Le omelie si possono leggere anche nel file Word allegato in fondo alla pagina
OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2004-2005 - Vangelo di Matteo
INDICE
"Vegliate, state pronti, perché I Domenica di Avvento - 28 novembre 2004
non sapete in quale giorno il Isaia 2, 1-5 - Matteo 24, 37-44
Signore vostro verrà".
Ricomincia oggi il tempo della nostra preghiera e, come avete ascoltato, le letture ci invitano, ancora una volta, ad alzare il capo, a guardare lontano. Ci propongono uno dei temi - forse il tema fondamentale - della nostra Fede: la speranza, l'attesa di Gesù, il cammino nella Luce del Signore, la ricerca del futuro.
Abbiamo ascoltato, nella prima lettura, l'antica profezia di Isaia: "Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra". Quasi tremila anni fà il profeta pronunziava queste parole! E noi ancora aspettiamo un tempo in cui, non più le spade, le lance, ma i terribili mezzi da guerra di oggi: aerei superpotenti, navi complicatissime, missili e quant'altro, siano trasformati in strumenti di vita, di pace, in mezzi per curare le malattie, per sconfiggere la povertà immensa di questo mondo...
Aspettiamo ancora! Sì, aspettiamo: l'attesa del Signore ci invita a non perdere questa speranza! Non solo, ma ad evitare le scorciatoie che, tante volte, si sono ripetute nella lunga storia dei credenti. Dico credenti perché condividiamo la stessa Fede, la stessa speranza, la stessa ricerca di Luce, la stessa attesa di Dio, con gli Ebrei, con i Mussulmani, con tanti credenti in ogni angolo della terra, anche di altre religioni… tutti tentati di impazienza e di ricercare scorciatoie.
Avete ascoltato come i primi cristiani, presi dalla disperazione, pensavano che il mondo stesse per finire... l'Apostolo Paolo era convinto che non sarebbe morto, che sarebbe venuto il "Giudice", improvviso come un lampo, come il ladro di notte, per fare il "grande giudizio" della storia del mondo. Era una scorciatoia! Era il rifugio nel prodigio, nel miracolo!
Altre volte - ed è stata l'educazione per molti di noi - la vita è stata vista come qualcosa di passeggero: l'importante è salvarsi l'anima, guadagnare il Paradiso! La maggior parte di noi, quando eravamo ragazzi, ha compiuto la pratica dei "primi venerdì del mese": una specie di assicurazione sull'aldilà! E ci insegnavano a non preoccuparci troppo dell'aldiquà, dei problemi di questo mondo, della politica, dell'economia, della guerra; è di là che si risolvono tutti i problemi: una scorciatoia anche questa!
Nelle parole un po' confuse e ambigue del Vangelo di oggi - quando si parla delle ultime cose non può che esserci ambiguità, perché nessuno sa cosa avverrà alla fine - troviamo le intuizioni dei primi cristiani, dette con parole che, forse, vi sono suonate strane: "Al tempo di Noè mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito... due uomini saranno in un campo, due donne macineranno alla mola...". Nessuno di voi lavora più nei campi, nessuna di voi macina più alla mola, ma tutti siamo impegnati nel quotidiano: chi sul posto di lavoro, chi a scuola, chi in ufficio, chi è ormai in pensione e si occupa dei nipoti, di fare i servizi quotidiani, a volte - mi dice qualcuno - più pesanti di quando si lavorava in ufficio. È in questa vita quotidiana che siamo invitati a rendere vivi i valori di Gesù, ad essere inseguitori di Luce, testimoni di pace, di speranza: è importante essere testimoni di speranza, cercatori di Luce, concretamente, nei gesti di ogni giorno, nella tenerezza, nel servizio verso gli altri, nell'attenzione, nel rispetto.
È importante, anche, che conserviamo gli occhi lucidi su quello che ci succede intorno e tentiamo di cogliere i segni di speranza. Vedete - lo abbiamo ripetuto spesso, ma io continuerò a ripeterlo fino a stancarvi e a stancarmi - è importante che sappiamo comunicare a chi cresce la speranza del futuro, i segni di quello che migliora il mondo. Spesso ci lasciamo condizionare dalla notizie che ascoltiamo... Mi capita, ogni tanto, di fare dei piccoli test, con la gente che incontro, per vedere come siamo condizionati dal modo con cui riceviamo le notizie… potrei provare anche oggi: "Secondo voi, in Italia, negli ultimi vent'anni, di quanto sono diminuiti i boschi?.. Quando ho fatto questa domanda c'è chi ha risposto: "del cinquanta per cento... del trenta per cento". Sapete cosa è accaduto? I boschi sono aumentati del venti per cento! E non è del tutto una buona notizia, perché significa che molti terreni sono stati abbandonarti dai contadini. Ma chi da queste risposte pensa che i boschi stiano per sparire e si lascia condizionare dal modo con cui ci danno le notizie e non ha la percezione giusta della realtà… e se non succede solo per i boschi?
Un piccolo suggerimento per questo tempo di Avvento che mi sento di darvi: cogliete, con le orecchie aperte, con le antenne tese, tutti i segni di speranza, tutte le notizie positive e ditele, ripetetele ai bambini! Ed evitate che guardino troppe immagini di violenza, altrimenti pensano che tutta la vita sia così! E tentate di mostrar loro, con le parole e ancor più con l'esempio, che quando ascoltano notizie di catastrofi, è bene che sappiano fare una carezza a chi gli sta accanto, sappiano essere attenti al loro compagno in difficoltà… altrimenti il cuore si impaurisce e quando il cuore si impaurisce, si indurisce, diventa aspro, si rinchiude.
Ricordiamo l'invito di Isaia: "Camminate nella Luce del Signore!" Tentiamo di camminare nella speranza, di trovare il coraggio della fiducia. È un invito per me, è un invito per tutti noi: ma non è semplice.
Il Signore ci aiuti.
"Il lupo dimorerà insieme con l'agnello. .. II Domenica di Avvento - 5 Dicembre 2004
"Razza di vipere, chi vi ha suggerito di Isaia 11, 1-10 - Matteo 3, 1-12
sottrarvi all'ira imminente?'.
Chi legge, con un po' di attenzione, il Vangelo rimane colpito dalla profonda differenza che c'è tra l'immagine di Giovanni Battista e quella di Gesù, tra le parole aspre, che avete appena ascoltato, di Giovanni e le parole di Gesù. Tra le attese che Giovanni annunzia, che sono condivise da gran parte della gente del suo tempo, è la realizzazione che si compie nella vita di Gesù.
Come avete ascoltato, Giovanni è una figura severa, un profeta che si è ritirato nel deserto: là si veste di pelli, mangia locuste e miele selvatico. Gesù continua a vivere in mezzo alla gente: dicono di Lui che è "un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori".
Giovanni parla di "una scure già posta alla radice degli alberi". Annuncia "Colui che viene con in mano il ventilabro per pulire la sua aia, raccogliere il suo grano e bruciare la paglia con un fuoco inestinguibile".
Gesù racconterà la parabola del fico che da tre anni non porta frutto e il padrone vuole tagliare. Ma il contadino gli dice: "Lascialo ancora quest'anno, voglio zappare mettere il concime... può darsi che l'anno prossimo faccia frutti"... son tre anni che il contadino ripete questo discorso e, potete giurarci, lo ripeterà anche l'anno prossimo.
Quando, andando verso Gerusalemme, i discepoli Giacomo e Giovanni invocano il "fuoco dal cielo" Gesù si volta e li rimprovera.
Giovanni attende un giudice potente e severo, che finalmente venga a fare i conti con l'umanità: a separare i buoni dai cattivi, a bruciare con un fuoco che non ha fine... e si incontra con Gesù. Giovanni non ha potuto vedere - era troppo piccolo - la nascita di Gesù nella capanna di Betlemme… il Dio che viene non ha niente della forza, della potenza, del giudice severo: nasce un Bambino in una stalla, è Lui che aspettiamo!
Giovanni aspetta uno che grida, che alza la voce sulla piazza: Gesù non alzerà mai la voce! Aspetta uno che condanna e giudica: Gesù si farà incontro ad ogni peccatore tendendogli la mano, sollevandolo per rimetterlo in cammino.
Una cosa mi ha sempre sgomentato nel mio cammino di prete: spesso, i cristiani - e non è accaduto solo in tempi lontani - preferiscono le aspre e dure parole di Giovanni al Vangelo di Gesù.
Di volta in volta si è invocato il Dio giudice, che viene a punire e condannare e, spesso, stanchi di aspettare il fuoco che scende dal cielo, i cristiani hanno acceso i loro fuochi: bruciando eretici, diversi e quant'altro.
I predicatori, spesso, nel corso della storia, hanno gridato il castigo e le minacce di Dio e anche oggi, dopo quasi duemila anni, c'è ancora chi ripete queste parole. E ancora capita, qualche volta, alla televisione o tra la gente che incontri, qualcuno che dice: "Ci vorrebbe più severità! Bisognerebbe parlare di più dell'inferno, dei castighi di Dio".
Vedete, questi discorsi - se ho capito qualcosa - nascono dalla paura e generano l'intolleranza e la violenza verso chi ci sta intorno, verso chi è diverso da noi, verso chi appartiene a un'altra religione, a un'altra cultura, verso chi ha la pelle di un colore diverso, a volte, anche verso i ragazzi che ci crescono intorno.
Ma c'è un altro rischio che ho notato tante volte nei credenti: il rischio della paura di Dio! Ci sono troppi cristiani che hanno paura di Dio, del Suo giudizio, del Suo castigo, che, a volte vedono attuarsi nelle circostanze sfavorevoli della vita.
C'è troppa gente che si porta nel cuore il senso della colpa: non serve a nulla!
La paura non ha mai convertito nessuno! La minaccia del castigo non ha mai cambiato la storia degli uomini! Il senso di colpa è quanto di più inutile e di più capace di guastare la vita degli uomini, nel cammino religioso.
Guardatevi da tutto questo! Portatevi nel cuore i sogni di Isaia, le sue parole luminose. Lui sogna qualcosa che è aldilà della storia e della vita: sogna che il leone e la mucca possano pascolare insieme, che anche il leone e l'orso si nutrano di paglia, lui sogna bambini che giocano indisturbati e mettono le mani nel covo dei serpenti, lui sogna un mondo in cui la saggezza del Signore riempie la terra, come le acque gli abissi del mare.
Sono sogni! Ma sogni che facciamo bene a conservare nel cuore, perché non ci prenda la paura e l'intolleranza e, soprattutto, perché nessuno di noi abbia paura di Dio, del Suo giudizio, nessuno abbia il cuore macerato dai sensi di colpa: non c' è niente di più inutile e - per quello che ho capito - non c'è niente di più lontano dal messaggio di Gesù.
Il Signore ci aiuti.
Dite agli smarriti: "Coraggio! Non temete. III Domenica d'Avvento - 12 Dicembre 2004
Ecco, il vostro Dio viene a salvarvi". Isaia 35, 1-10 - Matteo 11, 2-11
"Andate e riferite a Giovanni ciò che
avete visto e udito".
I nostri "Avventi" sono ritmati dalle luminose parole - le abbiamo ascoltate anche oggi - del profeta Isaia: "Felicità perenne spenderà sul loro capo, gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto" e, forse, ricordate le domeniche precedenti: "forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci"... "il lupo dimorerà insieme con l'agnello… la saggezza del Signore riempirà la terra come le acque riempiono il mare". E avete ascoltato anche le attese di Giovanni il Battista, che vede giungere il tempo del grande giudizio, in cui tutti i giusti saranno salvati e risplenderanno come stelle e giungerà finalmente la pace, la liberazione, la vita... Non abbiamo bambini in mezzo a noi, molti di noi hanno i capelli bianchi, abbiamo celebrato molti Natali, abbiamo atteso molte volte la pace… ma non viene!
Ci guardiamo intorno, a volte, con occhi smarriti e il dubbio si fa spazio nel nostro cuore: è possibile che gli uomini, finalmente, siano capaci di pace? Che cos'è l'umanità? Perché sempre la guerra? Perché l'odio dell'uomo verso l'uomo, la sopraffazione, la violenza, la miseria?
Ma non è solo questo il dubbio! Perché i credenti, gli uomini delle religioni non sono capaci di superare l'intolleranza? Perché non diventano tutti "operatori di pace, affamati e assetati di giustizia". Perché c'è ancora chi giudica e condanna in "nome di Dio"? E non accade soltanto in religioni lontane, ma anche nella nostra. Spesso le autorità, che parlano in nome del Signore, sono incapaci di comprensione, di dialogo e di attenzione e di rispetto per gli altri!
Ma ci sono dei dubbi più forti che possono prendere il nostro cuore: non soltanto perché l'umanità, perché i credenti, perché gli altri... ma perché io, Natale dopo Natale, non riesco a cambiare, a convertimi, ad essere almeno un po' migliore?
E poi il dubbio più grande per il credente: dov'è Dio? Dove sono le Sue promesse? Perché non interviene? Perché muoiono ancora bambini? Perché c'è ancora chi subisce violenza? Perché Dio non manda il Suo Spirito, la Sua saggezza? Isaia ci promette che "la saggezza riempia la terra come le acque riempiono il mare". Dov'è questa saggezza? Dove sei Dio?! Perché, a volte, il nostro cammino nella vita è come... - lo leggeremo tra qualche pagina nel Vangelo di Matteo - un viaggio nella notte, sul lago in tempesta... e Gesù dorme! Dov'è Dio? Perché dorme? Chi aspettiamo?
Ci sono momenti, nella vita del credente, in cui questi dubbi si fanno acuti: la notte, il pessimismo, la sfiducia rischiano di impossessarsi del nostro cuore.
Oggi il Vangelo tenta di consolarci! Avete ascoltato che il dubbio coglie anche Giovanni il Battista: manda i suoi discepoli a chiedere: "Sei Tu Colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". Lui ha annunziato Gesù, ha gridato: "Eccolo! È arrivato! È l'Agnello di Dio!". E adesso, in prigione, anche lui conosce il dubbio! "È veramente Lui o bisogna ancora aspettare?".
E - come avete ascoltato - subito dopo questa domanda dubbiosa e incerta di Giovanni… il più grande elogio di una persona che si faccia nella Bibbia: chi siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? No! Non siete andati a vedere un ruffiano, quelli che stanno nelle corti dei potenti, siete andati a vedere un profeta, anzi più che un profeta: è lui "il più grande tra i nati di donna". E, adesso ha un dubbio nel cuore, fratello del nostro dubbio, del nostro cammino, a volte, faticoso. Quando il male ci tocca da vicino diventiamo anche noi smarriti e spaesati e domandiamo: "Dov'è Dio?". Ci prepariamo al Natale e qualcuno di noi si porta un dubbio nel cuore: siamo compagni di strada di Giovanni Battista! E a Giovanni che chiede: "Sei Tu?". Gesù non risponde "sono Io". Gli dice: "Guardati intorno! Guarda: c'è qualcuno che apre gli occhi, qualcuno che comincia a sentire, qualcuno che ritrova le ragioni della vita".
E allora, posso darvi un consiglio, che do prima di tutto a me stesso: ricorda tutti quelli che nella vita sono stati per te portatori di luce, ricorda tutti quelli che ti hanno aperto gli occhi, che ti hanno fatto capace di ascoltare, che ti hanno messo nel cuore le ragioni di vita, della speranza; non come un prodigio, non come un fatto straordinario, ma come un seme di cui "il contadino - ci ricorda San Paolo - aspetta pazientemente il frutto, finché non abbia ricevuto la pioggia".
Se dovessi farvi l'elenco di tutti quelli che per me, nel corso della mia ormai lunga vita, sono stati testimoni di luce, di speranza: coloro che, in qualche modo, mi hanno aperto gli occhi, che mi hanno fatto capace di ascoltare, che mi hanno messo una mano sulla spalla e mi hanno invitato a camminare ancora e a cercare la luce - non si trattava di fatti prodigiosi: non ci sono scorciatoie nella vita -... se dovessi farvi l'elenco di tutti, finirei a Natale! E, qualcuno di voi, forse, si meraviglierebbe perché dovrei citarne più d'uno: mi avete aiutato a vedere i segni della speranza e della vita.
Tutti noi ci portiamo nel cuore il dubbio, la delusione su noi stessi, sulla gente che ci sta intorno, sulla Chiesa, sul mondo, su Dio! Non dobbiamo aver paura del dubbio! Abbiamo tra noi "il più grande tra i nati di donna"… e se lui, perché non io? E allora aldilà del dubbio, aldilà dell'incertezza, aldilà dello scoraggiamento, guardiamoci intorno e ripensiamo tutti coloro che ci hanno aiutato a camminare. Anch'io ero un "cieco" e ho visto qualcosa. Anch'io ero "sordo" e ho cominciato ad ascoltare. Anch'io sfiduciato, ho trovato ragioni di vita e di speranza.
Ecco i segni! I segni del Natale che viene, perché a Natale non verrà il "giudice" che con un prodigio cambia la storia del mondo: verrà un Bambino che vuole condividere con noi le strade polverose di questo mondo, un Bambino che con noi condividerà la vita e il coraggio della fiducia e della speranza. È LUI che aspettiamo, aldilà dei nostri dubbi.
Il Signore ci aiuti.
"Giuseppe, non temere di prendere con IV Domenica d' Avvento -19 Dicembre 2004
te Maria, tua sposa… essa partorirà un Matteo l, 18-24
Figlio e tu lo chiamerai Gesù".
Nel Vangelo di Matteo, che quest'anno guida il cammino della nostra preghiera - come avete ascoltato - è Giuseppe che ci prepara al Natale. E allora ci conviene fermarci un po' a guardare Giuseppe con gli occhi della fantasia, a tentare di immaginare i suoi pensieri, i sentimenti del suo cuore.
Pensate un momento a questo giovane uomo che ha fatto i suoi progetti, probabilmente ha già preparato la sua casa, tutto quello che ci vuole per un bel matrimonio, forse, sogna una bella e grande famiglia.
A un certo punto si accorge che la sua donna è incinta. Lui non c'entra! Provate a immaginare il suo sgomento, la sua disperazione, forse! E adesso guardatelo! È un uomo giusto - ci ha ricordato Matteo - deve osservare la Legge! E la Legge gli impone di ripudiare la sua donna, anzi di denunziarla, forse deve aspettarsi la lapidazione per lei... D'altra parte la desidera, certamente stima Maria, ma ora stretto tra i suoi doveri e la passione, cosa può fare? E poi Giuseppe ha paura: ha paura di quello che dirà la gente, dell'ironia del suo villaggio, paura che lo indichino a dito… e cosa fa? Fa quello che, forse, avrebbero fatto molti di noi: scappa! Si nasconde! Non vuole cercare, non vuole nemmeno domandare alla sua donna... Pensa di "licenziarla in segreto"… se la veda lei! Lui forse, si prepara a partire, ad andare lontano, non capisce, non gli importa di capire: vuole solo nascondersi, vuole andarsene...
C'è bisogno di un angelo che venga a dirgli qual è il suo compito. Giuseppe ha da accettare un Figlio, un Figlio che non è suo! Ma, in fondo, nessun figlio è del papà e della mamma! È quello che il Natale ci insegna: ogni figlio viene da un'altra dimensione… si fa fatica ad aspettarlo, portarlo in grembo… poi nasce una persona, un essere che viene da Dio e non è soltanto il frutto delle nostre fatiche, dei nostri sforzi... e fosse finita lì!
Pensate a Giuseppe! Avrà cercato di educare questo Figlio, gli avrà insegnato il suo mestiere: immaginate Gesù piccino, che si aggira tra le seghe, i martelli, i chiodi, nella bottega del padre e pian piano impara anche Lui a fare il falegname.
Poi provate a immaginarLo quando Gesù ha dodici anni e vanno a Gerusalemme: ancora una volta Giuseppe è sorpreso: non Lo trova e quando Lo trova si sente quasi rimproverato: "Perché mi cerchi? Io devo occuparmi delle cose del Padre mio!".
Chissà se c'era Giuseppe, quando a trent'anni Gesù ha lasciato seghe, martelli, chiodi e s'è avviato per il mondo... pellegrino dell'infinito, testimone della Luce.
Chissà se ancora una volta Giuseppe ha avuto bisogno di un angelo che venisse a dirgli il suo compito! Un compito fondamentale che è quello di vivere lo stupore, la meraviglia, l'accoglienza: la capacità di accogliere la vita non come noi vorremmo che fosse, ma così com'è, con le sue sorprese, con le sue asprezze, qualche volta!
Chissà se Giuseppe ha avuto bisogno di un angelo per dirgli che doveva accogliere questo Figlio e, in questo Figlio, Dio che cercava spazio nella sua vita: non come lui se lo aspettava!
Viene Natale! Noi non abbiamo angeli! Eppure anche noi siamo chiamati a tentare di capire chi è Dio, che cerca spazio nella nostra vita. Anche noi siamo invitati a tentare di capire cosa significa accogliere Dio!
Non guardate in alto! Perché Dio ci viene incontro in chi ci sta accanto, nel più piccolo degli uomini che incontriamo: è là che possiamo accogliere il Signore! A volte nella nostra casa; a volte, in chi ha bisogno di una mano che si tenda, in chi ha bisogno del nostro impegno, della nostra tenerezza, della nostra attenzione. A volte è un nipote che cresce; a volte, è un figlio che va per la sua strada; a volte, è un amico; a volte, è la gente che ci sta intorno.
Lo stupore, la meraviglia, la capacità di accogliere: è questo che ci insegna Giuseppe! Ma lui aveva un angelo, noi non l'abbiamo! Dobbiamo cercare, nel profondo del nostro cuore, il coraggio, lo stupore, la meraviglia per accogliere Gesù, perché Natale sia Natale nelle nostre case, tra la gente che abbiamo intorno, nel nostro cuore… e non c'è Natale uguale a un altro Natale. A volte il Natale si celebra nella gioia, nella tenerezza; a volte, il futuro sembra roseo e sereno; a volte, il Natale è accompagnato da una lacrima, dall'ansia per quello che succederà domani; a volte, un malanno; a volte...
Chissà cosa ci chiede Dio? Come a Giuseppe... a Giuseppe Dio chiedeva che facesse il suo compito di padre, che facesse spazio a Gesù, che Lo custodisse, che Gli insegnasse un mestiere, che con tenerezza e attenzione custodisse la Sua vita.
Cosa chiede a noi il Signore che nasce? Come posso fare spazio a Dio? Come posso vivere anch'io la meraviglia, l'accoglienza, l'attenzione verso l'altro? Come posso anch'io lasciarmi sorprendere dal Signore che viene? Io che non ho un angelo!
Fermiamoci, allora, un momento a invocare lo Spirito di Dio che dilati gli spazi del nostro cuore, ci faccia capaci di fare spazio al Signore che viene, in concreto, nella vita di ogni giorno, nella gente che ci sta accanto, in chi cresce con noi, nel nostro cuore: non è semplice!
Il Signore ci aiuti.
"...vi annunzio una grande gioia: oggi NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2004
vi è nato un Salvatore... Luca 2, 1-14
Questo per voi il segno: troverete un
Bambino avvolto in fasce..."
Mercoledì scorso mi capitava si assistere ad una trasmissione televisiva che, forse, anche più d'uno di voi ha visto: Superquark. Si ricostruiva la storia del Colosseo e dei giochi che vi si svolgevano.
Il Colosseo è stato inaugurato nell'ottanta dopo Cristo e mi veniva da pensare che proprio in quegli anni è stato scritto il racconto che abbiamo letto stamattina ed allora ho provato ad immaginare la reazione che poteva avere un povero cristiano di quei tempi all'ascolto di questa pagina, per la prima volta...
Facciamo un volo con la fantasia: seguitemi un momento. Immaginate che questo cristiano, forse un servo se non addirittura uno schiavo, sia andato, quasi per caso, forse perché un amico doveva combattere nell'arena, per la prima volta, ad assistere ai giochi nel grande anfiteatro del Colosseo...
È la festa del "sole invitto" - sapete che poi questa festa è stata sostituita dal Natale - e ci sono grandi giochi nel Colosseo. Immaginate questo povero cristiano, lassù, in alto, in mezzo alla gente della Suburra, che guarda giù... quelle piccole "formiche" - da lassù sembrano proprio tali - che si scontrano, si uccidono: uomo che uccide uomo, uomo che uccide animali, animali che uccidono l'uomo... il catino che si riempie di sangue: uno dei simboli dell'immensa violenza che c'era a quel tempo nel mondo.
Immaginate quest'uomo che esce, sconvolto da quello che ha visto; sconvolto da tutta quella violenza, da quella folla che urla, presa dalla voglia di sangue: uno spettacolo che, ai suoi occhi, deve essere stato terribile!
Poi la sera si ritrova insieme a un gruppo di cristiani, piccolo, sparuto, di povera gente come lui, intorno a una tavola e là, per la prima volta, ascolta questa pagina del Vangelo. Il sacerdote dice che ogni cristiano deve ascoltare l'invito dell'angelo e andare... andare con gli occhi della fantasia alla capanna di Betlemme, a vedere Dio che nasce per noi… e lui tenta di andare e di guardare: un piccolo Bambino appena nato, i Suoi vagiti, il Suo pianto, il Suo grido alla vita.
Cosa gli sarà passato per la mente?… Tutto qui? Non abbiamo bisogno di un Dio così! Ci vuole altro per noi! Ci vorrebbe qualcuno che togliesse la violenza, che distruggesse il Colosseo... forse è la rabbia che gli urge dentro… e il bisogno di giustizia, di libertà è tanto forte che grida anche verso Dio!
E poi, pian piano, il clima della preghiera, le voci degli amici gli calmano un po' il cuore e guarda quel Bambino...
Dio non viene in mezzo a noi come il "giudice", come il "mago" che mette a posto le cose, come Colui che, con un colpo di bacchetta magica, porta la pace. Dio si fa bambino perché vuole camminare con noi… e questo cristiano sente che Dio è venuto a prenderlo per mano, a tentare di seminare nel suo cuore i semi di giustizia, o meglio, a condividere la sua passione per la giustizia, per il bene… ed ora si guarda intorno e vede che come lui c'è gente che ha il cuore tenero, gente che ha bisogno di pace, che ha fame e sete di giustizia; gente misericordiosa, mite, pacifica: lì, intorno alla Tavola a spezzare il Pane: sono i semi di Gesù, che continueranno a germinare in un lungo cammino, di cui noi facciamo parte.
Noi andiamo al Colosseo ad ammirare il grande monumento - un capolavoro dell'architettura - a vedere dove era arrivata l'arte e la capacità dei Romani. Noi non assistiamo più ai giochi dell'arena, al sangue, ma, forse, tutti voi, ieri, l'altro ieri e ancora l'altro, avete visto quel nuovo circo che è per noi la televisione e lì avete visto sangue e violenza! E anche noi ci portiamo nel cuore lo sconcerto di questo cristiano di tempi lontani!
Dov'è Dio? Perché non interviene? Perché ancora, dopo duemila anni, la strada dell'uomo è così faticosa, così pesante? Sì! Qualche passo lo abbiamo fatto: non c'è più il Colosseo, non ci sono più gli schiavi, non ci sono più i giochi del circo: ma quanta violenza, anche sui bambini! Anche sulla gente indifesa!
Dov'è Dio?… Anche per noi un Bambino! Soltanto un Bambino che ci tende le mani, che viene a confermare la fame e la sete di giustizia, che abbiamo nel nostro cuore. Un Bambino che viene a condividere con noi il cammino faticoso della storia; un cammino pesante, lento, difficile, un cammino che ha bisogno di tutto il coraggio del nostro cuore.
Guardate il Bambino e poi guardiamoci negli occhi gli uni gli altri: anche noi portiamo nel cuore tenerezza e bontà; anche noi fame e sete di giustizia; anche noi voglia di bene e, come noi, in ogni angolo della terra, c'è gente che oggi si stringe intorno al Bambino che nasce; tanta gente che, come noi, ha fame e sete di pace, ha bisogno di amore, di libertà, di giustizia, che vuole camminare insieme: è gente che non fa rumore; è gente che non appare alla televisione, ma c'è! Ce ne sono tanti con noi! E Dio cammina con noi e ci prende per mano! E Dio vuole camminare con noi! Dio vuole portarci sulla via della pace!
Non è semplice, ma non ci stanchiamo di camminare, di cercare, di inseguire i sogni che Dio è venuto a condividere con noi sulla terra.
Il Signore ci aiuti.
"Giuseppe prese con se il SANTA FAMIGLIA - 26 Dicembre 2004
Bambino e sua Madre..." Matteo 2, 13-15; 19-23
Appena ieri avete sopportato una predica, oggi un'altra; ieri avete mangiato abbastanza e oggi "pure ve tocca" e c'è il rischio d'indigestione di cibo: quella delle prediche sarebbe peggiore!
Cominciamo allora con una barzelletta che molti di voi conoscono, ma "repetita iuvant" come dicevano gli antichi!
C'era un bimbo a cui il papà ripeteva spesso che doveva imitare Gesù, sempre ubbidiente ai genitori, non li faceva mai arrabbiare.
Un giorno il bambino torna dal catechismo tutto contento, perché ha letto l'episodio di Gesù che a dodici anni va al Tempio, e dice al padre: "Hai visto? Gesù non solo disubbidiva, ma una volta è addirittura scappato; l'hanno cercato per tre giorni e quando l'hanno trovato ha pure risposto male". Il padre lo guarda un po' perplesso, poi si gira verso il Crocefisso: "Vedi, però, che fine ha fatto!".
Così succede quando nel Vangelo o nella Bibbia si vanno a cercare semplici insegnamenti morali… e le letture di oggi ne contengono parecchi. Qualche signora si sarà arrabbiata, qualche figlio pure; provate a dire a qualche giovane fanciulla di oggi che "le mogli devono stare sottomesse ai mariti" e vedrete cosa vi risponde. "Voi padri non esasperate i vostri figli"… si irritano facilmente, però, con i tempi che corrono!
Aldilà dei consigli morali, che potete trovare in gente più saggia, c'è, forse, qualche riflessione - oggi bisogna farla molto in fretta - che merita di esser fatta su questa strana famiglia; perché la famiglia di Gesù è una famiglia strana fin dall'inizio; perché questo Bambino non è loro: Giuseppe non c'entra!
Ogni bimbo non appartiene ai genitori, viene da un'altra dimensione! È un concetto che ci siamo ripetuti spesso, ma che ha una sua grande verità. Ogni figlio è figlio di Dio prima di essere figlio del papà e della mamma ed è questo uno degli insegnamenti più profondi che la famiglia di Nazareth ci da.
Ma ci sono altre riflessioni che si possono fare. Vedete, Giuseppe a un certo punto si accorge che la sua donna è profondamente diversa: una giovane fanciulla che si prepara, con i suoi sogni, al matrimonio e ad un certo punto si ritrova incinta… e per generare il Figlio di Dio! Deve aver fatto una gran fatica ad accettare, Giuseppe! Ad accettare un cambiamento così profondo! Anche quando a dodici anni hanno accompagnato Gesù al Tempio, si è sentito rispondere: "Io devo seguire le strade del Padre mio". Ancora una volta la sorpresa! L'accettazione di chi è diverso da come pensi che debba essere!
Molti di voi hanno i capelli bianchi: quante volte abbiamo dovuto accettare questa sorpresa! Quante volte ci siamo accorti - a volte con fatica - che chi ci stava accanto: la moglie, i figli, gli amici, cambiavano; sono diversi, da come ce li aspettavamo! Da quello che erano prima: "Non sei più come quando ti ho sposato! Non sei più...!". Si cambia ed è giusto! E l'accettazione, a volte, non è semplice!
E poi questo Figlio che a trent'anni lascia tutto e se ne va! Con grande preoccupazione, probabilmente, da parte della famiglia, sembra che Giuseppe non ci sia più e tocca a Lui prendersi cura della bottega... Lui se ne va! La casa gli sta stretta, il mondo è vasto! Quella casa rischia di diventare per Lui il guscio caldo in cui ritirarsi, in cui rintanarsi, il mondo ha bisogno di Lui!
È una riflessione importante per noi cristiani, in questo momento, in cui ci parlano e ci riparlano della famiglia: l'ultimo baluardo, rischia di diventare la comoda cuccia, ben riempita di bambagia, in cui i nostri ragazzi crescono impauriti: non è la famiglia lo spazio del loro vivere! È il mondo! E il mondo esige coraggio, spirito di avventura, voglia di andarsene, di conquistare il mondo e la propria vita.
A volte non è semplice per i figli trovare il coraggio di andarsene e per i genitori, accettare il vederli partire!
Se leggete il Vangelo, Maria e i suoi familiari, ad un certo punto, vanno a cercare Gesù perché pensano che sia diventato matto. Vogliono che torni a casa… Vogliono che torni nel piccolo villaggio, che non si esponga ai pericoli e Lui... Lui si sente testimone dell'Assoluto; si sente portatore di qualcosa di importante per gli uomini. Non può tornare! Il Suo spazio ormai è il mondo e quanta fatica deve avere fatto Maria a capire scelte così radicali; scelte difficili; scelte che l'hanno portato sulla Croce.
Quanta paura ci dev'essere stata, a volte, in quella casa e quanta determinazione da parte di Gesù per avventurarsi nel mondo.
Vedete, una strana famiglia! Non è soltanto questione di essere ubbidienti e rispettosi: è una questione di scegliere il mondo come spazio del proprio vivere, per vivere là il coraggio della libertà, del servizio, dell'amore, per gli uomini, per il mondo.
Non è semplice: sono riflessioni, forse, troppo grandi per il giorno dopo Natale.
Il Signore ci aiuti.
"Al vedere la stella, i Magi EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2005
provarono una grandissima gioia." Matteo 2, 1-12
Anche quest'anno - penso che anche voi abbiate ascoltato qualche discorso del genere - non ci è stata risparmiata una riflessione, fatta da qualche scienziato, su quale fosse la stella del racconto dei Magi: se si trattasse di una cometa, di una congiunzione di pianeti, di una supernova o di qualcos'altro. Ancora una volta mi sono domandato: com'è possibile nel 2005 andare a cercare nel cielo un astro che sorge da una parte, guida dei personaggi, poi scende su una casa e si ferma lì? Certamente non appartiene all'astronomia! Eppure ancora oggi c'è chi discorre di queste cose!
Quando ero più giovane mi arrabbiavo, adesso con la vecchiaia, forse, mi è venuta un po' di saggezza... per cui in questi giorni ho provato a domandarmi: perché? E tento di proporvi qualche riflessione che, forse, sarebbe bene che voi continuaste, perché si comincia da una parte e non si sa dove si va a finire… e potrebbero essere anche riflessioni importanti per la fede e, forse, in genere per la vita, per la cultura del nostro paese.
La prima considerazione amara, ma che ho fatto altre volte, è che in Italia il Vangelo è quasi sconosciuto! Sentite parecchi parlare del Vangelo, ma ho conosciuto pochissimi sacerdoti, pochi cristiani - forse un po' di più - che sanno che cos'è il Vangelo, che hanno qualche idea del tipo di linguaggio usato, che si preoccupano seriamente del messaggio che contiene!
Ma non basta rammaricarsi, occorre chiedersi il perché… e la pagina che abbiamo appena letto può aiutarci.
Vedete, in questa pagina ci sono i sapienti, i quali "sanno", ripetono da tempo le stesse cose; da anni, sempre le stesse parole, senza preoccuparsi molto del significato che hanno, senza cercare più, senza porsi domande… non vi sembra che questo succeda spesso nel nostro linguaggio religioso ma, forse, anche nel nostro linguaggio civile? Ci sono troppe autorità, troppi saggi, troppi sapienti, che ripetono parole senza preoccuparsi troppo di cosa c'è dietro! Del significato autentico, di certe parole, di certe tradizioni. Ci sono delle autorità che pensano di sapere tutto!
Non ci sono in questa pagina soltanto i sapienti, c'è anche la "folla" che si agita e questa folla è importante per rispondere alla domanda: perché ancora oggi vanno cercando la stella nel cielo?
Io tante volte mi son sentito dire: "sa, per la gente queste cose sono importanti! La gente ha di queste curiosità! Non vuole problemi più seri". Perché la gente si occupa di queste cose? Perché, spesso, alla televisione si vedono giochino un po' sciocchi, si ascoltano tanti discorsi banali, o pettegolezzi sulla vita privata di personaggi importanti... Molti dicono che la gente vuole questo: non sarebbe il caso di chiedersi seriamente: perché?
E qui, forse, deve entrare in campo Erode: il potere, l'autorità! Dai tempi antichi "l'autorità" dà alla gente "panem e circenses", pane e divertimento. Il potere, spesso, odia la cultura, la ricerca, la capacita della gente di pensare, di porsi problemi!
E se consideriamo che in Italia, la scuola, la cultura vengono trascurate, si dà la precedenza a tante altre cose, forse qui potremmo trovare la risposta al perché c'è qualcuno che va cercando nel cielo la stella cometa! C'è poca passione per la cultura, per la ricerca, per l'intelligenza.
Ed ecco l'ultima riflessione: è più semplice occuparsi di una cometa che occuparsi di Gesù! Questi Magi sono, secondo me, una delle icone più belle del cristiano: inseguono la Luce, cercano il Signore.
È più semplice cercare una "cometa" che cercare la Luce, il senso della vita; che cercare Gesù, i Suoi valori.
Vedete, quando sono diventato prete, ho studiato tante cose... come doveva essere celebrata la Messa, come dovevano essere tenute le mani, quante genuflessioni bisognava fare, quanto doveva durare il digiuno, come dovevano essere il pane e il vino per l'Eucarestia e tante altre cose di questo genere... Ho sprecato ore a studiare queste sciocchezze! Ma nessuno si era preoccupato di aiutarmi a capire cos'è l'Eucarestia, qual è il senso del nostro ritrovarci insieme, perché Gesù ci ha lasciato questo segno, qual è il senso di questo dono che il Signore ci ha fatto.
È più semplice - lo capite - occuparsi del digiuno, di quante gocce d'acqua si possono mettere nel vino... - anche queste cose ho studiato! - che domandarsi cosa vuole Gesù da me.
Vedete, essere cristiani significa, per quello che ho capito, cercare Gesù, essere inseguitori di Luce, tentare di intuire il senso del nostro ritrovarci, qui insieme, a spezzare il Pane, a tentare di nutrirci di Lui.
È quello che cercheremo di fare ogni domenica: non ci occuperemo di cercare le stelle nel cielo: è compito di altri e di persone serie. Tenteremo di capire - perché questo è il senso del nostro essere credenti - qual è la luce che Gesù porta nella nostra vita, qual è il senso della Sua presenza in mezzo a noi, quali sono i valori che Lui tenta di comunicarci.
Anche noi come i Magi tenteremo di inseguire, non una stella nel cielo, ma una Luce nel nostro cuore, intorno a noi, nelle parole di Gesù di Nazareth.
Il Signore ci aiuti.
"...non griderà, non spezzerà una BATTESIMO DEL SIGNORE - 9 gennaio 2005
canna incrinata, non spegnerà uno Isaia 42 ,1-4. 6-7 - Matteo 3, 13-17
stoppino dalla fiamma smorta..."
Gesù dalla Galilea andò al Giordano
per farsi battezzare da Giovanni.
Penso che tutti sappiate che il Vangelo - così come noi lo leggiamo - è stato scritto parecchi anni dopo la morte e la resurrezione di Gesù. In questi anni i racconti sono passati di bocca in bocca, si sono arricchiti... e i cristiani hanno cercato in questi racconti non l'avvenimento, il fatto, ma il significato che c'era dietro. Voi sapete che a quel tempo non esistevano le telecamere, i registratori... tutto quello che leggiamo qui è una ricostruzione, una ricerca del senso. Questi racconti sono diventati dei simboli, o meglio, delle vere e proprie professioni di fede.
E quello che abbiamo ascoltato stamattina è uno dei racconti più importanti proprio perché - come avete ascoltato - segna l'inizio della missione di Gesù… e si riconosce in Lui la manifestazione, la presenza di Dio.
Ora - vedete - noi siamo abituati al Vangelo, a certi discorsi religiosi, ma mettetevi nei panni dei primi cristiani... i quali sono chiamati a riconoscere Dio in Gesù di Nazareth! Pensate a uomini di quel tempo... se vi chiedessi: cosa può aspettarsi una persona che viveva duemila anni fa, a cui si dice: viene e si manifesta Dio? Forse il Salmo di oggi può suggerirvi qualche immagine: "il Signore tuona sulle acque, il Signore tuona con forza, tuona il Signore con potenza, il Dio della gloria scatena il tuono". Ecco, forse, si aspetterebbe qualcosa del genere! Una manifestazione di forza, di potenza! Oppure immaginerebbe - anche oggi, probabilmente - che Dio venisse a gridare tutta la Sua indignazione contro il male e le ingiustizie che ci sono nel mondo; che "alzerebbe la voce sulla piazza" della terra, per condannare e punire.
I primi cristiani ci propongono un'altra immagine ed è la prima con cui ci parlano di Gesù: senza dire una parola, si mette in fila, con la gente che va da Giovanni per ricevere un segno di purificazione: è gente che riconosce il proprio peccato, la propria debolezza, la propria miseria, gente dal cuore pesante. È lì che, forse, per la prima volta Lo hanno incontrato, veniva da Nazareth, le mani callose del falegname; accanto alla gente, il passo lento di chi cammina, quasi in processione.
I primi cristiani hanno sentito così la manifestazione di DIO!
"Non Uno che grida, alza il tono, fa udire la sua voce sulla piazza" - come dice il profeta Isaia - soprattutto, non Uno che viene a "spezzare la canna incrinata, a spegnere il lucignolo dalla fiamma smorta...".
Forse i primi cristiani si sentivano - come mi sento io, come, forse, ci sentiamo più d'uno qui dentro - gente che è come una canna incrinata: la fede vacillante, il coraggio che spesso manca; gente col lucignolo fumigante, incapaci di grandi avventure, anche religiose.
Il Signore che viene non alza la voce! Non punta il dito! Non rimprovera, non grida: si mette accanto... ti mette una mano sulla spalla e, senza parlare, cammina con te!
In questa immagine i primi cristiani hanno riconosciuto Dio! Conservatela nel cuore!
C'è, ancora oggi, troppa gente che, in nome di Dio, grida sulla piazza, punta il dito, rimprovera... il Signore è venuto per camminare accanto, per tendere la mano a chi è caduto e incontreremo tanti episodi nel Vangelo: "Alzati e cammina ", "Va e non peccare più". Gesù cammina con noi, cammina con la gente dal cuore fragile, con chi si sente "come una canna incrinata, come un lucignolo che fumiga". Per noi è venuto!
Qui, in mezzo a noi, ritroviamo il Signore che vuole camminare con noi, per darci coraggio! Spero che non ci sia nessuno - ma l'esperienza mi dice che qualcuno c'è sempre - in mezzo a voi che non si sente degno di fare la Comunione, che pensa di essere giudicato dal Signore, che ha paura del Suo giudizio e della Sua condanna. NO! Non è venuto per questo il Signore - lo ha detto tante volte: "Non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori". Non è venuto per chi si sente buono, ma per chi vuole camminare verso la giustizia: è venuto per me, è venuto per noi!
Conservatela nel cuore questa immagine, perché questa è la prima professione di fede! C'è, addirittura, una voce dal cielo: "Questi è il Figlio mio prediletto...!". Questi...! Lui che si mette in fila con i peccatori. Lui che cammina con loro, che fa strada con la gente dal cuore pesante, con chi si sente come "una canna incrinata, un lucignolo che fumiga". Con me, con noi! Qui viene a condividere la Sua vita, a spezzare per noi il Pane, a nutrirci di Sé, a conservare nel nostro cuore il coraggio di camminare con Lui.
Così è DIO! Ogni altra immagine - se ho capito qualcosa - è lontana dal Vangelo.
Il Signore ci aiuti.
" …Io non lo conoscevo, ma sono II Domenica del tempo ordinario - 16 Gennaio 2005
venuto a battezzare con acqua perché Giovanni l, 29-34
Egli fosse fatto conoscere a Israele."
Quando si legge questa pagina del Vangelo con la gente, c'è sempre chi - e forse è successo anche a qualcuno di voi - esprime la sua meraviglia per le parole di Giovanni il Battista: "Io non Lo conoscevo". Come non Lo conosceva?! Non è il cugino?
Penso tutti voi abbiate davanti agli occhi i moltissimi quadri, alcuni di straordinaria bellezza, in cui i pittori hanno rappresentato il Bambino Gesù che gioca con il Suo cuginetto, sotto lo sguardo attento di Maria: ci sono migliaia di quadri che rappresentano questa scena.
Come può dire, dunque, di non conoscerLo? Non sono cresciuti insieme? Non sono cugini? Vedete, questo può aiutarci a capire che cosa leggiamo qui insieme la domenica.
Chi ha scritto queste pagine non si preoccupa di Giovanni il Battista, ma tenta di esprimere il proprio rapporto con il Signore, ed è quello che dovremmo tentare di fare anche noi ogni volta che apriamo il Vangelo.
Cosa può significare per noi questa frase: "Io non lo conoscevo"? Se ci pensate bene, c'è stato un momento in cui non conoscevamo Gesù, poi abbiamo avuto la fortuna di incontrarLo: lo stupore della scoperta, la gioia di un incontro... forse, c'è questo, prima di tutto, dietro questa frase!
Nel mondo ci sono sei miliardi - forse di più - di uomini e la stragrande maggioranza di questi non conosce Gesù! Non sanno nemmeno pronunziare il Suo nome… ma, a ben pensarci, anche in mezzo a noi, quanta gente c'è che non conosce Gesù!
Nella mia lunga vita di prete, ho incontrato tantissime persone: ragazzi, giovani, adulti che, pur essendo battezzati, pur andando qualche volta a Messa, non conoscevano Gesù, non avevano idea di Lui! A volte ne parlavano, ma senza sapere di cosa parlavano.
Ecco! Lo stupore di un incontro! La meraviglia di una scoperta! A un certo punto della Sua vita Gesù ha attraversato la strada dei primi cristiani, come ha attraversato la mia strada, arricchendola di senso, di luce, di vita.
Ma, forse, c'è un'altra riflessione che possiamo fare: noi, Gesù lo conosciamo veramente? Ecco la domanda che, forse, i primi cristiani ci fanno: chi conosce veramente Gesù? Chi può dire: io Lo conosco!
Dio è sempre aldilà delle nostre parole; non può che essere oggetto di una ricerca continua, appassionata, ma, in qualche modo, timorosa di moltiplicare le parole.
Se posso aprire una parentesi... in questi giorni mi capitava di ascoltare troppe parole su Dio, su Gesù, da parte di cristiani, a proposito della grande tragedia nel Sud-est asiatico... Dio dov'era? Gesù cosa faceva?
Abbiamo ascoltato tante parole... parole che hanno irritato molte persone che conosco; parole che pensano di sapere chi sia Dio, cosa faccia Gesù.
Qualcuno mi domandava, qualche giorno fa, come posso rispondere a chi mi chiede: dov'era Dio? Cosa faceva Gesù? Avevamo da poco letto una pagina del Vangelo di Matteo, ho detto: non hai ascoltato la risposta: te l'ha detto proprio adesso il Vangelo: dormiva! "Nella barca, sul lago in tempesta, Gesù dorme!".
Cosa significa "dorme"? Perché dorme? Chi è Dio? Cosa c'entra con queste storie? Cosa c'entra Gesù? C'è troppa gente che moltiplica parole, senza sapere di cosa parla!
"Io non Lo conoscevo". Forse sarebbe meglio dire: io non Lo conosco, vado inseguendo la Sua luce, cercando i Suoi valori.
La fede è fatta, per moltissimi di noi, di preghiere, di riti, di professioni di fede, di candele che si accendono, di confessioni fatte, ma poco di una ricerca appassionata della Luce di Dio! Dovremmo sapere che Dio non Lo conosciamo mai pienamente, che è sempre aldilà delle nostre parole. Gli antichi ebrei ci consigliano di non nominare mai il nome di Dio, di non usare mai, per risolvere i nostri problemi, il Suo nome.
È vero che nel Vangelo troviamo alcune parole di Gesù, ma, come avete ascoltato oggi, sono parole che pongono più domande che risposte: cosa significa conoscere Gesù? Cosa significa che Lui è la Luce del mondo? Cosa significa che Lui è la mia Luce? Cosa significa che Lui porta salvezza in questo mondo? Di che salvezza si parla? Cosa significa che Lui toglie il peccato del mondo? Toglie il peccato... dov'è tolto il peccato? Che senso hanno tutte queste parole?
Vedete, il cammino del credente è una ricerca appassionata della Luce di Dio, dei sogni che ci sono nel cuore di Gesù, senza scorciatoie, senza pensare che sia tutto a buon mercato, che Dio possa cambiare le storie della nostra vita, con un colpo di bacchetta magica.
Ma c'è un'altra parola che avete ascoltato in questa pagina del Vangelo, su cui i primi cristiani mettono il loro accento, Giovanni dice: "Io sono venuto - lo dice due volte - a rendere testimonianza". Ecco, Gesù si conosce un po', si intuisce qualcosa della Sua luce attraverso la testimonianza. Da dove viene questa testimonianza? Dal Vangelo, da queste parole che uomini di tanto tempo fa hanno scritto per noi, ma anche, molto, attraverso la testimonianza viva di persone che abbiamo incontrato.
Chiedetevi... chiedetevi con tenerezza, con nostalgia, specialmente chi ha i capelli bianchi: chi è stato per me testimone di Gesù?
Se siamo qui è perché qualcuno ci ha testimoniato più che con le parole, con la vita concreta - forse i genitori, forse un amico, forse un sacerdote - ci fatto toccare con mano qualcosa di Gesù, dei Suoi sogni.
Se vi raccontassi dei miei testimoni finiremmo domani, ma devo finirla qui… ciascuno di noi ha i suoi testimoni! Ciascuno di noi ha delle persone che ci hanno fatto, in qualche modo, intuire qualcosa della vita di Gesù, dei Suoi pensieri, dei Suoi sogni, della Sua realtà.
"Io non lo conoscevo" quando sono nato e poi mia mamma, mio papà, tante persone che ho incontrato, in qualche modo, mi hanno fatto toccare con mano qualcosa di Lui.
E se mi domandate: ma adesso Lo conosci?... Intuisco qualcosa, vedo degli sprazzi di luce, ma non posso far altro che continuare a cercare. E se mi domandate: chi è Gesù? Chi è Dio? La prima risposta che con onestà dovrei darvi è: non lo so! Poi potrei parlare per anni interi, per tentare di farvi intuire qualcosa di quello che ho nel cuore, ma so che Dio, che Gesù è aldilà di ogni parola, aldilà di ogni mia idea, altrimenti non sarebbe Dio!
Il Signore ci aiuti.
Mentre camminava lungo il mare di III domenica del tempo ordinario - 23 Gennaio 2005
Galilea, vide due fratelli che gettavano Matteo 4, 12 -13
la rete in mare e disse loro: "Seguitemi,
vi farò pescatori di uomini".
E subito Lo seguirono.
Ancora una pagina che ci aiuta un po' meglio a capire cos'è il Vangelo. Avete ascoltato qualcosa di strano... Gesù passa lungo la riva del lago - si tratta del lago di Tiberiade - ci sono dei pescatori: Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni. Gesù li chiama, ed essi "subito" lasciano la rete, la casa, il padre, la barca e seguono Gesù!
Se voi leggete il Vangelo, qualche pagina più avanti, troverete questi discepoli ancora in casa. Pietro ha una casa, una suocera: Gesù arriva e guarisce la suocera. Più avanti li trovate ancora a rassettare le reti, intenti a pescare. Gesù chiede loro anche la barca per parlare alla gente radunata sulla riva: la loro vita normale - insomma - continua...
Quando ero ragazzo mi parlavano spesso della vocazione: coloro che lasciano tutto, vanno in terre lontane… il missionario, il prete, le suore, sono persone che lasciano la loro casa, la loro famiglia, tutto, per seguire il Signore.
E la vocazione mi appariva qualche cosa di straordinario, di strano, che riguardava soltanto qualcuno… poi parlando con la gente, vivendo la vita parrocchiale, la vita cristiana normale, mi sono accorto che la vocazione è un fatto che riguarda tutti.
Le circostanze per cui uno sceglie una strada o un'altra dipendono da tante cose: dal caso. dalla fortuna, dagli incontri che si fanno.
Se mi domandate: "Perché sei diventato prete?" Non saprei nemmeno cosa rispondervi!
Guardate, io sono nato parecchio tempo fa, nel 1937 a Roma, in una certa famiglia, all'ombra del campanile di Santa Maria in Trastevere e i miei primi giochi erano nel cortile della parrocchia. Poi ho cominciato a fare il catechista; ho incontrato delle persone... tutta una serie di circostanze che mi hanno portato a fare una scelta...
Qualcuno mi chiede: "Ma il Signore ti ha chiamato a diventare prete? È passato sulla tua strada e ha detto: vieni con Me?". Non è passato nessun angelo, non ho mai avuto apparizioni - non so se è una sfortuna o una fortuna - insomma, nessuna apparizione o qualcuno che mi dicesse...
Ci sono state diverse circostanze… mi sono accorto poi che il Signore mi chiamava ad essere un buon prete e qui le cose si complicavano.
Essere prete è costato studi, fatica, eccetera: ma era una cosa semplice! Poi vai in parrocchia, in mezzo alla gente e ti rendi conto che devi cercare di essere un buon prete e io...- son passati quarantatre anni - non so se ci sono riuscito.
Essere un buon prete significa cercare di portare un po' di luce nella propria vita e nella vita degli altri. Significa essere testimoni dei valori di Gesù, della Sua tenerezza, della Sua libertà, del Suo amore in mezzo alla gente.
Ma pensateci un momento: questo non è soltanto il compito mio, è anche il compito di tutti voi; è compito di ogni credente, forse, è il compito di ogni uomo! Tentare di portare un po' di luce intorno a se, di conservarla nel proprio cuore; tentare di essere testimone di vita, di libertà, di amore, di tenerezza.
Qualche volta qualcuno mi dice: "Ma questo lo fanno pure gli "altri"! Rallegriamoci! C'è nel mondo della gente che la Luce non l'ha trovata in Gesù; magari l'ha trovata in Buddha, forse l'ha trovata in qualche santone indiano, forse in qualche amico, o in qualche persona che di Dio non parlava nemmeno…
Noi abbiamo avuto la fortuna di incontrare Gesù e cerchiamo di rispondere alla sua chiamata: questo significa essere cristiani! E non pensate a cose straordinarie. A volte seguire il Signore... ve lo sarete domandato tante volte: cosa vuole il Signore da me? Forse senza riuscire a capire! Quando i figli crescono, quando arrivano i nipoti... a volte, forse, il Signore vuole soltanto che sopportiate i nipoti che vi distruggono casa... succede anche questo, mi dicono i nonni. Bisogna correre, lavorare, faticare poi, qualche volta, viene un malanno... Da queste circostanze e dalle tante circostanze della vita, è bene tenere lontano il Signore: se è Lui che le determina la vita diventa incomprensibile! La nostra vocazione è portare dentro gli avvenimenti della vita, nelle varie circostanze, con le persone che incontriamo - a volte simpatiche, a volte antipatiche - un po' della Luce di Dio, un po' dei valori che Gesù aveva nel cuore.
Quante volte io mi sono domandato: cosa vuole da me il Signore, cosa posso fare in questa circostanza? Cosa significa portare "luce" a questa persona? Quante volte ho avuto un dubbio! Quante volte non sapevo cosa fare! Ho continuato a cercare... avrò sbagliato tante volte - come avrete sbagliato voi - ma quando un cristiano sbaglia non ha paura: sa che il Signore è più grande del suo cuore!
Continua a camminare, a cercare, a tentare di domandarsi: che vuole il Signore da me? Che luce posso portare nella mia vita? È questa la vocazione!
E poi ognuno ce l'ha diversa perché le circostanze sono diverse! Dipendono un po' dalla fortuna, un po' dalle scelte che uno fa, qualche volta, anche dalla cattiveria degli altri. Ti ritrovi in situazioni difficili sul posto di lavoro, nella famiglia, con gli altri, con le persone intorno, con gli amici... tante cose...
Cosa significa seguire il Signore? Portare luce, arricchire la vita di valori, essere testimoni? È sempre un'avventura! Seguire il Signore è un'avventura! Tentare di rendere la vita più ricca di valori è sempre una bella avventura! Possiamo rallegrarci che questa avventura non la vivono soltanto i cristiani ma, anche, tante persone di buona volontà.
Ogni uomo, credo, ha un pizzico di luce nel suo cuore: seguirlo, tentare di esserne testimoni: questo fa la grandezza di un uomo! Grandezza, non di quelle che si scrivono sui calendari… ma quella di aver tentato di essere nella vita un testimone di bontà, di bellezza, di vita, di amore.
Non è sempre semplice: lo sapete meglio di me.
Il Signore ci aiuti.
"Beati i miti, i misericordiosi, beati IV Domenica del tempo ordinario - 30 Gennaio 2005
quelli che hanno fame e sete di Matteo 5, 1-12
giustizia, beati gli operatori di pace".
Ho cominciato nel 1965 a leggere il Vangelo di Matteo con la gente (son passati quarant'anni, lo avrò letto ormai centinaia di volte): ore e ore passate a discutere con varie persone... ricerche appassionate, desiderio di luce hanno accompagnato queste letture e pian piano mi è sembrato di intuire qualche cosa di essenziale.
Vedete, il Vangelo di Matteo si caratterizza per cinque grandi discorsi: quello che abbiamo letto stamane è l'inizio del primo... e, sapete come finisce l'ultimo? "Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere, ero nudo e mi hai vestito...". "Ma quando mai Signore...?". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei miei fratelli lo hai fatto a Me".
Tra queste questa pagina, che proclama "beati" gli affamati e assetati di giustizia, i miti, i misericordiosi, i pacifici. ...e quella in cui Gesù si riconosce nel più piccolo degli uomini, c'è tutto il Vangelo: la ricerca di Dio, del senso del nostro stare insieme, le regole, le pratiche religiose, il senso della comunità cristiana... ma tutto comincia da qui e finisce lì!
E, forse, avrete notato anche voi che in questa pagina, come in quella, non si nomina la preghiera, la fede, la religione... non conta chi crede o chi non crede; chi viene a Messa o chi non viene, chi pratica o non pratica: conta soltanto quello che c'è nel cuore dell'uomo: la fame e la sete della giustizia, la passione per luce, la mitezza, la misericordia; conta soltanto il servizio verso l'altro! "Avevo fame e m'hai dato da mangiare... " è il cuore - se ho capito - del Vangelo!
Ed è bello accorgersi che questo cuore, le grandi anime del mondo, lo riconoscono! Gandhi, il Mahatma, diceva che queste parole sono tra le più belle che sono state scritte. E allora possiamo, forse dobbiamo, sognare un mondo in cui non ci si divida più per la religione, per il modo con cui uno è vestito, per i riti che pratica, per i modi con cui nomina Dio. Quello che conta è quello che c'è nel cuore dell'uomo, la sua fame e sete di giustizia, la sua passione per la pace, per il bene, la sua misericordia, la sua tenerezza.
È il cuore del Vangelo! Non è l'uomo fatto per la religione, per le pratiche, per i riti, per le regole; ma la religione, le pratiche, i riti, le regole, la fede: tutto è al servizio dell'uomo, di ogni uomo, del più piccolo degli uomini.
È questo il cuore del Vangelo! È questo il "sogno" di Dio!
E allora ci è permesso sognare un mondo, forse lontano, in cui ci siano tante persone diverse, con tante religioni diverse, tanti riti diversi, tanti modi di parlare di Dio, (e sarebbe anche bello che potessimo raccontarci le diverse esperienze…) ma aldilà di tutto, quello che conta, quello per cui un uomo vale, è quello che ha nel cuore… e allora Gandhi, Luther King, e tanti altri, che non sono cattolici, non venerano il Papa, non si genuflettono di fronte alle autorità della nostra Chiesa: hanno riti diversi… ma che importa! Hanno grandi anime, nel cuore la passione per la vita, la fame e la sete della giustizia, la tenerezza. la misericordia: è questo quello che conta!
Gesù - rileggete queste pagine - sembra sparire! Sparire dietro al cuore dell'uomo, sparire dietro il più piccolo… e non conta se uno non crede in Gesù, non conta se non viene a Messa: conta quello che ha dentro il cuore!
Noi abbiamo avuto la fortuna di incontrare Gesù e siamo lieti di trovarci qui a far festa… altri hanno avuto altri incontri, altre esperienze… è bello sentire che possiamo camminare insieme... in cammino con un sogno nel cuore, il sogno di un mondo in cui, finalmente, aldilà delle divisioni, ci si ritrovi nelle cose essenziali, nei desideri del cuore, nella passione per la giustizia e per la pace e nei gesti concreti di servizio per gli altri, verso i più piccoli tra gli uomini. Questo sembra essere l'unica cosa che conta: l'uomo è l'unica cosa sacra! Tutto il resto è fatto per l'uomo!
"Non è l'uomo fatto per il sabato, è il sabato fatto per l'uomo" È "sabato" la religione, i riti, le regole, il parlare di Dio, il Vangelo, la fede, le tradizioni, gli abiti, tutto... tutto è "sabato"! Tutto è fatto per l'uomo, tutto deve servire all'uomo, al più piccolo degli uomini perché ci sia pace, misericordia, tenerezza e giustizia.
È il sogno che possiamo conservare nel cuore, sperando che un giorno si possa realizzare: allora la luce di Dio riempirà la terra.
Il Signore ci aiuti.
"Voi siete il sale della terra,. V Domenica del tempo ordinario - 6 Febbraio 2005
voi siete la luce del mondo" Matteo 5, 13-16
Vi siete mai accorti che certe parole del Vangelo rischiano di essere molto pericolose, o meglio, non le parole del Vangelo, ma l'interpretazione che di queste parole si dà nella vita della Chiesa, a volte, da tempi immemorabili?
Abbiamo ascoltato, oggi, alcune di queste parole: "Voi siete la luce del mondo…"
Se pensi di essere la luce, soprattutto, che questa luce ti venga direttamente da Dio, rischi di pensare che tutti gli altri vivano nelle tenebre.
Un tempo, quando ero giovane e un po' ingenuo, pensavo che questo fosse un problema che riguardasse noi preti: siamo stati educati a credere di essere ispirati dal Signore, di possedere la verità e la luce e rischiavamo di diventare incapaci di ascoltare, di accorgerci della "luce" che c'è in tante persone intorno a te.
Poi mi sono accorto che questo non è un problema soltanto dei preti; è anche dei papà, delle mamme che tirano su i figli e, a volte, pensano di sapere tutto, di conoscere la "luce" che deve illuminare la loro vita.
Ma è anche, qualche volta, un problema degli insegnanti che pensano di sapere e non cercano più, non si informano più...
Qualche volta è un problema dei politici: pensano di avere la verità, pensano di sapere che cos'è la libertà, che cos'è civiltà, che cos'è democrazia, che cos'è vita civile… e non ascoltano più!
Ma c'è un altro pericolo, giudicate voi se peggiore o minore. A volte ti dicono: "Tu devi essere "luce" per quelli che incontri". Lo dicono a noi preti, lo dicono ai papà, alle mamme, agli insegnanti e poi quando vai avanti con l'età, arrivi alla mia... (sono quarantaquattro anni che son prete) mi guardo indietro e mi chiedo: per chi sono stato "luce" io? E ti viene da scoraggiarti e sentirti in colpa. Ma questo scoraggiamento - l'ho visto tante volte - viene anche ai papà, alle mamme: Che ho insegnato ai miei figli? Che gli ho lasciato? Che valori ho saputo mettere nel loro cuore?
Anche agli insegnanti, a volte, dopo un ciclo, magari lungo, viene da chiedersi: "Che avrò combinato? Che avrò comunicato? I ragazzi sembrano pensare a tutt'altro meno che alla cultura che tentavo di comunicare!".
E vengono i sensi di colpa, le depressioni: sono cose tra le peggiori che ti possono capitare.
Come ci si libera da tutto questo? Beh! - per quello che ho capito io - ci sono due cose che potrebbero essere importanti e su cui vi invito a riflettere un momentino...
Ci vuole nella vita un po' di stupore, il senso della meraviglia. Occorre guardarsi intorno cercando di vedere i riflessi, i bagliori della "luce". Ci vuole un cuore attento, stupefatto e... a un certo punto ti accorgi che la "luce" te la porta un bambino; te la porta, magari, una persona da cui non te l'aspetti; a volte, qualcuno che dice di non credere a nulla e poi ti accorgi che nel cuore ha dei bagliori, dei lampi di luce che ti lasciano a bocca aperta. Ti lasciano a bocca aperta se sei uno che non pensa di sapere tutto, ma che vuole conservare lo stupore e la meraviglia; che si guarda intorno continuando a inseguire la "luce" - come i Magi che inseguono una vaga stella nel cielo - cerchi, guardi, scopri con stupore rinnovato che intorno a te c'è tanta gente che non porta la "Luce", perché sulla terra nessuno porta la "luce", ma ne porta un riflesso, ora per un verso ora per l'altro.
E poi c'è un altro rimedio - secondo me - che libera dai sensi di colpa: è quello di sorridere! Credo che tutti, specialmente chi comincia ad avere i capelli bianchi, farebbe bene, a sorridere invece di chiedersi: "Cosa ho combinato? Quanto sono riuscito ad essere luce per gli altri: i figli, gli amici? Quali valori sono stato capace di trasmettere?… Lasciate giudicare al Signore!
Un po' di sorriso è quello che ci libera dai sensi di colpa, dalle angustie di non avere fatto abbastanza, di non essere stati "ne sale, ne luce". Ma chi lo è sulla terra? Tutti, forse, lo siamo un po' e possiamo, camminare insieme, con un sorriso e un po' di ironia e il senso della ricerca, dello stupore perché, in fondo, chi ci sta accanto, se lo guardiamo nel profondo degli occhi, uno sprazzo di luce, un pizzico di sale può donarcelo.
Il Signore ci aiuti.
Allora Gesù fu condotto I Domenica di Quaresima - 13 Febbraio 2005
dallo Spirito nel deserto Matteo 4, 1-11
per essere tentato dal diavolo.
Ci accompagnano quest'anno, nel cammino verso la Pasqua, le letture scelte fin da tempi antichissimi, quando la Quaresima era soprattutto il tempo di preparazione dei catecumeni, cioè di coloro che dovevano ricevere il Battesimo nella grande notte di Pasqua. E quindi, si leggevano le pagine che, soprattutto nel Vangelo di Giovanni, mettono in rilievo i grandi simboli battesimali... e le letture erano accompagnate da tutta una serie di riti, di celebrazioni.
Noi abbiamo una doppia difficoltà...
La prima è che nessuno di noi è stato battezzato da adulto e quindi, parlare del nostro Battesimo non ci provoca emozioni, ricordi e soprattutto non ci porta alla mente il coraggio di una scelta; di una scelta radicale: era così per i primi cristiani, che, nel cammino di Quaresima, mentre accompagnavano i nuovi catecumeni, rivivevano le proprie emozioni, le proprie scelte, preparandosi così alla Pasqua.
Abbiamo un altro problema: per noi i simboli, i riti significano ormai poco… allora ciascuno di noi deve tentare, in qualche modo, di andare oltre questi limiti e ripensare un po' al proprio Battesimo, o meglio, alla vita cristiana come scelta battesimale: una scelta radicale.
Vedremo i vari momenti...
Oggi cominciamo dal primo: un momento importantissimo, che i primi cristiani sentivano in maniera particolarmente forte: nella notte di Pasqua erano invitati ad una triplice "rinuncia" al male, che segnava tutta la loro vita. Per tre volte, con coraggio, dicevano: "rinuncio". Rinuncio a tutto ciò che è negativo, a tutto quello che c'è di male nel mondo.
Ecco, allora, il primo passo della Quaresima.
Abbiamo ascoltato oggi nel Vangelo, che ci propone quasi una sacra rappresentazione, Gesù dire per tre volte il Suo "rinuncio". È il cammino che siamo invitati a fare anche noi, con semplicità, senza sensi di colpa, ma anche con coraggio e generosità.
Vedete, quando eravamo più giovani, la maggior parte di voi era abituata a prepararsi - magari con un senso di ansia, di preoccupazione - alla confessione pasquale: era un rito che ci procurava non poche emozioni. Oggi questo rito è passato quasi in disuso e - per quello che ho capito io - non è un gran dramma.
Il dramma sarebbe se noi cristiani perdessimo il senso delle esigenze etiche, delle esigenze morali della nostra fede.
Essere credenti non significa soltanto credere in un Dio che ci protegge, che ci benedice, che custodisce la nostra vita, che si prende cura dei nostri morti.
Essere credenti significa vivere un patto con Dio, un patto in cui io, con tutto il coraggio del mio cuore, mi impegno a combattere il male: il male intorno a me, il male dentro di me.
Quando ero giovane, mi avessero detto che i cristiani, come gli Ebrei, pregano chiedendo perdono anche per i peccati che non conoscono... mi sarei meravigliato! Oggi, forse, un po' meno. Mi sono accorto che, a volte, offendiamo gli altri senza nemmeno accorgerci... Mi sono sentito, tante volte, rimproverare perché passando per la via non mi accorgevo di qualcuno e non lo salutavo! Preso dai miei pensieri non mi guardavo nemmeno intorno... ma c'era una persona che aveva sofferto questa mancanza di attenzione, di delicatezza: un saluto! Non mi sarebbe costato nulla: non me ne ero semplicemente accorto e qualcuno aveva sofferto per causa mia!
Ecco, forse, sarebbe bene che ripensassimo a queste piccole cose in questo cammino di Quaresima, tentando di dire il nostro "no" alla disattenzione, alla mancanza di riguardo, alla mancanza di tenerezza nella vita di ogni giorno.
È quello che Gesù ci ha insegnato!
Lo abbiamo appena ascoltato: "Di' che queste pietre diventino pane". Ha fame, ha dei poteri, può usarli per sé, senza preoccuparsi degli altri: non lo farà per Sé! Moltiplicherà il pane per gli altri e anche per noi. Così siamo invitati a moltiplicare per gli altri la vita, nella tenerezza, nell'attenzione: ma a volte non è semplice!
Il diavolo porta Gesù sul punto più alto del tempio: "Gettati giù"…gli angeli ti sosterranno e la gente crederà al prodigio, ti applaudirà. Gesù sembra dire: "La vita è un'altra cosa! Non sono venuto per essere servito ma per servire, non sono venuto per cercare gli applausi, per mettermi in mostra... ma per il servizio quotidiano". Anche noi siamo tentati di credere in una religione fatta di prodigi, di segni, di gente che applaude. ..
E ancora - si tratta sempre di una rappresentazione - il demonio dice: "Tutte queste cose ti darò…" È la tentazione della ricerca delle cose, del potere... Voi direte: "il potere, io?". Eppure lo cerchiamo tutti! Magari in casa, magari con gli amici, i nipoti, i figli... cerchiamo di affermare noi stessi, di metterci al centro, di cercare, a volte, le cose più che le persone.
Ecco, forse, anche per noi c'è uno spazio per prepararci a Pasqua e tentare di dire i nostri "no", tentare di camminare - ripeto - senza sensi di colpa, senza angustie, senza preoccupazioni, ma con semplice serenità, ogni giorno, guardandoci intorno per combattere il male. Forse ci conviene farci la domanda più semplice: c'è qualcuno che soffre per causa mia? Posso, con un sorriso lenire un dolore, far passare un lacrima, fare una carezza? Se riuscissimo a fare soltanto questo, la Pasqua sarebbe più vera! Vivremmo il nostro Battesimo… tutto qui? Sì, tutto qui! Il resto rischia di essere rito, celebrazione, applausi, angustie, parole ripetute... La vita è fatta di cose molto concrete. I nostri "no", i nostri "sì" vanno detti nel concreto della vita, con le persone che abbiamo intorno, con semplicità e coraggio.
Ma - sapete - è più facile dirlo qui dall'altare che viverlo e non soltanto per voi, anche per me.
Il Signore ci aiuti.
E fu trasfigurato: il Suo volto II Domenica di Quaresima - 20 Febbraio 2005
brillò come il sole e le Sue vesti Matteo 17, 1-9
divennero candide come la luce...
Domenica scorsa ci siamo soffermati su un primo momento della celebrazione del Battesimo, nel tentativo di ripensare la nostra vita battesimale.
Ricorderete... ci soffermavamo sul triplice "rinuncio": il "no" che il credente è invitato a dire, a tutto quello che è male, a tutto ciò che rovina e sciupa la vita.
Oggi, invece, siamo invitati a riflettere sul "sì": sulla professione di fede, sulla scelta di seguire il Signore.
I primi cristiani affidavano questa scelta a delle immagini piene di luce, come quella che abbiamo ascoltato oggi nel Vangelo. Salgono sul monte i discepoli, Gesù si "trasfigura" diventa luminoso e splendente: ci sono i testimoni dell'Antico Testamento; si sente la voce dall'alto: "Questi è il Figlio mio. Ascoltatelo"… cercate anche voi la Sua luce...
E poi, come spesso succede nelle religioni e non soltanto nella nostra, si cercano formule, si cristallizzano riti e parole. Nel cammino di Quaresima c'era per i catecumeni, che si preparavano al Battesimo, la consegna del "simbolo", in latino: "traditio simboli": la consegna, cioè, di una formula, di alcune parole che tentano di esprimere la fede... qualcuna la ripeteremo oggi, perché siamo invitati a ripetere le antiche parole del simbolo apostolico.
Simbolo: una parole greca che potremmo tradurre: carta di riconoscimento, parola d'ordine, perché, nel corso della storia, la professione di fede serviva a distinguere l'eretico dal credente: "Dì, la tua professione di fede!... "Non è giusta! Tu sei ariano, tu sei nestoriano: tu non dici questa parola!". E qualche volta, questo è costato anche sangue, divisioni, guerre!
Oggi, dovremmo essere andati oltre… aldilà anche dell'esperienza della nostra infanzia in cui, per molti di noi, il catechismo era fatto di rispostine e parole precise. Ricordate?: "Chi è Dio?". "Dio è l'Essere perfettissimo. creatore e signore del cielo e della terra". Lo ripetevamo a memoria senza capire cosa volessero dire queste parole, difficili da interpretare anche da un grande filosofo, figuratevi da un bambino!
Oggi, forse, siamo ricondotti o dovremmo essere ricondotti, ai grandi simboli della nostra fede… posso allora rivolgervi un invito nel cammino verso la Pasqua?
Provate un po' a porvi la domanda: "Chi è per me Gesù? In che modo è stato per me Luce? E non dite formule di catechismo, ma ripensate la vostra esperienza...
Se noi siamo qui è perché, in qualche modo, abbiamo visto la luce di Gesù. Abbiamo fatto esperienza di Lui. Lui, in qualche modo, ci ha comunicato dei valori, i sogni del Suo cuore, il senso profondo della vita, ci ha comunicato la Luce. Abbiamo sentito che in Gesù potevamo toccare con mano qualche cosa del senso di Dio, il senso ultimo della vita, "dell'oltre" dell'esperienza umana.
Provate a chiedervi in questa Quaresima: cosa direi se dovessi parlare con un bambino e tentare di spiegargli chi è Gesù, qual è stata la mia esperienza religiosa. Certamente non recitereste il Credo! Non direste formule! Tentereste di dirgli la vostra esperienza più intima, più profonda dell'incontro con Lui, della luce che in Lui avete trovato, della bellezza che avete, in qualche modo, scoperto in Gesù.
E poi non dimenticate di dire, se vi capita di parlare con un bambino, quello che i primi cristiani ci comunicano in questa pagina... Ci sono, nella vita, momenti di luce, momenti in cui tutto ci sembra chiaro, limpido, bello, luminoso, sereno; ma anche momenti in cui tutto sparisce... e Gesù sembra "nessuno"… "Non videro più nessuno, se non Gesù solo".
Qualche volta, Gesù sembra "nessuno", pare che i Suoi valori, i sogni del Suo cuore, non trovino nessuna rispondenza nella fatica del vivere quotidiano… perché non si può "restare sulla montagna", bisogna scendere giù... - provate a leggere la pagina seguente del Vangelo - e giù c'è il male, la violenza, e Gesù sembra "sparire".
I Suoi sogni sembrano fantasie, i Suoi valori sembrano irrealizzabili, la bellezza, la luce sembrano non trovare posto nel fango faticoso della nostra storia. Anche allora il credente è invitato a dire il suo "Sì", a camminare senza stancarsi, è invitato a conservare nel cuore la fiducia e il coraggio di credere in Gesù.
Nella notte di Pasqua i cristiani tengono una piccola luce nelle loro mani: nelle tenebre c'è una luce che brilla: il segno della luce scoperta in Gesù, il segno della ricerca che continua, senza l'arroganza e l'intolleranza, che spesso ci capita di vedere ai nostri giorni.
Viviamo - per quello che ho capito io - giorni tristi: spesso nelle discussioni religiose, nei dibattiti televisivi, prevalgono persone che insistono più sulle differenze, che su ciò che unisce; spesso si scontrano intolleranze diverse.
Perché la ricerca della "Luce" deve essere arrogante? Perché non può essere ricerca appassionata di una verità che nessuno di noi possiede, che abita sempre nell"oltre", che è ricerca di Luce, a volte, faticosa? Perché non hanno spazio, nella ricerca di fede, i tolleranti, i pacifici, la gente che vuole condividere gli sprazzi di luce che si porta dentro? Perché non hanno spazio coloro che ragionano pacatamente, che offrono quel poco che hanno visto, per ascoltare quello che hanno visto gli altri e camminare insieme? Perché non hanno spazio i moderati? La gente che sa condividere, la gente tollerante, pacifica? Perché dobbiamo sempre identificarci per contrasto? Perché ci devono essere le scomuniche? Perché c'è gente - anche nella nostra vita ecclesiastica - che pensa di possedere sempre la verità su tutto!
Nessuno possiede la verità!
La verità va cercata, con serenità e passione, nei momenti in cui la luce sembra brillare e in momenti in cui la luce sembra sparita… allora occorre non stancarsi di camminare… e magari, quella luce che non riesci a trovare nel Vangelo, nel credente come te, la trovi in un altro; in un altro che ti accende dentro qualche cosa di bello...
Ma dove c'è luce - se ho capito qualcosa della mia fede - c'è Dio! Chiunque me la proponga... ed è bello condividere la "luce" con tutti, senza intolleranze, senza arroganze, ma con spirito pacifico di ricerca, sapendo che Dio abita "l'oltre", che Dio abita la Luce inaccessibile, di cui noi possiamo vedere solo un riflesso… e un riflesso lo porta ogni uomo, nella fatica di vivere.
A volte è difficile riconoscerlo; a volte, Gesù sembra... "sparire" e sembra "nessuno", ma un credente continua a camminare, a cercare, a sperare, senza stancarsi.
La mattina di Pasqua anche noi tenteremo di impegnarci a tenere alta la luce e a continuare a cercare Gesù.
II Signore ci aiuti.
"Se tu conoscessi il dono di Dio e chi III Domenica di Quaresima - 27 Febbraio 2005
è Colui che ti dice: "Dammi da bere!" Giovanni 4, 5-41
tu stessa gliene avresti chiesto ed
Egli ti avrebbe dato acqua viva"
Come avete appena ascoltato, oggi siamo invitati a riflettere su uno dei grandi simboli del Battesimo: l'acqua.
Se domandassi a molti cristiani...- spero che qualcuno di voi risponderebbe diversamente -: perché l'acqua? Di cosa è segno l'acqua del Battesimo? Credo che la maggior parte in questo paese, mi risponderebbe: "Serve a purificare, a lavare; l'acqua toglie il peccato originale, lava l'anima del bimbo appena nato".
Avete ascoltato che nelle letture di oggi, né nella prima, né nel Vangelo, si parla di acqua che "lava": si parla di sete; l'acqua che disseta... siamo ai limiti del deserto e l'acqua è la cosa più preziosa. Qui non si tratta certo della sete fisica: è sete di valori, sete di vita, sete di qualche cosa di profondo, che sazi il cammino dell'uomo.
Ma, vedete, in tutte le religioni c'è l'idea di un elemento, di un simbolo che purifichi. C'è l'ossessione dell'impurità, della sporcizia, del peccato, da quando - fin dai tempi più antichi - l'uomo ha collegato la disgrazia con il peccato. I pellegrini indù si bagnano nel Gange; così fanno i pellegrini mussulmani prima di entrare nella Moschea: c'è sempre stato bisogno purificarsi, per non attirare il castigo di Dio; di lavarsi, di liberarsi di tutte le macchie per accedere alla divinità: e di questo - come potete facilmente immaginare - le caste sacerdotali si sono sempre servite per imporre il loro potere.
Anche nella nostra tradizione c'è molto dello spirito pagano del purificarsi, del lavarsi, del mondarsi...
Nelle letture di oggi il discorso è tutt'altro! Qui, l'uomo, nel cammino della vita, sente il bisogno di valori autentici: ha sete di vita, di libertà, di giustizia, di bene, ha sete di assoluto e nell' incontro con Dio può trovare qualcosa che sazi la sua sete.
E ci sono delle indicazioni... - sarebbe lungo farvele vedere tutte in queste due letture - pensate alla prima lettura: nel cammino verso la terra promessa il popolo ha sete e vuol tornare indietro! Vuol tornare in Egitto: ma non si può tornare in Egitto! È la terra della schiavitù! L'acqua serve per andare avanti, per camminare verso la terra dove scorre "latte e miele"; è la terra della libertà: non ci si può fermare! Bisogna bere per camminare ancora, per cercare ancora!
E avete visto Gesù nel Vangelo? "Perché parli con una donna?" Oltre le distinzioni tra uomo e donna… è sete di uguaglianza, è sete di parità... "Perché parli con una Samaritana?" è andare oltre il concetto del nemico, del "diverso".
Vedete: chi incontra Gesù è spinto ad andare "oltre", a riempire la propria vita, il proprio cuore dei Suoi valori.
"I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è a Gerusalemme… Credimi donna è giunto il momento che né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre… Dio è Spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità". È tempo di andare oltre anche le distinzioni religiose; è tempo che le persone si guardino in faccia e si riconoscano non più divisi in uomini, donne, Samaritani, Giudei, Greci e barbari, in nemici e amici, non è più tempo in cui le religioni si dividano in nome di Dio.
Dio abita "l'oltre" e va cercato in Spirito e verità!
In Lui vanno cercati i valori della gratuità, della giustizia, della tenerezza, dell'amore, il senso profondo della vita, i sogni che dilatano gli spazi del cuore dell' uomo.
È questa "l'acqua" su cui siamo invitati a riflettere nel nostro cammino verso la Pasqua!
Anche noi abbiamo bisogno di "acqua che disseti" nel cammino così complicato del nostro mondo, con tanti valori confusi, anche nel mondo religioso, fatto spesso di applausi, di icone, di santini - ne abbiamo viste tanti in questi giorni - per me penosi… ma per voi, forse, no.
Santini, icone, immagini… perché non c'è la passione per "l'acqua che è CRISTO", per i valori del Suo cuore, per i sogni che Lui si portava dentro?
Ecco, nel cammino verso la Pasqua, cerchiamo CRISTO, "l'acqua viva", Lui viene a dissetare la nostra sete e a metterci ancora più sete, perché non ci stanchiamo di cercare, di camminare, di sognare con Lui; di cercare un mondo in cui giustizia, uguaglianza, rapporti corretti tra uomini e donne; rapporti di fede autentica che non sia ricerca del prodigio, dell'applauso, del potere, del successo, ma sia adorazione di Dio in Spirito e verità.
Cosa significa per noi questo? Qual è l'acqua con cui Gesù vuote dissetare anche noi nel cammino della vita? Non è semplice cercare!
Il Signore ci aiuti.
"… andò, si lavò e tornò IV Domenica di Quaresima - 6 Marzo 2005
che ci vedeva." Lettera agli Efesini 5, 8-14. Giovanni 9, 1-38
Un tempo eravate tenebra
ora siete luce nel Signore!".
Nella notte di Pasqua un grande cero: simbolo di Gesù, della Sua luce ed ogni cristiano accende dal grande cero la sua piccola candela: simbolo della Luce che abbiamo attinto da Lui.
Un tempo, quando i cristiani si battezzavano da adulti, colui che andava ad immergersi nella grande piscina, poi tornava e riceveva anche lui la piccola candela: "Sei andato, ti sei lavato ed ora ci vedi!".
Era l'esperienza viva dei primi cristiani che Paolo descrive con le parole che abbiamo appena ascoltato: "Un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore". Avete incontrato Gesù e Lui vi ha fatto vedere con occhi nuovi e uomini e cose.
E la pagina del Vangelo di oggi... - sul foglietto ci hanno fatto uno sconto, forse vi converrà, quando tornate a casa, leggere tutto questo capitolo, molto lungo e notare i tanti aspetti della "luce" che vengono accennati in questo racconto.
Vediamone qualcuno!
Nella prima lettura avete ascoltato: "L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore". E anche nel Vangelo: "Sei nato tutto nei tuoi peccati e vuoi insegnare a noi?". Ecco, l'incontro con Gesù ci apre gli occhi sulle persone, ci invita a giudicarli aldilà dell'apparenza, aldilà delle divisioni ideologiche, del modo di pensare, di parlare, di vestire, della razza: "l'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore!".
Siamo invitati a guardare con occhi nuovi le persone e non solo le persone, ma anche le cose, le tradizioni, le regole: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato"! Aldilà del "sabato", aldilà delle tante strutture che impediscono di capire che cos'è la vita.
I primi cristiani sentivano la rottura tra il "prima", in cui vivevano in un mondo di violenza, di morte... e l'incontro con la luce di Gesù
Pensate che a quel tempo i due terzi degli uomini, nel bacino del Mediterraneo, erano schiavi! Forse sapete cosa significa essere schiavi...! Si andava allo stadio, non per assistere a una partita di calcio, in cui qualche volta succede un incidente: si andava allo stadio per vedere gente che si uccideva... la sabbia del Colosseo si riempiva di sangue e la gente urlava e applaudiva!
Da tutto questo i cristiani erano invitati ad uscire! "Eravamo tenebra: abbiamo visto la Luce".
Paolo racconta, per ben cinque volte, nel Nuovo Testamento, la sua esperienza... certamente un simbolo... Nel cammino verso Damasco, ad un certo punto gli appare la "Luce" e la sua vita di prima: una vita in cui perseguitava i cristiani, li cercava per metterli in carcere. qualcuno per farlo lapidare... quella vita era diventata "tenebra", aveva guardato con occhi nuovi, alla luce di Gesù, le persone, le regole, la Legge, la tradizione: si è sentito un uomo libero! Quasi all'improvviso - dice Paolo - la folgorazione sulla via di Damasco!
Noi abbiamo un problema: per noi non è stato così!
Penso che nessuno di noi ha fatto l'esperienza di un passaggio rapido, improvviso dalla "tenebra" alla "Luce", la maggior parte di noi non ha fatto nessuna esperienza di conversione, come quella di Paolo, come quella di tanti cristiani all'inizio.
Allora una domanda per noi, nel nostro cammino verso Pasqua: in che modo Gesù è stato Luce per me? In che modo, in questi lunghi anni che ci stanno alle spalle, Gesù ci ha aperto gli occhi; ci ha fatto vedere, con occhi nuovi, uomini, cose, avvenimenti, storie; ci ha fatto capire qualche cosa della vita; ci ha messo nel cuore i valori autentici.
E un'altra domanda: chi è stato per noi testimone di Luce?
Perché la "luce" non viene all'improvviso come un lampo dall'alto; non viene soltanto dai libri, dalle letture che facciamo, dal Vangelo: la "luce" è arrivata da tante persone!
Ripensate, in questo cammino verso la Pasqua, a tutte le persone che nel corso della vostra vita sono state per voi "luce"! Vi hanno aperto gli occhi, vi hanno fatto scoprire i valori autentici della vita: l'onestà, la gratuità, la tenerezza, l'attenzione verso gli altri, il servizio... cominciate dal papà, dalla mamma, dai nonni, dalle persone che avete incontrato... quanta gente!
Io, quando ci penso, rivedo tanti volti: bambini, giovani, adulti, persone anziane, che hanno arricchito di luce il mio cammino; che mi hanno fatto vedere qualcosa… e non solo mi hanno fatto vedere: mi hanno messo nel cuore il desiderio della "luce", di cercare ancora… perché nessuno "possiede" la luce.
Avete ascoltato quale giudizio severo questa pagina del Vangelo da su questi farisei che sanno tutto: sanno quello che si può fare e non fare in un giorno di sabato; condannano quest'uomo senza nemmeno conoscerlo: "Che vuoi sapere tu che sei nato nei tuoi peccati? Sei cieco! Evidentemente hai colpa della tua cecità!",
Aldilà di questi giudizi - che ritroviamo ancora oggi, li ascoltate tante volte alla radio, alla televisione, sui giornali - occorre la passione per la ricerca del senso, della luce, per capire gli uomini, gli avvenimenti, i fatti.
Nel cammino verso la Pasqua, guardiamoci negli occhi, tentiamo di rifuggire dai giudizi di condanna, da chi parla solo male, dalle maldicenze che riempiono la nostra società: non serve parlar male, occorre tentare di capire perché succedono certe cose, qual è il senso degli avvenimenti, quali sono i motivi che spingono la gente a comportarsi in un certo modo: c'è bisogno di "luce", ne abbiamo tutti, non possiamo pensare di possedere la luce: la verità nessuno la possiede!
Il cammino dell'uomo è una costante ricerca. Se qualcuno ci ha messo un po' di "luce" dentro, ci ha messo anche il desiderio di cercarla ancora, senza stancarci, fino alla fine.
È questo il cammino che vi suggerisco per la Pasqua!
Ripensate a Gesù! In che modo è stato "Luce". Ripensate, con cuore grato, a tutti quelli che vi hanno messo qualcosa nel cuore, un pizzico di "luce" dentro, e ancora continuiamo a cercare la luce e tentiamo ancora, nella nostra semplicità, se volete, nella nostra povertà, ad essere testimoni di luce.
Non è semplice! II Signore ci aiuti.
Dice il Signore Dio: "Ecco, io apro V Domenica di Quaresima - 13 marzo 2005
i vostri sepolcri, vi risuscito dalle Ezechiele 37, 12-14; Giovanni 11, 1-45
vostre tombe, o popolo mio"
...gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!...
Scioglietelo e lasciatelo andare".
Siamo ormai al termine del cammino della nostra Quaresima: Domenica prossima saranno già le "Palme", comincerà la grande settimana di Pasqua. Quest'anno abbiamo cercato di ripensare ai grandi simboli del nostro Battesimo: prima, ricordate, l'acqua viva che può saziare la sete dell'uomo, poi la luce, la luce di Gesù che ci fa capaci di guardare con occhi nuovi e uomini e cose. Oggi l'ultimo segno: il passaggio, la "Pasqua". Ricorda il passaggio del Mar Rosso, il passaggio dalla schiavitù alla libertà; il passaggio del Giordano, per raggiungere la terra "dove scorre il latte e il miele". Ma per i cristiani è diventato ancora più radicale: è il passaggio dalla morte alla vita.
Per comprendere questo simbolo conviene non pensare ai Battesimi dei nostri bambini, in cui si versa un po' d'acqua sulla testa: i primi cristiani entravano in una grande vasca si immergevano, fino a lasciarsi ricoprire completamente, era un po' come entrare in un sepolcro, come se la grande pietra di cui parla il Vangelo calasse su di loro: poi uscivano, si scrollavano via l'acqua e ricordavano le parole di Paolo: "Voi siete stati sepolti con Cristo nella morte, per vivere ora una vita nuova". E si rivestivano della veste bianca: simbolo non di purezza, ma di Gesù: "vi siete rivestiti di Cristo", dei suoi valori, dei suoi ideali, dei suoi sogni. Si sentivano gente passata dalla morte alla vita, consegnata alla vita per sempre. Era un'esperienza forte, che li segnava: "Nel giorno del Battesimo", dicevano, "abbiamo lasciato dietro di noi tutto quello sa si morte, tutto ciò che sciupa la vita.
Capite, perché per prepararsi a questo momento così forte, leggevano, come abbiamo fatto anche noi, l'antica parola del profeta Ezechiele: "io apro i vostri sepolcri, vi riconduco nel paese d'Israele" e soprattutto il lungo racconto della resurrezione di Lazzaro.
Vedete, dal tempo di Gesù fino ad oggi, non c'è stata mai una generazione di Cristiani che, di fronte ad una bara, abbia pensato di pregare perché quella bara si aprisse e la persona morta potesse vivere di nuovo. Non si parla quindi della possibilità che una tomba si apra: mai questa pagina del Vangelo è stata interpretata così! Qui si parla di noi, del nostro Battesimo, della nostra vocazione cristiana. Ogni cristiano è chiamato a credere nella vita: a lasciarsi alle spalle tutto quello che la sciupa, tutto quello che "manda cattivo odore", tutto quello che impedisce all'uomo di essere libero. Anche oggi ci sono tante cose che sciupano la vita: pensate a tutto quello che sciupa l'ambiente in cui viviamo, alla natura che si corrompe; ma soprattutto a quello che impedisce agli uomini di essere liberi. Quante schiavitù anche oggi, quante guerre, quanto disprezzo per l'uomo!
E non pensate solo ai grandi drammi del mondo, pensate a tutto ciò che nella vita quotidiana sciupa la nostra esistenza: le piccole intolleranze, le incomprensioni di ogni giorno, la mancanza di attenzione e tenerezza, la mancanza dello spirito di servizio… A volte anche nelle nostre case, con la gente che ci sta intorno.
Vivere il Battesimo significa credere nella vita, tentare di difenderla in ogni suo aspetto, con coraggio, tentare di moltiplicare la libertà, la tenerezza, l'amore. Credere nella vita esige tutta la passione dell'uomo, il coraggio di credere, anche nei momenti in cui sembra che il futuro non ci sia più. Ma il Vangelo di oggi sottolinea che non è facile: avete sentito quanta insistenza su questa morte, che sembra portare disperazione: è già da quattro giorni nel sepolcro, manda cattivo odore, c'è una grande pietra che chiude la tomba... Come si può credere nella vita?! come si può sperare?!
Lo Spirito Santo ci aiuti a conservare nel cuore la speranza, a far sì che la Pasqua sia anche per noi un passaggio dalla morte alla vita, dallo scoraggiamento alla fiducia, dall'egoismo all'amore: da tutto quello che rende meno bella la vita, ai valori in cui Gesù ha creduto, per cui è vissuto ed è morto, ma per cui è anche risorto e vive per sempre! Sono valori eterni, i valori in cui noi vogliamo credere, i valori in cui vogliamo sperare.
Il Signore ci aiuti!
L'angelo disse alle donne: PASQUA DI RESURREZIONE - 27 Marzo 2005
"Non abbiate paura, voi. Giovanni 20, 1-9
So che cercate Gesù il crocifisso.
Non è qui. È risorto!".
Non dev'essere stato semplice per i primi discepoli ritrovare il coraggio della speranza. Ho spesso fatto questa riflessione, tentando di immaginare quello che è successo nei primi momenti dell'avventura del cristianesimo.
Provate ad immaginare questo gruppetto di discepoli che hanno incontrato il Signore, lo hanno visto, con occhi stupefatti, portare valori straordinari, che coglievano il cuore della vita dell'uomo. Lo hanno sentito parlare di libertà, di giustizia, di tenerezza, di servizio.
Hanno condiviso con Lui tanti momenti: la strada fatta insieme, il parlare da amici, la sera intorno al fuoco. Hanno condiviso con Lui i sogni, la speranza di un mondo più giusto.
Provate ad immaginare cosa hanno provato quando Lo hanno visto inchiodato sulla croce, le braccia spalancate tra cielo e terra: tutti quei sogni sembravano infranti, tutto sembrava finito!
Avevano creduto che Lui fosse l'inviato di Dio, anzi, la presenza di Dio in mezzo a noi: il Figlio! Anche il Figlio conosce la morte! L'impotenza di Dio si manifesta sulla Croce!
Come ritrovare la speranza, il coraggio di camminare ancora, di credere ancora?!
I sogni sembravano morti in quel triste pomeriggio del Venerdì Santo! E non basta, anche loro hanno incontrato presto la violenza e la persecuzione: pensate a Stefano ucciso a colpi di pietra. E c'è ancora di peggio: qualcuno comincia ad andarsene, qualcuno comincia a tradire... a più d'uno cadono le braccia!
È vero che il Vangelo parla di apparizioni del Signore ma, se leggete i racconti, vedrete che in ogni storia c'è come una fatica a riconoscere il Signore. Fanno fatica i due discepoli che vanno verso Emmaus: camminano con Lui e non Lo riconoscono! Fa fatica anche Pietro, sul lago, a riconoscere il Signore! È quasi impossibile sentirLo ancora vivo, credere che i Suoi sogni non sono morti per sempre...!
Come hanno potuto ritrovare la speranza? Forse continuando a parlarsi, a ricordare quei momenti in cui hanno vissuto con Lui, a rivivere i Suoi gesti, le Sue parole!
Forse Lo hanno sentito presente, camminare con loro, tentare di mettere nel loro cuore come un fuoco...
Dicono i due discepoli che vanno verso Emmaus: "Non ci ardeva forse il fuoco nel petto, lungo il cammino, mentre ci spiegava le Scritture?".
Ecco un fuoco, una luce nel loro cuore… e hanno ritrovato il coraggio di credere che i sogni risorgono all'alba; che i valori di Gesù non muoiono; che la vita, l'amore, la speranza è più forte della violenza, della morte, del male; che si può andare anche oltre lo smarrimento, il tradimento.
Forse è stato per loro importante ritrovarsi, come facciamo noi, intorno alla tavola per spezzare il Pane e lì, in questo gesto così semplice, sentire Gesù presente, a condividere la vita con loro, a conservare nel loro cuore i Suoi sogni.
Forse - ho pensato anche questo - è stata preziosa la presenza di Maria. Nei primi momenti, forse, è stata lei che ha trovato il coraggio di dire che il Figlio non era morto, che i Suoi sogni vivevano ancora...
È stata lei, forse, a gridare ai Suoi discepoli che bisognava ancora essere testimoni, ancora camminare, ancora sperare!
Ma pensateci un momento...
La condizione dei primi discepoli non è molto diversa dalla nostra: sono passati quasi duemila anni dalla morte di Gesù e ancora c'è violenza intorno a noi, ancora c'è disinteresse, mancanza di spirito di servizio, mancanza di attenzione verso l'altro, mancanza di libertà, ancora l'uomo è umiliato...
Come possiamo, anche noi, conservare la speranza e credere, in questo mondo così difficile, in cui sembra che il bene stia per essere soffocato?!
Come è possibile tenere accesa la luce, la speranza di Gesù; la speranza che i Suoi valori sono vivi e che la vita val la pena di essere vissuta soltanto se si crede fino in fondo nel bene, nella giustizia, nella presenza di Dio accanto a noi, nel nostro cammino.
È difficile per noi! Quando facciamo esperienza di una Chiesa che sembra ritirarsi nei suoi gusci, che sembra vivere soltanto di applausi, di icone, di santini... e che sembra smarrire la passione per la vita, la passione per la giustizia, il coraggio dell'amore!
Forse anche noi abbiamo soltanto le cose che avevano i primi cristiani: una tavola, un pane da spezzare insieme, dei ricordi da condividere, la speranza che anche a noi metta un fuoco nel cuore, il coraggio di credere e di sperare, la voglia di camminare ancora, di essere testimoni di Gesù e dei Suoi valori.
Non è semplice! Aiuti anche noi, Maria, che ha accompagnato i passi dei primi credenti: sia, anche per noi, testimone di speranza e di fiducia, per poter ancora credere e sperare, ancora camminare e sognare con i sogni di Gesù.
Il Signore ci aiuti.
Tommaso non era con loro II Domenica di Pasqua - 3 Aprile 2005
quando venne Gesù. Giovanni 20, 19-29
Sarà capitato anche a voi di ascoltare più di una predica di critica al "dubbio" di Tommaso e a tutti i nostri dubbi.
Penso che anche a voi l'esperienza abbia insegnato che il criticare, serve a poco: l'importante è capire.
Vi siete mai domandati: in cosa Tommaso ha ragione? Perché non riesce a credere senza vedere? E quali sono invece i torti di Tommaso?
Vedete - se ho capito qualcosa - Tommaso ha ragione, veramente ragione, nel non fidarsi del primo che parla: ci sono tanti visionari nel mondo! Non si può essere creduloni! Bisogna vedere, provare, avere conferme: in un mondo come quello di oggi in cui rischiamo di vivere in balia della televisione, dei tanti mezzi mediatici, che tentano, ogni giorno, di riempirci la testa e il cuore, occorre conservare lo sguardo limpido, lo spirito critico.
Ogni uomo - qui non conta il credente o il non credente - dovrebbe coltivare il dubbio, la capacità di prendere le distanze, il voler sapere, il tentare di avere dimostrazioni... non si può credere ai venditori di fumo!
Ma c'è di più...! Provate a pensare! Cosa sarebbe la storia degli uomini senza i tanti "Tommaso" che hanno attraversato questo mondo, senza tutti quegli uomini di scienza, di cultura che non si sono contentati di quello che diceva la tradizione, ma, attraverso il dubbio, hanno cercato di andare avanti, di scoprire, di inventare qualcosa di nuovo, di non contentarsi delle cose dette e ripetute dagli altri, per cercare di portare avanti la ricerca, la passione per la vita, per lo studio, per le cose nuove da scoprire, da inventare per il bene dell'umanità.
Ma c'è ancora un'altra cosa che da ragione a Tommaso! Come può, povero Tommaso, fidarsi delle persone che gli dicono: "Il Signore è risorto, l'abbiamo visto!"… ma sono ancora lì, tutti nel Cenacolo, le porte - lo avete ascoltato - ben serrate, pieni di paura...?! Come mai non sono in giro per il mondo a gridare la Risurrezione!? Come ci si può fidare di gente così impaurita? Dov'è la testimonianza?
Ed è un problema che ci riguarda! Se venisse qui un uomo pieno di dubbi sulla vita, sul mondo, sugli altri, su Dio e guardasse noi... probabilmente, se ne uscirebbe scuotendo la testa, con la voglia di cercare altrove qualcuno capace di dagli una testimonianza viva della Risurrezione del Signore: testimonianza nei gesti concreti, nelle opere...
Ha ragione Tommaso! Ha ragione il suo dubbio, hanno ragione i tanti "Tommaso" della storia!
Ma allora, perché si sente rimproverato? Dove ha torto? Cosa possiamo dire a Tommaso?
Ecco, la cosa da dire a Tommaso è che ci sono nella vita cose fondamentali che non possono essere toccate con mano. Dobbiamo dire a Tommaso che non può cercare dei segni, dei prodigi, che non può mettere il dito… non si può mettere il dito nello spazio in cui abitano i sogni, in cui abita l'amore, la passione per la vita, la giustizia: di tutto questo non si possono avere prove!
Occorre dire a Tommaso, e dirglielo con forza, che non può provare l'esistenza di Dio! Nessuno gli può dare la certezza che Dio c'è! Non c'è prodigio, segno, miracolo, apparizione che possa fargli toccare con mano "l'oltre" in cui abita il Signore, in cui abitano i valori essenziali della vita: si può solo credere e sperare.
Dobbiamo dire a Tommaso che su queste cose ci si gioca la vita, si rischia se stessi. Sono cose che si credono! Non si possono toccare con mano!
Dobbiamo poi dire a Tommaso che in questo spazio in cui abitano i sogni... - e questa è la grandezza della Fede - si ridiventa tutti uguali: non c'è differenza tra il grande scienziato che ha scoperto le leggi più profonde dell'universo e l'ultima persona, il più semplice della terra, il contadino, l'uomo che non ha mai studiato.
Di fronte ai valori essenziali della vita, di fronte all'amore, alla tenerezza, allo spirito di servizio ridiventiamo tutti uguali: siamo invitati tutti a diventare come bambini che si affidano ai valori fondamentali, che cercano di conservarli nel cuore, che tentano di crederci. Occorre sperare al di là di ogni speranza, nonostante la testimonianza, spesso negativa, che ci offrono intorno, occorre trovare nel profondo del proprio cuore la passione per la giustizia, per il bene, il credere nell'amore, la speranza… queste cose non si toccano con mano! Ecco il torto di Tommaso!
A lui dobbiamo dire che deve sentire che il Signore è vivo! Sono vivi i Suoi sogni, quei sogni che lui non potrà mai toccare, ma in cui è invitato a credere con tutta la passione del suo cuore.
E quello che vale per Tommaso vale anche per noi: "Beato te Tommaso perché hai creduto… beati quelli che pur non avendo visto crederanno!" Non abbiamo bisogno di segni, di prodigi, non abbiamo bisogno di toccare con mano, perché le cose essenziali della vita non si toccano con mano.
Lo spazio in cui abita Dio, in cui abitano i sogni di Gesù: questo spazio in cui tutti diventiamo uguali, non si può toccare con mano; non ci sono segni, c'è soltanto la nostra vita in gioco, c'è soltanto la passione per il bene, il credere fino in fondo nell'amore, il conservare nel cuore il coraggio della speranza.
È questo che Tommaso... - ma Tommaso siamo tutti noi - deve capire.
Il Signore ci aiuti.
...due di loro in cammino verso Emmaus. III Domenica di Pasqua - 10 Aprile 2005
Quando fu a tavola con loro prese il pane, Luca 24, 13-35
lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono
loro gli occhi e Lo riconobbero!
Quello che abbiamo appena ascoltato sembra una storia, il racconto di un piccolo fatto di vita è, invece, una straordinaria parabola, un simbolo della vita cristiana, del cammino, a volte, lungo e faticoso di ogni credente: del mio, del vostro!
Come sapete, coloro che hanno scritto il Vangelo non amano discorsi astratti, preferiscono affidarsi ai simboli, alle parabole, alle storie simboliche: e questa è una delle più straordinarie.
L’abbiamo commentata tante volte cercando di coglierne tutti gli aspetti: sarebbe lunghissimo fermarsi su ogni particolare, dietro questo racconto c’è una lunga riflessione sulla Fede.
Vorrei, oggi, attirare la vostra attenzione su un solo aspetto, che però ritengo fondamentale...
Guardiamo un momento questi due discepoli, fra l’altro c’è il nome solo di uno di loro: Cleopa, un nome che non ricorre in nessun'altra pagina del Nuovo Testamento, quasi uno sconosciuto. Potremmo, allora, sostituire ciascuno il nostro nome al nome di Cleopa: siamo noi!
Guardateli un momento: se ne vanno! Se ne vanno lontano dagli altri, dalla gente, dalla folla, dal rumore di Gerusalemme!
È vero! Là si comincia a muovere qualcosa: delle donne che sono andate e hanno trovato la tomba vuota, dicono - addirittura - di aver visto degli angeli... Poi sono andati anche Pietro e Giovanni: anche loro hanno constatato che le cose stavano così! Ma a Lui non l'hanno visto!
E loro se ne vanno, lontano dagli altri, dalla gente: se ne vanno e si mettono in cammino con le loro delusioni, con i loro fallimenti, con le loro stanchezze.
E là, lungo la strada, incontrano Gesù, o meglio, Gesù si fa compagno della loro strada, ma non Lo riconoscono: si fa fatica, a volte, a riconoscere il Signore!
Ma questi due hanno un bisogno: il bisogno essenziale, fondamentale, di un incontro personale con Gesù, aldilà dei loro dubbi, aldilà delle loro delusioni. Debbono incontrarLo e Lo incontrano parlando con Lui della Scrittura.
La Scrittura - chi la conosce sa - ha una grande scorza: è stata scritta in tempi lontani da noi; non è semplice leggerla, ma c'è un cuore, un cuore caldo, un centro vitale che può scaldare il cuore di chi, pian piano, cerca la verità che viene da Dio e la cerca in un rapporto personale, vivo, profondo… allora un fuoco comincia ad ardere dentro, una luce si accende nel cuore: è fondamentale questo, oggi!
Nella Chiesa, a volte, tutto si affida a comunità molto concentrate su se stesse, molto ferventi, in cui si rischia di pensare quello che pensano gli altri o peggio...
Nella Chiesa si affida, spesso, tutto alla forza mediatica: grandi applausi, grandi folle… e rischiamo di dimenticare che la Fede è, prima di tutto, qualcosa di personale, che nasce da un incontro vivo, profondo, autentico, mio, con Gesù, con la Sua parola, con i Suoi valori, con i Suoi sogni. Se non c'è quest'incontro, tutto rischia di essere soltanto esteriorità, rito, tradizione, immagine... e la Fede è fatta di un incontro personale, di un'amicizia viva con Gesù.
Mi riportavano - qualche giorno fa - la battuta di una vignetta di uno dei nostri disegnatori in cui si diceva: "Sbrighiamoci a pensare, perché fra poco non ci resterà che applaudire!".
Questo, che vale per molti aspetti della vita, vale, soprattutto, per la fede. La vita di fede di ciascuno di noi è una scelta coraggiosa, profonda, del cuore di Gesù, della Sua parola. Dobbiamo scegliere i Suoi sogni, i Suoi ideali, il coraggio di credere in Lui e, questo è qualcosa di profondamente personale e non è semplice... il cammino è lungo, faticoso e, a volte, difficile.
Ma Gesù ci viene incontro nella Sua parola e se Lo cerchiamo con passione una luce può accendersi dentro, un fuoco può ardere nel cuore: lo dicono i due discepoli dopo aver riconosciuto il Signore.
Come Lo hanno riconosciuto ?
Guardateli un momento: dopo il lungo cammino in cui Gesù ha tentato di parlare con loro fanno un piccolo - lo avremmo, forse, fatto tutti - semplice gesto di tenerezza e di accoglienza: "Fermati con noi, si fa sera, c'è qui un albergo: Ti offriamo una camera, un posto dove dormire".
Basta questo piccolo gesto perché Gesù si fermi con loro e, spezzando il pane, possa aprire loro gli occhi... e Lo riconoscono! E allora possono tornare in mezzo alla gente, possono tornare a Gerusalemme a dire: "Crediamo anche noi: abbiamo incontrato il Signore. Io l'ho incontrato! E vengo qui a testimoniare la mia fede, i miei valori, il mio incontro con Lui". Non mi interessa più applaudire, non mi interessa più che altri pensino per me! Io ho la mia fede, con i dubbi, le difficoltà, i fallimenti, ma è qualcosa di mio! È l'incontro mio, personale, con il Signore Gesù che posso poi mettere in comune con gli altri, prima con l'amico che è stato compagno di strada, con lui rivivo l'esperienza: "Non ci ardeva forse, il cuore in petto quando ci spiegava le Scritture?". E poi con gli altri, i discepoli radunati:.. Abbiamo anche noi visto il Signore, Lo abbiamo riconosciuto nello spezzare il pane.
Anche per noi, fratelli, la Parola, il ricordo di Gesù e il Pane che spezziamo! Il cristiano -non dimenticatelo - non ha altro! Non ha altro! Non ci sono apparizioni di angeli, di madonne, non ci sono miracoli o prodigi, non ci sono folle, non ci sono applausi, non ci sono comunità che possano sostituire il nostro incontro personale, vivo con il Signore Gesù!
È questo uno degli aspetti - se ho capito qualcosa - fondamentali di questo racconto, ma questo cammino - ce lo ricordano i due di Emmaus - non è un cammino facile... abbiamo tutti dentro speranze deluse, facciamo fatica a camminare, a riconoscere il Signore… eppure continuiamo a camminare, a cercare e, ricordatevi, un gesto semplice: "Fermati con noi, si fa sera..." ci fa, forse, capaci di aprire gli occhi e di riconoscere il Signore mentre spezziamo il Pane.
Per tutti voi, credo, il venire qui la Domenica non è soltanto un rito, un obbligo da osservare, una tradizione da venerare, ma è voler riconoscere Gesù nel Pane che spezziamo, in questo gesto che ci ha lasciato, in cui ci ha insegnato a condividere la vita e a camminare inseguendo i Suoi sogni.
Non è semplice!
II Signore ci aiuti.
"…le pecore ascoltano la sua voce: IV Domenica di Pasqua - 17 Aprile 2005
Egli chiama le sue pecore una Giovanni 10, 1-10
per una e le conduce fuori.
"Meglio un giorno da leone che cento da pecora".
Questo proverbio ha accompagnato la mia infanzia e, penso, l'infanzia di molti di voi, specialmente dei "maschietti". Ce lo ripetevano spesso e in tutti i modi... questo ha creato non poche difficoltà nella mia adolescenza quando, ascoltando non una, ma molte prediche sul pastore e le pecore, ci dicevano che la virtù principale del cristiano è la docilità; il seguire fedelmente il pastore, la rinuncia a pensare con la propria testa, per seguire attentamente la voce del pastore e, con un corto circuito che è presente, non solo nella nostra, ma in molte religioni del mondo... si identifica il "Pastore" con i "pastori". Avrete notato - qualcuno con un po' di curiosità - che oggi, dove si parla di un solo pastore, è la giornata delle vocazioni e siamo invitati a pregare per i tanti pastori che ci sono nella Chiesa.
Io sono stato parecchio fortunato nella mia vita e oggi vorrei dirvi di due fortune...
Sono stato fortunato perché ho conosciuto il mondo delle pecore e dei pastori e se qualcuno di voi lo conosce, sa che le pecore molto spesso non seguono il pastore...
Ho passato molte ore, con qualche cugino, a inseguire su e giù per la montagna le pecore perché, specialmente nei giorni caliginosi, vanno a cercarsi l'erbetta migliore in posti lontani e allora il pastore cammina, a volte, fino a sera per tentare di riportare queste pecore impertinenti nella loro stalla.
Ma soprattutto ho avuto la fortuna di incontrare tante persone straordinarie - perché io sono stato veramente fortunato! - che mi hanno insegnato con la loro vita, con la loro parola che si può vivere nella Chiesa soltanto se ci si può stare a testa alta, usando il proprio cervello, tentando di inseguire con passione e coraggio i sogni di Gesù, i sogni di Dio.
Il Signore ci ha dato un'intelligenza per pensare, per cercare e poi, magari, mettere in comune...
Una cosa che mi scandalizza nella vita politica italiana è che, a volte, quelli che si considerano cattolici, che ne portano l'etichetta, spesso, in schieramenti diversi... si ritrovano, poi, tutti insieme allineati e coperti quando un "pastore" dice: "Così pensa il cristiano!". E non c'è la discussione, il coraggio di cercare, il tentativo di domandarsi dove stia la verità e il bene della gente... In problemi così lontani dal cuore del cristianesimo come sono i metodi anticoncezionali o i problemi della fecondazione eterologa o omologa: che cosa c'entri questo con il messaggio del Vangelo non è facile capire. E perché diamo lo spettacolo di cattolici allineati e ubbidienti, incapaci di pensare con la propria testa? Con quell'intelligenza e con quel cuore che il Signore - così crediamo - ha donato a tutti! Perché tanto bisogno di rinunciare al proprio pensiero, alla ricerca, alla passione? Perché?!
Se ci mettessimo a discutere qui, tra noi, ci divideremmo, ne sono convinto, ed è giusto! Perché sono problemi complicati!
Perché quando leggiamo il giornale, troviamo spesso scritto: "la Chiesa dice…"? Io non dico! Io ho il diritto di pensare con la mia testa...! La Chiesa che pensa in nome di tutti non esiste...!
Se vi dicessi: "In questo momento l'Italia pensa così!". Voi tutti vi mettereste a ridere, pensando: "Don Checco è arrivato, occorre cercare altrove".
Se invece dicessi: "La Chiesa dice..." nessuno si meraviglierebbe… La Chiesa non dice! Dice "qualcuno": qualcuno che pensa di essere il "pastore" (non ce n'è uno solo?!), di dover pensare e parlare a nome di tutti! E con che diritto!
Perché mi si toglie il diritto e non solo il diritto, il dovere di usare quell'intelligenza che Dio m'ha donato? E me l'ha donata perché la usassi! Con coraggio!
Cosa sarebbe il cammino della storia se tanti cristiani... pensate a Galilei, a Leonardo, a chi vi pare... ce ne sono un'infinità, per fortuna, di pecore non allineate e docili... di persone che, spesso, per tentare di pensare sono finite sul rogo...
Quando ero più giovane dicevo spesso un "Gloria Patri" in memoria dei bersaglieri di Porta Pia, perché, prima, io o qualcuno dei miei amici o dei miei maestri, avremmo rischiato di finire sul rogo: ora non s'usa più. Solo nel 1929 la "Chiesa" con grande e inusitato coraggio, ha abolito la pena di morte. C'è una frase... ve la posso di citare in latino poi magari ve la traduco: "Si quis dixerit hereticos comburi esse contra voluntatem Spiritus, anathema sit". Tradotto: se qualcuno osa dire che bruciare gli eretici è contro la volontà di Dio, sia scomunicato e bruciato pure lui!... Queste cose studiavo, in documenti ufficiali, in latino, quando ero giovane!
Ve l'ho fatta troppo lunga!
Insomma, volevo soltanto dire questo: abbiamo un Pastore il quale parla poco e ha lasciato a noi un linguaggio - come avete ascoltato anche oggi - ricco di simboli, di immagini... per invitarci a cercare con passione la verità, la verità della vita concreta. Tentare di capire cosa porta giustizia e pace e amore e tenerezza nella vita è compito di tutti noi… e non è compito semplice pensare con la propria testa, avventurarsi; ma credo che questo sia il compito di ogni "pecora" e il compito dei "pastori" sarebbe quello che era il mio compito, quando seguivo i miei cugini dietro le pecore: andare a cercare le "pecore"; tentare di capire cosa pensassero e dove fossero andate a parare.
Il mondo della Chiesa andrebbe meglio se i "pastori" si preoccupassero di capire un po' cosa pensano le "pecore"… ma non si usa.
Speriamo nel futuro! Non è cosa semplice!
Il Signore ci aiuti.
"Io sono la via, la verità, la vita. V Domenica di Pasqua - 24 Aprile 2005
Nessuno viene al Padre se non Giovanni 14, 1-12
per mezzo di Me"
La mia lunga avventura di credente, ha girato, in gran parte, intorno a qualche frase del Vangelo che abbiamo appena ascoltato.
Filippo chiede a Gesù: "Mostraci il Padre" e Gesù gli dice: "Da tanto tempo sono con voi e tu non Mi hai conosciuto? Chi ha visto Me, ha visto il Padre".
È stata la frase fondamentale della mia avventura di credente. Credo che ciascuno di noi si porti dentro qualche frase del Vangelo che più lo ha fatto sentire vicino a Gesù, che più gli ha fatto fare un'esperienza viva della Fede. Per me, questa, è stata una frase fondamentale, forse "la" frase fondamentale!
Vedete, anch'io, come molti di voi, sono stato educato alla Fede attraverso tutta una serie di rispostine del catechismo, di immagini che hanno accompagnato la mia infanzia e la mia adolescenza. ..
Pensate alla rispostina del catechismo: "Chi è Dio?". "Dio è l'Essere perfettissimo, creatore e signore del cielo e della terra". È Lui l'Onnipotente che ha creato il mondo! Che fa muovere - come dice il padre Dante - il sole e le altre stelle; è Lui il Provvidente, Colui che provvede ai fatti e agli avvenimenti della vita.
Mia mamma ripeteva quasi ogni giorno: "Non si muove foglia che Dio non voglia!" e poi, facevo esperienza... esperienza, a volte, dolorosa che le foglie della vita, spesso, si muovono in modo "strano"! Capitano guai, a volte capitano disgrazie... come conciliarle con la "provvidenza", con l'amore di Dio per noi?
Quando sono cresciuto cantavamo canti come quello che ha aperto oggi la nostra celebrazione: "…e non ci lascerà mai soli" Quante volte, anch'io, mi sono sentito solo nell'avventurarmi nella vita! Quanta gente ho trovato intorno a me che faceva esperienza, dura, della solitudine, della lontananza di Dio!
Ci sono immagini che hanno accompagnato la mia e, forse, anche la vostra infanzia... - vi ricordate? - "un grande occhio in un triangolo" e ci sentivamo scrutati in ogni angolo della casa, in ogni recesso della nostra coscienza e giudicati e, spesso, il senso di colpa accompagnava la nostra esperienza cristiana.
Anche se dicevamo una parolaccia - e noi, a Trastevere, ne dicevamo tante - se nominavamo il nome di Dio con leggerezza, ci sentivamo o, ci facevano sentire, in colpa... il Dio giudice, il Dio che condanna, il Dio che, a volte, punisce...
Quante volte ho sentito interpretare i fatti della storia, le disgrazie come il "castigo di Dio" per il peccato dell'uomo.
C'era anche un'altra immagine che ha accompagnato la mia infanzia... non era tanto l'immagine di Dio, ma di un piccolo angelo che teneva per mano un bambino sul ponte: l'immagine della Provvidenza! Il Dio che custodisce la vita dell'uomo… e poi, tante volte ho ascoltato predicatori insistere sui miracoli, sui prodigi: la prova dell'esistenza di Dio è il miracolo!
E poi... e poi mi sono incontrato con questa pagina del Vangelo e ho fatto - son passati quasi quarant'anni - con altri ragazzi che avevano, più o meno, la mia età una ricerca appassionata, chiedendoci: il Dio di cui parliamo è il Dio di Gesù? Come posso parlare di un Dio onnipotente, di un Dio che fa prodigi e miracoli, che "muove ogni foglia", guardando l'esperienza di Gesù che per trent'anni è stato in mezzo a noi facendo il falegname, piallando assi, aggiustando sedie, riparando aratri... trent'anni nel silenzio!
E poi, quando ha cominciato a parlare, è finito su una Croce… quante volte ho anch'io sentito mio il grido della gente riunita intorno a quella Croce: "Se sei Dio, scendi da quella Croce, se sei il Figlio, salva Te stesso e anche noi!". Ma è rimasto là! Le mani inchiodate sulla Croce, senza il prodigio, senza il miracolo, senza la salvezza.
Quella salvezza che non aspettavo soltanto per me, ma per la gente che avevo intorno, per i bambini che vedevo soffrire, per la gente che moriva nel mondo, per la fame, la miseria, le devastazioni… dov'è Dio?"
E il giudizio... ! Quell'occhio che scrutava... come si conciliava con i Suoi incontri con la donna sulla piazza? "Nessuno ti ha condannato, nemmeno Io, alzati e va in pace!".
Come si può conciliare il giudizio di Dio, la condanna, il castigo con la parabola del Padre misericordioso: il figlio che se ne va, quando torna trova la festa, l'abbraccio del padre, un banchetto come non c'era mai stato...
L'immagine di Dio non poteva non passare attraverso l'esperienza di Gesù, i Suoi gesti, le Sue parabole, i Suoi simboli, i Suoi sogni, la Sua passione per la vita e, allora, ho capito e continuo a cercare, a cercare il Dio che è aldilà di ogni parola, aldilà di ogni immaginazione.
Abita la terra del sogno, la terra "dell'oltre", abita la terra della gratuità totale… qualche volta, non riesco a capire e continuo a cercare, a cercare la terra dell'Assoluto, la terra di cui non si possono dire parole: sono solo le nostre parole! E ciascuno... - è anche questa l'esperienza triste che si fa nella vita cristiana - ciascuno è tentato di fare Dio a propria immagine, di tirarlo dalla propria parte fino all'assurdo, fino a giustificare la guerra. Sulle cinture delle S.S. c'era scritto: Dio è con noi! Quale Dio? Chi può appropriarsi del Suo nome? Chi può usare il Suo nome per giustificare la propria prepotenza, la propria volontà di potere?… anche nella vita della Chiesa accade questo!
E allora, sempre più facevo esperienza che Dio abita nella gratuità totale, "nell'oltre" e bisognava cercarLo con passione; bisognava inseguire i Suoi sogni e lo si poteva fare soltanto facendo esperienza di Gesù di Nazareth; soltanto attraverso la Parola che ci ha lasciato, attraverso i Suoi gesti semplici: questo Pane che spezziamo ogni Domenica, il gesto più semplice: il Pane condiviso. Ma è la vita condivisa e donata, è il sogno condiviso, è il camminare insieme condividendo la ricerca! Questo Pane - sempre presente nella Bibbia - è il Pane che permette di camminare verso quel monte dove abita Dio, di cercare il Suo volto aldilà di tutte le immagini che ci portiamo dentro e spesso generano sensi di colpa, paure.
La frase più bella che ho ascoltato nella mia vita è: "Don Checco, m'ha tolto la paura di Dio!". Non so se sia vero, anzi, non credo che sia vero, perché io non posso togliere paure a nessuno: non riesco a toglierle, a volte, nemmeno a me stesso!
Ma il Vangelo sì! Il Vangelo può toglierci la paura di Dio: non si può parlare di un Dio che punisce, non si può parlare dell'inferno, non si può parlare della minaccia, del castigo dopo aver incontrato Gesù di Nazareth; dopo aver ascoltato le Sue parole, dopo aver condiviso il Suo sogno, dopo averLo visto inchiodato sulla Croce dalla violenza degli uomini: non è venuto per giudicare ma per salvare il mondo, per camminare con noi, per condividere la vita, per aiutarci a cercare "quell'oltre", quella Luce inaccessibile, quella gratuità totale in cui abita Dio, per aiutarci a inseguire i Suoi sogni: è quello che tentiamo di fare ogni giorno.
Il Signore ci aiuti.
...pronti sempre a rispondere a chiunque vi VI Domenica di Pasqua - l Maggio 2005
domandi ragione della speranza che è in voi. Prima lettera di Pietro 3 15-18
"Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Giovanni 14,15-21
Consolatore perché rimanga con voi per sempre".
Chi legge la Bibbia rimane profondamente impressionato dal fatto che dopo ogni disgrazia, ogni catastrofe, dopo quella che sembra la rovina dei singoli o dell'intera nazione, c'è sempre un profeta che annunzia con la forza la speranza, che invita ad avere il coraggio di guardare avanti e di credere nel futuro.
Si leggono, nella Bibbia, parecchie parole sconcertanti sull'interpretazione della disgrazia che sono, per noi, molto difficili da leggere.
Ogni disgrazia, ogni catastrofe - i terremoti, la carestia, l'esilio - vengono considerati un castigo, una punizione di Dio per il peccato e ci sono parole forti in molte pagine dell'Antico Testamento. Noi rimaniamo turbati perché questa immagine di Dio che punisce con severità non riusciamo a capirla e soprattutto non riusciamo a capire la punizione dei figli per le colpe del padre, del popolo per le colpe dei capi: son cose completamente lontane dalla nostra mentalità.
Eppure, se conoscete il mondo delle religioni, fa parte della grande "palude" religiosa.
Gli uomini antichi, che vivono in un mondo totalmente immerso nella religiosità, non hanno altra spiegazione per la disgrazia, per la catastrofe, che il castigo per una colpa. Bisogna individuare il colpevole, bisogna fare grandi riti di espiazione: è la grande "palude" religiosa, che è presente, ancora oggi, in tante persone, in tanti credenti e qui non c'è religione e religione: è un po' comune in tutte le religioni.
La cosa straordinaria della Bibbia è che da questa "palude" emerge sempre una parola di speranza che invita a guardare oltre: oltre tutto! Oltre anche l'immagine di Dio che sembrava così scontata... ed è, a volte, una speranza utopica che riguarda la vita concreta.
"Verrà il giorno in cui non si finirà di seminare il grano che sarà già ora di mietere; non si finirà di pigiare l'uva che sarà già ora di vendemmiare di nuovo."
"Spezzerò l’arco e la spada, eliminerò la guerra da questa terra. Farò vivere il mio popolo in pace." Così si legge nei libri dei Profeti Amos e Osea.
Una speranza aldilà di quella che sembra l'evidenza: l'evidenza della distruzione, l'evidenza del male...
Questo grido di speranza nel Nuovo Testamento comincia a prendere, addirittura, il volto di Dio: lo Spirito Santo è Colui che viene a difendere, nel cuore dell'uomo, nel cuore del credente, il coraggio della speranza!
"Il Padre vi darà un altro Consolatore". La parola greca è: Paracletos!
Avete ascoltato, qualche volta, questa parola anche in italiano: lo Spirito Santo Paraclito. Il Paracletos, il Paraclito è "l'Avvocato difensore".
Perché abbiamo bisogno di un "Avvocato difensore?".
I primi cristiani erano convintissimi che non basta la storia degli uomini, il coraggio che possiamo darci tra di noi: ci vuole Qualcuno che venga a difendere dentro il nostro cuore la speranza, il coraggio di guardare il futuro, di non rassegnarci all'ingiustizia, al male… e oggi ne abbiamo bisogno come sempre, come gli uomini di tutti i tempi.
Anche oggi c'è la "palude" con le tante interpretazioni del male, delle disgrazie e, qualche volta, abbiamo intorno chi vuole metterci paura, toglierci la speranza.
Il credente - lo avete ascoltato dalle belle parole di Pietro - è uno che rende ragione della speranza che si porta dentro: ma non è mica facile!
Avete provato, anche voi, forse qualche volta, a comunicare parole di speranza ai vostri figli, ai vostri nipoti… e avete sperimentato la difficoltà?
I nostri ragazzi, spesso, guardano il mondo attraverso gli occhi della televisione, che sempre ci mette davanti catastrofi, cose che non vanno: l'ingiustizia, il menefreghismo, la passività dei governanti, della gente… come dar loro il coraggio di credere ancora, di sperare nella giustizia, nel bene, il coraggio di farlo concretamente, nella vita di ogni giorno, con passione?!
Come si può aiutare i nostri ragazzi a conservare nel cuore i sogni di Gesù? I sogni di un mondo giusto, di un mondo pacifico?
Come posso, anch’io, conservare nel cuore il sogno di rimanere "giusto", di non cedere alla tentazione del "così fan tutti"? Ci portiamo dietro - almeno io mi porto dietro - la vigliaccheria, la pigrizia, lo scoraggiamento: scoraggiamento per come va il mondo, scoraggiamento, a volte, per come funziona il mondo dei credenti ...quante paure, quante vigliaccherie! Come conservare la speranza?
Ecco, i primi cristiani ci dicono: "Non avere paura! Gesù ci ha mandato un "Avvocato difensore!". A difendermi da che? Non da me stesso, ma dallo scoraggiamento: a difendere dentro di me i sogni di Gesù, il coraggio della speranza.
Ci prepariamo a celebrare Pentecoste e ancora chiederemo allo Spirito che venga, Lui, il "Consolatore", il "Paraclito", Colui chi ci fa capaci, in questo mondo, di continuare a credere, a sperare aldilà di tutto: speranza, a volte, utopica, una speranza totale, una speranza assoluta che non conta soltanto sulle nostre forze, ma su Dio!
Questo coraggio della speranza, i primi cristiani, sono riusciti a personalizzarlo e non è più soltanto il "soffio" di Dio, è proprio una Persona: è Dio stesso che viene accanto a noi: "Non vi lascerò soli, vi manderò il Consolatore, il Paraclito, l'Avvocato difensore!".
È Lui che tenterà di difendere dentro di voi il coraggio della speranza.
Non è facile, lo sappiamo bene!
Il Signore ci aiuti.
Quando lo videro, gli si prostrarono ASCENSIONE DEL SIGNORE - 8 Maggio 2005
innanzi, alcuni però dubitavano. Matteo 28, 16-20.
Qualcuno ha detto che il tempo della Chiesa, il tempo dei credenti, è il tempo tra Gesù… e Gesù.
Sì perché dietro le nostre spalle c'è Gesù: la sua vita è il fondamento della nostra fede. Nei suoi gesti, nelle sue parole, nelle sue parabole abbiamo toccato con mano qualcosa della luce inaccessibile di Dio. In Gesù abbiamo fatto esperienza dell'amore, della tenerezza, del cuore di Dio. In Lui abbiamo anche intuito il vero senso della vita umana, i valori essenziali del nostro cammino sulla terra. Nella vita di Gesù abbiamo contemplato la libertà, il dono di sé, la gratuità, la condivisione, il servizio….
E Gesù è l'ultimo orizzonte della nostra esperienza. Il credente sa che la storia dell'uomo non potrà fermarsi finché non avrà raggiunto la dimensione di Gesù. È Lui che aspettiamo al termine della nostra esperienza personale e al termine della storia umana.
Ma, come sapete, nei lunghi anni della storia della Chiesa i credenti hanno spesso ceduto alle tentazioni che insidiano l'attesa del futuro. La prima, forse, è stata quella dell'impazienza: i discepoli di Gesù credevano che la storia stesse per finire, pensavano che non ci fosse più alcuna speranza all'interno del cammino umano e che bisognasse attendere un mondo nuovo, un'altra terra e un'altra storia. L'apostolo Paolo afferma, in una delle sue lettere, che non sarebbe morto prima del ritorno di Gesù
Nel corso della storia i credenti si sono spesso concentrati sull'aldilà, sulle condizioni, per guadagnarsi il Paradiso, sui mezzi per "salvarsi l'anima", dimenticando l'impegno per la costruzione del mondo. Si sono pian piano moltiplicate le indulgenze, le pratiche, le Messe per i defunti e quant'altro… anche perché di tutto questo molte persone vivevano e, a volte, si arricchivano.
Un'altra tentazione è stata quella di mettere l'accento sul miracolo, sul prodigio, per cui spesso l'attenzione più che sulla parola di Gesù si spostava sulle apparizioni, sui fatti straordinari, sulle "stimmate", sui messaggi dall'alto.
Un altro dei grandi limiti del cammino dei credenti è stato il porre pian piano l'attenzione sui riti, le regole, le minuzie della morale, le penitenze, i "fioretti", trascurando il cuore della morale: la giustizia la fedeltà, l'amore.
Se ho capito qualcosa essere credenti significa soprattutto tentare di credere in Gesù, nei valori che annunciava, nei sogni del suo cuore. Credere che Gesù è risorto, che Lui tornerà, che è lui l'ultimo orizzonte della esperienza umana, significa credere che gli ideali di Gesù, i sogni che ha tentato di testimoniare quando era in mezzo a noi, sono il cuore stesso dell'esperienza umana, il senso ultimo del cammino dell'uomo.
Credere in Gesù, nei suoi valori non è sempre facile. La pagina del Vangelo che abbiamo appena letto ci consola: "Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano". Proprio in fondo, quando Gesù sta per concludere la sua esistenza tra i discepoli, alcuni dubitano… perché Matteo insiste ancora sul dubbio?… Prima della Messa qualcuno mi diceva di aver ascoltato chi proponeva di togliere queste parole: il credente infatti non ha dubbi!
Se ho capito qualcosa della mia fede, non c'è cosa più sciocca. Anzitutto mi sembra una mancanza di rispetto per la fragilità e la debolezza di chi tenta di seguire Gesù. Una fragilità di cui tante volte parla il Vangelo, descrivendo il cammino dei discepoli dietro Gesù.
Ma, secondo me c'è qualcosa di più: il dubbio è compagno inseparabile e anzi indispensabile di chi tenta di credere. Senza il dubbio si rischia di diventare intolleranti, di pensare di sapere tutto; chi non ha mai dubbi rischia di arrivare ad uccidere e ad accendere roghi. Una delle grandi tentazioni di chi crede è di pensare di "possedere" la verità di Dio: Dio non può che essere oltre ogni parola ed ogni nostro pensiero. Del volto di Dio noi non possiamo che cogliere qualche aspetto, della sua luce non possiamo che intuire qualche riflesso… e non è detto che chi appartiene ad un'altra religione non possa cogliere, anche lui, qualche riflesso della luce inaccessibile di Dio.
Ed anche i valori autentici della vita vanno sempre cercati con passione, occorre, di tempo in tempo, tentare di renderli attuali e vivi… facendoci compagni di strada di ogni uomo di buona volontà. La ricerca, il dubbio ci permette di non giudicare e condannare chi la pensa diversamente da noi.
Ecco dunque il senso della festa di oggi: Gesù lascia a noi, nonostante la nostra fragilità, il compito di essere testimoni di Lui, della sua vita, dei suoi ideali. Aspettiamo Lui, aspettiamo il compimento dei suoi sogni. Guardiamo verso di Lui, all'orizzonte della storia, ma non siamo soli: ci ha promesso lo Spirito, non per darci la sicurezza del fanatico, ma la passione della ricerca, il coraggio di camminare, senza stancarci, verso Gesù.
Il signore ci aiuti.
Venne all'improvviso dal cielo un rombo PENTECOSTE - 15 Maggio 2005
come di vento che si abbatte gagliardo Atti 2, 1-11; Giovanni 20, 19-23
e furono tutti pieni di Spirito Santo.
Se qualcuno... - che so, un ragazzo, un amico - vi chiedesse: "Chi è lo Spirito Santo?". Sapreste rispondere? Penso che nessuno di voi si contenterebbe della rispostina del catechismo che dice che lo Spirito Santo è la terza Persona della S.S. Trinità...
Ma, se volete andare oltre... mi è capitato di incontrare parecchie persone che, avendo provato ad andare oltre, si sono sentite morire le parole sulle labbra… chi è lo Spirito Santo?
Non vi preoccupate, però! Perché anch'io, se mi fate questa domanda, non so cosa rispondervi! E non è una cosa strana perché, per noi credenti, lo Spirito Santo è Dio! Una manifestazione del Suo volto… e le parole vengono meno!
Dio abita nella luce inaccessibile, nel mistero e tentare di spiegare chi sia è cosa che non possiamo fare… lasciatelo agli intolleranti, agli integralisti che ci sono, anche nella nostra tradizione...
Ma allora, per non dover tacere, cosa possiamo fare? Cosa potete dire se vi chiedono: "Chi è lo Spirito Santo?".
Fate come hanno fatto i credenti di tutti i tempi: ricorrete ai simboli, ricorrete ai racconti, alle esperienze! Così, con semplicità, senza pensare che un simbolo, un racconto possa dire tutto dello Spirito!
Avete ascoltato, oggi, i simboli con cui i primi cristiani tentavano di dirci cos'è questo "Soffio" di Dio che investe la loro vita!
Avete sentito parlare di un "vento impetuoso" che spalanca le porte; che toglie la paura dal cuore; che fa capaci, questi discepoli impauriti, di andare in giro per il mondo, testimoni di Gesù. Avete sentito parlare di una "Luce" che scende dall'alto; una Luce che rende capaci di guardare, con occhi diversi e gli uomini e il mondo.
Avete sentito parlare di un "Fuoco" che scalda il cuore; che accende qualche cosa dentro. Avete, soprattutto, sentito parlare a lungo di una "Forza" che da la capacità di capirsi tra gli uomini.
Questo racconto è costruito come un contraltare del racconto della "torre di Babele": là, le lingue degli uomini sono disperse, qui si ricompongono e gli uomini sono capaci di intendersi, di capirsi! Parlano lingue diverse, ma si comprendono!
È il "Soffio" di Dio! È il sogno dell'uomo!
Ma, se non volete ricorrere ai simboli; provate a ricorrere ai racconti, alle narrazioni, provate a leggere, nel libro degli "Atti degli Apostoli", la storia di Pietro e Cornelio...
Cornelio è un ufficiale romano che invita Pietro... Pietro ha qualche perplessità ad andare a trovare Cornelio perché, un ebreo serio non può entrare nella casa di un pagano e deve avere un sogno... vedere, addirittura, una grande tovaglia, piena di animali di ogni genere, che scende dall'alto… e poi si decide e va! E con stupore Pietro constata che su Cornelio e sulla sua gente è già sceso lo Spirito Santo! Chissà cosa avrà visto Pietro? Forse ha visto solo che questa gente si è appassionata a Gesù, alla Sua parola e in questo ha riconosciuto un segno dello Spirito!
E Pietro, allora, li battezza! E quando torna dai suoi, quelli osservanti lo rimproverano: "Pietro, non si va dai pagani! E poi battezzare della gente così, senza un minimo di preparazione!".
E Pietro: "Ma avevano già lo Spirito! Chi ero io per potermi opporre?".
Lo Spirito, secondo Pietro, non si possiede: bisogna inseguirlo; cercarne le tracce in giro per il mondo, con passione; avere occhi capaci di riconoscere i segni dello Spirito, della Sua presenza. Noi siamo "inseguitori" di Dio, non ne siamo "possessori", mai! E Dio, il Suo riflesso, le Sue tracce possiamo trovarLe in ogni uomo.
Potete provare, anche, a seguire le riflessioni o, forse, le esperienze che fanno i primi cristiani...
Provate a leggere Paolo nella lettera ai Galati, Lui vi dirà quali sono le tracce dello Spirito. Dove c'è amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine: là, c'è una traccia di Dio! C'è un segno dello Spirito!
E, se provate a leggere, altri brani delle lettere di Paolo, lo ascolterete parlare dell'esperienza fondamentale della sua vita: Paolo era un rigido osservante della legge, delle regole, della tradizione e questo lo ha portato ad essere un persecutore! Poi, ad un certo punto, si è accorto che tutto questo combatteva Cristo! E quindi Dio! Ha perseguitato il Signore!
Ha capito poi che aldilà della Legge c'è lo Spirito. Lo Spirito che permette di andare oltre; di non fermarsi alle regole, alla tradizione; a quello che si è sempre fatto; che spinge a capire qual è l'essenza stessa della Fede, del seguire il Signore.
E, se provate a fare una ricerca nel Vangelo, trovate ancora tante riflessioni...
Lo Spirito è Colui che fa nascere Gesù, che Lo spinge nel deserto a combattere il male. Lo Spinto è Colui che guida i cristiani alla verità, a tutta la verità! Li spinge sempre in avanti, a non fermarsi mai. Lo Spirito è Colui che consola e difende…
Ecco, oggi è "Pentecoste" e noi siamo qui a invocare lo Spinto come i cristiani di tutta la terra! Chiediamo che, anche per noi, lo Spinto spalanchi le porte della nostra paura, sia come un "Vento" che ci toglie da dentro l'ansia, la preoccupazione; sia come una "Luce" che ci fa riconoscere in chi incontriamo, anche in chi è diverso da noi, un riflesso di Dio, il volto di un fratello.
Invochiamo lo Spirito che ci metta nel cuore il calore, che ci dia pace, gioia, tenerezza, cordialità, bontà, attenzione verso gli altri, spirito di servizio.
Invochiamo lo Spirito che ci faccia liberi; che ci guidi alla ricerca di una verità che è sempre oltre, in tutti i campi della vita quotidiana, della scienza, della Fede: sempre oltre!
II cristiano non si ferma mai; non pensa di essere arrivato, di possedere la verità: ha dentro come un "fuoco" che lo spinge avanti; come un vento, che lo fa libero.
Invochiamo lo Spirito perché ci guidi dietro Gesù sulla via della Fede. Non è semplice!
Il Signore ci aiuti.
"Io sono il Pane vivo, disceso SS. CORPO e SANGUE di CRISTO - 29 maggio 2005
dal cielo. Se uno mangia di Giovanni 6, 51-58
questo pane vivrà in eterno".
In quasi tutte le tradizioni religiose c'è un rischio: il rischio che le grandi intuizioni dei fondatori, pian piano, vengano trasformate in feste esteriori, a volte molto belle, suggestive; oppure, in regole, in leggi, in condizioni per accedere all'incontro con la divinità.
Gli uomini, in ogni latitudine, spesso, cedono alla tentazione di moltiplicare l'esteriorità, i gesti, i riti, le feste, le regole, le leggi.... dimenticando il "cuore" di un'istituzione, di una realtà.
Per tentare di far capire quello che vorrei dire, potrei farvi un esempio: pensate al matrimonio!
In tante tradizioni, in ogni angolo della terra, il matrimonio è - ma nei tempi passati era, forse, ancora di più - accompagnato da tutta una serie di feste che durano, a volte, giorni e giorni; banchetti che si prolungano e in cui si mangia con grande abbondanza: feste, balli...
E poi il matrimonio è circondato da una serie di regole, di leggi, a volte, molto severe. Pensate che un tempo l'adulterio era punito con la morte. Pensate a tutte le regole per il divorzio, che ci sono in molte tradizioni. Pensate ai contratti che oggi si fanno, in vista del matrimonio: tutto deve essere regolato… e si rischia di perdere di vista che il "cuore" di un matrimonio è il rapporto tra due persone, basato sull'affetto, sull'attenzione, sul rispetto, sulla condivisione della vita, sulla gratuità, sul dono di sé.
Ho incontrato, parecchie volte, dei ragazzi che preparandosi al matrimonio debbono subire i "corsi di preparazione": a volte, è un vero subire! In cui si parla di tutto: degli apparati ginecologici, dei metodi anticoncezionali, delle pillole, degli aborti e poi di tutte le leggi, le regole, dei pericoli... e quasi nessuno mette l'accento su quello che è il cuore stesso di un rapporto tra due persone che vogliono condividere la vita, che vogliono costruire una famiglia basata sull'attenzione, sul rispetto, nella condivisione... in una parola: su un amore profondo, sincero.
Ecco - se sono riuscito a spiegarmi - allora pensate a quello che è successo per l'Eucaristia: Gesù aveva affidato alla Sua Chiesa un gesto, un segno ricco di significato. Lo ha collocato nel cuore stesso della nostra fede, della vita della Chiesa ma, nel corso dei tempi che cosa è diventato? Tutta una serie di regole, di leggi, di paure, di proibizioni...
Pensate a come siamo stati educati all'Eucaristia! La paura di bere anche solo un bicchiere d'acqua; le condizioni necessarie per accostarci all'Eucaristia. Molti ritenevano e molti ritengono ancora, che non ci si può accostare all'Eucaristia senza confessarsi ogni volta.
Oppure, pensate a tutte le feste che spesso accompagnano l'Eucaristia. Anche in questi giorni, in molte regioni d'Italia ci sono tradizioni, a volte, molto belle e ricche, che io sono convinto che dovrebbero essere mantenute… ma ci si preoccupa del "cuore"? Ci si preoccupa di quello che è veramente il dono che Gesù ha voluto collocare nel centro stesso della vita della Chiesa?
Come avete ascoltato nella prima lettura, in cui si parla del faticoso viaggio di Israele verso la Terra Promessa: viaggio di liberazione e di vita, in cui si ha bisogno dell'acqua, del pane... ma l'uomo "non vive di solo pane...". L'uomo ha bisogno di qualche cosa di più profondo, ha bisogno di valori, ha bisogno di giustizia, ha bisogno di non perdere il senso del cammino verso la libertà.
O, avete ascoltato l'apostolo Paolo che dice: "poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo". L'unità, la vita condivisa, il cammino fatto insieme, la pazienza della ricerca di una strada comune.
O, avete ascoltato il Vangelo: nutrirsi di Gesù! Non è una cosa materiale: nutrirsi di Gesù significa condividere i Suoi valori; significa nutrirsi dei sogni che Lui aveva nel cuore; significa tentare di renderli concreti nella vita di ogni giorno; di rendere presente, nella nostra vita, la vita di Gesù.
Questo è il senso profondo dell'Eucaristia! Aldilà delle celebrazioni, delle feste, delle solennità che, spesso, sono celebrazione di uomini! Spesso è celebrazione del potere: è difficile andare aldilà, per incontrare Dio, i Suoi sogni; quello che Gesù voleva mettere nel "cuore" della nostra Fede.
Anche oggi, andando a casa, se volete vedere il telegiornale, vedrete l'apparato del Congresso Eucaristico: Papa, cardinali, vescovi, vesti solenni, riti complicati, applausi, canti... Ma dov'è Gesù?! Dov'è la ricerca di Lui, del Suo cuore?!
Non vi sembra che si riduca a qualcosa di troppo esteriore la straordinaria intuizione che Gesù ha voluto mettere nel cuore della nostra Fede: un pezzo di Pane spezzato, al vita donata, la vita condivisa, la gratuità, il cammino fatto insieme, l'unità, la ricerca dei valori assoluti, i sogni di Dio...
A cosa abbiamo ridotto l'Eucaristia?!
Il Signore ci perdoni e ci aiuti.
"Non sono i sani che hanno X Domenica del tempo ordinario - 5 Giugno 2005
bisogno del medico, ma i malati". Matteo 9, 9-13
"Misericordia Io voglio e non sacrificio".
Per noi è scontato che chi sbaglia deve impegnarsi, con tutte le sue forze, a cambiare, a correggersi, a tentare di migliorare.
Per noi è scontato che il peccatore deve scontare il proprio peccato, convertirsi, mettere tutto il suo impegno per cambiare il proprio modo di vivere.
E abbiamo il conforto di quasi tutte le religioni del mondo. In ogni angolo della terra, voi potete leggere di lunghi processi ascetici per liberarsi dal male; di riti complicati per espiare le proprie colpe.
In quasi tutte le religioni si parla del volto severo e irato di Dio verso chi ha sbagliato, si insiste sul castigo che incombe sul peccatore, castigo in questa vita e nell'altra vita; il pericolo dell'inferno o di una espiazione lunga e dolorosa: tutto questo per spingere l'uomo a un impegno serio, per evitare il male o per convertirsi.
La prospettiva del Vangelo è radicalmente diversa e non pensate che sia a buon mercato! Perché questa mentalità dell'espiazione, dell'impegno, dello sforzo, è profondamente radicata nella mentalità degli uomini e, in fondo, anche nella nostra...
Se volete intuire qual è la prospettiva del Vangelo, provate a mettervi davanti non a un peccatore, ma a un malato.
Immaginate di trovarvi di fronte a un malato grave; un malato che abbia - che so - un tumore o una forma di quella malattia grave, che oggi abbiamo imparato a conoscere un po' di più, che è la depressione. Cosa gli direste: "sforzati, datti da fare, impegnati, fa di tutto per liberarti del tuo malanno"!? O non andreste piuttosto a cercare un buon medico, che possa mettersi vicino per dirgli: "Abbi fiducia, t'aiuto io! Ci sono le medicine, è possibile per te la guarigione".
E oggi è possibile - sia detto questo tra parentesi - per la maggior parte dei tumori guarire. È possibile uscire da forme più o meno gravi di depressione: è possibile! Ma avete bisogno non di qualcuno che ti dica: "Coraggio, forza, impegno, datti da fare...!". Avete bisogno di un buon medico che ti dia, soprattutto, fiducia e speranza.
Ecco il Vangelo di oggi!
"Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati… non sono venuto a chiamare i giusti, ma per i peccatori".
Gesù si siede a tavola con loro, come a mettere una mano sulla spalla, per dire: "Guarda, è possibile... è possibile per te!".
È possibile per Matteo, che Gesù incontra seduto al banco delle sue ruberie, del suo disinteresse per gli uomini: è capace di mandare la gente in prigione pur di far soldi.
È possibile per Zaccheo che Gesù cerca là sull'albero e gli fa intravedere un altro mondo: la possibilità della giustizia, della misericordia, della tenerezza: è il "medico" che si fa vicino al "malato" e gli mette nel cuore la possibilità di un altro mondo, la speranza di una dimensione diversa della vita.
E il Vangelo sottolinea: "Andate a imparare che cosa significhi: Misericordia Io voglio e non sacrificio... ". Non serve principalmente lo sforzo, l'impegno - verrà dopo, perché c'è bisogno anche di quello - ma prima di tutto serve che qualcuno ti faccia balenare davanti la misericordia, la tenerezza, la gratuità, la speranza, la bellezza di un mondo diverso.
Per voi è difficile pensare a un pubblicano, all'esattore delle tasse di un tempo, a Matteo, a Zaccheo... pensate a un ragazzo che è sempre vissuto in un ambiente mafioso, che ha conosciuto la pesantezza della mafia, dell'ingiustizia, della violenza quotidiana... è inutile che gli diciate: "Sforzati, datti da fare, impegnati...". Ci vuole un "medico" vicino, capace di fargli balenare davanti agli occhi il senso di una vita diversa, la possibilità di essere uomo in un altro modo, in un mondo in cui non conti il denaro, la potenza, la forza, la violenza sull'altro; ma in cui conti la gratuità, la speranza... e non è a buon mercato!
Ed è inutile che alziate - come faceva qualcuno in tempi passati - la voce, che gridiate, che minacciate i castighi e l'inferno: non serve a niente!
Finché non avrete messo nel cuore di quest'uomo la luce di una speranza, la possibilità di credere in un altro mondo, in un'altra dimensione. Finché non gli avrete fatto balenare davanti la misericordia e la tenerezza; non gli chiedete lo sforzo, il sacrificio, la rinuncia: non serve a nulla finché... finché non sentirà accanto a sé il "medico"! Il medico del cuore, il medico dell'anima. Qualcuno che gli faccia intuire che essere "uomo così" non ha senso. Ha senso la gratuità, ha senso la libertà, ha senso la giustizia, l'amicizia, l'amore, la tenerezza, la pienezza della vita. Ah! Potesse credere, veramente, a tutto questo! Trovasse un "medico" che gli metta questa speranza nel cuore...! Allora - come è successo per Matteo e per Zaccheo - la vita cambierebbe, la gioia farebbe irruzione nella sua vita.
Ma non parliamo, soltanto, di gente lontana, parliamo di noi e guardiamoci negli occhi.
Se volete cercare i peccatori, non cercate lontano: guardate me e, se posso coinvolgervi, guardiamoci negli occhi: siamo noi, povera gente!
Ma non veniamo qui per ascoltare rimproveri, minacce, paura dell'inferno; non veniamo qui per essere esclusi dall'Eucaristia: veniamo qui per trovare Qualcuno che ci dice: "Venite! Prendete, mangiatene tutti... tutti! perché Io son venuto per voi. Sono venuto per chi ha il cuore pesante, per chi sente di non essere del tutto giusto, per chi sente che ha bisogno di camminare, per chi vuole ancora credere nel bene, per chi vuole sperare ancora".
Per voi, per noi, per me è venuto Gesù! Con noi siede a Tavola. Questa pagina antica del Vangelo non parla di personaggi strani vissuti duemila anni fa: parla di me, parla di noi.
Per noi Gesù si fa Pane, con noi Gesù si siede a Tavola... il "medico" accanto ai malati per darci speranza di guarire: guarire non il corpo - ci pensano i bravissimi medici di oggi - guarire il cuore, guarire dentro, metterci dentro il coraggio di credere nella misericordia, nella giustizia, nella tenerezza, nell'amore.
Il Signore ci aiuti
"Guarite gli infermi, risuscitate XI Domenica del tempo ordinario - 12 Giugno 2005
i morti, sanate i lebbrosi, cacciate Matteo 9,36 - 10,8
i demoni. Gratuitamente avete
ricevuto, gratuitamente date"
Secondo voi cosa è più semplice fare: guarire gli infermi, risuscitare i morti, sanare i lebbrosi, cacciare i demoni; oppure dare gratuitamente quello che gratuitamente si è ricevuto? Credo che per la maggior parte di voi la risposta sia semplice e scontata... per i primi cristiani non è affatto così!
Secondo loro, anzi, è molto più difficile vivere la gratuità, cioè, rendere gratuitamente quello che gratuitamente si è ricevuto, piuttosto che operare cose straordinarie.
E avevano perfettamente ragione!
Avevano intuito quello che è il vero pericolo per il credente in Cristo e, forse, questo non vale solo nella nostra religione, ma in tutte le religioni, anzi in ogni ideologia.
Il rischio è che si cerchi non tanto la gratuità, quanto l'affermazione di sé, il potere: il potere politico, il potere economico e, quelli che di voi conoscono la storia, sanno quanto è stato vero questo per gli uomini di Chiesa... in nome di Gesù sono state accumulate ricchezze immense, sono stati conquistati vasti territori, interi continenti: sempre con la Croce in mano!.
Ma non è solo il potere economico è anche il potere delle idee: si vuole imporre agli altri, a volte, addirittura con la forza, il proprio dogmatismo, il proprio modo di pensare... È successo dal tempo degli inizi del Vangelo fino ai nostri giorni, a volte, con lotte feroci. Ciascuno cercava di imporre il proprio modo di vedere e di pensare agli altri.
Ma perché è così difficile vivere la gratuità? Ve lo siete mai chiesto?
Per quello che ho capito io è difficile vivere la gratuità perché siamo impastati di bisogni! Perché tutta la natura è basata sulla ricerca del proprio interesse.
Quello che noi siamo: le nostre mani, i nostri occhi, i nostri piedi sono il frutto di una lunga evoluzione in cui quello che serviva, quello che era utile, quello che giovava andava avanti... l'inutile, il gratuito veniva scartato! E questo non vale soltanto per noi, vale anche per gli alberi, il colore dei fiori, vale per lo splendore delle ali delle farfalle.... Tutto questo è il frutto di una lunga evoluzione in cui l'unica legge è l'interesse, il prevalere sugli altri, lo sfuggire al predatore, il saper predare meglio e, allora, l'animale che corre di più vince e quello che corre di meno è sconfitto e sparisce, non c'è pietà.
Siamo impastati di bisogni… pensate anche ai rapporti tra di noi: quanto è difficile, a volte, anche in casa, anche in famiglia vivere la gratuità, il disinteresse, l'andare aldilà del proprio interesse, dei propri bisogni...
I bambini che sembrano così belli, innocenti, teneri, sono impastati di un egoismo così profondo che, a volte, diventano crudeli. Crudeli nei confronti dei loro coetanei, crudeli nei confronti dei fratellini più piccoli, crudeli nei confronti delle mamme...
Non è colpa loro, è che siamo fatti così! Ma allora dove trovare la gratuità?
Eppure, a riandare indietro nell'esperienza della vita, ti accorgi che la gratuità è un'esperienza rara ma, quando la fai, ti sembra di toccare il cielo con un dito, ti sembra di toccare il cuore stesso della vita.
Vedete, quando ero ragazzo, non avevo nessun interesse per lo studio; studiavo, soltanto, per non essere bocciato, per avere un voto, per paura del castigo dei genitori, per non far loro del male… e studiare era un peso e studiavo il meno possibile: mi piacevano altre cose!
Quando, poi, in un certo periodo della vita, ho provato passione per certe materie, ho scoperto la bellezza delle cose che studiavo, allora, il voto non m'interessava più. L'esperienza dello studio che, a volte, si prolungava nella notte, diventava un'esperienza appassionante, un'esperienza viva, profonda; in cui toccavo con mano la bellezza di scoprire, di intuire qualcosa di nuovo...
E questo che vale per lo studio, vale anche per i rapporti umani.
A me - ma penso anche alla maggior parte di voi - è capitato di fare esperienza di amicizia gratuita, di tenerezza, della mano tesa in maniera assolutamente disinteressata, della vita condivisa per la gioia di condividerla... e non vi sembra l'esperienza più bella, più profonda, più ricca, quella per cui vale la pena di vivere?
E, anche con Dio - ci avete mai pensato? - spesso, i nostri rapporti sono rapporti di interesse. Gli chiediamo che le cose ci vadano bene, che ci guarisca da qualche acciacco... e, poi, qualche volta, ci capita di intuire nel Vangelo qualche cosa della gratuità di Dio...
Ti incontri con qualche parabola... pensate alla parabola del Padre Misericordioso: il figlio se ne va, sbatte la porta, sciupa tutta la sua vita... torna e si aspetta il rimprovero, si aspetta di non essere più considerato figlio, si aspetta al più di essere accettato soltanto come uno schiavo; ormai pensa che la sua vita sia finita e trova.... trova la "festa": una festa assurda, totale, inconcepibile; la "festa" di una gratuità che va aldilà di tutto, la festa di chi è capace di guardare negli occhi quel figlio, quel figlio che ha sbagliato, che ha sciupato tutto e non chiedergli nulla...!
È il "sogno" di Dio!
Per noi è impossibile! Siamo impastati di "bisogno" nella vita quotidiana, abbiamo bisogno degli altri, abbiamo bisogno di una gratificazione, abbiamo bisogno che almeno gli altri ci dicano "grazie"!
Dio, forse, è la gratuità totale! Il gratis assoluto!
E, - se ci pensate - le cose più belle della vita non sono gratis? Vi siete affacciati, in questi giorni, sulla riva del mare? C'è, a causa di un po' di vento che viene dal nord, un mare stupendo, di un colore azzurro straordinario. Qualcuno mi diceva prima della Messa che è stato a vedere montagne straordinarie… lo splendore della natura...
Ma anche la bellezza di chi ti vive accanto, la tenerezza di un bambino, la gioia di un incontro... tutto questo è gratuito! Tutte queste cose noi non le abbiamo fatte: non abbiamo fatto il mare, il sole, i fiori, gli alberi, la gente... tutto questo nella nostra vita è venuto come un dono!
È possibile per noi vivere questa gratuità? Forse è solo il "sogno" di Dio! Forse solo Lui conosce la gratuità totale, forse solo Lui può rispondere al male con la "festa", forse solo Lui può moltiplicare la vita così, soltanto per moltiplicarla!
A noi, forse, non è possibile! Eppure continuiamo a venire qui, a nutrirci di Lui, che si fa Pane e non ci chiede nulla: ci chiede, soltanto, di condividere la vita, di camminare insieme, di esprimere la gioia, di vivere, o di tentare di vivere, un pizzico di gratuità nei nostri rapporti.
Non ce lo chiede per un suo interesse, non ce lo chiede perché possiamo così acquistare meriti e guadagnarci il premio… solo perché è bello. Quando un papà chiede la gratuità a un figlio, non la chiede per sé, la chiede perché faccia esperienza della bellezza della vita, del suo cuore più profondo, faccia esperienza di DIO!
È quello che tentiamo di fare qui e, poi, non vi preoccupate se non riusciamo a viverla ogni giorno: è più grande di noi, non sarebbe il "sogno di Dio", non sarebbe la presenza di Dio che attraversa la nostra vita.
Dio è gratuità! E noi tentiamo di "dare gratuitamente quello che gratuitamente abbiamo ricevuto"! Ma è quasi impossibile!
Il Signore ci aiuti.
"Non temete coloro che XII Domenica del tempo ordinario - 19 Giugno 2005
uccidono il corpo....". Matteo 10, 26 - 33
Ci sono delle esperienze che segnano, profondamente, il cammino di fede di una persona, la sua comprensione di certe pagine del Vangelo.
A me, una di queste esperienze è accaduta, ormai, parecchi anni fa, quando sono andato in Brasile a trovare un mio amico che era, da qualche anno, parroco in una delle parrocchie dell'estrema periferia di Rio de Janeiro, tra la gente più povera di quel paese.
Avevo raccolto vari foglietti come questo... si usavano là la domenica e, come vedete, in cima al foglietto c'è qualche frase di commento... Lì, spesso, venivano riportati dei brani delle lettere di qualche vescovo... e, avevo trovato più volte citata la frase del Vangelo che abbiamo ascoltato stamattina: "Non temete coloro che uccidono il corpo..." e questo mi aveva sorpreso perché noi non siamo abituati... - almeno io non era stato abituato - a questa frase. Nelle nostre omelie, nei nostri foglietti, praticamente, non viene mai citata; eppure lì l'avevo trovata citata parecchie volte!
Allora, ho domandato al mio amico: "perché tanta insistenza su questa frase?". E lui m'ha risposto: "vedi, noi abbiamo l'elenco dei martiri che si allunga quasi ogni settimana; abbiamo martiri tra i vescovi, i sacerdoti, le suore, i laici, i catechisti, la gente impegnata nella vita civile e sociale: un lungo elenco di martiri! Ed è giusto che li onoriamo! Ed è giusto che noi prepariamo la gente al martirio, a seguire il proprio ideale anche a costo della vita!".
Mi sono soffermato a riflettere su quanto questo sia stato importante nella storia della Chiesa... specialmente all'inizio venivano onorati, soprattutto, i martiri. Come penso sappiate tutti, le antiche chiese venivano costruite sulla tomba dei martiri: ed è giusto onorare i martiri! Ed è giusto conservare il rispetto per le persone che hanno il coraggio di dare la vita per i loro ideali, per la propria fede!
E questo non vale solo per la religione... In ogni paese della nostra Italia, voi trovate il monumento ai caduti, spesso, anche loro considerati dei martiri; della gente che per gli ideali della patria hanno saputo sacrificare la propria vita!
Poi, però, qualche volta, come un campanello che ti suona nella testa e ti porta ad andare oltre nella riflessione...
In questi ultimi tempi, spesso, sentiamo parlare dei martiri: la brigata dei martiri di "quello", la brigata dei martiri di "quell'altro", allora pensi: "Ma questo concetto del martirio non è, forse, pericoloso?". C'è qualcuno nel mondo che, in nome del martirio, si riempie di esplosivo e si fa esplodere in mezzo alla gente e, queste persone vengono onorate: gente che si è sacrificata per la patria e la fede!
E allora ti viene da riflettere: ma è così importante la mistica del martirio? La mistica del sacrificio? Non sarebbe importante che gli uomini tentassero di andare oltre? Almeno noi cristiani che viviamo in questo mondo occidentale!
E vorrei farvi, a questo proposito, tre esempi per tentare di spiegare quello che cerco di dirvi stamattina, che è soltanto l'abbozzo di una riflessione, che a me è sembrata abbastanza importante... Vedete, noi abbiamo onorato, giustamente (non mi fate dire cose che non voglio dire) i martiri della resistenza al nazismo: padre Kolbe è stato fatto santo, altri martiri vengono onorati... ed è giusto che conserviamo la memoria di questa gente che ha avuto il coraggio di resistere.
Ma, non vi sembra che sia il caso di cominciare a domandarsi: perché, la maggior parte dei frati, come era padre Kolbe; la maggior parte dei cardinali, dei vescovi; dei cristiani non si è accorta, dall'inizio, del pericolo gravissimo costituito dal nazismo...?! Perché...? Se ne sono accorti alcuni soltanto quando è scoppiato il dramma...! Quando occorrevano i martiri! Non era più importante accorgersene prima?
E quindi, l'educazione del cristiano, non dovrebbe essere volta più che al sacrificio e al martirio, all'attenzione a quello che succede intorno, alla comprensione della vita, all'attenzione dei problemi, alla partecipazione viva e appassionata...?
("Sit venia verbis" - perdonate le parole per chi non conosce il latino - , l'educazione al disinteresse dei giorni scorsi.... non è un crimine da parte della gerarchia cattolica!? - chiudete la parentesi e sottolineate)
Non vi sembra importante non educare la gente al martirio e alla sofferenza senza averla educata prima all'intelligenza, alla partecipazione, all'attenzione ai problemi, alla dedizione a quello che succede nella vita?! Ci possiamo rallegrare dell'intelligenza della gente solo perché la maggior parte non ha capito, non gliene importa niente… e non è la sconfitta, gravissima, di chi ha il compito - prima di tutto - di educare la gente alla comprensione della vita e del mondo?!
Secondo esempio: noi onoriamo ogni anno con cerimonie che si ripetono e, forse, cominciano a stancare, i membri della Resistenza, i tanti martiri che si sono sacrificati per la Resistenza al nazifascismo: ed è giusto farlo! In Italia abbiamo avuto degli eroi: ed è giusto ricordarli! Ma non sarebbe il caso di domandarsi: perché le piazze erano piene di gente che applaudiva? Perché in così pochi si sono accorti dei pericoli, insiti in un certo modo, di far politica; in un certo modo parlare degli altri; in un certo modo di parlare degli Ebrei?
Noi onoriamo come martiri... - e facciamo bene, perché bisogna sempre onorare i martiri! - (ripeto, non mi fate dire cose che non voglio dire) giudici come Falcone, come Borsellino: è giusto onorare i martiri! Ma non sarebbe ora di cominciare a domandarsi: perché abbiamo avuto bisogno di questi martiri?! Perché hanno funzionato così poco e la polizia e lo stato e la politica e la magistratura e, abbiamo avuto bisogno di martiri? Onoriamoli! Ma non è il caso di riflettere: la vita civile, la vita pubblica, la presenza della mafia non è soltanto da affidare a qualche eroe, ma alla partecipazione viva e sentita della gente comune, all'intelligenza, alla capacità di capire!
Dicevano i Santi Padri che il sangue dei martiri è seme di cristiani! Ma non è giunto il momento, dopo duemila anni, di cominciare a dire che il vero seme dei cristiani è l'intelligenza, la capacità di capire il mondo, la capacità di interpretare i segni dei tempi, di rendersi conto di quello che ci succede intorno, la passione per la vita e sociale e civile e politica e umana che dovrebbe contraddistinguere chi crede in Cristo?!
Non ripete Gesù nel Vangelo: "Siete capaci di capire i segni del cielo e della terra, e allora come mai non sapete capire quel che accade in questo tempo?"
Dicevano gli antichi: "Guai a quel popolo che non sa produrre dei martiri!". Non sarebbe il caso di cominciare a dire: "Benedetto quel popolo che non ha più bisogno di martiri!". Non ha più bisogno perché la gente comincia a partecipare, a capire, a interessarsi, a condividere, a studiare....
Mi ricordava qualcuno la bellezza e la grandezza dei ragazzi che, nell'alluvione di Firenze, da ogni parte del mondo, sono venuti a sacrificarsi - qualcuno, addirittura, rischiando la vita - per salvare dal fango e libri e opere d'arte e quant'altro... ammiriamo il loro eroismo! Ma, se ci fosse stato qualcuno, che avesse studiato con attenzione il corso dell'Arno e i guai che si facevano lungo le sue rive: non si sarebbe potuta evitare quell'alluvione?
È giusto educare i giovani al sacrificio di sé, al martirio e non educarli, parallelamente e, forse di più, allo studio, all'intelligenza, alla comprensione, alla partecipazione viva ai problemi che hanno intorno?!
Dobbiamo, proprio aspettare il disastro per suscitare in noi lo spirito di sacrificio e la voglia di martirio! Non è meglio l'intelligenza?
Possiamo sognare un mondo - non fatevi troppe illusioni, per i nipoti dei nipoti dei nipoti - in cui non ci sia più bisogno di martiri? Un mondo in cui c'è gente che prende sul serio la vita di ogni giorno e costruisce una realtà in cui non c'è più bisogno di sacrificio e di martirio?!
Si può sognare un mondo così? Forse si DEVE! Ma non è semplice.
Il Signore ci aiuti
"Chi avrà dato anche solo un bicchiere XIII Domenica del tempo ordinario - 26 Giugno 2005
d'acqua fresca... non perderà la sua Matteo 10, 37-42
ricompensa".
Avrete notato tutti, penso, che il Vangelo di oggi è particolarmente complesso e per tentare di spiegare soltanto qualcosa, ci vorrebbero delle ore; da quello che vedo abbiamo, in parecchi, molto caldo e quindi, conviene farla corta... anche perché devo farmi perdonare della settimana scorsa.
Una strada mi ha insegnato l'esperienza: quando il Vangelo è molto complesso, conviene raccontare qualche storiella...! Qualche storiella che non ha nessuna pretesa di spiegare il Vangelo, ma che, forse, vi permette, più che attraverso lunghe spiegazioni, di intuire qualcosa di importante di quello che c'è in questa pagina.
Vedete, la vita del prete... (la mia vita... ma anche quella di parecchi miei amici) è spesso accompagnata dall'ansia, dalla preoccupazione; non dico proprio dal senso di colpa, ma dal senso dell'inadeguatezza. Ti sembra sempre di non riuscire a comunicare qualcosa alle persone che incontri… le gratificazioni, i riconoscimenti nella vita di un prete - almeno per la mia esperienza - sono particolarmente rari, e quello che, invece, vorrei raccontarvi sono tre esperienze in cui ti sembra che... insomma... non è stato proprio tutto inutile.
Ecco dunque la prima storiella!
Qualche giorno fa, mi capitava di parlare con un signore che mi diceva: "Don Checco, mi sembra di capire che lei mette sempre al centro dei suoi discorsi, della sua fede: la gratuità! La gratuità nei rapporti tra noi e la gratuità nel rapporto con Dio. Lei non insiste mai sul premio e tantomeno sul castigo: vuole togliere ogni paura di Dio. Non parla mai - per esempio - dell'inferno, della punizione, eccetera...! Mi sembra, questo, una cosa importante! In fondo - come dice lei - Dio è gratuità! Poi le voglio ancora dire che qualche giorno fa, mi capitava di parlare con un amico, che mi diceva: "Ma è così semplice! basta andare a sentire le Messe di Don Checco e uno non ha più paura dell'inferno, del castigo e tutto diventa facile!". Gli ho risposto che secondo me non è affatto semplice! Vivere la gratuità nei rapporti tra di noi significa, qualche volta, arrivare fino a perdere la propria vita, fino a sacrificarsi totalmente per un altro. Vivere la gratuità nel rapporto con Dio significa cercare ogni giorno quello che è giusto e buono, non per aspettarmi un premio, non per acquistare meriti, o per paura di un castigo, ma perché siamo appassionati della giustizia, della verità e del bene".
Questo discorso mi ha rallegrato profondamente perché mi è sembrato, una volta tanto, di essere riuscito a comunicare qualcosa di quello che mi sembra avere intuito del cuore stesso della mia fede! L'importanza della gratuità… ma anche quanto sia impegnativo cercare di capire e di vivere ogni giorno la gratuità nei rapporti tra di noi e nel rapporto con Dio!
L'altra storiella è questa!
Mi capitava, qualche anno fa, di passare davanti alla chiesa dopo il matrimonio di un ragazzo della parrocchia - non avevo celebrato io, era venuto un sacerdote da fuori - e ho trovato i ragazzi che erano profondamente indignati e discutevano tra di loro con aria molto seria. Dico: "Perché siete arrabbiati, che è capitato?". Uno dice: "Vedi Checco, il prete ha detto allo sposo che avrebbe trovato la pace e la serenità quando avrebbe smesso di pensare e si sarebbe "affidato"! E continuavano a esprimere tutta la loro indignazione per una sciocchezza simile!
Credo di aver provato poche volte nella mia vita un senso di soddisfazione così! Pensavo tra me: forse, senza accorgercene, qualcosa a questi ragazzi abbiamo comunicato! L'ultima cosa che deve fare un credente è quella di smettere di pensare… e di "affidarsi". Troppi "santoni", troppa gente che pretende di sapere la "verità" gira nella Chiesa! Dio ci ha dato l'intelligenza proprio per esercitarla! Possiamo affidare il nostro cuore a Dio, ma a nessuno sulla faccia della terra! Smettere di pensare è l'ultima cosa che, non dico un credente, ma un uomo possa e debba fare!
E l'ultima storiella, la più semplice ma, forse, la più importante!
Mi capitava.... - ormai son passati anni - dopo la predica sul Vangelo di oggi in cui avevo insistito sull'ultima frase: "Chi avrà dato anche solo un bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli… vi dico: non perderà la sua ricompensa".
Finita la Messa, viene in sacrestia una signora con due bambinetti e mi dice: "Don Checco si ricorda di me?". "Veramente no!". "Io sono Annamaria: ci siamo conosciuti quando facevo la terza media...". Avevo passato... poi mi sono ricordato.... più di un'ora con lei: aveva perso la mamma e viveva un momento di difficoltà, di solitudine... gli avevo dato dei libri; avevamo chiacchierato, tante volte, passeggiando per le vie del quartiere… e aggiunge: "A me, allora, di bicchieri d'acqua ne ha dato più d'uno!".
Da quel giorno io dico: - qualcuno di voi me ne è testimone - "Io ho la "patente" ormai! Quando il Signore mi dirà: "ALLORA!?". "Io qualche bicchiere d'acqua l'ho dato e Gesù ha detto che questo basta!".
E voi l'avete dato qualche bicchiere d'acqua? Forse più d'uno! Basta! Non serve altro! È tutto per oggi!
"...Venite a me, voi tutti, che siete XIV Domenica del tempo ordinario-3 Luglio 2005
affaticati e oppressi ed io vi ristorerò. Matteo 11, 25-30
...imparate da me, che sono mite e
umile di cuore..."
Ormai da qualche anno questa pagina del Vangelo, che io ritengo una delle più straordinarie, una di quelle pagine in cui, forse, si tocca, quasi con mano, il cuore di Dio, è legata a una piccola storia, quasi una parabola... una di quelle parabole così care a chi ha scritto per noi la vita e le parole di Gesù.
È successa, questa piccola storia, qualche anno fa...
Una mia zia di nome Maria, la sorella di mia mamma: una donna semplice che ha vissuto tutta la vita in un minuscolo paesino sperduto sulle montagne dell'Appennino, ha fatto - come mia mamma - soltanto la terza elementare; finché non ha avuto più di 20 anni non è mai uscita dalla sua valle. Ha avuto parecchie fortune nella vita: figli numerosi, sani, intelligenti e buoni; la fortuna di sposare un uomo straordinario, uno dei grandi patriarchi che, ogni tanto, attraversano la storia degli uomini...
Quando era avanti con gli anni, lei, - che è stata una credente molto fervente - partecipava, qualche volta, alle riunioni che fanno i cristiani, in città con la presenza del vescovo e in una di queste riunioni si parlava del Vangelo e un'insegnante diceva che soltanto chi ha una certa cultura, chi ha studiato può, veramente, conoscere il Vangelo!
Mi raccontava qualcuno che era presente, che mia zia si è alzata quasi di scatto e ha gridato... - non era abituata a parlare in pubblico, forse era la prima volta - "Ma che dici! Io il Vangelo l'ho imparato sulle ginocchia di mia zia Rosa che non sapeva né leggere, né scrivere e, come lei, nessuno mi ha più parlato di Gesù!". E poi si è riseduta, il suo grido era tutto lì!
Volete sapere una cosa curiosa? Qualche anno dopo mi trovavo a parlare con due suoi figli, ricordavo questa storia e mi ha colpito il fatto che nessuno di loro la conoscesse! Lei non aveva raccontato a nessuno il suo grido! Quel grido che gli era uscito dal cuore e, di cui forse, si vergognava un po', per aver gridato davanti al vescovo e gli altri cristiani. Aveva gridato la sua esperienza più profonda del Vangelo: il primo annunzio gli era venuto dalla zia Rosa che non sapeva né leggere, né scrivere e come lei non gliene aveva parlato più nessuno!
Questo episodio, questa piccola storia e diventata - ve lo ripeto - per me, come una parabola e ogni volta che rileggo questa pagina del Vangelo mi vengono in mente le tante persone che mi hanno, in qualche modo, fatto conoscere il Vangelo; mi hanno fatto toccare il cuore dell'annunzio di Gesù: persone semplici, di tutti i giorni: ci sono bambini, ragazzi, giovani, molti; tante persone mature, anziani ormai con i capelli bianchi, la testa che comincia a perdere colpi; eppure, nella loro semplicità, mi hanno comunicato qualche cosa dell'annunzio di Gesù, mi hanno fatto toccare con mano il Suo cuore...
Ma non vorrei essere frainteso...! Fra queste persone semplici ed umili ci sono, anche, delle persone straordinarie, dei geni, delle persone che hanno scritto libri grossi così... e che io ho avuto la fortuna di conoscere, persone che sapevano leggere il Vangelo non solo in italiano, ma anche in greco, che conoscevano tante lingue antiche, ma che comunicavano il loro sapere con semplicità, con la voglia di cercare, gente che non imponeva mai il proprio sapere... gente che non pensava di condensare il mistero di Dio nelle piccole domande del Catechismo! Ci vuole altro! Ci vuole un cuore appassionato capace di cercare, ci vuole qualcuno - può essere anche un bambino - che ti apre il cuore sulla Luce di Dio... ti fa intuire qualcosa del mistero di Dio!
Vorrei dirvi anche di un'altra fortuna che ho avuto nel lungo cammino della mia vita: incontrare sapienti che mi hanno tolto dal cuore i pesi; i pesi che, a volte, un certo tipo di cultura mette sul cuore degli uomini; i pesi che, a volte, mette la saccenteria di chi pensa di sapere tutto di Dio, di chi pensa di sapere cosa Dio proibisce o permette; cosa Dio vuole o non vuole... tanta gente mette sul cuore un peso! E non ti fa sperimentare che il cuore di Gesù è mite e dolce, che il Suo carico è leggero...
Se c'è un rammarico che mi porto dietro nella mia vita di prete è di non essere riuscito in molti casi... - qualche volta ci sono riuscito ed è come toccare il cielo con un dito - di togliere tanti pesi dal cuore della gente; tanti pesi costruiti da una cultura religiosa, a volte, pesante.
Rileggetevi, qualche volta, questa pagina straordinaria! Questo grido che esce dal cuore di Gesù! : "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi e Io vi ristorerò… imparate da me, che sono mite e umile di cuore... il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero".
Non le dico io queste cose, le ha dette LUI! Venuto a camminare in mezzo a noi per togliere ogni peso dal cuore, per farci capaci di incontrare Dio, la Sua gratuità, con la Sua tenerezza, la Sua dolcezza.
È il vangelo! Il Vangelo che ho imparato a conoscere attraverso tanti piccoli incontri, tante piccole storie, che mi hanno fatto toccare con mano il cuore, la luce, la tenerezza di Dio!
Il Signore aiuti anche voi a fare sempre di più un'esperienza così! E diffidate dei "sapienti", dei saccenti, qualunque nome abbiano sulla terra. Il cuore di Dio è più grande del nostro cuore e, per fortuna, Gesù è venuto a parlarci del cuore di Dio!
Il Signore ci aiuti.
Ecco, il seminatore uscì a seminare… XV Domenica del tempo ordinario - 10 luglio 2005
Matteo 13, 1-9
A volte, per intuire il cuore di una pagina del Vangelo, più che lunghi discorsi, serve un piccolo volo con la fantasia: è quello che vi invito a fare oggi, tentando di immaginare come è nata, nel cuore e nelle parole di Gesù, questa parabola. Venite con me, facciamo un volo indietro di quasi duemila anni, ci spostiamo là in Palestina, sulle rive del lago di Tiberiade; ci ritroviamo a settembre in una giornata piovigginosa, c'è il vento forte, il lago è mosso, i pescatori non son potuti uscire, come al solito, a pescare: sono in una capanna con Gesù, intorno al fuoco, parlano del più e del meno… il tempo è quello che è, i pensieri, come spesso succede, si fanno un po' tristi.
Qualcuno comincia a dire: "Gesù, ma ti rendi conto, noi qui stiamo lavorando invano: Tu ci hai chiamato ad una grande missione, noi ti abbiamo seguito con entusiasmo, ma passano i giorni, le settimane, i mesi, ci sembra di non riuscire a combinare niente: parliamo, ci diamo da fare, ma… i capi del popolo, come sai, ormai ci sono ostili, ti cercano per metterti in prigione, ma non è questo il vero problema, il problema è la gente: qualcuno all'inizio ci segue con entusiasmo, poi subito si stanca… nonostante tutto il nostro impegno, non cambia nulla".
Un altro aggiunge: "A te non viene, qualche volta, la nostalgia del piccolo paese di Nazareth, non rimpiangi la bottega di falegname in cui ha lavorato per tanto tempo".
Gesù, mentre ascolta, ripensa a Nazareth alla sua gente a quegli anni, ormai lontani, della sua giovinezza: certo aggiustare sedie, riparare ruote di carro è molto più semplice che tentare di comunicare alla gente alcuni dei valori fondamentali della vita. Ci pensa un momento con nostalgia, mentre continua ad ascoltare i discepoli, che un po' sfiduciati, seguitano a dire: "Signore, ma non è meglio che lasciamo perdere, non è meglio che ciascuno di noi faccia il suo mestiere… lasciamo fare a Dio… ci penserà il Padreterno a fare andare avanti questo mondo. La gente non ci ascolta, nessuno ci segue, nessuno prende sul serio le nostre parole…"
Gesù li lascia sfogare un po', perché sono stanchi: sono ritornati dalla loro missione ed effettivamente sembra che abbiano concluso poco; anche a lui sembra di non avere un grande seguito… qualcuno dei discepoli se ne va.
Ad un certo punto dice: "Guardate lassù sulla collina, vedete c'è il nostro amico Giovanni: sta seminando il suo grano, sulla magra terra dei suoi campi: un po' del seme gli cade tra le pietre, poi vengono gli uccelli a mangiarselo, un po' cade tra le spine e rimane soffocato. Voi lo conoscete, potete immaginare l'ansia del suo cuore, ce ne ha parlato tante volte, ogni anno è lo stesso: chissà se spunterà il grano, chissà se ci sarà un po' di raccolto?… ma poi, lo sapete, ormai sono vari anni, invita anche noi, andremo a dargli una mano… il prossimo giugno saremo là e parteciperemo alla grande festa della mietitura: canti, suoni, balli, sull'aia la sera, per la grande festa del raccolto.
Ecco, vedete, per noi è come per Giovanni: lui sparge il suo seme, si porta l'ansia nel cuore, a volte gli sembra che gran parte del suo lavoro, possa andare perduto… ma poi, sapete, c'è la grande festa della mietitura. Il problema è che il seme sia quello giusto e che noi continuiamo a spargerlo con pazienza e coraggio. E non abbiate paura un giorno anche le nostre parole, i nostri sforzi porteranno i frutti".
Noi siamo qui, duemila anni dopo - questa non è più fantasia - riuniti nel nome di Gesù. Se Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni non avessero continuato a ricordare e poi a raccontare le Parabole di Gesù, noi non saremmo qui. Tanti semi si sono persi nei solchi complicati della storia del mondo, eppure molti continuano a portare frutto.
E dopo gli apostoli tanta gente ha continuato a spargere i semi della giustizia, della tenerezza, dell'amore. In questi giorni, la sera mi capita di ascoltare alla radio un po' della storia di Tommaso Moro e del suo amico Erasmo da Rotterdam, due grandi figure del cammino dell'umanità e anche della fede cristiana, uno messo a morte, l'atro emarginato, spesso dimenticati, eppure se certi valori sono vivi nel mondo di oggi lo dobbiamo a loro e a tanta gente come loro.
L'importante è che i semi siano quelli giusti. C'è tanta gente che, con passione, ha continuato a seminare, anche quando il cuore si faceva pesante, anche quando le speranze sembravano venir meno… questo discorso, badate bene, non vale solo per un povero prete come me, che in questi giorni ricorda il quarantaquattresimo anniversario della sua ordinazione e che tante volte ha conosciuto momenti di stanchezza e di sfiducia… la gente, a volte, ha il cuore duro, sembra non ascoltare, non tanto me, ma il Vangelo; a volte il mondo è pesante… questo dunque non vale solo per me, ma anche per voi, per i papà, per le mamme… quante volte vi siete detti: cosa avrò comunicato ai miei figli, ai miei nipoti? Vale per gli insegnanti, vale per chiunque in questo mondo ha tentato di portare qualche seme di giustizia, di onestà, di rettitudine; il coraggio di vivere con passione, cercando la verità e il bene, giorno per giorno, in un mondo che, a volte, ci appare veramente molto difficile. Il problema del credente, di chiunque creda in qualcosa - non parlo solo della fede in Dio - è di continuare a seminare, con la fiducia che i semi porteranno i loro frutti.
Non lo dimenticate: noi siamo qui perché qualcuno ha avuto il coraggio di seminare. Ogni tanto nel mondo spuntano frutti di giustizia… non vedremo la grande festa della mietitura, forse nessun uomo è destinato a vederla, ma qualche fiore che sboccia, qualche seme che porta frutto, possiamo vederlo anche noi, per conservare nel cuore la speranza.
Guardate anche voi Giovanni, là sulla collina, che faticosamente sparge il suo seme in una uggiosa sera di settembre e sognate anche voi la grande festa della mietitura: è il Vangelo di oggi.
Il Signore ci aiuti.
Il regno dei cieli si può paragonare XVI Domenica del tempo ordinario-17 Luglio 2005
ad un uomo che ha seminato del Matteo 13, 24-43
buon seme nel suo campo... ma
il suo nemico seminò zizzania in
mezzo al grano.
Ci sono degli episodi, delle esperienze che segnano profondamente l'avventura di un credente. Una di queste esperienze è accaduta a me, tanti anni fa. Era venuto, nella parrocchia dove ero parroco, un sacerdote dalla lontana Spagna, a studiare la storia qui a Roma: Giuseppe Marquez, si chiamava.
Un giorno, parlando con lui, sostenevo, con l'impazienza dei giovani, che la Chiesa doveva ritrovare il coraggio della scomunica! Pensavo forse a qualche mafioso, a qualche politico particolarmente corrotto... bisognava che la Chiesa ritrovasse la forza, il coraggio di scomunicare! Lui mi ha risposto seccamente: "Ricordati, Checco, hanno scomunicato sempre quelli sbagliati!". Aveva perfettamente ragione!
Qualche tempo dopo, un amico, che era parroco qui a Roma, mi diceva che si può diventare tolleranti soltanto se non si crede più fino in fondo! Eravamo giustificati, penso, io e il mio amico perché, da una parte non conoscevamo la storia e dall'altra non conoscevamo il Vangelo!
Perché se avessimo conosciuto la storia avremmo saputo che, tante volte, l'intolleranza... - e badate, non soltanto l'intolleranza religiosa - ha impedito a qualche idea che sbocciava di affermarsi.
Ci sono state persone che sono state bruciate sul rogo proprio perché portavano qualche cosa di nuovo o, perché avevano delle intuizioni... Ho consigliato, più volte, di andare in pellegrinaggio a "Campo de Fiori" - anche perché nei dintorni ci sono posti bellissimi - a venerare la statua di Giordano Bruno, bruciato sul rogo, con la mordacchia in bocca, perché non potesse parlare fino all'ultimo... lui, che, nelle sue follie, aveva intuito qualcosa di straordinario...
Ma anche nel campo della scienza: sono stati emarginati, perseguitati studiosi soltanto perché dicevano che bisognava lavarsi le mani in sala parto: il coraggio di insistere li ha portati a salvare la vita di molte donne e di molti bambini, soltanto lavandosi le mani.
Se avessimo conosciuto il Vangelo, avremmo saputo... - e la parabola di oggi ne è testimonianza - che Gesù ha sempre parlato di tolleranza! E non perché non ci credesse… anzi perché credeva fino in fondo "nell'uomo", nella vita; non nei principi astratti, nelle tradizioni, nelle regole, ma "nell'uomo"! E la Sua paura, il Suo timore era che venisse strappato insieme alla "zizzania" un po' del buon grano!
Il discorso della tolleranza è molto complesso... Ma provate, un pochino, a domandarvi: perché, tante volte, nel corso della storia l'intolleranza ha dominato lo spazio della vita degli uomini? Nella vita degli uomini religiosi, forse, più che negli altri, perché l'uomo religioso crede di avere la luce dall'alto, crede di parlare in "nome di Dio".
Da dove viene questa intolleranza?!
Io credo che in gran parte venga dalla paura! Dalla paura di perdere qualcosa; non di perdere i valori in cui si crede, ma di perdere la propria identità, le proprie sicurezze, le proprie tradizioni e allora, bisogna costruire dei "nemici". La paura genera spesso il fanatismo e col fanatismo la mancanza di lucidità! Ci sono, anche oggi, persone che rischiano di farci perdere il senso della realtà, il senso di quello che ci accade intorno, il senso della storia e ci mettono paura… e quindi, rischiamo di diventare intolleranti.
Un tempo, almeno qui da noi, spesso la religione era causa di intolleranza, la gente ascoltava i preti, li pigliava sul serio... oggi rischiamo di pigliare sul serio i giornalisti e non so se sia molto meglio!
Il rischio è sempre quello: perdere il senso della realtà, non capire quello che succede intorno, farsi prendere dalla paura e non essere più capaci di giudicare, con lucidità, quello che accade... Non è questione di fede: è questione di intelligenza, è questione di capacità di giudizio!
Vorrei...- perché possiate rifletterci, ma lo faccio con un po' di timore… avevo deciso di non farlo, poi ci ho ripensato: forse è bene, ma vorrei che non mi prendeste troppo sul serio - darvi dei numeri... ricordandovi che nella santa Chiesa di Dio e nel mondo italiano, che è molto "cattolico", i numeri sono odiati: si ragiona per ideologie! Amate i numeri e, qualche volta, teneteli davanti!
Quanti morti ci ritroviamo a piangere per gli attentati di Londra? 55, ed è una cosa terribile! Si sono spese sui giornali, alla radio, in TV, tante parole; si invocano procedure straordinarie, in Francia, in Italia, in Germania! Dovunque sembra che cresca la paura e con la paura rischia di crescere l'intolleranza!
Sapete quante persone, l'anno scorso, solo in Italia, sono morte per incidenti sul lavoro? 1.500 circa.
Sapete quante persone, l'anno scorso, in Italia, sono morte per incidenti stradali? circa 8.000. Sapete l'anno scorso, nel mondo, quanta gente è morta per la malaria? circa un milione.
Non so darvi notizia su quanta gente, l'anno scorso, è morta per fame, ma i numeri sono grandi!
Sapete quanta gente, l'anno scorso è morta per AIDS nel mondo?: circa 3 milioni ed anche in Italia non sono pochi.
Con chi dobbiamo prendercela?! Verso chi rivolgere la nostra intolleranza, la nostra rabbia? Di chi, o di cosa, dobbiamo avere veramente paura?
Ed è poi giusto fare di "ogni erba un fascio"? Di quei 1.250 circa, che sono morti in Italia per incidenti sul lavoro, molti sono extracomunitari! E di questi extracomunitari, molti, sono mussulmani! E questa gente muore perché viene a fare lavori che i nostri giovani non fanno più! E sono, a volte, lavori pericolosi… e muoiono per il nostro benessere! Quanta gente lavora, in Italia, in lavori che ci sono preziosi, ma che nessuno dei "nostri" fa più... tutte le badanti, i badanti che si occupano dei nostri vecchi, che puliscono... - puntini di sospensione - dei nostri anziani.
Non si può parlare di extracomunitari, non si può parlare di mussulmani: ci sono persone... persone che hanno diritto al nostro rispetto e alla nostra attenzione!
Quando si fa di "ogni erba un fascio" si rischia di non capire più, di non avere più il senso della vita; si rischia di far crescere dentro di noi la paura, l'intolleranza, l'astio; di contrapporre, addirittura, - che è una cosa del tutto assurda, ma c'è chi lo fa - di contrapporre civiltà. Si possono contrapporre civiltà!? Se si potesse, non sarebbero civiltà!
Ecco, un tempo erano i preti: avevano loro quasi il monopolio, oggi ci sono i giornalisti, ma è sempre bene non fidarsi troppo… si rischia di riaccendere i "roghi"!
" Il regno dei cieli è simile a un tesoro XVII Domenica del tempo ordinario-24 Luglio 2005
nascosto… una perla di grande valore..." Matteo 13, 44-52
Abbiamo finito, oggi, di leggere il tredicesimo capitolo del Vangelo di Matteo, tutto dedicato alle parabole. La parabola era uno dei modi che Gesù, con ogni probabilità, preferiva usare per comunicare alla sua gente qualche cosa di importante: simboli, immagini che tentano di lasciare intuire qualcosa del cuore della fede e della vita del credente, anzi dell'uomo in genere.
Forse potreste rileggere - magari sulla spiaggia, prendendo il sole - questo capitolo, facendo attenzione a leggere prima le parabole e poi le spiegazioni che, a volte, sono molto diverse: è un capitolo molto complesso.
Se ho capito qualcosa... le due piccole parabole, che abbiamo letto oggi, quella del "tesoro nascosto" e della "perla preziosa", sono il cuore di questo capitolo e, forse, il cuore della nostra fede, della nostra "morale".
Per tentare di farvi intuire - se mi riesce - qualcosa dell'importanza di queste due parabole, vi racconto un po' delle mie esperienze.
Ho cominciato a studiare, per diventare prete, cinquant'anni fa. Dopo il liceo avevo davanti a me sette lunghi anni di studio per arrivare a diventare sacerdote: sette anni di università...!
Molti di questi anni erano dedicati allo studio della "morale", e pochissimo il tempo dedicato allo studio del Vangelo! Non vi meravigliate, ma a quel tempo era così, adesso, mi dicono, che le cose sono un po' cambiate, ma, mi sembra, non troppo: si dedica molto più tempo allo studio della teologia, della morale che allo studio del Vangelo, a tentare di capire questa Parola, fondamento della nostra fede.
E, dunque, avevo tra le mani - e dovevo preparare esami, più di una volta - tre grossi volumi, scritti fitti fitti, di morale, in cui si cercava di immaginare tutte le possibili situazioni, tutte le possibili circostanze in cui un uomo si poteva trovare, per arrivare a discernere che cosa è giusto, e che cosa non è giusto, che cosa è lecito, che cosa non è lecito, che cosa è permesso e che cosa è proibito nella vita di un uomo; perché la morale riguarda tutti, non soltanto i credenti.
Poi ti accorgevi che la vita... la vita concreta, quella fatta di persone, non di "libri", era diversa da quello che stava scritto; cioè, quella persona di cui si parlava sul "libro", nella vita concreta non esisteva e quindi, quando cercavi di capire che cosa fosse giusto e che cosa sbagliato, il "libro" ti serviva poco!
Ho avuto una grande fortuna... - ma io ne ho avute tante, ve ne ho dato conto più volte - quella che, a un certo punto, era venuto a insegnarci "morale", un professore: un grande personaggio, una persona geniale il quale, ha cominciato a dirci che, la moralità di una persona dipende da quella che lui chiamava "l'opzione fondamentale": cioè una scelta di fondo!
Se tu hai nel cuore, e ci credi veramente, dei valori: la giustizia, l'onestà, il rispetto, la gratuità, il servizio e - se la parola vi piace - l'amore, puoi tentare di capire che cosa è giusto e cosa è sbagliato: nella vita concreta di ogni giorno diventa, non dico più facile, ma possibile. Tenti di conciliare i valori in cui credi con le persone concrete che hai davanti, solo così puoi intuire ciò che è giusto… e poi possibile in una situazione concreta.
Tutto dipende - diceva lui - da quello che hai nel cuore, dalla scelta di fondo che fai… e questo cuore occorre costruirlo! Perché se hai dentro di te dei valori sbagliati, poco validi... rischi di non avere più il senso del bene!
Quello che facciamo, le scelte che compiamo… tutto dipende da quello che abbiamo dentro, dal "tesoro" che c'è nel cuore!
Il Vangelo ne parla più volte! Nelle due piccole parabole di oggi: il "tesoro" nascosto e la "perla" preziosa, in altre immagini… c'è anche una frase che è un po' difficile spiegare: "se la luce che è in te è tenebra, quanto sarà buia quella tenebra!". È vero! Se i valori che hai dentro, se le cose in cui credi, sono valori che hanno poco significato per la vita autentica dell'uomo... pensate, se qualcuno pensa soltanto alla ricchezza, al potere, all'affermazione di sé, che moralità avrà il suo comportamento?
Ecco, tutto dipende da quello che hai dentro, dal "tesoro" che c'è nel tuo cuore, dalle cose in cui credi, dalla luce che illumina il tuo comportamento!
Parecchi anni dopo, mi trovavo ad andare in pellegrinaggio, con alcuni amici, alla piccola parrocchia di Barbiana, là, sulle pendici del monte Giovi, dove don Milani era stato, per tanto tempo, a fare il parroco e soprattutto il maestro e sui muri della scuola c'era ancora, un po' sbiadita ormai, la grande scritta che lui aveva voluto lì, come il cuore della sua scuola, una scritta in inglese: I CARE! Una possibile traduzione è: mi sta a cuore, mi preme, ci credo, ci credo fino in fondo; e quello che lui aveva tentato di comunicare ai suoi ragazzi erano dei valori in cui credere, degli ideali da tenere nel cuore, delle cose che ti premono veramente: tutto - secondo lui - dipende da qui!
E poi l'esperienza... che, forse, ha fatto anche qualcuno di voi nella vita... che cosa è importante per far crescere un ragazzo, in famiglia, nella scuola, per chi si occupa dell'educazione dei giovani: non tanto le regole, i divieti, le proibizioni, i premi, i castighi... quanto il riuscire a mettere nel cuore una luce, dei valori, qualche cosa di valido che prema loro veramente, qualche cosa in cui credere...! Se avete messo qualcosa nel cuore di un ragazzo, se le sue scelte sono motivate da valori profondi, che sente dentro; se crede, veramente, nell'onestà, nella giustizia, nel servizio, nell'amore: sarà un uomo LIBERO! Sarà un uomo libero da tutte le tentazioni... non penserà alla droga, non penserà soltanto al divertimento o a sfruttare il prossimo... avrà dentro di sé qualche cosa che gli preme, avrà un "tesoro" nel cuore!
Ecco, il Vangelo già ne parlava prima del mio insegnante di morale, prima di don Milani, prima di tante persone che ho incontrato nella vita: ma io il Vangelo non lo conoscevo...!
È bello ritrovare in Gesù, duemila anni fa, i valori fondamentali della vita! Tutto dipende dal "tesoro" che hai nel cuore, dalla luce che hai dentro, dalla "perla" preziosa, che pensi di aver trovato: è fortunato se è veramente una "perla" preziosa, se è veramente un "tesoro"!
Il Signore ci aiuti.
"...date loro da mangiare..." XVIII Domenica del tempo ordinario-31 Luglio 2005
"Non abbiamo che cinque pani
e due pesci!” Matteo 14,13-21
Ed Egli disse: "Portatemeli qua".
Il racconto che abbiamo ascoltato si trova per ben sei volte nei Vangeli: ed è un fatto unico! Si trova sei volte perché è riportato dai quattro Evangelisti e nei Vangeli di Matteo e di Marco si trova due volte: cambiano un po' i numeri, ma gli studiosi sono d'accordo che si tratta sempre dello stesso racconto, che viene ripetuto. Questo significa che, per i primi cristiani, questo racconto doveva essere di importanza fondamentale... Perché?
Vedete, sembra che abbiamo letto una storia, un fatto accaduto... Quello che, invece, abbiamo ascoltato è una catechesi: un tentativo di comprendere quel gesto che Gesù ha voluto che fosse nel cuore della fede e della preghiera dei Suoi discepoli: il gesto di spezzare il Pane!
Molti di voi ricorderanno l'episodio dei due discepoli che vanno verso Emmaus, fanno la strada con Gesù, lungo la strada non Lo riconoscono, poi Lo riconoscono allo "spezzare del Pane".
Se leggete il libro degli Atti degli Apostoli e le lettere di Paolo vedrete che fin dall'inizio i cristiani si ritrovano e si riconoscono in questo gesto di "spezzare il Pane". Ogni settimana si ritrovano insieme - questo è il loro modo di parlare - per "spezzare il Pane".
Spezzare il pane era una cosa molto normale: gli Ebrei lo fanno sempre alla vigilia del Sabato; la benedizione del pane, la condivisione del pane era una consuetudine particolarmente solenne anche per gli Esseni; eppure i primi cristiani sentono che a questo gesto Gesù affida un'importanza del tutto particolare: vuole che diventi il cuore della loro Fede...!
Anche perché, quando si scrivono queste pagine, ormai il Tempio è distrutto: non ci sono più i sacrifici, i riti solenni dei sacerdoti ecc... e quindi, tutta la preghiera e, per usare una parola difficile, la liturgia è concentrata in questo gesto: condividere il Pane! Spezzare il Pane e condividerlo.
Ma adesso c'è un problema... che significato ha questo gesto? Perché Gesù vuole dare tanta importanza a questo gesto? E, soprattutto, che valore ha per noi?
Cominciamo a fare una prima considerazione: ce ne sarebbero tante, ma fa caldo e devo dire soltanto qualche piccola cosa, perché il tema, come immaginate, è enorme: si parla dell'Eucarestia!
La prima cosa che vi conviene notare è che, nel corso dei secoli, il gesto semplice di spezzare il Pane si è arricchito di tantissime sovrastrutture: abiti particolari, lingua particolare, riti complicati, tanto che il gesto di ritrovarsi intorno a una tavola (non si vede nemmeno più che sia una tavola) per spezzare il Pane, non si riconosce più. E noi siamo fortunati perché, quando ero ragazzo e fino che non ho avuto venticinque anni, tutto si svolgeva in latino: riti incomprensibili! Adesso le cose sono un pochino... - molto poco - cambiate!
Notate un'altra cosa importante che Matteo vuole sottolineare accuratamente. Questo gesto di spezzare il Pane è collegato alla morte di Giovanni Battista. "Quando udì della morte di Giovanni Battista, Gesù partì..." E lo stesso schema lo ritrovate nell'altro "spezzare il Pane": nell'Ultima Cena. Anche lì ci si ritrova di fronte alla violenza del mondo...
Se leggete qualche pagina indietro, vedrete che non si tratta soltanto della violenza ma anche dell'incomprensione, del dubbio, della difficoltà a credere della gente e anche dei discepoli. Nell'Ultima Cena c'è l'andarsene di tutti, il tradimento di Giuda: questa è la realtà o, almeno, una parte importante della realtà, di fronte alla quale anche oggi ci troviamo.
Se volete parlare di violenza nel mondo, non dovete pensare a Giovanni il Battista, basta che apriate il giornale, anche stamattina, la ritrovate intorno a noi, anche vicino a noi.
Come reagisce il credente alla violenza del mondo? Come reagisce alle proprie difficoltà di credere, ai propri dubbi, all'incredulità della gente, alla pesantezza del vivere...?
Un solo modo: condividere il Pane!
Mettere insieme quello che si ha! "Ma noi abbiamo soltanto cinque pani e due pesci". "Portatemeli qua". Il coraggio di mettere insieme, di condividere quello che si è, quello che si ha… e la vita si moltiplicherà!
Ne abbiamo fatto qualche timida esperienza nel corso della nostra vita: quando siamo stati capaci di condividere nella gratuità, è cresciuta la tenerezza, è cresciuta la bellezza del vivere, dello stare insieme, del condividere la vita, dell'aiutarsi l'un l'altro, del mettere insieme quello che ciascuno di noi si porta dentro, le ricchezze che ciascuno di noi ha.
E allora, potete capire come, per i primi cristiani, questo spezzare il Pane è anche festa, è anche ringraziamento: questo significa la parola Eucarestia! Ringraziamento... ringraziamento per quello che si ha, per il coraggio di cercare insieme, per la voglia di condividere la vita, di tenerci per mano, di conservare la speranza. "Niente - diceva l'Apostolo - può separarci dall'amore di Dio!".
Noi siamo qui tentando di credere e di nutrirci di Gesù e condividere quello che siamo. Abbiamo poco "due pesci, un po' di pane", non importa! Se abbiamo il coraggio di condividere, la vita si arricchisce, si moltiplica: ed è festa! Non cambieremo i destini del mondo! È troppo grande il mondo per noi; ma qualche cosa della festa, della vita condivisa, della tenerezza, dell'amore può arricchire la nostra casa, l'incontro con chi ti sta accanto ogni giorno, la gente che con noi condivide il cammino della vita....
È questo il senso dello "spezzare il Pane".
Per questo ci ritroviamo qui ogni domenica: non per adempiere un rito, non per compiere un obbligo, non per dire soltanto delle preghiere; ma per rinnovare la nostra speranza, il nostro coraggio di credere nella vita condivisa e donata...
E allora capite che la Messa non finisce qui, la Messa è la vita di ogni giorno: è là che si realizza quello che noi tentiamo qui di dire, è là che diventa concreto quello che qui è soltanto simbolo, è soltanto speranza, è soltanto l'invito di Gesù.
Il Signore ci aiuti.
"Tutto quello che legherete sopra XXIII Domenica del tempo ordinario-4 Settembre 2005
la terra sarà legato anche in cielo Matteo 18, 15-20
e tutto quello che scioglierete sopra
la terra sarà sciolto anche in cielo".
La pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, forse più di altre, ci aiuta a comprendere che cosa possiamo cercare e trovare nel Vangelo e cosa, invece, non vi si trova. Avete mai provato a mettere in pratica i consigli - a una prima lettura sembrano semplici - che ci sono in questa pagina del Vangelo?
"Se un tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo tra te e lui solo; se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà prendi con te una o due persone… Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea...".
C'è qualcuno di voi che ha provato a far così? Penso proprio nessuno! Almeno nelle nostre città. Forse un tempo, in qualche villaggio, si poteva fare qualcosa del genere...
Ecco, quello che non possiamo trovare e cercare nel Vangelo sono delle regole di comportamento, delle formule che possono aiutarci a risolvere i problemi della vita quotidiana: questo appartiene alla ricerca della nostra intelligenza, del nostro cuore, alla passione del nostro cercare.
Nel Vangelo possiamo cercare i grandi ideali che stanno a cuore a Dio e uno degli ideali più importanti nel cammino dell'uomo è proprio quello della riconciliazione; del tentare di cercare le strade per andare d'accordo, per vivere insieme imparando a riconciliarci, ad aiutarci, a cercare insieme le vie della pace, del bene, della giustizia, dell'amore: ma - come sapete - è molto difficile!
C'è un fuoco che il Vangelo vuole accendere nel nostro cuore, ma poi la vita, a volte, è complicata e, spesso, dobbiamo ascoltare l'ultima parola di questi consigli: dopo aver provato di tutto, ti devi arrendere e non insistere più! È questa, forse, la cosa che mi è capitato di consigliare di più nel corso della mia vita, ormai lunga...! A volte bisogna dire alla gente: "Basta! dopo un po' che hai provato, smetti!". Altrimenti si rischia di far peggio perché, a volte, riconciliarsi... nella stessa casa, tra moglie e marito, con i figli, tra fratelli, sembra un'impresa impossibile!
Eppure il Vangelo ci invita a cercare ancora, a non stancarci: è questo il "fuoco", il "calore" che il Signore vuol metterci dentro!
Ma se leggete attentamente questa pagina del Vangelo vi accorgete che c'è qualcosa d'altro... c'è un aiuto per tentare di capire chi è Dio, qual è il Suo Volto: e questo, forse, è il vero motivo per cui un credente apre il Vangelo.
Avete provato a riflettere sulle parole: "Tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo...!" Quando ero ragazzo mi dicevano che queste sono parole semplici (per certi preti, per certi cristiani è semplice: basta aprire il Vangelo e c'è la soluzione a ogni problema!). Mi dicevano: "È chiaro quello che è scritto qua! Se hai commesso qualcosa, vai dal prete e ti confessi; lui ha il potere di scogliere e di legare: ti dà l'assoluzione e stai a posto!". Ci vuole altro! Se ho litigato con mio fratello e non riesco a far pace, posso andare dal prete non una ma mille volte: non si scioglie niente! E, come non si scioglie qui, non si scioglie nemmeno "là"! Non c'è assoluzione, non ci sono indulgenze, non ci sono storie che tengano: il compito di cercare la pace è nostro!
Il compito di tentare di rendere il mondo un po' migliore è di ogni credente, senza scorciatoie e senza pensare che Dio possa intervenire come un "mago" con la bacchetta magica: è compito nostro essere "sentinelle" - come dice il Profeta - tentando di guardarci intorno, di capire quello che accade e di "sciogliere" qualche nodo delle tante complicazioni della vita: non è semplice direte voi! Lo so! Per questo il Vangelo insiste: "Se due di voi sopra la terra si accorderanno…". Già questo sarebbe un passo per risolvere il problema!
A volte non riusciamo a metterci d'accordo, ci manca il coraggio della conciliazione, della ricerca appassionata del bene.
Ecco, il Vangelo ci riunisce qui per ricordarci questo: la passione per la vita, l'essere come "sentinelle" appassionati della pace, il mettere nel centro del nostro cuore l'amore, di cui ci parlava l'Apostolo Paolo...
Per questo ci ritroviamo qui: non per invocare un Dio che venga a risolverci i problemi, non per compiere riti magici che portino pace nel cuore, ma per tentare di rendere presente in mezzo a noi il Dio che è venuto a condividere la nostra vita, che ci cammina accanto, anzi che ci cammina davanti; non come un "mago", ma come Uno che condivide la vita, che si fa Pane, che dona Se Stesso, che ci aiuta a cercare ancora, a non stancarci mai; il Dio che cammina con noi per darci tutta la dignità di essere uomini, senza scorciatoie, senza soluzioni semplici, con il coraggio di cercare, con la passione per il bene: e non è semplice!
Ma per questo ci ritroviamo qui ogni domenica e non veniamo una sola volta, perché il cammino dell'uomo non è semplice e bisogna non stancarsi mai di cercare, di camminare, intuire qualche cosa della vita, di tentare di fare il mondo un po' più bello di come l'abbiamo trovato.
Il Signore ci aiuti.
"Signore, quante volte dovrò XXIV Domenica del tempo ordinario-11 Settembre 2005
perdonare al mio fratello?". Matteo 18, 21-35
Avete mai provato a fare il riassunto della pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, così come facevamo quando andavamo alle elementari?
"Quante volte dobbiamo perdonare ai nostri fratelli? Fino a sette volte? No! Fino a settanta volte sette!". Proprio come il "Padreterno", il quale ti perdona una volta e la seconda "te cionca". Sì! Perché la parabola parla di un re che perdona la prima volta e la seconda caccia il servo in prigione finché non abbia pagato tutto il debito.
Questo, forse, vi aiuta a capire la enorme complessità del tema del "perdono".
Ho detto più volte... nella mia lunga esperienza di prete che, dal vocabolario cristiano, bisognerebbe abolire questa parola perché è causa di grande ipocrisia! È fonte di tante parole senza senso...
Vediamo, se mi riesce, di darvi degli spunti per pensare a cosa può esserci dietro la parola "perdono" e, forse, a convincervi che sarebbe bene non usarla più!
Avete mai fatto esperienza voi personalmente o avete parlato con qualcuno che si porta nel cuore un rancore profondo verso un'altra persona, per qualche torto subito, da lei o da qualche figlio o parente? E che non riesce a dimenticare e ogni volta che gli torna in mente questa persona prova un rancore profondo, una grande rabbia, che non riesce a mandar via… a volte si sveglia di notte e ancora ci pensa, è come un incubo... e, forse, a questa persona qualche prete o qualche cristiano particolarmente "pio" ha detto: "Se non riesci a perdonare non sei un bravo cristiano!".
Perché quasi nessuno spiega ai preti e ai cristiani pii che noi dei nostri sentimenti non siamo padroni! E che potete dire a questa persona, non una ma mille volte: "Dimentica, perdona, non ci pensare, lascia perdere!"… non ci riesce, non può riuscirci, ogni sforzo è inutile, l'ultima cosa che conviene fare in questi casi è aggiungere il senso di colpa: "Se non perdoni, non sei cristiano!".
Cosa significa perdonare in questo caso? Forse dimenticare? Non si può! Forse far finta che non sia successo niente? Non si può! C'è qualche cosa dentro che ti rode, che ti fa rabbia, che vorresti che non ci fosse più, ma rimane! E chiunque ti dice di "perdonare" non fa altro che metterti un altro peso sul cuore...
Oppure, vi è mai capitato di provare un senso di sgomento, di rabbia, guardando in televisione, qualche giornalista che mette il microfono sotto la bocca di qualcuno e gli chiede: "Tu perdoni...?" magari a una madre a cui uno, correndo come un pazzo in macchina, ha ucciso il figlio... Che può significare "perdono" in quel caso? Non pensarci più? Ma si può...? O fare come se niente fosse successo? E quel figlio, a quella mamma, non glielo può ridare nessuno! Io mi meraviglio sempre che non ci sia qualcuno che strappi di mano il microfono al giornalista e glielo sfasci in testa...! Chissà perché? Forse perché abbiamo troppo rispetto per i giornalisti...!
Ma, sull'altro versante della vita vi è mai capitato di incontrare... - o, forse, avete fatto voi questa esperienza - di parlare con due persone che, dopo un litigio, dopo una rottura durata per un certo tempo trovano il modo di riconciliarsi, di spiegarsi, di capirsi? Qualche volta succede tra marito e moglie, qualche volta succede tra genitori e figli, qualche volta succede tra amici...
O, vi è mai capitato di incontrare qualcuno che, dopo una lunga esperienza di vita disordinata, è riuscito a cambiare? Magari un ragazzo che è uscito dal tunnel della droga ed è una persona "nuova", diversa, che può guardare al futuro con occhi sorridenti...
Sono fatti molto rari… ma, allora avete fatto l'esperienza della "festa della vita", della bellezza della riconciliazione. Tutto diventa "nuovo"! Può diventare "nuovo" tra due persone che riprendono la strada insieme... Tutto può diventare "nuovo" in un ragazzo che si butta dietro le spalle il passato e guarda il futuro con occhi nuovi...
Oppure, per ritornare ancora su un altro versante... vi è capitato, qualche volta, di riandare all'esperienza che abbiamo fatto della Confessione quando eravamo bambini? È successo a tutti noi! Andavamo dal sacerdote: "Ho detto parolacce, ho dimenticato le preghiere, non sono andato a Messa la domenica, ho studiato poco...". Quello ci dava una bella assoluzione e tutti contenti uscivamo per ricominciare… a dire parolacce, studiare poco, a non andare a Messa la domenica... non cambiava niente della vita, però il "perdono" era realizzato, ci dicevano, il Signore ci perdonava ed eravamo persone completamente "nuove"!
O, avete provato anche voi un senso di sgomento sentendo persone importanti, magari anche autorità della Chiesa, chiedere perdono per fatti accaduti tanto tempo fa, al tempo di Galileo o quant'altro....
C'era un parroco di Ostia che diceva: "Quando il Papa chiederà perdono non per i peccati degli altri, ma per i propri, arriveremo in Paradiso!". Sono "malignità" di parroci del luogo... ormai Don Nicola non c'è più... era una grande persona, aveva delle intuizioni straordinarie sulla vita e sugli uomini!
Ma è profondamente vero! Che senso ha chiedere perdono per i peccati verso Galileo, fra l'altro continuando, anche oggi, a fare gli stessi: mancanza di dialogo, incapacità di accettare la scienza, di capire il progresso... che senso ha chiedere perdono per cose di un tempo lontano?
Vedete, non è che volevo spiegarvi granché oggi, volevo soltanto darvi degli spunti per pensare, perché sono convinto che è sempre importante tentare di pensare, tentare di capire che cosa può esserci dietro la parola "perdono". Forse niente! Spesso una grande ipocrisia o, forse, qualche volta, la bellezza e la "festa della vita". Ma allora, forse, bisognerebbe usare parole diverse, bisognerebbe pensare in modo diverso, altrimenti, la vita cristiana rischia di essere uno degli "strumenti" più raffinati di educazione all'ipocrisia!
E non è una cosa bella! Il Signore ci aiuti.
"I miei pensieri non sono i vostri XXV Domenica del tempo ordinario-18 Settembre 2005
pensieri, le vostre vie non sono le Isaia 55, 6-4; Matteo 20, 1-16
mie vie".
... mormoravano contro il padrone:
"Questi ultimi hanno lavorato un'ora
soltanto e li hai trattati come noi che
abbiamo sopportato il peso della giornata».
Ho letto, ormai, centinaia di volte il Vangelo di Matteo con dei gruppi di persone di tutte le età e, quando si arriva a questa pagina, c'è sempre qualcuno che scuote la testa o qualcuno a cui questa pagina proprio non va giù! Forse ce n'è anche in mezzo a voi qualcuno che non riesce a digerire questa pagina del Vangelo… siete in buona compagnia!
Ma, dopo essersi consolati con il fatto che "mal comune è mezzo gaudio" bisogna domandarsi: perché? Perché è così difficile per molte persone capire questa parabola?
I più giovani, che hanno spesso un forte senso della giustizia, dicono subito che nessuno può fare quello che vuole delle proprie cose; che bisogna rispettare la giustizia... ed è giusto che chi lavora di più venga pagato di più.
E se poi questa parabola è un'immagine di Dio… a maggior ragione Dio non può fare quello che vuole! Deve seguire la giustizia, insegnare a noi quello che è giusto.
Ma vedete, forse proprio qui è il punto...
Noi continuiamo a cercare nel Vangelo come comportarci nelle cose di ogni giorno... e, certamente, se cercate in questa pagina quali sono i giusti rapporti tra il datore di lavoro e il lavoratore, questa pagina è assurda! È ben giusto che chi lavora di più venga pagato di più! È un argomento a cui molti, oggi, sono sensibili. Nessuno può fare quello che gli pare!
Ma qui non si parla di questo!
Non è in gioco la "giustizia" dei rapporti di lavoro. Se voi aveste chiesto questo a Gesù vi avrebbe risposto, forse, in maniera brusca: "Perché chiedete a me queste cose? Non avete un'intelligenza e un cuore per risolvere questi problemi? Se non siete capaci di fare nemmeno questo che "campate a fare"?
Se poi aggiungete che in questa pagina c'è il problema del premio e del castigo, della giusta remunerazione; allora capite tutta la difficoltà che molti hanno nel leggere questa parabola.
Noi non possiamo vivere, affrontare i problemi della vita senza porci il problema del premio, della giusta remunerazione per chi si comporta bene, per chi è onesto, per chi lavora… e il castigo per chi è un fannullone.
Ma qui non si parla di questo!
Qui si parla d'altro! Qui si parla di Dio, del Suo volto, del Suo cuore, dei Suoi pensieri e, come ci ha avvertito il Profeta Isaia: "i Suoi pensieri non sono i nostri pensieri...". "Come è alto il cielo sulla terra, così i pensieri di Dio sovrastano i nostri pensieri".
Sì, perché Dio abita lo spazio della gratuità, lo spazio che a noi è difficile vivere nei nostri rapporti quotidiani… e qui, della gratuità di Dio si parla!
Il "Padrone" non si preoccupa del premio, del castigo, della giusta remunerazione; a Lui interessa che i lavoratori vengano a "lavorare nella vigna" e, se pensate che la "vigna" è il Regno di Dio e quindi "lavorare nella vigna" significa vivere i valori essenziali dell'essere uomini: la giustizia, l'onestà, la rettitudine, il servizio, la tenerezza, l'amore, l'amicizia... allora capite come a Dio stia a cuore che ogni uomo partecipi alla "festa della vita"... e va a cercarli fino all'ultimo. Va a cercare anche quelli... - forse non ve ne siete accorti - che sono dei bugiardi e dei fannulloni...
Perché il "Padrone" è andato all'alba e poi alle nove e poi a mezzogiorno e quando arriva alle cinque della sera, trova ancora chi dice: "Nessuno ci ha presi a giornata!". Come nessuno li ha presi a giornata? È venuto all'alba e poi alle nove e poi a mezzogiorno e non c'erano! Dove erano? Forse a dormire o all'osteria a bere e giocare! Fannulloni e bugiardi... Eppure Dio non si stanca di cercarli.
A Dio non interessa il premio e il castigo, a Dio non interessa la ricompensa, a Dio interessiamo noi! Ciascuno di noi, anche quelli di noi che sbagliano e Lui viene a cercarci fino alla fine, perché Dio abita lo spazio della gratuità! Uno spazio che, nella vita di ogni giorno, per noi è quasi impossibile...
Se parlate con un datore di lavoro… quelli tra noi che lavorano sanno che devono avere la giusta ricompensa e che una società che non riesce a premiare gli onesti, a dare la giusta ricompensa a chi lavora, è una società profondamente ingiusta e rischia il fallimento.
Ma c'è un altro spazio.... E lo spazio del "cuore", è lo spazio dell'amore, lo spazio della gratuità: è questo lo spazio che sta a cuore a Dio! A Lui interessa che tutti noi, magari alla fine, scopriamo la "festa della vita", la bellezza dell'onestà, della giustizia, della tenerezza, del servizio, dell'amicizia, dell'amore...
Povero quell'uomo che non riesce a scoprire tutto questo!
A che serve per lui il premio, il castigo se non ha scoperto la bellezza della vita; se non è entrato nello spazio della gratuità... per questo Dio, appassionato degli uomini, continua a cercarci e a chiamarci senza stancarsi, fino alla fine… e si fa "festa" in cielo ogni volta che qualcuno torna a "casa", ogni volta che qualcuno torna alla "festa della vita" perché, per Dio, siamo "figli".
Per un padre, aldilà del premio, del castigo, della giusta ricompensa è importante che un figlio scopra la bellezza della vita, partecipi alla "festa", viva la gratuità e l'amore: questo, per noi non è semplice!
Non è semplice nella vita di ogni giorno. Noi abbiamo bisogno dei premi, dei castighi; abbiamo bisogno di stabilire le regole della giustizia… c'è dell'altro! Il cuore di Dio abita altri spazi e verso questi spazi noi siamo invitati a camminare, cercatori di luce, mendicanti di senso, bisognosi di vita! E Dio vuole che viviamo la vita come una "festa" e ci partecipiamo tutti, soprattutto, chi sbaglia.
Non è semplice! Il Signore ci aiuti.
"Figlio, va' oggi a lavorare XXVI Domenica del tempo ordinario-25 Settembre 2005
nella vigna". Matteo 21, 28-32
"Non ne ho voglia", ma poi,
pentitosi, ci andò.
"Chi dei due ha fatto la volontà del Padre?". La risposta è scontata! Certo! Ha fatto la volontà del Padre quello che è andato a lavorare, non quello che ha detto: "Sì" e poi non è andato!
Risposta scontata, come sembrerebbe scontato anche il commento! Io penso che oggi molti cristiani... - forse, anche qualcuno di voi - la maggior parte dei preti faranno una bella predica su come bisogna essere coerenti con quello che si dice... non basta dire "Sì" a Dio soltanto con le parole, bisogna dirlo anche con i fatti...
Vi siete accorti che così abbiamo perso molto del Vangelo? Forse la parte essenziale!
Noi spesso... - mi è capitato di dirvelo più volte - cerchiamo nel Vangelo un insegnamento morale e ci sfugge parte del Vangelo...
Avete notato che questa parabola non è detta per noi, ma per "i principi dei sacerdoti e i capi del popolo"... e avete visto la conclusione?: "I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio".
Vedete, i primi cristiani hanno un problema: molti di loro sono, appunto, ex pubblicani, prostitute, donne di strada, gente che si porta sulla coscienza tanti sbagli... eppure "loro" hanno creduto in Cristo! La loro vita si è rinnovata, hanno cambiato... ed ora sono perseguitati proprio dai capi del popolo, dai capi dei sacerdoti; da quella gente che dice tante parole, che pensa sempre di avere il possesso della verità… fanno grandi celebrazioni, grandi riti, sembrano essere dalla parte di Dio, sanno tutto di Dio, sanno sempre da che parte stia Dio!
1 primi cristiani si domandano: "Ma Dio da che parte sta? Chi è Dio?". Ed è forse questo che dobbiamo cercare nel Vangelo! Molto prima di un insegnamento morale! Lasciatelo dopo, l'insegnamento morale!
I primi cristiani pensano che Dio stia dalla loro parte! Gesù è venuto non a cercare i giusti, ma i peccatori. È venuto per darci il coraggio di cambiare, per metterci sulla strada verso Dio... ed è venuto a difenderci da tutti i "parolai"; da quella gente che pensa di sapere sempre tutto, da chi pensa di avere Dio in mano, da chi parla sempre in nome di Dio! Ed è stato Gesù Lui per primo vittima di "quella" gente!
La parabola è importante, anche per noi; perché è la difesa di tutti i cristiani della storia... la gente comune, i cristiani semplici; quelli che, spesso, son finiti sul rogo...
A leggere la storia della Chiesa è impressionante vedere come spesso i capi del popolo, le autorità, anche ecclesiastiche, hanno esercitato la violenza, la sopraffazione...! Hanno parlato "in nome di Dio" senza sapere quello che dicevano e senza la minima coerenza: l'ipocrisia è qualche cosa di spaventoso nella lunga storia della Chiesa!
Dio si schiera dalla parte dei piccoli, dei deboli, della gente comune, delle vittime!
E non soltanto la storia della Chiesa, la storia del mondo... quanta gente... quanta povera gente, anche oggi, è vittima dei tanti "parolai" della storia; della gente che parla, parla... che proclama giustizia, liberazione, vita, libertà e poi si comporta in maniera completamente diversa, dimenticandosi della povera gente, dei piccoli della terra.
A fianco di questa povera gente Dio viene a schierarsi! Dalla parte "loro", dalla parte dei piccoli, dei poveri. Ecco il nocciolo di questa parabola!
Poi... c'è sempre un "poi" nella riflessione di un credente. Poi i primi cristiani cominciano a chiedersi: "Ma forse che anche noi corriamo questo rischio?". E se leggete altre pagine del Vangelo e le lettere di Paolo vedrete che i primi cristiani sono convinti che questo rischio non è finito con i sommi sacerdoti del Tempio, con il Sinedrio, corre anche dentro la loro esperienza. Anche "loro" corrono il rischio di ripetere gli stessi sbagli, di giudicare gli altri, di cercare i peccatori...
Ed ecco, allora, il passo ulteriore che un cristiano deve fare: "E io? C'entro qualcosa, anch'io, in questa storia? Non capita anche a me, qualche volta, di parlare e non fare, di giudicare gli altri?".
È capitato anche a voi... - forse no, perché siete gente perbene, ma io ne ho ascoltati tanti nella vita per non dubitare - di pregare per i peccatori... i cristiani lo fanno spesso! Siamo abituati, fin da quando eravamo bambini, a pregare per i peccatori: son sempre gli altri...! C'è gente che dice il Rosario - ne ho incontrati tanti - tutti i giorni e ripetono per cinquanta volte: "Prega per noi peccatori", ma pensano sempre di pregare per gli altri.
Raramente i cristiani sono educati… - e lo vediamo anche oggi in questa storia d'Italia, a volte, così volgare - a non pensare che i peccatori siano gli altri... quelli che, magari, non pregano Dio ma Allah! È come se dicessi, che gli Inglesi non pregano Dio ma God! O che i Francesi non pregano Dio ma Dieu! Perché Allah è la parola araba per dire Dio e tutti i cristiani arabi - e ce ne sono tanti - pregano Allah!
Molti cristiani pensano di sapere dove stia Dio, pensano di avere sempre Dio dalla loro parte.
E se Dio stesse da un'altra parte?
Un tempo Gesù diceva: "I peccatori e i pubblicani vi passano avanti nel Regno di Dio". E se oggi dicesse: "Guardate che qualche cinese, qualche mussulmano, molti di quelli "brutti e cattivi" vi passano avanti nel Regno di Dio" avremmo da scandalizzarci? Forse no! Dio guarda il cuore, non le parole; Dio guarda i gesti della vita e c'è tanta gente, in ogni parte della terra, che sa essere buona nei gesti, nella concretezza della vita di ogni giorno. Lo Spirito dia anche a noi di esserlo!
Queste parole, per prima cosa, son dette da Dio per difenderci ma, quando Dio ci difende, ci pone anche delle domande. E allora accogliamo la difesa di Dio… - non è una difesa qualunque, non è la difesa di qualche avvocato, di quelli che vanno per la maggiore in Italia - è la difesa di Dio, ed è importantissima per noi, ma accogliamo anche le domande di Dio: "E voi?".
Il Signore ci aiuti.
Il mio diletto possedeva una vigna... XXVII Domenica del tempo ordinario-2 ottobre 2005
"Quando verrà il padrone della Isaia 5, 1-7 - Matteo 21, 33-43
vigna, che fará a quei vignaioli?"
"Fará morire miseramente quei
malvagi..."
Abbiamo letto alcune delle pagine più sconcertanti della Scrittura. Qualcuno di voi, forse, non s'è accorto di quanto sia sconcertante quello che abbiamo letto...
Questo dipende dal fatto che noi cristiani siamo abituati a leggere il Vangelo senza troppo soffermarci, al più per cercarvi qualche insegnamento morale, che ci aiuti a comportarci bene; senza approfondire, senza porci domande.....
Quando il Vangelo si è letto decine e decine di volte insieme con la gente emergono, pian piano, le domande; emerge tutto lo sconcerto di fronte a queste pagine...
E quindi, se qualcuno di voi, stamattina, rimarrà un po' sconcertato da quello che dico, non si preoccupi! Lo sconcerto, a volte, è utile per pensare, per porci delle domande e per arrivare ad intuire qualcosa di fondamentale della nostra vita... forse di Dio, del Suo Volto, come del nostro cuore!
Abbiamo letto, oggi, due parabole, nel Profeta e poi nel Vangelo, che parlano della "vigna"… La "vigna" - come avete ascoltato - è la gente, siamo noi... È questa "vigna" che Dio coltiva con cura, con attenzione, con passione... è rappresentato dai simboli: "vangare, sgombrare dai sassi, costruire una torre, scavare un tino" son tutti simboli antichi. Questa "vigna" non porta frutto! Si aspettava che "producesse uva buona e ha fatto uva selvatica".
Vedete, potremmo chiamare queste parabole: le parabole del "fallimento" di Dio. Chi è Dio che non riesce a far fruttificare la sua vigna? Perché Dio ha creato un mondo, degli uomini, della gente che non riesce a portare frutti di giustizia, di bene? Dov'è Dio...?
E il Vangelo, forse, è ancora più sconcertante! Perché Dio non riesce a difendere i suoi inviati, che manda a chiedere frutti?! Perché non riesce, addirittura, a difendere "Suo Figlio"? Perché Lo abbandona nelle mani dei malvagi... questi malvagi che "Lo cacciarono fuori della vigna e Lo uccisero"... Ma chi è Dio?
Abbiamo sempre parlato e lo ripetiamo decine di volte nelle preghiere: Dio Onnipotente! Ma dov'è la Sua onnipotenza? Perché tanto male nel mondo? Perché dobbiamo constatare, ogni giorno, il Suo "fallimento"?
Se un contadino non sa produrre uva buona dalla sua vigna; se fa crescere rovi, erbe selvatiche... noi diciamo: "non è un bravo contadino!".
Allora anche Dio non è un "bravo contadino"! Perché? Chi è Dio? Perché fallisce? Perché non si cura, veramente, della Sua vigna? Perché permette tanto male? Dov'è la Sua onnipotenza? Vedete, quante domande inquietanti ci pongono queste parabole!
Ma, d'altra parte, queste parabole... - soprattutto il Vangelo - ci mostra, anche, la durezza del cuore dell'uomo, la violenza che attraversa la vita della gente e che si ritrova... - questo è sconcertante - anche nel Vangelo.
Perché vi dico questo? Perché - forse voi non lo avete notato - qui c'è l'interpretazione di un fatto storico...
Voi sapete che nel 70 dopo Cristo, gli eserciti di Roma, comandati da Tito, sono andati a Gerusalemme, hanno distrutto tutto e del Tempio "non è rimasta pietra su pietra"; migliaia e migliaia di persone sono state sterminate....
Qui c'è un'interpretazione! È la vendetta di Dio. Lui ha mandato il Suo Figlio, Lo hanno preso, buttato fuori della vigna, Lo hanno ucciso... "Cosa fará, allora, il Padrone della vigna? Verrà e ucciderà miseramente": dice la nostra traduzione, ma se leggete il greco, la parola è più forte "verrà e ucciderà senza pietà quegli assassini"
Dio che uccide senza pietà, che si vendica in questo modo! Chi ha scritto queste parole?
Lo hanno scritto le stesse persone che mettono sulla bocca di Gesù sulla croce: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Ma come? Perdona e poi stermina tutti senza pietà!?
E badate che queste parole, pian piano che il Vangelo si continua a scrivere e riscrivere non si addolciscono, anzi… se leggete il Vangelo di Luca che è stato scritto, probabilmente, dopo il Vangelo di Matteo, dopo la frase: "La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d'angolo" - questa pietra è, certamente, Gesù Cristo! - sapete Luca cosa aggiunge?: "Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e colui sul quale essa cadrà rimarrà schiacciato!" Queste sono parole del Vangelo! Più tardi qualcuno le ha aggiunte anche nel Vangelo di Matteo.
Gesù, una "pietra" che sfracella e schiaccia?! Perché i cristiani hanno parlato così? Che c'è nel cuore dell'uomo? Chi siamo? E sapete che queste parole hanno pesato sulla storia del mondo fino ai nostri giorni, in maniera terribile.
Generazioni di Ebrei sono stati perseguitati perché Dio aveva tolto loro il Suo Regno; perché "loro" avevano ucciso il "Figlio" ed erano quindi deicidi, fino ad Auschwitz… e c'è, ancora oggi, dell'antisemitismo che attraversa a ondate la storia degli uomini.
Perché siamo così? Perché tanta violenza? Perché tanta violenza in nome di Dio? Perché tanto desiderio di vendetta nel cuore di chi ha scritto il Vangelo e anche nel nostro cuore?
Vedete, allora, quanto queste parole sono sconcertanti! Chi è Dio? Cos'è il Vangelo? Chi siamo noi? Cosa c'è nel cuore degli uomini?
Provate a porvi qualcuna di queste domande e vedrete che non vi stancherete più di domandare… ma non vi sconcertate! Il cammino dell'uomo è fatto così! Un cammino fatto di domande, di ricerche, di passione per cercare di capire, di intuire, lasciandoci sconcertare e tentando di cogliere dal Vangelo e dalla storia i semi del bene, gli aspetti positivi; tentando di imparare qualcosa anche dagli aspetti negativi, perché venga tolta dalla vita degli uomini un po' di violenza, un po' di male, un po' di quel desiderio di vendetta che, a volte, attraversa anche il nostro cuore.
Non è semplice capire tutto questo! Lasciamoci però, qualche volta, "inquietare" dalla Parola del Signore e continuiamo a camminare cercando la giustizia e il bene.
Il Signore ci aiuti.
Il regno dei cieli è simile a un re XXVIII Domenica del tempo ordinario-9 Ottobre 2005
che fece un banchetto di nozze Matteo 22,1-14
per suo figlio...
Avrete, certamente, notato tutti... - perché, credo, l'esperienza religiosa sia, ormai, per la maggior parte di voi piuttosto lunga - che ci sono vari modi di leggere il Vangelo; vari modi di commentarlo, tutti più o meno legittimi, ma non tutti profondi alla stessa maniera.
La pagina che abbiamo letto oggi, forse più di altre, si presta a notare la varietà di commenti, di interpretazioni, di letture che si possono fare di una pagina.
Quando ero ragazzo - ormai tanto tempo fa, ma, forse, è successo a più d'uno di voi - sentivamo, spesso, commentare questa parabola dai preti, dai catechisti, in genere era un rimprovero: "voi vi preoccupate dei vostri affari, pensate a divertirvi, a giocare a pallone e non venite a Messa..."
Oppure, la seconda parabola che abbiamo letto oggi: Non vi confessate prima di far la Comunione, bisogna avere la "veste pulita", "l'abito per il banchetto di nozze". Un'interpretazione moralistica!
Quando cominciavo a diventare un po' più grande, m'accorgevo che queste parole - come spesso fanno i preti - le dicevano a noi che andavamo a Messa e non agli altri che non ci venivano… andavano, effettivamente, a giocare a pallone o ai loro affari!
Era una interpretazione moralistica, legittima di questa pagina ma, quando ho cominciato a leggere libri che commentavano questa parabola, ho visto che c'era qualche cosa d'altro, qualche cosa di più profondo...
Questa pagina esprime tutta la gioia, l'orgoglio, la soddisfazione... - usate le parole che volete - dei primi cristiani che hanno saputo accogliere l'invito del Signore alla "festa di nozze" per Suo Figlio... loro che sono stati presi dai "crocicchi delle strade", che vengono da "oriente e da occidente" hanno accolto... a differenza degli "altri", di quelli che erano i primi chiamati, a differenza degli Ebrei, dei capi del popolo… l'invito di Gesù.
Come avrete notato - ne abbiamo parlato già la settimana scorsa - questa gioia, questa soddisfazione, come spesso succede nelle religioni, è accompagnata dall'intolleranza, dalla violenza...
Avete ascoltato che il Re, che ha fatto il "banchetto di nozze"… "mandate le sue truppe uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città": è l'incendio di Gerusalemme, la distruzione di Gerusalemme interpretata come la "vendetta di Dio".
Purtroppo, spesso, la gioia, la soddisfazione, la gratitudine è accompagnata, nel cuore dell'uomo, dalla violenza, dall'intolleranza, da tanti integralismi: chissà perché!?
Ma, se continuate a leggere questa parabola, trovate qui, forse, il nocciolo di tutto il Vangelo; di più, di tutta la Bibbia!
Lo avete ascoltato anche nelle parole del profeta Isaia... e questo nocciolo - se ho capito qualcosa - è la speranza testarda, cocciuta, utopica, assoluta... la speranza che "la Festa si fa"! Perché non è soltanto la festa degli uomini: è la "Festa di Dio"! È il "banchetto di Dio" impegnato con noi perché la vita sia una festa, sia il trionfo della bellezza, del bene, dell'amore, della bontà.
Tanti fallimenti conosce questo progetto, questa utopia di Dio nella storia degli uomini; tanti momenti di dolore, di sofferenza eppure, il credente sa che deve trovare, ogni volta, il coraggio della speranza. Una speranza testarda, una speranza che non può arrendersi mai: che guarda sempre "l'oltre"!
Cosa significa questo nel concreto della nostra vita? Com'è possibile trovare questa forza della speranza ogni giorno, anche quando tante cose non funzionano?
Stamattina, penso, molti di voi hanno aperto la finestra - come è successo a me - e hanno guardato con stupore il cielo... dopo tanti giorni di pioggia, un sole stupendo, una giornata bellissima e il cuore si allarga, si fa stupefatto, meravigliato…
Ma forse, oggi, andando a casa, trovate qualche vostro nipotino, un bambino e guarderete il suo sorriso... e il vostro cuore sarà, ancora, ricco di stupore, di meraviglia: è la bellezza della vita che vi viene incontro.
Ma forse di più... oggi troverete un momento di attenzione nei vostri confronti: una carezza, un momento di delicatezza, un gesto gratuito che, magari, non vi aspettate o, forse, sarete voi capaci di farlo: la bellezza della vita, ancora...
Ecco, vedete, credo che la speranza sia fatta anche di questi piccoli gioielli, di queste perle che possiamo cogliere ogni giorno intorno a noi, nella bellezza del creato, nel sorriso di un bambino, nei tanti gesti di bontà; certo occorre conservare un cuore da bambini, capace di stupore e di meraviglia, ma queste piccole cose, queste piccole perle possono aiutarci a conservare nel cuore l'utopia della speranza: la speranza che è il cuore stesso della nostra Fede.
Dopo un fallimento, dopo ogni momento difficile, il credente trova il coraggio di guardare "oltre"; a volte, strappa questo coraggio al suo dolore, alla sua disperazione!
Ma, vedete, Dio è venuto in mezzo a noi per testimoniarci proprio questo: guardate questa Croce! Il Signore è stato inchiodato sulla croce, è morto là sospirando nel dolore, eppure non è l'ultima parola!
Noi crediamo che è Risorto, che la vita trionfa sulla morte, che l'amore è più forte dell'odio, della violenza, del male... è questa la speranza che ci portiamo dentro e tentiamo di custodire… e la parabola, che abbiamo letto oggi e tante parole della Bibbia sono la voce di Dio che vuole conservare nel nostro cuore il coraggio, la forza della speranza.
La speranza che la storia del mondo non va verso il male, la distruzione, il fallimento, ma verso la pienezza, la bellezza della vita e dell'amore, verso la gratuità… perché, in questo progetto, non siamo impegnati solo noi; non c'è solo la fragilità del nostro cuore, ma la potenza di Dio, la forza di Dio che è venuto a farsi carne proprio per testimoniare, in mezzo a noi, la vittoria del bene e dell'amore.
E allora, invochiamo il Signore perché ci conservi dentro la speranza, ci dia un cuore che sappia cogliere anche le piccole cose di ogni giorno, le piccole "perle" che vengono a darci qualche segno di quella speranza utopica che noi vediamo all'orizzonte della nostra esperienza umana, aldilà della vita stessa.
È la "Festa di Dio" che si compirà e noi tentiamo di parteciparvi e di non rifiutare il Suo invito.
Il Signore ci aiuti.
"È lecito o no pagare il tributo a Cesare?" XXIX Domenica del tempo ordinario - 16 Ottobre 2005
"Rendete a Cesare quello che è di Matteo 22, 15-21
Cesare e a Dio quello che è di Dio".
La pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato è una pagina strana, singolare. Tutti avete ascoltato decine di volte la frase: "Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio", che, nel corso dei lunghi anni di cristianesimo, ha fatto scrivere biblioteche intere nel tentativo di commentarla... e, spesso, ciascuno tirava dalla propria parte il senso di queste affermazioni.
Cosa c'è dietro queste parole? Qual è il problema che questa pagina ci pone?
Il tema è enorme e io debbo fare più in fretta possibile, portate un pochino di pazienza se il discorso sarà un po' lungo, ma è soltanto un accenno ad alcuni dei problemi che, poi, voi continuerete a cercare di approfondire.
Qual è il problema che si poneva a Gesù, ai primi cristiani? Era un problema dibattuto aspramente in Palestina a quei tempi: "È lecito o no pagare le tasse all'imperatore di Roma?". L'imperatore di Roma è l'oppressione, è colui che è venuto, in nome dell'impero, a portare la schiavitù... e nelle tradizioni più profonde della fede di Israele c'è l'intolleranza verso ogni forma di schiavitù. Non dimenticate mai che all'origine della fede di Israele c'è l'esodo, l'uscita dall'Egitto: la schiavitù è quanto di peggio ci possa essere per l'uomo!
Al tempo di Gesù si discuteva aspramente di queste cose: c'era chi invitava alla rassegnazione e sosteneva la necessità di pagare, altrimenti si rischiava la vita e chi invece sosteneva, in nome della fede, che non bisognasse pagare le tasse all'imperatore. Quando è prevalsa questa opinione, l'esercito di Roma ha distrutto completamente lo stato di Israele!
Sembra che pongano a Gesù questa domanda e la cosa strana è che Lui non risponde! Non so se lo avete notato ma, in questa frase, non c'è risposta! Se vi chiedo: "Secondo voi, bisogna pagare le tasse?" Dovete dirmi: "Sì, no", poi magari spiegarmi il perché. Gesù risponde con una frase, strana, enigmatica: "Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio".
Ma cosa significa?
La prima riflessione... - e qui già bisognerebbe farla lunga - è su questo rifiuto di Gesù a rispondere. È qualche cosa di fondamentale su cui ogni cristiano dovrebbe riflettere: Gesù si rifiuta di rispondere alle domande concrete che gli poniamo! Non può venire "dall'alto" questa risposta. Troppe volte, nel corso dei secoli, coloro che presumono di parlare "in nome di Dio" hanno cercato di rispondere a tutte le questioni... quasi che gli uomini fossero incapaci di pensare con il proprio cuore, con la propria testa.
C'è chi pensa che non avere da parte di Dio, da parte del Vangelo, delle risposte precise e concrete ci renda più poveri, ma - non lo dimenticate mai - anche più liberi. Nessuno può dirci: "in nome di Dio", nessuno, che cosa è giusto, che cosa è sbagliato: è affidato al nostro cuore e al coraggio delle nostre scelte, alla passione della nostra libertà. Diffidate, sempre, di chi parla "in nome di Dio", non ne ha il diritto!
Ma qui Gesù sembra dire qualcosa: "Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". Cosa può esserci dietro questa frase? Dietro questa frase è stato messo di tutto in questi duemila anni: la lotta tra il papato e l'impero... L'impero diceva: "Date a Cesare quello che è di Cesare, date allo Stato quello che è dello Stato". Il papato diceva: "Date a Dio, cioè a me, quel che è di Dio". Non è Dio il papato! Le autorità sono tutte "Cesare". Il papa è stato a lungo un "Cesare" nella storia della vita cristiana di questo paese e dell'Europa intera! E tutte le diatribe tra Guelfi e Ghibellini fatte, a volte, in "nome di Dio" non hanno alcun senso!
Un'altra risposta che, purtroppo, ha attraversato e in parte attraversa ancora la vita cristiana è: il cristiano vero si preoccupa di Dio, della preghiera, di salvarsi l'anima, di tutti quelli che sono i valori di Dio, della contemplazione, delle orazioni, della liturgia… le cose dello Stato son cose che appartengono a questo mondo e passano... il cristiano pensa a guadagnarsi il Paradiso e a salvarsi l'anima.
Queste affermazioni sembrano normali a molti cristiani, ma negano il cuore stesso della nostra fede! Anche questa è una cosa che il cristiano non dovrebbe mai dimenticare! Noi crediamo che Dio si è fatto carne, noi crediamo che Dio in Gesù di Nazareth è venuto a sporcarsi i piedi e le mani con la storia del mondo. La scelta di trascurare "le cose di Cesare" per pensare alle "cose di Dio", ha dato origine a quella che è una delle accuse - secondo me - più vere e più gravi fatte a noi cattolici: che ci manca il "senso dello stato", il senso della vita pubblica: pensiamo sempre a noi! Le scuole cattoliche, le imprese cattoliche, le famiglie cattoliche…
Il credente non ritiene estranei da sé, dalla propria fede i problemi della società, dello Stato, della vita pubblica, della vita civile, della politica del lavoro: ma in che senso? Non nel senso di dire: "Non siamo i rappresentanti di Dio, quindi, ascoltateci e dateci tutto..."
Cosa significa dare a Dio quello che è di Dio? Che c'entra Dio nella mia vita, nel posto del mio lavoro, nella mia famiglia, nella scuola? Dio, per il credente è la giustizia! È la verità, è la gratuità, è "quell'oltre" che il cristiano va sempre cercando... non posso cercare il mio comodo, l'interesse della mia parte, di quelli che la pensano come me, ma devo cercare quello che è GIUSTO! Ed ecco, allora, che il porsi davanti a Dio - è quello che dovremmo fare ogni domenica, venendo qui - è cercare "quell'oltre" in cui abita la giustizia, in cui c'è la verità... "Ma tu non la conosci!". "Non la conosco, sono un pover'uomo, ma la cerco con passione; cercando, non quello che mi fa comodo ma quello che è GIUSTO! Quello che è importante, quello che è essenziale nella vita degli uomini … e della vita degli uomini … niente mi è estraneo... niente è estraneo a Dio!"
La domanda che debbo farmi è: se Dio fosse qui? Se Gesù fosse qui cosa farebbe? Non farebbe quello che fa comodo all'autorità della Chiesa: farebbe quello che è giusto, quello che è importante, quello che serve i più piccoli degli uomini, quello che è condivisione della vita, quello che è passione per il bene, quello che è gioia di vivere, non soltanto per qualcuno ma per tutti. Sono problemi enormi, ma questa è la vita cristiana!
"Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" - per quello che ho capito, ma voi continuate a cercare a lungo, perché il problema è enorme - significa che se sono credente, debbo avere il senso dello Stato, della vita pubblica, dell'economia, del lavoro e debbo cercare, con passione, che questo sia al servizio di tutti; debbo cercarlo nella ricerca della gratuità, nella ricerca del bene totale, nella ricerca della verità piena, senza cercare gli interessi miei, della mia parte!
Vedo che ve l'ho fatta già troppo lunga, ma è soltanto un accenno. Continuate a cercare con passione, non date retta alla troppa gente che pensa sempre di sapere cosa pensa Dio, dove sta il bene, la giustizia: Dio è "nell'oltre". Nessuno può parlare in "nome Suo": chi lo ha fatto è sempre stato causa di intolleranza, di integralismo, di sopraffazione e di morte: la Storia dovrebbe insegnarci qualcosa, anche se - dicono i saggi - nessuno impara dalla storia… chissà che non possa essere vero domani!
Il Signore ci aiuti.
"Amerai il Signore Dio tuo... XXX Domenica del tempo ordinario - 23 Ottobre 2005
"Amerai il prossimo tuo come te stesso" Matteo 22, 34-40
Domenica scorsa - forse qualcuno di voi lo ricorderà - fermavamo la nostra attenzione sulle parole: "Date a Dio quel che è di Dio..." molto simili a quelle che abbiamo ascoltato oggi: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Non basta, certo, per il credente offrire a Dio qualche momento di preghiera, partecipare alla Messa o accendere qualche candela: il riferimento a Dio è un assoluto per chi crede! In Lui, il credente, dicevamo Domenica scorsa, cerca ciò che è giusto, cerca i valori essenziali della vita, cerca la gratuità e l'amore.
E ci domandavamo cosa potesse significare, nel concreto della nostra esperienza. Cosa significa "Amare Dio con tutto il cuore?" Avere Lui come riferimento assoluto? Tante domande...!
Oggi, invece, vorrei fermare la vostra attenzione sul secondo comandamento, che sembra, apparentemente, più semplice: "Ama il prossimo tuo come te stesso".
Avete provato, qualche volta, a chiedervi cosa significhi, concretamente, nella nostra esperienza? Se ci provate, vedrete che, a volte, le risposte sono molto difficili.
Faccio questa riflessione perché mi capitava di ascoltare alla radio, qualche mattina fa, all'alba... - forse, quindi, nessuno di voi ha ascoltato queste parole - una discussione sul discorso del Presidente della repubblica che, andato in Calabria, aveva detto, rivolto ai calabresi: "Bisogna che prendano in mano, loro, la situazione e si impegnino nella vita civile..." E c'era un avvocato (dice di essere di origine calabrese), a cui la conduttrice della trasmissione domandava: "Secondo lei, cosa significa... se uno conosce una persona appartenente alla malavita deve denunciarla?"
"Eh - rispondeva - è pericoloso si rischia la vita". E la signora: "Forse si potrebbe denunciare in maniera anonima, senza esporsi troppo". "Eh! anche questo è pericoloso, perché, a volte, si può sapere chi fa queste denunce anonime!"
Allora volevo domandare: "Che si può fare? Cosa vuol dire per i calabresi: dovete fare?!'' Cosa possono fare?
Mi veniva in mente, quella mattina, l'esperienza di Don Puglisi. Sapete, quel parroco di Palermo che, senza gridare troppo, ha cercato di educare qualche ragazzo alla legalità e all'onestà. È stato ucciso per questo!
Se ricordo bene... nessuno ha gridato: "Santo subito!", magari ricordando le abitudini delle prime comunità cristiane, che usavano onorare così i loro martiri. Si grida per altre persone la cui immagine è soprattutto mediatica… non so se sia un vero servizio del Signore! Come ha fatto il martire, che è morto nel tentativo di educare dei ragazzi alla legalità e alla giustizia… a volte è difficile. Chi di noi può farlo? Quanti cristiani, in Sicilia, in Calabria sono in grado di educare dei ragazzi?
A volte i problemi si pongono diversamente... Oggi è la giornata missionaria: vi hanno dato una bustina… sentirete parlare alla radio, in TV, dei tanti problemi della fame nel mondo... ci faranno vedere immagini penose di bambini che hanno fame… penso che molti di voi si domanderanno: e io che posso fare? Mettere la mia offerta, sì, ma è una goccia minuscola, forse, nemmeno visibile nel gran male della sofferenza del mondo. Cosa posso fare di più? Cosa posso fare di bene?… E risposte non ce ne sono!
Ma, qualche volta, il problema è più vicino a noi… Quante volte ho ascoltato persone che si domandavano cosa poter fare con il padre o la madre, che stavano invecchiando, perdendo il senno… ed hanno bisogno di tante cose! Qualche volta si sentivano costretti ad alzare la voce, qualche volta perdevano la pazienza… vengono i sensi di colpa e non si sa cosa fare.
A volte non si sa cosa fare con un figlio, il marito o la moglie… a volte il cuore, il sentimento sembrano spingere da una parte, la ragione porta dall'altra e non si sa cosa scegliere… tanti dubbi, tante domande!
Qualcuno di voi mi domanderà: "Ma lei qualche risposta ce l'ha?" "No". "E allora perché parla?"
È il mio modo di amare il prossimo come me stesso, il mio modo di volervi bene! Tentando di dirvi che i dubbi, le domande sono di tutti… i problemi sono comuni. L'ultima cosa da fare è farsene una colpa.
A volte abbiamo qualche risposta; a volte, abbiano soltanto una goccia da mettere nel tesoro della vita; a volte nemmeno quella; a volte, il cuore ci porta da una parte, l'intelligenza dall'altra; a volte, non sappiamo che fare e continuiamo a cercare, a tentare di capire...
Ci ritroviamo qui ogni domenica per nutrirci di Gesù e tentare di andare avanti. Qualche volta sbagliamo, ma qui non c'è il cibo per chi è bravo, per chi è buono, per chi non ha fatto nessuno sbaglio durante la settimana: qui c'è il cibo per chi ha fame, per chi, quando esce, continua a porsi domande, a cercare di capire cosa voglia dire amare il prossimo... a volte solo un sorriso, solo un gesto di tenerezza, a volte, qualcosa di più!
Non è semplice! Ma non è semplice per noi, perché siamo "scemi": non è semplice per nessuno! È la vita. Chi pensa di sapere tutto è pericoloso! A noi non resta che continuare a cercare, con i nostri dubbi, le nostre incertezze, le nostre domande…
Il Signore ci aiuti.
"Non chiamate nessuno "padre" sulla XXXI Domenica del tempo ordinario - 30 Ottobre 2005
terra, perché uno solo è il Padre Matteo 23, 1-12
vostro, quello del cielo. E non fatevi
chiamare "maestri", perché uno
solo è il vostro Maestro, il Cristo".
Quando son diventato prete - avevo ventiquattro anni - una delle cose che mi meravigliava era sentirmi chiamare "padre". Mi chiamavano "padre" anche persone che avevano settanta o ottanta anni; mi chiamavano "padre" anche coloro che avevano quattro o cinque figli, mentre io non ne avevo nessuno... ed ho provato, fin d'allora, un certo fastidio per questo appellativo.
A quel tempo non conoscevo il Vangelo, ma questa allergia, per la parola "padre" mi ha, forse, salvato, in questi, ormai quarantacinque, anni della mia avventura di prete, dalla tentazione, molto forte, di sentirmi "padre" nei confronti della gente; di guidare le persone; di sostituirmi alla loro mente, al loro cuore, per dire cosa dovevano fare, cosa non dovevano fare.
Molte persone che mi hanno chiesto un consiglio si son sentiti dire che non si possono dare consigli e che è bene non farlo! Il Vangelo è attraversato dal rifiuto di Gesù di sostituirsi alla coscienza delle persone: "Perché non giudichi da solo, perché non cerchi da solo quello che è buono, quello che è giusto fare?".
A quel tempo - vi dicevo - non conoscevo il Vangelo e non sapevo che il fastidio verso la parola "padre" corrisponde ad un comando severo di Gesù! Lo avete ascoltato: "Non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro"!
Allora mi sono meravigliato del fatto che nella vita della Chiesa, incontravo "padri" dappertutto... Ci sono i "padri spirituali"; i "padri superiori"; i "padri provinciali"; i "padri generali"... c'è, anche, il "padre maestro", e non si potrebbe dire né padre, né maestro; c'è addirittura il "padre santo", e "santo" non si potrebbe chiamare nemmeno Gesù! Ricordate l'episodio in cui il "ricco" va da Gesù e gli dice: "Maestro buono, cosa devo fare per avere... ". "Perché mi chiami "buono", solo Dio è "buono"… figuratevi "santo"!
La conseguenza di questo - l'ho sperimentato tante volte nell'educazione cristiana - è l'incapacità di molti credenti a pensare con la propria testa; a camminare con le proprie gambe; a scegliere con coraggio; a giudicare attentamente quello che accade, gli avvenimenti, il mondo.
A volte si incontrano cristiani incapaci di usare l'intelligenza, forse proprio perché sono stati educati ad ubbidire, ad ascoltare.
C'è qualcuno che pensa per te! Qualcuno che parla per te! Qualcuno che è addirittura illuminato da Dio... e quindi perché ti sforzi? Pensa quello che dicono le autorità… e non si diventa liberi! E non si è responsabili della vita e di se stessi!
Poi l'esperienza mi ha fatto vedere che questo non è un problema soltanto della Chiesa: è un problema del mondo intero... In ogni angolo, nel mondo religioso in maniera speciale, ma anche fuori dal mondo religioso, la terra è piena di cattivi maestri: di gente che tenta di imporre agli altri il proprio modo di vedere, il proprio modo di pensare… e si può spingere un ragazzo, un giovane a fare di tutto, quando incontra una personalità forte, che vuole imporre la propria personalità agli altri... Ed è la libidine più profonda dell'uomo: imporre se stesso ad un'altra persona!
Ed è un rischio che corrono, soprattutto, quelli che rinunziano... che rinunziano, magari, a una moglie, a dei figli, alle ricchezze, che si vestono poveramente, che hanno la barba lunga, occhi di fuoco e che impongono se stessi, il proprio modo di pensare, la propria autorità agli altri.
E c'è un altro risvolto, forse meno drammatico, ma che attraversa la vita di molte persone... forse, attraversa la vita anche di qualcuno di voi: il senso di colpa! Spesso indotto da chi impone carichi insopportabili sulle spalle degli altri senza toccarli nemmeno con un dito... non lo dico io, lo dice il Vangelo!
Tutti i cristiani farebbero bene a rileggere questa pagina, giorno dopo giorno e a guardarsi bene dai cattivi "maestri"; da coloro che ti impongono sulle spalle pesi insopportabili; da chi vuole pensare per te.
Gesù è venuto sulla terra... - l'Apostolo Paolo aveva capito benissimo - per farci liberi; per liberare la nostra mente e il nostro cuore, ma la libertà è difficile! C'è sempre qualcuno che vuole approfittare delle nostre debolezze, per guidare la nostra libertà! La libertà è affidata al coraggio di ciascuno; il pensiero, le scelte, il tentare di capire il mondo è affidato al coraggio di ciascuno di noi! Non è semplice, ma non c'è un altro modo per essere uomini, non c'è altro modo per essere cristiani: non c'è un altro modo!
Per questo Gesù ci raduna intorno a una "tavola", ci nutre di Sé, per darci il coraggio di camminare, di cercare; di cercare con tutta la passione del nostro cuore, della nostra intelligenza quello che è giusto; il coraggio di essere LIBERI sempre! Perché siamo "figli" e non "schiavi". Siamo gente che ha un cuore, che ha una mente per pensare: così ci ha fatto il Signore e vuole che lo facciamo con tutto il coraggio, per essere uomini, per essere liberi, per essere figli di Dio!
Il Signore ci aiuti.
Il Regno dei cieli è simile a dieci XXXII Domenica del tempo ordinario-6 Novembre 2005
vergini che, prese le loro lampade, Matteo 25, 1-13
uscirono incontro allo sposo.
A qualcuno di voi, penso, sarà venuto in mente quello che ho sentito ripetere tante volte leggendo il Vangelo con la gente: "Queste ragazze, saranno anche sagge ma, certo, sono cattive! Che ci vuole a dare dell'olio a quelle che non ce l'hanno? Ormai lo sposo è arrivato... basta un po' d'olio per andargli incontro!".
Sembra un'obiezione assennata! Se l'aveste fatta a un ragazzo del tempo di Gesù vi avrebbe guardato come si guarda uno venuto da terre lontane e vi avrebbe chiesto: "Ma da dove vieni? L'olio di cui parla questa parabola non si compra certo: è un simbolo! È il simbolo dell'attesa amorosa, del desiderio... ".
"Mia mamma - vi avrebbe detto - quando esco la sera con gli amici, lascia sempre la lampada fuori della finestra perché io ritrovi la strada di casa e aspetta con ansia il mio ritorno... quante volte m'ha detto: quanto olio mi fai consumare per aspettarti!".
L'olio, per gli antichi, era una cosa preziosa: non c'erano fari nella notte, le luci che abbiamo noi... una piccola fiammella sull'uscio era il segno dell'attesa amorosa della mamma, finché non vedeva, finalmente, il figlio ritornare a casa, sano e salvo, la sera.
Vi avrebbe detto questo ragazzo: "Piuttosto... non ti sei accorto di quello che è veramente strano in questa parabola?: uno sposo che arriva a mezzanotte! Non s'è mai visto! È un incosciente!"
Noi siamo abituati ad aspettare le spose! A me è capitato di aspettarne qualcuna per quasi un'ora, in chiesa! Un'ora è oltre i limiti della buona educazione... ma arrivare a mezzanotte... saremmo andati via tutti! Eppure, lo sposo arriva a mezzanotte e questo sposo è Gesù, un "incosciente" totale! Perché si fa aspettare tanto? Perché non viene?
Era questo il dramma dei primi cristiani, ma è il dramma di ogni credente… Gesù è venuto tra noi per annunciarci il Regno, per portarci il lieto annunzio della giustizia, della pace, della presenza di Dio in mezzo a noi e questo non si realizza! Perché non si realizza? Perché c'è ancora tanto male, tanta violenza intorno a noi? Perché manca la libertà? Perché c'è l'ingiustizia?
E i nostri sforzi sembrano non portare mai frutto: è come se mettessimo acqua in un cesto... sembra sempre fatica sprecata: ci diamo da fare, lavoriamo e qualche volta la speranza se ne va!
Conservate nel cuore questa immagine che, forse, è una delle immagini più belle, che c'è nel Vangelo, del credente: è uno che avanza nella notte, con una lampada accesa e cerca di tenere viva questa luce: la lampada della speranza, della fiducia, la certezza che nell'ultimo orizzonte della storia c'è Gesù, i Suoi valori… ma quanta fatica, a volte, per continuare a credere, a sperare, a camminare...
A volte, la lampada sembra spegnersi e l'olio di questa lampada nessuno te lo può prestare e non si compra, certo, al mercato! Nessuno ti vende la speranza, la fiducia... la devi costruire dentro di te!
Ci ritroviamo ogni domenica intorno alla "tavola" per trovare in Gesù "l'olio" che alimenta la nostra speranza e il coraggio di credere, di camminare ancora... e c'è una certezza che ci riunisce intorno a questa "tavola": Lui non spegnerà mai il "lucignolo" fumigante: qualunque cosa succeda nel profondo del nostro cuore, qualunque cosa succeda intorno a noi: LUI terrá sempre accesa la nostra piccola luce e continueremo a camminare nella notte, aspettando l'alba: l'alba della giustizia, della libertà, del bene, dell'amore, del servizio; l'alba in cui i valori di Gesù, i Suoi sogni si realizzeranno; l'alba in cui LUI ci verrà incontro alla fine della nostra storia; l'alba in cui, finalmente, DIO sarà tutto in tutti e sarà presente nella vita degli uomini.
Verso questi "sogni", verso questi valori, verso questi ideali camminiamo, tenendo accesa la piccola "lampada" del nostro coraggio, della nostra speranza.
Il Signore ci aiuti.
Un uomo, partendo per un XXXIII Domenica del tempo ordinario -13 Novembre 2005
viaggio, chiamò i suoi servi Matteo 25, 14-30
e consegno loro i suoi beni:
a uno diede cinque talenti,
a un altro due, a un altro uno...
A una prima lettura, questa parabola sembra semplice e chiara, anche perché ne abbiamo spesso ascoltato... - almeno io, quando era ragazzo - il commento e il tema era sempre lo stesso: bisogna non essere pigri, trafficare i doni che il Signore ci ha affidato, far fruttificare i nostri talenti... così, nella nostra lingua si chiamano, normalmente, le capacità che uno ha.
Quando leggete e rileggete questa parabola e anche qualche commento, che se ne fa in vari libri, cominciate a vedere tutta la complessità di quello che abbiamo letto: è una parabola straordinaria e molto complessa.
La prima cosa che sorprende - almeno che ha sorpreso me - è scoprire cos'è un talento. Per noi un talento corrisponde più o meno a una moneta: il talento era, al tempo di Gesù, il corrispettivo di diecimila denari e quindi di diecimila giornate di lavoro. Fate un po' i conti: è la paga di una vita!
Ma non è questa la cosa che veramente sorprende in questa parabola! Perché a uno cinque talenti; a uno due talenti; a uno, uno soltanto? Non è una cosa ingiusta?
Potete fare un esperimento con qualche bambino: sapete tutti che nel Vangelo di Luca c'è un'altra versione di questa parabola in cui a tutti i servi viene data la stessa cifra; provate a domandare ai bambini: "Secondo te, chi ha ragione? Matteo che dice: a uno, cinque; a uno, due; a uno, uno soltanto. Oppure, Luca che dice: a tutti lo stesso?". E vedrete che i bambini dicono subito: "Certo Luca: tutti devono essere uguali!". E allora potete cogliere l'occasione per dire: "Ma ti sembra così la vita? Se ci pensi bene ha ragione Matteo!".
A qualcuno viene dato "cinque"; a qualcuno "due"; a qualcuno "uno" e - come diceva ieri una signora - a qualcuno proprio niente!
C'è gente che affronta la vita quasi senza avere nulla in termini di capacità e di beni, ma anche in termini di affetto, di tenerezza, di esempi di onestà e di rettitudine… è uno dei temi che ha accompagnato la riflessione della mia fede, fin da quando ero giovane. Ho sempre avuto la sensazione di aver ricevuto molto, in tutti i sensi, dalla vita e questo mi impediva di giudicare tanta gente intorno a me che aveva ricevuto poco.
Diceva Don Milani, uno dei nostri maestri: "Non c'è nulla di più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali". E nella vita siamo disuguali! C'è chi, come me, ha avuto tanto e ha la sensazione di non aver reso abbastanza in confronto con quello che ha ricevuto e c'è gente che ha avuto poco e ha vissuto la vita con affanno.
Ma, questo discorso è pericoloso! Perché? Perché il cuore di questa parabola non è nemmeno questo!
Il cuore di questa parabola è l'ultimo servo: il servo che per paura è andato a nascondere il suo tesoro - perché di un tesoro si tratta – sottoterra.
Guardatelo, questo servo, un momento: non ha rubato nulla, ha ricevuto una grossa somma, l'ha nascosta e conservata con cura e adesso viene a riportarla al suo padrone... Saremmo fortunati se, in questo paese, fossero tutti come questo servo, se nessuno rubasse niente, se andasse a mettere al sicuro tutto quello che gli è stato affidato, specialmente nella pubblica amministrazione...
Eppure... guardate un momento questo servo. Chi gli ha messo nel cuore tutta la paura che ha? Perché quest'uomo dice: "So che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato..." Chi gli ha parlato di un Dio così?
Chi gli ha fatto vedere la vita come un compito duro e quasi impossibile? Perché tanta paura nel suo cuore, da dove viene questa paura?
La mia esperienza mi dice che spesso la paura viene dal confronto con gli altri, con quello che gli altri hanno avuto. Ci sono, tra i nostri ragazzi, alcuni che ritengono che si può vivere solo se si hanno cinque talenti: se uno non ha il vestito griffato all'ultima moda, il telefonino dell'ultima serie uscita... la vita non è degna di essere vissuta; perché la vita è fatta da quello che abbiamo, non da quello che abbiamo noi, ma da quello che hanno gli altri e da un confronto continuo!
Qualche volta, la cosa è più profonda e non riguarda soltanto quelli che si preoccupano di cose materiali. Hanno detto anche a voi, quando eravate ragazzi e andavate a scuola: "Guarda quello, risponde sempre! Studia! Tu perché non studi?".
Hanno detto anche a voi: "Guarda le tue sorelle come sono ordinate! Perché lasci sempre tutto in disordine?". E, a forza di confronti... si rischia di perdere la voglia di impegnarsi…
Se dovessi rinascere, per prima cosa chiederei al Padreterno: "Dammi un padre e una madre normali". Perché ho visto tribolare ragazze, sull'orlo dell'anoressia, per il confronto con una madre, che era una persona eccezionale.
Il confronto con gli altri ti mette paura dentro, ti impedisce di credere nelle tue possibilità, di realizzare quello che sei.
Ma c'è di peggio! Tanta gente, nell'educazione cristiana, ha avuto paura di Dio; a troppa gente hanno messo nel cuore la paura di essere giudicati, la paura di essere castigati, addirittura, nei figli.
Dopo la Messa precedente, una donna mi diceva: "È colpa di voi preti! Ci avete messo la paura nel cuore!". Spero di essere innocente! Ma non lo so! Perché la paura, a volte, si mette senza volerlo: un confronto, una parola che mette un peso sul cuore della gente.
Guardatelo bene questo servo! Chi gli ha parlato di Dio così? Perché non ha mai ascoltato il Vangelo? Perché non gli hanno mai parlato del "Padre misericordioso", che fa festa quando il "figlio" torna con il peso sul cuore? Perché non gli hanno mai parlato di Gesù, che è venuto a condividere la nostra vita? A cercare chi s'era perduto, a dar coraggio a chi non può camminare, ad alzare chi è caduto? Perché non gli hanno parlato di Gesù che si fa "pane" per tutti i peccatori, per la gente comune? Chi ha messo nel cuore la paura a questa persona? Chi mette nel cuore la paura a tanta gente che vive anche oggi intorno a noi e non ha il coraggio, per paura, di credere, di amare, di sperare?
Ecco il cuore di questa parabola!
Ci sarebbero tante altre cose da dire, perché è una parabola molto complessa, ma già vi ho annoiato abbastanza.
Il Signore ci aiuti.
"Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, CRISTO RE - 20 Novembre 2005
ero forestiero e mi avete ospitato, malato e mi Matteo 25, 31-46
avete visitato". "Quando mai ti abbiamo visto
affamato, forestiero, malato?". "Ogni volta che
avete fatto queste cose a uno solo di questi miei
fratelli più piccoli, l'avete fatto a Me".
Oggi, come penso tutti sappiate, è l'ultima domenica dell'anno della nostra preghiera. Domenica prossima sarà già l'Avvento; ricominceremo a prepararci al Natale, ad aspettare Gesù.
In quest'ultima domenica, la straordinaria pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato, permette di fare un riepilogo, un riassunto di alcuni dei temi che attraversano il Vangelo: temi importanti per la nostra vita, per la nostra fede.
Vorrei accennare soltanto a tre di questi temi...
Noi siamo stati abituati a vivere in una società basata sull'apparire. Guardiamo spesso la televisione, leggiamo i giornali e il nostro criterio di giudizio sulla vita, sul mondo, su quello che è importante e quello che lo è meno... dipende da quello che vediamo, da quello che fa rumore, dalle mode che passano, dall'accento che si mette su un tema o su un altro.
Siamo, anche, abituati a vedere i potenti di questo mondo che cercano sempre di apparire, di mostrarsi, di trovare spazio nei mezzi di comunicazione: sembra, quasi, che se uno non appare non esiste!
Ora è importante leggere questa pagina del Vangelo, in cui il Signore, di cui noi ci diciamo discepoli, sparisce! Si nasconde - come avete ascoltato - dietro l'ultimo, dietro il più piccolo degli uomini. "Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da. bere...". "Quando mai Signore... ?". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo lo hai fatto a Me". Sparisce dietro il più piccolo degli uomini!
Anche, i gesti che contano nel grande giudizio della storia sono gesti che non appaiono, che non fanno rumore, non si notano: dar da bere, da mangiare… il servizio all'ultimo, al piccolo.
Forse dovremmo ricordarci, anche nella vita della Chiesa, che siamo discepoli di un Signore che non vuole apparire, imporsi, che non cerca il potere, che non cerca riconoscimento, ma che si nasconde dietro il più piccolo degli uomini. Un Signore che non cerca l'applauso, che non è il riferimento del "giudizio", del criterio di vita… il criterio è "l'ultimo", il più piccolo degli uomini!
Un altro tema che vorrei accennarvi è: che cos'è la religione?
Noi siamo stati abituati a pensare che la religione sia basata sulle preghiere, sui riti, sulle celebrazioni, sulle Messe, novene, adorazioni... oggi abbiamo ascoltato che il cuore della religione non sono tanto queste cose, pure importanti, ma l'attenzione, il servizio ai piccoli, agli ultimi: il cuore della religione non è il culto, ma la vita! E nella vita, l'attenzione a chi ha bisogno!
E ancora un altro tema.
Noi siamo abituati a distinguerci, a identificarci per contrasto: noi e gli altri! Quelli che la pensano diversamente da noi, quelli che appartengono ad un'altra civiltà, quelli che sono di un'altra religione...
Da tempi antichi l'uomo ha la tentazione di arroccarsi, di costruire delle mura intorno alla propria città e di guardare l'altro come un nemico. Sarà capitato anche a voi… a me è capitato, anche ieri, di andare in giro per questa splendida Italia in cui ci sono, ancora, tanti paesi arroccati sull'alto di un colle, con intorno le loro mura, con le torri alte, da cui si poteva guardare gli altri, i nemici, quelli che appartengono a un altro paese.
Oggi, in un mondo globale, in un mondo estremamente complesso che, spesso, ci fa paura, siamo tentati di costruire i nostri muri, di difenderci dagli "altri", di guardare gli altri come nemici.
La pagina del Vangelo che abbiamo letto ci dice che gli "altri" possono essere migliori di noi! Nel "giudizio" non conta se uno è dei "nostri", se ha onorato e adorato il Signore, se appartiene a una religione o a un'altra... ma se ha saputo tendere una mano, se ha saputo dar da mangiare a chi ha fame, dar da bene a chi ha sete, eccetera...
Ecco, siamo discepoli di un "Re" che non conosce distinzioni. Quando mi chiamerà, non potrò dirGli, come i giusti di questa parabola: "Quando mai Signore ti ho visto affamato, assetato...?". Io non potrò dirlo! E non potrete dirlo neanche voi! Questa pagina del Vangelo, l'abbiamo ascoltata tante volte… potrà parlare così soltanto il cinese, il mussulmano, l'arabo; potrà parlare così chi Gesù non l'ha mai sentito nominare… e vedremo tanta gente che dirà: "Quando mai Signore...? Quando Ti abbiamo conosciuto? Quando abbiamo sentito parlare di Te? Quando ci siamo inginocchiati nella Tua chiesa?". Non conta! "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei miei fratelli lo hai fatto a Me".
Siamo discepoli di un Signore che "sparisce", che si nasconde dietro il più piccolo degli uomini.
Quanto sarebbe importante per la nostra vita, tutta basata sull'apparire, per ogni forma di potere nella Chiesa e nel mondo, se ci si rendesse conto che siamo discepoli di un Maestro che "sparisce" dietro l'ultimo!
Quanto sarebbe importante, per considerare quello che veramente conta, rileggere questa parabola! Sarebbe importante, quando si parla di religione, della ricerca del potere, anche all'interno della Chiesa, dei soldi di cui si ha bisogno, rendersi conto che il cuore della fede è il servizio dei piccoli!
Quanto sarebbe importante, per tutte le religioni, che rischiano di essere causa di divisione e di violenza ricordarsi che, il cuore della Fede non è la religione, che il cuore della vita non è Dio, ma il più piccolo degli uomini!
Quanto sarebbe importante ricordarsi che Dio, che è venuto a farsi "carne", è venuto a nascondersi dietro il più piccolo e l'ultimo degli uomini! Non è semplice!
Il Signore ci aiuti.