cardinali si radunano in conclave per eleggere il papa, sono ispirati dallo Spirito Santo!" - qualcuno degli amici aggiungeva: "In questi duemila anni, spesso, dormiva o era in vacanza". Ascoltavo queste cose con lo scandalo di un giovane un po' ingenuo, educato nella sana religione...
Poi, sono diventato prete e mi dicevano che quando si sale sull'ambone per predicare non bisogna avere paura... - allora ne avevamo parecchia - perché lo Spirito ci ispira le parole giuste da dire. Poi mi sono accorto che, se non studi parecchio e non ti prepari con gran cura, rischi di dire grosse stupidaggini...
E, allora, devi cominciare a riflettere... aldilà delle battute, chi è lo Spirito Santo? Fino a che punto ci possiamo contare?
E mi torna in mente uno dei vecchi principi della Scolastica che, a quel tempo, studiavamo: "Contra factum non valet argumentum", cioè: contro i fatti non valgono le teorie, gli argomenti... bisogna confrontarsi con la realtà.
E ricordo quello che diceva Galilei, uno dei grandi geni della nostra storia: "Se i fatti sono contro la Bibbia, dovete imparare a leggere la Bibbia". Ed è quello che mi è toccato di fare: imparare a leggere la Scrittura... tentare di intuire cosa sia il dono di Dio e come non si possa dare per scontato che faciliti le strade della vita; cercare di capire che il Dio in cui credo non sta dietro le mie spalle, per tappare i buchi della mia pigrizia, ma sta davanti per spingermi verso il bene, verso la verità; mi chiama a mettere passione in quello che faccio.
I cardinali riuniti nel conclave devono sforzarsi... - aldilà di tutti i loro limiti - di cercare di scegliere il migliore e, io, che salgo sull'altare debbo tentare di pensare, ragionare, prepararmi, per fare la migliore predica possibile.
Il Dio in cui credo è davanti a me e mi chiama e mi sollecita all'impegno, al coraggio; il coraggio dell'intelligenza, l'impegno del cuore: senza questo lo Spirito rimane inefficiente!
Quando ero un giovane prete, uno dei grandi teologi del secolo scorso, Karl Rahner, ci ammoniva che il Concilio non poteva essere un punto di arrivo, ma, sempre, una linea di partenza, perché lo Spirito è sempre un passo avanti a noi. Non potevo immaginare, a quel tempo, che di passi ne avremmo fatti indietro e non avanti, alla ricerca del Signore, dei Suoi sogni, della Sua verità...
Avete notato i grandi simboli che, nella pagina che abbiamo letto degli Atti degli Apostoli, tentano di farci intuire qualcosa dello Spirito Santo: è soffio di libertà che spalanca le porte, che toglie la paura. Avete ascoltato l'apostolo Paolo? Lui ha sentito questo invito dello Spirito! Quando ne parla... - lo avete ascoltato anche oggi - ci dice: "ci chiama verso la libertà, ci toglie la paura, ci fa sentire figli".
Anche Paolo era un pover'uomo, come noi e, quindi, qualche volta... - come succede a me, e, forse, anche a voi - si dimentica di guardare avanti, di cercare… e pensa di possedere lo Spirito! Ha predicato, con tutta la passione del suo cuore, la libertà, ma quando Onesimo, lo schiavo che è fuggito, va da lui... gli dice: "Torna a fare lo schiavo, perché questa è la tua vita!".
E, quando le donne di Corinto gli chiedono: "Paolo perché dobbiamo portare il velo e in chiesa dobbiamo, noi, stare zitte e possono parlare solo i maschi?". "Perché così si fa!".
Dov'è la libertà? Povero Paolo, pensa anche lui di possedere lo Spirito e non cerca più! Lo Spirito va inseguito giorno per giorno con tutto il coraggio del nostro cuore.
Avete ascoltato il secondo simbolo: il fuoco che illumina e riscalda e, quando, come me, si diventa vecchi, si avrebbe un gran bisogno di qualcuno che ti scaldi il cuore, ma non è qualche cosa che hai a buon mercato dallo Spirito che scende... è la ricerca della tua vita e devo dirmi che non posso rassegnarmi all'età che passa, ma devo, ancora, tentare di avere un cuore caldo, attento...
E, poi, l'ultimo segno su cui - come avete notato - il passo degli Atti degli Apostoli insiste... avete ascoltato un lungo elenco di popoli: tanta gente e tutti capiscono la stessa lingua! Pensate come sarebbe bello se, uscendo di qui... - adesso che la nostra situazione è come quella dei primi cristiani; tante voci, tanti suoni, tante genti che vengono qui ad invadere la nostra terra - fossimo capaci di ascolto, di attenzione, di pazienza, di condivisione, di ricerca di quello che unisce e non di quello che divide...
Qualcuno può dire: "È facile abbiamo lo Spirito..." Oggi è Pentecoste, ma, ricordate, lo Spirito Santo dobbiamo sempre inseguirlo, è davanti a noi come sogno, come ricerca, come passione per la vita!
Questo è il Dio in cui crediamo, non Colui che sta dietro la spalle a tappare i buchi della nostra pigrizia, ma il Dio che è davanti... ci chiama al dialogo, alla condivisione, all'attenzione verso l'altro, all'ascolto del diverso, perché, aldilà della "babele" delle lingue si faccia... - come dice la Scrittura - "un cuor solo e un'anima sola".
Ma non è a buon mercato! Non basta invocare lo Spirito e, poi, uscendo di qui tutti diventiamo capaci di dialogo, di ascolto, di attenzione: è il sogno che lo Spirito viene a metterci nel cuore, è la spinta che Dio ci da, è l'avvenire verso cui Dio ci chiama, ma se ci lasciamo prendere dalla pigrizia, il Suo soffio rimane vano. Il Dio della speranza, il Dio del futuro, il Dio che ci cammina davanti: è questo il Dio in cui crediamo.
Il Signore ci aiuti
Giovanni 16, 12-15
Nella scorsa settimana, per l'ennesima volta, qualcuno mi chiedeva: "Chi è lo Spirito Santo? Come possiamo parlare della Trinità?".
Mi hanno fatto queste domande infinite volte nel corso della mia vita di prete e, per l'ennesima volta, ho tentato di balbettare qualche parola... ma, ancora una volta, ho visto che chi mi aveva fatto la domanda non era soddisfatto della risposta.
Quando ero giovane, molto tempo fa, mi preoccupavo del fatto che non riuscissi a spiegare qualcosa di Dio, della Trinità. Cercavo di ricorrere alle parole del catechismo, ma erano troppo semplici per chi faceva la domanda. Oppure tentavo di fare appello ai complicati discorsi che avevo studiato, per tanto tempo, nel mio cammino verso il sacerdozio, ma erano troppo astrusi, troppo difficili per chi mi ascoltava: non riuscivo a trovare parole adatte.
Poi ho avuto la fortuna di incontrare chi mi ha aiutato a capire un po' la Bibbia, a leggere la parola del Signore e, allora, ho scoperto il secondo comandamento... il secondo comandamento voi lo conoscete con le semplici frasi che avete imparato a memoria al catechismo: "Non nominare il nome di Dio invano". Ma, se leggete la Bibbia vedete che, mentre tutti gli altri comandamenti occupano una riga, questo riempie mezza pagina! È il comandamento fondamentale: non nominare il nome di Dio, non usare il Suo nome, non farti alcuna immagine... per gli Ebrei era così importante che non nominavano affatto il nome di Dio, il santo nome di Jahvé non era mai pronunziato da nessuno!
E, allora, ho capito... ho capito che la grazia di Dio mi aveva protetto, perché se qualcuno a cui avevo tentato di spiegare chi fosse Dio, lo Spirito, la Trinità, mi avesse detto: "Ho capito!" lo avrei indotto a bestemmiare!
Non si può capire Dio: è "oltre" ogni nostra parola, ogni nostra immaginazione! E non si può usare il nome di Dio! Troppe volte è stato usato nel corso della storia per giustificare guerre, per bruciare eretici, per condannare persone... Dio abita "l'oltre" e non può essere che la ricerca appassionata del cuore dell'uomo e, allora, ho cercato di leggere, con attenzione, la Scrittura e vedere qualcuna delle immagini che tentano di farci intuire qualche traccia di Dio.
Pensate ai grandi simboli dell'Antico Testamento: il "roveto" che brucia e non si consuma e la "voce" che, a Mosé che chiede: "Chi sei Tu?", risponde: "Io sono quello che sono!". Non è una risposta, è un invito a cercare.
E, poi, la grande intuizione di Israele che tenta di riconoscere Dio nel cammino dell'esodo: il Dio che sta davanti, che chiama fuori dall'Egitto, dalla schiavitù, verso la terra promessa, verso la libertà.
Oppure le grandi immagini del profeta Elia che sale sul monte Oreb a cercare Dio e, a un certo punto, c'è il vento che squassa i monti, ma Dio non è nella tempesta, e, poi, un terremoto, ma Dio non è nel terremoto e, poi, il fuoco... nemmeno nel fuoco... e, poi, il soffio di una brezza leggera... Elia esce dalla grotta, può solo ascoltare la sua voce, ma Dio è già passato... deve correrGli dietro, rincorrerLo sempre: immagini che tentano di far intuire qualche cosa "dell'oltre" di Dio.
È vero! Nell'Antico Testamento c'è anche il Dio degli eserciti, il Dio delle schiere, il Dio che ordina lo stermino dei nemici; che vuole "herem": che sia tutto distrutto e uomini e animali e cose...
E, poi, il Nuovo Testamento, le straordinarie parabole che tentano di farci intuire qualche cosa di Dio. Pensate alla parabola del "Padre misericordioso": chi è questo Padre che quando il figlio torna non gli riserva il rimprovero, il castigo, la minaccia, ma la festa? È possibile rispondere al male con la festa? Per noi non è possibile!
E se Dio abitasse "nell'oltre" di una fantasia e di un amore che noi non possiamo nemmeno immaginare? È vero! nel Nuovo Testamento ci sono anche altre parabole che tentano di parlare di Dio in un altro modo... pensate alla parabola dei "vignaioli omicidi" o a quella del "banchetto di nozze"... Dio che manda i "suoi" eserciti a distruggere coloro che hanno ucciso suo figlio.
E, poi, guardate qui, il segno di Dio in mezzo a noi... chi può mai pensare di riconoscere Dio in un crocifisso? Quando Paolo va sull'Areopago ad Atene ed annunzia il Dio sconosciuto, il Dio della croce, lo prendono in giro: là nella terra della bellezza, della sapienza, non si può osare riconoscere Dio in un Uomo appeso ad una croce... eppure, su quella croce c'è il Dio in cui noi crediamo! Non il Dio onnipotente, Signore del cielo e della terra ma un Dio umiliato, offeso che è venuto a condividere i bassifondi della nostra vita, accanto a tutti gli offesi della nostra storia: qui, noi riconosciamo una traccia, un segno di Dio.
E, poi, domenica scorsa ascoltavate i grandi simboli che tentano... - per i primi cristiani - di esprimere il senso dello Spirito: il "vento" che spalanca le porte, il "soffio" della libertà e, poi, il "fuoco", la "luce" che illumina e riscalda, e poi le "lingue" che si ricompongono e tutti capiscono.
Ecco: tracce di Dio, che l'uomo è invitato a inseguire, a cercare senza mai pensare di possedere Dio, senza mai pensare di pretendere di sapere, con sicurezza, cosa Dio vuole e cosa Dio non vuole, senza mai osare dire chi è Dio, qual è la Sua verità: Dio abita "l'oltre", parole, per noi, nemmeno pronunziabili. E noi siamo invitati a cercare le tracce di Dio, difendendole dalla violenza degli uomini che, spesso, hanno proiettato in Dio le proprie intolleranze, i propri odi, la propria volontà di potere.... aldilà di tutto questo possiamo tentare di intuire il Suo volto nel volto di Cristo, nelle Sue parole, in una ricerca appassionata che non finisce mai, perché mai un uomo potrà dire di comprendere Dio, di sapere chi è Dio, né nel tempo e nemmeno nell'eternità.
Dio rimarrà sempre per noi "l'oltre", il mistero da cercare, la "luce" inaccessibile, più grande del nostro cuore, perché se non fosse più grande del nostro cuore non sarebbe Dio, non sarebbe "l'altro", 'l'oltre"; quella verità "oltre" a cui noi possiamo arrivare soltanto per tracce, per barlumi da cercare, senza mai possederla e, soprattutto, senza mai usare il nome di Dio per condannare qualcuno, per offendere un'altra persona...
Il nome di Dio può essere usato solo per unire, per sentirci fratelli, per cercare in Lui l'unità di tutti gli uomini, per sentirci parte di una stessa famiglia, figli di uno stesso Padre che abita "l'oltre" dei nostri sogni.
Il Signore ci aiuti.
I Lettera ai Corinzi 11, 23-26 - Luca 9, 11-17
Come a me, è capitato alla maggior parte di voi, se non proprio a tutti… ma forse, nessuno di voi ha fatto le considerazioni che ho potuto fare io. Cosa cerco di dirvi? Vediamo se riesco a spiegarmi: per lungo tempo ho pensato che il pane e il vino, l'Eucarestia, la Comunione fossero delle caratteristiche esclusive della nostra fede; che fossero solo i cristiani, i cattolici in particolare, a celebrare l'Eucarestia, a fare la Comunione, a "spezzare" il pane e bere il vino. Poi, studiando, cercando, ragionando con la gente, mi sono accorto che la comunione, l'eucarestia - che poi è una parola greca che significa "ringraziamento" - il pane e il vino sono quanto di più comune, in quasi tutte le religioni, di più, in quasi tutte le civiltà antiche, almeno qui, nel bacino del Mediterraneo.
Provate a pensare alla vostra esperienza, al di là di tutto quello che sapete sull'Eucarestia, sulla Comunione. Molti di voi, specialmente chi ha i capelli bianchi, sono stati invitati a bere un buon bicchiere di vino, come segno di ospitalità, di amicizia, di accoglienza. Chi ha qualche anno di più, forse ricorda che, un tempo, invitato in una casa di contadini, veniva accolto spezzando un po' di pane, magari accompagnato con del sale, come segno di ospitalità. Questo era normale al tempo di Gesù, almeno in questa parte del mondo, dove usiamo normalmente il pane e il vino.
Ed era normale al tempo di Gesù, come lo era al tempo dei nostri vecchi, in molti dei nostri paesi, che all'inizio del pasto, il papà o la mamma benedicessero il pane, accompagnando il gesto con una preghiera di ringraziamento: il pane era il cibo essenziale per gli uomini di un tempo.
E anche l'idea di "comunione" è una delle più diffuse nelle religioni di tutti i tempi: coloro che offrivano un sacrificio alla divinità, poi facevano un banchetto di comunione, mangiavano l'offerta sacrificale, come rito di comunione tra i presenti, di condivisione della vita, ma anche come segno di unione con Dio.
Quindi lo spezzare il pane, il bere un bicchiere di vino, il concetto di comunione, erano cose comunissime: quando si riflette su queste cose c'è sempre qualcuno che dice: "Allora Gesù non ha fatto niente nuovo!" E se fosse proprio questa l'intenzione di Gesù? Porre nel cuore della nostra fede un segno che era comunissimo, per sottolineare tutti i significati che aveva questo segno nella vita degli uomini, per poi arricchirlo di altri e più profondi significati.
Il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato si trova ben sei volte nei vari Vangeli e questo sottolinea la sua importanza. Si tratta di una vera e propria catechesi, in cui i primi cristiani tentano di intuire il senso dell' Eucarestia: c'è gente che ha fame, ci sono solo cinque pani e due pesci per tanta gente, ma se si mettono in comune, si moltiplicano: è il segno della vita condivisa. Se siamo capaci di mettere in comune quello che abbiamo, di condividere ciò che siamo, la vita si arricchisce e si moltiplica: è la fraternità, la condivisione.
E poi nell'ultima Cena, mettendo il Segno del Pane e del Vino, nel cuore della nostra fede e della nostra preghiera, Gesù lo arricchisce ancora con il dono della sua vita: lì, c'è il segno del suo dono, dell'amore, del servizio. E ha rafforzato questa idea chinandosi a lavare i piedi dei suoi discepoli.
Ecco dunque il senso dell'Eucarestia che Gesù voleva consegnare a noi: un gesto di ospitalità semplice e comune: un po' di pane spezzato; un bicchiere di vino come segno di festa e di alleanza. Un gesto di ringraziamento, la comunione tra di noi e con Dio, un gesto di fraternità, di servizio, di dono, di gratuità e di amore.
E adesso chiediamoci che cosa è stata per noi, specialmente negli anni della nostra infanzia, la Comunione? Non era forse circondata da regole, da timori? Quando eravamo ragazzi, guai a mangiare dalla mezzanotte, dovevamo fare attenzione anche a lavarci i denti… e poi la preoccupazione di non esserne degni, la paura di essere in peccato… molti di noi non osavano fare la Comunione senza essersi confessati.
E a molti di noi la Comunione era stata presentata come un'assicurazione per l'eternità: ricordate i primi venerdì del mese: nove venerdì di seguito, se ne saltavi uno bisognava ricominciare da capo. E poi, forse la cosa più grave: l'Eucarestia usata per escludere, per affermare il potere. "Tu no! Tu non puoi fare la Comunione, sei escluso dalla comunione con Dio e con i fratelli". Spesso per motivi non condivisi dalla maggior parte dei credenti.
Che ne è del gesto semplice che Gesù ha voluto porre nelle nostre mani? Forse conviene ritornarci, al di là della "Messa" con tutte le sovrastrutture teologiche - il sacrificio che libera le anime del purgatorio, eccetera - che l'hanno accompagnata in questi duemila anni. Forse conviene anche andare al di là del gran rumore di soldi, che ha accompagnato tutto questo, per ritornare al semplice gesto che Gesù ha preso dalla propria esperienza e ha voluto porre nel cuore della nostra fede e della nostra preghiera, arricchendolo.
Il gesto del pane spezzato, un segno di fraternità, di ospitalità e di accoglienza; un bicchiere di vino, segno di festa, di alleanza, di vita donata… e poi la condivisione della vita, il mettere insieme ciò che si ha e che si è… e poi il servizio e la riconciliazione, il chinarsi a lavare i piedi, il donarsi gli uni agli altri… e poi il ringraziamento e la comunione con Dio e i fratelli: ecco il vero cuore dell'Eucarestia, che è il cuore della fede, che, se volete, è il cuore della vita, il senso più profondo dell'essere uomini.
Non sono, forse, l'ospitalità, l'accoglienza il rispetto, la condivisione, la fraternità, il ringraziamento, la gratitudine e la gratuità, la festa e la comunione tra di noi e con Dio, le cose che danno più senso alla vita?
Ecco il vero senso dell'Eucarestia, ecco, per quel che ho capito io, l'intenzione di Gesù, al di là delle regole, del potere, delle proibizioni, delle paure, delle ansie! Tutti siamo invitati a spezzare e condividere il Pane, a nutrirci di Gesù, a sentirci fratelli, parte di una stessa casa, di una stessa famiglia… era questa, per quel che ho capito io, l'intenzione di Gesù… ma non è a buon mercato.
Il Signore ci aiuti.
II Samuele 12,7-10.13 Galati 2, 16-21 Luca 7,36-8,3
Nei giorni scorsi ho ricevuto l'invito a partecipare alla presentazione del libro di un teologo italiano dei nostri giorni. Il titolo di questo libro è: Elogio del dissenso.
Questo teologo ha sentito il bisogno di proporre alla comunità cristiana in un momento, forse, difficile, l'elogio del dissenso.
Non sono andato a questa presentazione perché non amo questi tipi di incontri, ma ho fatto, di nuovo, riflessioni che avevo fatto tanto, tanto tempo fa, quando si poteva trovare scritto sui giornali che il Concilio aveva detto legittima, per il credente, l'obiezione di coscienza.
E c'era qualcuno che mi interrogava: "Non le sembrano dei passi avanti? Ora anche il Concilio ha riconosciuto l'obiezione di coscienza!". Così si leggeva, allora, sui giornali e, oggi, capita di leggere un libro in cui c'è l'elogio del dissenso!
Pensavo allora e penso ancora oggi che l'obiezione di coscienza, il dissenso non è qualche cosa di marginale alla vita della Chiesa: ne costituisce la sua essenza stessa.
Come si può... dopo aver ascoltato le Letture di oggi, sentire il bisogno di scrivere un libro sul dissenso? Lo avete notato: qui tutti dissentono!
Gesù entra nella casa di un fariseo... - rappresentante della tradizione, della legalità, dell'ordine - e si lascia, non soltanto toccare, ma bagnare con le lacrime e baciare i piedi da una prostituta. Questo l'avrebbe reso "immondo", impresentabile nel culto... non gliene importa nulla! A Lui importa che questa donna è capace di amare e quando c'è l'amore il resto sparisce!
Ma non è soltanto un'occasione nella vita di Gesù... lo ricordate tutti: ha preso una cordicella per entrare nel Tempio... tutto era legale là, ma Lui doveva andare oltre. Il rapporto con Dio è diverso da quel rapporto commerciale, di potere, che c'era nel Tempio!
Ha dissentito spesso dai suoi discepoli, ha dissentito dalla sua famiglia…
Ha contestato i capi legittimi della sua religione: i sommi sacerdoti, investiti da Dio di autorità. Ha contestato Erode, Pilato... è finito su una croce non perché era un ubbidiente, un consenziente, ma perché ha vissuto la Sua vita nel dissenso.
Non il dissenso fine a se stesso, ma la ricerca della giustizia, della verità, il tentare di scoprire l'amore nel cuore dell'uomo… e non è stato il primo!
Avete ascoltato, nella prima lettura, la grande figura del profeta Natan che va davanti al re... - legittimamente costituito da Dio, secondo la Scrittura - e alza la voce: ha torto, è reo di omicidio! Bisogna gridarglielo in faccia, gridargli in faccia il castigo di Dio… e non è solo Natan: la storia di Israele è ricca di profeti - pensate ad Elia, Isaia e soprattutto Geremia - che hanno gridato il loro dissenso, la ricerca della giustizia.
E, dopo Gesù… avete ascoltato come Paolo nella lettera ai Galati che abbiamo appena letto, parla della Legge: non si è salvati dalla Legge, ma dalla "grazia" e dall'amore.
E, se conoscete la storia dei primi cristiani, sapete che è una storia di dissensi: Pietro dissente da Giacomo, il primo capo della Chiesa. Paolo dissente da Pietro e da Giacomo... scrive nella stessa lettera ai Galati: "Quando Pietro venne ad Antiochia io mi opposi a lui apertamente, perché aveva torto!".
E, dopo di loro, la storia della Chiesa è una storia di dissensi. Pensate ai primi Padri della Chiesa. Se volete, pensate a Francesco d'Assisi o a Caterina da Siena. O pensate ad Erasmo da Rotterdam che ha dovuto dissentire dall'esercizio del potere della curia romana e dalle intolleranze di Lutero, per rimanere un uomo di dialogo e di pace.
Se volete arrivare più vicino, pensate ad un uomo come Rosmini... i suoi libri erano messi all'indice! Qualche anno fa, mi capitava di passeggiare per le vie di Ostia con monsignor Riva che è stato vescovo qui - molti di voi lo hanno conosciuto - lui era "rosminiano" ed ha passato parte della sua vita a tentare di far riabilitare Rosmini e non c'è riuscito! Si rammaricava con me di questo e gli dicevo: "Porti pazienza, eccellenza, stiamo ancora riabilitando Galilei, un altro paio di secoli e toccherà pure a Rosmini!"
Chi riabiliterà Ernesto Bonaiuti? Uno dei più grandi personaggi della storia della Chiesa del secolo scorso, forse molti di voi non lo conoscono: informatevi su Ernesto Bonaiuti, questo uomo straordinario della nostra storia, della nostra fede: un uomo del dissenso verso tutti: verso la sua Chiesa che lo ha condannato come scomunicato "vitando"... - non ci si poteva nemmeno parlare - il suo dissenso di fronte al potere, all'arroganza, alle leggi antisemite: un grande personaggio!
Ma pensate a Edith Stein: una ebrea diventata carmelitana, una straordinaria persona che nella Germania nazista è finita nel campo di concentramento perché ebrea. È stata una donna del dissenso verso tutti: verso la sua famiglia, verso il suo popolo, per seguire la sua fede e, perché ebrea, è finita sul patibolo e, come lei, tante altre persone che hanno vissuto il "dissenso".
Per venire più vicino a noi, pensate a don Mazzolari... pensate a don Milani, uno dei grandi maestri della nostra gioventù: uomini che hanno cercato il dissenso, non per il dissenso, che è stupido, non serve a niente! Lo ricordino, soprattutto, i più giovani che sono qui: non si dissente per dissentire; si dissente per cercare la giustizia, la verità, l'amore... ma, questo, non è un'eccezione nella vita della Chiesa, questa ne è l'essenza stessa.
Se un cristiano non cerca la verità e il bene, la giustizia e l'amore e li difende di fronte a tutti, al potere religioso e civile, non può dirsi un vero discepolo di Gesù! Ma il "dissenso" non è facile: bisogna avere nel cuore la passione per il bene, per la giustizia, per la libertà, così come l'aveva Gesù, come l'hanno avuta tutti i giusti della storia della Chiesa più autentica, che non è una storia di obbedienza - come ci hanno insegnato quando eravamo piccoli - ma è una storia di dissenso, è una storia di ricerca della libertà e della verità.
È una storia di ricerca dell'amore! Questo ha fatto Gesù, questo fa ogni credente che tenta di credere sul serio in Dio e nella vita: ma non è semplice!
Il Signore ci aiuti
Luca 1,57 - 66. 80
Una delle frasi che in questi anni mi è capitato di ripetere quando, insieme con altre persone, ci siamo riuniti per leggere il Vangelo... una frase che ho ripetuto tante volte un po' sul serio, un po' per scherzo è questa: "Noi siamo discepoli di Gesù e non di Giovanni Battista!".
Succede quando leggiamo il Vangelo che, ogni tanto, qualcuno porti una scatola di cioccolatini o di altri dolcetti raffinati oppure, meglio, che qualche signora... (oggi anche qualche signore.. son diventati bravissimi anche i "maschietti" a preparare dolci) ci offra dei dolci, anche in tempo di Quaresima... e c'è sempre qualcuno che dice: "Qui, sempre, si mangia e si beve!" e la risposta è inevitabile: "Siamo discepoli di Gesù e non di Giovanni Battista!".
Ma allora perché Giovanni Battista ha un posto così importante nel Vangelo e, poi, nella preghiera della Chiesa tanto che, oggi lo avrete notato tutti, la domenica è stata sostituita dal ricordo della nascita di Giovanni Battista?
Perché il Vangelo arriva a mettere in bocca a Gesù parole straordinarie: "Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista"?
Perché, se c'è tanta differenza tra Gesù e Giovanni e, badate, non soltanto nello stile di vita? Giovanni è uno che vive nel deserto lontano dalla vita di ogni giorno; è uno che vive di penitenza: "portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico".
Gesù, invece, vive in mezzo alla gente... mangia e beve! Dicono di Lui che è "un mangione e un beone"! Se leggete il Vangelo lo trovate, spesso, a tavola... ha, addirittura, fatto un miracolo per trasformare l'acqua in vino per l'allegria della gente.
Ma non è solo lo stile di vita: c'è qualche cosa di più. Giovanni il Battista aspettava e annunziava un Messia severo, che venisse a fare, finalmente, il giudizio del mondo. Lui aspettava... - per usare le parole del Vangelo - "il giorno rovente come un forno" in cui, finalmente, Dio "pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile", allora regnerà la giustizia sulla terra, sarà distrutto ogni male e i giusti risplenderanno.
Giovanni non parla affatto di un Messia sofferente, della croce, del servizio, del chinarsi a lavare i piedi: lui aspetta il giudizio, aspetta la vendetta di Dio contro il male del mondo. Ma dell'attesa di Giovanni non accade nulla!
Non solo... Giovanni patisce sulla sua persona il fallimento della sua attesa: è finito in carcere altro che risplendere nella luce di Dio! Quando, forse, si rende conto di essersi sbagliato manda dei discepoli da Gesù a chiedergli: "Sei tu Colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". Gesù non gli risponde... "Andate a dire a dire a Giovanni quello che succede, beato lui se non si scandalizzerà di me". Perché, allora, questo profeta che è così diverso da Gesù, che conosce la paura, il fallimento... viene esaltato e onorato nel Vangelo? Perché, addirittura, Gesù dice di lui che non c'è nessuno tra i nati di donna più grande di Giovanni Battista? E lo dice proprio nel momento del dubbio di Giovanni, nel momento in cui Giovanni constata con mano il suo fallimento; in cui si rende conto di essersi sbagliato.
E se fosse proprio per questo? Se fosse proprio per questo che i primi cristiani riconoscono in Giovanni un personaggio straordinario?
Vedete, nel cammino dei discepoli che vanno dietro Gesù, Giovanni è il primo martire, si parla nella Bibbia tante volte di martiri, ma nella loro esperienza concreta è Giovanni il primo: viene ucciso dalla violenza di Erode. È lui che finisce con la testa tagliata su un vassoio, perché Erode ha fatto un giuramento e teme il giudizio della gente.
Certamente in Giovanni i primi cristiani esaltano il martire… eppure è nel momento del suo dubbio, della sua difficoltà, della sua paura che i cristiani fanno dire a Gesù: "È il più grande tra i nati di donna".
Se i primi cristiani vedessero proprio nel suo dubbio qualcosa di importante per la loro fede? E se questo fosse importante, anche, per la nostra fede? Perché anche noi, come Giovanni, conosciamo la paura, il dubbio, la difficoltà. Se essere cristiani non significa... - come qualche volta ci viene detto - compiere imprese straordinarie, fare prodigi... delle vite dei santi, spesso - lo avrete notato - ci raccontano solo i miracoli... Giovanni non ha fatto nessun miracolo!
Il cristiano viene, spesso, presentato come uno che non ha dubbi, che vive la certezza della verità... Giovanni, alla fine della vita, conosce il dubbio, il fallimento! I cristiani vengono, spesso, descritti come persone che sono tutte uguali, che vivono tutte allo stesso modo. Giovanni è diverso da Gesù! Eppure Giovanni è un uomo che ha avuto il coraggio di rimanere fedele fino in fondo, aldilà del proprio fallimento, delle proprie debolezze, dei propri dubbi! E se fosse proprio questo essere cristiani? Se il Vangelo guardasse con tenerezza il mio e il vostro dubbio; le mie e le vostre paure; i miei e i vostri fallimenti?
Il Vangelo ci propone Giovanni proprio come uno che è piccolo, che è povero, che è fallito, che è dubbioso, ma nonostante tutto rimane fedele; fedele fino in fondo, fino alla morte!
E se essere cristiani significasse solo questo? tentare di rimanere fedeli aldilà delle nostre debolezze, dei nostri dubbi, delle nostre paure, delle nostre ansie!
Come è diverso il Vangelo dalle tante storie dei santi che ci raccontavano e che ancora si raccontano! Nel Vangelo tutti sembrano deboli, fragili: non soltanto Giovanni, ma anche Pietro e gli altri discepoli; non soltanto gli apostoli, ma anche Gesù. Nel momento del Getsemani, anche lui conosce la paura, l'angoscia; anche lui grida al Padre: "Perché mi hai abbandonato?".
Se fosse questo il vero essere cristiani, il vero tentare di credere: non sapere tutto, non sentirsi sicuri, non fare grandi cose, non compiere prodigi e miracoli, ma tentare ogni giorno, con coraggio, di rimanere fedeli alle cose in cui crediamo, ai valori che Gesù ci ha messo nel cuore? Ma non è semplice!
Il Signore ci aiuti.
Luca 9, 51-62
Sareste capaci di spiegare questa pagina del Vangelo ad un ragazzo, ad un giovane, che so ad un figlio, ad un nipote? Forse no… non vi preoccupate! La stragrande maggioranza dei preti che vivono su questa terra non sono in grado di farlo. Molti, oggi, parleranno d'altro per non affrontare questa pagina del Vangelo, eppure, è una pagina importantissima.
Ed è bene che non sia spiegata, perché il Vangelo non va troppo spiegato; si tratta di intuire qualche cosa in queste immagini così forti, così lontane da noi, dal nostro modo di parlare.
Le immagini di oggi cercano di riproporci la radicalità della sequela del Signore, dell'andare dietro a Gesù, dell'essere cristiani. Si può intuire qualche cosa?
Vediamo se mi riesce di aiutarvi, raccontandovi - riassumendo molto - tanti discorsi che mi è capitato di fare con ragazzi e giovani nei lunghi anni della mia vita di prete.
La prima immagine, almeno a parole, è abbastanza semplice... entrano in un villaggio di Samaritani, ma non li accolgono... Giacomo e Giovanni vogliono invocare il fuoco dal cielo... Gesù si volta e li rimprovera! Poveri discepoli, cominciano male… così intolleranti!
Ecco, questa, è soltanto la premessa alle immagini che vengono dopo: immagini di una radicalità totale, ma Gesù ci mette in guardia: "Attenti, non siate intolleranti, non diventate integralisti e fanatici!". Un po' di sana accettazione della diversità, un po' di tolleranza è fondamentale per essere cristiani… ma è solo una premessa, seguono tre immagini una più forte dell'altra.
La prima: un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada". Gesù si volta e bruscamente gli dice: "Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Non venire dietro di me aspettandoti qualche cosa: è la gratuità totale!
Quante volte ho parlato con dei ragazzi sulla gratuità! Un ragazzo dice: "Io se vado dietro al Signore non mi aspetto niente, non cerco privilegi, non mi aspetto certo di far carriera...!". "Ma quando preghi cosa chiedi?". "Beh! Ho chiesto al Signore, proprio ieri sera, che mi facesse andare bene il compito di matematica… qualcosa gli chiedo… però quando vado a fare qualche servizio alla mensa o a far giocare i piccoli in parrocchia, sono contento; nessuno mi paga, lo faccio gratuitamente!". "Chi rifà il letto a casa?". "Lo rifà la mamma, quello è compito suo!". "Forse, quando torni a casa, pensi di aver fatto più di quanto dovevi e ti senti in diritto". "Sì!". "E la mamma?".
Ti guardano con gli occhi sbarrati... e la mamma? Non spetterebbe, forse, anche a lei un po' di riposo e di gratuità? Forse bisognerebbe darle una mano. Parlare di gratuità è facile, viverla nella vita di ogni giorno è complicato! Venire in chiesa, seguire il Signore, essere onesti e non sentirsi in credito verso il Signore e verso la vita, vivere la gratuità... lo so io, ma penso che lo sappiamo tutti, si può dire e ripetere facilmente, ma esige la radicalità della fede.
La seconda immagine è più forte! Ad un altro disse "Seguimi". Rispose: "Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre". "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu vieni e seguimi". Gesù è diventato pazzo? Non si può nemmeno andare a seppellire il padre? Non c'entra il funerale: c'entra la scelta radicale, che per i primi cristiani era essenziale, tra la morte e la vita! Bisogna rinunciare a tutto quello che è morte per scegliere la vita; sceglierla fino in fondo.
Parlo con un ragazzo in un gruppo: "Ma io, don Checco, non ho mai ammazzato nessuno, non ho mai spinto qualcuno ad abortire, non ho fatto niente contro la vita... al più ho ammazzato qualche zanzara, ma niente di più!". "La sera, quando vai in discoteca, bevi un bicchiere di più?". "E che male c'è, un bicchiere in più?". "È causa di morte per tanta gente; tu sai fermarti, ma, forse, qualcuno dei tuoi amici non sa fermarsi! A scuola fumate qualche spinello?". "E che male c'è? Sempre moralisti voi preti! Cos'è uno spinello?". "Tu ti fermi, ma il tuo amico finisce nell'eroina ed è morte!
"Ti sei preoccupato, qualche volta, di quello che succede in Africa... milioni di morti per l'AIDS, per la fame, per la malaria?". "Ah, don Checco! Io so' giovane e devo pensa' a divertimme e non me posso preoccupa' de tutte 'ste cose!". "Ma tutto questo provoca morte! Quando dici di scegliere la vita che significa nel concreto della tua esperienza?". "Ah, è difficile!". "Essere cristiani non significa soltanto dire parole o preghiere: esige la radicalità di una scelta per la vita e, quindi, dovresti preoccuparti di tutto quello che sciupa la vita".
"Io ho fatto esempi grossi, forse, più grossi di te, ma sciupa la vita, anche, l'intolleranza di ogni giorno, la mancanza di rispetto, il prendere in giro un amico più debole e via discorrendo...".
Scegliere la vita è un impegno radicale di ogni giorno, non basta dire: "Signore, Signore!" occorre scegliere la vita, lasciare il mondo della morte.
La terza immagine è, anche, un'immagine severa: "Ti seguirò Signore, ma lasciami andare a salutare quelli di casa". "Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il Regno di Dio". Che vuol dire? "Don Checco, noi siamo giovani e ci fanno paura le scelte radicali. Io ho paura di sposarmi... con la mia ragazza ci vogliamo bene, però il matrimonio... è una scelta irrevocabile... dovrei pensare al futuro, prepararmi per scegliere il lavoro, ma sono incerto... non so cosa decidere per il domani... mettere al mondo un figlio... sempre si rimanda...".
Perché le scelte radicali ci fanno paura; perché ci fa paura scegliere?
"Chi mette mano all'aratro e poi si volge indietro non è adatto per il Regno di Dio"
"Un uomo è uomo perché ha il coraggio di scegliere e, forse, tu non ti rendi conto che se non scegli, hai scelto, semplicemente, di non scegliere e per te scelgono gli altri, sceglie la vita e ti accodi, come pecora, al gregge! Il coraggio di prendere decisioni, decisioni che ti impegnano non solo per il presente ma, anche, per il futuro; il coraggio di progettare il futuro: questo è essere uomini!".
È uno dei discorsi... - forse, ne avete esperienza anche voi - più difficili da fare ai ragazzi di oggi, eppure, per essere cristiani, meglio, per essere uomini, occorre avere il coraggio di scegliere.
Poi capita di sbagliare, di dover tornare indietro, ma questo è un altro discorso... ci saranno tante altre pagine del Vangelo, ma se uno ha paura di impegnarsi di scegliere, se gli manca il coraggio di fare scelte radicali... non può andare dietro al Signore!
Non so se ho potuto farvi intuire qualcosa, non posso spiegarvi il Vangelo; il Vangelo non si può spiegare: è la vita il Vangelo, ma in queste immagini così strane, così orientali, così forti c'è qualche cosa di fondamentale della vita cristiana, ne tocca quasi il cuore, i nervi scoperti e parlarne con i ragazzi significa, a volte, metterli in difficoltà, sperando che intuiscano qualcosa, che trovino il coraggio di dire "Sì" al Signore, alla vita, al futuro, nella gratuità, nell'amore, ma - lo sappiamo tutti - non è semplice.
Il Signore ci aiuti
Luca 10, 1-9
Come avete, penso, notato tutti ci troviamo di fronte a una pagina del Vangelo lunga e complessa; anche questa costruita con immagini orientali, molto lontane da noi, dal nostro modo di parlare... immagini complicate. Questa pagina poco si adatta ad una calda domenica di luglio. Vediamo se mi riesce di suggerirvi un modo per rileggerla a casa.
Ci sono... - di questa pagina, come di tutte le pagine del Vangelo - tante possibili interpretazioni che si possono dare e che, di fatto, sono state date nel corso della storia.
Una vede in queste parole una specie di profezia di Gesù, una descrizione anticipata della storia e della vita della Chiesa in questi duemila anni.
Potrebbe essere una lettura… ma c'è chi sostiene che, se vogliamo leggervi la storia della Chiesa in questi duemila anni, bisogna "rigirare" le parole di Gesù. "Vi mando come lupi in mezzo agli agnelli, non vi mando a portare pace, ma la guerra, in oriente, in occidente; vi mando a distruggere popoli, a sradicare nazioni. Quando andate in giro mangiate e bevete, ma predicate il digiuno, soprattutto a quelli che non hanno niente da mangiare. Guardatevi dall'andare in giro senza borsa, senza bisaccia, andate a cercare il potere, la forza, il consenso e l'applauso della gente e, soprattutto, esaltate coloro che sanno cacciare i demoni, coloro che fanno prodigi... fatene delle figure straordinarie della vostra storia... non preoccupatevi che i vostri nomi siano scritti presso Dio... non preoccupatevi troppo di Dio! Preoccupatevi che ci sia gente che accende candele davanti alle statue dei santi... santi che fanno miracoli e cacciano tanti demoni e che vi diano soldi, potere e consenso del popolo!".
Molti di voi diranno, e saggiamente, che questa è una caricatura della storia della Chiesa, ma l'altra non vi sembra una visione troppo idilliaca? È sempre stato vero che i cristiani hanno portato pace e hanno cercato Dio invece che il potere e il consenso? Qualche dubbio è legittimo! Allora, possiamo trascurare questa prima interpretazione!
La seconda cerca di vedere in queste parole dei comandi, delle regole che il Signore dà alla sua Chiesa e, quindi, a tutti noi, ma, se provate a rileggerla a casa, vedrete che sono regole difficilmente applicabili...
Cosa significa "scuotere la polvere dai piedi"? Cosa significa essere "agnelli in mezzo ai lupi"? Sono parole che poco si prestano ad essere considerate come delle regole, delle leggi.
Forse c'è un'altra interpretazione... - ed è quella che vi suggerisco - cerca di vedere in questa pagina come una specie di bussola, di orientamento, di traccia che il Signore ci offre per riconoscere quelli che sono dalla sua parte, quelli che vivono secondo il suo cuore... Dove trovate un uomo di pace, uno che vive la gratuità e la tenerezza, là, trovate un discepolo del Signore e, badate, che a questo punto dovete cercare i discepoli di Gesù aldilà di ogni differenza di razza, di tradizione, di religione...
A questo punto avete davanti l'orizzonte del mondo e di tutta la sua storia per cercare in ogni angolo della terra i giusti, quelli che sono vissuti secondo il cuore del Signore.
Certamente servono le organizzazioni: la Chiesa è una cosa importante, ma aldilà delle strutture, delle organizzazioni, chi vive secondo il cuore di Gesù? Questa pagina ce ne offre una traccia e - badate - questa non è una lettura strana del Vangelo!
Se aprite il Vangelo di Matteo trovate che la pagina... - la leggevo ieri a una festa di nozze in cui gli sposi hanno scelto proprio questa pagina, perché dei due sposi, uno è credente e l'altro no - che dice: "Beati i poveri in spirito, beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace... ". Così si aprono i discorsi di Gesù nel Vangelo di Matteo e si concludono: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere, ero nudo e m'hai vestito".
Non c'è scritto: beati quelli che vanno in chiesa, beati quelli che ossequiano le autorità ecclesiastiche, beati quelli che sono stati battezzati, beati quelli che vanno sempre a Messa! "Beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace; beati quelli che danno da mangiare e da vestire...".
Ecco, allora, avete una traccia per discernere, per riconoscere! Se qualcuno... - vi faccio un esempio - vi dice: "Fate digiuno!". In nome di chi parli? Non certo di Gesù! Se uno vi dice: "Quelli che contano sono quelli che cacciano i diavoli, che fanno miracoli..."
Conta chi mette davanti Dio, i valori assoluti, chi cerca la giustizia e il bene, chi cerca la pace, chi ha il cuore tenero, chi vive la gratuità... anche se è di un'altra religione, di un altro colore, di un'altra razza... Non importa! Quello che è importante davanti a Dio, quello che Gesù è venuto a testimoniarci, è che conta il cuore dell'uomo, quello che c'è dentro di lui...
Questa pagina... - potete rileggerla a casa - è una pagina complessa; sono le solite immagini che vengono dall'oriente, un po' difficili per noi, ma ci danno una traccia per guardarci intorno e ne abbiamo bisogno in un momento in cui ci ripropongono la Messa in latino... il mondo ha bisogno di pane, di libertà, di sconfiggere le malattie; ha bisogno di pace, ha bisogno che siano valorizzati e onorati i giusti di questa terra. Abbiamo bisogno di ascoltare le persone che non dividono, ma uniscono; chi ci mette nel cuore un po' di speranza, il coraggio del futuro, la voglia di costruire la vita, la tenerezza verso i piccoli, l'attenzione verso chi ha fame e sete...
Il Signore ci aiuti.
Luca 10, 25-37
Questa pagina del Vangelo - ma ce ne sono molte altre - si presta a causare sensi di colpa, a mettere pesi sul cuore delle persone e spesso i predicatori aggiungono i loro carichi. Spero che l'esperienza vi abbia insegnato che i sensi di colpa non servono a nulla, anzi sono dannosi ed abbiate dunque imparato a sbarazzarvene nel cammino della vita, ma, se l'esperienza mi dice qualcosa, penso che tra di voi ci sia più d'uno che si porta nel cuore sensi di colpa: abbandonateli ai piedi dell'altare, meglio che potete.
Ad ascoltare parole, che ho sentito ripetere spesso in questi anni, oggi tutti noi dovremmo uscire di chiesa, a cominciare da me, perché, come avete ascoltato, nella Parabola si parla di un sacerdote, incapace di fermarsi accanto a colui che è ferito. Ma non soltanto del sacerdote, anche dei leviti, cioè di tutti quelli che frequentano, un tempo il tempio, oggi la chiesa. Dovremmo uscire tutti per andare in giro per il mondo a cercare i "samaritani" e tentare di fare come loro.
Questo pensavo di dover fare quando ero un ragazzo, allora credevo che i "samaritani" fossero personaggi eccezionali, capaci di fare cose straordinarie, capaci di fermarsi ad accudire quelli che erano assaliti dai briganti. Poi l'esperienza, la capacità, che forse mi ha lasciato in eredità mia mamma, di ascoltare, di guardare negli occhi le persone, mi hanno fatto capire che i "samaritani" sono le persone più comuni, tra i cristiani e tra gli uomini. Le persone capaci di dedicare la propria vita agli altri con dedizione, con rispetto, con tenerezza, non in circostanze straordinarie, quando incontri un ferito lungo la strada, ma nel quotidiano della vita di ogni giorno.
Quante mamme, quanti papà ho visto nel corso della mia vita dedicarsi ai propri figli, con amore totale… e correre di qua e di là, per portarli a scuola e poi allo sport, e a danza, a imparare l'inglese o ad usare il computer e quant'altro, lavorando anche per guadagnare il pane quotidiano.
Quante persone ho visto dedicarsi totalmente ad un figlio malato nel corpo e, a volte, nel cuore o nella mente… quanta fatica per stare accanto a chi ha smarrito il senso della vita, quanta pazienza e quanto senso di frustrazione, quando non si sa cosa fare e si sbatte la testa di qua e di là… eppure rimangono lì, pronti, con le mani tese, aspettando di fare il bene che si può.
E non soltanto genitori nei confronti dei figli, ma anche mogli nei confronti dei mariti, mariti nei confronti delle mogli… ancora mi capita, dopo molti anni, di incontrare, in giro per Ostia, un marito che accompagna la moglie, ormai diventata cieca, con dedizione e tenerezza infinita…
E poi quanto amore nei confronti degli anziani: ho visto figli sacrificarsi per genitori ridotti in un letto o che avevano perso il senno e non soltanto figli, ma anche nuore nei confronti della suocera, cognati e parenti o anche soltanto amici…
Quanta tenerezza, quanta attenzione, quanto rispetto, quanta dedizione ho visto nella mia vita… i "samaritani" di ogni giorno.
Questa è un'altra delle lezioni che ci ha lasciato, fra le tante, uno dei grandi maestri del nostro tempo, forse un po' dimenticato oggi, perché la Chiesa sembra andare per altre strade: don Lorenzo Milani diceva più o meno: "Non parlatemi dei cinesi, io non conosco cinesi: posso voler bene solo alle persone che ho intorno…" E ha dedicato la sua vita, giorno e notte, a cercare di dare cultura ad un gruppetto di ragazzi, in piccolo, sperduto paese… il "samaritano" di ogni giorno, la fatica di ogni giorno, la dedizione di ogni giorno.
E non conviene parlare di persone straordinarie, di avvenimenti straordinari, quando c'è la malattia o un grosso problema, perché l'attenzione verso l'altro è fatta anche di cose più quotidiane e più semplici: il saper raccontare una barzelletta per far sorridere chi sta accanto, il preparare un buon pranzo per rallegrare degli amici intorno ad una tavola, il saper far l'amore con passione, anche quando non se ne ha troppa voglia, per donare piacere, il saper condividere quattro chiacchiere, passeggiando con un amico, che magari ti mette la mano sulla spalla… è la tenerezza e la dedizione di ogni giorno… son questi i "samaritani", non cercateli lontano, in giro per le strade, in circostanze straordinarie... ci sono anche quelli per fortuna, ma il tesoro della vita sono i "samaritani" quotidiani, le persone che abbiamo intorno, quelli che, magari senza accorgersene, sanno donare tenerezza e amore.
Allora, davanti a questa pagina del Vangelo non facciamoci venire sensi di colpa, è quanto di più inutile e assurdo ci sia per un credente, qui ci conviene invece ringraziare il Signore, prima di tutto per il bene che abbiamo ricevuto… io quasi ogni mattina, mi meraviglio per la tenerezza, l'affetto delle persone che arricchiscono la mia vita, che mi dimostrano rispetto e attenzione, affetto e gratuità... e credo che sia così per molti di voi.
Poi, qui, oggi, ringraziamo il Signore per il bene che ciascuno di noi ha potuto fare, per i "bicchieri d'acqua" che abbiamo saputo donare… siamo noi i "samaritani", non dobbiamo uscire da questa chiesa, dobbiamo solo cantare al Signore la nostra gratitudine per la vita, per il bene che abbiamo ricevuto e abbiamo saputo fare, sperando di farne ancora un po', il bene semplice, quotidiano: è quello che arricchisce la vita!
Il Signore ci aiuti.
Luca 10, 38-42
A volte - lo avrete notato spesso - il Vangelo sembra contraddittorio: domenica scorsa leggevamo la pagina appena precedente a quella che abbiamo letto oggi e là si parlava di un "samaritano" che si ferma lungo la strada e si prodiga nel servizio di colui che è rimasto ferito, assalito dai briganti.
Passano di là un sacerdote, che va verso il Tempio a pregare il Signore; passa anche il "levita" che va a fare il suo servizio al Tempio, ma questi vengono biasimati; viene lodato, invece, colui che si ferma a servire.
Oggi è il contrario! Chi si dà da fare, "presa dai molti servizi", come Marta, viene biasimata e Maria che, invece, non fa niente, che si siede ai piedi di Gesù, viene lodata!
"Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose… Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta"
Sembra una contraddizione... penso che abbiate imparato che quando nel Vangelo c'è una contraddizione, là, c'è qualcosa di importante, su cui conviene soffermarsi e riflettere un po'!
Spero che a molti di voi... siano state risparmiate le lunghe discussioni - io ho dovuto subirne parecchie - sul primato della vita contemplativa o della vita attiva. Ho ascoltato molti discorsi su queste cose, finché non mi sono accorto che sono tutte sciocchezze e bisogna andare oltre!
E se cerchi di andare oltre ti sembra di toccare il fondamento stesso della nostra fede! Vedete, noi, - io, ma anche molti di voi, specialmente chi ha i capelli bianchi - siamo stati educati a una religione in cui bisognava moltiplicare i "servizi".
Bisognava moltiplicare i digiuni, le novene, i fioretti, le giaculatorie, le preghiere... guai a non andare a Messa una domenica, si rischiava di andare all'inferno! Molti servizi da fare davanti a Dio sperando, magari, di acquistare meriti presso di Lui!
Poi ti accorgi che Dio è "altro", che il rapporto con Dio non può essere basato sulla moltiplicazioni delle opere, dei servizi... occorre cercare in Lui il fondamento della propria esistenza, del proprio vivere, l'essenza dell'essere uomini. Fondamento della fede è cercare in Dio la gratuità; è scoprire la gratuità, è cercare in Lui "l'oltre": per questo è importante che ogni tanto ci fermiamo con Lui!
Il cristiano è invitato alla Messa - senza farsi scrupoli, che sono assolutamente insensati - per venire a sedersi ai piedi di Gesù e cercare nella sua Parola "l'oltre"... il fondamento dell'esistere, del vivere, le cose essenziali, nell'affanno e nella corsa di ogni giorno.
E quello che vale nel rapporto con Dio vale, anche, nel rapporto tra di noi. La nostra vita è basata su "molti servizi", ma c'è qualcosa d'altro...! C'è, anche tra di noi, un "oltre" necessario, fondamentale!
Vi faccio qualche esempio per tentare di farvi intuire qualcosa. Ci sono molti papà che si danno da fare moltissimo per i figli: corrono da mattino a sera, lavorano... mi è capitato, qualche volta, di parlare con loro: "Faccio tutto per mio figlio, vivo per lui; qualunque cosa mi chiede gliela do... mi ha chiesto la bicicletta e gliel’ho data... mi ha chiesto il motorino e gliel’ho dato...!"
E poi, se il figlio si trova in qualche momento di difficoltà... potete provare a dire a questo padre: "Scusa, non ti sei accorto che, forse, tuo figlio più che bisogno delle cose, del tuo affannarti per dargli tutto, aveva bisogno che tu ti sedessi un po' con lui ad ascoltarlo, a guardarlo negli occhi, a capire cosa gli succedeva?"
Vi ripetono: "Ma io vivo solo per lui, mi sacrifico da mattina a sera, qualche volta non dormo la notte... - specialmente se si tratta di qualche commerciante o di qualcuno che ha molte cose da fare - non mi prendo nemmeno la vacanza, ho fatto tutto per lui, gli ho dato tutto quello che voleva...!". Aveva bisogno di te, non dei tuoi "molti servizi"! Aveva bisogno dell'oltre della gratuità, del fermarsi ad ascoltare, a cercare di capire!
E quello che vale per i papà, qualche volta, vale anche per le mamme... ci sono delle figlie che dicono che le mamme hanno la "sindrome dell'onnipotenza" (qualcuna ne conosco anch'io) credono di essere indispensabili, di dover far tutto, di sapere tutto quello che giova ai propri figli e non solo quando sono piccoli, ma anche quando sono cresciuti!
E, qualche volta, si dimenticano di ascoltare, di guardare negli occhi, di cercare di intuire che cosa è veramente importante per il figlio o la figlia che crescono: si dimenticano di condividere e quello che vale per i papà, per le mamme nei confronti dei figli, vale, a volte anche di più, tra marito e moglie.
Quando nasce un figlio, spesso, le mamme soprattutto, son prese dai molti servizi, indispensabili... c'è da correre dalla mattina alla sera, qualche volta, non si dorme la notte e ci si dimentica dell'altro: ci si dimentica di guardarsi negli occhi, ci si dimentica di ascoltarsi, di condividere...
Prima del "fare per"... c'è "l'essere con", il condividere, il camminare insieme, l'ascoltare... Ho, più volte, invitato la gente... ad andare a visitare uno splendido luogo nei dintorni di Roma che molti non conoscono: villa Farnese a Caprarola... (vi consiglio vivamente perché è un luogo tra i più belli nei dintorni di Roma).
Se andate, vi troverete, davanti a uno studiolo, sulla parete c'è una frase che mi ha incuriosito (ve la dico in latino, poi la traduco): "plus agit qui nihil agere videtur" significa che, spesso, fa di più chi sembra non faccia niente! Chi, prima di fare, si ferma a pensare, a guardare, a cercare di capire... capirsi, condividere la vita, guardarsi negli occhi.
Non vi fate venire scrupoli e sensi di colpa: sono quanto di più inutile ci sia nella vita, ma a volte è indispensabile fermarsi! Ecco perché Maria ha ragione… perché Maria conosce la gratuità! Poi, spero che Gesù e Maria si siano alzati e abbiano dato una mano a Marta perché "se nun c'è Marta nun se magna", ma non è di questo che si parla: oltre il "fare per" occorre "essere con", guardarsi negli occhi, condividere la vita.
Vale tra di noi, ma vale, anche, nel rapporto con Dio: Dio è gratuità! Non ha bisogno dell'affanno dei tanti servizi, non bisogna moltiplicare preghiere, digiuni e sacrifici: occorre cercare in Dio l'essenza dell'essere e del vivere. Dio è gratuità e amore… non è facile!
Il Signore ci aiuti
Luca 11, 1-13
Le letture di oggi - come avete appena ascoltato - sono molto complesse e il tema della preghiera è troppo complicato per essere affrontato in una calda e afosa domenica di luglio.
Se permettete vorrei proporvi qualche riflessione molto marginale, ma che, forse, è importante per qualcuno di voi.
Molti di voi avranno notato... - magari con sorpresa - che il Padrenostro che abbiamo letto stamattina non è quello che recitiamo noi. "Padre... " dove è finito "nostro che sei nei cieli"? Non c'è! "Sia fatta la tua volontà". Non c'è! "Liberaci dal male". Non c'è!
Questa è la versione di Luca, più breve! Cosa è successo? Matteo ha allungato la versione originale o Luca l'ha accorciata? E Gesù che cosa ha detto? Cosa ha insegnato, Lui? Quali sono le parole che Lui ha detto? Non lo sapremo mai!
Potete leggere decine di libri, ognuno vi dà la sua interpretazione! Per quel che ho capito io non sapremo mai che cosa, veramente, ha detto Gesù! Non ci sono grosse differenze, è vero! ma noi vorremmo sapere che cosa ha detto Lui! Quali sono le Sue parole, quelle che sono uscite dalla Sua bocca!
Ma, in quello che abbiamo ascoltato stamane, c'è un altro problema... qui c'è una parabola un po' strana: la parabola in cui Dio viene - in maniera ironica, forse, - paragonato a un vecchio contadino, che sta nella sua grande stanza con tutti i figli intorno che dormono sul pagliericcio e non vuole alzarsi a rispondere a chi bussa... ma quello, fuori, insiste e batte e batte, finché chi è dentro non si alza a dargli quello che cerca non, forse, per bontà, ma per l'insistenza.
Sembra una caricatura di Dio eppure, qui, ci viene proposta come una parabola detta da Gesù! L'ha detta? E se l'ha detta perché il Vangelo di Matteo e di Marco non la riportano? Oppure l'ha inventata Luca, e perché l'ha inventata? Perché ci propone un'immagine di Dio così sconvolgente? Non lo sapremo mai!
Tante interpretazioni anche qui! Potete leggere libri che vi danno una risposta o l'altra... il fatto è che, con certezza, non sapremo mai che cosa è accaduto là!
Se dal cercare cosa ha detto Gesù si passa, poi, all'interpretazione di quello che ha detto, oggi rimaniamo ancora più sconcertati, perché le parole che abbiamo ascoltato sono parole a cui noi siamo abituati: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto".
Quante persone ho ascoltato dirmi: "Don Checco, io ho pregato tanto, ma non ho ottenuto niente; ho bussato, ho chiesto con insistenza per un figlio malato, per il padre che soffriva... ho bussato tanto, ma non ho ottenuto niente e qualcuno m'ha, anche, detto che non ho ottenuto perché non ho saputo pregare... se sapessi pregare avrei ottenuto!".
Questa è un'interpretazione! Un'interpretazione che, per molti credenti, è la vera interpretazione di questa pagina… per me è una bestemmia! Chi ha ragione? Posso dirvi: ho ragione io! ma voi avete ben diritto di dubitare che abbia ragione io!
Però - se avete notato - in questa pagina in cui si dice "cercate, chiedete, bussate... " è scritto anche: "Se voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre celeste darà lo Spirito Santo". Lo Spirito Santo? E chi è? Noi non abbiamo mai chiesto lo Spirito Santo o, forse, qualche volta, quando qualcuno ci ha invitato... anche il prete dall'altare... ma nel quotidiano del nostro vivere noi preghiamo per un figlio, preghiamo per un parente, preghiamo per un amico in difficoltà... non invochiamo, certo, lo Spirito e, qualche volta, preghiamo, preghiamo e non siamo ascoltati".
Chi ha ragione? Non potete cercare da me la risposta! Molte volte nella vita... - non so se anche qualcuno di voi - mi hanno rimproverato: "Sempre domande, lei, don Checco, mai risposte!".
Ma io, stamattina, volevo dirvi soltanto che il Vangelo è pieno di domande... domande a cui risposta non c'è! Ma soprattutto che la vita è piena di domande... di domande a cui non abbiamo risposta... magari l'avessimo! Quindi, vorrei soltanto concludere così: "Diffidate, ma diffidate nel profondo del cuore, di chi vi propone "verità"!
Amate chi vi propone ricerca, domande, "verità" relative... dubitate di chi condanna il "relativismo", non ha capito niente della vita... niente! Perché la vita è relativa, perché la vita è provvisoria, perché è fatta di tante domande, perché è fatta di ricerca, perché se ti dicono: "prega, prega... tu preghi e poi non ottieni e, magari, ti rimproverano, pure, perché non hai saputo pregare...".
Dubitate...! Dubitate soprattutto di chi vi mette un peso sul cuore, dubitate di chi vi fa venire uno scrupolo, di chi vi mette il senso di colpa dentro! È - se ho capito qualcosa - totalmente lontano dal Vangelo: amate il dubbio, la ricerca, tentate di consolare chi vi sta accanto, chi prega con affanno e non ottiene, ditegli: "Come te è la maggior parte dei credenti del mondo, non siamo soli!"
Ma allora che facciamo, non preghiamo? Come si può non pregare quando hai un figlio malato, quando hai un amico che soffre, quando ti dicono: "Prega per me!". "Sì, volentieri! Dovrei pregare per invocare lo Spirito… No, prego per te!". È un gesto di affetto, di amore… e quando prego per me è il segno della mia debolezza, della mia incapacità, a volte, di affrontare la vita.
Ma così siamo noi! Povera gente che cercano di camminare in questo mondo senza certezze, senza sicurezze continuando a cercare... a cercare Dio, ma Dio è "l'Oltre", Dio è "l'Altro", Dio è Mistero! A volte vorremmo averlo a nostra disposizione e vorremmo che ci desse quello che chiediamo ma, più spesso, accade che quello che chiediamo non lo otteniamo!
Perché? Chi lo sa! È il mistero della vita! Eppure noi siamo qui per continuare a cercare in Dio le cose essenziali, "l'oltre", la verità del nostro essere, a volte, anche, la verità del nostro soffrire, dei rapporti che abbiamo con gli altri... siamo qui tentando di stringerci la mano, di camminare insieme conservando nel cuore tante domande e dubitando... dubitando di cuore di chi vuol proporci certezze: sono scorciatoie nel cammino della vita… che sia questo invocare lo Spirito?
Il Signore ci aiuti.
Luca 14, 1. 7-14
È dura, a volte, la scorza del Vangelo e, in particolar modo, quella del Vangelo di Luca. Abbiamo ascoltato parole, per molti versi, non solo incomprensibili, ma addirittura odiose!
Gesù sembra consigliare la più "disgustosa" ipocrisia! "Quando sei invitato, mettiti all'ultimo posto... perché così chi ti ha invitato viene e ti fa salire al primo posto". Avete conosciuto qualcuno di quelli fanno finta di mettersi all'ultimo posto? Sono i peggiori! Avrete cercato, nella vostra vita, di evitarli con gran cura!
E la seconda parte, invece, è assurda... "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi parenti… invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti". C'è qualcuno di voi che l'ha fatto? No!
Se poi, dopo aver ascoltato queste parole, pensate alla storia della Chiesa - per chi la conosce un po' - vi viene un brivido, perché la storia della Chiesa... è piena di una spaventosa ipocrisia.
Spesso, ti consiglia l'umiltà, il metterti all'ultimo posto, colui che cerca, in ogni modo, di affermare il suo potere; si mette il saio e viaggia a piedi scalzi, colui che vuole affermare se stesso e la sua progenie in ogni angolo della terra.
Nella storia della Chiesa coloro che esaltavano la povertà, gli ordini religiosi che dicevano di dedicare tutta la loro vita ai poveri, che affermavano di non possedere niente, possedevano intere regioni del nostro paese con uno sfruttamento della povera gente che ha pochi confronti nella storia.
E, allora, qualcuno di voi dirà: "Queste pagine del Vangelo è meglio buttarle?". Se siete fortunati come me, no! Ma dovete essere fortunati... cioè dovete avere conosciuto un'altra storia... la storia della gente semplice, della gente vera; la storia dei contadini del nostro paese, la storia della gente di tutti i giorni: quella che non ama la retorica, non usa belle parole, ma tenta di vivere la gratuità, nei fatti concreti; che riesce a non essere ipocrita.
A me... - anche a me e non sapevano quel che facevano - hanno sempre raccomandato di essere il primo in tutto! Primo negli studi, primo nella carriera, primo in tutte le cose: primo per trafficare i miei talenti... (lo dicevano a me che ho i cromosomi della pigrizia... non sapevano quel che dicevano, rischiavano di mettermi i sensi di colpa nel cuore) ed avevano ragione loro perché bisogna impegnarsi per essere primi, per sfruttare tutti i propri talenti, perché quella forma ipocrita di umiltà non ha nessun senso, perché ciascuno di noi deve esprimere se stesso.
Esprimere se stesso per trafficare i propri talenti, non per "apparire", non per sovrastare e sfruttare gli altri… queste parole allora diventano importantissime per questo nostro mondo in cui si "appare" non per quello che si è, non per gli studi che si fanno, non per il lavoro... ma per la televisione.
Anche i nostri ragazzi rischiano di essere pervertiti dal fatto che devono mettersi un vestito di un certo tipo, griffato in un certo modo... così si "appare", così si è presi in considerazione, così si avanza nella considerazione sociale e i nostri ragazzi hanno degli "splendidi" esempi nei capi del popolo e non soltanto civili, ma anche religiosi, i quali hanno poco diritto di parlare visto che si mettono "brillocchi" di ogni tipo e cercano in ogni modo di "apparire" di fronte alle folle: quello che conta non è "essere", ma "apparire". Questo Gesù rimprovera... anche a noi!
Io ho avuto la fortuna di incontrare persone... mio padre, mia madre, tante persone che ho conosciuto, a cui di "apparire" non gliene importava nulla, ma mi chiedevano di "essere", mi chiedevano di impegnare tutto me stesso nei valori della vita.
Io non ho mai conosciuto persone che invitavano "ciechi, poveri, storpi", ma quando ero un bambino piccino e c'era la guerra... bussava, a volte, alla porta della mia casa un signore alto, tutto vestito di nero e mia mamma diceva: "Presto! a prendere un arancio!" - "Ma è l'ultimo, mamma!" - "Quando bussa un povero, bussa Gesù!". Così sono stato educato, io! Poi non ho seguito del tutto questi insegnamenti, che non erano soltanto i miei, ma di tanta gente che nel povero riconosceva Gesù. Forse era un mondo diverso, oggi, anche per i poveri, è importante apparire, farsi vedere, essere considerati "poveri".
Sono convinto che se noi siamo ancora qui è perché la storia della Chiesa non l'hanno fatta certi papi o certi fondatori di ordini religiosi o certe persone che appaiono nei libri di storia o, oggi, sui giornali, ma la gente semplice, come mio padre e come mia madre, come, forse, sono stati i vostri padri e le vostre madri, se siete qui. Gente semplice che non cercava "l'ultimo posto", ma il primo, gente però che non cercava di "apparire", ma di "essere"; che non aveva, sempre, in bocca la parola "poveri", che non diceva di non voler possedere niente... ma se potevano condividere qualche cosa con chi era in difficoltà lo facevano con semplicità e gratuità. Nei nostri paesi se c'era un povero era accolto dalla comunità e custodito e sostenuto, specialmente, quando diventava vecchio e malato, perché è il rispetto del povero contava ancora!
Tanta retorica sulla povertà, tanto "francescanesimo" stupido ha attraversato la storia della Chiesa... per mio padre ogni centesimo contava! Perché non c'erano soldi, perché li strappava alla sua fatica e, avendo cinque figli, non è mai andato a un cinema, non ha mai fatto un viaggio... tutto era per noi, ma se bussava un povero alla porta di casa c'era qualcosa anche per lui, forse, prima che per noi, perché "questo" è quello che hanno vissuto i veri credenti in Cristo nella lunga storia che ci separa da Lui. E se siamo ancora qui è perché questa storia non era minoritaria, ma maggioritaria, anche se nei libri di storia difficilmente ne trovate traccia.
Non cercate, dunque, sui giornali, nei libri di storia: guardatevi intorno e cercate, là, le tracce di chi vive la gratuità.. questa pagina del Vangelo alla fine dice: "Riceverai la tua ricompensa nel cielo"... per mio padre, per mia madre, per i giusti di questa terra, non vale nemmeno questo... il bene si fa perché è bene, perché si guardano gli altri negli occhi e se è qualcuno è in difficoltà si tende la mano e "ricompensa" non se ne aspetta né qui, né "dopo", perché il bene è bene ed è gratuito, perché l'amore è vero se non attende "ricompensa". Sembra un sogno, ma io questo sogno l'ho visto realizzato nella vita di molte persone, che mi hanno circondato, non perché sono "santi", ma perché sono persone concrete per cui "amare" significa "amare", senza tanti fronzoli, ma con la capacità di guardare l'altro negli occhi e di tendere una mano quando si può.
Il Signore ci aiuti
Luca 14, 25-33
Fin da quando ero bambino, molto piccolo, ho partecipato alla Messa e ho ascoltato molte, molte prediche, anche piuttosto lunghe ed erano tutte prediche infarcite di precetti, di consigli, di regole: "Non dire parolacce, non dire bugie, non andare a giocare a pallone invece di venire a Messa, stai attento ai pensieri impuri; cacciali subito…" e via discorrendo...
Per mia fortuna, visto che ero un maschietto, molte prediche riguardavano le donne, parlavano della lunghezza delle maniche o delle gonne, dello sguardo modesto, del dovere di conservare integra la castità e la verginità.
Quando sono entrato in seminario ed ho cominciato i miei studi per diventare prete, ho dovuto imparare, quasi a memoria, tre grossi volumi di morale, scritti molto fitti e tutti pieni di regole, di precetti, di ordini, che non corrispondevano quasi mai alla vita di ogni giorno... (ma questa è un'altra storia).
A quel tempo ero abbastanza fortunato perché non c'era ancora la televisione e, quindi, non mi capitava di ascoltare, quasi ogni giorno, qualche autorità della Chiesa proporre regole e precetti: l'eutanasia, l'aborto, il divorzio, le cellule staminali e quant'altro... regole precetti, ordini, consigli; sembrava che la vita cristiana fosse fatta solo di questo!
Poi, pian piano, ho scoperto il Vangelo e ho visto che il Vangelo è un'altra cosa! Quello che abbiamo ascoltato stamattina tutto può essere meno che una regola: "Odia il padre e la madre e i figli e i fratelli... prendi la croce e segui il Signore... tutti i tuoi averi, vendili e dalli ai poveri per seguire Gesù..."
Che vuol dire? Luca ci provoca! Forse la prima provocazione è rivolta proprio a noi preti... "Volete smetterla o no di dare regole e precetti? La volete finire di interpretare la volontà del Signore?" Ma se io... - disposto sempre ad ascoltare la voce dell'apostolo - volessi smetterla, cosa dovrei fare, forse andarmene?! C'è un'alternativa? Forse è quella di raccontare storie ed è quello che vorrei fare stamattina raccontandovi qualche storiella... sono storie non interpretazioni del Vangelo, voi potreste raccontare le vostre e sarebbero molto diverse.
Quest'estate mi capitava di assistere alla presentazione di un libro. Colui che parlava era accompagnato da una nutritissima scorta: poliziotti di ogni genere; gente dalle spalle quadrate che stavano lì sul palco intorno a lui... quest'uomo è minacciato, lui, la moglie, i figli. Ha messo in gioco la propria vita per scrivere un libro, in cui cerca di testimoniare la volontà di pace, il dialogo, il rispetto del diverso. Ha parlato a lungo... io non ero d'accordo quasi su niente, ho brontolato per tutto il tempo, ma tornerei lì una, dieci, cento volte per offrire la mia solidarietà a quest'uomo la cui vita è minacciata... ma non è un'eccezione!
In questo paese molte persone hanno una scorta: giudici, poliziotti, politici, l'hanno, anche, dei preti, degli scrittori, dei giornalisti: tante persone che mettono a rischio la propria vita, la vita dei propri figli... che sia questo "odiare la moglie, i figli, e, anche, la propria vita"? Chi lo sa?!
Su un altro versante... quest'estate ho ascoltato parecchie volte delle nonne lamentarsi per il tanto lavoro che danno loro i figli e nipoti soprattutto... Sembrano oberate di lavoro e qualcuno (l'ho fatto anch'io) dice loro: "Perché non pianti tutto e te ne vai un po' a spasso?".
Ieri sera una signora mi diceva che una figliola gli ha detto: "Dagli la chiave e vattene in vacanza!".
Una mia sorella invitava l'altra sorella: "Lascia tutto e vieni da me per stare un po' in pace, lascia figli e nipoti!". Credete che abbiano ascoltato questi saggi consigli? No! Perché - come dice qualcuno - molte mamme e molte nonne hanno la "sindrome dell'onnipotenza", qualcuno parla addirittura di "delirio di onnipotenza": se non ci sono loro non si fa niente... ma si lamentano! Eppure, forse farebbero bene ad ascoltare quei saggi consigli… Che sia questo "odiare i figli e i nipoti"? Forse i figli crescerebbero meglio se avessero il coraggio di fare così.
Qualche tempo una persona ci raccontava: "Sono andata dal mio parroco a parlare un po' delle mie pene, dei miei affanni, delle tribolazioni che ho e lui m'ha detto: ringrazia il Signore, perché ogni croce che il Signore ti manda è un dono dal cielo, una benedizione di Dio". Vicino a me uno ha detto: "Quello è scemo!". È scemo o ha ragione lui? Chi lo sa?!
Un'altra storiella che vi ho già raccontato, forse, perché è successa qualche anno fa. Una signora anziana, che ha avuto la "fortuna" di incontrare uno di questi gruppi di cristiani moderni e molto "zelanti", mi diceva che il catechista le ripeteva: "Se vuoi veramente seguire Gesù, devi vendere tutto...". "Don Checco, ho solo una piccola casa, che ha lasciato mio marito, il frutto dei sacrifici di una vita, come faccio a venderla, poi dove vado?". Cercavo di dirle qualcosa, invitandola a non preoccuparsi, lei non sembrava ascoltarmi. Mi ha guardato ed ha aggiunto: "Ma poi, perché lo dice a me che ho solo una casetta e non lo dice all'architetto che ha una villa e anche due o tre case?". I preti sono così: se la pigliano spesso con i poveracci, con quelli che non sanno rispondere; se l'avesse detto all'architetto, quello, l'avrebbe "mandato a quel paese"… lei invece si è fatta uno scrupolo di coscienza. Chi ha ragione?
Luca, forse, ci dice: "Finitela di dare precetti, regole, di interpretare la volontà di Dio". Allora, posso anch'io interpretare il Vangelo di Luca dicendovi: quando alla radio, alla televisione ascoltate qualche personaggio, anche importante della Chiesa... spegnete! Basta! Basta riproporre sempre precetti, regole, dite tra voi: "Devo chiudere, altrimenti rischio di odiare anche te, non starebbe bene!". È tutto!
Il Signore ci aiuti
I Lettera a Timoteo 1, 12-17; Luca 15, 1-32
Uno dei problemi che ho, ormai da parecchi anni, è quello di avere il timore di ripetere sempre le stesse cose. Sono prete da più di quarantasei anni e di prediche sulla parabola del "Padre misericordioso" ne ho fatte moltissime. Questo mi porta a fare qualche riflessione per cercare qualcosa di nuovo da dire. E spesso sono considerazioni un po' ipotetiche… forse, chissà se può essere successo così?
Qual è il problema? Vedete, la parabola del "Padre misericordioso", una... - credo siate tutti d'accordo - delle pagine più straordinarie del Vangelo, si trova, solo, nel Vangelo di Luca, non c'è nel Vangelo di Marco, né in quello di Matteo e nemmeno in quello di Giovanni: solo Luca!
Che cosa è successo? Gli altri Vangeli conoscevano questa parabola e l'hanno tralasciata? Faceva parte della tradizione come parabola detta da Gesù e loro hanno pensato di non doverla riportare? Forse perché non la capivano? Ma si può trascurare una parabola così? Oppure questa parabola l'ha costruita qualche poeta della comunità di Luca? Qualcuno che ha cercato, attraverso queste parole, di interpretare l'esperienza con Gesù!
Certo, se quello che vi dico adesso, lo avessi ascoltato qualche anno fa, mi avrebbe molto scandalizzato... oggi non più... anzi mi sembra molto bello poter pensare che quello che abbiamo letto sia il frutto di una persona come noi... - forse meglio di noi - di un poeta vissuto tanto tempo fa e che ha tentato di interpretare la propria esperienza, l'esperienza dei primi discepoli, nell'incontro con Gesù. Io mi sono fatto la convinzione... - potete tranquillamente non essere d'accordo - che questa ipotesi è quella giusta. Con ogni probabilità, una parabola del genere non l'avrebbero trascurata, se l'avessero conosciuta... nella comunità di Luca, che dipende, in parte, dall'esperienza di Paolo, hanno inventato questa storia: un poeta ha costruito questo straordinario racconto.
Ma qual è l'esperienza che tentano di comunicarci?
I primi discepoli Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni vivevano in un mondo in cui la religione era, per molti, fanatismo. Si scopre, sempre di più, il mondo in cui è vissuto Gesù, in cui si è sviluppato il Vangelo. C'erano tanti gruppi ebraici l'uno contro l'altro, uno più fanatico dell'altro: gli Esseni, i Farisei... ma dire esseni e farisei significa dire una parola generica... c'erano tanti gruppi diversi e in molti di questi gruppi c'era un grande fanatismo, una attenzione meticolosa alle regole, alle osservanze: pensate alle regole del "sabato". Il mondo religioso era pieno di scrupoli, temevano che tutto fosse peccato, che dovunque ci fosse il pericolo di diventare impuri e quindi lontani da Dio.
Non solo... i primi discepoli erano, nel mondo antico, degli emarginati, dei poveri pescatori, della gente che viveva ai margini di una società che, sempre di più, era basata sul denaro, sulle cose, sulle sostanze...
"II figlio più giovane spende tutte le sue sostanze..." questo sembra il problema per i due figli: contano le cose, i soldi, conta chi è importante, chi ha il potere...
Nell'incontro con Gesù i primi discepoli scoprono qualche cosa d'altro! E, in Lui pensano di fare esperienza di Dio, che è esperienza di liberazione, esperienza del "sogno", dei valori essenziali della vita... non conta più l'osservanza delle regole, della legge, non contano più gli scrupoli, non ha senso pensare che tutto sia proibito, che fare un passo di più nel giorno di sabato allontani da Dio...
"Il sabato è fatto per l'uomo"... quello che conta è l'uomo e nell'uomo un cuore capace di amore, di gratuità; la capacità di condividere la vita… e queste cose le hanno scoperte a tavola con Gesù, la sera riuniti intorno a un bicchiere di vino... - quante volte il Vangelo parla dei pasti di Gesù con i peccatori! - lì, hanno scoperto con Lui il "sogno", la gratuità, la possibilità di cercare e di credere alle cose essenziali della vita, la possibilità riprendere sempre la strada, di condividere la vita.
Là, intorno alla tavola, hanno scoperto che Dio è libertà, è "sogno", è gratuità, è vita che sempre si rinnova e si protende verso il futuro.
E questa esperienza è stata essenziale anche per Paolo, forse lui l'ha fatta ancora più fortemente perché... - come avete ascoltato nella seconda lettura - Paolo era un fanatico osservante della Legge. Paolo è stato un persecutore e, forse, si portava sulla coscienza il peso di qualche persona che aveva fatto uccidere... nell'incontro con Gesù si è sentito liberato, trasformato; è diventato un uomo nuovo, capace di andare a gridare per il mondo l'incontro che aveva avuto con Cristo, la libertà che aveva scoperto il Lui.
In Cristo ha scoperto le cose essenziali e lo dice più volte nelle sue lettere. Forse ricordate quella pagina straordinaria che è il "canto all'amore" nella lettera ai Corinzi: "Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna…".
Paolo in Cristo ha scoperto la libertà, la capacità di sognare un mondo religioso il cui cuore non sia più la legge, il fanatismo, ma l'amore; in cui ogni uomo conta per quello che è, per quello che ha nel profondo del cuore e non per i soldi che ha, non per quanto è fanatico, non per quanto osserva la Legge.
Queste esperienze, nella comunità di Luca, hanno avuto la fortuna di trovare un poeta che ha saputo cantarle...
Oggi, molte autorità della Chiesa ci ripetono lunghe spiegazioni, ci ripetono regole, precetti! Dove sono i poeti? Un rimprovero che faccio da quasi quarant'anni alla Chiesa, in cui mi è stato dato di vivere, è che non si è dato spazio alla voce dei poeti.
Sono convinto che di Dio se ne può parlare solo con la voce della poesia. Non serve la teologia, le riflessioni complicate, ancor meno servono le regole, le proibizioni, le minacce di eresia: serve la voce del poeta, serve chi tenta di comunicarti che Dio è "sogno", che Dio è libertà, gratuità, che Dio è passione per ogni uomo, per l'ultimo degli uomini… e non soltanto per il più povero e il più piccolo, ma, anche, per il più peccatore, per chi ha il cuore turbato e pesante.
L'incontro con Dio, l'incontro con Gesù è liberazione e vita, è "sogno"! Sogno di un mondo in cui al male si possa rispondere con la "festa".
Per noi è quasi impossibile anche pensarlo, è un'utopia, è aldilà della realtà in cui viviamo ogni giorno: abbiamo bisogno di regole, abbiamo bisogno di carceri, abbiamo bisogno di punizioni... e se Dio fosse "altro"? E se Dio fosse la capacità di rispondere al male con il "sogno", con la festa, con la vita che si rinnova, con la capacità di guardare ancora lontano? Se Dio fosse la gratuità più totale, se Dio fosse la passione per l'uomo, per ogni uomo, per il più piccolo degli uomini, aldilà di quanti soldi ha, aldilà di quanto ha osservato le regole?
E se Dio fosse un Padre, un Padre per cui conti solo tu, un Padre che ti aspetta e ti cerca, che ti ama aldilà di tutto?
Queste cose le può dire solo un poeta e un poeta di duemila anni fa, lo ha fatto in questa pagina straordinaria.
Qualcuno si turba se dico che forse non l'ha detta Gesù, ma non è bello poter pensare che uno come noi, che un poeta come noi, ha saputo tradurre l'esperienza di Gesù in questa pagina straordinaria?
Rileggetevela a casa! Dimenticate quello che ho detto se non siete d'accordo... è chiaro che non c'è nessun problema... rileggete la pagina così com'è e con gli occhi di questo poeta o, se volete, con gli occhi di Gesù, provate a sognare un Dio diverso da quello che, spesso, le religioni... - non soltanto la nostra - propongono: un Dio "altro", un Dio che è amore, che è libertà, che è "sogno".
Il Signore ci aiuti
Luca 16, 1-13
È curioso, a volte, il Vangelo! Ci sono pagine in cui assomiglia un po' a una doccia scozzese... prima sembra proporti ideali altissimi, irraggiungibili e poi sembra dirti che basta un bicchiere d'acqua per essere gradito al Signore. A volte sembra rimproverarti, accusarti al limite dell'ingiuria e poi sembra dirti che, in fondo, non è troppo importante, perché sono cose difficili e non ci riesce nessuno!
Forse il Vangelo, qualche volta, è una provocazione per noi, insieme rimprovero e consolazione, ma soprattutto invito a cercare… e credo che questa pagina sia una di quelle.
La prima parte della lettura che abbiamo fatto stamattina sembra un rimprovero durissimo, al limite dell'ingiuria: voi credenti, voi che dite di amare la giustizia e il bene, siete peggiori dei figli delle tenebre; non sapete - come invece loro sanno fare bene - capire quello che accade, non siete capaci di interpretare la situazione, non vi sforzate di osservare quello che vi sta intorno e cercare, quindi, le strade giuste per il bene. Guardate i malvagi (sono malvagi, non si loda la loro malvagità ma la loro capacità di capire)… pensate alla gente che spaccia la droga o a quelli della mafia... le trovano tutte per accumulare soldi, per fare affari, per avere potere; sanno leggere ogni segno, ogni strada e voi...? Voi non siete capaci di niente, non vi sforzate di pensare, di cercare, non vi impegnate... "I figli di questo mondo… sono più scaltri dei figli della luce".
Ce l'ha con noi?! Vorremmo dirgli: "Signore, perché? Non sai che è così difficile?!".
Ma la seconda parte del Vangelo è una consolazione! Che cosa hanno concluso i cristiani della comunità di Luca spinti da questo rimprovero? L'ultima parte della lettura che abbiamo fatto contiene una serie di sciocchezze e di scorciatoie... in fondo cosa dicono questi bravi cristiani? La ricchezza è disonesta, i soldi sono brutti e cattivi, dateli a noi...! Fate un po' d'elemosina e così avrete degli amici che vi accoglieranno in Paradiso. Di fronte ai grandi problemi del mondo non sanno dire altro che la ricchezza è disonesta e conviene usarla per fare elemosine. È una scorciatoia, ma, in fondo, è una consolazione per noi, perché coloro che ci hanno rimproverato non sanno dire altro.
E le scorciatoie sono particolarmente amate non solo dai cristiani, ma dagli uomini in genere. Guardate la storia della Chiesa.
Chi ha i capelli bianchi... - come me - ricorda di aver ascoltato, non una predica soltanto, di qualche frate, magari con la barba e la tonaca lunga che diceva: "Il denaro è disonesto, è lo "sterco" del diavolo; non si può servire a Dio e al denaro, il denaro è cattivo: datelo a noi!".
Guardate cosa i frati, i preti si sono inventati per raccogliere elemosine: hanno venduto le indulgenze, hanno costruito santuari, hanno propagandato miracoli, stregoni, santoni, guaritori, cacciatori di diavoli... tutto per fare soldi, che è sempre "sterco del diavolo" però, eh!
Gli uomini amano le scorciatoie... quanto a cercare, a pensare... l'educazione che molti di noi hanno ricevuto si può riassumere con la frase: "nun s'ha da pensa', s'ha da crede'!"* Ascoltate sempre quello che dicono i "pastori" e seguiteli senza farvi troppe domande… con la conseguenza che i cristiani fanno una gran fatica a pensare...
Eppure il rimprovero della prima parte della lettura ci ricorda che dovrebbe essere compito di ogni credente, di più, di ogni uomo, cercare di interpretare quello che accade, guardarsi intorno, leggere la storia, capire quali sono i segni dei tempi, cosa si muove intorno… e se era importante un tempo, è importante ancora di più oggi, perché, specialmente i nostri ragazzi, rischiano di essere vittime della televisione o di internet, del primo imbonitore che passa, che alza la voce e grida e suona il suo "piffero" e tutti dietro come scemi, incapaci di chiedersi: "Che succede qua? Che cosa sta dicendo "questo"? Dove mi porta, cosa vuole?"
Abbiamo avuto maestri incapaci di aiutarci a cercare, a pensare... ma a raccogliere soldi, a chiedere elemosine erano bravissimi! Sapevano superare anche quelli "cattivi"...
Andate ad Assisi... - se volete un esempio - in nome di "madonna povertà"... hanno costruito tre basiliche, una sopra l'altra, chiamando i migliori pittori del tempo e a spese di chi? A spese di quei poveracci di contadini che non avevano nemmeno da mangiare, ma dovevano fare l'elemosina!
Questa è la storia! ma è una storia che tragicamente si ripete anche oggi.
Vi volete consolare? Consoliamoci! Dobbiamo tentare di pensare, ma il Vangelo di oggi ci dice: non vi meravigliate se non ci riuscite, non c'è riuscita nemmeno la comunità di Luca, che pure ha scritto pagine stupende, non ci sono riusciti tanti cristiani... volete che ci riusciamo noi?
Però se non ci proviamo, se non continuiamo a tentare di pensare, io credo che non siamo né cristiani, né uomini. Se non ci assumiamo la nostra responsabilità nei confronti della gente che ci cresce intorno... per aiutarla a pensare con la propria testa, a rendersi conto, a non credere al primo che alza la voce, a cercare di capire, con il coraggio della propria intelligenza, quello che accade... "i figli delle tenebre sono spesso più saggi, più scaltri, dei figli della luce".
Non è possibile, non possiamo rassegnarci! È vero che è stato sempre molto difficile, ma non possiamo e non dobbiamo rassegnarci, e ci conviene ricordare che se siamo qui, è perché qualcuno prima di noi è riuscito a pensare e a cercare; magari qualcuno che nella storia della Chiesa è stato condannato, i cui libri sono stati messi all'indice, ma, poi, si è scoperto che aveva ragione lui e il mondo, in qualche modo, è andato avanti... Se altri lo hanno fatto prima di noi, forse possiamo riuscirci anche noi.
Il Signore ci aiuti!
*BELLI: Cqui nun z’ha da capí, mma ss’ha da crede.
Luca 16, 19-31
La storia che abbiamo appena ascoltata è passata di moda. Oggi ci sono parecchi ragazzi... - ne ho fatto esperienza più d'una volta - che non la conoscono più. Al tempo di Gesù non era certo così!
Questa è una delle storie più comuni e non soltanto nel mondo dell'ebraismo, nel mondo medio orientale o egiziano, su tutta la faccia della terra questa storia è comunissima... è la storia del contrappasso: chi ha tribolato di qua, in un altro mondo godrà! Chi è stato cattivo qui, in un altro mondo avrà la sua punizione e, viceversa, chi è stato buono sarà premiato.
C'è, dietro questa storia, il grido del povero, il suo non accettare l'ingiustizia, la sofferenza, la violenza!
È, anche, una storia pericolosa perché è servita - tante volte - ai potenti per dire ai poveracci di star buoni e non ribellarsi perché, poi, nell'altra vita ci sarà giustizia... Dio farà giustizia di là! Una storia pericolosa, dunque, e una storia comunissima.
Alla comunità di Luca questa storia non interessa affatto... è soltanto un pretesto per dirci qualche altra cosa.
Per capire che questa storia non interessa alla comunità di Luca potete rileggerla e osservare - questo veramente non c'è in giro per il mondo - un contrappasso stranissimo per cui il buono diventa cattivo e il cattivo buono… e questo è veramente inaudito per il mondo religioso.
Avrete notato che Abramo non permette che Lazzaro vada a intingere la punta del mignolo per dare una goccia d'acqua a quel poveraccio arrostito nelle fiamme... si può essere peggiori di così?! E quel poveraccio, invece laggiù, si preoccupa dei suoi fratelli... è una brava persona, vuole bene ai suoi e chiede che qualcuno vada ad avvisarli, perché non vengano a tribolare!
Ma, questa, è soltanto una provocazione, perché alla comunità di Luca interessa l'ultima frase: "Padre Abramo… se qualcuno dai morti andrà da loro si ravvedranno" Abramo risponde: "Hanno Mosé e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi".
Qui c'è per Luca l'essenziale! Luca vuole portarci a riflettere su cos'è la fede, su chi è Dio, su qual è il nostro rapporto con Lui... perché, vedete, nella storia lunga della Chiesa.. - ma non accade soltanto nella nostra, ma in tutte le religioni - ci sono delle scorciatoie: si pensa che la gente possa convertirsi e credere se si moltiplicano i prodigi, le apparizioni, i miracoli, le stimmate... la gente accorrerà e crederà perché vede il prodigio... il prodigio, il miracolo convertono.
Nella storia religiosa c'è, anche, un altro atteggiamento, destinato, forse, a persone più acculturate, è il tentativo di dimostrare "scientificamente" l'esistenza di Dio e la realtà di Cristo. C'era, qualche anno fa, nelle scuole di Ostia - non so se c'è ancora - un bravo professore di religione il quale occupava gran parte del suo tempo a parlare a quei "caproni" dei suoi ragazzi della "Sindone" per dimostrare scientificamente che Gesù è morto sulla croce. Poi, parlava anche a lungo dei diavoli che prendono possesso degli uomini; degli indemoniati da cui qualche "scacciadiavoli" specializzato riesce ad allontanare il demonio. Era convinto che se convinceva i suoi alunni che Gesù è veramente morto in croce e che ci sono i diavoli, quelli si sarebbero convertiti e avrebbero creduto in Dio. Ed era una brava persona!
Perché c'erano altri, nella storia della Chiesa, i quali non amavano i libri, le chiacchiere, pensavano che fosse meglio prendere una spada e costringere con la forza la gente a convertirsi: si può battezzarli in massa e quelli si convertono e la gloria di Dio risplende sulla faccia della terra.
Cose che appartengono al passato... oggi questo non si può fare più, non si può più costringere la gente - almeno nella nostra religione - con la spada a convertirsi.
Cosa si può fare? C'è un'altra arma potentissima... - a detta di alcuni degli uomini che ci comandano nella santa Chiesa di Dio - ed è la televisione! Folle di popolo che applaudono, mostrate spesso alle televisioni… e la gente si convertirà e crederà che Dio è grande e il papa è il Suo profeta. Basta che tutti applaudano con generosità e con zelo.
Ma è questa la fede? Ma stiamo scherzando?! "Hanno Mosé e i profeti..." Abbiamo il Vangelo! Il Vangelo significa un rapporto vivo, di ascolto, di amicizia con Gesù, un rapporto che ti prende nel profondo, che ti cambia il cuore, la mente e, soprattutto, che si traduce in gesti concreti. Tentare di essere, in qualche modo, come Lui: è questa la vera conversione!
Difficile… ma non ammette scorciatoie! Non c'è né la spada, né il prodigio, né il ragionamento, né l'applauso, né la folla che tengano: è questione intima, personale, profonda di ciascuno di noi, è un rapporto personale con Cristo, con la Sua parola, con i sogni del Suo cuore, con la realtà della Sua vita: questo è credere! E riguarda l'intimo della mia coscienza, il rapporto che riesco a stabilire con Dio e con Cristo e con gli altri ed è un rapporto di gratuità, di servizio, un rapporto d'amore: questo è quello che Gesù è venuto a testimoniare in mezzo a noi.
Poteva aspettare lassù, nell'alto dei cieli, che si compisse la storia, poi avrebbe fatto giustizia... no! Lui è venuto qui a sporcarsi con noi nella polvere della terra, a testimoniare in mezzo a noi i valori che aveva dentro, i sogni del Suo cuore, i sogni di Dio in mezzo a noi.
Essere credenti non significa essere battezzati, non significa applaudire il papa, non significa, nemmeno, venire qui in chiesa ad ascoltare un povero prete che parla: significa tentare di avere dentro di noi i valori di Gesù, cercare di camminare con Lui per le strade del mondo, tentando di essere testimoni di libertà, di gratuità, di tenerezza, di amore: questa è la fede e non è buon mercato, non ammette scorciatoie, non ci sono stimmate, apparizioni, miracoli, prodigi che tengano...
Se anche riuscissero a dimostrarmi scientificamente che Gesù è morto sulla croce, cosa cambierebbe nella mia vita? Finché, io, non Lo prendo sul serio, finché non diventa il mio Signore, finché non condivido, fino in fondo i sogni del Suo cuore e li rendo concreti nella mia vita e tento di testimoniarli intorno a me con i gesti concreti di ogni giorno... questo è credere e non è semplice, lo sappiamo tutti.
Il Signore ci aiuti.
Luca 17, 5 - 10
Stamattina possiamo fare un esperimento. Abbiamo ascoltato: "Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: sii sradicato e trapiantato nel mare ed esso vi ascolterebbe". Qui non abbiamo un gelso, ma questa piccola pianta… dovrebbe essere più facile, fra l'altro il mare è proprio qui vicino. Allora concentratevi, proviamo a trapiantare questa pianta nel mare… niente, non si muove! Possibile che nessuno abbia un po' di fede, piccola come un granello di senapa?! Se volete consolarvi, neanche le suore, che erano alla Messa precedente, ci sono riuscite. Certo non è bello costatare che tra noi non ci sia fede.
E qui debbo fermarmi altrimenti qualcuno di voi chiama l'ambulanza dei matti, pensando che io sia uscito di senno e debba essere ricoverato.
Ma allora posso farvi una domanda: perché se qualche cristiano zelante o qualche "santone" vi dice che se, dopo aver molto pregato, non siete stati esauditi, dipende dal fatto che non avete saputo pregare e non avete abbastanza fede, non chiamate l'ambulanza dei matti?
E perché se qualcuno dice che bisogna fidarsi totalmente della Provvidenza, magari raccontando pie storielle sull'aiuto materiale arrivato proprio nel momento del bisogno - ne ho ascoltate parecchie - non si pensa che abbia perso il senno e viene invece proposto come modello della vita cristiana e magari lo si proclama santo?
Forse uno dei motivi è che la gente si lascia facilmente affascinare dai "fanatici" e le religioni - non soltanto la nostra - hanno imparato a usare e gestire il fanatismo…
Ma qui il discorso si farebbe troppo lungo, ci conviene tornare al Vangelo per vedere se riusciamo, non a spiegare, ma almeno a intuire qualcosa… cosa significa credere?
La seconda parte del Vangelo ci può indicare qualcosa… ma abbiamo una difficoltà: le parole di oggi sono particolarmente "antiche", lontane dalla nostra esperienza e dalla nostra sensibilità: non amiamo sentir parlare di servi che, al ritorno dai campi, debbano mettersi a servire il loro padrone.
E poi le ultime parole: "Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato dite: siamo inutili servi. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare". Come?! Lavoriamo duramente dalla mattina alla sera, ci dobbiamo occupare anche dei figli e talvolta dei nipoti… e non abbiamo diritto nemmeno ad un grazie?! Siamo proprio dei servi inutili? È difficile da digerire!
Eppure qui, forse, possiamo intuire il cuore del Vangelo, il cuore della vita, forse, il cuore stesso di Dio. Il Vangelo ci ripropone la "gratuità": il bene fatto non per avere un premio, per acquistare meriti, nemmeno per avere un grazie, ma perché è giusto, è bello!
È possibile?… Se siamo qui è perché abbiamo, in qualche modo, fatto esperienza della gratuità, dell'amore disinteressato, io sono stato molto fortunato ed ho fatto spesso queste esperienze, ma anche voi, con i genitori, i figli, gli amici, avete fatto, almeno un po', esperienza di amore tenero e gratuito.
E questo è il vero miracolo, per questo ci vuole fede, magari piccola come un granellino di senapa. Sì, perché la natura è basata sulla ricerca del proprio interesse, del proprio spazio vitale, anche se a spese degli altri.
Tornando a casa, abbassate lo sguardo, vedrete l'asfalto spaccato da qualche filo d'erba: il seme ha trovato modo di uscire, di affermare se stesso! E se conoscete un po' le leggi della natura, sapete che ci sono molte piante che hanno inventato veleni, spine, strumenti vari, per tenere lontani gli altri, per affermare se stesse.
E lo stesso vale per il mondo animale: vige la legge del più forte, del più prepotente, fino al punto di sopprimere i piccoli, per cercare di eliminare chi impedisce la propria affermazione. C'è una lotta senza quartiere tra i carnivori per difendere il proprio spazio e trovare cibo, per conquistare le femmine e trasmettere i propri geni.
Tutta la storia dell'evoluzione è basata sulla selezione naturale: il più forte, il più dotato vince, il debole soccombe e si perde.
Noi tentiamo di credere che abbia ragione il debole, tentiamo di credere che la gratuità, la tenerezza, l'amore disinteressato, la condivisione, rendano bella e ricca la vita. Tentiamo di credere che Dio sia la gratuità totale, il dono assoluto e disinteressato.
Se la natura è basata sull'interesse e la competizione, forse Dio è il polo opposto, "l'oltre" della gratuità, del disinteresse, del dono totale.
Noi sentiamo di dover apprezzare chi riesce a donare disinteressatamente, chi sa vivere, almeno un po', con tenerezza e dedizione. Quando facciamo esperienza della gratuità ci sembra di fare esperienza della bellezza della vita.
Abbiamo anche imparato a diffidare di chi ci mette scrupoli e pesi sul cuore: se dopo aver fatto un po' di bene, senza aspettarci nulla in cambio, ce ne andiamo a letto contenti, non ci facciamo turbare da chi dice che forse lo abbiamo fatto per egoismo, per gratificare noi stessi.
Se al po' di bene che riusciamo a fare, si accompagnano anche il piacere e la gioia, ci sembra di toccare con mano il paradiso. Non solo il bene che costa sacrificio, come purtroppo a volte succede, ma il bene che rende anche felici... cosa c'è di più bello?! Sono forse i momenti della vita in cui sentiamo Dio vicino, facciamo esperienza della bellezza della vita.
Spostare questa pianta nel mare non avrebbe nessun senso, riuscire a mettere nella nostra vita un pizzico di gratuità, di tenerezza, di amore disinteressato… questo sì! Ma ci vuole fede, almeno quanto un granellino di senapa.
Il Signore ci aiuti.
Luca 17, 11-19
Il Vangelo, a volte, sembra contraddittorio, ce ne siamo accorti spesso. Forse qualcuno di voi ricorderà che domenica scorsa abbiamo letto alla fine del Vangelo: "Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo inutili servi. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".
E riflettevamo sulla gratuità, sul bene fatto perché è bene, senza aspettarsi il merito, il premio, senza aspettarsi nemmeno un grazie… la gratuità più totale.
Oggi, invece, leggiamo che dieci sono guariti, ma uno solo torna e Gesù brontola… perché gli altri non sono venuti a dire grazie? Sembra una contraddizione! Anche Gesù, come noi, predica bene e "razzola" male?!
Sembra una contraddizione ma, a mio avviso, non lo è! Perché, se ho capito qualcosa, la gratuità nasce dalla gratitudine, se non c'è gratitudine è difficile che nella nostra vita ci sia gratuità!
Vedete, noi non "ci siamo nati", veniamo dalla forza della vita, dalla natura, dalle scelte di coloro che ci hanno preceduti e la maggior parte delle cose che abbiamo intorno non le abbiamo fatte noi. Non abbiamo fatto la bellezza della natura, la bellezza del mare, delle montagne, dei fiori, delle piante. Non abbiamo fatto lo splendore del cielo, della luce e, soprattutto, non abbiamo fatto le persone che ci stanno accanto e con noi condividono la vita. Un uomo può fare un tavolo, un armadio, una sedia, ma non può fare una persona e, aldilà dei nostri sforzi, una persona non può che essere guardata con stupore, meraviglia e non possiamo non provare gratitudine verso chi con noi condivide i giorni e può riempirci la vita.
Se ci sentiamo debitori, se sappiamo di aver ricevuto molto, se siamo grati per tutto quello che ci è stato dato… e la maggior parte di noi può farlo... (non parliamo oggi di chi non può) se ci sentiamo debitori... allora, possiamo vivere un pizzico di gratuità.
Ma c'è un problema, che il Vangelo ci mette davanti con chiarezza, stamattina... sono dieci i guariti ma uno solo è tornato! Perché uno solo e uno straniero?! È così difficile vivere la gratitudine? È così difficile sentire dentro di sé l'esigenza di ringraziare? È difficile!
Provate a guardarvi intorno... Io porto degli esempi grossi, poi ciascuno di noi - se riesce - traduca nella propria esperienza personale...
Avete mai conosciuto, avete mai osservato alla televisione coloro che "si sono fatti da soli"? Coloro che ripetono spesso: "Ho fatto tutto io, non avevo niente, ho costruito un impero!". Vi guardano come dei pezzenti, degli incapaci, e possono dirvi: "Fidatevi di me, io ho costruito da solo la mia fortuna!"
Sono uomini che si sentono in diritto di essere ossequiati, rispettati, ammirati: hanno lavorato molto e credono che tutto sia loro dovuto… difficilmente andranno aldilà del loro interesse e potranno vivere la gratuità!
Questo non riguarda solo dei personaggi pubblici, riguarda a volte, anche noi! Le mamme, i papà, che tanto si danno da fare per figli, spesso si sentono in credito nei loro confronti, fanno fatica a capirli, ascoltarli…
Ma non è solo il fare, il trafficare i soldi... avete mai conosciuto qualcuno che ha studiato tanto per arrivare alla verità? Crede di possedere la verità... Spesso vi tratta da ignoranti, vi impone il suo giudizio... se poi crede di possedere la verità che scende dall'alto, che viene da Dio... state lontani!
Pensano di aver conquistato la verità, credono di sapere tutto, possiedono non cercano! Non possono vivere il dubbio, la passione per la verità, la gratuità della ricerca, la capacità di ascoltare… la verità non è più un dono e quindi non possono viverla con gratitudine!
Avete conosciuto qualcuno che ha fatto tanti sforzi per essere buono, che ha rinunciato a formare una famiglia, a possedere beni materiali, che magari che si è messo il "cilicio", si è flagellato? Qualcuno che viene ritenuto un "santone" o un santo? State non lontano ma... lontanissimo! Perché vi giudicano, vi condannano, perché pensano di dover essere onorati e di dover moltiplicare nel mondo la propria progenie, i propri conventi, le proprie istituzioni...
Gli è dovuto tutto, a cominciare dai soldi e non guardano chi glieli dà, se è un malfattore o un mafioso... pensano che tutto quello che è dato loro, è dato ad un "giusto" e quindi a Dio! Credono che sia un'offesa a loro, che sono "buoni" e quindi a Dio, controllare da dove vengono i soldi e che fine fanno… anche se poi tutto serve a moltiplicare il loro potere e le loro fondazioni… Senza gratitudine non c'è gratuità! Se non ti rendi conto... - fin da quando sei bambino - che quello che hai ricevuto è più di quello che riesci a dare...
Vedete, tra le tante fortune della mia vita, una che ritengo tra le più importanti è l'esperienza che ho fatto quando ero poco più di un bambino, appena un adolescente, quando cominciavo a guardarmi intorno con occhi curiosi e mi trovavo davanti dei compagni di gioco... (io son nato e cresciuto a Trastevere) che erano, a volte, prepotenti, violenti, maleducati... e mi dava fastidio, finché non ho conosciuto le loro famiglie, finché non ho visto dove erano nati e come erano cresciuti... in un ambiente di violenza e di umiliazione e, allora, mi sono sentito fortunato, io ho conosciuto e vissuto tenerezza e rispetto, attenzione e amore...
Io mi porterò fin sul letto di morte un solo rammarico, probabilmente, quello di aver ricevuto tanto e di aver saputo dare poco!
Vedete, noi siamo qui intorno alla tavola e tra poco saremo invitati a condividere il Signore: Lui si fa pane per noi; non si fa pane per quelli che si sentono buoni: si fa pane per me che non sono stato capace di dare più di quello che ho ricevuto. Si fa pane per noi, povera gente, affinché usciamo da qui con il cuore ricco di gratitudine.
Al Signore non importa se riusciamo o non riusciamo a dire "grazie", questo conta poco, è questione solo di buona educazione; la fede che ci salva è la convinzione di aver ricevuto tanto, è lo stupore di fronte alla bellezza, alla ricchezza della vita, di fronte alle persone che ci stanno accanto. Per quanto noi riusciamo a fare per loro, sono sempre per noi il dono più grande, che non può che suscitare in noi la gratitudine, lo stupore, la meraviglia. Allora, forse, saremo almeno un po' capaci di gratuità e, se non ci riusciamo, torneremo intorno a questa tavola e ancora il Signore ci inviterà a mangiare, non perché siamo buoni, ma perché Lui vuole che viviamo il dono e continuiamo ad avere un po' di gratitudine dentro di noi, per portare nella vita un pizzico di gratuità, se ci riesce.
Il Signore ci aiuti
Luca, 18, 1-8
Proviamo, stamattina, a usare la fantasia per vedere se ci permette di intuire qualcosa di questa pagina di Vangelo.
Prima cerchiamo di immaginare la scena che ci descrive questa parabola.
Provate a immaginare questa povera vedova, forse una vecchina, che ha avuto un grave torto dal suo avversario - così lo chiama - e allora va ad importunare il giudice... (un tempo le cose erano più semplici di oggi) un giudice - dice il Vangelo - che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. Lui, probabilmente, si preoccupa di far giustizia ai potenti… ma questa vedova va ogni mattina e insiste... è petulante, si attacca al suo vestito, lo segue fin sulla porta del tribunale e insiste e chiede e domanda, senza stancarsi, mattina dopo mattina.
Alla fine questo giudice si stanca e, anche se "non teme Dio e non ha riguardo per nessuno" fa giustizia a questa donna... e Dio?!
Dopo aver immaginato questa scena, immaginiamo che venga qui, al posto mio, Luca, rappresentante della comunità che ha scritto questo Vangelo, gli domanderemmo: "Luca, nel luglio scorso ci parlavi di un vecchio contadino nella sua stanza, con tutti i bambini a letto con lui, e fuori uno che bussa alla porta, perché ha bisogno di un pezzo di pane e lui dice: non seccarmi, ho qui tutti i bambini nel letto che dormono con me. Ma quello fuori continua a bussare, a bussare, finché lui, seccato, non si alza e, per toglierselo di torno, gli va a dare il pane che gli serve"
"Nel luglio scorso... - diremmo a Luca - un contadino che si stanca di chi bussa alla porta, oggi, addirittura, un giudice malvagio... ma così ci parlate di Dio? Cos'è la preghiera? Ci avete parlato di un Dio buono che ha contato tutti i capelli del nostro capo... di un Dio che ci viene incontro prima ancora che glielo chiediamo, di un Dio tenero e affettuoso... e, adesso, lo paragonate, addirittura, a un "giudice disonesto"?!
"Perché ci parlate così? Chi è Dio? Noi ci rivolgiamo a Dio, perché abbiamo tanti bisogni... Abbiamo bisogno della salute, abbiamo bisogno di un po' di pace, abbiamo bisogno di serenità, di tranquillità... ogni tanto dobbiamo chiedergli qualcosa e voi, ora, ci dite che bisogna bussare, chiedere, insistere, come si fa con un "giudice malvagio".
Luca ci direbbe: "Ma, vi ricordate? Io, nel luglio scorso, vi avevo parlato dello Spirito Santo. Pregate per cercare lo Spirito!". "Ma noi, Luca, abbiamo bisogno di tante cose...!". "Forse - soggiungerebbe Luca - voi avete scambiato Dio per un "distributore di merendine", per uno che tappa i buchi dei vostri bisogni. Usate Dio quando non sapete risolvere un problema, quando dovete risolvere un enigma scientifico, quando non sapete da dove viene il mondo. Usate Dio per cercare principi morali, usate Dio per trovare le regole della vita..."
"Dio è gratis… e in Lui non potete che cercare "l'oltre", l'oltre della gratuità, i valori essenziali della vita. Dio non è a vostra disposizione, Dio non è il tappabuchi dei vostri bisogni, Dio non può servirvi ogni volta che non sapete a chi raccomandarvi. Dio è gratis! In Dio non potete cercare che il soffio dello Spirito, l'oltre della gratuità, dei valori assoluti".
Forse qualcuno tra di noi direbbe: "Luca, allora, non abbiamo capito niente?". E, forse, ci direbbe: "Ma il Vangelo l'abbiamo scritto tanto tempo fa, perché non lo leggete?".
E qualcun altro potrebbe dire: "Ci hanno parlato così fin da quando eravamo bambini! Quando andavamo a scuola ci hanno insegnato a pregare perché ci andasse bene l'interrogazione, perché avessimo un buon voto, ci hanno sempre detto che se chiedevamo, il Signore, ci avrebbe esaudito...".
E Luca soggiungerebbe: "Mah! Che posso dirvi... tante volte quelli che parlano del Vangelo non ne hanno la più pallida idea".
Ma poi, forse, ci guarderebbe negli occhi e direbbe: "Non sgomentatevi però, non è mai stato semplice parlare di Dio, della preghiera… noi abbiamo usato queste immagini urtanti e provocatorie, perché anche per noi non era semplice capire il senso della preghiera".
"Noi uomini siamo intrisi di tanti bisogni e abbiamo bisogno di rivolgerci a Qualcuno, qualcuno grande e forte che possa aiutarci… capire che Dio è gratis, capire la gratuità... questo è difficile!". E, poi, aggiungerebbe: "Forse aveva ragione Gesù che diceva: quando tornerò, troverò ancora la fede sulla terra? Ecco perché occorre continuare a pregare sempre, senza stancarci: per conservare la fede, per continuare a credere nelle cose essenziali, per conservare nel cuore i valori di Gesù".
Il Signore ci aiuti.
Luca 18, 9-14
Sappiamo tutti ormai, penso, che il Vangelo non ammette facili scorciatoie. Non possiamo chiudere i conti con questa pagina pensando che sia un invito all'umiltà, a riconoscerci piccoli davanti a Dio, un invito a batterci il petto, riconoscendoci peccatori. Lo abbiamo fatto tante volte, con un pizzico di ipocrisia, magari ci siamo confessati, continuando poi a fare tutto come prima.
Qui c'è, da parte di Luca, ancora una volta, un invito a riflettere sulla preghiera, a cercare di intuire cosa significa pregare, che poi è cercare di intuire cos'è la fede, chi è Dio per noi!
Luca insiste su questi temi che ritiene - secondo me a ragione - fondamentali! Ricordate? Domenica scorsa Luca ci diceva che Dio è gratis! Dio non serve per tappare i buchi della nostra debolezza, non serve a risolvere i nostri problemi, quando non ci riusciamo da soli. Dio non è l'ultimo appiglio a cui rivolgerci, quando non sappiamo più a chi affidarci. Dio è "oltre", in Lui non possiamo che cercare i valori essenziali della vita… la gratuità.
Oggi Luca ci fa riflettere su un'altra cosa, secondo lui, fondamentale. Dio è gratis e in Lui non possiamo cercare la legittimazione del nostro comportamento. Non possiamo usare Dio per sentirci "giusti", per costruire il piedistallo da cui disprezzare gli altri. Non possiamo usare Dio per sentirci, noi, dalla parte del bene, mentre gli altri stanno dalla parte del male.
Sembrerebbe scontato che nessun credente possa usare Dio per sentirsi "giusto"! Eppure se guardiamo, soltanto per un attimo, indietro nella storia, vediamo che questa è stata, forse, la cosa più difficile nel cammino dei credenti e non soltanto della nostra religione... e lo è ancora!
Troppe volte, in nome di Dio, si è condannato, bruciato, scomunicato. Abbiamo, in nome di Dio, fatto crociate, conquistato popoli e nazioni. In nome di Dio si sono bruciati eretici, si sono bruciate streghe, si sono esclusi i diversi, si è esclusa tanta gente dalla Comunione!
Troppe volte, nel corso della storia, i credenti hanno fatto di Dio il piedistallo del giudizio severo, cattivo verso gli altri... su questo Luca ci invita a pensare!
Lo avete notato? L'uomo nel tempio non prega, ma insulta: "Io non sono come gli altri, ladri, ingiusti, adulteri… digiuno, pago le decime…". Ha fatto il suo piedistallo… e tante volte, i credenti, lo hanno fatto nel corso della storia, con conseguenze tragiche.
Ma se non volete pensare alle tragedie della storia, domandatevi perché è così difficile per un credente non sentirsi "giusto".
Vedete, noi dobbiamo giudicare quello che accade nel mondo, per capire cosa è bene e cosa è male… e non solo dobbiamo giudicare, siamo anche invitati a fare il bene, ogni volta che possiamo, con tutta la passione del nostro cuore… e non solo a fare il bene ma, se possibile, a sentirci contenti del bene che abbiamo fatto. Siamo, almeno noi, spero, convinti che, se uno fa il bene e si sente contento... questo sia il massimo che si può avere nella vita!
Fare il bene, sentirsi contenti, cercare di giudicare quello che è giusto, quello che è sbagliato, proprio per seguire le cose giuste... capite, allora, che il filo è sottile come una lama di rasoio?
Quando ho giudicato cosa è giusto, cosa è sbagliato, quando io ho fatto con tutte le mie forze il bene... il passaggio successivo a condannare, a disprezzare è facilissimo! Ci si sente tra coloro che hanno adempiuto la Legge, che hanno fatto quello che dovevano fare e lo sguardo sugli altri diventa severo… non solo sui comportamenti, ma sulle persone.
Qual è l'antidoto? Per quello che ho capito io... è, di nuovo, quello che Luca ci ha già ricordato: la gratitudine. Sentire che il bene l'abbiamo fatto, in gran parte, non perché siamo "buoni", ma perché siamo stati, fortunati. Abbiamo conosciuto, l'amore, la tenerezza, che tante persone intorno a noi, non hanno conosciuto... ma non è semplice conservare questa gratitudine nel cuore!
Non è semplice avere dentro di sé il senso del dono e, quindi, non essere tentati di condannare gli altri. È difficile! Lo è stato per tanti uomini nel corso della storia, è difficile anche per noi... eppure, ci si può riuscire!
Io sono vecchio e ho conosciuto tanti che ci sono riusciti...! Non i santi, quelli con la esse maiuscola... se conoscete un po' la storia, a volte, sono dei delinquenti... ma i santi quotidiani... i santi come mio papà, mia mamma, come tante persone che ho conosciuto, che hanno cercato di fare il bene, come potevano, con passione e serenità.
Erano contenti del bene che facevano, ma non giudicavano... non giudicavano chi pensava diversamente da loro, conservavano la tenerezza anche verso chi sbagliava, magari, se potevano, tendevano una mano e, se non potevano, rivolgevano una preghiera a Dio e quando dicevano l'Ave Maria non pensavano agli altri, come tante volte ci hanno insegnato. Ho ascoltato, tante volte, prediche in cui mi insegnavano a pregare per i peccatori: erano sempre gli altri! C'è gente... - ne ho conosciuta parecchia nella mia vita - che recita per cinquanta volte 1'Ave Maria, dicendo: prega per noi peccatori... e crede che siano sempre gli altri!
Quel po' di bene che riusciamo a fare è un dono grande di Dio… anche oggi, questa pagina del Vangelo ci ripete: Dio è gratis! Si può vivere il rapporto con Lui nella gratuità, si può cercare con passione la giustizia e il bene... ne siamo contenti, ne ringraziamo il Signore, ma non si può farne mai il piedistallo da cui condannare, non si può usare Dio per sentirsi "giusti" e disprezzare gli altri.
Il Signore ci aiuti
Apocalisse 7, 2-4. 9-14 - Matteo 5, 1-12
Le letture che abbiamo appena ascoltato ci invitano a dare uno sguardo alla vita, al mondo con gli occhi di Dio... ma per noi non è affatto semplice, perché i nostri occhi sono inquinati dalle troppe immagini che vediamo ogni giorno alla televisione, sui giornali, le nostre orecchie sono appesantite dalle troppe notizie che ci capita di ascoltare… il nostro sguardo è offuscato…
Se, per esempio, chiedessi: chi sono le persone importanti sulla terra, quelle più note, quelle che lasciano un segno? Ciascuno di noi, secondo i propri gusti, risponderebbe… chi i grandi ricchi, fondatori di imperi industriali, chi parlerebbe di qualche politico particolarmente importante e noto nel mondo di oggi... chi, invece, parlerebbe di qualche scienziato, che ha fatto grandi scoperte, ha inventato cose straordinarie...
Qualcun altro, invece, in maniera un po' frivola, parlerebbe di qualche attore o di qualche attrice, di qualche donna particolarmente bella che vediamo spesso sugli schermi della televisione... qualcuno, parlerebbe di qualche calciatore importante, di qualche atleta famoso...
Qualcun altro, portato più verso le cose religiose, parlerebbe dei capi della Chiesa... del papa o di qualche personaggio noto delle altre religioni. Oppure, qualcuno ci parlerebbe di personaggi, famosi perché operano cose straordinarie... hanno fondato ordini religiosi o, addirittura, hanno compiuto miracoli.
Qualcun altro, su un versante diverso, direbbe che le persone famose, che segnano la storia, sono i grandi delinquenti: quelli che scatenano guerre, che compiono attentati o omicidi particolarmente efferati.
Queste sono le persone che la maggior parte di noi conosce, quelli che sembrano essere la parte più importante del mondo di oggi.
Ora provate a ricordare le parole del Vangelo: "Beati i poveri, beati i miti, i misericordiosi, quelli che hanno fame e sete di giustizia, gli operatori di pace..." È tutta un'altra storia!
E non cercate di individuarli... sono "una moltitudine immensa... - ci ha ricordato la prima lettura - di ogni razza, popolo e nazione..."
Anche quelli non cattolici, anche i non credenti? Certo! Agli occhi di Dio conta chi ha "fame e sete della giustizia, chi è mite, misericordioso, pacifico..." e sono "una moltitudine immensa".
Ma non li conosciamo, la televisione non ne parla mai! La televisione parla di chi fa rumore… Dio sa guardare chi rumore non fa! Sa guardare il cuore della gente e sono "una moltitudine immensa..." e dovremmo ricordarcene perché, alle volte, guardando il mondo con gli occhi della televisione e dei giornali, il cuore si appesantisce e sembra che tutto sia male, tutto sia rovinato.
Chi di noi può guardare il cuore di tante mamme, di tanti papà che curano con tenerezza i propri figli? Chi di noi può guardare il cuore di tanta gente che cerca la giustizia, che è mite, misericordiosa, che cerca... - come può - intorno a sé, di operare la pace?
"Una moltitudine immensa di ogni razza, popolo e nazione".
Non possiamo più guardarli, ma, oggi, possiamo ricordare con tenerezza i nostri cari... il loro nome non sta scritto sul calendario, non sono famosi, ma, forse, per noi - per me certamente - sono stati testimoni di mitezza, di misericordia, di affetto, di pace... ci hanno insegnato la "fame e la sete di giustizia".
Ecco, questo è il mondo guardato con gli occhi di Dio! Per noi non è semplice, ma questa è la vera storia del mondo, queste sono le persone che contano, se non sulle pagine dei giornali o sui libri di storia, nel cuore di Dio.
Il Signore ci aiuti.
Luca 19, 1-10
Da tanto tempo, ormai, considero questa pagina una delle perle più straordinarie del Vangelo. Se la comunità di Luca avesse scritto - secondo me - soltanto questa pagina, sarebbe bastato per darci il senso dell'incontro con Gesù.
Provate stamattina a rendere viva questa pagina con tutta la vostra fantasia. Non si tratta, probabilmente, di un fatto accaduto, ma di un racconto simbolico che, quindi, possiamo rivivere con la nostra fantasia.
Cerco di aiutarvi!
Provate ad immaginare Zaccheo... un ometto basso, anziano ormai, probabilmente senza più capelli, il volto raggrinzito... ma guardate i suoi occhi: sono vivi, penetranti... occhi di una persona che ha combattuto tutta la vita, che ha autorità... Sì, perché fin da quando era bambino Zaccheo combatte! Prima contro i suoi compagni che, probabilmente, lo prendono in giro perché è un "tappo", ma poi combatte per arricchirsi, per farsi strada nella sua professione... è una professione disprezzata da tutti, ma a Zaccheo non importa!
Lui cerca il potere, lui vuole i soldi, senza badare troppo ai mezzi che usa, ruba, fa violenza alla gente, presta ad usura i suoi denari. Vuole arricchire, vuole essere un uomo potente di cui la gente ha paura. Nessuno, ormai, osa più prenderlo in giro come quando era bambino.
Ha fatto strada Zaccheo! È un uomo importante; ha costruito la sua villa, appena fuori della sua città, grande, bella, ha tanti servitori...
Un giorno viene a sapere che arriva un Maestro, un Rabbi famoso, dice parole straordinarie e la gente gli va dietro...
Chi sarà Costui?
Alcuni dei suoi servi gli chiedono un permesso per andare a vedere, incantati dalle parole di quest'uomo e Zaccheo, un po' brontolando, dà il permesso. Invitano anche lui ad andare, ma Zaccheo scuote le spalle, non gli interessa... è uno straccione, non ha nessun potere, non ha denari, non ha niente da chiedergli, ormai non deve chiedere niente a nessuno, Zaccheo!
Passeggia per il suo giardino, sente crescere un'inquietudine dentro di sé: perché non andare a vedere, magari per curiosità, quest'uomo che tutti ascoltano?
Alla fine si decide... non sa nemmeno lui perché. Non cerca niente, è solo curiosità o, forse, qualche cosa d'altro. Forse un'inquietudine che viene dal profondo… e va sulla strada dove sta per passare Lui!
C'è folla, una folla impenetrabile per Zaccheo... nessuno lo lascia passare! Sembra che nessuno abbia più paura di lui. Anche se prova ad alzare la voce nessuno si sposta e a Zaccheo non basta sbirciare tra le teste della gente, vuole guardarlo negli occhi, cercare di cogliere il segreto di questo Profeta e allora...
Allora una pensata: corre avanti e sale su un albero! Ormai vuole andare al di là della folla, di questa folla "pesante", che gli impedisce di avvicinarsi a Gesù. Ha bisogno, almeno per un momento, di guardare negli occhi quest'uomo così diverso da lui: quest'uomo per lui incomprensibile.
Vuole guardare... per scoprire nei suoi occhi il suo segreto, sale sull'albero e si nasconde tra le foglie, non vuole essere scoperto, arrampicato su un albero come un monello... lui che è anziano e ricco e potente.
Gesù si avvicina e, quando è sotto l'albero, alza gli occhi e scopre Zaccheo tra le fronde.
Provate ad immaginare Zaccheo... in quel momento - forse, per la prima volta dopo molti anni - ha paura. Paura che il Maestro... possa aizzargli contro la folla, manifestare tutto quello che ha fatto, raccontare quello che ha rubato, mettere in mostra tutte le sue violenze...
Gesù lo guarda con un sorriso: "Zaccheo, scendi, voglio venire a cena con te!". E Zaccheo scende! Per la prima volta nella sua vita ha guardato negli occhi qualcuno che non ha niente da chiedergli, che non ha paura di lui… che gli sorride, gli offre amicizia e uno sguardo carico di tenerezza e Zaccheo sente che il suo cuore è sconvolto... sconvolto per la prima volta, forse, da quando è nato, dalla gioia. La gioia di un incontro, la gioia di un'amicizia.
Là, sull'albero, Zaccheo ha scoperto la gratuità, la fraternità… corre a casa e organizza un banchetto!
La gente mormora, ma non gli importa più di niente. Un banchetto come non lo aveva mai fatto e convoca la sua gente… non ha amici Zaccheo, soltanto servi e dipendenti e là, intorno a quella tavola, esplode nel cuore di Zaccheo la gioia della gratuità!
"Se ho rubato, restituisco quattro volte tanto, la metà dei miei beni la do ai poveri". Tutta la sua vita, tutto quello che è stato, tutta la sua corsa, il suo affanno, sembrano scomparire di fronte al sorriso di Gesù!
Vede altri orizzonti... l'orizzonte della fraternità, della gratuità, della vita condivisa, del convivio... l'orizzonte della gioia!
Zaccheo scopre che non siamo nati per possedere, per comandare, per dirigere, per sopraffare gli altri: scopre che siamo nati per la gratuità, per la condivisione, per la gioia. Lo scopre nel sorriso di Gesù, che non gli chiede niente, non gli rimprovera niente, gli dice soltanto: "A cena con te...!". Per diventare amici, per condividere la vita, per vivere la fraternità, per cercare l'oltre della gratuità, dello stare insieme, così, senza aspettarci niente l'uno dall'altro, per la gioia di tenersi per mano e camminare insieme!
È questo... - se ho capito qualcosa - il senso di questa straordinaria pagina del Vangelo. Per me, una delle perle più preziose che la tradizione cristiana ci ha affidato. Conservatela nel cuore e ciascuno di noi riviva in questa pagina un po' del proprio incontro con Gesù.
Il Signore ci aiuti
Luca 20, 27-38
Avete ascoltato una pagina del Vangelo - capita raramente - in cui chi ha fede si deve confrontare con la presa in giro, con il voler mettere in ridicolo le proprie affermazioni. Arrivano dei sadducei, gente scettica che non crede nelle novità della fede, dicono: "Mosé ci ha prescritto che se un uomo sposa una donna e poi muore senza aver figli, il fratello deve prenderla in moglie e poi il terzo e il quarto fine a sette... nella Risurrezione di chi sarà moglie?"
È un modo di prendere in giro, di mettere in ridicolo. Ci aspetteremmo una risposta articolata, complicata, sul mondo futuro, su quello che succederà nell'aldilà. Di descrizioni del mondo futuro sono piene le religioni di tutta la terra... la nostra non è stata certo da meno.
Chi ha i capelli bianchi ricorda tutte le descrizioni, che abbiamo dovuto subire, dell'inferno, del purgatorio, del paradiso... e, quindi, ci si aspetterebbe, qui, una minuziosa disquisizione su quello che succede dopo la morte. Niente di tutto questo!
I primi cristiani tentano di rispondere seriamente, invitando chi ha parlato a volgere lo sguardo verso Dio! Il Dio in cui crediamo è fedele alla sua gente, ai suoi amici: tutti vivono per Dio. Il Dio in cui crediamo è il Dio dei vivi, non dei morti: è il Dio della vita, il Dio che non ama la morte.
Sembrerebbero discorsi scontati: non lo sono! È bene che il Vangelo lo ricordi anche a noi che viviamo oggi.
Troppe volte, nel corso della storia, Dio è stato invocato per generare morte, per uccidere in Suo nome gli altri, i diversi, i non credenti e succede anche oggi... se non proprio nella nostra religione... - ma anche tra i cristiani ci sono problemi di questo genere - in varie religioni del mondo.
Spesso la fede in Dio genera morte. Il Vangelo dice: non è possibile! Il Dio in cui crediamo è il Dio della vita, il Dio che ama la Sua gente: tutti viviamo in Lui, Dio ci chiama a vivere la pienezza della vita! Non è sempre stato così, dobbiamo ricordarlo!
Mi capitava, ieri, di andare a visitare, con alcuni amici, dei paesi tra i più belli di questo nostro centro Italia: Sorano, Pitigliano... a Pitigliano siamo entrati nel museo diocesano. Tante immagini di santi, crocefissi, statue della Madonna, a volte, anche molto belli e poi, inaspettata, la sala degli strumenti di tortura... strumenti crudelissimi che erano, là, conservati, forse, fortunosamente.
Erano, molto probabilmente, gli strumenti del tribunale dell'inquisizione; strumenti di violenza e di morte. Ma il Dio in cui crediamo non è il Dio dei vivi, non è il Dio della vita? Non dovremmo amare con passione la vita di tutti? Perché, a volte, i cristiani amano gli strumenti della tortura e della morte? Perché, in nome di Dio, disprezzano chi vive?
Ecco, è inutile volgere lo sguardo oltre la soglia della morte! Appartiene a Dio! A noi interessa quello che accade qui, in questa vita. È in questa vita che il credente deve amare gli uomini, deve amare la vita... non può tollerare strumenti di morte!
Ma c'è anche un altro discorso che il Vangelo... - con parole a cui non siamo abituati - tenta di fare: uno sguardo "sull'oltre", sull'aldilà, il tentativo di guardare il volto di Dio, ci dice qualcosa anche sul nostro volerci bene.
Come è possibile che una donna sia di sette uomini? A noi sembra inconcepibile! A Dio no! Dio sogna un amore liberato, liberato dal senso del possesso, liberato dal sentimento della gelosia, liberato dal dire: è mio!
È mio non soltanto l'orologio, le scarpe che porto, il tavolo, la macchina che guido: è mio anche l'altro! Voglio possedere, voglio l'esclusività...!
E, nella storia della Chiesa, c'è anche l'esclusività di un "modo" di voler bene! Non ci si può voler bene tra uomo e uomo, tra donna e donna: sono cose "contrarie" alla legge di Dio!
Il Dio in cui crediamo non è più il Dio dell'amore liberato, non è più il Dio dell'amore che va aldilà delle regole, che ci accetta così come siamo, con quello che ci portiamo dentro, con le nostre storie, con il nostro vissuto, con la nostra realtà.
Tante discussioni, a volte, ci tocca ascoltare! È possibile che si vogliano bene due uomini? È possibile che si vogliano bene due donne?
Mi veniva in mente... - ascoltando questi discorsi proprio stamattina alla radio - quello che dicevano gli antichi scolastici... - io ho avuto la fortuna di studiare anche l'antico mondo della scolastica, in latino - uno dei principi assoluti era: "contra factum non valet argumentum": di fronte a un fatto, a una realtà non contano gli argomenti
Quando hai conosciuto due uomini che si amano appassionatamente e teneramente come, forse, non hai visto amarsi un uomo e una donna, non puoi più discutere! L'amore può essere libero!
Quando hai visto due donne che si amano teneramente e appassionatamente, come non hai visto amarsi un uomo e una donna, non puoi più nasconderti dietro i principi, non puoi chiederti se è giusto o non è giusto, se è lecito o non è lecito... è un fatto, è una realtà!
Quando vedi una mamma che ama allo stesso modo tutti i suoi figli non puoi più dubitare che sia possibile amarsi, essere amici, senza il senso del possesso, senza gelosia.
Per noi è difficile! Per noi, in molte circostanze, è impossibile, ma ecco... quando tu, uomo di fede, tenti di dare uno sguardo sull'aldilà, uno sguardo su Dio... lo sguardo ti ritorna indietro, sulla tua vita e ti domandi: ma il Dio in cui credo è il Dio della vita o della morte? È il Dio che ama tutti o soltanto qualcuno? L'amore in cui credi è il sogno di un amore libero, tenero; un amore liberato da ogni gelosia e da ogni forma di possesso o sei ancora intrigato nelle regole, negli schemi, nelle leggi, nelle impossibilità? Uomo che guardi lontano, sogna... sogna Dio, il Suo amore, la pienezza dell'amore. Non ci riesci? Continua a cercare, tenta di sognare! Non ti preoccupare delle discussioni sull'aldilà: sono fonti di curiosità, a volte, morbosa; a volte, servono a tranquillizzare gli uomini o, addirittura, a umiliarli. Lo sguardo su Dio ti ritorna indietro; uno sguardo sul tuo cuore, sulla tua fede, sulla tua vita: in cosa credi, che cosa ami, che cosa sogni?
Questa pagina del Vangelo ci invita a sognare con il cuore di Dio.
Il Signore ci aiuti
Malachia 3, 19-20 - Luca 21, 5-19
Abbiamo ascoltato una pagina inquietante del Vangelo e ce ne sono altre. Una cosa che sconcerta chi si avvicina al Vangelo per la prima volta è notare come i primi cristiani vivano nella paura che il mondo stia per finire, che stia per venire il giorno, di cui parla - lo avete ascoltato anche oggi - il profeta Malachia, "rovente come un forno", in cui tutti i cattivi saranno bruciati e, finalmente, i giusti risplenderanno nella luce.
I primi cristiani - Paolo ce ne da testimonianza nelle sue lettere - pensano che il mondo si stia avvicinando alla fine, è questione di anni, se non addirittura di mesi. Paolo è convinto che lui non morirà, che verrà prima questo giorno in cui il mondo sarà distrutto e se ne creerà uno nuovo.
Perché questa mentalità, che cosa è successo? Perché Gesù non l'ha cambiata, ma ha parlato dentro questa mentalità, che era allora così diffusa?
Per cercare di capire occorre partire da molto lontano e spero, quindi, di non fare scorciatoie...
In molte culture della terra - e ce ne sono tracce anche oggi - c'è chi pensa che l'uomo sia uscito perfetto dalle mani di Dio, sia vissuto, all'inizio, in un mondo luminoso: il paradiso terrestre, di cui tutti avete sentito parlare e poi, pian piano, l'umanità sia decaduta.
Dietro le spalle, all'inizio, c'è la perfezione, la bellezza, la vita splendida e poi, pian piano, a causa del male, tutto decade lentamente.
Israele, prima dei tempi moderni, molto prima di Darwin, intuisce che bisogna rovesciare la prospettiva... non è così che si può concepire la vita! Dietro le spalle non c'è la perfezione, ma il male: il bene sta nel futuro e occorre conquistarlo.
Israele mette nel cuore della propria fede, l'Esodo: "Noi eravamo schiavi in Egitto ma Dio ci ha tratto fuori con mano potente e ci ha invitato a conquistare una terra nuova, dove scorre il latte e il miele: la terra della prosperità, della giustizia, la terra della pace".
Israele concentra la sua fede in questo sforzo di costruire la terra, di costruire un mondo di pace, tanto che rifiuta, con decisione, ogni discorso sull'aldilà. Di quello che c'è dopo la morte... se ne occupino i miscredenti, gli Egiziani! Quelli costruiscono piramidi, fanno lunghi discorsi, scrivono libri complicati sul viaggio dopo la morte. A noi - dice Israele - di tutto questo non interessa niente! Per noi è importante questa vita! Per noi è importante costruire il futuro, costruire la pace, la giustizia, qui, in questa terra… e il Signore ci cammina davanti e ci chiama sempre verso il futuro, verso la speranza.
Ma pian piano, in Israele subentra la paura e poi la disperazione! Una disperazione che coinvolge molti, anche l'elite intellettuale del popolo. Sono venuti gli Egiziani, gli Assiri, poi i Babilonesi, poi Alessandro Magno, poi i Romani... sempre schiavitù, sempre sofferenza... non c'è più speranza in questo mondo!
È la disperazione, ma rimane la loro fede! La fede in Dio, nel Dio della speranza e del futuro e questa fede, ad un certo punto, si proietta oltre la vita...
"Verrà un giorno - come dice il profeta Malachia, che scrive circa quattrocento anni prima di Cristo - rovente come un forno... ". Questo mondo non è più sopportabile, bisogna che bruci e occorre aspettare un mondo nuovo.
La speranza non finisce, ma questa vita perde senso, perde valore… i primi cristiani devono confrontarsi con questa disperazione.
Gesù non si affanna a dire: "Non verrà presto la fine del mondo!". Sembra parlare dentro questa paura!
Leggevo ieri un libro in cui un teologo moderno dice: "Gesù si è sbagliato!". Forse è vero! Si è sbagliato o - secondo me - ha parlato dentro la mentalità del tempo per invitare i suoi discepoli a non avere paura, a non preoccuparsi del futuro... ma ad impegnarsi a costruire, qui, la vita.
"Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere... ". È importante il concreto rapporto con chi ci sta accanto ogni giorno, bisogna impegnarsi, qui, per questa terra. Non bisogna preoccuparsi di quando verrà il Signore: all'orizzonte c'è Lui, ma è un orizzonte lontano.
Noi siamo qui, dopo duemila anni, per cercare di conservare nel cuore questa speranza ed è importante perché, anche oggi, ascoltiamo, quasi ogni giorno, parole di paura: il mondo si corrompe, la natura si rovina... e gli uomini finiscono per intristirsi, per mettere la testa sotto la sabbia… e non lo rischia solo chi ha i capelli bianchi, lo rischiano i nostri ragazzi. C'è tanta gente che sembra voler rendere i nostri ragazzi disperati: paura del futuro, paura del lavoro che non c'è, paura del petrolio che salirá a duecento dollari - leggevo stamattina - paura che non ci muoveremo più, paura che la terra si rovini, paura di tutto e allora...? Allora si rischia di stordirsi nelle discoteche con la musica, di stordirsi con il tifo sportivo, di non avere più speranza nel futuro, di non avere più passione per la costruzione di questo mondo… tanto tutto va in rovina, venga pure la fine del mondo a me non importa!
È la tentazione dell'uomo di sempre! Come reagisce il cristiano? Il cristiano reagisce nell'unico modo possibile: cerca di conservare nel cuore la speranza e la passione per questa vita, l'impegno a costruirla, il coraggio di cercare la pace, la libertà, la dignità, il rispetto dell'altro. Occorrono anche i gesti semplici concreti, quotidiani, piccoli magari, per rispettare il mondo: spegnere una lampadina in più per risparmiare energia, non inquinare, differenziare i rifiuti... sono le piccole cose di ogni giorno, i segni che ci aiutano a testimoniare ai nostri ragazzi la speranza, perché rimanga nel loro cuore il coraggio di fare il possibile, concretamente, ogni giorno, per costruire il mondo e la vita senza che la paura o peggio, senza che la disperazione domini il loro cuore.
La paura, la disperazione, l'hanno conosciuta anche i primi cristiani, forse l'ha conosciuta anche Gesù! La sola reazione possibile è la passione per la vita, per la libertà, per il bene, per la giustizia...
"Beati i miti, i misericordiosi, i pacifici, gli operatori di pace... avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere... "
È sempre lo stesso discorso che dobbiamo ripeterci da duemila anni e, ancora oggi, è l'unica strada per essere credenti. La fede non ammette scorciatoie. Troppe volte, anche nella Chiesa, si è predicato il futuro, il paradiso, l'aldilà e ci siamo dimenticati la passione per la vita.
Se leggete il Vangelo troverete sempre, tra le pieghe della paura, il coraggio di credere nella pace e nel bene.
Non è semplice per noi, ma non c'è altra strada.
Il Signore ci aiuti
Luca 23, 35-43
"Cristo Regni" - "Sempre". Qualcuno di voi - specialmente chi ha i capelli bianchi - lo ricorderà! Così ci si salutava tra i ragazzi dell'Azione Cattolica quando ci si incontrava: "Cristo Regni". E l'altro rispondeva: "Sempre!"
Ed era un saluto che ti dava il senso dell'appartenenza, di far parte di un gruppo di persone che avevano degli ideali, che credevano in qualcosa. Era anche un saluto che ti dava sicurezza: la convinzione che le cose in cui credevi non venivano soltanto da te, ma dall'Alto. Sicurezza che veniva da Cristo, dall'appartenere a Lui. Sicurezza che ti da il gruppo, il senso dell'appartenenza, il sentirti partecipe di un'avventura insieme ad altri della tua età.
A quel tempo non ci dicevano... - almeno a me non l'hanno detto, eravamo ragazzi - quando era cominciata l'avventura della festa di Cristo Re. Non è una festa antica, è stata istituita soltanto nel 1925, alla fine di un Anno Santo.
Il papa aveva voluto riproporre l'idea di Cristo Re anche in una festa che concludesse l'anno liturgico; ed era un modo - che l'autorità della Chiesa riteneva indispensabile - di ripetere ai cristiani che Gesù è il Re dell'universo, che tutta la vita deve essere ordinata secondo i Suoi valori, i Suoi principi; che Gesù è veramente il Signore della storia e che i cristiani debbono impegnarsi, con tutte le loro forze, a fare in modo che la società corrisponda ai valori e ai principi cristiani.
Ma era anche una festa polemica! Nell'istituirla il papa diceva che bisognava difendere il mondo dalla "peste" più grave che, secondo lui, l'affliggeva: il laicismo! La pretesa degli uomini di pensare con la loro testa, di non seguire i valori che vengono dalla religione.
Il laicismo: la "peste" più grave del tempo moderno, così ragionava Pio XI nel 1925!
In questo clima noi siamo cresciuti, ma, poi, questo ci ha portato qualche difficoltà... per me, per il mio crescere, per la mia fede: la difficoltà del rapporto con chi credente non era e portava avanti i suoi valori e difendeva la sua libertà e voleva che nello Stato fosse affermata l'indipendenza dai valori religiosi… e, più volte, si è riproposto il problema.
Qualcuno di voi ricorderà... forse lo scontro più grave, quello che ha cambiato il modo di pensare di tanta gente è stato lo scontro sulla famiglia, sul divorzio. Ricordate la lotta per il referendum? Quando sembrava che fossero in gioco i valori della Chiesa, a molti sembrava invece che si volesse imporre, anche nello Stato, il suo modo di vedere… e gli "altri" ci dicevano: "Noi non la pensiamo così, lasciateci liberi! Voi non volete divorziare? Non divorziate! Perché lo impedite a noi che lo vogliamo!"
Sembrava a me... - allora ero un giovane prete - un discorso ragionevole e ricordo che misi la mia firma sotto un documento di alcuni parroci di Roma… pochi, purtroppo, fummo soltanto in tredici! Dopo tanti anni, penso, che avessimo ragione noi! Che fosse una battaglia non per la difesa della famiglia, ma per la libertà, per il rispetto di chi la pensa diversamente da te.
Secondo molti quella battaglia, nella Chiesa, non era finita. Bisognava riproporla per riaffermare nella società i valori cristiani, che sono i valori veri, autentici e gli "altri" non hanno diritto a vivere i loro valori, perché non sono veri.
E, allora abbiamo sentito gridare in piazza il "diritto della famiglia" ad esistere, ad essere difesa: la famiglia sana, viva, indissolubile e alcuni di noi - forse molti - hanno visto, con stupore, che a gridare in piazza la "difesa della famiglia" erano persone pluridivorziate, che nella vita privata si comportavano in maniera completamente diversa... ma c’erano là in piazza a gridare i valori religiosi e c'è venuto il sospetto che lo facessero usando il nome di Cristo per il loro potere, per mantenere il loro rapporto con la gente, che usassero i valori cristiani per difendere se stessi.
Ma si continua a parlare di famiglia, a difendere la famiglia...! La famiglia astratta, teorica, senza confrontarsi con i numeri drammatici, che ci vengono ricordati in questi giorni. In una larga fascia d'età la causa prima di morte delle donne è la violenza e, spesso, è la violenza in famiglia! Eppure si continua a difendere la famiglia! Principi astratti, lontani dai problemi e dal vissuto della gente, principi che, spesso, sono incapaci di affrontare i rapporti complessi e, a volte, difficili della vita familiare... e allora?
Allora nella mia vita, pian piano, ho capito che essere cristiani significa soprattutto guardare Lui! Continuiamo a ripetere che è un Re, ma guardate che strano Re: ha una corona sul capo, ma è una corona di spine, è inchiodato su una croce... non è il potente, il Signore della storia: è una vittima, dalla parte di tutte le vittime; dei bambini che muoiono, delle donne che subiscono violenze... ed è capace di attenzione verso gli altri, di dialogo...
Là, sulla croce, tra gli insulti della gente, tra coloro che gli dicono: "Se sei il Cristo, se sei il Re, se sei il Messia..." Lui sembra ascoltare soltanto quel poveraccio che è inchiodato accanto a Lui sulla croce e - lo avete notato? - è l'unico che lo chiama con il nome che gli ha dato Sua mamma "Gesù!"
Sembra accorgersi soltanto di lui e a lui rivolge la Sua parola. È un malfattore, ma a Gesù non importa è, in quel momento, un uomo che soffre. A Lui si rivolge, Lui ascolta.
Allora ho capito che il Dio in cui posso credere, l'unico Dio in cui posso credere, è il Dio del dialogo, del rispetto degli altri, dell'attenzione ai più piccoli, il Dio della condivisione della vita, il Dio che non vuole imporre il Suo potere… vuole solo far crescere, nel mio cuore, i Suoi valori: il rispetto, la gratuità, la libertà, la dignità.
Non vuole, proprio non vuole, imporre i Suoi valori a chi sembra non volerli accogliere e, poi, magari, ti accorgi che quello che non sembra accogliere i valori di Cristo li ha dentro di sé, forse, più profondi dei tuoi e, allora, capisci che quello che conta è il dialogo, l'ascolto dell'altro, il cammino fatto insieme, la condivisione.
Non è semplice per noi, ma - se ho capito qualcosa - è l'unico modo di essere cristiani.
Il Signore ci aiuti.