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OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2011-2012 - Vangelo di Marco
INDICE
I DOMENICA D'AVVENTO - 27 Novembre 2011. 2
II DOMENICA D'AVVENTO - 4 Dicembre 2011. 3
IMMACOLATA CONCEZIONE - 8 Dicembre 2011. 5
III DOMENICA D'AVVENTO - 11 Dicembre 2011. 6
IV DOMENICA D'AVVENTO -18 - Dicembre 2011. 7
NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2011. 8
EPIFANIA del SIGNORE - 6 - Gennaio 2012. 9
BATTESIMO del SIGNORE - 8 Gennaio 2012. 11
II DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 15 Gennaio 2012. 12
III DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 22 Gennaio 2012. 13
IV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 29 Gennaio 2012. 15
V DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 5 Febbraio 2012. 16
VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 12 Febbraio 2012. 18
VII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Febbraio 2012. 20
I DOMENICA di QUARESIMA - 26 Febbraio 2012. 21
II DOMENICA di QUARESIMA - 4 Marzo 2012. 23
III DOMENICA di QUARESIMA - 11 Marzo 2012. 24
IV DOMENICA di QUARESIMA - 18 Marzo 2012. 26
V DOMENICA di QUARESIMA - 25 Marzo 2012. 27
RISURREZIONE del SIGNORE - 8 Aprile 2012. 29
II DOMENICA di PASQUA - 15 Aprile 2012. 30
III DOMENICA di PASQUA - 22 Aprile 2012. 32
IV DOMENICA di PASQUA - 29 Aprile 2012. 33
V DOMENICA di PASQUA - 6 Maggio 2012. 35
VI DOMENICA di PASQUA - 13 Maggio 2012. 36
ASCENSIONE del SIGNORE - 20 Maggio 2012. 38
DOMENICA DI PENTECOSTE - 27 Maggio 2012. 39
SANTISSIMA TRINITÀ - 3 Giugno 2012. 41
CORPO E SANGUE DI CRISTO - 10 Giugno 2012. 43
XI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - 13 Giugno 2012. 44
Natività di GIOVANNI BATTISTA - 24 Giugno 2012. 46
XIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 1 Luglio 2012. 48
XIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 8 Luglio 2012. 49
XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 15 Luglio 2012. 50
XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 22 Luglio 2012. 52
XXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 2 Settembre 2012. 53
XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 9 Settembre 2012. 54
XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 16 Settembre 2012. 55
XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 23 Settembre 2012. 56
XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 30 Settembre 2012. 58
XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 7 Ottobre 2012. 60
XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 14 Ottobre 2012. 61
XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 21 Ottobre 2012. 63
XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 28 Ottobre 2012. 64
TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2012. 66
XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 4 Novembre 2012. 67
XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 11 Novembre 2012. 68
XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 18 Novembre 2012. 70
CRISTO RE - 25 Novembre 2012. 71
Vegliate dunque: voi non sapete I DOMENICA D'AVVENTO - 27 Novembre 2011
quando il padrone di casa ritornerà, Marco 13, 33-37
se alla sera o a mezzanotte o al
canto del gallo o al mattino...
Ricomincia, oggi, il ciclo della nostra preghiera. È finito un anno liturgico e ne comincia un altro. Ci prepariamo al Natale, poi ci prepareremo alla Pasqua e a rivivere tutta la realtà della vita di Gesù in mezzo a noi.
Non so se avete notato che l'anno comincia, là, dove è finito il precedente. Ricordate le immagini che ci hanno accompagnato nelle domeniche precedenti? Le ragazze con la lampada accesa nella notte, che aspettano lo sposo o i servi che debbono trafficare i talenti?
Oggi - avete visto - è la stessa cosa! Bisogna aspettare il Signore che viene! Forse alla sera, o a mezzanotte, forse al canto del gallo o al mattino. Vegliare e aspettare! Aspettare il Signore!
Perché tanta insistenza su questa attesa, sul guardare avanti, sul futuro?
Vedete, ci sono molti aspetti della religione che nascono dal bisogno. Il bisogno dell'uomo di una protezione, di sentire dietro le spalle qualcuno che, nel momento della necessità, gli venga in soccorso, gli dia una mano, metta toppe ai problemi della tua vita, cerchi - in qualche modo - di ricucirne gli strappi.
In ogni parte del mondo c'è una religione che si basa sul bisogno di Dio o peggio - qualche volta - sulla paura di Dio. La paura del castigo, la paura che la disgrazia sia causata dal peccato.
Spesso la religione serve anche come garanzia del passato, della tradizione, di quello che è sempre stato, serve a custodire le regole tramandate dagli antichi e che vengono proposte in nome di Dio! È uno sguardo rivolto al passato, a quello che si è sempre fatto, a quella che sembra la tradizione consolidata della nostra storia.
A volte la religione - tra noi, come in tante parti del mondo - è stata usata per legittimare il potere: molti imperatori e re sono stati incoronati in San Pietro e nelle varie cattedrali della terra e spesso erano dei tiranni.
Ecco, la nostra fede è radicalmente diversa. Noi non possiamo accettare nessun tiranno imposto in nome di Dio.
Non possiamo fermarci al passato perché Dio ci cammina davanti e ci chiama. Il Dio in cui crediamo non è un Dio che sta dietro le spalle, a cui ricorrere solo nel momento del bisogno, ma continuamente ci invita alla speranza, a guardare avanti, a costruire un mondo più giusto.
Dio ci vuole affamati e assetati di giustizia, operatori di pace, costruttori del mondo. Dio ci vuole in continua attesa di un Regno che deve venire, che non è ancora venuto.
Qualche volta, abbiamo la sensazione di aspettare nella "notte" un Regno che non arriva mai, un Signore che non viene a realizzare la nostra speranza. Non è semplice! Come dicevamo nelle domeniche precedenti è una speranza cocciuta che non si stanca mai, che sa che il cuore della fede è guardare avanti, aspettare, vegliare, tentare di fare il mondo almeno un po' migliore
Quanto più un uomo ha la sensazione di vivere in una "notte", di non vedere bagliori di luce, tanto più deve fare appello alla sua speranza; tanto più deve tentare di tenere accesa la luce anche se gli sembra impossibile! Essere cristiani - Gesù ce lo ha insegnato - è come camminare sull'acqua, come spostare un albero nel mare.
Il Signore è venuto non per stare dietro le nostre spalle, pronto a proteggerci quando ne abbiamo bisogno, ma per camminarci davanti, per guidarci sulla strada della giustizia e del bene, per condividere fino in fondo la nostra vita.
E, allora, posso darvi un consiglio per questo tempo d'Avvento: guardatevi intorno, cercate i segni "dell'alba" che si avvicina.
Noi siamo spesso sopraffatti dalla televisione, dalla radio in cui ci propongono gli aspetti più negativi della vita. Guardatevi intorno tra la gente che conoscete... ci sono in mezzo a noi - anche a Ostia - tante persone che cercano di dare una mano ai più deboli, ai più bisognosi.
Ci sono persone che vanno all'ospedale a dare una mano… ma non è soltanto questo! Tra le persone che conoscete, ci sono tanti che si sacrificano per stare vicino ad un parente malato, per aiutare i nipoti a crescere, per essere testimoni di pace e di giustizia e di speranza per chi cammina faticosamente sulle strade di questa terra.
Sono i segni della "luce", i segni di un mondo che siamo invitati a costruire e allora, quanto più il mondo vi sembra oscuro, le crisi irrisolvibili... fate appello alla vostra fede, al coraggio della vostra speranza: per questo viene Gesù! Non per risolvere come un tappabuchi i problemi della vostra vita, ma per invitarci a guardare avanti, a non accontentarci e a conservare la speranza con tutto il coraggio che possiamo tirare dal nostro cuore. Non è facile, ma questa è la nostra fede.
Il Signore ci aiuti
"Voce di uno che grida nel deserto: II DOMENICA D'AVVENTO - 4 Dicembre 2011
Preparate la via del Signore, Marco 1, 1-8. Isaia 40, 1-11
raddrizzate i suoi sentieri".
"Alza la voce - dice il libro del profeta Isaia - alza la voce, non avere paura"! Chi deve alzare la voce? E Giovanni il Battista... chi è stato veramente questo personaggio? Che rapporto aveva con Gesù e con i suoi discepoli? Perché i discepoli di Gesù riconoscono in lui la voce che annunzia il Salvatore?
"La voce"... che voci sono? Da dove vengono? Sono domande a cui non è semplice dare risposta!
Gli studiosi si affannano a cercare di capire chi sia il profeta Isaia e quante persone abbiano collaborato a scrivere il suo libro. Si sforzano di capire chi era Giovanni, qual era il rapporto con i discepoli di Gesù.
A noi, queste discussioni, cosa dicono? Come possono parlare a noi gli antichi profeti? Sì, possiamo leggere l'Antica Scrittura, il Vangelo… riusciamo a capire? E, soprattutto, c'è una voce che parla a me oggi, in questo momento nel concreto della mia vita di ogni giorno?
Preparando qualche cosa da dirvi mi sono fatto questa domanda: quali sono state le voci che ho ascoltato? Quali voci noi possiamo ascoltare? Non pensate alle storie prodigiose dei santi: Giovanna d'Arco che ascolta le voci o altri santi... noi siamo gente normale. Le voci strane le ascoltiamo soltanto di notte quando sogniamo!
C'è invece qualcuno che ci ha parlato? Che ci ha fatto intuire qualche cosa di Gesù, del cammino con Lui?
Abbiamo ascoltato parole, a volte, ruvide come quelle di Giovanni il Battista. A volte, consolatorie come quelle del profeta Isaia: "Consolate, consolate il mio popolo".
Ho cercato di guardare indietro la mia vita e di chiedermi: quali voci ho ascoltato? E vorrei invitarvi a fare anche voi questo piccolo esercizio stamattina uscendo da Messa: quali voci ho ascoltato? Quali sono state le voci importanti nella mia vita? Quelle che mi hanno aperto orizzonti, che mi hanno aiutato a capire?
Io sono stato un uomo particolarmente fortunato... - non smetto mai di riconoscerlo quando mi capita di fare questi discorsi - fin dalla mia infanzia, fin dalla mia adolescenza ho ascoltato "voci". Voci di persone amiche, voci di parenti.
Quando son cresciuto, nell'adolescenza, ho avuto maestri straordinari, gente che mi ha aperto il cuore, che mi ha fatto intravedere qualche cosa dei valori di Gesù.
Poi ho cominciato a studiare e ho avuto la fortuna di incontrare professori veramente geniali, che ti aprivano la mente, che ti facevano libero di cercare, di andare avanti, di non accontentarti di quello che s'era sempre detto.
Sì, perché una voce che annunzia Gesù non può essere che una voce di libertà. Una voce che ti allarga gli orizzonti, ti apre cammini di speranza, di ricerca, perché la realtà di Gesù è sempre oltre ogni parola, oltre ogni ricerca e quando sei libero di andare avanti, di cercare, quando la voce ti apre il cuore... allora fai un passo avanti.
Ho trovato delle "voci" sui libri, alcuni ne ho letti e riletti e mi hanno nutrito. Voci che venivano, a volte, da lontano, ma che comunicavano qualche cosa dei valori essenziali di Gesù… e, soprattutto, ho ascoltato voci della gente di ogni giorno.
Mentre ci ripensavo nei giorni scorsi, mi venivano in mente facce, momenti, luoghi in cui ho ascoltato parole... parole che aprivano il cuore, che illuminavano, parole che ti facevano incontrare Gesù, i sogni della sua vita, i suoi valori.
Ricordo dei bambini, dei ragazzi, degli adulti, delle riunioni in cui si parlava... a volte il discorso sembrava languire e poi qualcuno era capace di dire una cosa straordinaria che ancora mi porto nel cuore.
"Voci" e soprattutto aldilà delle voci, gente che non diceva tante parole, ma faceva gesti concreti che erano come voci che ti spingono avanti, ti mostrano un esempio, ti consolano, ti fanno vedere i segni di un Regno che viene.
E voi? Se guardate indietro quali sono state le vostre "voci"? Le voci che vi hanno consolato in momenti di difficoltà, che vi hanno spinto avanti. Le voci che vi hanno indicato Gesù, che vi hanno fatto intuire qualche cosa di Lui, che vi hanno fatto conoscere un po' della sua vita. E non ci si stanca mai di ascoltare la "voce"!
Oggi siamo sommersi da tante voci. Molti parlano, a volte strillano. Forse dobbiamo anche noi in qualche momento andare nel "deserto", non fisicamente, ma nel silenzio, nella capacità di ascoltare le voci che hanno da dirci qualche cosa di fondamentale. Le voci che ti aprono il cuore. Le voci che ti fanno scoprire la realtà tua e della gente che ti sta intorno e del mondo... di questo mondo che cambia così vorticosamente.
Qual è la voce giusta? Cosa ci spinge alla speranza, al futuro? Come si realizza la realtà di Gesù in questo mondo?
"Voci". Voci che dobbiamo essere attenti a percepire, occorre aprire le orecchie, ascoltare perché il Signore non si stanca di mandare qualcuno a cui dice: "Alza la voce, non avere paura, fatti sentire".
Dovremmo essere sempre capaci di ascoltarle queste voci. Non è sempre facile in un mondo così confuso.
Il Signore ci aiuti
Allora Maria disse: "Ecco la serva IMMACOLATA CONCEZIONE - 8 Dicembre 2011
del Signore avvenga di me secondo Luca 1, 26-38 Genesi 3, 9-20
la tua parola".
Adamo, Eva, Caino, Abele non sono i personaggi di fatti accaduti tanto tempo fa. Sono i protagonisti di racconti mitici che la fede di Israele ha costruito nel corso degli anni, cercando di intuire qualcosa del problema più grave dell'umanità: il problema del male.
Si potrebbe vivere in pace come fratelli! Perché la violenza, l'odio, le ruberie, la sopraffazione dell'uomo sull'uomo?
Israele si interroga e trova in questo "frutto" che il serpente offre ad Eva e poi ad Adamo il simbolo di quello che c'è nel cuore dell'uomo, nel profondo della sua psiche, la volontà di essere come Dio, di stabilire - a partire da sé - il bene e il male.
Quello che mi fa comodo è bene, quello che non mi fa comodo è male e si perde il senso degli altri, il senso del limite. La mia libertà non finisce dove comincia la libertà degli altri e subentra - come avete ascoltato nella prima Lettura - la paura, la sfiducia verso l'altro, il rischio della violenza.
Caino è sfortunato, il suo dono a Dio non è stato accolto come quello di Abele e cresce in lui la delusione, il rancore... perché? "Perché io sono stato trattato male? Perché c'è l'ingiustizia nella mia vita?" E cresce in lui il desiderio della vendetta.
E Dio deve rivolgersi a Caino dicendogli: "Guarda che c'è il male, accovacciato come una belva, alla tua porta, ma tu puoi dominarlo".
Ma Caino non riesce a dominare il suo male e comincia a scorrere il sangue. La violenza, poi, riempie la terra tanto che il diluvio deve distruggere tutto. C'è troppo male sulla terra e Dio fa un'amara constatazione, quasi sfiduciata: "Il cuore dell'uomo è incline al male fin dall'adolescenza!".
Ma c'è, ci può essere una speranza? Anche Dio si arrende al male dell'uomo?
Ecco, Dio da una parte deve rispettare la libertà dell'uomo. L'uomo è stato creato libero di scegliere, di andare per la strada che vuole costruire, ma d'altra parte Dio continua a proporre all'uomo un patto, un'alleanza... il coraggio di scegliere non quello che gli fa comodo, ma il bene, quello che giova al bene di tutti, di scegliere la fraternità, la condivisione della vita.
È possibile? Guardando la storia del mondo e il tanto sangue che si è sparso sulla faccia della terra sembra che non ci sia speranza, che l'uomo non possa mai riuscire a dominare il male accovacciato alla sua porta.
Ecco, oggi ci viene incontro Maria, immagine della santità! Lei ha saputo dire no al male. Ha saputo aprirsi al soffio di Dio, al vento dello Spirito. Lei ha saputo scegliere il rispetto, il dono di sé, il servizio: "Ecco la serva del Signore". Lei sceglie la gratuità, l'amore, sceglie di non volere dominare e uomini e cose, ma di mettersi al servizio degli altri.
È possibile, dunque! È possibile per l'uomo vincere il male! Ecco il messaggio che ci viene da quello che abbiamo ascoltato stamattina, da questa festa che celebriamo e, dunque, preparandoci al Natale possiamo dirci: "Se c'è riuscita lei - nonostante tutte le difficoltà della sua vita - possiamo tentare di farlo anche noi".
Non ci riusciamo sempre, ma non ci stanchiamo di ricominciare, non ci rassegniamo al male, anche ai piccoli mali quotidiani.
Anche noi - come Maria - dobbiamo essere capaci di far nascere Gesù nella nostra vita, di rendere concreti e vivi i suoi valori nella nostra storia di ogni giorno, nel rapporto con gli altri, con la gente che ci vive accanto.
Anche noi possiamo vivere o, almeno, tentare di vivere con tutta la passione del nostro cuore, la gratuità, il dono di sé, il servizio, l'amore.
Il Signore ci aiuti
"In mezzo a voi sta uno III DOMENICA D'AVVENTO - 11 Dicembre 2011
che voi non conoscete..." Giovanni 1, 6-8.19-28
"In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete": dice Giovanni Battista a quelli che lo ascoltano.
Questa frase, quando ero ragazzo, pensavo che riguardasse gli altri, le persone che non seguivano la religione, che si dichiaravano atei; che riguardasse soprattutto tanta gente nel mondo a cui bisognava mandare i missionari per annunziare il Signore Gesù.
Poi, crescendo mi sono accorto che questa frase riguardava me e tante altre persone che hanno condiviso il mio cammino cristiano.
Quando ero bambino andavo al catechismo e mi dicevano: "Gesù è Dio". Imparavo a memoria la rispostina del catechismo: "Chi è Gesù? Gesù è il Figlio di Dio fatto uomo" e credevo di sapere quasi tutto di Gesù. Lui è onnipotente. Lui vede tutto. Lui conosce ogni cosa. Mi mettevo davanti al presepe, contemplavo quel piccolo bambino che mettevamo con tanta devozione la notte di Natale e pensavo dentro di me: "Lui mi conosce, sa tutto di me. Lui è Dio, è onnipotente. ".
E, poi, crescendo ho dovuto fare l'esperienza di quel piccolo Bambino indifeso, che nasce in una grotta, esposto a ogni pericolo. Ho dovuto fare esperienza della fragilità della sua vita, dei nemici che aveva intorno, delle ansie che si portava nel cuore, della sua paura della morte.
Ho dovuto considerare seriamente il suo essere inchiodato sulla croce, con le braccia spalancate tra cielo e terra: tutt'altro che onnipotente. Il Dio impotente venuto a condividere i bassifondi della nostra storia, là dove l'uomo è umiliato e offeso.
Quando ero bambino pensavo che Gesù conoscesse ogni mio pensiero e mi giudicasse quando sbagliavo e avevo paura - addirittura - di andare all'inferno se non avessi seguito i comandamenti.
Poi ho cominciato a leggere il Vangelo e sentivo parlare di Zaccheo, della donna adultera sulla piazza, sorpresa in adulterio. Sentivo parlare di Pietro che per tre volte lo ha rinnegato e per tre volte si è sentito chiedere: "Mi vuoi bene?".
E ho cominciato a capire che certi sensi di colpa che mi portavo dentro, che ti impediscono di crescere, di amare... erano le grandi sciocchezze della religione. Dio s'è fatto carne per togliere dal nostro cuore ogni senso di colpa, per darci la speranza di poter ricominciare sempre.
Quando ero ragazzo credevo che Gesù potesse aiutarmi. Andavo a Messa e gli dicevo: "Fa che mi vada bene il compito di matematica". Non studiavo la matematica, non mi piaceva e, quindi, prendevo regolarmente quattro e qualche volta mi arrabbiavo con il Signore: "Ma come, ho tanto pregato, perché?" E mi sono accorto che Gesù non è lì a proteggere le mie sciocchezze. È lì a chiamarmi alla dedizione agli altri, al servizio, all'attenzione, alla condivisione, al rispetto, all'amore.
Sentivo che Gesù non stava dietro le mie spalle a proteggermi quando non volevo fare una cosa, ma davanti a me a chiamarmi verso un mondo più giusto.
Quando ero ragazzo credevo che Gesù fosse il garante dell'obbedienza. "Guarda Gesù come ubbidiva al papà e alla mamma - così mi dicevano - come osservava tutte le regole della sua religione".
Ho cominciato a leggere il Vangelo e mi sono accorto che a dodici anni aveva lasciato sgomenti i suoi genitori e a trent'anni se n'era andato da casa e la sua famiglia ha dovuto cercarlo… pensavano che fosse diventato matto.
Ho conosciuto in Gesù la libertà. Libertà dalla "folla" che applaude, che cerca di condizionarti. Fuggiva sempre dalla folla! Ho conosciuto la sua libertà dagli amici, dalla tradizione, dalle regole, dai culti. Ho scoperto in Gesù la libertà!
Quando ero giovane mi dicevano che seguire Gesù significava fare tante rinunce, tanti sacrifici. Mi insegnavano, quando ero bambino, che era bene fare "fioretti", che il digiuno è gradito al Signore, che la sofferenza piace al Signore e poi nel Vangelo (mi capitava di leggerlo anche ieri mattina) è scritto che Gesù era considerato un mangione e un beone, amico dei peccatori. Gesù amava la vita, non amava la sofferenza e chiamava ogni uomo a combatterla con tutte le forze!
Quando ero ragazzo mi dicevano che fuori la Chiesa non c'è salvezza. A quel tempo si parlava in latino: "Extra ecclesia, nulla salus".
E poi ho scoperto il Vangelo. La salvezza è per tutti, non soltanto per chi crede, per chi viene a Messa: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere". "Quando mai, Signore". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei fratelli lo hai fatto a me". E, questo, lo fanno tante persone che vivono sulla faccia della terra!
E non mi sentivo più chiuso nel piccolo guscio dei cristiani, ma fratello di ogni uomo che vive sulla terra e che cerca la giustizia e il bene.
"In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete".
La mia esperienza forse è un po' la vostra… il ritrovarsi qui in chiesa è un'avventura alla ricerca di Gesù. Chi è veramente Lui? Che cosa è venuto a fare in mezzo a noi? Quali orizzonti ci apre? Quali sogni ci vuole mettere nel cuore?
Ecco il cammino che comincerà con la festa di Natale, in cui contempleremo un Bambino indifeso nella culla, poi lo vedremo crescere. Cercheremo di seguirlo. Ci accompagnerà lo straordinario Vangelo di Marco, attraverso i suoi simboli tenterà di farci intuire chi è Gesù.
Portiamoci sempre nel cuore questa frase di Giovanni Battista. Io l'ho verificata tante volte. Ho letto centinaia, forse migliaia di volte il Vangelo, eppure ogni volta che lo rileggo scopro qualche cosa di nuovo, intuisco qualcosa di Gesù, dei suoi valori, della realtà della sua vita. E quello che vale per me spero che valga anche per voi.
Noi non lo conosciamo, dobbiamo sempre cercare il suo volto, i segreti del suo cuore.
Il Signore ci aiuti
"Concepirai un figlio, lo darai IV DOMENICA D'AVVENTO -18 - Dicembre 2011
alla luce e lo chiamerai Gesù". Luca 1, 26-38
Un Figlio non voluto, non aspettato. Maria accoglie questo Figlio, certo con turbamento, con sgomento… le capita qualche cosa di inaudito.
Sta per avere un Figlio. Aveva, forse, altri sogni nella sua giovanissima età, eppure, è capace di accogliere questo Figlio con dedizione piena. Sa accoglierlo con stupore e meraviglia totale. Questo Figlio è per lei un dono assolutamente gratuito e lei lo vivrà con totale gratuità. La sua vita sarà per Lui. Lo seguirà fino in fondo. Certo, questo Figlio la sorprenderà, qualche volta farà anche fatica a capirlo, qualche volta andrà a cercarlo... È andato via di casa, chissà perché! Chissà cosa passa per la testa di questo Figlio, che è suo, ma non è suo! Viene dalle profondità del mistero di Dio. Viene "dall'oltre" in cui abita la divinità. Questo Figlio non viene solo per lei, viene per tutti! È il Figlio della storia. È il Figlio di Dio e lei non può che donarsi con tutta la sua disponibilità. Lei non può che aprire totalmente lo spazio della sua vita alla venuta di questo Figlio.
La sorpresa, dunque, la meraviglia, lo stupore per qualcosa di infinitamente grande che le sta capitando.
Una storia straordinaria questa, certamente, ma a pensarci bene... non è forse la storia di ogni mamma e di ogni papà? Ogni bambino che nasce, spesso desiderato, aspettato a volte per mesi e per anni, è figlio certamente dei suoi genitori, ma non viene anche lui da un'altra dimensione, dalle profondità della vita?
Ogni figlio non è figlio di Dio? E, quindi, ogni genitore non può che accogliere il bambino che nasce con tutto lo stupore e la meraviglia che si deve a qualche cosa di infinitamente più grande di noi. La vita che nasce, che si sviluppa, è affidata alla cura, alla dedizione, all'amore, alla tenerezza del papà e della mamma.
Un figlio che nasce non può che sorprendere e, soprattutto, sorprenderà man mano che cresce, perché vorrà andare per le sue strade che non sono quelle del papà e della mamma.
A volte si sognano tante cose, si aspettano tante cose da un figlio e lui va per un'altra strada. Un figlio è sempre una sorpresa che esige gratuità e dedizione.
Ma questa che è la storia di ogni genitore non è anche la nostra storia? In questi giorni ci prepariamo al Natale e siamo chiamati, tutti, ad accogliere un Figlio, che viene nella nostra vita. Ad accoglierlo con tutto lo stupore che si deve a Dio che si fa presente nella nostra storia, con tutta la meraviglia, anche con tutta la dedizione.
Siamo anche chiamati a sorprenderci. Forse anche noi, come capita spesso ai genitori, aspettavamo qualche cosa d'altro... E nasce un piccolo Bambino, un cucciolo d'uomo.
Anche oggi, forse molti di noi, se ci dicessero: "Dio viene", ci aspetteremmo qualche cosa di straordinario. Vedremo un piccolo Bambino appena nato, indifeso, inerme. Un refolo di vento potrebbe spegnere la sua vita e quel Bambino è affidato a noi.
Ecco la sorpresa, la meraviglia con cui siamo chiamati anche noi ad accogliere Gesù che viene, perché anche a noi è affidato il compito di farlo nascere nella nostra vita di ogni giorno. Far nascere i suoi sogni, i valori della sua vita… le cose in cui Lui ha creduto possono diventare le cose in cui noi crediamo nel tessuto della vita di ogni giorno.
E, forse, tutti noi faremmo bene a ricordarci che Maria - che può essere il nostro modello in attesa del Natale - dell'annunzio dell'Angelo sembra cogliere solo una piccola cosa...
Elisabetta, sua cugina, aspetta un figlio, è al sesto mese, lei che è avanti negli anni, forse può avere bisogno e, allora, senza fermarsi nemmeno un istante a pensare al suo che deve nascere, a prepararsi a questo grande evento: Dio si fa carne dentro di lei... fa i suoi bagagli e parte in fretta per andare lontano, da Elisabetta: c'è qualcuno che ha bisogno di lei, questo solo capisce dell'annunzio dell'Angelo e va!
Forse, anche noi nel Natale che viene abbiamo intorno qualcuno che ha bisogno di noi, senza guardare tanto lontano, un parente, un amico, una persona cara che ci chiede un gesto di accoglienza e attraverso quel gesto viene Natale. Attraverso quel gesto Gesù nasce nella nostra vita e nel mondo.
Il Signore ci aiuti
Vi annunzio una grande gioia: "Oggi nella NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2011
città di Davide, è nato per voi un salvatore, Luca 2, 1-14
che è Cristo Signore".
Avete ascoltato la grande storia del mondo far capolino in questo racconto: c'è Cesare Augusto, il grande imperatore di Roma. E tutti voi certamente avete studiato, magari in tempi lontani, la grande storia del mondo: storia di re, di imperatori, di grandi conquistatori. Storia di guerre, di conquiste, di stragi. La storia delle potenze economiche, dello sfruttamento di tante parti della terra: è la grande storia che trovate sui libri.
Accendendo la radio, la televisione o aprendo il giornale, anche ieri, avete trovato la grande cronaca: un uomo che ha ammazzato tre persone, una rapina, un furto, un incidente stradale... La cronaca di tutti i giorni in cui sembra che ci sia in ogni angolo della terra, gente che ruba, che sfrutta, che spaccia droga, che fa violenza sugli altri...
Qui c'è un'altra storia! Qui c'è un'altra cronaca!
Guardate con la profondità degli occhi del vostro cuore: una donna, un uomo, un Bambino, una culla e intorno alcune semplici persone che vengono a portare dei doni.
Anche a Ostia c'è qualche bambino che è nato all'ospedale. In altre parti del mondo i bambini sono nati in qualche capanna senza l'aiuto dei medici, come tutti facevano un tempo.
È l'altra storia! La storia che non troverete mai sui libri. La cronaca che non ci sarà mai al telegiornale. Il telegiornale non vi parlerà di tutti i bambini che stanotte sono nati.
Dio viene a condividere questa storia!
Sui libri di storia alla nascita di Gesù sono dedicate due righe, anche perché gli storici non sanno bene dove Gesù sia nato, quando sia nato. Se ci fossero stati al tempo di Gesù le televisioni, i giornali... nemmeno una parola!
Dio viene a condividere la nostra storia, la mia storia, la vostra storia. La storia della gente comune dove gli uomini nascono, crescono, lavorano, si affannano, cercano di star meglio; dove i genitori si curano dei bambini, i nonni si preoccupano dei nipoti; dove si cerca di curare meglio che si può gli anziani: è la nostra storia!
La storia che non finirà mai sui giornali. La storia di cui non si farà mai notizia sui grandi libri della storia.
Dio è venuto a condividere questa storia, a camminare con noi per le strade del mondo, per mettere dentro la nostra storia i sogni del suo cuore, i sogni della giustizia, della gratuità, della tenerezza, della vita condivisa, dell'attenzione all'altro, dell'amore...
Quando tornerete a casa, fermatevi davanti al presepio, guardate un momento quel Bambino. Guardatelo con attenzione, ma fuori dell'alone favolistico in cui l'abbiamo messo: é uno di noi, come un bambino qualunque Dio viene a condividere la nostra vita. Guardate quella stella, è soltanto un simbolo della luce che viene a portare nel nostro mondo.
Poi, con gli occhi della fantasia andate in giro per il mondo...
Ci sono tante chiese come la nostra. Molte sono più grandi, solenni, ci sono anche chiese più piccole, capanne in Africa, in America latina, in India... tanta gente come noi riunita intorno alla "tavola" del Signore, che si porta nel cuore desideri di pace, di tenerezza, voglia di giustizia; che pensa che la vita sarebbe più bella se potessimo camminare insieme, condividere i nostri passi, accoglierci così come siamo, rispettarci... Guardate questa moltitudine immensa! È la storia, la vera storia del mondo! Quella storia che Dio è venuto a condividere. È venuto a camminare con noi per le strade polverose di questa terra, per portare nella nostra storia, nella mia e nella vostra storia i sogni del suo cuore.
Il Signore ci aiuti.
Al vedere la stella, provarono una grandissima EPIFANIA del SIGNORE - 6 - Gennaio 2012
gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Matteo 2, 1-12
Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono.
La stella che sorge da una parte e guida dei personaggi lungo il cammino e, quando si arriva nella città piena di confusione, sparisce e poi riappare e si ferma su una casa… non si può certo andarla a cercare nel cielo. Non è una stella, né una cometa, né una congiunzione di pianeti, come qualche volta si sente dire: è certamente un simbolo!
E così anche i Magi! Questi personaggi di cui non sappiamo niente, forse non sono esistiti. Appartengono anche loro ai racconti del mito che ci aiutano a credere.
Forse anche qualcuno di voi ripeterà la frase che mi sono sentito dire tante volte in questi anni della mia vita sacerdotale: "Don Checco, non ci tolga pure i Magi!".
Non voglio togliervi niente, vorrei restituirvi i Magi! Finché i Magi sono strani personaggi vissuti tanto tempo fa, vestiti in maniera curiosa, che disponiamo nel presepe, uno addirittura moro… non dicono niente alla nostra fede.
Io, voi, siamo i Magi! Noi siamo chiamati a far memoria di loro.
Vedete, il far memoria è fondamentale per la nostra fede e la nostra preghiera. Lo sentite ripetere per due volte nella Messa: "Fate questo in memoria di me".
Fare memoria non è soltanto ricordare un avvenimento di tanto tempo fa. Fare memoria è partecipare, è rivivere un avvenimento, un simbolo, un racconto mitologico. Riviverlo come se noi ne fossimo i protagonisti… e, allora, guardate un momento questi Magi!
Partono da lontano, inseguono la luce, una stella e camminano senza stancarsi. Un cammino lungo, probabilmente faticoso. Chissà se fra loro ci sarà stato qualcuno che, come i bambini, continuava a ripetere: "Perché? Chi ce lo fa fare? Dove andiamo? Cosa andiamo cercando?".
Tanti dubbi, forse, hanno accompagnato il loro cammino.
Poi arrivano a Gerusalemme e incontrano quelli che sanno tutto, che prontamente rispondono: "Nasce a Betlemme!" ma nessuno si muove a cercare, nessuno di loro è assetato di luce, desideroso di senso.
Non solo, si scontrano con la violenza, con il potere prevaricatore di questo mondo: è Erode il simbolo di questa violenza che arriverà fino alla strage dei bambini. La violenza che accompagna tragicamente la vita dell'uomo.
E finalmente scoprono di nuovo la stella e arrivano a Gesù e trovano, con grandissima gioia, la luce che cercavano, il senso della vita.
Ecco noi siamo chiamati a rivivere il cammino dei Magi.
Siamo noi che con tutta la forza della nostra intelligenza, che ci è stata data per cercare, per tentare di intuire, dobbiamo cercare la luce, inseguire il senso profondo della vita; con tutta la forza della nostra intelligenza e con tutta la passione del nostro cuore, perché la verità si cerca anche con il cuore, con il sentimento, con la passione.
Siamo inseguitori di luce e non possiamo lasciarci sgomentare da quelli che sanno tutto. Troppa gente all'interno della Chiesa e al di fuori ha sempre una verità da proporci. Sembra sempre che sappiano quello che è giusto e quello che è sbagliato; quello che è vero e quello che non lo è; chi ha ragione e chi ha torto; chi appartiene a una religione ed è nella verità; chi appartiene a un'altra ed è fuori dalla verità.
Al di là di tutto questo e nonostante tutti i suoi dubbi, il vero credente continua a inseguire e a cercare la verità e il senso della vita e ne scopre barlumi intorno a sé, perché ogni uomo che vive si porta dentro, magari affievolito e tiepido un barlume di verità e in ogni religione e in ogni uomo che crede c'è un pallido - se volete - riflesso di Dio.
E l'uomo che cerca, l'inseguitore della luce non si lascia nemmeno sgomentare dalla violenza, quella fisica e anche quella di un'economia che sembra mettere in crisi il lavoro soprattutto dei più giovani.
Un credente continua a cercare la verità. Continua a cercare quello che è giusto, senza stancarsi e intuisce qualcosa in Gesù di Nazareth e con Lui cerca di fare strada portandosi nel cuore la fame e la sete della giustizia, il desiderio della verità, la ricerca del senso.
È quello che cercheremo di fare in quest'anno seguendo Gesù, passo passo, nella sua vita, nella sua parola, in quello che è venuto a testimoniare in mezzo a noi della luce, della verità, "dell'oltre" in cui abita Dio.
Il Signore ci aiuti,
"Io vi ho battezzato con acqua, ma BATTESIMO del SIGNORE - 8 Gennaio 2012
egli vi battezzerà in Spirito Santo" Marco 1, 7-11.
Soltanto venerdì scorso celebravamo la festa dell'Epifania e vi invitavo a far memoria del cammino dei Magi, a rivivere la loro ricerca, il loro arrivare fino a Gesù e, con grandissima gioia, scoprire in Lui la luce che viene dall'Alto. È il cuore della nostra fede. Gesù è la luce. In Lui si manifesta la verità, la gloria di Dio. In Gesù di Nazareth il volto inaccessibile di Dio si fa presente.
Oggi vorrei invitarvi a far memoria dell'inizio della missione di Gesù
Con gli occhi della vostra fantasia andate là, dove predica Giovanni il Battista sulla riva del Giordano, profeta severo, veste con peli di cammello e mangia cavallette e miele selvatico. Un profeta che annuncia la fine, la grande catastrofe, la venuta del castigo e invita alla conversione, a tornare agli inizi del cammino di Israele quando tutto sembrava puro, le intenzioni belle e splendenti...
Guardate questa folla riunita intorno a lui col cuore pentito e provate ad immaginare... ma noi ci portiamo dietro - per quello che ho capito io - tutta la tradizione religiosa del nostro passato che è poco legata al Vangelo.
Provate ad immaginare che vi invitino qui in piazza Anco Marzio (senza andare tanto lontano) con questo annuncio: "Oggi invece di uno dei soliti concerti che rallegrano le serate degli Ostiensi, venite, là si manifesta Dio, Dio viene a portarci la sua luce".
Cosa vi immaginereste? Forse di ascoltare un grande discorso. Forse qualcuno capace di svelarvi i segreti della storia e dell'universo. Il senso ultimo della vita dell'uomo e del mondo. O, forse, potreste aspettarvi di assistere ad un grande miracolo, un segno prodigioso. O, forse, qualcuno - ma più di qualcuno - si aspetterebbe di ascoltare parole di rimprovero, di condanna di questo mondo così corrotto: niente di tutto questo!
Guardate con gli occhi della fantasia... in mezzo a tutta quella gente radunata per ricevere il Battesimo da Giovanni... un uomo che viene da lontano, da Nazareth, un piccolo oscuro sperduto paese dell'interno della Palestina... diranno un giorno i discepoli di Gesù: "Abbiamo conosciuto il profeta Gesù di Nazareth". "Che può venire di buono da Nazareth?": risentiranno rispondere.
Ecco, da Nazareth arriva un uomo sui trent'anni circa (così sembra dirci il Vangelo, almeno, quello di Luca) con le mani callose, il volto segnato dal sole, dalle intemperie. È vissuto per tanti anni facendo il falegname, usando la pialla, la sega, aggiustando sedie, riparando tavoli, aratri che servono per il mondo contadino...
E, quest'uomo, sconosciuto ai più, si mette in fila con tutti gli altri e va a ricevere il Battesimo da Giovanni. Anche Lui china il capo, si ferma tra chi chiede perdono. Nessun prodigio, nessuna minaccia, nessun rimprovero: niente di tutto questo!
Prima di fare qualunque cosa per noi Gesù si mette accanto a noi, a camminare con noi, come un vicino qualunque, come un amico pronto sempre a metterti la mano sulla spalla, quando il cammino si fa pesante. Viene a condividere nella semplicità la nostra vita, la fatica di essere uomini, anche i momenti più difficili del cammino umano. Finirà su una croce condannato dai potenti della terra. Eppure viene a condividere con noi la fame e la sete della giustizia, il desiderio del bene, la capacità di essere mite, misericordioso, pacifico, di accogliere colui che sbaglia, di vivere la gratuità: così si manifesta Dio!
Fatene memoria nella vostra fede. Dio non viene a risolvere i problemi del nostro mondo. Qualche volta aspettiamo la provvidenza: che Dio ci aiuti, che ce la mandi buona in tutto il cammino della nostra esistenza. No! È un compagno di strada, è un amico del cammino, è Uno che ti sta accanto, che cerca di scaldarti il cuore, che tenta di comunicarti la speranza, la voglia di vivere, il desiderio di non fermarti mai: così Dio si manifesta in mezzo a noi.
Dio che si fa compagno del nostro cammino, amico della nostra strada sulla terra. Non è sempre semplice accettarlo, per quello che ho capito.
Lui ci aiuti.
"Che cosa cercate?". II DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 15 Gennaio 2012
"Dove dimori?". Disse Giovanni 1, 35-42
loro: "Venite e vedrete"
Due discepoli di Giovanni seguono Gesù. Si volta e chiede: "Che cercate?". "Maestro dove dimori?". "Venite e vedrete".
Non è il racconto di un fatto accaduto tanto tempo fa: è il simbolo della domanda fondamentale di ogni credente: "Gesù, chi sei, qual è la terra in cui abiti, quali sono i sogni del tuo cuore, qual è la realtà della tua vita, come possiamo conoscerti fino in fondo, vivere con te, dimorare presso di te?".
Ma noi come possiamo vedere dove abita Gesù, rimanere con Lui? Gesù non è più in mezzo a noi. Dove possiamo andarlo a trovare? Come possiamo sederci con Lui intorno a una tavola, ascoltare la sua Parola, conoscere i sogni del suo cuore? Non c'è data questa possibilità! E, allora, quali strade abbiamo?
Vorrei indicarvene due che ritengo fondamentali!
La prima la intuiamo dal racconto che abbiamo letto. È Andrea, il fratello di Simone che dice: "Abbiamo incontrato il Messia, il Cristo". È lui che, in qualche modo, lo mette in contatto con Gesù che ancora non ha mai visto.
E noi… chi ci ha messo in contatto con Gesù? Chi ci ha fatto in qualche modo incontrare il Signore? Chi ci ha fatto conoscere la sua Parola, i sogni del suo cuore, la realtà della sua vita?".
Riandate indietro con la fantasia alla vostra vita. Fin da quando eravamo bambini… il papà, la mamma, le persone che abbiamo incontrato, gli amici (spero che la maggior parte di voi sia stata fortunata come lo sono stato io), tante persone che ci hanno fatto fare esperienza della gratuità, della libertà, della tenerezza, della giustizia: è questa la terra dove abita Gesù!
Persone che ci hanno mostrato che l'uomo conta se ha fame e sete della giustizia, se è mite, misericordioso, se opera la pace, se si dà da fare per andare incontro agli altri. Quante persone ho incontrato nella mia vita che mi hanno fatto sperimentare concretamente chi è Gesù, quali sono i valori che Lui si portava nel cuore.
Quanta gente ho incontrato che sapeva andare aldilà delle tradizioni, delle cose che si sono sempre dette... perché - vedete - l'esperienza che facciamo con gli altri di Gesù, a volte, è contraddittoria, alcuni mi dicevano che l'incontro con Gesù è fatto di regole, di leggi, di imposizioni che comportano, spesso, sensi di colpa, pesi sul cuore.
Ho avuto la fortuna di incontrare persone capaci di liberarmi lo spirito; di farmi incontrare in Gesù Colui che non spezza mai la canna incrinata, non spegne il lucignolo che fumiga.
Ho potuto incontrare Gesù che quando sbagli, come un buon pastore, viene a cercarti e ti porta sulle spalle per ridarti il senso della vita.
Ecco, tante persone che in qualche modo mi hanno fatto fare esperienza di Gesù. Posso dire che anch'io ho "abitato" con Lui, mi sono fermato presso di Lui. Ho fatto esperienza dei sogni del suo cuore.
Certo, ho dovuto scegliere! Perché ho incontrato nella vita anche tante persone che mi dicevano: "Gesù è così, Gesù dice questo, Gesù comanda questo; se non fai così non sei discepolo di Gesù". La scelta era affidata alla mia libertà. Noi, Gesù, di persona, non lo possiamo conoscere. Non possiamo sederci con Lui, ma - ricordatevi - tante persone al suo tempo si sono sedute con Lui e non l'hanno riconosciuto, perché?
Forse perché non erano liberi di aprirsi a Lui. L'incontro con Gesù è affidato alla nostra scelta, alla nostra libertà, occorre cercare di distinguere che cosa è giusto, cosa avrebbe detto, cosa avrebbe fatto Lui e cosa no. Siamo uomini liberi. L'immagine della nostra vita cristiana sono i Magi, inseguitori della luce senza stancarsi.
Ma c'è un altro modo di entrare in contatto con Gesù. Non è più semplice, anche se a questa domanda molti risponderebbero: "Se vuoi conoscere Gesù leggi il Vangelo!". Il Vangelo non è un libro a buon mercato!
Vedete, quest'anno ci accompagnerà la domenica, nel cammino della nostra preghiera, il Vangelo di Marco. Io lo ritengo (ormai da anni) il Vangelo più vicino a Gesù, il più profondo, il più vivo, il più bello. Eppure, il Vangelo di Marco è, forse, il più difficile e noi siamo stati educati alle rispostine del catechismo. Sembrava (quando ero ragazzo) pericoloso leggere il Vangelo da soli.
Il Vangelo di Marco - lo vedrete - è ricco di simboli straordinari. Non sono storie di tanto tempo fa, sono simboli, tentativi di esprimere l'esperienza che gente come noi ha fatto vicino a Gesù.
Sono simboli da interpretare, da rivivere nella nostra esperienza e non è semplice. Dovremo cercare di vedere cosa vuole dire Gesù in questa parabola, in questo racconto, in questa storia. Quali di queste parole ha dette veramente Lui, quali hanno aggiunte gli altri.
E dovremo scegliere. Scegliere quello che secondo noi è giusto e quello che non lo è.
È sconcertante, questo, per la maggior parte dei cristiani. Credo che lo sia anche per qualcuno di voi. "Come, scegliere nel Vangelo? Quello che è nel Vangelo è parola di Dio, lo abbiamo letto adesso: Parola del Signore".
No - lo vedrete - bisogna interpretare, bisogna scegliere, bisogna capire quello che riguarda me, profondamente, nella mia esperienza. Soltanto allora il Vangelo diventa vita, Parola del Signore per me. Soltanto allora posso fare esperienza di Lui, dei sogni del suo cuore, della realtà della sua vita. Soltanto allora posso "sedermi" con Lui e vivere di Lui, della sua Parola, della sua vita.
Non è sempre semplice, lo vedremo. Il Signore ci aiuti.
Gesù disse loro: "Venite dietro III DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 22 Gennaio 2012
a me, vi farò pescatori di uomini". Marco 1, 14-20
Vi dicevo domenica scorsa che il Vangelo ha bisogno di essere interpretato; occorre capire cosa hanno scritto, in che modo lo hanno scritto.
Vedete, se prendete quello che abbiamo letto oggi come il raccontino di un fatto accaduto tanto tempo fa, non potete che esprimere il vostro stupore.
Come può un uomo che non conosco passarmi accanto e dirmi: "Vieni con me" e io subito vado? Non ha nessun senso eccetto che non si cada nel miracolismo, nel magico.
No, questo racconto è l'espressione di un'esperienza, anzi - direi - dell'esperienza fondamentale dei primi discepoli. Loro hanno avuto la fortuna di incontrare Gesù e l'incontro con Lui ha riempito di calore, di luce, di amore la loro vita. Ha dato un senso nuovo alla loro esperienza di uomini e di credenti.
Sono stati invitati a camminare con Lui, a condividere la sua strada, le sue parole, i valori del suo cuore. Un cammino che diventa amicizia, confronto, incontro, qualche volta, scontro. Un cammino fatto insieme per condividere la vita, per entrare sempre più in sintonia: è la fede!
La fede che è un dono! Avete ascoltato tante volte: "la fede è un dono" e qualcuno che dice: "Se non ho ricevuto questo dono, che colpa ne ho?".
La fede non è il dono di una cosa, come quando vi regalano - che so - un libro o un gioiello o, addirittura, un'automobile... La fede è la fortuna di aver incontrato una persona che è veramente un dono per me, anzi "il" dono della mia vita.
Ma, questo, non significa che c'è o non c'e... si tratta di un cammino, un'esperienza, piena - qualche volta - di dubbi, di difficoltà, di ricerca. È un cammino che non finisce mai, è un cammino che ci coinvolge pienamente.
Per capire ciò che voglio dire, pensate alla vostra esperienza. Molti di voi - penso - sono stati fortunati per aver incontrato - che so - il marito, la moglie, degli amici, oppure pensate al rapporto con i figli... la persona che avete incontrato è un dono per la vostra vita, anzi, direi è "il" dono. Il dono fondamentale che vi ha riempito di valore, di senso, che ha arricchito la vostra esistenza.
È un dono fatto di confronto, di incontro, del tentativo di guardarsi negli occhi, di camminare insieme, di condividere la vita giorno per giorno. È una ricerca che conserva sempre un suo aspetto misterioso, perché l'altro, per noi, è sempre un mistero, è sempre più grande di quello che possiamo conoscere, anche perché ogni uomo è - almeno in parte - un essere libero e quello che è oggi può non essere domani. Le sue scelte, i suoi sentimenti possono cambiare e allora...? Continuare a cercare, dialogare...
Quello che vale per i nostri rapporti umani vale per il nostro rapporto con Dio, anzi di più!
Gesù non può che rimanere per noi il mistero, più grande di quello che possiamo conoscere. Il cammino con Lui, la fede è una ricerca continua, che non finisce mai.
Nessuno di noi può mai arrivare alla Verità totale! La fede è un cammino fatto insieme, possibilmente senza intolleranze, alla ricerca di Gesù, dei valori del suo cuore, della sua realtà. E il tentativo di andare con Lui, di condividere la sua vita.
E, quando leggete nel Vangelo che i discepoli "lasciano tutto"... lasciano - avete ascoltato - prontamente la barca, il lavoro, il padre... non affrettatevi a trarre conclusioni, aspettate a vedere cosa un discepolo che va dietro Gesù deve lasciare.
Il Vangelo di Marco ce lo dirà piano piano.
I discepoli non lasciano la barca! Tra qualche pagina del Vangelo li ritroveremo ancora sul lago a pescare, anche dopo la Risurrezione: ricordate tutti l'episodio della "pesca miracolosa". E soltanto tra due domeniche - vedrete - troveremo Pietro a casa della suocera. Non hanno lasciato le loro famiglie!
Quello che dovranno lasciare è qualche cosa d'altro!
Quello che Gesù tenterà di far lasciare loro è la paura di Dio, è il senso di una religione soltanto provvidenzialistica, basata su uno scambio interessato col Signore. Tenterà di farli lasciare un modo di concepire la tradizione, la legge. Tenterà di far capire fino in fondo che non è l'uomo fatto per il Sabato, per la legge, per la tradizione; ma è la tradizione, la legge fatta per l'uomo: ogni cosa è fatta per l'uomo!
Dovranno lasciare un'idea di Dio che impone all'uomo qualche cosa di assoluto. L'uomo è fatto per Dio e Dio è fatto per l'uomo in un cammino e una ricerca che non finisce mai.
Anche noi siamo chiamati a seguire il Signore. Anche noi abbiamo avuto la fortuna di incontrare Lui. Pensate a quanta gente sulla faccia della terra non ha mai sentito parlare di Gesù! Noi abbiamo avuto la fortuna che Lui attraversasse la nostra strada. Siamo migliori degli altri? Certamente no!
Come un uomo che ha trovato una moglie straordinaria… è migliore degli altri? No, è soltanto più fortunato e probabilmente più responsabile.
Siamo responsabili del nostro credere. Attraverso i nostri dubbi, attraverso le avventure della nostra vita, nel concreto della nostra esperienza, perché - come avete ascoltato - i discepoli sono chiamati mentre stanno a lavorare, mentre vivono nelle loro famiglie; lì, dentro la famiglia, dentro il lavoro di ogni giorno possiamo seguire Gesù, condividere i suoi valori, la sua luce, la sua giustizia, la sua pace, la verità della sua esperienza di uomo in mezzo a noi: questa è la fede!
Un'avventura... un'avventura che non finisce mai, senza false sicurezze, senza intransigenze, senza fondamentalismi. Un'avventura di persone che hanno il cuore fragile, che sanno di non possedere mai la verità, perché è la verità di un'altra persona e non si può possedere mai, né tra noi uomini, né tanto meno con Dio.
Ma, questo, non ci toglie dalla ricerca, dalla voglia di incontrarci sempre di più e di capire sempre di più chi è Gesù per noi, che cosa significa andargli dietro nel concreto della nostra esperienza umana.
Il Signore ci aiuti
Egli infatti insegnava loro IV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 29 Gennaio 2012
come uno che ha autorità, Marco 1, 21-28
e non come gli scribi.
Questa straordinaria pagina del Vangelo di Marco mi ha fatto ripensare al cammino della mia vita cristiana e ritornare in mente episodi di tanto tempo fa in cui mi sembrava di aver intuito qualche cosa di importante.
Vedete, da quando, pian piano, nella mia adolescenza, al di là delle rispostine del catechismo che abbiamo mandato a memoria quando eravamo bambini... ho cominciato a scoprire Gesù, la sua persona, le sue parole, mi sembrava veramente di aver incontrato Uno che parla con autorità e non come gli altri maestri.
Perché parla con autorità?
Perché ti fa toccare con mano il cuore della tua realtà di uomo. Ti fa incontrare i valori fondamentali della vita. Ti fa incontrare la luce di Dio, capace di aprirti la mente, di riscaldarti il cuore.
Ricordo episodi di tanto tempo fa, quando ero un giovane prete negli anni sessanta e, con un gruppo di ragazzi, studenti, lavoratori, universitari cercavamo di scoprire qualche cosa di Gesù e del Vangelo e ci capitava, insieme, di ascoltare tante persone... sociologi, psicologi, filosofi, storici che cercavano di spiegare la realtà.
Ognuno di loro aveva la sua spiegazione, a volte in contrasto con quella degli altri e, spesso, pretendevano che la loro spiegazione fosse l'unica giusta, capace di render conto della realtà. A noi sembrava che l'incontro con Gesù ci facesse liberi di cogliere in tutti loro una parte di verità, ma che ci portasse oltre, ai valori essenziali della vita, a scoprire il cuore dell'esistenza umana e del rapporto con Dio.
È stata, forse, l'esperienza fondamentale dell'inizio del mio cammino di prete.
E un'altra cosa ci sembrava di intuire: che l'incontro con Gesù ci facesse scoprire che cos'è veramente il male. Cacciare il diavolo non vuol dire andare dall'esorcista per uscire dalla possessione diabolica (sono sciocchezze di tanto tempo fa). Il male, nella vita, è qualche cosa di concreto e Gesù ci aiutava a capire che dove l'uomo è umiliato e offeso, là c'è il male. Quello che fa soffrire un'altra persona, quello è male! E, pian piano, scoprivamo come con Lui potevamo combattere questo male, almeno in parte, dentro di noi e intorno a noi, con coraggio.
Ma c'è un'altra esperienza che è stata importante nella mia vita. Vedete, man mano che crescevo mi rendevo conto, guardando indietro nella storia del cristianesimo che tante, troppe volte in nome di Dio erano stati fatti dei crimini. Troppa gente pensava di sapere chi fosse Dio, cosa ordinasse Dio. "Dio lo vuole": dicevano esortando alle Crociate.
In nome di Dio sono stati bruciati eretici, streghe... pensate a Giordano Bruno nella piazza di Campo di Fiori e tanti, tanti altri... in nome di Dio!
In nome di Dio sono stati conquistati interi continenti con la croce in mano, distruggendo e portando morte e disperazione. Poteva essere Dio?!
Ma venendo più vicino alla mia esperienza, mi rendevo pian piano conto che anche oggi c'era chi parlava in nome di Dio. Trovavo dei maestri che cercavano di importi la loro visione del mondo, il loro modo di pensare e di credere in Dio. C'era troppa gente che pensava di sapere che cosa è vero e che cosa è sbagliato; che cosa è giusto e che cosa non lo è.
Pensate che in nome di Dio si è negato il funerale a un pover'uomo che voleva staccare la spina della sua insopportabile vita e si è arrivati, in nome di Dio, a chiamare "assassino" un padre che chiedeva di staccare la spina alla figlia che viveva in stato soltanto vegetale. In nome di Dio, come si può!?
E, allora, capite la mia gioia quando ho scoperto nella Scrittura e nel Vangelo che andare oltre coloro che cercavano di sapere tutto di Dio era molto importante.
Avete ascoltato oggi - e lo trovate per tre volte nel Vangelo di Marco - che i "diavoli" sanno chi è Dio, ma devono stare zitti, o meglio non sanno, ma pensano di sapere… allora, quando qualcuno vi parla in nome di Dio, chiunque esso sia, ricordatevi: parla il "demonio".
Capisco che è un'affermazione forte, ma lo dice il Vangelo, non lo dico io! I demoni sanno chi è Dio ma devono stare zitti.
C'è un comandamento fondamentale nell'Antico Testamento, lo conoscete tutti: "Non nominare il nome di Dio invano"… a noi l'hanno banalizzato. Ci hanno detto: "Non bestemmiare". Mia mamma se diceva: "O mio Dio!" si metteva la mano sulla bocca: "Che cosa ho fatto, ho nominato il nome di Dio invano".
"Non nominare il nome di Dio invano" è qualche cosa di fondamentale. Si tratta di non usare mai il nome di Dio per imporre agli altri la propria visione, il modo di vedere e capire.
Ho anche provato un senso di liberazione nello scoprire che anche le persone più giuste, quelle che avevano illuminato la fede sapevano dire sciocchezze... Avete ascoltato attentamente nella seconda lettura quello che dice san Paolo? Non ha capito niente del matrimonio, però parla in nome di Dio! Come facciamo a dire all'apostolo, se venisse qui: "Paolo, ma che dici, perché parli in nome di Dio?!". Addirittura diceva che Dio vuole che le donne portino il velo in testa Qui vi caccerebbe tutte fuori e avreste tutto il diritto di dire: "Ma che stai facendo?".
In nome di Dio... Se ascoltate qualcuno, che sia un vescovo o un prete che parla dall'altare e dice: "In nome di Dio"... Sapeste quanti hanno tribolato - forse anche più d'uno di voi - perché ci dicevano che i metodi anticoncezionali erano peccato grave e si andava all'inferno e molti erano convinti che non fosse così... In nome di Dio...
Chi parla in nome di Dio parla in modo diabolico, ci dice oggi il Vangelo di Marco, come dovremmo ringraziarlo per questo coraggio! E come dovremmo, senza stancarci cercare Dio e cercare in Gesù il Maestro che parla con autorità. Il Maestro capace di aprirti l'intelligenza alla luce, di scaldarti il cuore, di farti cercare i valori essenziali, senza importi niente, ma invitandoti a camminare con Lui sulla strada della verità e del bene. Non è molto semplice.
Il Signore ci aiuti
La suocera di Simone era a letto V DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 5 Febbraio 2012
con la febbre. Egli si avvicinò, Marco 1, 29-39
la fece alzare; la febbre la lasciò
ed ella si mise a servire.
Domenica scorsa il Vangelo di Marco ci invitava a seguire Gesù, il Maestro che ha autorità. Ci invitava a camminare con Lui verso la terra del sogno, della pienezza della vita, della libertà, dell'amore. Un cammino lungo e non sempre facile, un cammino appassionante, cercando di intuire i valori del suo cuore, le strade della sua vita.
Ma prima di partire per un lungo viaggio - ci avverte oggi Marco - bisogna essere sicuri che non si sia "malati" altrimenti è difficile mettersi in cammino, soprattutto se il cammino è arduo e - come avete ascoltato - nella casa di Simone, nella comunità dei discepoli c'è la malattia, c'è la febbre. La "febbre" che impedisce di alzarsi e servire.
Ecco, Marco ci avvisa: "Guardate che rischiamo di avere una malattia". Una "malattia" che ci impedisce di seguire il Signore, perché ci impedisce di alzarci per servire.
A molti di voi la parola servire non piace. Non è un problema di parole, cambiatela pure, trovate quella che vi fa più comodo, che è più vicina alla vostra sensibilità. Ma, guardate... se uno pensa solo a se stesso, se non è disposto ad aprirsi agli altri, se vuole fare soltanto il proprio comodo... non può seguire il Signore! È la condizione di fondo!
Lui ci vuole portare nella terra del servizio. Come Lui che - come dirà più avanti - "è venuto non per essere servito, ma per servire e donare la sua vita". Essere attenti agli altri, condividere la vita, aprirsi ai loro bisogni e - come avete ascoltato - davanti alla porta della casa di Pietro c'è una moltitudine di gente tribolata e bisognosa. Verso questa moltitudine bisogna chinare i propri occhi e la propria attenzione.
Quando si parla di servizio non pensate a fatti straordinari; gente che parte per terre lontane, che compie gesti eroici... no, il servizio è qualche cosa di quotidiano! È occuparsi con tenerezza, con attenzione, a volte anche con sacrificio di chi abbiamo intorno... dei figli, dei nipoti, della gente che abbiamo in casa, degli amici... Il servizio sul posto di lavoro, nella società, l'attenzione agli altri, il prendere parte, senza sgomento, ai problemi della vita, cercando di comprendere che cosa sia giusto... tutto questo e tanto altro è servizio, attenzione all'altro, non farsi soltanto i propri comodi, non pensare soltanto ai propri interessi.
Da questa "malattia" Gesù può liberarci!
La suocera di Pietro è malata, un po' di febbre soltanto. Sembrerebbe non un grande miracolo! Gesù si avvicina, la fa alzare, la prende per mano ed ella si mette a "servire". Ecco, anche noi possiamo incontrare Gesù che ci prende per mano e ci fa capaci di aprirci al nostro prossimo.
Ma c'è un'altra indicazione che questa pagina del Vangelo di Marco ci vuole dare all'inizio del nostro cammino. Ci invita a guardare Gesù che se ne va sulla montagna, lontano dalla gente. Se ne va da solo a pregare, a cercare le strade della sua vita, a riflettere sulle cose fondamentali. E quando Pietro gli dice: "Tutti ti cercano... ". Lui risponde: "Andiamo da un'altra parte, c'è altra gente che ha bisogno di noi".
Ecco, la "folla". La folla che ti vuole catturare, che ti vuole costringere. Questa folla - lo vedrete - è l'incubo del Vangelo di Marco. Gesù tenterà sempre di sfuggire e di far fuggire i suoi dalla folla.
La "folla" è quello che fanno tutti, quello che dicono gli altri, le abitudini comuni. Perché vuoi essere diverso? Chi te lo fa fare? Siamo condizionati dalla folla... lo vedo qualche volta anche nei nostri bambini: debbono vestire tutti allo stesso modo, avere gli stessi giochini, comportarsi allo stesso modo, dire le stesse parolacce e, non soltanto quando si è bambini, anche quando si cresce; l'opinione degli altri, quello che fanno tutti.
Quante volte abbiamo detto: (forse l'ha detto anche qualcuno di noi e forse anch'io) "Così fan tutti, chi me lo fa fare a sforzarmi un po' di più? Tutti non pagano le tasse e non le pago anch'io! Tutti si comportano in una certa maniera. Tutti si preoccupano poco del prossimo, perché devo preoccuparmi io? I problemi del mondo non sono certo i problemi miei!"
Ecco, la "folla" che ci stringe, ci vuole tutti uguali e siamo tentati di essere come ci vogliono, di preoccuparci solo di apparire, di metterci in mostra. Non ne sono tentati soltanto i politici, ma anche la gente comune, anche noi. Fare sempre attenzione a quello che gli altri possono dire di noi, che non ci critichino. Il modo di pensare degli altri può influire sulla nostra vita e condizionarci.
Ecco, Gesù ci dice: "Via dalla folla, andiamo da un'altra parte" Là c'è una Parola da ascoltare, ci sono dei valori da comunicare.
E un altro avviso, brevissimo, il Vangelo di Marco ci dà, ma credo che sia fondamentale per seguirlo nelle prossime domeniche.
Vedete, il primo miracolo che Marco ci propone - ce ne proporrà tanti altri - è il più semplice e il più banale... soltanto un po' di "febbre". Gli diremmo: "Che prenda un po' di latte e miele, si metta a letto e guarirà come siamo guariti dalle nostre influenze di questo periodo". No, non si tratta di guarire la febbre: è un simbolo!
Gesù non è venuto per fare il guaritore. Gesù è venuto per portarci un annuncio, per invitarci a camminare con Lui e, allora, vedrete che i miracoli che leggeremo, a cominciare da domenica prossima, sono tutti simboli!
Simboli di qualche cosa d'altro, simboli della nostra vita. Gesù non è venuto a risolvere i problemi della nostra esistenza! Dalla lebbra che affliggeva tanti al tempo di Gesù, non si è guariti per i miracoli... ma per la ricerca, per la passione, per lo studio di tanta gente e oggi chi se ne intende ci dice che basterebbe poco per far sparire la lebbra da questo mondo se - come Gesù - tutta l'umanità concepisse il servizio, l'attenzione agli altri, la preoccupazione di chi è più debole, di chi è malato. "Basterebbe - diceva Raoul Follerau - il costo di una portaerei per guarire tutti i lebbrosi del mondo e far sparire la lebbra!"
Non è mai stato semplice, ma su queste cose conviene che anche noi ci fermiamo qualche volta a pensare. Non possiamo farci condizionare dalla "folla". Non possiamo voler soltanto apparire. Dobbiamo cercare le cose importanti della vita, vivere l'attenzione agli altri, il dono di noi stessi.
Il Signore ci aiuti.
Un lebbroso lo supplicava in VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 12 Febbraio 2012
ginocchio: "Se vuoi puoi Marco l, 40-45
purificarmi". Ne ebbe compassione
lo toccò: "Lo voglio, sii purificato".
Leggere e interpretare il Vangelo non è semplice. Si tratta di capire cosa hanno scritto personaggi di tanto tempo fa, che avevano un modo di parlare, una cultura diversa dalla nostra; non amavano discorsi astratti, né lunghi racconti, usavano un linguaggio ricco di simboli. Capire che cosa volessero dire, quale messaggio volessero comunicare... non è semplice. Anche perché, nel corso dei secoli, sono state date tante interpretazioni diverse.
Nel lungo cammino della mia vita mi hanno aiutato da una parte gli studiosi, quelli che hanno passato anni e anni a studiare attentamente il Vangelo, scrutandone parola per parola, imparando a leggere anche gli antichi manoscritti... perché - voi sapete - fino al millequattrocento non c'erano libri stampati, bisognava scrivere tutto a mano.
E il Vangelo è stato copiato e ricopiato tantissime volte perché ogni parrocchia, ogni gruppo di cristiani - come siamo noi - ne aveva bisogno per leggerlo la domenica e molti di questi antichi manoscritti, sono conservati e bisogna confrontarli e vedere quali sono le parole giuste, quelle originali... insomma un lungo lavoro! Un lavoro prezioso a cui sono molto grato!
Ma soprattutto mi ha aiutato a capire qualche cosa del Vangelo l'incontro con la gente; con la gente semplice, buona, la gente di tutti i giorni; quelli che cercavano di vivere l'incontro con Gesù con grande dedizione.
Vedete, erano persone che se incontravano nella propria casa, intorno a sé, tra gli amici, qualcuno che soffriva... si davano da fare per lenire la sofferenza in tutti i modi che era nelle loro possibilità e la sofferenza degli altri faceva soffrire anche loro, suscitava la loro indignazione e il loro sgomento. Quanta gente ho visto che non riusciva a sopportare la sofferenza di un parente, di un amico!
Questa gente, se provavo a raccontare che nei tempi antichi c'era chi - qualcuno lo hanno fatto passare per santo - si metteva il cilicio, si flagellava... esprimevano tutta la loro indignazione: "Ma come è possibile, è proprio vero?". Sì, è vero!
Ci facevano fare i fioretti - quando eravamo bambini - mettendoci in ginocchio sui ceci (qualcuno dice di sì, si vede che siamo vecchi, adesso pare che non s'usi più).
L'idea che a Dio la sofferenza fosse in qualche modo gradita faceva profondamente indignare quelle persone buone che conoscevo.
E li faceva indignare profondamente il fatto che i medici, le strutture sanitarie non combattessero con tutte le forze la sofferenza, il dolore, soprattutto il dolore terminale.
Vedete, c'è in Italia - ormai da qualche anno - una legge sul tema del dolore. Una delle leggi migliori (mi dicono) che ci sia in Europa, ma spesso non viene applicata! È arrivata tardi e si applica poco, forse, perché siamo in una società cattolica!
Può capitare a una giovane donna di andare all'ospedale per partorire e di chiedere il parto senza dolore e sentirsi dire dall'anestesista: "Ma nella Bibbia è scritto che dovete partorire con dolore". Ecco, spero che questo susciti indignazione anche a voi!
Capite la mia meraviglia quando leggendo i libri degli studiosi mi sono accorto che in questa pagina c'è la stessa indignazione di Gesù! Perché qui c'è una frase che oggi è tradotta: "Gesù mosso a compassione..." ma il testo originale greco sembra dire: "Gesù fu preso da indignazione..." Anche Lui di fronte all'uomo che soffre si indigna!
Non è accettabile che l'uomo soffra, soprattutto non è accettabile la terribile sofferenza del lebbroso che è escluso (come avete ascoltato dalla prima Lettura) e deve andare in giro tutto stracciato, coprendosi la bocca e gridare: "Impuro, impuro!" che non significa solo: "Io contamino, ma io sono un peccatore". Questo - vedete - è il più terribile dei capolavori della religione. Non solo soffri, ma è pure colpa tua, perché hai peccato!
Ho visto l'indignazione di persone giuste perché il santone di turno aveva detto: "Se c'è il tumore nella tua famiglia, qualcuno ha peccato!". E ce se la piglia - in questi casi - con la persona più debole, si cerca il capro espiatorio... L'indignazione è doverosa, non solo possibile, ma doverosa!
Bisogna non accettare il dolore e la sofferenza! L'idea che la sofferenza e il dolore siano graditi a Dio è - per quello che ho capito io - una vera bestemmia!
Dio ama la pienezza della vita, la gioia, il piacere. Pensare che il dolore Gli sia gradito e guardi il piacere con sospetto è veramente una bestemmia! Dio ci ha creato per la bellezza della vita, per il piacere e quando c'è un inevitabile dolore nel nostro cammino... chi ci sta intorno dovrebbe con tutte le sue forze cercare di curarlo, di annullarlo il più possibile con tutti gli strumenti che la ricerca ha messo a nostra disposizione.
Oggi, in Italia, è possibile che la gente non soffra e bisogna esigerlo se ci capita una malattia, per quando arriveremo al termine della nostra vita, e dobbiamo esigerlo per gli altri. Conservare una sana indignazione di fronte alla sofferenza e al dolore - secondo me - è qualche cosa di importante per la vita cristiana. Il Vangelo di oggi ci dice che anche Gesù si indigna di fronte al dolore. Si indigna di fronte all'idea che questo povero lebbroso non solo soffra ma debba gridare: "Impuro..." lo guarisce e lo manda dai sacerdoti a testimonianza per loro!
Che imparino...! Dio non punisce!
Quante donne ho incontrato (voi nemmeno lo immaginate) nel corso della mia vita che avevano paura che Dio le punisse nei loro figli. Ma si può credere a un Dio così!?
Ecco, concludo... conservate anche voi, come Gesù, l'indignazione verso il dolore, esigete di non soffrire. E se qualcuno vi dice che il dolore e la sofferenza è una punizione di Dio, è il castigo per il peccato... gridate contro una bestemmia. Noi dobbiamo amare la vita e cercare di fare tutto quello che possiamo, con la maggiore tenerezza possibile, per sollevare da ogni dolore chi ci sta accanto, dolore sia fisico, sia psichico. Non è sempre facile.
Il Signore ci aiuti
Si recarono da lui portando VII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Febbraio 2012
un paralitico. A causa della Marco 2, 1-12. Isaia 43, 18-19
folla scoperchiarono il tetto.
"Figlio ti sono perdonati i peccati"
Domenica scorsa (qualcuno di voi lo ricorderà) il Vangelo di Marco ci parlava del dolore, della sofferenza e ci invitava a conservare - come Gesù - un senso di indignazione di fronte alla sofferenza. Non bisogna soffrire, non è giusto che l'uomo soffra! E, soprattutto, l'indignazione quando la sofferenza viene considerata una punizione per il peccato. Questo è - per il Vangelo di Marco - una vera bestemmia!
Oggi, Marco, ci vuole parlare proprio del peccato!
Ce ne parla alla sua maniera, attraverso un racconto simbolico. Non pensate che abbiamo letto la storia di un fatto accaduto tanto tempo fa. Abbiamo letto i simboli, con cui il Vangelo di Marco cerca di esprimerci quello che Gesù pensa del peccato.
Vedete, quando ero bambino (credo sia successo a più d'uno di voi) pensavo che i peccati fossero come delle macchie che sporcavano la veste bianca che mi avevano consegnato nel Battesimo, quando era stata tolta la macchia del peccato originale... e poi dovevo andare - ogni tanto - in chiesa a sciacquare la mia veste, confessandomi.
Quando sono diventato un po' più grande, il concetto delle macchie è - per fortuna - sparito, ma consideravo i peccati come delle colpe. Delle colpe come i reati del codice penale, un po' più piccoli chiaramente, io non ho ucciso nessuno, non ho mai rubato, non ho mai giurato cose false... peccati di tutti i giorni. Colpe... che meritavano una punizione, ma che potevano essere dalla bontà di Dio perdonate.
Cosa significa perdonare… dimenticare, far come se non avessi fatto niente? E, questo, non lo fa Dio direttamente, ma attraverso il sacerdote.
E, quindi, quando ero ragazzo andavo, (come penso più d'uno di voi) ripetevo il mio elenco di peccati (sempre lo stesso, chiaramente) e me ne uscivo sollevato… il Signore ha dimenticato tutto, salvo poi a ricominciare, appena uscito, a fare gli stessi peccati. Una serie di colpe per cui c'è "l'amnistia". Si dimenticano, non ci si pensa più. Il Signore li ha perdonati!
Avete visto, oggi, i simboli di Marco?
Il peccato non è una serie di colpe, di macchie o di reati. Il peccato è la "paralisi". Il peccato è l'incapacità di muoversi, l'incapacità di seguire il Signore, di vivere il bene, di essere liberi. Il peccato è l'indifferenza, la pigrizia che può ben essere rappresentata da un paralitico, da uno che non può alzarsi, non può più muoversi e allora...
Allora a questo paralitico può arrivare l'annuncio della Parola - avete ascoltato: "Gesù annunciava la Parola" - e può sentire l'invito ad avvicinarsi a Lui che può dargli la forza di alzarsi e di camminare ancora... ma tra il paralitico e Gesù c'è la "folla"!
Una folla pesante che non ti fa passare, non ti fa avvicinare al Signore. Una folla tanto forte, dura e impenetrabile che per superarla bisogna addirittura "scoperchiare il tetto"! È certamente un simbolo. Questa folla è, per Marco, qualche cosa di fondamentale nel cammino verso la libertà e l'incontro con il Signore.
Se volete intuire qualche cosa di questa folla... pensate ad un ragazzo cresciuto in una famiglia mafiosa. Se ad un certo punto sentisse dentro di sé la vocazione della giustizia, della libertà, dell'onestà... vi pare che sarebbe semplice per lui? Troverebbe intorno a sé un ambiente che quasi lo costringe a non uscire da quel mondo in cui è nato e cresciuto.
O pensate (se volete una cosa meno drammatica) ad un signore che si trova a lavorare in un ambiente in cui c'è parecchia corruzione, in cui alle persone non importa molto lavorare, tirano a campare, fanno il meno che possono. Se volesse essere... (forse a qualcuno di voi è capitato) una persona onesta, che fa il suo lavoro meglio che può, troverebbe anche lì la "folla": "Ma chi te lo fa fare? Vedi che dai fastidio anche a noi! Ma perché essere onesti? Tutti fanno così!".
E così, anche noi, forse più semplicemente possiamo trovare una folla che dice: "Così fanno tutti, viviamo nell'indifferenza, perché te la prendi troppo?"
Ecco, la "folla" nel Vangelo di Marco!
Bisogna superarla, ma non è sempre semplice! Ci vogliono "quattro amici". Devi avere nella tua vita la fortuna di incontrare persone che ti aiutano ad andare oltre, a superare la folla, a incontrare il Signore e, allora, puoi "alzarti e camminare".
Allora il tuo peccato è superato. Non sono colpe cancellate, ma sei tu che ti sei rimesso in cammino, tenti di vivere il bene, di superare la tua indifferenza, la tua pigrizia, di aprirti agli altri, di vivere la libertà e l'amore… e se vieni a confessarti e io ti dico mille volte: "Io ti perdono" ma tu non ti alzi e non cammini, è inutile! Che senso ha la mia parola?
Imparate a distinguere in queste antiche Scritture la ricchezza del simbolo dalle parole che parlano di peccati perdonati. Questo paralitico ascolta la Parola, però non ce la fa perché c'è la "folla" e gli amici riescono "scoperchiando il tetto" a portarlo lì: "Alzati, prendi la tua barella e va"...
È un uomo nuovo, che tenta di vivere la libertà, la giustizia, l'onestà, l'amore, che tenta di "camminare". Ha superato o tenta di superare giorno per giorno il male... non diventerà santo, ma almeno si mette in cammino. E se si mette in cammino è inutile dirgli: "Ti sono perdonati i peccati".
I peccati sono già superati, come diceva la prima Lettura: "Non pensate alle cose vecchie, ne faccio delle nuove".
È un nuovo mondo. La tua vita può essere diversa. Puoi andare oltre la tua pigrizia, la tua indifferenza. Non si tratta di diventare perfetti. Si tratta di prendere sul serio il cammino della giustizia, dell'onestà, della libertà, dell'amore.
Il Signore ci aiuti.
Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto I DOMENICA di QUARESIMA - 26 Febbraio 2012
e nel deserto rimase quaranta giorni, Marco 1, 12-15
tentato da Satana.
Siamo sulle rive del Giordano, luogo mitico della tradizione d'Israele, perché il Giordano segna il passaggio dalla schiavitù dell'Egitto verso la Terra Promessa... il lungo cammino, quaranta anni, per arrivare finalmente a passare il Giordano, ad entrare nel mondo nuovo della libertà e della pienezza della vita.
Là, sul Giordano, spesso bisogna ritornare per rivivere il "passaggio"! Giovanni il Battista predica vicino al Giordano. E Gesù viene battezzato nel Giordano. Anche Lui attraversa le acque per uscire dall'altra parte e ascoltare la voce dall'Alto: "Tu sei mio Figlio..."
In questa immagine i primi cristiani vedono il proprio Battesimo. Anche loro sono invitati a fare un "passaggio". Era anche simboleggiato nel loro Battesimo... c'era una grande vasca, dovevano attraversarla, passare dall'altra parte. Il passaggio dal male, dalla negatività verso il bene. "Il passaggio - come dice l'apostolo Paolo - dalla morte alla vita". Si passa, si va dall'altra parte, si può annunziare il Vangelo!
Ma perché Gesù dopo il Battesimo deve tornare nel deserto?
Quaranta giorni come i quaranta lunghi anni del cammino nel deserto del popolo d'Israele. Perché tornare indietro? Occorre affrontare il combattimento con il "demonio"! Tornare indietro per vincere la tentazione!
Ecco, i primi cristiani lo sanno! Essere battezzati non significa che il cammino è compiuto, anche se è stato faticoso arrivare fino al "Giordano"... ma passati dall'altra parte, scelta la libertà, la pienezza, l'amore... ancora bisogna combattere il male. Il male che troviamo dentro di noi e intorno a noi.
Gesù viene spinto dallo Spirito Santo ad affrontare il "demonio"! La parola greca è ancora più forte: Gesù viene "gettato fuori" ad affrontare lo spirito del male.
Il combattimento contro il male è fondamentale per poter annunziare il Vangelo. Quali sono le tentazioni di Gesù, contro quali "diavoli" deve combattere?
Marco - come avete ascoltato - non dice nemmeno una parola. I Vangeli che vengono dopo, quello di Matteo e di Luca... - voi sapete che Marco è il primo dei Vangeli, gli altri vengono dopo e aggiungono qualche cosa - si preoccupano di delineare alcune di queste tentazioni fondamentali. Marco, una sola parola: "tentato dal diavolo".
E noi? Quali sono le tentazioni nostre?
Marco, probabilmente, si arrabbierebbe se cercassi di indicarvele, perché ciascuno deve trovare le proprie tentazioni. Io non posso fermarmi qui, devo tentare di dirvi qualche parola in più e, allora, voglio farlo raccontadovi delle piccole sciocchezze che mi è capitato di dire, ascoltare, leggere nei giorni precedenti. Forse per rispetto al Vangelo di Marco vi dico questo!
Vedete, qualche giorno fa dicevo che, in tempi passati, non mi preoccupavo troppo di distinguere nel secchio dell'immondizia tra la plastica e il resto dei rifiuti, perché sentivo dire: "Tanto è inutile, buttano tutto nella stessa discarica!", finché non ho incontrato qualcuno che, con numeri alla mano, mi ha detto che non era vero e che sbagliavo! Oltre il quaranta per cento della plastica, nelle nostre regioni, viene riciclata; non si spreca e si contribuisce al miglioramento del mondo.
Qualche giorno fa leggevo che nella sola Milano ogni giorno centocinquanta quintali di pane si buttano! Si buttano nella discarica! Uno spreco incredibile quando c'è, anche nel nostro paese, gente che soffre la fame e, nel mondo, c'è chi muore di fame.
Si potrebbe risparmiare? Essere più attenti quando si fa la spesa? La tentazione di gettare è, forse, una delle tentazioni della nostra vita?
Qualche giorno fa mi capitava di andare in macchina (dovevamo aspettare qualcuno) e chi sedeva accanto a me mi dice: "Spegni il motore! Si consuma benzina, si inquina l'aria!". È vero! Due minuti di motore spento è già una piccola cosa per combattere il male del mondo.
Qualcuno diceva: "Una delle grandi tentazioni che corriamo oggi è la sfiducia nel futuro, nella vita, non siamo più capaci di comunicare ai ragazzi il coraggio della speranza. Ma qui entriamo in discorsi molto più grandi. Non vorrei fare arrabbiare Marco, se fosse qui!
Ho voluto scegliere degli esempi piccolissimi, sciocchi, perché ciascuno di noi trovi nel concreto della propria esistenza quali sono le proprie tentazioni, quali sono i mali da combattere, qual è il "diavolo" con cui ci dobbiamo confrontare.
Il "diavolo" non è certamente un essere strano con le corna. Il diavolo è tutto quello che sciupa la vita... la vita di chi ci sta accanto, la nostra vita, il mondo. Tanti mali, tanti diavoli nel mondo. Che cosa posso fare io? Quali sono le mie tentazioni? Quali sono le tentazioni della mia pigrizia? Anch'io sono tentato di chiudermi nel mio piccolo guscio!
"C'è - dice Marco - lo Spirito che ti spinge fuori". Non puoi non affrontare il combattimento del male. Essere cristiano significa - per prima cosa - combattere il male con tutte le tue forze senza sensi di colpa, senza ansie, cercando le tue tentazioni. Quelle piccole cose che puoi fare perché il mondo sia più pulito, più giusto, più onesto, più vero.
Piccole cose, ma se ciascuno di noi accende la propria piccola luce, il mondo diventa più pulito e più bello. Non è sempre facile, ma non abbiamo altra scelta per essere cristiani.
Il Signore ci aiuti.
Pietro disse a Gesù: "Rabbì, II DOMENICA di QUARESIMA - 4 Marzo 2012
è bello per noi essere qui; Marco 9, 2-10. Genesi 22, 1-18
facciamo tre capanne..."
Si sale in montagna per allontanarsi dalla nebbia, dall'inquinamento della valle, dall'aria stagnante. Si sale in montagna per riposarsi un po'. Si sale in montagna per cercare il sole splendente, la luminosità del cielo. Ma per Marco non è solo questo!
Salire sulla "montagna" è uno dei simboli più potenti del suo Vangelo.
Si sale sulla montagna per allontanarsi dalla "folla". La folla (come vi ho già detto) è l'incubo del Vangelo di Marco. La folla è quello che fanno tutti, l'opinione comune, la pigrizia comune, l'incapacità di pensare con la propria testa, l'adeguarsi alla mentalità corrente, all'ultima moda: bisogna uscire da tutto questo! "Soli, in disparte" - avete ascoltato come Marco lo sottolinea - lontani dal rumore di ogni giorno, lontani dalla folla. Bisogna guardare il mondo dall'alto.
Ma, soprattutto, si va sulla montagna - secondo Marco - per ritrovare la forza della Parola.
Ci sono accanto a Gesù, Mosè ed Elia.
Sono i testimoni di tutta la grande tradizione d'Israele, fondata sulla Bibbia, che ha attraversato la storia di Israele. Pagine straordinarie, non facili da leggere in cui - però - possiamo cercare il senso più profondo della nostra vita. Con questa Parola occorre ogni tanto confrontarci per ritrovare le cose essenziali.
Vi faccio un piccolo esempio... Avete ascoltato con attenzione la prima Lettura? (forse qualcuno di voi si è sconcertato)
Dio chiede ad Abramo di sacrificare il figlio. Una cosa orribile! Abramo alza il coltello... sono immagini simboliche, immagini che sembrano assurde! Leggetele, rileggetele e rileggetele ancora e, forse, vi accorgerete che lì c'è uno dei segreti più grandi della vita dell'uomo...
Perché ogni padre, ogni madre devono sacrificare il proprio figlio! Ogni marito deve sacrificare la propria moglie e viceversa! Ogni amico deve sacrificare l'amico… perché non possono essere come noi li vogliamo!
Un figlio è di Dio prima di essere dei suoi genitori e un genitore non può volerlo come lui vorrebbe che fosse: è della storia, è della vita, è di Dio! Noi non possiamo farlo a nostra immagine e somiglianza, ogni essere che vive è immagine e somiglianza di Dio! Quindi noi, nell'incontro con un'altra persona non possiamo che sacrificare la nostra idea di come la vorremmo! È "altro", viene dall'Alto, viene da Dio!
Ma si va sul "monte" non soltanto per incontrare l'antica tradizione, ma per vedere il fulgore di Gesù. Le sue vesti diventano bianchissime, si trasfigura di luce: un simbolo anche questo!
Lassù sul monte si può ritrovare la certezza che Gesù ha ragione, che i suoi valori sono i valori fondamentali della vita dell'uomo. In Gesù si può ritrovare la pienezza della sua luce. Ed è un momento magico, in cui ci si sente quasi trasportati in un altro mondo, in cui tutto sembra chiaro, limpido, bello, luminoso.
Pietro subito dice, a nome dei suoi: "Fermiamoci qui, facciamo tre capanne; una per te, una per Mosè, una per Elia".
Ci fermiamo quassù! È troppo bello, tutto sembra certo. Il mondo è laggiù, lontano... i suoi affanni, il male, la violenza... tutto sparito! Qui c'è la pienezza della luce.
Ascoltano la voce dall'Alto che conferma che Gesù è il Figlio e poi tutto sparisce... e c'è quella che - secondo me - è la frase più forte del Vangelo... "Non videro più nessuno se non Gesù solo con loro".
Gesù diventa "nessuno". Bisogna riprendere la strada, ritornare in mezzo alla gente, affrontare i "diavoli" che ci sono laggiù, il male del mondo e c'è con noi "solo" Gesù... sembra "nessuno"!
Qualche volta ci accompagna il dubbio, l'incapacità di capire, la fatica di riconoscere i valori di Gesù, non lassù sulla montagna dove tutto sembra bello e sicuro, ma giù in mezzo alla vita. Ecco, vedete, il nostro ritrovarci qui ogni Domenica è un po' come salire sul Tabor... purtroppo non riusciamo a renderlo vivo, a farlo luminoso come il racconto di Marco. Qui - a volte - tutto sembra chiaro, limpido. Gesù sembra aver pienamente ragione. È in mezzo a noi, ci parla, addirittura si fa Pane per noi.
Vorremmo fermarci qui! Non ci si può fermare sul "monte"! Non ci si può fermare qui! Rischiamo l'intolleranza, il fanatismo, rischiamo di pensare che solo noi abbiamo ragione. Dobbiamo tornare là, in mezzo alla gente, e confrontarci con gli altri. Cercare là, in mezzo alla gente, i valori autentici. Cercare di essere testimoni della luce... con tutti i nostri dubbi, con tutte le nostre incertezze, con lo smarrimento - a volte - di non vedere, di non capire...
Eppure cercando di cogliere i valori essenziali della vita, di camminare seguendo Gesù giorno per giorno, cercando di capire cosa significhi nel concreto della nostra vita. Non è sempre facile.
Il Signore ci aiuti
Trovò nel tempio gente che vendeva... III DOMENICA di QUARESIMA - 11 Marzo 2012
e cambiamonete. Fece una frusta di Giovanni 2, 13-25
cordicelle e cacciò tutti fuori dal tempio.
Forse soltanto dopo la distruzione del tempio, quando hanno visto le sue rovine fumanti, i discepoli hanno potuto comprendere qualche cosa della polemica di Gesù contro il tempio, contro la religione. E hanno espresso tutto questo in un racconto così carico di forza, di violenza... È, con ogni probabilità, un racconto soltanto simbolico. Niente di quello che abbiamo letto è realmente accaduto!
Perché nel Vangelo troviamo la polemica di Gesù nei confronti del tempio che, a quel tempo, era il cuore della spiritualità ebraica? Cosa c'è che - secondo Gesù - va superato?
Vedete, quando si fa questo discorso non pensate (come spesso mi è capitato di ascoltare) al rumore dei soldi che c'è e c'è sempre stato nella vita della Chiesa... anche in questi giorni si parla dei traffici del Vaticano, dei problemi economici che ci sono là e non sempre del tutto leciti...! Lasciate via tutte queste cose, pensiamo a noi: la polemica contro il tempio ci riguarda!
È polemica contro un tipo di religiosità basata su uno scambio tra noi e Dio: "Dio, io ti offro la mia preghiera, la mia offerta, il mio sacrificio, faccio un voto, vengo a Messa e Tu mi proteggi; mi fai sentire sicuro, mi custodisci all'ombra delle tue ali".
Dov'è la gratuità di un rapporto che è ricerca di Dio, della sua luce? Nel Vangelo di Matteo Gesù dice: "Quando pregate non fate come i pagani che a furia di parole, di preghiere, di sacrifici, di voti cercano di essere esauditi. Voi non fate così! Il Padre vostro, sa! Cercate prima di tutto Lui, la sua volontà, la sua luce e troverete il senso della vita"
La preghiera - secondo Gesù - non può essere che una gratuita ricerca di Dio.
Ma c'è un'altra cosa importante. Il tempio, la religione possono darci la falsa sicurezza di essere giusti e di poter giudicare e condannare il nostro prossimo.
Ricordate la parabola dei due che vanno al tempio? Uno era fariseo e si mette davanti al Signore e dice: "Signore, ti ringrazio, io sono buono; non sono come quello laggiù, non sono come gli altri che rubano". E l'altro, in fondo, si batte il petto... cerca di andare oltre il suo male. Uno - secondo Gesù - è giustificato e l'altro no! Ecco, è qualcosa che riguarda anche noi!
Qualche volta il partecipare alla liturgia, il pregare, l'essere credenti ci fa sentire migliori degli altri e ci fa giudicare e condannare.
Ma non c'è soltanto questo! Il tempio di Gerusalemme era costruito con una serie di cortili concentrici. Nel primo cortile (la grande, immensa spianata del tempio, chi l'ha vista, lo sa) si svolgevano tutti i commerci, commerci pienamente legittimi. Si cambiavano le monete, il segno della sacralità di Israele. Nessuna moneta con l'immagine dell'imperatore, con scritto "al divino Cesare" poteva entrare nel tempio: era un sacrilegio! In questo primo cortile tutti potevano entrare, anche i pagani.
Poi c'era un altro cortile dove potevano entrare solo gli Ebrei. Se entrava un pagano rischiava di essere lapidato. Poi ancora un altro cortile. Lì potevano entrare solo i maschi ebrei, le donne dovevano rimanere fuori. Poi un altro dove potevano entrare soltanto i sacerdoti. E, finalmente il "Santa Santorum" dove poteva entrare soltanto il sommo sacerdote.
E non è soltanto questo! Nel tempio non potevano entrare storpi, ciechi, lebbrosi, malati... ogni disgrazia veniva interpretata come un castigo di Dio! Erano peccatori e dovevano star fuori! Tutto questo - secondo Gesù - va buttato via! C'è bisogno veramente di prender in mano la frusta e cacciare via tutto questo!
Pensate all'incontro di Gesù con la Samaritana vicino al pozzo… la donna gli chiede: "Noi adoriamo Dio, qui, sul monte Garizim e voi a Gerusalemme... dove si deve adorare Dio?". "Credimi, donna, né qui né là, viene il tempo in cui Dio si adora in Spirito e Verità".
È la libertà! La libertà di riconoscere che ogni uomo, per quanto sia diverso, a qualunque religione appartenga può avvicinarsi a Dio. La convinzione profonda che il malato, il sofferente ha più diritto ad avvicinarsi a Dio. Non è una punizione del peccato... è sofferenza e Gesù è venuto per stare vicino a chi soffre. Per lui è stato inchiodato sulla croce. Vedete, dunque, ci riguarda tutti!
Qui, in chiesa... non possiamo vivere una religiosità di tipo commerciale: "Io ti do, Tu mi dai... io vengo qui e mi sento buono, posso giudicare gli altri". Venendo qui rischiamo di escludere gli altri, ci sentiamo noi i soli giusti.
Ecco, al di là di tutto questo ci vuole portare Gesù! Ci vuole portare a una religione che sia gratuita, che sia ricerca di Dio, dei suoi valori, della sua luce; che sia ricerca del senso profondo della nostra vita.
Ecco perché Gesù prende... - nel racconto immaginario dei primi discepoli - la frusta di cordicelle per cacciare via tutti. Un altro modo di avvicinarsi a Dio, un'altra religiosità, un altro modo di pregare e, soprattutto, un altro modo di sentirsi cristiani.
Il Signore ci aiuti
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel IV DOMENICA di QUARESIMA - 18 Marzo 2012
mondo per condannare il mondo, ma perché Giovanni 3, 14-21
il mondo sia salvato per mezzo di lui…
ma chi non crede è già stato condannato.
Uno dei rischi che si corrono quando si legge il Vangelo è che si prenda la frase che fa comodo, trascurandone un'altra. Quello che abbiamo letto oggi è, forse, un esempio che ci aiuta a capire quello che tento di dirvi stamattina.
Secondo voi, Gesù, è venuto per salvare o per condannare?
Prima si dice che Gesù viene non per condannare ma per salvare, ma subito dopo leggiamo: "Chi non crede in Lui è già condannato". E, allora, c'è condanna o c'è salvezza?
Vedete, se vi fermate alla prima frase: "Il Signore non è venuto per condannare, ma per salvare, per perdonare" correte il rischio forse più grande della tradizione cristiana. Il rischio di perdere il senso della propria responsabilità.
Fare il male, fare il bene è relativo, tanto poi andiamo, ci confessiamo e il Signore ci perdona sempre. E, questo, non vale soltanto per i singoli, questo vale per la società.
Nel mondo cattolico, specialmente qui in Italia, si corre il rischio di pensare che... male o bene... non conti molto perché il Signore ci perdona sempre! Si rischia di non prendere sul serio i propri doveri. Si rischia di dire: "Sì, va bene, non pago le tasse però, poi, il Signore mi perdona. Vado in chiesa e mi confesso!". Non fermatevi al fatto che c'è poca gente che oggi si confessa. Guardate la mentalità che c'è in questo paese, costruita, almeno in parte, dal modo di pensare cattolico... il male e il bene... ma poi tutto si rimedia!
Il male è una cosa seria, terribilmente seria: sciupa la nostra vita e la vita di chi ci sta accanto! E non basta andare in chiesa e dire: "Chiedo perdono". "lo ti assolvo dai tuoi peccati!". Se non rimedi al male che hai fatto, non c'è nessun perdono! Il male è una cosa seria! Il ricominciare la strada è esigenza profonda di chi sbaglia, di chi non si comporta correttamente.
D'altra parte - però - se vi sentite condannati rischiate il senso di colpa. Quel senso di colpa che schiaccia, che ti fa sentire sporco, incapace di ricevere il perdono, che non ti fa ritrovare il coraggio di rialzarti e camminare ancora. Sentire il Signore che ti cammina accanto e ti mette la mano sulla spalla, non per dire: "Non fa niente, quello che hai fatto non conta" Ma per dire: "Coraggio, ci puoi provare ancora!" Questo è fondamentale nella vita cristiana!
Ma c'è un'altra cosa: "Chi non crede in Gesù è già condannato" vi siete chiesti: cosa significa credere in Gesù?
C'è una frase molto forte nel Vangelo: "Non chi dice Signore, Signore... ma chi fa la volontà del Padre mio". Quello che conta non è pronunziare il nome del Signore, non è venire in chiesa, non è dirsi cristiano... il rischio è di condannare gli altri che cristiani non sono!
È un rischio che la Chiesa ha corso in questi secoli. Sono stati condannati eretici, ebrei, mussulmani, gente diversa... è un rischio che c'è anche oggi! "Noi" siamo i buoni, i giusti, noi andiamo a Messa, noi siamo cristiani... gli altri... gli altri sono "cattivi"!
Io - vedete - nel corso della mia vita (ormai lunga, sono cinquant'anni che faccio il sacerdote) ho incontrato persone che venivano a Messa tutte le mattine, ma che si portavano dentro una malignità che raramente riscontravo in altre persone. Gente che giudicava con severità e con cattiveria chi gli stava intorno, a volte, anche i figli e i nipoti.
E ho avuto la fortuna, che ritengo straordinaria, di incontrare persone che dicevano di non credere… che non credevano (devo rispettare il loro non credere) eppure erano molto migliori di me.
Si portavano dentro un senso di tenerezza, di attenzione agli altri, di comprensione, di condivisione della vita che, qualche volta, mi stupiva profondamente.
Chi dei due crede veramente nel Signore, io o loro?
Ecco, credere nel Signore significa far propri i suoi valori, i sogni del suo cuore, la realtà della sua vita, le parole che Lui dice, non per ripeterle come una cantilena, ma per viverle ogni giorno e allora... allora quello che conta è chi le vive seriamente.
Allora qualcuno dirà: "Ma come faccio a scegliere tra una parola e l'altra? Se ci sono nella Bibbia e nel Vangelo parole contraddittorie, io come posso scegliere?". Tutto è affidato alla mia responsabilità e non ci sono scorciatoie.
Se qualcuno dice: (spero che non ci sia nessuno così sconsiderato da pensarlo) "A me basta pensare come la pensa don Checco che predica" Siete rovinati! Non c'è speranza per voi! Dov'è la vostra responsabilità, la vostra libertà?
Qualcuno più assennato può dire: "No, don Checco conta poco, prete di periferia. Noi crediamo al Papa". Cadete dalla padella nella brace! I Papi - se leggete la storia - in questi duemila anni, hanno detto e fatto tante e tali sciocchezze (per non dire autentici crimini) che ci vorrebbero volumi e volumi per raccontarle tutte. E allora...?
Allora se non crediamo al prete che predica la Domenica, se non crediamo al Papa a chi ci raccomandiamo? Ciascuno si raccomandi a se stesso! Alla nostra libertà è affidata la ricerca. Dobbiamo cercare di capire che cosa è giusto e per questo bisogna mantenere un cuore limpido che cerca quello che è buono, giusto, vero e non soltanto quello che mi fa comodo.
Poi la comunità cristiana, anche il Papa, anche il prete che predica la domenica, ma soprattutto gli amici possono aiutarmi in questa ricerca, ma la responsabilità è mia! Non posso fermarmi su una paroletta. In tutto il Vangelo, senza fermarmi su una sola frase, debbo cercare che cosa voleva veramente dire Gesù. Dove trovo la sua luce? Non posso non interpretare! Se c'è qualcuno che vi dice: "Ma il Vangelo è così, bisogna leggerlo senza commento!" Inganna se stesso e inganna voi! Ogni parola va interpretata. Ogni parola va capita per cercare di intendere che cosa significhi e, soprattutto, ogni parola va calata nella nostra vita che è diversa da ogni altra.
Ognuno ha la sua strada, ognuno ha il suo giorno, ognuno ha il suo tempo di vita. Per qualcuno, in certi momenti, è più importante la riconciliazione, il sentirsi amato da Dio. Per altri è più importante la parola severa del Signore che dice: "Non basta dire: Signore Signore, bisogna fare la volontà del Padre".
A ciascuno la sua parola, a ciascuno il suo momento, a ciascuno la sua riflessione. Essere cristiani è essere liberi! Liberi di scegliere! Liberi di cercare con tutta la passione del proprio cuore.
Il Signore ci aiuti.
"Se il chicco di grano, caduto in terra, V DOMENICA di QUARESIMA - 25 Marzo 2012
non muore, rimane solo; se invece Giovanni 12, 20-33
muore, produce molto frutto..."
Leggo sempre questa pagina del Vangelo con grande sgomento. Molte domande si affollano alla mente: perché il giusto deve morire? Che logica è questa del chicco di grano...? E non si parla di chicchi di grano; qui si parla di uomini. Si parla di Gesù, dei tanti martiri della storia.
Perché il chicco di grano deve morire, perché porti frutto? Perché l'uomo non è capace di accettare i giusti, chi gli fa intravedere vie nuove, vie di giustizia, di attenzione agli altri, di carità? Perché la persecuzione? E perché Dio permette tutto questo?
Sono domande inquietanti che portano sgomento nel cuore dell'uomo; che rischiano di farti dubitare nel tuo credere in un Dio buono e misericordioso. Perché la morte dei giusti? Perché Gesù è finito su una croce?
In questa settimana, una riflessione fatta con alcuni amici mi ha aiutato a capire che, forse, in queste parole così sconcertanti c'è qualcosa di più quotidiano che ci riguarda tutti; che riguarda la nostra vita di ogni giorno.
Si parlava del caso di una bambina che frequenta la scuola e ha dei grossi problemi. Di lei si occupano con attenzione e amore le sue maestre. Lei è costretta ad andare anche a consultare un neuropsichiatra per cercare di capire quali sono i suoi problemi. E le maestre dicono: "Quando ci arrivano le relazioni di questi esperti, noi le buttiamo da parte..." E il neuropsichiatra non ha nessuna intenzione di ascoltare le maestre. Ognuno - pur con buona volontà - rimane chiuso nelle proprie certezze, nel suo essere sicuro della strada per aiutare questa bambina.
Sapete quale pagina del Vangelo una ragazza ha citato per aiutarci a capire questo fatto? L'episodio in cui Gesù chiede al signore ricco, che va da Lui a chiedere cosa deve fare per avere la vita eterna... di vendere tutto e di darlo ai poveri.
E questa ragazza a cui domandavamo: "Perché hai scelto proprio questa pagina? Rispondeva: "Perché ciascuno di noi deve mettersi in gioco, deve essere capace di "vendere", di buttare via le proprie certezze, le proprie sicurezze per entrare in dialogo con gli altri, per aprirsi alla novità, a qualche cosa che può sconvolgere il modo di pensare". Poteva citare anche quello che abbiamo letto oggi...
"Chi ama la propria vita la perde, chi odia la propria vita...
Ecco, odiare la vita non significa suicidarsi, non significa esporsi al pericolo. "Vendere tutto" non ha senso, poi, diventiamo noi poveri e gli altri devono vendere tutto per aiutare noi.
Si tratta di qualche cosa di più profondo. Si tratta di mettere in gioco le nostre certezze, le nostre sicurezze, quello che si è sempre fatto, quello che pensiamo sia giusto, a volte, in buona fede. Farci interpellare dagli altri, sentirci persone che non possiedono la verità, che sanno mettersi in gioco pienamente, che sanno rivoluzionare quello che hanno pensato fino ad allora.
E, questo, vale nei rapporti tra marito e moglie, tra genitori e figli... Questo vale nell'amicizia, a volte ci facciamo degli schemi, diventiamo incapaci di metterci in gioco, perdiamo la capacità di domandarci: "Quello che abbiamo sempre fatto, va bene? Non c'è qualche cosa di nuovo che possiamo fare per ravvivare la nostra amicizia, il nostro amore?".
Mettersi in gioco, non essere certi di avere le sicurezze su quello che è il nostro rapporto con gli altri... è fondamentale! Su questo si è sviluppata l'umanità. Pensate un momento...
La scienza come va avanti? Perché c'è sempre uno scienziato che mette in discussione quello che si era fatto prima; che mette in gioco quello che gli hanno insegnato; quello che si è sempre accettato, la "verità" stabilita… e, spesso, questi scienziati non sono stati capiti, a volte, perseguitati. Avevano ragione loro! Con il mettere in gioco le verità assodate hanno fatto progredire la scienza.
E quello che vale per la scienza vale anche per la morale.
Vedete, al tempo di san Paolo - e san Paolo stesso - si considerava la schiavitù una cosa normale, poi qualcuno ha cominciato a dire: "Ma è giusto? Queste certezze che sono fissate, a volte, nella Scrittura sono giuste? Non vale la pena di rimettere in gioco questo nostro modo di pensare? Anche se mi fa comodo! Avere uno schiavo fa sempre comodo. Fa comodo, ma è giusto?".
Ecco, si tratta di "vendere" quello che uno ha, di mettersi in gioco e quello che vale per la morale, vale anche per la società.
C'era un tempo il sistema monarchico. Il re sembrava investito direttamente da Dio. I Papi incoronavano i re nella basilica di san Pietro o in altri luoghi del mondo e poi qualcuno ha cominciato a chiedersi: "Ma è giusto così? Non bisogna rimettere in discussione il nostro sistema sociale, politico? Non c'è qualche cosa di meglio?".
Ecco, vedete, la grande storia va avanti perché qualcuno si mette in gioco. Perché qualcuno "vende" quello che crede di possedere. Perché qualcuno si gioca la vita nella ricerca di qualche cosa di meglio e questo non vale soltanto (lo ripeto) per i grandi fatti della storia... vale per ciascuno di noi, nei nostri rapporti interpersonali....
Il coraggio di mettersi in gioco, di ascoltare l'altro... ma ascoltarlo sul serio non con la certezza che noi abbiamo la soluzione del problema... non c'è dialogo, non c'è ascolto. Bisogna veramente perdere qualche cosa della nostra vita per mettersi nei panni dell'altro, per ascoltare quello che l'altro ha da dirmi.
Io ho avuto la fortuna nella mia vita di dover tante volte rimettere in discussione quelle che mi sembravano certezze. A volte per quello che diceva un ragazzo; a volte, addirittura, un bambino; a volte una persona anziana.
Rimettersi in gioco, mettere in discussione le proprie certezze, aprirsi agli altri, tentare di ascoltarci... Forse, questo, c'è dietro queste parole che sembrano così sconcertanti: "Va, vendi tutto…" Non si tratta di vender soldi. Si tratta di vendere le tue sicurezze.
"Perdi la vita..." Non si tratta farsi uccidere. Si tratta di metter in gioco i propri valori. Si tratta di mettere in discussione qualche cosa di cui ci sembra di essere sicuri. Non è facile, lo sapete.
Il Signore ci aiuti
Il primo giorno della settimana, Maria di RISURREZIONE del SIGNORE - 8 Aprile 2012
Magdala si recò al sepolcro di mattino… Giovanni 20, 1-9
e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
"Pesach" nella lingua ebraica, "Pasqua" nella nostra lingua: nel cuore più profondo della fede di Israele, della fede cristiana c'è un "passaggio". Il passaggio dalla schiavitù dell'Egitto, dalla negatività, dal male, dalla mancanza di libertà, verso la terra del sogno, dove "scorre il latte e il miele", la terra della giustizia, della pace, della pienezza della vita: è il sogno che accompagna la storia di Israele. L'altro ieri, riuniti intorno alla tavola, in tutte le case gli Ebrei hanno ripetuto: "Ogni Ebreo deve considerare se stesso come liberato dall'Egitto, in cammino verso la terra del sogno".
Noi cristiani abbiamo ascoltato dall'apostolo Paolo: "Eravamo morti, ora viviamo risorti, simili al Cristo".
È il passaggio dalla morte alla vita, dalla violenza dell'uomo che ha inchiodato Gesù sulla croce alla Risurrezione. Sembrava aver ragione il potere, la sopraffazione, la violenza, l'umiliazione del giusto... ma aveva ragione Lui!
Dio ha dato ragione a Lui ed è passato dalla morte alla vita e ogni credente si sente unito a Gesù in questo passaggio.
Dietro le spalle la negatività, l'egoismo, la violenza, il male, l'indifferenza, il pensare soltanto a se stessi… davanti, la terra del sogno, la terra della gratuità, della vita condivisa, del servizio, del dono di sé… come Gesù: è Lui il nostro modello, con Lui vorremmo vivere una vita nuova.
Certo! Il popolo di Israele sa che c'è un lungo cammino di quaranta anni nel deserto. Un cammino accompagnato costantemente dalla tentazione di tornare indietro, di ricorrere agli idoli, di fermarsi, di ritornare alle "cipolle" d'Egitto, di rinunciare alla libertà perché, a volte, la schiavitù è più comoda. Non può fermarsi! Dio cammina davanti e lo invita a conservare il sogno nel cuore…
E lo stesso vale per il cristiano: è passato, nel giorno del Battesimo, dalla morte alla vita, ma non una volta per sempre... è tutta una vita. Una vita che conosce il dubbio, a volte, lo scoraggiamento.
Ho incontrato tante volte dei cristiani sfiduciati che non pensavano più che si potesse combattere per un mondo giusto, che non credevano più che l'amore fosse reale in questa terra.
Non si tratta - vedete - di pessimismo o ottimismo. Questo dipende dal nostro carattere, da come siamo fatti. Qui si tratta della speranza che è il cuore stesso della nostra fede. Una speranza cocciuta, che non si arrende. La speranza che si possa costruire un mondo più bello ed è stato fatto nel lungo cammino della storia degli uomini faticosamente, dolorosamente… dopo ogni guerra, dopo ogni sconfitta, dopo ogni notte, i bambini hanno ripreso a sorridere e a giocare; è spuntata ancora l'alba. Non dimenticatelo... al tempo di Gesù, nel bacino del Mediterraneo, i due terzi degli uomini erano schiavi, non contavano niente. Si andava al Colosseo per vedere gente che si uccideva!
Oggi, qualche passo avanti lo abbiamo fatto, perché c'è stata gente che ha conservato nel cuore una fiducia, una speranza incrollabile che non si è mai rassegnata al male, alla sofferenza, al dolore, all'umiliazione, alla discriminazione, all'ingiustizia.
"Sognare è vivere": dicevano una volta i nostri bambini. Celebrare la Pasqua è ravvivare i sogni del nostro cuore. Non sogni astratti, campati per aria, ma sogni concreti che nella nostra vita quotidiana, nelle nostre case, nelle relazioni tra noi, nella nostra città, nella nostra società si possa andare oltre... Oltre tutto quello che sciupa la vita, è corruzione, mancanza di rispetto dell'altro, discriminazione. Tutto questo, il cristiano, dovrebbe buttarlo dietro le spalle. Noi siamo risorti con Cristo… siamo chiamati a sognare, a sognare concretamente un mondo più giusto e più bello. Un mondo in cui regni la giustizia e la pace, la tenerezza e l'amore.
Il Signore ci aiuti
Gesù disse a Tommaso: "Metti qui il tuo II DOMENICA di PASQUA - 15 Aprile 2012
dito... tendi la mano e mettila nel mio fianco; Giovanni 20, 19-31
e non essere incredulo, ma credente
Qualche giorno fa una signora chiedeva la mia impressione su una sua opinione: secondo lei - ma fa parte credo delle statistiche di questa nazione - nelle regioni in cui è più alta la frequenza di cristiani alla Messa, la pratica religiosa... si diffondono idee, forze politiche e movimenti sociali, basati sulla demagogia, sulla preoccupazione per i propri interessi e privilegi; a volte, sulla xenofobia, sulla diffidenza verso gli stranieri, i diversi... perché? mi chiedeva questa signora. Non è facile dare una risposta.
Poi ripensandoci mi sono venute in mente tutte le prediche che, quando ero ragazzo, ho ascoltato sul dubbio di Tommaso, i rimproveri a Tommaso. Lui vuole mettere le mani.... Bisogna credere, bisogna fidarsi senza voler toccare: non serve, nella vita della Chiesa, lo spirito critico!
Quante volte ho sentito la condanna del dubbio, della mancanza di fiducia! Quante volte ho ascoltato l'esortazione a fidarsi di tutto quello che dicono il Papa, i vescovi, i preti! E, poi, mi veniva in mente quella che, probabilmente, è una conseguenza di questa fiducia incondizionata: nel corso della storia della Chiesa, spesso, l'Europa è stata attraversata da predicatori fanatici che trascinavano folle... le trascinavano a fare una Crociata o alla conquista dell'America e si diceva - addirittura - lecita la schiavitù. C'era tanta gente che, presa da entusiasmo, andava dietro.
In tempi più recenti ho visto... - e questo l'ho visto con i miei occhi - la gente credere, senza troppo riflettere, a gente visionaria, agli ultimi santoni, a quelli che profumano di rose; gente che accorre con fiducia senza domandarsi, senza farsi venire alcun dubbio.
Ho visto folle... folle grandi applaudire senza sapere chi e perché applaudivano.
La mancanza dello spirito critico, nella vita della Chiesa, può aver portato nel secolo scorso, le grandi tragedie dell'affermazione di capi dello Stato che sembravano carismatici, che basavano tutto sul populismo... ha portato - addirittura - alcune autorevoli autorità ecclesiastiche a definirli "uomini della provvidenza".
Nel secolo scorso è stata inventata la forza della propaganda attraverso la radio, i giornali, la televisione... una forza pervasiva che dura ancora e che porta tanta gente a non pensare!
Qualcuno mi dice: "Ma questo succede un po' in tutte le parti del mondo, c'entra il cattolicesimo?"… Ma la religione non dovrebbe essere uno strumento che aiuta lo spirito critico, il cercare di pensare, di interpretare quello che succede?
Il Vangelo ripete più e più volte che il compito del credente è interpretare i segni dei tempi, capire quello che accade, giudicare da se stessi quello che è buono, senza affidarsi, senza fidarsi - soprattutto - di chi alza la voce.
Ho visto tanti giovani fidarsi dell'ultimo padre spirituale e poi rimanere in grande difficoltà impigliati in movimenti non del tutto onesti e corretti.
Tommaso ha ragione! Bisogna mettere la mano, bisogna toccare e avrete notato che Gesù non rimprovera Tommaso; gli offre le sue mani, gli mostra il suo fianco: "Metti qui la mano, tocca il mio fianco".
Gesù non rimprovera lo spirito critico di Tommaso e come avrebbe potuto, Lui, che ha criticato tutto nella sua vita! Lui che non ha accettato, fidandosi ciecamente, l'Antica tradizione. Se leggete il Vangelo di Matteo trovate per ben otto volte: "È stato detto...". Badate, è stato detto nella Bibbia, nella grande tradizione: "È stato detto, ma io vi dico..."
La grande istituzione del tempio di Gerusalemme... - conoscete l'episodio - Gesù prende la frusta di cordicelle per cacciare via tutti. Il suo spirito critico, la sua ricerca appassionata di quello che è giusto, di quello che è veramente valido nella tradizione. Questo dovrebbe essere il compito di ogni credente... conservare nel cuore la capacità di ragionare, di pensare, di criticare, di dubitare, di cercare, senza stancarsi mai.
Badate, lo spirito critico è l'esatto contrario della maldicenza a cui siamo sottoposti, giorno per giorno, come una goccia d'acqua che buca forse anche le vostre teste.
Si parla male di tutto e di tutti, senza criticare. Vedete - non è un esempio da imitare il mio - quarant'anni fa ho smesso di leggere i giornali con questa affermazione: "Hanno scambiato lo spirito critico con la maldicenza".
Maldicenza è parlare male di tutto e di tutti. È mettere sempre l'accento sul bicchiere mezzo vuoto senza vedere quello che c'è di pieno.
A voi capita, qualche volta, di sentir parlare male dell'ospedale di Ostia... Io, come tanti altri che lo abbiamo frequentato, sappiamo che ci sono tante cose che funzionano, tanti medici capaci, degli infermieri delicati e attenti; certo, non è così per tutti, ma è così per molti. E quando vi parlano male di tutto e di tutti... usate la testa, lo spirito critico, cercate quello che c'è di buono.
Ho consigliato più volte di guardare il televideo del telegiornale di Ostia. A Ostia c'è solo gente che spaccia droga, che ruba, incidenti stradali... nessuno lavora, nessuno studia, nessuno inventa qualche cosa, nessuno si occupa degli altri.... niente, solo il male!
Questo non è spirito critico, questa è maldicenza! Lo spirito critico è cercare intorno a noi di capire quello che succede per cercare di combattere quello che è male, ma anche di promuovere, di esaltare, di lodare, di far emergere tutto il buono che c'è, perché è questo buono che manda avanti il mondo.
La critica, la maldicenza ci espone solo a seguire il primo santone, il primo demagogo che dice: "Vi salvo io!". La patria o la salviamo tutti con la nostra intelligenza, con il nostro coraggio o finiamo nelle tragedie del secolo scorso.
Tommaso... Tommaso con la sua volontà di mettere la mano, di toccare, di scoprire, Tommaso con il suo dubbio, dovrebbe essere il simbolo di ogni uomo che vuole credere.
Poi anche Tommaso scoprirà che non tutto si può toccare con mano: la gratuità, l'amore, la libertà non si toccano con mano. Non si può mettere la mano da nessuna parte, bisogna cercarli nel profondo del nostro cuore, ma li possiamo trovare soltanto se usiamo quello straordinario dono che il Signore ci ha fatto: l'intelligenza, la capacità di dubitare, di cercare, di tentare di renderci conto di quello che succede dentro di noi e intorno a noi.
Tommaso sia il patrono della nostra fede, per voi come per me.
Il Signore ci aiuti
Gesù in persona stette in mezzo a loro e III DOMENICA di PASQUA - 22 Aprile 2012
disse:"Pace a voi!". Sconvolti e pieni di Luca 24, 35-48
paura, credevano di vedere un fantasma.
I due discepoli tornano da Emmaus, avevano camminato tutto il giorno. Gesù camminava con loro, ma non lo riconoscevano. Tentava di spiegare loro le Antiche Scritture… poi si è fermato con loro a cena e lo hanno riconosciuto "nello spezzare il pane".
E, adesso, eccoli che tornano, pieni di gioia, ma trovano persone sconvolte, piene di paura, che credono - addirittura - di vedere in Gesù un fantasma: è l'avventura della vita cristiana.
Tra di noi, forse, ci sono oggi persone piene di gioia; forse chi si porta dietro il dubbio, l'ansia; forse - addirittura - qualcuno che teme di vedere in Gesù un fantasma, solo un fantasma!
E, allora, potremmo farci una domanda: "Perché Gesù non viene qui? Perché don Checco non si mette da parte e parla Lui?". Sarebbe bello, forse, secondo qualcuno di voi. No, non sarebbe bello!
Ci priverebbe della libertà, ridurrebbe la religione a un fatto magico, a un'apparizione, a un prodigio. La religione, la fede - per dire meglio - è appello alla nostra libertà, alla nostra ricerca del volto di Dio, dei valori di Gesù, della sua realtà in mezzo a noi.
A noi è affidata soltanto una Parola. La Parola che abbiamo letto nel Vangelo. La Parola che potete leggere a casa. In questa Parola siamo invitati a cercare il volto di Dio, i valori di Gesù e, questa Parola, è affidata alla libertà di ciascuno di noi. Non viene, Gesù, qui, non può venire a spiegarcela, ma nessuno può spiegarcela a nome suo.
Voi siete saggi... penso sappiate benissimo che io non posso che tentare di dirvi qualche piccola parola, a volte sciocca, nel tentativo di interpretare la Scrittura, di darvi qualche chiave per leggerla, ma poi è affidato alla vostra ricerca, alla vostra libertà, l'incontro con Gesù, la ricerca dei suoi valori.
Noi abbiamo solo la Parola! Non è a buon mercato - purtroppo - nella vita della Chiesa. Spesso ci vengono proposte leggi morali, il catechismo... non il Vangelo, non l'incontro vivo con Gesù di Nazareth.
E non soltanto la Parola, anche il "Pane spezzato".
I discepoli di Emmaus hanno riconosciuto Gesù "nello spezzare il pane" e Gesù si è fermato con loro a mangiare, a condividere il pane: è quello che facciamo qui ogni domenica. Leggiamo la Parola e poi... poi condividiamo il Pane.
In questo Pane troviamo il senso profondo della nostra fede. Questo pane, è segno della vita condivisa, segno della vita donata, della pace dentro di noi e intorno a noi.
La Parola e il Pane: questo è il cuore della fede della Chiesa.
Vedete, a volte, siamo tentati di staccare la religione dalla Parola e dal Pane. Siamo tentati di rendere lo stare qui insieme, la preghiera, soltanto un rito, qualche cosa di esteriore.
Qualcuno di voi avrà letto tempo fa con sgomento che nel covo del boss mafioso c'era il frate che andava a celebrare la Messa!
Qualcuno di voi avrà letto - in tempi più recenti - che molte processioni, molte feste patronali in certe regioni d'Italia, sono organizzate dalla mafia e dalla camorra.
Vi sarete chiesti: "Come è possibile?" È possibile se si stacca la vita di ogni giorno, la ricerca della giustizia, del senso della vita, la condivisione, l'attenzione agli altri, la gratuità.... dalla liturgia, dalla celebrazione. La celebrazione, a volte, è per qualcuno soltanto la ricerca di una protezione, adempimento del dovere.
Voi non venite qui per adempiere un dovere, per ottenere la protezione dall'Alto... voi venite qui per celebrare il Pane spezzato, la vita di Gesù donata, un segno di condivisione… e di questa condivisione - come ci invita il Vangelo di oggi - noi siamo testimoni nella vita di ogni giorno; a casa, con la gente che incontriamo...
Si dovrebbe vedere che abbiamo mangiato con il Signore, spezzato il pane con Lui, cercato la sua Parola! "Da questo vi riconosceranno - dice il Vangelo - se vi amerete gli uni gli altri".
Si dovrebbe vedere! Non possiamo tornare a casa, dicendo: "Ho osservato la regola, sono stato a Messa, sono a posto...!"
Non possiamo sentirci più giusti e migliori degli altri. Possiamo sentire dentro di noi l'esigenza della ricerca del Signore, l'esigenza della testimonianza. Una testimonianza viva di Lui, dei suoi valori, della sua realtà, della sua vita, della sua presenza in mezzo a noi...
Una presenza che non è mai magica, una presenza che è affidata a una Parola. Una Parola che è per noi vita, che è affidata al segno del Pane che si spezza, della vita che si condivide: tutto questo va portato nella realtà di ogni giorno… di questo siamo testimoni.
Il Signore ci aiuti.
"Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, IV DOMENICA di PASQUA - 29 Aprile 2012
costruttori, e che è diventata la pietra d'angolo." Giovanni 10, 11-18. Atti 4, 8-12
"Io sono il buon pastore, conosco le mie
pecore e le mie pecore conoscono me..."
Oggi la Scrittura ci offre due belle immagini. L'immagine del pastore che conduce al pascolo le sue pecore e quella della pietra d'angolo su cui costruita è casa; la pietra che si mette sul declivio della collina e sostiene tutta la casa. Due immagini che ritroviamo - specialmente la seconda - più volte nei Vangeli. Marco, Matteo, Luca ricordano queste parole che vengono da un antico Salmo: "La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d'angolo".
Vedete, i primi discepoli non affidano l'annuncio cristiano a lunghi discorsi, a teoremi dogmatici, a leggi minuziose... lo affidano a dei simboli, a delle immagini. I Vangeli sono in gran parte così: parabole, racconti simbolici, immagini.
Il simbolo, l'immagine attengono alla poesia, all'immaginazione, al sogno; tentano di esprimere l'inesprimibile, quello che è difficile dire fino in fondo. Le cose essenziali della vita non si riescono ad esprimere con tanti discorsi: l'amore, la gratuità, l'arte, la bellezza, lo stupore, la meraviglia... tutto questo è affidato più alla voce dei poeti, alla fantasia che a minuziosi discorsi.
Quando si tenta di andare aldilà - e lo si è fatto più volte nella storia della Chiesa - si sconfina nel dogma, nelle parole fissate sempre più precisamente. Pensate alle parole che si recitano normalmente la Domenica nel Credo: "Dio da Dio, Luce da Luce, generato non creato, della stessa sostanza del Padre..." Dietro queste parole ci sono anni e anni di lotte, a volte, sanguinose. Queste parole grondano sangue! Non solo... ma a noi dicono poco!
Chi parla più di "sostanza", chi dice ancora "creato e generato", cosa ci dicono queste antiche parole? Il simbolo, invece, l'immagine può essere interpretata, tradotta, rigirata nel nostro cuore, attualizzata nella nostra vita.
Ma abbiamo una serie di problemi non piccoli. Le immagini del Vangelo sono molto lontane da noi. Appartengono a un mondo contadino che, la maggior parte di noi, non ha mai conosciuto.
Vedete, se prendo l'immagine del pastore e cerco di farla mia con l'idea del proverbio che recita che è meglio un giorno da leone che cento da pecora, se la pecora viene considerata un animale un po' stupido, che deve seguire senza pensare il pastore... che immagine abbiamo della vita cristiana? L'immagine della stupidità, dell'incapacità di pensare, di cercare con la propria testa.
E l'immagine della "pietra d'angolo" che sostiene tutta la casa... chi di noi ha visto una casa costruita sulla pietra? A Ostia non ce n'è nemmeno una. Le trovate in tanti piccoli paesi del nostro paese, ma bisogna andarle a vedere e accorgersi di questa pietra e pensare, come mi dicevano alcuni grandi patriarchi che ho conosciuto: "La mia vita è come questa casa, deve essere fondata su un fondamento solido e Gesù, i suoi valori, la sua realtà sono il fondamento della mia vita".
Quindi, immagini che possono parlarci se cerchiamo di renderle vive per noi come lo erano per uomini di tanto tempo fa.
Ma c'è un altro problema, forse ancora più delicato. Quando ho davanti delle immagini - solo delle immagini - da interpretare, da attualizzare... non c'è il rischio che ciascuno di noi si faccia Gesù, Dio a propria immagine e somiglianza? È una domanda che mi sono sentito fare infinite volte. Ciascuno di noi si fa il proprio Dio, un'idea di Gesù. È un rischio reale!
Se vi domandassi: "Chi è per te Gesù?". Avremmo tante risposte diverse, a volte addirittura, contraddittorie. E, allora, chi ha ragione? Nessuno! Ma come posso andare oltre alla mia interpretazione personale, al cercare in Gesù e in Dio soltanto quello che mi fa comodo? Non ci sono scorciatoie!
L'interpretazione della Parola è affidata alla nostra libertà. Forse due strade posso indicarvele.
La prima è conservare il più possibile una coscienza limpida che non cerca quello che fa comodo, ma quello che è giusto, vero, importante; che va alla ricerca dei valori autentici, non di quelli che fanno comodo a me.
La seconda strada (anche questa importante perché siamo cattolici) è il confronto con gli altri, è l'ascolto di chi ci sta intorno, è il confronto costante con la Chiesa in tutte le sue manifestazioni. Abbiamo parole, libri, discorsi, interpretazioni... il fondamento è il rispetto degli altri, il cercare di capire, di prendere quello che - secondo noi - è giusto in una ricerca che non ha fine.
Ma c'è un altro problema, un altro rischio… una cosa che ho trovato sempre curiosa è che quando la liturgia ci propone l'immagine del pastore, dell'unico Pastore che ci cammina davanti e che ci porta sui pascoli della vita... la Chiesa sente il bisogno di parlare dei pastori, delle vocazioni: oggi - come avrete visto dal foglietto - è la giornata delle vocazioni.
Perché parlare delle vocazioni e dei pastori proprio quando si parla dell'unico Pastore. Il Vangelo è chiarissimo: "Non chiamate nessuno padre sulla terra, perché uno solo è il vostro Padre, Dio. Non chiamate nessuno maestro sulla terra, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo. Non chiamate nessuno signore sulla terra, perché uno solo è il vostro Signore, il Cristo".
E noi, nella tradizione della vita cristiana, abbiamo chiamato il Papa non soltanto padre ma, addirittura, santo padre.
Sono chiamato padre sin da quando avevo ventiquattro anni e non ho avuto (posso garantirvelo) nessun figlio… ma questo potrebbe essere solo un modo di dire. C'è qualche cosa di più profondo...
Nessuno può sostituirsi all'unico Pastore, non c'è un'interpretazione ufficiale dei simboli del Vangelo, non è solo quella che danno il Papa o i vescovi o il parroco... pover'uomini come noi a cui è affidato il simbolo e la ricerca... e, a volte, mi aiuta di più a interpretare il Vangelo la comunità dei credenti che i pronunciamenti dell'autorità ecclesiastica che, spesso, si porta dietro tradizioni di secoli, che non riesce a cambiare.
Ecco la forza del simbolo! Il simbolo può essere interpretato, attualizzato, il simbolo può mutare con il passare dei tempi, dei giorni, dei secoli, perché deve essere calato nella vita concreta e la vita dell'uomo cambia e, a volte, cambia profondamente come nei nostri tempi.
Capire che cosa significa seguire l' unico Pastore, costruire la "casa" sui suoi valori: questo è affidato alla nostra libertà, alla nostra ricerca. Una ricerca fatta con sincerità di cuore e in unione con tanti fratelli che possono aiutarci sulla via della verità e della giustizia.
Il Signore ci aiuti
Dio è più grande del nostro cuore. V DOMENICA di PASQUA - 6 Maggio 2012
"Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane Giovanni 15, 1-8. I Lettera di Giovanni 3, 18- 24
in me, e io in lui, porta molto frutto..."
Potrei intitolare il breve commento a questa pagina del Vangelo: il sogno e la realtà.
Il sogno... Perché qui abbiamo - forse - l'immagine più profonda, più bella della vita cristiana. Ricordate domenica scorsa...? Il Vangelo ci presentava due immagini: quella del "pastore" che cammina davanti alle pecore e le conduce nei pascoli della vita e poi quella della "pietra angolare" che sostiene tutta la casa.
Qui c'è un'immagine ancora più bella e più forte: il tralcio e la vite.
Non soltanto un "pastore" che cammina davanti, ma un albero a cui il tralcio è unito, si nutre della stessa sostanza, della stessa linfa. Una cosa sola! Ecco, il sogno della vita cristiana è di essere radicati in Gesù, nutrirci di Lui, dei suoi valori, della sua realtà, dei suoi ideali, delle cose che Lui ha fatto e ha pensato. Vivere di Lui, rimanere uniti a Lui per portare frutti. Frutti non per noi stessi. La vite non porta frutto per sé, ma per gli altri, per rallegrare la vita degli uomini. Un'immagine, quindi, di totale gratuità. Non seguo il Signore solo per trovare il pascolo giusto per me, per sostenere la mia "casa", lo seguo per essere una cosa sola con Lui, per condividere fino in fondo la sua vita, per basare la mia esistenza sull'incontro con Lui, per diventare con Lui una cosa sola, per portare frutti autentici di bene.
Quando divento con Lui una cosa sola, anche la mia preghiera diventa la sua. La preghiera che facciamo nostra, la preghiera che recitiamo ogni Domenica e qualcuno di noi ogni giorno: "Padre sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà". Ecco la preghiera è l'impegno che si compia la volontà del Padre... volontà di tenerezza, di giustizia, di amore, di gratuità, di rispetto, di condivisione della vita. E siamo tutti uniti perché facciamo parte di un unico albero innestati in Cristo come i tralci nella vite.
E non solo uniti tra di noi che conosciamo Gesù - il Vangelo lo dice con parole chiare: non solo chi dice: "Signore, Signore" o chi è battezzato, compie la volontà del Padre, chi vive i sogni e gli ideali di Gesù… allora la bellezza di questa immagine dilata gli spazi del nostro cuore, del nostro essere qui. Noi siamo uniti a tante persone in ogni angolo della terra che - magari - senza conoscerlo vivono gli ideali, i valori, i sogni di Gesù. Pensate - per fare qualche esempio importante - che so a Martin Luther King o a Nelson Mandela... Ma pensate anche - e forse meglio - a tante persone di tutti i giorni. A tante persone che si portano dentro la fame e la sete di giustizia, il desiderio di pace, la voglia di bontà, la capacità di condividere la vita, di operare il bene con quelli che stanno intorno.
Ecco, con tutte queste persone, in ogni angolo della terra noi siamo uniti come tralci di un albero, uniti allo stesso albero: una cosa sola!
Il sogno... il sogno che un giorno possa realizzarsi - magari alla fine dei secoli - questa unità dell'umanità intera, radicata sui valori di Gesù, sulla sua giustizia.
Il sogno... e poi la realtà! La realtà - a volte - è più grigia, è più triste.
Vedete, quando ero giovane... (adesso non mi capita più da tanto tempo, capita a voi e portate pazienza) ascoltavo prediche! Dopo questa pagina del Vangelo, c'era sempre chi puntava il dito: "Tu, sei legato a Gesù, sei radicato in Lui?" E ti mettevano i sensi di colpa nel cuore! Perché chi di noi, se gli fate questa domanda, dice: "Sì, sì, io sono perfettamente radicato in Lui".
Ma c'è di peggio! Perché a volte viene identificato Gesù con la Chiesa! E, questo, è un corto circuito che non bisognerebbe fare mai. Se uno non è battezzato, non è radicato nella Chiesa è come un tralcio secco che va bruciato... tagliato e bruciato. E, siccome i cristiani che qualche volta non sono gente tanto perbene - come noi, in fondo - non si fidano troppo che Dio bruci i tralci secchi, li hanno bruciati loro: gli eretici, quelli che non sono radicati in Cristo e, cioè, quelli che non la pensano come noi. Forse pensando: "Poi Lui farà quello che vuole, intanto noi... noi ci anticipiamo:" questo è il dramma!
Voi non avete mai bruciato nessuno, vero? No! Bravi, state un passo avanti! Ma forse a voi hanno detto... (se siete stati sfortunati e molti cristiani lo sono stati) che se hai pregato con grande fede e non hai ottenuto è perché non hai saputo pregare. Perché non eri strettamente legato al Cristo e voi, che siete pazienti come spesso il popolo cristiano, non vi siete nemmeno ribellati. Non avete gridato: "Come ti permetti di offendermi, di dire che non ho fede, che non sono radicato in Gesù?".
Ecco, vedete come si può distorcere una pagina che è ricca di sogno, di bellezza e allora - se posso darvi un consiglio - dimenticate queste domande, queste distorsioni dell'interpretazione. Conservate nel cuore il sogno. Il sogno di un mondo diverso, il sogno di uomini tutti radicati nei valori di Gesù, a condividere la stessa fame e sete di giustizia, lo stesso desiderio del bene.
In ogni angolo della terra c'è tanto male - non ci sono dubbi su questo - ma ricordatevi il male si vede, il bene no! Il male ce lo presentano ogni giorno in maniera incessante e ossessiva; il bene, no perché - per fortuna - è più normale e allora - qualche volta - guardate questo albero che si nutre dei valori di Gesù e il vostro cuore si consoli e se il vostro cuore si consola ricordatevi che il cuore di Dio è più grande del nostro.
Noi abbiamo la tentazione di bruciare qualcuno. Lui non brucia nessuno. Nessuno di noi può sentirsi "bruciato" da Dio. Conservate nel cuore il sogno... è importante!
Il Signore ci aiuti.
Questo è il mio comandamento: che vi VI DOMENICA di PASQUA - 13 Maggio 2012
amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Giovanni 15, 9-17
Abbiamo ascoltato nelle Letture di oggi tante volte la parola "amore". È una delle parole fondamentali della vita cristiana e, forse, della vita degli uomini. La mia esperienza mi dice che può essere una parola ambigua con tanti equivoci e - addirittura - può mettere pesi nel cuore della gente. Vediamo un po' cosa - nella mia esperienza - ho potuto intuire.
Se pensate che l'amore di Dio sia un amore provvidenziale, che custodisce la vita dell'uomo, che protegge il cammino dell'umanità... voi rischiate di non poter credere. Tante domande si affollano alla nostra mente: perché tanto dolore nel mondo, perché muoiono i bambini, allora cosa significa che Dio ci ama, che amore è?
Queste domande non sono soltanto le nostre. Un grande profeta come Geremia si esprime così nel suo libro: "Tu sei troppo giusto e buono, Signore, perché io possa contendere con te, ma vorrei solo rivolgerti una domanda sulla giustizia: perché la vita degli empi prospera? Perché tutti i traditori sono tranquilli? Tu li hai piantati ed essi mettono radici, crescono e producono frutto".
Vedete, non sono soltanto le nostre domande, sono anche di un grande profeta. Se volete interrogarvi sull'amore di Dio, fatelo sempre mettendovi la mano sulla bocca e cercando di intuire il mistero. Cosa può fare Dio? Cosa è giusto fare? Che cos'è l'amore?
L'amore provvidenziale di Dio... se tutto fosse da Lui governato, se tutto fosse da Lui stabilito... dove sarebbe la nostra grandezza, la nostra libertà? Ma provate ad intuire qualche cosa di più basandovi sulla vostra esperienza...
Se un genitore, che pure vuole bene al suo bambino, fa sempre tutto quello che lui desidera... quel bambino crescerà - probabilmente - male. Se un'insegnante fa fare ai suoi ragazzi sempre quello che vogliono, senza chiedere impegno, senza chiedere amore per quello che studiano... probabilmente quei ragazzi saranno degli ignoranti.
Se un medico non esige dal malato che non faccia quello che gli pare, che non mangi troppo... rovina quella persona!
Allora - vedete - forse questo vale anche per l'amore di Dio per noi. Dio non ci sta dietro le spalle a proteggere i nostri sbagli, le nostre sciocchezze. Dio ci sta davanti e ci chiama all'amore e ci vuole bene proprio perché vuole da noi la capacità di costruire un mondo più giusto e più bello. Dio non sta dietro le spalle a proteggere la vita dei suoi figli. Gesù è venuto per camminare davanti a noi e con noi, per chiamarci verso la pienezza della gratuità, del servizio e dell'amore.
Ma c'è un altro equivoco sulla parola amore che ho visto più volte affliggere la vita degli uomini.
Troppe volte si scambia l'amore con il sentimento: l'amore verso Dio e l'amore verso i fratelli. Ho ascoltato tante volte persone dirmi: "Padre, io cerco di pregare ma non sento niente... forse non ho fede, forse non amo abbastanza il Signore? Cerco di fare quello che posso, ma non sento niente!". Ma il sentimento non è l'amore! L'amore è un'altra cosa. L'amore è operativo.
Per capire meglio pensate all'amore tra due innamorati. C'è la fase dell'innamoramento, del perdersi negli occhi dell'altro, del sentire un trasporto totale, toccare quasi il cielo con un dito... ma l'amore non è questo!
L'amore è fatto di condivisione, di ascolto, di cose fatte insieme, di progetti. L'amore è fatto di sintonia, è fatto di pensieri che si incontrano, che si cercano. L'amore è fatto soprattutto di rispetto dell'altro: questo è amore! E se non c'è questo, anche se c'è tutta la passione e tutto il sentimento, non c'è amore!
E la stessa cosa vale per i genitori nei confronti dei figli.
Ricordate la frase di un grande scrittore inglese Gilbert Chesterton, che dice così: "L'amore di una madre per il figlio è sempre lo stesso, ma il sentimento va dall'adorazione all'infanticidio" e forse, lo avete provato anche voi qualche volta... la voglia di buttare un figlio dalla finestra dopo che ha pianto tutta la notte può essere un desiderio piuttosto robusto; ma non lo fate perché volete bene, perché andate aldilà della rabbia, del sentimento...
Tante volte ho incontrato delle persone che mi dicevano: "Ho fatto tanto per un'altra persona ma l'ho fatto senza amore". Ricordo una volta una signora che mi diceva: "Mi creda, padre, ho fatto per mia suocera molto più di quello che ho fatto per mia madre, ma l'ho fatto senza amore". "E che vuol dire - gli ho detto - hai fatto quello che serviva a tua suocera, lo hai fatto senza sentimento, ma con un amore forse più grande perché ti è costato, perché ti sei sforzata, perché l'hai fatto con tutto il desiderio di aiutare questa persona: questo è amore, il fare qualche cosa per gli altri!".
Ma c'è un altro equivoco, sulla parola amore.
L'amore è solo quello tra genitori e figli, tra innamorato e innamorata? O è amore anche fare il lavoro con diligenza? È amore anche quello dello spazzino che pulisce le strade e cerca di tenere tutto in ordine... È amore quello dell'insegnante...
Ma c'è un altro equivoco. A volte si pensa che delle professioni esigano amore. II medico deve amare i suoi pazienti. L'ho sentito ripetere tante volte! Ma voi andreste da un medico che vi ama tanto e che è una capra? Non basta l'amore, ci vuole l'intelligenza, la ricerca, la capacità di capire, di essere informati...
È amore anche curarsi in maniera intelligente della natura che ci sta intorno, della bellezza del mare, della pineta. Curarsene in maniera intelligente, attenta senza badare a troppe sciocchezze: anche questo è amore!
Partecipare attivamente alla vita politica: anche questo è amore! Amore della società, amore degli altri, amore per i più deboli.
Vedete quante sfumature dietro la parola amore e forse l'amore ultimo... L'amore che dovremmo esigere dalla società e dai medici: che alla fine ci lascino morire in pace senza accanirsi a curarci quando ormai non c'è più niente da fare: anche questo - secondo me - è un gesto d'amore.
Vedete cosa può esserci dietro la parola amore? E allora prima di dirla pensateci su due, tre, mille volte. La parola amore può offendere il mio prossimo. Se dico a qualcuno: "Tu non hai amore..." devo averci pensato prima diecimila volte.
Che vuol dire non avere amore? Che vuol dire non amare Dio, non amare il mio prossimo, non amare il mondo? La parola amore (per quello che ho capito io) è una parola equivoca.
Solo questo volevo dirvi stamattina, forse l'ho fatta un po' lunga, ma è amore anche sopportare un prete un po' noioso.
Il Signore ci aiuti
In quel tempo Gesù apparve agli Undici ASCENSIONE del SIGNORE - 20 Maggio 2012
e disse loro: "Andate in tutto il mondo e Marco 16, 15-20. Paolo agli Efesini 4, 1-13
proclamate il Vangelo a ogni creatura..."
Voi tutti sapete che oggi è la festa dell'Ascensione di Gesù. Questa festa per i primi cristiani diventa, anno dopo anno, importante, ma rimane una festa difficile e forse la più difficile delle feste cristiane e, quello che succedeva per i primi cristiani, succede anche per noi: l'Ascensione è una festa difficile.
Vediamo se posso aiutarvi ad intuire perché - secondo me - è così difficile. Cominciamo da lontano.
I primi discepoli vivono nel mondo ebraico in cui ormai da tempo è morta l'antica profezia... la grandezza di Isaia, di Geremia, di Amos, di Osea... personaggi straordinari che dopo ogni catastrofe avevano invitato il popolo a ritrovare il coraggio della speranza, a costruire la giustizia, la pace, il rispetto degli altri. Profeti che vivevano con coraggio il monoteismo etico, la fede in Dio che esige comportamenti morali seri.
Pian piano nella storia di Israele questa speranza, questa forza profetica era venuta meno. Ci si rifugiava nell'attesa di un Essere straordinario. Il Messia sarebbe venuto sulle nubi del cielo, con potenza e gloria grande, a chiudere la storia, a rinnovare completamente il mondo... questo mondo non ha più senso, va distrutto e questo per opera di Dio!
Un'opera straordinaria, prodigiosa, magica... quindi, il popolo di Israele rischia di perdere il senso della propria missione… per i profeti tutto il popolo è messianico. Tutto il popolo deve contribuire alla salvezza del mondo, deve diffondere sulla terra la luce di Dio: questa è la grande missione che i profeti tentano di comunicare al popolo di Israele.
Al tempo di Gesù, molti e anche i discepoli: Pietro, Paolo, Andrea, gli altri... credono che il mondo stia per finire, che debba venire il Messia. Hanno conosciuto Gesù, lo hanno seguito prima come un profeta, un profeta straordinario, che ha parlato come nessun altro ha mai parlato. Poi hanno riconosciuto in Lui il Messia, il Figlio. Lo hanno visto inchiodato sulla croce... tutto sembrava finito, ma poi hanno fatto esperienza che non poteva essere tutto finito lì, che Gesù continuava a vivere e, allora, è ripresa forte in loro l'attesa di un evento straordinario e miracoloso.
Gesù, il Messia sarebbe tornato e tornato presto. Paolo - come sapete - è convinto di non morire, perché prima della sua morte ritornerà Gesù a cambiare radicalmente il mondo.
Pian piano i primi cristiani si rendono conto che non è consentito alla loro fede la fuga nella magia; che è compito loro costruire il mondo, continuare l'opera di Gesù, essere testimoni di Lui - come avete ascoltato oggi - fino ai confini della terra.
E avete ascoltato le parole del Vangelo di Marco... parole straordinarie piene di simboli. Sono parole scritte quasi cento anni dopo che era stato composto il suo Vangelo. Sono state aggiunte perché si arriva a questa convinzione che tutto il popolo cristiano deve essere testimone di Gesù. Andranno per il mondo - come avete ascoltato - a cacciare diavoli, a prendere in mano serpenti, a guarire malati...: è il compito di tutto il popolo cristiano, il compito di ciascuno e della comunità.
Ma questa festa che era difficile per loro, è difficile anche per noi; come è stata difficile per tutta la vita della Chiesa.
Troppe volte nella storia della Chiesa si è ricorsi al personaggio magico, all'evento straordinario. Sorge un santone - magari con le stimmate - e tutti accorrono. Risolve i problemi il miracolo, la magia, l'evento straordinario. Appare una Madonna, che piange e tutti vanno.
E poi c'è qualcuno che pensa per tutti, gli altri seguono come pecore mute. Il Papa è "infallibile" e molti pensano che sia sufficiente pensare come il Papa e se ne va la nostra responsabilità, il coraggio di pensare con la nostra testa e di costruire il mondo, ciascuno come può. Avete ascoltato l'apostolo Paolo: "Abbiamo ciascuno i nostri doni e dobbiamo metterli insieme per costruire il futuro".
E questa educazione cristiana può avere conseguenze drammatiche sulla storia dell'umanità. I Papi "infallibili" hanno dichiarato "uomini della provvidenza" gente che ha portato l'Europa alla rovina più totale. Uomini della provvidenza.... viene il personaggio mitico, colui che risolve tutto! Non c'è più la partecipazione viva di un popolo, di una nazione a costruire il proprio futuro.
E guardate che corriamo pericoli anche oggi! Perché in tutti i tempi di grave crisi economica c'è sempre il rischio che qualcuno ci inviti a ricorrere al mito, al personaggio straordinario, alle soluzioni rapide, soluzioni che portano solo disastri.
È compito di tutta la comunità cristiana a costruire il mondo. Noi siamo tutti invitati ad essere come il Messia, a continuare la sua opera. Il compito della Chiesa è un compito messianico... il compito di portare la giustizia, di cancellare il male, di "guarire" i malati, di rinnovare la terra: e, questo, si può fare soltanto insieme! Se si mettono in comune le nostre capacità... non sono ammesse nel cammino della Chiesa le fughe in avanti.
Quando eravamo giovani credevamo di cambiare il mondo da soli e in fretta. Ci sembrava che i vecchi non capissero più niente… e avevano ragione loro, probabilmente! Perché la vita va condivisa, il cammino va fatto insieme rispettandosi gli uni con gli altri, tentando di vivere il compromesso di ogni giorno, l'accoglienza dell'altro, il rispetto reciproco.
Vedete perché vi dicevo che la festa di oggi è forse la festa più difficile? È difficile per noi cristiani rinunciare alla magia. È difficile per noi cristiani rinunciare al mito. È difficile prendere ciascuno le proprie responsabilità. È difficile camminare insieme. È difficile conservare il senso della speranza, eppure se non facciamo tutto questo perdiamo il senso della vita cristiana.
Difficile ma essenziale e forse la più importante.
Il Signore ci aiuti.
Venne all'improvviso dal cielo un fragore, DOMENICA DI PENTECOSTE - 27 Maggio 2012
quasi un vento che si abbatte impetuoso... Giovanni 15, 26-27. Paolo ai Galati 5, 16-25
Apparvero loro lingue come di fuoco...
e tutti furono colmati di Spirito Santo...
Siamo insieme per tentare di celebrare la Pentecoste. Celebrare la Pentecoste è celebrare Dio con noi. Dio nel nostro intimo, nel profondo della nostra coscienza, della nostra esperienza. E, come avete ascoltato, il racconto della Pentecoste affida il tentativo di intuire qualche cosa del rapporto di Dio con noi a due grandi simboli che attraversano tutta l'antica storia della tradizione ebraica e poi cristiana: il vento e il fuoco.
Tentano di esprimere, non tanto chi è Dio perché Dio - secondo la tradizione di Israele - è inesprimibile. Di Dio non si può parlare. Dio abita lo spazio dell'infinito. Dio è indicibile: abita lo spazio del mistero. Dio è troppo grande, è troppa la sua luce perché noi possiamo parlare di Lui.
Il comandamento nell'Antica Legge dice che non si può nemmeno pronunciare il nome di Dio. Si può solo tentare di intuire chi è Dio per noi. Chi è Dio nella nostra vita, come possiamo aprirci a Lui: e, questo, può essere fatto soltanto attraverso il simbolo. E due sono i simboli fondamentali: il fuoco e il vento.
Una piccola premessa... Per noi il vento e il fuoco sono ormai da lungo tempo oggetto di approfonditi studi scientifici. Sappiamo tutto del vento e del fuoco, ma gli antichi, no. Per gli antichi erano due forze misteriose. Non capivano come si formassero, cosa fossero.
Il Vangelo dice che il vento non si sa da dove viene ne dove va, eppure è una forza importante per l'uomo... spinge avanti le barche nel mare, impollina i fiori perché portino frutto, ricambia l'aria, permette di respirare, eccetera.
Ma da dove viene, cos'è il vento? Nessuno lo sapeva!
E anche il fuoco... come da un legno secco può venire la fiamma che illumina e riscalda? Ecco due simboli - vedete - misteriosi e non può essere che così perché tentiamo di parlare del rapporto di Dio con noi. Eppure questi simboli voi li ritrovate più volte nell'Antica Scrittura, cominciando fin dall'inizio.
Sul caos primordiale aleggia il soffio di Dio, il vento di Dio, lo Spirito di Dio. In ebraico è sempre la stessa parola: rùach!
Il vento di Dio aleggia sul caos primordiale, dà ordine alle cose…
Lo ritrovate in uno dei racconti più suggestivi dell'Antico Testamento: il profeta Elia sale sul monte a cercare Dio.. viene il terremoto, la grande tempesta, i fulmini... ma Dio non è nel terremoto. Dio non è nella tempesta... e poi il soffio di un vento leggero e, allora, Elia riconosce il passaggio di Dio: esce dalla caverna! E deve inseguire Dio e lasciarsi sospingere da Lui.
E il fuoco... voi conoscete tutti il racconto del roveto ardente: simbolo della presenza di Dio nel mondo. Un roveto che dà luce, che dà calore, a cui non ci si può nemmeno avvicinare. E poi la colonna di fuoco che nell'uscita dall'Egitto guida il popolo d'Israele, perché possa affrontare il cammino notturno, verso la libertà.
E poi sul monte Sinai... ancora il fuoco!
E qui nel racconto di Pentecoste - avete ascoltato - un vento! Questa volta un vento impetuoso che spalanca le porte; che invita i discepoli ad "uscire", ad affrontare il mondo, a liberarsi dalla paura. E poi il "fuoco" che scende su di loro come tante fiammelle. Fuoco che illumina, fuoco che scalda il cuore: è questo che i primi cristiani tentano di intuire del rapporto di Dio con noi.
Un Dio che ci spinge come una barca sospinta dal vento. Un vento che va inseguito, un calore che dobbiamo tentare di conservare dentro di noi. L'antico profeta dice: "Volevo smettere di parlare in nome di Dio, ma poi sentivo dentro di me come un fuoco ardente..."
E anche i due discepoli di Emmaus quando hanno riconosciuto il Signore, dicono: "Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?".
Ecco, il soffio dello Spirito, un vento da inseguire, a cui aprirsi, un vento da cui lasciarci sospingere alla ricerca della verità, alla ricerca della luce.
Un fuoco che scaldi il cuore: il dono dello Spirito. Lo avete ascoltato nelle belle parole dell'apostolo Paolo: "Lo Spirito è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza..." Ecco il soffio di Dio nella nostra vita!
Un soffio che non possiamo possedere. Un soffio che appartiene al mistero, ma che ci spinge in avanti. Ed ecco, allora, non tanto il Dio a cui ricorrere nel momento del bisogno, ma il Dio da invocare ogni giorno. Lo Spirito a cui occorre aprirsi, che possiamo inseguire ogni giorno perché la luce, la verità, il calore siano presenti nella nostra vita.
Il Signore ci aiuti
"Ecco, io sono con voi tutti i giorni, SANTISSIMA TRINITÀ - 3 Giugno 2012
fino alla fine del mondo". Matteo 28, 16-20
Quando ero bambino - credo sia accaduto anche a molti di voi, specialmente a chi ha i capelli bianchi - tentavano di spiegarmi il mistero della Trinità usando l'immagine del triangolo: tre lati uguali, una sola figura. A me, che sempre ho odiato la matematica e anche la geometria, sembravano discorsi particolarmente astrusi e incomprensibili.
Se poi aggiungete che in mezzo al triangolo c'era un occhio inquietante che mi dicevano scrutasse ogni angolo della vita e della mente, capite quanto poco potessi amare quelle spiegazioni. Altre volte i nostri catechisti e i nostri sacerdoti usavano l'immagine del trifoglio: tre parti uguali una sola foglia, ma non erano più convincenti.
Poi sono entrato in seminario e, per diventare sacerdote, ho cominciato a studiare grandi libri che cercavano di dimostrare la Trinità con le antiche, astratte, complicate parole della filosofia greca: natura, sostanza, persona, processione…
Capite allora il mio stupore, la mia gioia, quando, andando avanti, ho trovato che si potevano usare parole diverse, che si poteva balbettare qualche semplice parola, per tentare di esprimere l'inesprimibile, il Mistero in cui abita Dio.
C'è un "Credo" che abbiamo amato nella nostra vecchia parrocchia, l'abbiamo usato in tutte le notti di Pasqua e in tante altre occasioni. Quando parla di Dio tenta di balbettare: "Credo nel Dio che è tutto ciò che l'uomo ama, è tutto ciò che l'uomo sogna, è al di là dei nostri sogni, più grande di ogni nostra parola, è la capacità di sorpresa dell'uomo…" Vedete, balbettamenti, per non saper che dire, per non dover tacere si usano parole che lasciano intuire al nostro cuore qualcosa della grandezza di Dio: è tutto ciò che l'uomo sogna, ama, la pienezza della gratuità!
Poi seguita però con qualcosa di più concreto: "è un Dio che ci chiama sempre al suo banchetto per far festa, è un Dio che va sempre incontro a chi lo ha abbandonato" vedete che si lasciano parole astratte per entrare nel Vangelo che ci dice qualcosa di Dio con alcune straordinarie parabole. Tutti conoscete quella del Padre misericordioso: il figlio che va via e sciupa tutto, quando torna trova la festa, l'incomprensibile festa. L'abbraccio del padre, non una parola di rimprovero, non la punizione, ma la festa. La capacità del Padre di rispondere al male con la festa. Quanto è lontano dall'inquietante occhio al centro del triangolo della mia infanzia! E Gesù ci ha insegnato a chiamarlo "Abbà", Papà: è questa la giusta traduzione della parola aramaica.
E abbiamo contemplato Gesù appena nato nella capanna di Betlemme, cucciolo d'uomo affidato al nostro coraggio, alla nostra tenerezza, alla nostra accoglienza.
Lo abbiamo visto crescere, lo abbiamo ascoltato proclamare beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace, quelli che hanno fame e sete di giustizia.
E ci ha parlato di libertà: "non è l'uomo fatto per il sabato, il sabato è fatto per l'uomo". E "sabato" è la regola, la tradizione, la religione: tutto dovrebbe essere a servizio dell'uomo, per la pienezza della vita.
Lo abbiamo ascoltato dire che non è venuto per essere servito, ma per servire e donare la vita per tutti.
Lo abbiamo visto inchiodato sulla croce, vittima della cieca violenza, a condividere i bassifondi dell'umanità: Dio impotente, con le braccia spalancate tra cielo e terra, ricco solo d'amore. E poi lo abbiamo celebrato Risorto, lo abbiamo sentito vivo in mezzo a noi.
Nell'esistenza concreta, carnale di Gesù di Nazaret abbiamo intuito qualcosa di Dio, della luce inaccessibile in cui Dio abita.
E il soffio dello Spirito, il vento di Dio: lo abbiamo celebrato Domenica scorsa! Il vento che ci spinge in avanti verso la libertà, la gratuità, l'incontro con gli altri, la comprensione reciproca. Fuoco che illumina e riscalda la nostra esistenza. Lo Spirito che è amore e ci chiama all'amore.
Forse solo così possiamo tentare di dire qualche parola e intuire qualcosa del Mistero della Santissima Trinità.
Il Signore ci aiuti.
Ecco, nella sua forma completa, il Credo a cui ho accennato:
Credo:
Non crederò mai:
nel Dio che ama il dolore,
nel Dio che gioca a condannare,
nel Dio che esige dieci agli esami,
nel Dio che non abbia mai pianto per gli uomini,
nel Dio che preferisce la purezza all'amore,
nel Dio che gioca con la vita degli uomini,
nel Dio che con la bacchetta magica cambia la vita degli uomini,
nel Dio che possa essere incontrato e pregato solo in Chiesa,
nel Dio che conquisto con le mie preghiere,
nel Dio che ama solo quelli che dicono tutto va bene,
nel Dio che chiede all'uomo di smettere di pensare e di cercare,
nel Dio che vede nella scienza un peccato di superbia.
Credo invece, nel Dio che
è tutto ciò che l'uomo ama,
è tutto ciò che l'uomo sogna,
è al di là dei nostri sogni, più grande di ogni nostra parola,
è la capacità di sorpresa dell'uomo,
è un Dio che ci chiama sempre al suo banchetto per far festa,
è un Dio che va sempre incontro a chi lo ha abbandonato,
è un Dio che ci chiama alla pienezza della vita,
è un Dio d'amore,
è gratis, ed è per tutti.
Nessuno lo può comprare o possedere.
Perché l'amore non si compra e non si vende.
Prese il calice, lo diede loro bevvero CORPO E SANGUE DI CRISTO - 10 Giugno 2012
tutti. E disse loro: "Questo è il mio Marco 14, 12-16. 22-26. Esodo 24,3-8
sangue dell'alleanza, che è versato per molti."
In questa festa del Corpo e Sangue del Signore, (del Corpus Domini, come dicevamo una volta, quando parlavamo in latino) come avete ascoltato ci viene riproposto un tema fondamentale della nostra fede, sia nell'Antico sia nel Nuovo Testamento: è il tema dell'Alleanza, di un rapporto di Dio con l'uomo basato su un impegno reciproco.
Dio si impegna con noi ad illuminare la nostra strada, a darci le sue indicazioni per la vita. Si impegna a condividere il nostro cammino e noi ci impegniamo con Lui a osservare tutte le leggi, a vivere la moralità e una moralità alta, non fatta soltanto di piccole regole, ma della scelta dei grandi temi della giustizia e della pace.
Un impegno, dunque, reciproco che veniva celebrato - come avete ascoltato - con un rito per noi stranissimo. Se lo facessi qui scappereste tutti!
Mosè prende il sangue degli animali offerti in sacrificio (vengono poi condivisi in una grande festa) viene versato in parte sull'altare, che è il simbolo della presenza di Dio in mezzo al popolo, poi viene spruzzato sulla gente. Un rito arcaico, strano... sangue!
Per noi è difficile comprendere perché abbiamo tutta un'altra visione del sangue. Per gli antichi il sangue è una cosa sacra. Sapete che nella tradizione ebraica e in molte altre tradizioni non si può mangiare il sangue. Bisogna lasciarlo scorrere tutto perché il sangue è la vita!
E, allora, un rito con il sangue è un rito di vita. Si uniscono due vite. Nelle antiche tradizioni quando due capi tribù volevano fare un'alleanza, un'alleanza seria, facevano un piccolo graffio sul braccio, univano il sangue e dicevano: "Ecco, siamo fratelli, abbiamo lo stesso sangue. Guai a noi se rompiamo quest'alleanza!".
E in molte culture anche l'alleanza più forte tra gli uomini, l'alleanza tra l'uomo e la donna: il matrimonio, veniva celebrato con un rito di sangue. Un graffio, il braccio che si unisce: "Abbiamo uno stesso sangue, partecipiamo della stessa vita".
Così, il popolo d'Israele intuisce che si possa stabilire il rapporto con Dio. Una stessa vita ci unisce, quasi che avessimo lo stesso sangue.
Questo non vale soltanto per l'Antico Testamento, ma anche per il Nuovo. Avete ascoltato nel Vangelo: "Questo è il sangue dell'alleanza". Quindi ancora l'Alleanza!
Se la mia esperienza non è profondamente diversa dalla vostra, potete riandare alla vostra educazione. Io nella mia vita di prete (ormai lunga, sono più di cinquant'anni) non ho quasi mai ascoltato un cristiano che avesse sentito parlare dell'Alleanza.
Aveva sentito parlare di tutte le regole per fare la Comunione. Di come bisognasse confessarsi prima. Essere digiuni. Ancora c'è chi elenca una lunga serie di peccati che escludono dall'Eucaristia - qualcuno di noi ha sentito farlo durante un funerale... la cosa più indegna che ci possa essere!
Regole, riti, ma non l'Alleanza! Qual è la conseguenza?
Vedete, se andate in giro, oggi, trovate in varie città d'Italia tante celebrazioni ricche di suggestione, di fascino: tappeti di fiori per terra, quadri composti con fiori, balconi tutti colorati, drappi alle finestre, grandi processioni... riti antichi e solenni, ricchi di bellezza, di colori, ricchi anche di calore umano... cose belle che sarebbe giusto non perdere mai, ma... ma se è solo questo, se la liturgia che facciamo qui, se l'Eucaristia si riduce soltanto a rito, a processioni, a fenomeno culturale... si perde l'essenziale e... l'essenziale è l'Alleanza!
L'essenziale è un patto con Dio in cui c'è l'impegno per una moralità alta! Allora se non c'è l'Alleanza non dovremmo meravigliarci se ci capita poi di ascoltare che nel covo del capomafia il frate va a celebrare Messa!
Non possiamo lamentarci se molte feste e processioni sono organizzate - in certi paesi dell'Italia - dalla mafia e dalla camorra. Non possiamo meravigliarci se in questo paese - forse più che i molti altri paesi - la gente non paga le tasse, non sente l'esigenza di partecipare alla vita politica e morale, ad essere onesti nei rapporti di lavoro: tutto questo è moralità alta!
Se non c'è quest'esigenza non possiamo meravigliarci se in alcune delle regioni più cattoliche d'Italia dilaga il razzismo, l'intolleranza verso il diverso, verso lo straniero... manca il senso dell'Alleanza! Il senso, cioè, che quando ci ritroviamo qui facciamo un patto con Dio: "Tu vieni con noi. Tu ti fai pane e noi ci impegniamo a vivere la giustizia"
Ricordate che nell'Ultima Cena Gesù si è chinato a lavare i piedi ai suoi discepoli, poi li ha guardati negli occhi: "Quello che ho fatto io, fatelo anche voi..." "Vi lascio un comandamento nuovo: (non i tanti comandamenti dell'Antico Testamento, uno!) amatevi come io vi ho amati".
Ecco, se manca tutto questo, la fede rischia di morire, di diventare solo esteriorità, folklore. Quando venite in chiesa noi commettiamo una mancanza di cui vorrei che foste consapevoli... non ci pensate mai, ma è una mancanza. Disubbidiamo a una parola di Gesù! Fra poco io dirò alzando il calice: "Prendete e bevetene tutti..." Vino solo il prete! Il popolo cristiano si contenti dell'Ostia. Sì, ci sono dei problemi pratici, difficile avere un bicchiere per ciascuno... ma forse se fossimo convinti dell'importanza di questo tema dell'Alleanza il sistema si sarebbe trovato.
E, allora, se pure non bevete ricordatevi che simbolicamente il Signore vi mette in mano un calice di vino, un simbolo del suo sangue: "Qui c'è il mio sangue, il sangue dell'Alleanza. Io mi impegno con voi a condividere la nostra vita. Mi impegno a diventare uno di voi".
Lo ha fatto, non abbiamo più bisogno di prove. È venuto. È nato in una stalla. È finito su una croce. Si fa pane per noi.
Ma se c'è questo impegno totale di Gesù per noi, lo stare qui esige anche un impegno nostro con Lui. Ed è importante per noi vivere l'alleanza. Interessa alla nostra vita: una moralità alta, giova alla pienezza, alla ricchezza, alla bellezza della vita dell'uomo. Non è facile.
Il Signore ci aiuti
Così è il regno di Dio: come un uomo XI DOMENICA TEMPO ORDINARIO - 13 Giugno 2012
che getta il seme sul terreno; dorma o Marco 4, 26-34
vegli, di notte o di giorno, il seme
germoglia e cresce. Come egli stesso non lo sa.
Il Vangelo di oggi ci regala due straordinarie parabole, forse le più belle.
Una la conoscete, penso, tutti perché ritorna più volte: è la parabola del seme piccolo come un granello di senape, che viene seminato e diventa quasi un albero, tanto che gli uccelli possono fare il nido tra i suoi rami.
L'altra - forse - non la conoscete: è la parabola del seme che cresce da solo. Il contadino semina il suo seme, dorma o vegli, di notte o di giorno il seme cresce e lui non sa come succede: c'è tutto lo stupore dell'antico mondo contadino!
Questa parabola è forse la più difficile anche se - secondo me - la più bella. E non è difficile solo per noi, era difficile, probabilmente, anche per i primi cristiani. Questa parabola voi non la conoscete perché questa Domenica spesso viene soppiantata dalla festa della Santissima Trinità o del Corpus Domini, ma soprattutto perché c'è solo nel Vangelo di Marco, i Vangeli seguenti che dipendono da Marco l'hanno tolta. Forse pensavano che fosse troppo difficile, insopportabile per la vita cristiana: bisogna predicare l'impegno, la forza morale... non si può dire che il seme cresce da solo! Bisogna coltivarlo, curarlo, annaffiarlo eccetera...
E, invece, qui c'è l'antico stupore del mondo contadino che vede il seme crescere e non sa come succeda. È il miracolo della natura. Il miracolo che vedete ripetersi ogni volta che girate per la pineta o guardate in terra quando camminate per strada e vedete spuntare una fogliolina d'erba.
È una parabola difficile e, quindi, anche la predica che tento di farvi è la più difficile... se non mi riesce... supplirete voi! Rileggete questa pagina e cercate di intuire qualche cosa... Io tento di farvi degli esempi...
Vedete, mi è capitato - a volte - di incontrare giovani sposi pronti per celebrare il matrimonio… avevano dovuto lavorare tanto per sistemare la casa, preparare la cerimonia... gli inviti... il pranzo, il fotografo... qualche volta, avevo l'impressione che si erano dimenticati di guardarsi negli occhi, di conservare lo stupore, la meraviglia del primo incontro.
Qualche volta mi è sembrato che mancasse loro la fiducia nel domani, il coraggio di costruire la vita e questo che succede a giovani che stanno per sposarsi, mi è capitato di vederlo anche in certe coppie (oggi ci sono coppie di fatto, molti non si sposano più) e anche lì tante cose da fare... il lavoro che impegna molto, l'arrivare alla fin del mese, la corsa di ogni giorno, a volte programmare le vacanze sempre più esotiche e complicate: sono cose importanti anzi necessarie, e, anche lì, ci si scorda di guardarsi negli occhi, di conservare lo stupore l'uno dell'altro, di curare il dialogo, la capacità di parlarsi, di capirsi, di condividere quello che c'è dentro di sé… e rischiano di perdere l'essenziale della vita e di mettere in crisi la loro coppia.
E quello che vale per un rapporto di coppia vale anche per il rapporto dei genitori con i figli. Tanta fatica, tanti impegni, tante preoccupazioni e, a volte, la paura: che succederà? Che diventerà questo figlio? A volte, l'ansia soprattutto nell'adolescenza… e anche lì si rischia di perdere lo stupore, il saper guardare il figlio che cresce e, soprattutto, sapergli comunicare la fiducia nel domani, il coraggio di sperare. Questa fiducia bisogna averla prima dentro di sé: la convinzione che i semi che si seminano, se sono quelli giusti, in qualche modo crescono, portano frutto...
E quello che vale per il rapporto tra genitori e figli vale anche per la scuola. L'insegnante deve usare tanti strumenti importanti: il voto, le pagelle, gli scrutini... (in questi giorni i nostri ragazzi di terza media stanno facendo gli esami, gli altri preparano quelli di maturità) tutte cose indispensabili: il voto, la richiesta di impegno, la severità, qualche volta, la punizione... ma se non si riesce a comunicare la passione per la bellezza della poesia, dell'arte, della scienza, del conoscere, dell'imparare... tutto rischia di essere se non inutile, incapace di portare molto frutto. L'essenziale anche nella scuola è lo stupore, è il desiderio di conoscere, la speranza nel futuro.
Ma se volete allargare il tema alla situazione che viviamo in questo tempo, trovo tante persone scoraggiate per il futuro. Cosa succederà? Come finirà questa crisi? Dove andremo a finire? E trovo anche tanti ragazzi che vivono questo clima di sfiducia.
Ora un appello a chi ha i capelli bianchi! Vi ricordate? Noi da bambini siamo passati attraverso la guerra. L'Italia era distrutta, non c'era più niente! Eppure la nostra adolescenza, è passata in un clima in cui c'era una grande fiducia nella capacità dell'uomo. Una fiducia che si è ripetuta tante volte nella storia. Dopo ogni catastrofe l'uomo ha sentito l'impulso vitale a ricominciare, a costruire, ad andare avanti, a non scoraggiarsi… e l'uomo è sempre riuscito a sconfiggere le grandi catastrofi... pensate alla peste, alle guerre, che hanno attraversato tante volte l'Europa... dopo ogni catastrofe un bambino ha ripreso a sorridere, a guardare il mondo con stupore e meraviglia.
E questo che vale per la famiglia, per la scuola, per la società, vale anche per ciascuno di noi. Permettetemi una confidenza! Quando mi hanno chiesto di scegliere il Vangelo per la celebrazione dei cinquant'anni dell'anniversario della mia prima Messa, non ho avuto dubbi: ho scelto questo, non se ne poteva scegliere un altro, perché questo Vangelo mi sembrava esprimere lo stupore, la meraviglia che ha accompagnato la mia vita.
Lo stupore e la meraviglia per la bellezza del creato, dei fiori che crescono, di un tramonto, del mare e di questa straordinaria pineta che ho potuto gustare in lungo e in largo, ma soprattutto le persone, la gente. Le persone che ho incontrato e quello che avevano dentro. Quante persone molto migliori di me, che mi hanno dato fiducia e speranza nella vita!
Lo stupore, la meraviglia e poi la convinzione che per quante cose tu fai il seme fiorisce da solo se è giusto... perché l'uomo ha la capacità di accogliere il seme, i valori autentici, di portarli avanti, di farli fruttificare: la fiducia non per quello che tu fai, ma la speranza nella forza della vita…
E per chi crede, la fiducia nel "soffio" dello Spirito, nel "vento" di Dio che attraversa la storia.
E, dunque... queste parabole tentano di comunicarci lo stupore, la meraviglia, quasi di farci ridiventare bambini con gli occhi sgranati, che cercano di guardare tutto quello che c'è di bello nel mondo, di viverlo, di saper ammirare il fiore che sboccia, la bellezza del creato, il cielo stellato e le persone e poi... e poi la fiducia, la fiducia nella forza della vita, nella capacità dell'umanità; l'umanità non si mai arresa, non ha mai ceduto ed è sempre andata avanti.
Ecco, rileggetevela questa parabola. Ve lo avevo avvisato, è una predica difficile, non so se sono riuscito a comunicarvi qualche cosa. Rileggetela perché è fondamentale per voi conservare lo stupore, la meraviglia di fronte alle cose e alle persone e la fiducia nel domani e la certezza che i semi fioriscono in gran parte da soli.
Noi dobbiamo custodirli, curarli, annaffiarli - tutto quello che volete - ma poi c'è la forza dello Spirito, c'è la forza della vita, c'è la forza della natura, c'è la forza del cuore dell'uomo che non si stanca mai di andare avanti.
Il Signore ci aiuti
"Il fanciullo cresceva e si fortificava nello Natività di GIOVANNI BATTISTA - 24 Giugno 2012
spirito. Visse in regioni deserte fino al Luca 1,57 - 66. 80
giorno della sua manifestazione a Israele.
Come avete ascoltato, oggi celebriamo la festa di Giovanni Battista; uno dei rari casi in cui la festa di un santo passa avanti alla Domenica, perché? Giovanni Battista è considerato uno dei personaggi più importanti della storia della Chiesa. A lui sono dedicate, in tanti paesi d'Italia, chiese, feste, celebrazioni particolari... perché tutta questa importanza?
Vedete, nel Nuovo Testamento, Giovanni Battista viene considerato come l'iniziatore di tutto. L'iniziatore di una nuova storia: una storia che arriva fino a noi. Perché Giovanni è colui che riprende dopo tanto tempo la predicazione degli antichi profeti. Invita la sua gente a tornare nel deserto... il tempo mitico dell'uscita dall'Egitto, quando il popolo tentava di seguire il Signore e poi il passaggio del Giordano: l'inizio di una nuova vita.
Giovanni è un profeta severo. Veste di pelli, mangia cavallette e miele selvatico e annunzia il grande giorno della fine. Il giorno che lui dice "rovente come un forno" in cui ogni male sarà distrutto.
E, alla sua predicazione, sono presenti anche Gesù e i primi apostoli: Pietro Andrea, Giacomo, Giovanni, tutti ritengono che Giovanni sia il loro maestro. A lui si affidano… anche Gesù, tanto che quando Giovanni viene messo in prigione, sente il bisogno di lasciare Nazareth e continuare la sua missione. Il maestro non può più parlare, adesso tocca a Lui.
Gesù deve lasciare il suo lavoro di falegname e riprendere il lavoro del maestro. Giovanni è il maestro!
Quando Giovanni è in prigione e alcuni discepoli, mandati da lui, vanno a chiedere a Gesù se è Lui il Messia.... Giovanni ha un momento di dubbio: non sa se Gesù è il Messia che aspetta. Gesù prima di rispondere fa di Giovanni un elogio straordinario: è "il più grande tra i nati di donna". Non c'è stato nessuno più grande di lui e aggiunge che Giovanni è un uomo tutto di un pezzo, non è come "una canna sbattuta dal vento". Non è un uomo che vive nelle corti, non è un cortigiano. È capace di alzare la voce e non contro la povera gente, la alza contro i potenti: invoca la giustizia, la rettitudine morale. Ha il coraggio di gridare e per questo viene messo in prigione e verrà ucciso: ecco, questa è la grandezza di Giovanni! Un uomo straordinario, un uomo che è capace di essere fedele fino in fondo alla propria missione.
Ma Gesù sembra prendere un'altra strada. È discepolo di Giovanni, ma se ne va da un'altra parte!
Giovanni vive nel deserto, Gesù vive in mezzo alla gente. Giovanni predica la fine, il fuoco che scende dal cielo, il giorno terribile dell'avvento del Messia che distrugge... Gesù ci parla di tenerezza, del seme che sboccia, della pazienza di Dio, del ritorno presso il Padre...
Due annunci che sembrano, a volte, contraddittori. Chi ha ragione?
Forse un po' tutti e due! Perché è importante che il cristiano conservi la rettitudine di Giovanni Battista, il coraggio di parlare, quando si deve, di fronte ai potenti. Il coraggio di gridare la giustizia, la pace, la rettitudine, la verità...
Ma ha ragione anche Gesù... questo grido non ha bisogno di minacce, di castighi. Ha bisogno di tenerezza, di un incontro con Dio fatto di fiducia, di confidenza, di speranza.
Vedete, questo è qualcosa che io ho vissuto anche nel corso della mia vita. Quando ero ragazzo mi avevano presentato di Dio soltanto il suo aspetto severo, quasi minaccioso... il timore di essere punito dal Signore, il senso di colpa che qualche volta si insinuava nella mia coscienza e poi... poi ho avuto la fortuna di scoprire anche Gesù, di scoprire la sua tenerezza, il suo tenderci la mano, il suo andare incontro, sempre, a chi ha peccato, a chi non ce la fa.
Lui è venuto non per "spezzare la canna incrinata", non per "spegnere il lucignolo fumigante" ma per ridare fiducia, coraggio. A Gesù ho affidato la mia vita!
Quando ero bambino mi proponevano digiuni, penitenze, sacrifici... quasi che la sofferenza fosse gradita a Dio. Ho scoperto che Gesù era uno che mangiava e beveva e, anzi, ha fatto del mangiare e del bere il segno privilegiato della presenza di Dio in mezzo a noi.
Spero che non ve ne dimentichiate mai: quando veniamo in chiesa ci ritroviamo intorno a una tavola, a un pranzo festoso: il segno di Dio.
E allora, vedete, si può essere santi pur non dicendo tutto quello che è giusto. Si può essere santi sbagliando la prospettiva. Si può essere un uomo coerente, anche se non si intravede la strada giusta... perché siamo tutti diversi e per fortuna siamo diversi!
Non solo! Quando rileggiamo le Antiche Scritture, il Vangelo dobbiamo tentare di capire e di interpretare e ciascuno di noi ha il diritto, e credo anche il dovere, di scegliere quello che per lui è importante; quello che è il messaggio che coglie la sua vita, quello che gli dà il senso della giustizia, ma anche il senso della pace, della fiducia, della riconciliazione.
Se un messaggio ci mette dentro un senso di colpa, se un messaggio ci fa paura...: non viene da Dio! Ecco perché leggendo il Vangelo e ancor di più l'Antica Scrittura dobbiamo scegliere, dobbiamo interpretare. Dobbiamo tentare di capire cosa Dio dice a me, in questo momento delle mia vita.
Accettando la diversità sapendo che per fortuna, siamo tutti diversi. Ciascuno di noi si porta dentro qualche cosa e la saggezza è prendere quello che è buono.
"Considerate quello che è buono, scegliete il meglio" - così dice l'apostolo - e così tentiamo di fare anche noi anche se, qualche volta, non è semplice. E, quindi, portiamoci nel cuore Giovanni Battista, la sua dirittura morale, il suo coraggio di andare fino in fondo.
Portiamoci nel cuore la tenerezza di Gesù, la possibilità di riunirci con Lui intorno a una tavola per fare festa. A Dio non piace la sofferenza e il digiuno. Dio ama la festa. Cerchiamo di amarla anche noi.
Il Signore ci aiuti.
"Figlia, la tua fede ti ha salvata"... XIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 1 Luglio 2012
"Fanciulla, io ti dico: alzati!" Marco 5, 21-43
Dopo la Messa celebreremo in questa chiesa il Battesimo di un bambino. Qualunque celebrazione - ma in modo particolare il Battesimo - è una celebrazione della vita. È un tentare di dire, di esprimere, di cantare la vita, la fede. È un tentare di esprimere sentimenti profondi della nostra esperienza umana.
Quando, fra poco, celebreremo il Battesimo di un bambino, chi è capace di esprimere qualche cosa non è certo lui! Lui sarà il soggetto passivo della celebrazione di adulti, i quali tenteranno di esprimere la loro gioia, il loro stupore per questa creatura che è venuta a riempire la loro vita, la loro meraviglia, la loro accoglienza, il desiderio di fare spazio a questo bambino, e anche il loro impegno a fare tutto perché questo bambino cresca forte, sano, libero, a tentare di comunicargli i valori profondi della vita.
Ecco, una celebrazione festosa, ricca di generosità, di accoglienza, di stupore, di meraviglia, di impegno.
Qualcuno di voi si chiederà: ma che c'entra il Vangelo di oggi con il Battesimo?
Ebbene, quello che abbiamo appena letto è una catechesi battesimale. I primi cristiani facevano il catechismo così! Raccontavano storie! Inventavano simboli!
E non so se vi siete accorti che il clima del Battesimo dei primi cristiani è profondamente diverso... è altamente drammatico. Si tratta di una scelta: qui non si tratta di bambini, ma di adulti, che nel pieno della loro consapevolezza dovevano fare una scelta radicale: la scelta tra la morte e la vita.
Vi consiglio di rileggere questo capitolo quinto del Vangelo di Marco a casa, è straordinario, però dovete leggerlo come un catechismo non come una storiella successa tanto tempo fa. Nella prima parte (che non ci fanno mai leggere) c'è la descrizione del mondo della morte. La descrizione della violenza, della vita sciupata, della mancanza di rispetto, del far del male a sé e agli altri… il mondo della guerra, della schiavitù, della sopraffazione dell'uomo sull'uomo...
A tutto questo, radicalmente, colui che si voleva battezzare doveva dire: no! Si impegnavano a buttarsi dietro le spalle tutto quello che è male, negatività, violenza, tutto quello che sciupa la vita dell'uomo, per scegliere la vita.
Glielo ricordava nella notte di Pasqua, quando i primi cristiani venivano battezzati, l'apostolo Paolo: "Voi siete stati sepolti in Cristo nella morte. Tutto il male del mondo è sepolto con voi. Voi siete chiamati a vivere una vita da risorti, radicalmente nuova, la pienezza della vita".
Ma, il Vangelo di oggi, ci dice che ci sono due condizioni fondamentali. Ricordate che quello che valeva per i primi cristiani vale anche per noi, anche noi siamo chiamati a vivere il Battesimo, quel Battesimo che abbiamo celebrato da bambini quando non capivamo niente.
Anche noi siamo chiamati a vivere questa scelta radicale e le condizioni sono due.
La prima: crederci! Non ridere! Avete sentito che quando Gesù entra in casa di questa ragazza e parla di vita... la gente ride.
Guardatevi intorno, nel mondo di oggi. Se vi parlano di giustizia, di rispetto degli altri, di accoglienza, di un mondo diverso in cui ci sia pace, fraternità, condivisione.... Beh! quanta gente ride!? E, forse, anche noi!
Ci è capitato qualche volta di sorridere sfiduciati… come è possibile? Chi ce lo fa fare? In questo mondo l'unica cosa che conta è pensare a farsi i fatti propri, a difendere il proprio spicchio di mondo. Noi viviamo in tante difficoltà facciamo fatica ad arrivare alla fine del mese e devo pensare a me e alla mia famiglia! Che mi importa del mondo?
E, poi, come si può sperare che si esca da questa crisi? Come si può sperare che il mondo diventi più giusto? È difficile crederci! È difficile credere nella giustizia. È difficile credere nell'amore.
E, collegata a questa difficoltà di credere, di non "ridere", sfiduciati del mondo in cui viviamo... c'è l'altra condizione: quella di saper uscire dalla "folla".
Avete visto questa donna. Anche lei sta morendo, da quindici anni perde sangue (il sangue per gli antichi è la vita) ed è stretta tra la folla e tocca di nascosto il mantello di Gesù: è guarita... sembra che tutto sia finito, ma Gesù guarda intorno, scruta con i suoi occhi questa folla, la cerca, perché deve avere il coraggio di uscire fuori e finalmente dire "tutta la verità". Finalmente fare la sua scelta. Finché rimane condizionata dalla "folla", dalla folla che stringe, che impedisce di pensare, di scegliere....
Quanto siamo condizionati in questo mondo di oggi dalla "folla", dalla televisione, dal modo di pensare comune?
Quanti di noi hanno il coraggio di credere che sia possibile un mondo diverso, senza fidarsi della televisione, dei giornali, dei chiacchieroni, dei troppi parlano solo e spesso tolgono fiducia nel futuro e nel bene.
Uscire dalla "folla", scegliere: questo è essere battezzati. Per noi le scelte non sono cosi drammatiche come per i primi cristiani che rischiavano la testa (molti ce l'hanno rimessa) ma anche noi, se vogliamo vivere il Battesimo dobbiamo compiere scelte. Dobbiamo scegliere la vita e rinunciare a tutto quello che la sciupa, a tutto quello che umilia l'uomo, a tutto quello che impedisce all'uomo di essere libero: è questo vivere il Battesimo.
Noi siamo stati battezzati quando eravamo bambini, a chi ha i capelli bianchi come me è successo che la mamma non poteva nemmeno andare in chiesa. Doveva consegnare il bambino alla madrina, perché lei doveva essere "purificata", perché il parto "sporca" una donna... Storie antiche... Consegnava la creatura alla madrina, che lo portava in chiesa, lo battezzava e poi tornava dicendo: "Ecco, me l'hai consegnato pagano, te lo riconsegno cristiano".
In qualche regione d'Italia - meno seri forse che qui a Roma - si diceva: "Me l'hai consegnato figlio del diavolo, te lo riconsegno figlio di Dio".
È tutta un'altra cosa il Battesimo! È una scelta, è una scelta che non si fa una volta per sempre. È la scelta della vita, la scelta di passare dalla morte alla Risurrezione, di buttarsi dietro le spalle tutto quello che sciupa la vita, per credere nel bene, nella tenerezza, nell'amore, nella fiducia dell'uno verso l'altro, nella giustizia. Non è semplice.
Il Signore ci aiuti
"Un profeta non è disprezzato XIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 8 Luglio 2012
se non nella sua patria, tra i suoi Marco 6, 1-6
parenti e in casa sua"
I primi discepoli - come avete ascoltato - mettono nella mente e nel cuore di Gesù la meraviglia, lo stupore per l'incredulità dei suoi compaesani. Non sappiamo se sia lo stupore di Gesù, è certamente lo stupore, di più, il dramma dei primi cristiani.
I primi cristiani - come sapete - sono tutti ebrei, ma la maggior parte dei loro concittadini: i capi del popolo, i grandi sacerdoti, i maestri della legge, i farisei... non hanno creduto in Gesù. Perché? È la domanda che inquieta i primi cristiani, il dramma della loro esperienza umana.
Colui che è atteso da secoli, il Messia che deve venire e che loro hanno riconosciuto in Gesù di Nazareth, non è stato accettato dalla sua gente. Nazareth e addirittura la famiglia di Gesù, diventano il simbolo del rifiuto di Gesù da parte della sua gente.
Questo dramma, questa meraviglia porta i primi cristiani a chiedersi: cos'è la fede? Perché noi abbiamo potuto credere in Lui e tanti nostri amici, no?
Eppure - come avete ascoltato - questi amici hanno visto i prodigi, i miracoli, hanno riconosciuto la sapienza dei discorsi di Gesù. Cosa c'è oltre?
Ecco, loro hanno fatto esperienza che oltre c'è l'amicizia con Gesù, la condivisione della sua vita. La condivisione della vita di ogni giorno, lo stare insieme con Lui, l'andare con Lui incontro alla gente perduta... agli esattori delle tasse, alle prostitute, alla gente che ha il cuore duro e con loro si ferma a mangiare, con loro fa festa.
I primi discepoli erano tutti discepoli anche di Giovanni Battista. Lui era un profeta severo, digiunava... Gesù, invece, mangiava e beveva.
La sua gente, probabilmente, aspettava il Figlio di David glorioso... e si ritrovano davanti un falegname. Per trent'anni ha piallato assi, fabbricato sedie, aggiustato tavoli, riparato i carri...: ma può essere questo il Messia?
I primi cristiani erano abituati ad andare al tempio... le grandi, solenni cerimonie... Gesù sembrava non apprezzare tutto questo. Nel tempio è andato, addirittura con una frusta di cordicelle, a cacciare via tutti i mercanti... alla ricerca di una religiosità più autentica.
Ecco, pian piano questi primi discepoli fanno esperienza del cuore di Gesù, condividono i suoi sogni, la realtà quotidiana della sua vita. Con Lui fanno amicizia e di questa amicizia si nutre la loro fede!
E oggi...? Se pensate a quello che la televisione - che oggi è il nostro grande strumento di conoscenza - vi ripropone del cristianesimo e della fede... che cosa vi viene in mente? Ci ripropongono costantemente storie di santoni che fanno miracoli, di apparizioni, di prodigi. Ci propongono grandi costruzioni teologiche, di capi della Chiesa che sanno tutto della teologia. Ci propongono grandi cerimonie, folle immense... ma chi ci fa fare esperienza dell'amicizia con Gesù? Chi ci aiuta a condividere i suoi sogni, gli ideali del suo cuore? Chi ci fa fare esperienza concreta di Gesù, del falegname di Nazareth, di Colui che ha vissuto la vita di ogni giorno?
Certamente, se siete qui, avete incontrato qualcuno che aldilà delle grandi costruzioni teologiche, aldilà dei miracoli, delle grandi celebrazioni religiose... vi ha fatto fare esperienza di Gesù! Dell'amicizia con Lui, della condivisione della sua vita, dei sogni del suo cuore.
Forse è stato vostro padre, vostra madre, forse qualche amico, qualche parente, forse un sacerdote che avete incontrato per caso. Io che sono stato fortunato, di persone, ne ho incontrate tante che, nella vita di ogni giorno, con semplicità, m'hanno fatto fare esperienza del cuore di Gesù, dei suoi ideali: è questo quello che conta, questo è la fede... il resto è sovrastruttura.
La fede è incontro con Lui, è accoglienza di Gesù nella nostra vita, è condivisione di tutto quello che Lui è stato qui in mezzo a noi.
Il Signore ci aiuti a continuare in quest'amicizia.
"E ordinò loro di non prendere XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 15 Luglio 2012
per il viaggio nient'altro che un Marco 6, 7-13
bastone: né pane, né sacca,
né, denaro..."
Gesù dà ai suoi discepoli, che manda in giro per il mondo, indicazioni molto precise, almeno così le recepiscono le prime comunità cristiane.
"Senza sacca, senza denaro, senza portare due tuniche, capaci di fermarsi in una casa e rimanere lì e se si deve andar via si scuote solo la polvere dai piedi e nient'altro". Indicazioni di gratuità, di rispetto. L'importante non è cercare affannosamente la ricchezza e il potere, la forza.
Sono indicazioni che non valgono solo per i discepoli, ma in tutti i campi della vita dell'uomo, per chiunque voglia essere testimone di valori autentici. Valgono per i genitori, per la famiglia, per gli insegnanti. Valgono per il mondo della politica, per chi amministra la cosa pubblica.
Quando faccio questi discorsi (forse perché sono un po' maligno, come qualcuno di voi, sa bene) mi vengono in mente i libri che ho letto e mi chiedo: "Chi ha osservato questi comandi del Signore?". La Chiesa ha fatto Crociate, ha usato violenza, ha costretto la gente a battezzarsi con forza, ha bruciato eretici. Hanno cercato con affanno la ricchezza vendendosi le indulgenze, vendendosi il "Paradiso", tutto. Una ricerca del denaro che arriva fino ad oggi!
E, se uscite dalla vita della Chiesa e guardate altri libri... quanta violenza nelle case, quanta sopraffazione! Quante volte i genitori - molto spesso i maschi - vogliono imporre il loro potere a volte, con la forza. Anche oggi c'è gente che viene uccisa per la prepotenza del "maschio".
E nella vita politica... quanto denaro, quanta corruzione, quanta ricerca del potere e le conseguenze drammatiche, la guerra: tutte queste cose le trovo scritte sui libri e mi si stringe il cuore! Chi ha messo in pratica il comando del Signore? Chi ha seguito i suoi insegnamenti?
E poi... poi mi viene da ripensarci! Ma è proprio così? È proprio questa la storia?
Se fosse solo questa non staremmo qui! Se leggete la storia dell'umanità, trovate anche la storia di scienziati che hanno cercato e studiato non solo per amore del denaro... - il denaro è molto importante per tutti - ma quanta gratuità nel cercare quello che ha cambiato la vita degli uomini.
Noi... (forse sarebbe bene che non lo dimenticassimo mai) viviamo almeno il doppio di quanto vivevano gli uomini al tempo di Gesù,e viviamo più sani, per opera di tanta gente che è vissuta alla ricerca di cose che servissero a tutti.
E, se pensate all'arte... voi avete la fortuna di vivere qui a Ostia, ma Roma è a un passo, spero tutti abbiate goduto dello splendore che tanti artisti ci hanno dato. Sì, sono stati pagati, ma non era questo che li muoveva, ma la voglia di comunicare arte, la gratuità di offrire bellezza.
E anche nella vita familiare... quante volte ho visto i genitori, i nonni sacrificarsi per i figli, per i nipoti! Quanto sforzo per gli altri, quanto rispetto, quanta gratuità!
E se guardo poi alla mia vita... quanta persone ho incontrato per cui il denaro era importante, ma non avrebbero fatto la più piccola ingiustizia per avere più soldi, non avrebbero prevaricato su nessuno per la sete di denaro.
Quanta persone ho incontrato che avevano posti di responsabilità, ma vivevano il servizio, l'attenzione agli altri; non gli interessava il potere, essere superiori agli altri... ne ho incontrati tanti! E soprattutto quanta gente di tutti i giorni ho incontrato che mi ha circondato di affetto, di tenerezza, di gratuità, che non si aspettava niente: l'amicizia vera!
E, anche quando pensiamo alla vita politica e qualcuno di voi si sconcerta: tutta la corruzione, tutto il male, tutta la ricerca di potere... non vi dimenticate che la politica, la "polis" non è fatta da quattro o cinquemila persone, è fatta da tanta gente che tutti i giorni va a lavorare. Molti lavorano con impegno, con onestà, cercano di fare il loro dovere ogni giorno e tra voi ce ne sono molti, che conosco, che hanno vissuto il loro lavoro onestamente cercando di fare quello che potevano perché il mondo fosse migliore intorno a sé; perché l'Italia funzionasse meglio e, se siamo non completamente alla rovina, questo si deve a tanta gente che ha lavorato e lavora con costanza, con dedizione, con gratuità.
Ecco, vedete, c'è un'altra storia!
Quando ascoltando queste parole di Gesù a qualcuno di voi (forse non a molti perché siete meno maligni di me) vengono in mente le grandi tragedie della storia, le grandi malefatte della vita della Chiesa... ricordatevene sempre: c'è un'altra storia! C'è altra gente, c'è un altro mondo e noi non saremmo qui se questo mondo non fosse concreto, se non ci fosse stata gente capace di dedizione, di ricerca appassionata, di gratuità, di spirito di servizio verso gli altri e in casa e a scuola e nella vita della Chiesa e nella vita pubblica...
Tanta gente che ha saputo vivere con onestà, con rispetto, con dedizione, con amore.
Il Signore ci aiuti a continuare questa storia.
"Venite in disparte, voi soli, in un XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 22 Luglio 2012
luogo deserto, e riposatevi un po'". Marco 6, 30-34
Sceso dalla barca, egli vide una
grande folla...
I discepoli tornano... se ricordate, domenica scorsa leggevamo che Gesù li aveva mandati in missione, senza sacca, senza denaro ad annunziare la Parola, testimoni di valori assoluti, di vita, adesso, tornano stanchi... stanchi perché hanno camminato molto, ma forse stanchi nel cuore perché la loro missione non ha avuto un gran successo.
Hanno conosciuto, probabilmente, il fallimento se come abbiamo ascoltato: molti "sono come pecore che non hanno pastore", persone sbandate, non hanno una guida.
Cosa hanno fatto i discepoli? A chi hanno parlato? Chi ha ascoltato la loro voce? Ma c'è di più... nel ritorno hanno conosciuto il dramma della violenza.
Se leggete soltanto qualche riga prima di quello che abbiamo letto stamattina, trovate il racconto dell'uccisione di Giovanni Battista. La violenza di Erode ha ucciso il maestro, il maestro di Gesù e dei discepoli!
I discepoli - dunque - probabilmente tornano stanchi, sfiduciati, sconcertati, abbattuti. Gesù se ne accorge, li guarda negli occhi: "Venite in disparte, voi soli, e riposatevi un po'".
Hanno bisogno di riposo i discepoli, ma hanno bisogno - soprattutto - di guardare Gesù negli occhi, sedersi ai suoi piedi, ascoltare ancora la sua Parola, convincersi di quello che Gesù ha detto tante volte... che la Parola è come un seme piccolo, come un granellino che porta frutto lentamente.
Anche se conoscono il fallimento non debbono scoraggiarsi. Quello che è importante è ritrovare sempre, aldilà del rumore della "folla", della corsa di ogni giorno, dell'affanno, anche aldilà della violenza... i valori autentici della vita, la fiducia, il coraggio di credere; di credere nell'amore, nella giustizia, nel bene: di tutto questo hanno bisogno i discepoli.
Un momento in disparte per sedersi con Gesù, per ravvivare l'amicizia, per stare insieme! Ma non ci si può fermare!
La gente accorre, sono in tanti, c'è sempre una folla che aspetta. Ricordate... anche quando Gesù ha portato alcuni dei suoi discepoli in cima al "monte", si è trasfigurato. I discepoli hanno visto la gloria del Signore e Pietro si vuole fermare: "Facciamo le tende..."
Non ci si può fermare, bisogna tornare giù! C'è la folla che aspetta, ci sono i tanti bisogni del mondo.
È la stessa cosa per noi. Il nostro ritrovarci qui ogni Domenica può essere il fermarci qualche momento ai piedi di Gesù, il riposarci un po' con Lui. Riposarci dalla corsa, dall'affanno, dalle preoccupazioni di ogni giorno; sedersi ai suoi piedi, guadarlo negli occhi, ritrovare in Lui i valori autentici, nutrirci della sua Parola, del suo Pane, vivere con Lui l'amicizia: ma non ci si può fermare qui!
Abbiamo fuori la gente, la gente che ci aspetta, non pensate alle folle, pensate a chi vi sta intorno ogni giorno; c'è gente che ha bisogno di voi - magari - i vostri nipoti, i figli, gli amici... qualche lacrima da asciugare... non possiamo fermarci!
Ma di stare qui - come tutti i discepoli - ne abbiamo un gran bisogno. Abbiamo bisogno di Gesù, della sua luce, della sua amicizia. Abbiamo bisogno di Lui. Abbiamo bisogno di nutrirci di Lui. Abbiamo bisogno della sua fiducia. Abbiamo bisogno della sua pace. Abbiamo bisogno di credere che aldilà di tutta l'ingiustizia e di tutto il male del mondo... i valori autentici sono quelli che Gesù è venuto a testimoniare sulla terra: la giustizia, l'amore, la gratuità, la pace e per questo siamo qui, per continuare a credere e a sperare.
Il Signore ci aiuti
"Perché i tuoi discepoli non si XXII Domenica del tempo ordinario - 2 Settembre 2012
comportano secondo la tradizione Marco 7, 1-8. 14-15. 21-23.
degli antichi, ma prendono cibo
con mani impure?"
Quello che abbiamo appena letto ci appare come qualcosa di strano, di curioso, di totalmente lontano dalla nostra esperienza, dalla nostra sensibilità religiosa.
Nessuno di voi, tornando dal mercato, si mette a tavola senza essersi lavato le mani. La maggior parte di voi lava accuratamente piatti e bicchieri, ma non fate certamente questo per motivi religiosi. Non avete - tornando dal mercato - paura di esservi contaminati perché avete toccato un cibo impuro, perché avete stretto la mano a uno straniero, perché siete passati accanto a un sepolcro - magari - nascosto. Nessuno di voi ha paura che il vostro cuore, la vostra anima si contamini per motivi di questo genere.
Anche voi (come tutti gli italiani) avete dei tabù alimentari. Non mangiate cavallette, né carne di serpente che sono considerate delle raffinatezze in tante parti del mondo. Ma, questo, non lo fate certo per motivi religiosi.
Quindi quello che abbiamo letto sembrerebbe riguardare uomini di tanto tempo fa, per noi assolutamente curiosità del tempo antico.
Eppure, se rileggete attentamente questa pagina, vi accorgerete che è una delle pagine fondamentali del Nuovo Testamento... perché in questa pagina troviamo che Gesù ha dato ai suoi discepoli la capacità di essere liberi dalla tradizione degli antichi, dalle cose che si son sempre fatte, dai principi irrinunciabili, da quello che viene spacciato come legge di Dio, come assoluto.
Questa capacità di essere liberi (per quello che ho capito io) è fondamentale per la vita cristiana, ed è fondamentale anche oggi per noi che quasi ogni giorno (a me è capitato anche stamattina accendendo la radio) ci troviamo di fronte ai problemi della nascita: fecondazione eterologa, omologa, cellule staminali, embrioni e quant'altro...
Oppure della fine della vita: l'eutanasia, l'accanimento terapeutico...
Oppure problemi della famiglia: cos'è la famiglia? Chi ha diritto a sposarsi? Sono validi matrimoni tra persone dello stesso sesso? E tanti altri problemi di questo genere!
E, molte volte, vi capita di ascoltare persone che si spacciano per cristiani e per cattolici e che vi dicono che ci sono principi irrinunciabili!
Ecco, leggetevi questa pagina del Vangelo!
Non ci sono principi assoluti! Non c'è una tradizione che viene direttamente da Dio, tutto è tradizione degli uomini. Abbiamo solo quello che è passato attraverso il cuore, la mente degli uomini e che era per alcuni (l'avete ascoltato oggi) qualche cosa di fondamentale.
Gesù ha dato la capacità ai suoi discepoli di dire: "Quello che è importa è il cuore..." È quello che c'è dentro di te. È la ricerca appassionata, libera, coraggiosa della giustizia e del bene.
Questo, lo ritrovi nel profondo della tua anima, del tuo cuore. Non ci sono principi irrinunciabili. Non c'è tradizione che non possa essere superata. Nessuno può dirci - in nome di Dio - che cosa è giusto e che cosa non lo è.
Tenetelo presente quando ascoltate certi discorsi! Quando sentite alcune autorità della Chiesa intervenire a proposito e sproposito su questi temi, avendo paura che sia in gioco la volontà di Dio: non ascoltate! Interrogate il vostro cuore. Mantenete il vostro cuore libero e sincero, appassionato di giustizia e di verità e ascoltate le persone che, come voi, condividono questa ricerca.
Ecco perché (secondo quello che ho capito io) questa pagina è fondamentale! Gesù ci fa liberi, liberi di cercare, di ascoltare il nostro cuore e la nostra coscienza: ed è fondamentale!
Il Signore ci aiuti
Gli portarono un sordomuto... XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO 9 Settembre 2012
Lo prese in disparte, lontano Marco 7, 31-37
dalla folla…
L'incubo del Vangelo di Marco: la folla!
Lo avete ascoltato anche oggi... l'uomo che non può parlare, non può ascoltare deve essere portato in disparte, lontano dalla folla. Questa folla la trovate in tante pagine del Vangelo di Marco, impedisce di avvicinarsi a Gesù, di incontrarlo, di ascoltare la sua Parola.
Potrei consigliare, a quelli di voi che hanno tempo e voglia, di fare una ricerca nel Vangelo di Marco, per vedere tutte le volte che si parla della folla e in che modo se ne parla: è l'incubo del Vangelo di Marco! Perché?
Il Vangelo di Marco si è formato - secondo gli studiosi - in una grande città dell'Impero Romano (qualcuno, un tempo, pensava a Roma) forse in qualche città dell'Asia Minore e, allora, potete immaginare questo gruppo di persone che vengono dalla campagna intorno al lago... alcuni sono pescatori, vengono da un mondo in cui regna il silenzio, in cui la notte tutto tace e si trovano catapultati - cacciati dalla loro terra - nella grande città piena di rumore, di folla.
Immaginateli a Roma... la notte non si donne più: il rumore dei carri che vanno e vengono. Per le strade si cammina a malapena, c'è una folla stringe da ogni parte e poi, pensate a qualche riunione, che so al Colosseo o al Circo Massimo... un mare di gente urlante. I discepoli che vengono dalla campagna rimangono storditi, confusi, non sanno che pensare...
E, forse questo, li aiuta a fare una riflessione più profonda, a rendersi conto che aldilà del rumore, del chiasso c'è qualche cosa di più nella città. C'è la confusione delle lingue. Tante chiacchiere, tante opinioni diverse, c'è una moda e poi ne viene un'altra. C'è chi è capace di trascinare la gente e molti sono smarriti, vanno come pecore pazze ora da una parte, ora dall'altra.
Come potrà, questa gente, aprirsi alla parola del Signore? Come potrà cercare i valori autentici?
Qualche volta immagino... (perché questo aspetto della "folla" nel Vangelo di Marco mi interessa da tanti anni) che Marco venga oggi, in questo nostro mondo in cui le voci, le mode, il chiasso si moltiplicano ogni giorno... credo che guarderebbe con occhi smarriti i nostri ragazzi.
Come potranno salvarsi? Radio, televisione, giornali, riviste, internet… parole di tutti i tipi, mode che passano... Come potranno distinguere le parole importanti?
È il problema dei cristiani di sempre ma, forse oggi, è un problema che si fa più vivo perchè troppe parole sommergono il nostro cuore e soprattutto il cuore dei nostri ragazzi!
Chi li porterà lontano dalla "folla" capaci di ascoltare la Parola del Signore? Chi li farà capaci di cercare i valori autentici della vita? Di liberarsi dalle mode? Chi li libererà dai tanti "incantatori di serpenti" che affliggono la nostra società?
È un compito anche nostro. È compito degli insegnanti, dei genitori. È un compito di tutti noi di aiutare chi cresce ad aprire le "orecchie", la "bocca", a incontrare il Signore, a trovare in Lui i valori autentici.
Ma c'è un'altra cosa che probabilmente ha colpito (lo trovate anche nel Vangelo di oggi) questo gruppo di persone che si portano dietro una Parola. Nel mondo in cui vivono, nel grande Impero Romano, ci sono culti religiosi di ogni tipo. Su ogni altura vicino alla città c'è un santuario e si va in pellegrinaggio e ci sono gli ex voto, i racconti dei prodigi... Tante religiosità accomunate dal bisogno del miracolo, del prodigio!
Marco sa che l'incontro con Gesù non riguarda un fatto straordinario, prodigioso, ma la quotidianità, la vita di ogni giorno: è lì che bisogna cercare di vivere i valori di Gesù!
Marco sa che la vera religione non nasce dal bisogno dell'uomo di guarigione, di salvezza, ma dal profondo di un cuore capace di cercare i valori autentici, la giustizia, Dio, il suo volto, la sua luce.
Anche oggi, spesso la religione sembra fatta di folle che accorrono ai santuari, in cerca della protezione e del miracolo. A volte sembra che, per avere fede, occorre correre dietro all'ultimo "santone" che fa prodigi o ha visioni; all'ultima autorità che parla.
Occorre essere capaci di aprire le "orecchie", la "bocca" per cercare cose autentiche, che partono non dai nostri bisogni, ma dal desiderio di luce, di verità, di giustizia, di amore: è questo quello che è venuto a testimoniarci Gesù. È questo quello che dovremmo tentare di fare anche noi perché il compito di "guarire i sordi e di fare parlare i muti" è di ciascuno di noi!
È compito nostro ascoltare, parlare, cercare quello che è giusto e buono, ma in questo mondo così confuso in cui ci sono tante, troppe parole, sapete che è difficile!
Allora possiamo anche noi ascoltare oggi l'invito di Gesù: "Venite in disparte, lontano dalla folla": Lui può aprirci le orecchie, la bocca, farci capaci di cercare quello che è giusto.
Il Signore ci aiuti.
Pietro gli rispose: "Tu sei il XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 16 Settembre 2012
Cristo"... Rimproverò Pietro Marco 8, 27-35
e disse: "Va' dietro a me, Satana!
L'illusione di Pietro è quella di tanti cristiani in questi duemila anni. L'illusione che basti la professione di fede!
Quando eravamo bambini ci insegnavano (almeno a noi che abbiamo i capelli bianchi) il catechismo fatto di formulette: "Chi è Gesù?". "Il Figlio di Dio fatto uomo. La seconda persona della Santissima Trinità". Sembrava che bastasse!
In molti abbiamo pensato che per essere cristiani bastasse professare la fede, andare in chiesa la Domenica, partecipare ai Sacramenti, accendere una candela, fare un pellegrinaggio o appendere il rosario allo specchietto della macchina (se ne vedono molti se vi guardate intorno).
Pietro professa la sua fede; lo fa con convinzione, con entusiasmo, ma poco dopo si sente chiamare "Satana", mandato dietro. Perché?
Pietro ha un'idea di Dio, del suo Inviato, del Cristo. Di questa idea Gesù ordina severamente di non parlare a nessuno e quando Pietro, invece, comincia a parlare, lo caccia via!
Per essere cristiani non basta una professione di fede. Non è sufficiente partecipare alle pratiche religiose... occorre fare di Gesù il punto di riferimento della propria vita o tentare di farlo.
Per essere cristiani occorre, come Gesù, sentire nel profondo del cuore che sono "Beati i miti, i misericordiosi, gli affamati e assetati di giustizia, gli operatori di pace". Con lui bisogna schierarsi dalla parte dei poveri e dei sofferenti.
Con Gesù bisogna essere convinti che l'unica cosa sacra sulla terra è l'uomo, ogni uomo. Il denaro, il potere, l'affermazione di sé, i principi, la religione, l'ideologia, il partito, la nazione non possono diventare come divinità a cui sacrificare l'uomo.
Per seguire Gesù occorre essere capaci di contemplare la bellezza della natura. "…Guardate gli uccelli del cielo... i gigli del campo". Gesù partecipava della bellezza del creato di cui, qualche volta, noi, presi dalla corsa e dall'affanno, ci dimentichiamo.
Seguire Gesù significa, come Lui, condividere la ricerca della libertà. Libertà dalla "folla", dalle tradizioni, da ciò che si è sempre fatto, dall'autorità, per la ricerca appassionata di quello che è giusto e buono. Significa essere liberi anche da sé stessi, dalle proprie paure, dalle proprie ansie.
Con Gesù occorre tentare di vivere il servizio. Lo ha ripetuto: "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire" fino alla fine, per condividere la vita. Il servizio, l'attenzione agli altri: è questo che ci fa cristiani.
Ma quello che Pietro non riesce proprio ad accettare è che seguire Gesù significa accettare la logica del piccolo "seme" che si perde nei solchi della storia. Accettare la sconfitta, il fallimento: questo Pietro da Dio non lo può accettare e si sente chiamare "Satana".
Per un credente non è facile accettare la croce di Cristo, per quello che è, non per quello che abbiamo circondato di aureole, di esaltazione del dolore... no, lì c'è il fallimento, la violenza! Sotto quella croce non c'era più nessuno. Tutti i suoi amici se ne erano andati. Sembrava tutto perduto... eppure quel "seme" seminato nella storia ci trova ancora qui riuniti intorno alla tavola a vivere di Lui, a tentare di fare di Lui il punto di riferimento della nostra vita e della nostra esperienza.
Vedete, essere cristiani non è un fatto di parole. Tra poco ripeteremo una professione di fede, ma non basta la parola! Fra poco spezzeremo il Pane, ma bisogna che tutto questo diventi "carne e sangue" della nostra esperienza.
Bisogna che Gesù sia veramente il punto di riferimento della nostra esperienza... poi non ci riusciremo del tutto, saremo presi da tante tentazioni e ritorneremo da Lui e troveremo non il giudice che punisce e condanna, ma l'amico che ti abbraccia, fa festa con te, ti rimette sulla strada.
La fede è l'incontro con Gesù, la condivisione dei valori, degli ideali, dei sogni della sua vita, che tentiamo di fare nostri. Non è facile.
Il Signore ci aiuti.
Non capivano queste parole e XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 23 Settembre 2012
avevano timore di interrogarlo. Marco 9, 30-37
"Se uno vuole essere il primo
sia l'ultimo di tutti e il servitore
di tutti"
A volte il Vangelo sembra scritto per consolarci. Guardate questi discepoli, camminano con Gesù... fa un discorso molto serio: "Sto per cadere nelle mani degli uomini, mi uccideranno..." Loro non capiscono… non solo non capiscono, ma non domandano! Non si preoccupano di sapere! Non solo, ma lungo la strada, pur avendo ascoltato un discorso così drammatico, tra loro discutono! Di cosa discutono? Di chi sia il più grande!
Forse potremmo consolarci, noi siamo un po' meglio di loro. Si può dire che siamo meglio degli apostoli? E guardate che li ha scelti Lui, li ha chiamati Lui!
Forse però queste frasi sono state scritte per metterci in guardia da alcuni dei più grandi pericoli della vita cristiana. Il pericolo di non domandare, non studiare, non cercare risposte ai vari problemi della scienza e della vita.
E voi sapete quanto la Chiesa, nel corso della storia, abbia peccato in questo. Spesso sono stati bruciati sul rogo quelli che pensavano in maniera diversa... pensate a Giordano Bruno o emarginati geni come Galilei, o combattuti con tutte le forze studiosi come Darwin... e potremmo arrivare ai giorni nostri in cui sembra che, spesso, le autorità della Chiesa contrastino la ricerca, le domande, il tentativo di capire sempre meglio che cosa sia la vita e la natura dell'uomo e la realtà del mondo intorno a noi.
Ma questo potrebbe riguardarci in una maniera più profonda e sottile perché, a volte, rinunciamo a cercare (qui non pensate all'autorità della Chiesa, pensiamo a ciascuno di noi).
Quanti di noi hanno il coraggio di confrontarsi con il dramma della morte di Gesù? Che significa confrontarsi con il dramma del male del mondo! Perché tanti bambini muoiono? Perché tanta violenza? Perché tanto male? Perché tanta fame? A volte, ci stanchiamo di farci queste domande e ci rifugiamo nella provvidenza di Dio.
Avete ascoltato la prima Lettura e il Salmo? Il giusto non deve preoccuparsi, è perseguitato, però scende Dio e lo difende. È falso! Dio non difende! Lo avete mai visto difendere un giusto? I giusti, anche nel nostro paese, muoiono ammazzati e allora?
Allora non dobbiamo stancarci di porci domande, di chiederci: "Chi è Dio?". Il Dio onnipotente a cui ci rivolgiamo spesso… è Lui o parliamo di qualche idolo? Il Dio che si manifesta a noi sulla croce (di questo parla oggi il Vangelo) è un Dio impotente che lascia a noi la responsabilità del mondo! Ed è una responsabilità seria: non si può nascondere la testa sotto la sabbia... occorre cercare, interrogarsi, capire quali sono i piccoli passi che possiamo fare perché il mondo sia migliore.
Ma c'è un altro tema che il Vangelo di oggi ci propone: è quello del "primo posto", della ricerca del potere.
Se guardate (possiamo partire da lontano anche stavolta) alla storia della Chiesa… ricordate le lotte per le investiture? Tutta la ricerca che, a volte, l'autorità della Chiesa ha esercitato per avere potere anche nella società civile... e le cose non sono finite.
Se volete sorridere... uno dei titoli del Papa è (parlo latino) "Servus, servorum Dei": servo dei servi di Dio. Basta scriverlo sullo stemma e poi... poi avere il potere assoluto nella Chiesa. Nessuno può parlare, lui ha sempre l'ultima parola, lui può disporre di tutto e di tutti!
Ma questo non riguarda soltanto la storia antica o il Papa. Questo riguarda anche me. Questo riguarda anche noi. Riguarda la nostra società... Fino a che punto c'è la corsa al primo posto? Badate bene... la corsa al primo posto non bisogna certo confonderla con l'impegno a cercare di essere i migliori: questo è compito di ogni uomo. Ciascuno dovrebbe trafficare i "talenti". Ciascuno dovrebbe tentare di essere il migliore nel suo campo. Il migliore ingegnere, il migliore medico, il migliore spazzino, il migliore insegnante, il migliore in tutti i campi! Altra cosa è la ricerca del primo posto che si fa - qualche volta - prevaricando sugli altri o con le raccomandazioni; che si fa facendo delle corporazioni.
Ma, forse, c'è qualche cosa che ancora di più ci riguarda tutti.
Non essere il primo, ma essere il servo di tutti (come ci raccomanda il Vangelo di oggi) significa vivere giorno per giorno il servizio, l'attenzione quotidiana; l'attenzione del marito verso la moglie e della moglie verso il marito, dei genitori verso i figli, dei nonni verso i nipoti, l'attenzione verso la gente che incontriamo, quelli che ci abitano accanto e soprattutto verso i più piccoli.
Il bambino - al tempo di Gesù - era veramente l'ultima ruota del carro... non il bambino di oggi che è coccolato e protetto in tutti i modi. "Chi accoglie un bambino accoglie Gesù".
Ecco, dovremmo ricordarcelo, uno dei fondamenti della vita cristiana è l'attenzione all'altro, il servizio.
Allora, vedete, mentre questi apostoli, povera gente come noi, ci consolano nelle nostre miserie e nei nostri egoismi; d'altra parte, questa pagina del Vangelo è anche uno stimolo a porci domande, a interrogarci, a tentare di capire fino a che punto anche noi, nella nostra vita di ogni giorno, non cerchiamo di arrivare al primo posto, ma di essere i migliori.
Fino a che punto, nella vita di ogni giorno tentiamo di vivere il servizio, attento e tenero, verso chi ci sta intorno.
Il Signore ci aiuti.
"Chi scandalizzerà uno di XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 30 Settembre 2012
questi piccoli che credono Marco 9, 38-48
in me..."
"Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare..."
Sono tra le parole più severe del Vangelo! Lo scandalo sembra il peccato più grave.
Ma cos'è lo scandalo? Quando eravamo ragazzi (almeno per molti di noi che hanno i capelli bianchi) scandalo era tutto quello che riguardava il sesso. Bastava una camicetta un po' scollata, una gonna un po' più corta... tutto era scandaloso.
Le cose sono cambiate... adesso gli scandali (lo trovate tutti i giorni sul giornale) sono le ruberie, le malversazioni, le corruzioni che ci sono nei vari luoghi della società italiana.
Il Vangelo non parla così! Il Vangelo vede lo scandalo in qualche cosa che, a chi lo ha scritto, sembra infinitamente più grave: far perdere la fede, la fiducia ad un piccolo! Quando si parla di "piccolo" nel Vangelo, non pensate ai bambini. Pensate alla gente comune, alla gente indifesa.
Ecco, togliere a questi piccoli la speranza, la voglia di futuro, la fiducia, è il peccato più grave che ci sia.
A me sembra che oggi noi ci troviamo di fronte a molta gente "scandalizzata" soprattutto molti giovani "scandalizzati".
Scandalizzati nel senso che vivono un pessimismo profondo. Non hanno più speranza nel futuro. Non vedono il domani e rischiano di affidarsi all'ultimo "trombone" che alza la voce e promette soluzioni facili e parla male di tutto e di tutti: forse bisognerebbe ricordar loro che così sono sorti Hitler e Mussolini!
Bisognerebbe ricordare che il progresso si fa non con grandi rivoluzioni, ma attraverso passi piccoli, coerenti, concreti che portino il mondo ad essere un pochino migliore, più giusto, più onesto.
Dare a questi ragazzi fiducia e speranza, togliere da loro un po' dello "scandalo" in cui vivono, è forse il compito di tutti noi, soprattutto di chi ha i capelli bianchi.
Noi dovremmo ricordarci che quando eravamo bambini, abbiamo vissuto tempi infinitamente più tragici di quelli che viviamo oggi. Il nostro paese era distrutto! I nostri padri, con coraggio, con tenacia, lavorando con coerenza e determinazione hanno ricostruito il mondo... Perché avevano speranza; perché avevano fiducia; sentivi intorno a te, mentre crescevi, il senso della fiducia nel domani e nel prossimo: oggi questo sembra venir meno!
E se fosse anche un po' colpa nostra? Se non riuscissimo a dare a questi ragazzi la fiducia, il senso che il mondo si costruisce con il coraggio di ciascuno, con la speranza di ciascuno.
Se volete spostarvi su un altro piano, pensate alla nostra fede, alla nostra religione. Quanti ragazzi (anche persone più adulte) sono profondamente scandalizzati da una Chiesa che sembra non essere capace di educare alla preghiera; ad una preghiera che non sia soltanto l'andare a fare una processione, un pellegrinaggio, alla ricerca di qualche grazia... ma che sia ricerca di Dio, dell'Assoluto, che sia apertura verso l'Infinito. Una ricerca che possa rispondere ai bisogni profondi del nostro cuore.
Oggi molti sono scandalizzati perché nella nostra Chiesa si rischia di non pensare, di affidarsi all'ultima autorità che parla. Oggi molti sono scandalizzati perché non sono d'accordo con delle scelte morali che ci vengono riproposte quasi ogni giorno.
Perché non hanno più, i cattolici, il diritto di pensare con la loro testa? Sono scandalizzati per questo! Devono ubbidire, non debbono cercare.
Anche la Bibbia è un Libro chiuso. A scuola si insegna religione, ma non si insegna cos'è la Bibbia, non si conoscono le altre religioni. Non c'è ricerca e questo scandalizza la gente.
E anche qui... è forse un po' colpa nostra?
Chi ha i capelli bianchi ricorda da quale Chiesa veniamo: un tempo si parlava solo in latino. C'erano ancora gli ultimi resti della lotta contro il modernismo che ha devastato la Chiesa nel secolo ventesimo… qualcosa è cambiato.
E se fosse compito nostro ridare a questi ragazzi la capacità di credere, la convinzione di poter essere credenti cercando, pensando con la propria testa, parlando, impegnandosi nella ricerca della Scrittura e dei valori di Gesù?
È compito nostro cercare di non "scandalizzare" chi ci sta intorno! Troppa sfiducia; troppa mancanza di futuro; troppa rassegnazione c'è intorno a noi!
Ma per far questo, il Vangelo ci ricorda, due condizioni importantissime.
La prima è quella di essere delle persone tolleranti. Se c'è qualcuno che fa il bene, anche se non è dei nostri, "lasciatelo fare" dice Gesù. Lo dice con decisione, quasi rimprovera il suo discepolo Giovanni che vuole impedirlo. La tolleranza, il rispetto degli altri è la prima condizione.
E il secondo criterio è la coerenza e l'onestà, ma una coerenza seria, un'onestà profonda. Di questo parla il Vangelo quando dice: "È meglio che ti tagli una mano, un piede o ti cavi un occhio..."
Nessuno di voi è invitato a cavarsi l'occhio, sono metafore, ma metafore di una coerenza, di un'onestà totale. Non mi rassegno alla corruzione, non mi rassegno al male, non mi rassegno alla sfiducia, a costo di perdere un occhio, una mano, un piede… perché tento di credere! E, allora, posso essere un testimone!
Ma forse basta saper dare un bicchiere d'acqua… così sembra suggerirci il Vangelo di oggi.
Ecco, vedete, (se ho capito qualcosa) viviamo in un mondo profondamente "scandalizzato" e un po', forse, è anche colpa nostra!
Dobbiamo tentare di rimediare, di ridare a chi ci sta intorno, soprattutto ai più giovani, la fiducia. La fiducia nel domani, la fiducia nel lavoro, la fiducia nelle cose che si fanno pazientemente, coerentemente, passo dopo passo, senza stancarsi per costruire un mondo migliore… ed è compito di tutti!
Dobbiamo comunicare a questi ragazzi la speranza di vivere una fede che sia ricerca appassionata di Dio, che sia preghiera, che sia incontro con il Vangelo, con Gesù, con i suoi valori; che sia libertà.
Sapete meglio di me che tutto questo dirlo è relativamente semplice, viverlo è un po' più complicato.
Coraggio, però! Se "scandalizziamo" qualcuno non siamo cristiani.
Il Signore ci aiuti.
"In verità vi dico: chi non accoglie XVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 7 Ottobre 2012
il regno di Dio come lo accoglie un Marco 10, 2-16
bambino, non entrerà in esso".
Il Vangelo è progetto, è ideale, è sogno… Ma quando l'ideale, il sogno diventano legge, le cose si complicano terribilmente.
Vedete l'umanità ha sempre cercato di sognare, di andare aldilà di quelle che sono le regole, i comportamenti della natura.
Nella natura (per farvi qualche esempio) vince sempre il più forte. L'uomo sogna che tutti, anche il più piccolo, abbiano gli stessi diritti di chi è più forte e più potente: è un sogno difficile da realizzare, non lo abbiamo ancora realizzato! In tante parti della terra c'è gente che sogna così!
Nella natura, spesso, i problemi si risolvono con il conflitto, con la guerra: l'uomo sogna la pace!
In ogni angolo della terra l'uomo ha sognato un amore fedele, tenero e appassionato, un amore che durasse per la vita: anche questo è superare le leggi della natura. Se guardate nel mondo dei mammiferi, a cui tutti noi apparteniamo, la coppia stabile e fedele è una cosa rarissima: lupi, leoni, cervi... la loro preoccupazione è quella di moltiplicare la specie, non conoscono la fedeltà e l'amore. L'uomo sogna di andare oltre: di conoscere la tenerezza, l'attenzione dell'uno verso l'altro, la condivisione della vita, l'amore. L'amore che non è solo fisico, l'amore che è anche passione, desiderio, incontro, condivisione della vita.
Quando questo sogno diventa legge le cose si complicano terribilmente!
Per farvi solo un esempio.... Io credo che stamane dovremmo tutti, come cattolici, vergognarci profondamente perché abbiamo letto su qualche giornale o abbiamo ascoltato alla radio, la meraviglia di qualche giornalista perché un anziano cardinale (ormai in punto di morte) dice che sarebbe ora di cominciare a parlare della Comunione per i divorziati risposati.
E ti guardi negli occhi e dici: "Ma a questo punto siamo ancora, dov'è il Vangelo?"
Nel Vangelo, in quasi tutte le pagine, si parla dell'uomo che ha fallito il suo progetto, che non è riuscito a vivere il suo ideale, ma che nell'incontro con Gesù viene rimesso in cammino. Può - anzi forse, deve - riprovare ancora a vivere l'ideale della sua vita.
Ma qui, il Vangelo di oggi, non parla del perdono, della riconciliazione, della strada che si è ripresa... no! Marco (in questa pagina e vedrete anche nelle seguenti) vuole riproporci l'ideale, il sogno dell'uomo.
Il sogno che ha attraversato tutta l'umanità: tutti i libri religiosi, non solo la Bibbia, ci parlano dell'amore tra 1'uomo e la donna, di un amore fedele, tenero e appassionato. Non solo i libri sacri, ma tutte le culture hanno sognato l'amore. Moltissimi poeti lo hanno cantato con parole dolcissime. L'amore appartiene ai più grandi sogni dell'umanità!
Il Vangelo di oggi ci dice che questo è il sogno di Dio! Vuole riportarci al primo mattino del mondo… incontrare la propria donna e diventare "una cosa sola": questo è il progetto del Padre.
"L'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e saranno una cosa sola". Nel camminare insieme, nel condividere speranze, idee, sogni, come il proprio corpo e la vita di ogni giorno…
Ma il Vangelo ci sorprende: cosa c'entra il bambino in questo discorso?
Un bambino che il Vangelo di Marco ci mette davanti ripetendoci per due volte: "Se non diventate come bambini non potete entrare nel regno di Dio" Che significa per una coppia diventare bambini? Chi è il bambino?
Il bambino - se ci pensate - è uno che si guarda intorno con occhi stupefatti e meravigliati. Per lui tutto è nuovo, quello che va scoprendo è nuovo e meraviglioso.
Ecco, ci vuole il cuore di un bambino, man mano che si va avanti, per guardare la persona che ti sta accanto ancora con occhi meravigliati, ancora tentando di scoprire quello che c'è nel suo cuore...
Il bambino non dà niente per scontato, non ha ancora regole, tradizioni... deve inventarsi la vita giorno per giorno; deve capire e rispondere a quello che accade e va cercando, scoprendo, tentando di capire, di intuire chi è l'altro. Chi è la mamma, il papà, il suo compagno di banco, che c'è nel loro cuore: questo è il segreto per camminare insieme per tanti anni e non dare niente per scontato, continuare a cercare, a guardarsi negli occhi, a scoprirsi.
Il bambino ha una fiducia completa nella mamma, nel papà… poi il tempo passa, ma se non conserviamo la capacità di fidarci e affidarci ad un'altra persona, l'amore non va lontano.
Ma c'è qualche cosa, forse, di ancora più importante: il bambino è uno che non ha accumulato diritti! Non può dire: "Io ho fatto, io faccio tutto questo per te!". No! Il bambino riceve la vita come un dono. Tutto per lui è dono. Considerare sempre l'altro come un dono... Se si comincia ad accampare diritti, se si dice: "Io ho fatto questo e perché tu non hai fatto quest'altro?" la vita si sciupa, non c'è più l'accoglienza, il dono, lo stupore, il considerare l'altro, aldilà di quello che si fa, un dono… come un bambino che accoglie stupefatto come un dono la mamma, il papà, i fratelli, i compagni di giochi.
Ecco che c'entra un bambino! È il sogno di ritrovare la freschezza dell'incontro con l'altro, del non dare niente per scontato, del non accumulare diritti.
Non è facile. Il Vangelo nelle prossime volte ce lo dirà. I discepoli si scandalizzano e dicono a Gesù: "Ma, allora, non è possibile! Non si può esse cristiani!". E Gesù deve rispondere: "Quello che non è possibile all'uomo, è possibile a Dio".
Ecco, il nostro incontro con Dio è l'invocare da Lui la possibilità di diventare bambini, di avere un cuore libero capace di amare totalmente. Non è facile.
Il Signore ci aiuti.
"Va', vendi quello che hai XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 14 Ottobre 2012
e dallo ai poveri" Marco 10, 17-30
Il Vangelo di Marco ci propone ancora l'ideale, il sogno. Il sogno di andare aldilà di ogni forma di ricchezza.
L'uomo non vale per quello che ha, per quello che possiede, per il suo potere... vale per quello che è, per la sua capacità di amare, per la sua gratuità.
Quando si parla di ricchezza non bisogna pensare soltanto ai soldi, ma ad ogni ricchezza: il potere, i soldi, la cultura e soprattutto, il Vangelo di oggi, ci mette davanti la ricchezza di un uomo che ha osservato tutta la legge: questo gli permette di sentirsi superiore, di giudicare gli altri.
Il Vangelo di Marco, vuole portarci oltre, in un sogno profondo che è ideale di gratuità, di libertà, di amore totale.
Ma quando il sogno diventa regola, legge, c'è spazio, nella vita della Chiesa, per una sconfinata ipocrisia.
Voi conoscete un po' la storia. Sapete che i frati e le monache fanno il voto di povertà: i conventi dei frati e delle monache possedevano mezza Italia! Il convento di Farfa possedeva dal Tirreno all'Adriatico, territori immensi! E così il convento di Cassino, quello di Subiaco e tanti altri e così anche tante parrocchie in giro per l'Italia. E la storia non è finita.
Se vi guardate intorno, oggi, dei movimenti ecclesiali che si proponevano come un rinnovamento, una scelta di povertà, di servizio ai più poveri... manovrano cifre immense e non sempre onestamente e correttamente: ecco l'ipocrisia!
Nella Chiesa molte autorità ritengono che la verità venga direttamente di Dio, che il potere sia dato direttamente da Lui... la conseguenza è che si bruciano eretici come Giordano Bruno e tanti come lui. La conseguenza è che si lotta a lungo per il potere (conoscete la storia d'Italia).
Ma soprattutto ai monaci, ai preti, alle suore hanno detto (lo hanno detto anche a me) che avendo fatto certe rinunce si entra in uno stato di perfezione: "Voi siete quelli che hanno scelto la via migliore, la strada della perfezione... gli altri brutti e cattivi" e spesso il giudizio è severo, la condanna totale. Ecco, quando il sogno diventa regola, c'è spazio per una sconfinata ipocrisia.
Ma il Vangelo di oggi ci vuole riproporre il sogno (tutte queste cose lasciatele via).
Il sogno che l'uomo non valga per quello che possiede. I soldi sono importanti ormai da secoli nella vita dell'uomo, prima si facevano i baratti, adesso c'è il denaro ed è prezioso, ma quando diventa l'unico scopo della vita, allora, tutto si corrompe… si ruba, si truffa in tutti i modi perché il denaro diventa il motivo principale: se non hai i soldi non sei un uomo.
Quando faccio questi discorsi mi viene in mente il mio papà, ma anche tante persone come lui che ho conosciuto. Mio papà doveva preoccuparsi di ogni centesimo, aveva da tirar su cinque figli, subito dopo la guerra. Doveva farli studiare, doveva dar loro possibilità di vita. Ha fatto tanti sacrifici, ha rinunciato a tutto per accumulare soldi... ma se gli avessero offerto qualunque cosa, per tradire la sua onestà e la sua rettitudine, non avrebbe accettato! Per lui erano importanti gli affetti, la tenerezza, il rapporto con gli altri... non si sarebbe mai "venduto l'anima" per nessuna cifra. Era importante la rettitudine, l'onestà e così è stato per tanti dei nostri padri e ce ne dovremmo ricordare anche oggi, in questo mondo in cui la corruzione... e non pensate - vi raccomando di cuore - soltanto ai politici perché la corruzione, il privilegio è molto più diffuso in questo paese e, forse, riguarda anche noi.
Ho incontrato delle persone geniali che avevano una cultura straordinaria, ma non si sentivano possessori della verità, erano sempre in ricerca. Erano più le domande in loro che le risposte e, soprattutto, non volevano imporre a nessuno la loro cultura; non condannavano nessuno, cercavano insieme con gli altri.
Nel corso della storia della Chiesa, e anche tra noi, molte persone che sono giuste e rette si ritengono sempre in cammino, hanno il cuore fragile, sanno di non poter arrivare alla perfezione. Se volete un esempio per tutti, pensate a Francesco d'Assisi... si riteneva il più grande peccatore della terra, lui!
Ecco, questa è la vita cristiana! È il sogno che il Vangelo di Marco ci propone...
Il sogno di un uomo libero, in cui conti la gratuità, i valori che ha dentro, gli ideali in cui crede e cerca di vivere… e non quello che ha.
Se volete convincervi che in questa pagina non ci sono regole, non c'è l'esaltazione della povertà, c'è il sogno. Leggete le ultime parole... Pietro dice a Gesù: "Ecco noi abbiamo lasciato tutto, e ti abbiamo seguito". "…già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi...".
Vedete, è il sogno della pienezza della vita. È il sogno della comunione totale in cui ogni madre sia madre di tutti. Ogni fratello sia fratello di tutti, in cui ci sia l'abbondanza della ricchezza ma l'abbondanza per tutti, condivisa.
Il sogno del Vangelo non è il sogno della povertà, ma dell'abbondanza. È il sogno che tutti abbiano "cento case, cento campi..." è il sogno della solidarietà totale. Un sogno!
Non dite - lo abbiamo già ascoltato - "è impossibile!". I discepoli dicono: "E chi può essere salvato?". Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: "Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio "
Se ci apriamo al vento di Dio, al soffio dello Spirito possiamo, anche noi, tentare di camminare verso un mondo in cui ci sia la solidarietà, la condivisione, la gratuità, la ricerca della ricchezza, ma per tutti! La pienezza della conoscenza, ma per tutti. La ricerca appassionata della giustizia in un cammino che non finisce mai, in cui nessuno si sente migliore degli altri, ma tutti insieme siamo alla ricerca di una giustizia più grande del nostro cuore. È un miracolo, ma possibile secondo Gesù.
Il Signore ci aiuti
"Il Figlio dell'uomo non è XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 21 Ottobre 2012
venuto per farsi servire, Marco 10, 35-45
ma per servire e dare la
propria vita…".
Il Vangelo di oggi ci propone il sogno, l'ideale più grande.
Siamo alla fine di un cammino in cui il Vangelo di Marco ci ha portato attraverso i sogni della vita cristiana e adesso siamo arrivati al massimo: essere come Gesù!
Un sogno impossibile, ma a cui il cristiano cerca di tendere come può... e essere come Gesù significa vivere il servizio.
A qualcuno di voi la parola "servizio" non piace, cambiatela! Usate la parola dedizione, amore... quella che preferite, ma questo è il cuore della vita cristiana, quindi è importante trovare un modo di esprimersi. Io userò la parola del Vangelo: "servizio".
Una parola ormai abusata, qualche volta, anche questa (come abbiamo visto nelle domeniche precedenti) ricca di ipocrisia.
Il Papa, spesso, firma i suoi documenti, dicendosi: "Servus, servorum Dei", servo dei servi di Dio, ma poi detiene un potere assoluto. Ha cercato - nei tempi passati - con tutti i mezzi di essere al primo posto.
Quando siamo diventati preti ci hanno detto che il nostro compito era il servizio al popolo cristiano. Alle volte, accade nella vita della Chiesa la corsa al primo posto, a far carriera, a ottenere privilegi e, quello che succede nel mondo della Chiesa, succede anche nel mondo civile.
Tanti uffici, che si dicono al servizio del pubblico, a volte non lo sono molto. Abbiamo tanti servizi pubblici di trasporto, ma a volte funzionano così così.
Tutto questo è vero… ma! Fate attenzione a questo ma! E cercatelo nella vostra vita concreta.
Ma... ho visto (nella mia vita ormai lunga) tanta gente vivere il servizio con grande delicatezza. Mi capita ancora di incontrare delle coppie che conosco da vent'anni, in cui il marito o la moglie accompagnano il compagno, ormai diventato cieco, con tenerezza infinita.
Ho visto sospingere dai figli, carrozzelle di anziani con delicatezza e premura. Ho visto, tante volte, persone curare per mesi, a volte, per anni persone malate e soprattutto persone con quelle malattie terribili che sono le demenze senili; quando la persona diventa incontrollabile.
Ho visto tanta dedizione, tanta tenerezza, tanto sacrificio… più comunemente ho visto tanti genitori spendersi con generosità per i loro figli.
Quando sono piccoli per aiutarli a crescere, a studiare, ad essere sani e liberi e ancora - in maniera molto più complicata - quando diventano adolescenti per accompagnarli ed essere attenti al loro cammino, tentare di capirli, esercitare tutta la pazienza che ci vuole per seguire la crescita di un adolescente.
Ho visto nonni dedicarsi, facendo i cuochi, gli autisti e tanto altro ai propri nipoti.
Ho visto tanti maestri, tanti professori vivere la loro missione con vero spirito di servizio, con grande attenzione ai loro alunni; cercando di fare per loro tutto quello che potevano e, a volte, riuscivano, a volte no... ma vivevano la loro missione con passione e, a volte, con trepidazione, con l'incertezza di essere incapaci di arrivare fino in fondo.
Ho conosciuto, anche da vicino, tanti sacerdoti che hanno vissuto con dedizione, e senza nessun desiderio di far carriera, la loro missione, il loro servizio. Ho visto alcuni andare in terre lontane a spendere la loro vita al servizio dei più poveri della terra e qualcuno ci ha anche perso la vita!
Ho visto tanti medici, infermieri fare il loro mestiere con attenzione, competenza, delicatezza e dedizione.
Ho conosciuto anche dei politici. Sì, ce ne sono! nonostante il terribile andazzo che ci opprime in questi giorni... ce ne sono tanti in tante piccole realtà italiane, in tanti piccoli comuni... io ne ho conosciuto qualcuno che vive il proprio compito con attenzione, pensando non solo al proprio interesse, ma anche a quello della gente.
Ho visto il servizio! L'ho visto svolgere da tante persone; da tante persone il cui nome non finirà mai sui giornali, gente di tutti i giorni... il servizio in casa, nella scuola, nell'ospedale, nella vita pubblica, la dedizione agli altri, l'attenzione, la tenerezza: ecco, questo, è il tentare di essere - almeno un po' - come Gesù.
Questa è la strada su cui tutti noi siamo invitati a camminare. A volte non ci riusciamo fino in fondo, ma ecco perché ci ritroviamo qui ogni domenica a nutrirci di Gesù, per tentare di essere - almeno un po' - come Lui. Per vivere la nostra vita - almeno un po' - nella dedizione, nella tenerezza e nell'amore verso gli altri. Verso le persone che abbiamo intorno; a casa, nel posto di lavoro, nella nostra società. La dedizione, il servizio, l'amore: questo è essere cristiani.
Il Signore ci aiuti.
Gesù gli disse: "Che vuoi XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 28 Ottobre 2012
che io faccia per te?" E il Marco 10, 46-52
cieco rispose:"Rabbunì,
che io veda di nuovo!".
Se ricordate, nelle domeniche precedenti il Vangelo di Marco ci ha condotto in un lungo cammino, quasi la scalata di una montagna, all'inseguimento degli ideali, dei sogni di Gesù.
Un cammino verso la luce, la ricerca del senso della vita, dei valori fondamentali dell'esistenza, degli ideali più grandi. Un cammino verso l'alto che terminava (ricordate domenica scorsa) nell'invito ad essere come Lui: il sogno più grande della vita del cristiano. Un cammino, dunque, verso l'alto, verso la Luce.
Ci saremmo aspettati un cieco all'inizio di questo cammino. È, come sapete, un episodio simbolico. Marco non vuole che ci fermiamo sul miracolo, ma che ci chiediamo in che modo si parla di noi, della nostra esperienza. Questo cieco non è all'inizio di un cammino che lo porta a vedere sempre di più, è alla fine, in cima: è questa la condizione del cristiano!
Tentiamo di seguire il Signore, di far nostri i suoi sogni, i suoi ideali ma, spesso, ci ritroviamo come ciechi che brancolano nel buio.
Che significa, concretamente, il sogno di un amore totale, della gratitudine, della tenerezza, nei confronti di chi ci sta vicino... in casa, con i figli, con i nipoti? Cosa significa voler bene? Cosa significa vivere i valori di Gesù, i suoi ideali?
A volte siamo smarriti e non capiamo, di fronte ai tanti problemi etici che si ripropongono nel tempo moderno. Problemi che riguardano la nascita, la morte, la malattia, i rapporti umani!
A volte non capiamo cosa possiamo fare per la vita sociale, politica... grandi dubbi si affollano nella mente, a volte, anche lo scoraggiamento: è questa la condizione del cristiano!
C'è chi pensa di sapere tutto, di arrivare ad avere certezze... spesso (come sapete, forse per esperienza) sono persone fanatiche e intolleranti. No! Il cristiano è continuamente in ricerca; sa di non sapere!
Quando ero un giovane prete pensavo di avere molte sicurezze, pensavo di sapere tante cose... dopo cinquant'anni mi rendo conto di una sola cosa: so di non sapere! Credo che questa non sia una frase mia, risale a gente molto lontana, eppure, esprime la realtà. Vedete se è un po' anche la realtà vostra! E non vi sconcertate perché, questa, è la condizione del cristiano e guai (secondo me) se non lo fosse!
Il cristiano è sempre in ricerca, si interroga, come un cieco grida a Gesù: "Fammi vedere, fammi capire cosa è giusto, cosa è buono nella vita!"
Ma c'è di più! Come avete ascoltato questo cieco si alza e comincia a seguire Gesù "lungo la strada". Sapete dove porta questa strada? Alla croce! Subito dopo queste parole si entra a Gerusalemme!
Perché il giusto deve finire sulla croce? Perché il mondo è così incomprensibile? Perché, a volte, delle persone malvagie a cui non interessa niente del prossimo, che cercano solo i propri interessi... godono… ricchi, sembrano felici? Perché chi combatte per la giustizia, chi si sacrifica perché il mondo sia più vero e più sano, a volte, finisce ammazzato? Che mondo è questo? E Dio dov'è? Che mondo ha creato? Chi siamo noi? Chi è l'uomo?
Vedete, quante domande! Siamo come ciechi che vanno brancolando. Ogni tanto intravediamo qualche barlume di luce che ci permette di vivere. Ogni tanto sentiamo il "vento" di Dio che ci permette di dire: "Ama lo stesso, anche se qualche volta costa!".
La vita vale se prendi a cuore, se fai tuoi, se senti scendere nel profondo delle tue viscere i valori, gli ideali di Gesù.
A volte ti sembra impossibile, a volte non vedi, a volte non capisci... eppure come il cieco gridi e poi cerchi di dargli la mano e di farti alzare e di camminare con Lui lungo la strada.
Non segui la giustizia e il bene solo quando è facile, cerchi di viverla ogni giorno come puoi, nella semplicità della vita quotidiana quando, a volte, fare il bene è (per fortuna) piacevole, ti rende il cuore sereno… ma qualche volta no!
Qualche volta costa sacrificio e soprattutto, spesso, non capisci. Qualche volta sei come il cieco e, allora, gridi e continui a gridare e a cercare la voce di Gesù. Non lo cerchi all'inizio del tuo cammino, lo cerchi fino alla fine anche sul letto di morte. Anche lì non capisci; non sai, non vedi, e ancora continui a cercare di intravedere qualche cosa della vita di Gesù: è questa la condizione dell'uomo.
Diffidate, dunque, di tutti quelli che sanno, di quelli che vi propongono verità assolute, principi irrinunciabili... sono fanatici, intolleranti! Non scambiateli mai per cristiani!
Il cristiano è un uomo che cerca, ha il cuore fragile, sa di non vedere e, nonostante questo, insegue la luce con coraggio e fedeltà.
Il Signore ci aiuti.
Apparve una moltitudine immensa, TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2012
di ogni razza, popolo e lingua. Apocalisse 7, 9-14. Matteo 5, 1-12
"Beati i poveri... i miti... quelli che
hanno fame e sete della giustizia..."
Siamo riuniti insieme per far memoria di tutti i santi. Tutti, non solo quelli scritti sul calendario! Ma c'è una difficoltà non piccola per noi...
Come avete ascoltato dalla lettura del libro dell'Apocalisse sono... "una moltitudine immensa, di ogni razza, popolo e nazione" e come facciamo a far memoria di tutti quanti?
E, allora, possiamo provare a far memoria dei nostri santi!
Qualcuno di noi ha qualche santo, di quelli scritti sul calendario, che è stato importante nella sua vita,... che so, san Francesco, santa Rita eccetera, ma vi inviterei a non pensare a questi! Pensate ai vostri santi, a quelli che avete conosciuto, che vi hanno voluto bene...
Chi è il santo? È colui che è stato per noi testimone di Gesù e, quindi, - come avete ascoltato nel Vangelo - ci ha testimoniato la fame e la sete della giustizia, la mitezza, la misericordia, la tenerezza, il desiderio di pace, colui che ci ha aiutato ad essere liberi… e credo che tutti abbiate incontrato delle persone così!
Persone che vi hanno aiutato nel cammino della fede, della vita, che vi hanno dato tenerezza, amore, il senso della libertà, della giustizia, dell'onestà...
Credo che anche voi ne abbiate molti! Io se comincio a fare l'elenco continuo a lungo... qualcuno forse lo conoscete anche voi, ma la maggior parte, no! Ciascuno di noi ha i suoi santi! A cominciare dal papà (per molti di noi) dalla mamma, da alcuni zii, da molti amici.
E la cosa curiosa è che alcuni di questi santi (per me alcuni dei migliori) non vengono a Messa la domenica. Qualcuno dice - addirittura - di non credere! Eppure sono stati per me testimoni di bontà e di amore e di libertà, più di tanti che ho conosciuti come cristiani zelanti!
Di tutti questi fate memoria! Dimenticate un po' i santi del calendario. Tra loro poi ce ne sono molti che troppo per bene non erano: hanno bruciato eretici sul rogo, hanno fatto crociate, hanno accumulato soldi e potere a dispetto della gente, hanno tolto l'insegnamento e il pane a qualcuno che dipendeva da loro, eccetera…
Lasciateli via! Guardate i vostri santi!
Quei santi che hanno fatto miracoli. Qualcuno di voi può dire: "Io non ho visto mai nessuno fare miracoli". Si vede che avete gli occhi chiusi!
Gridate al Signore - come il cieco di domenica scorsa - che ve li apra. Vedete... al tempo di Gesù c'erano tanti lebbrosi. Oggi la lebbra è quasi scomparsa dalla terra, ma non perché qualche santo ha fatto miracoli, perché degli studiosi hanno cercato, studiato, provato e, finalmente, sono riusciti a trovare le cause e le medicine adatte a curare la lebbra e potrebbe sparire del tutto con poco, dice chi se ne intende.
Al tempo di Gesù c'erano molti ciechi, oggi - per fortuna - ce ne sono molti di meno. C'è ancora qualche male incurabile per gli occhi, ma se vi cala una cataratta sull'occhio che vi impedisce di vedere, andate anche qui al Grassi, entrate la mattina e uscite la sera che ci vedete... per lo studio dei medici!
Ma, allora, quali sono i miracoli? Sono quelli veri! Quelli del servizio, dell'amore, del rispetto, della tenerezza di coloro che vi hanno aiutato nella vita di ogni giorno, che vi hanno fatto crescere, che hanno vissuto - anche nei confronti degli altri - il servizio tenero e attento... ne ho conosciuti tanti...
Degli insegnanti che si sono sacrificati per i loro alunni, dei genitori che si sono spesi per i loro figli anche nei momenti difficili, della gente anche più importante: giudici, politici che si sono dati da fare perché il mondo fosse più giusto.
A volte sono stati perseguitati, a volte sono stati uccisi, ma sono i nostri santi! Quelli che ci hanno fatto vedere che cos'è il miracolo, concretamente che cosa significa fare del bene. Facciamo memoria di tutti questi! Continuando a cercare di camminare sulla loro strada.
E una piccola cosa che, forse, vi può anche consolare... Chissà se c'è qualcuno al mondo che dice: "Sei tu il mio santo!". Forse, sì.
Voi siete stati abituati all'umiltà, a battervi il petto e, qualche volta, è bene che abbiate uno scatto d'orgoglio: "Forse, c'è quel mio nipote che mi può considerare un santo... gli faccio l'autista tutti i giorni e mi stanco pure e, qualche volta, farebbe bene a considerarmi un santo invece di trattarmi male!". Qualche volta - sapete - i giovani....
Poi, quando si arriva alla mia età, allora ci si guarda indietro e forse si dice: "Certe persone che non sapevo apprezzare sono stati i miei santi, i miei santi più veri": di questi vogliamo fare memoria qui intorno all'altare.
Il Signore ci aiuti
"Amerai il Signore Dio tuo... XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 4 Novembre 2012
Amerai il prossimo tuo... Marco 12,28-34
Lunedì scorso, passeggiando per Ostia, mi è capitato di entrare in una piccola chiesa dove ho letto un foglio attaccato a un vetro, con minacciose parole sul dovere di confessarsi per essere liberati dal demonio. E accanto c'erano dei fogli con l'esame di coscienza, per prepararsi alla confessione, con tante domande (come qualcuno di voi ricorda bene) seguendo lo schema dei comandamenti: il primo, secondo e così via fino al decimo.
Nel pomeriggio, parlandone con qualche bravo cristiano, uno mi dice: "Ma non sono due i comandamenti nel Nuovo Testamento? Non è essenziale il comandamento dell'amore?".
Il Vangelo di oggi sembra dire proprio questo! Sono due i comandamenti fondamentali: amare Dio e amare il prossimo.
Ma c'è un problema... questo è un comandamento antico perché - come avete ascoltato - lo scriba lo conosce benissimo. Gesù lo enuncia, lo scriba lo ripete, anzi, aggiunge che questo comandamento vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici. Riti, rinunce, preghiere... quello che conta è l'amore. Sembrano parole straordinarie!
"Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: "Non sei lontano dal Regno di Dio". Come non è lontano, cosa gli manca?
Ecco, secondo il Vangelo di Marco (per quello che ho capito io) gli manca una cosa fondamentale: seguire Gesù e cercare di intuire attraverso l'esperienza con Lui che cosa significhi veramente amare.
Sembra semplice, ma la parola amare può significare tante cose. Se seguite Gesù trovate un criterio fondamentale: "Non è l'uomo fatto per il sabato, il sabato è fatto per l'uomo".
La legge, ogni legge, ogni principio, ogni comandamento è al servizio dell'uomo e, se non è al servizio dell'uomo, non vale. Come può - direte voi - il comandamento "ama il tuo Dio con tutto il tuo cuore" non essere al servizio dell'uomo?
Ma - badate - in nome di questo comandamento sono state fatte crociate. In nome di questo comandamento... per cui chi non ama Dio deve essere considerato un malvagio, sono stati condannati eretici, pagani, atei. In nome di questo comandamento si cerca di imporre, quella che sembra la volontà di Dio, agli altri, a chi non crede, nelle leggi civili. In nome di questo comandamento sono esclusi dalla comunione (molti, in verità, non se ne preoccupano) quelli che sono divorziati e risposati… sempre in nome di Dio!
Ma quando in nome di Dio si offende l'uomo, si fa soffrire l'uomo... non è osservare il comandamento di Dio!
L'uomo vale più della legge, della tradizione, del sabato, della religione, dei riti, dei sacrifici, delle ideologie, dei principi, di tutto... Non c'è principio che valga se offende e umilia l'uomo.
E questo vale anche per il secondo comandamento. Che cosa significa amare il prossimo come se stessi?
Se il mio prossimo non vuole essere amato come io mi amo? Il problema è - anche qui - non far prevalere la propria visione, i principi, le ideologie al rispetto dell'uomo.
Se leggete il Vangelo, Gesù, quando incontra una persona la guarda negli occhi. Lo rimproverano: "È un pubblicano, un malfattore...". "Vieni, siedi e mangia con me". Per poter riprendere la strada, perché quello che conta è il rispetto di tutti e la speranza per chi sbaglia.
Se seguite Gesù, nel Vangelo, la dimensione fondamentale dell'amore verso il prossimo è il servizio tenero, attento verso l'altro. Ma cosa significa servizio?
A volte per qualcuno mettersi a disposizione dei figli, degli alunni significa farli a propria immagine e somiglianza; imporre il proprio modo di vedere... ma è questo amare? Anche se è fatto con grande sentimento, con grande trasporto, c'è quella dimensione fondamentale dell'amore che è il rispetto dell'altro?
E servizio... è quello del "buon samaritano" che incontra sulla strada l'uomo maltrattato dai briganti e lo cura... Certo! È un servizio importantissimo, ma è solo questo?
Nella pagina seguente del Vangelo, troviamo Gesù seduto a tavola nella casa di Marta e Maria e Marta brontola: "Perché non dici a Maria di servire?". C'è un altro servizio, forse più importante, è quello di sedersi e guardarsi negli occhi e parlare e cercare di capirsi... c'è bisogno qualche volta di spendere la vita, addirittura, di sacrificarla per l'altro... qualche volta c'è bisogno di tenersi per mano, di guardarsi negli occhi.
Non ci sono principi astratti, irrinunciabili, assoluti; c'è il rispetto dell'altro e tutto è al servizio dell'uomo!
E Dio e la Chiesa e i principi e le leggi e le tradizioni e le ideologie... tutto vale se aiuta l'uomo a crescere, ad essere libero, autonomo e felice: tutto è al servizio dell'uomo!
Ecco perché - secondo il Vangelo di Marco - non basta enunciare i comandamenti, bisogna farsi discepoli del Signore e con Lui cercare di domandarsi giorno per giorno: "Gesù, se stesse qui al posto mio, cosa farebbe, cosa farebbe con questo figlio che la pensa diversamente da me, che sembra andare per una strada sbagliata? Cosa devo fare?".
Forse la prima cosa che Gesù farebbe è rispettare, guardare negli occhi, cercare di capire. Ecco - vedete - perché il Vangelo di Marco suggerisce: "Non basta conoscere i comandamenti, occorre farsi discepoli di Gesù, camminare con Lui".
E chiedersi: Gesù qui cosa farebbe? Qualcuno mi dice: "È una domanda da un milione di dollari!" È vero! Ma è l'unica domanda seria per chi tenta di essere cristiano: cercare di seguire Gesù sulla sua strada, imparare da Lui cosa significa amare Dio e il prossimo nel rispetto, nella tenerezza, nel servizio.
Il Signore ci aiuti.
"Questa vedova, così XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 11 Novembre 2012
povera, ha gettato nel Marco 12, 38-44
tesoro più di tutti gli altri".
L'episodio della vedova che mette due monetine nel tesoro del tempio è caro a molti di noi, anzi, per qualcuno, questa pagina è una delle più belle e preziose del Nuovo Testamento.
Davanti a Dio non conta la quantità, ma la qualità. Non conta l'abbondanza del dono, ma la gratuità. Non conta quanto sono in grado di offrire… ma anche un solo bicchier d'acqua donato con cuore sincero e gratuitamente.
Guardatela, un momento, questa donna con gli occhi della vostra fantasia... immaginatela come una vecchina piccola, magari un po' curva, con tutti gli acciacchi degli anni, che cammina lentamente... si confonde in mezzo alla folla. Molti - come avete ascoltato - sono vestiti bene. Molti ostentano la loro ricchezza... gettano nel tesoro, magari per farsi vedere, tante monete. Lei quasi di nascosto si avvicina e senza farsi notare mette nel tesoro del tempio le sue due piccole monete: è certamente un simbolo, un simbolo della vita, un simbolo del mondo, ma un simbolo straordinario.
C'è qui un canto d'amore per tutti i piccoli della terra!
Per i bambini, certamente prima di tutto. Non hanno niente da offrire alla vita se non il loro sorriso, la loro tenerezza - eppure - è la cosa più preziosa del mondo.
Ma non soltanto i bambini, anche i diseredati, i poveri della terra, quelli che non hanno niente, quelli che strappano la vita giorno per giorno, che non hanno granché da donare.
E quelli che non hanno bellezza, né grandi talenti, né cultura, che non possiedono ville e palazzi, che non sanno costruire nessuna fabbrica... la gente di tutti i giorni; che ha poche capacità, ma vive la tenerezza, il dono di sé, l'accoglienza verso gli altri. E non soltanto i poveri, quelli che hanno poco, ma quelli che hanno poca capacità di amare, di donare se stessi; quelli che non ce la fanno ad essere del tutto giusti; quelli che non hanno fatto mai miracoli, né gesti eroici: davanti al Signore conta il bicchiere d'acqua che hai dato.
Nel corso della mia vita, guardandomi indietro... so di non aver fatto niente di importante. Non ho costruito niente. Non ho fondato nessun gruppo. Non ho fatto nessun prodigio. Non sono mai stato un eroe... ho solo dato qualche piccolo bicchier d'acqua con cuore sincero a qualche persona che ho incontrato nel cammino della mia vita: quel bicchiere d'acqua conta, davanti a Dio, forse più di chi ha costruito grandi cose, fatto sacrifici eroici. Davanti a Dio conta la gratuità, la qualità del dono, la semplicità dell'offrire.
Ho nella mente e nel cuore - e credo che le porterò con me fino alla fine - le immagini di tante persone anziane - potrei chiamarle con le parole del Vangelo "povere vedove"- un po' curve, qualcuna non riusciva più nemmeno a camminare, qualcuna era rimasta sola, eppure erano capaci di comunicarti perle di saggezza, di ironia e soprattutto il sorriso... il sorriso della vita; l'ultimo sorriso che strappavano alla loro esistenza. E c'era in loro tutta la tenerezza e tutta l'accoglienza e tutta la festa che facevano nel vederti. Persone che non hanno fatto niente di eroico ma che, forse, hanno attraversato la vita gettando nel tesoro del tempio tutto quello che potevano.
Vale anche per voi, vale anche per ogni cristiano. Non conta soltanto chi fa cose eroiche; non contano per il Vangelo i santi, i martiri; coloro che hanno costruito grandi cose: conta ogni singola persona. Davanti a Dio ogni piccolo gesto d'amore, ogni atto di tenerezza è prezioso…
Conservate nel cuore l'immagine di questa povera vedova con le sue due monetine in mano. È la nostra immagine - almeno la mia, se non volete essere coinvolti - non abbiamo, almeno io non ho grandi capacità, non ho grandi doni, né intellettuali, né pratici... ho soltanto la capacità di offrire un bicchier d'acqua a chi incontro nel cammino della vita.
Forse anche voi siete così, ma ricordatevi... Dio guarda ogni singolo bicchiere d'acqua. Dio ama le "monetine", donate con cuore sincero e gratuito. Dio ama i piccoli della terra.
Il Signore ci aiuti
"Quando vedrete accadere XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 18 Novembre 2012
queste cose, sappiate che Marco 13, 24-32
Egli è vicino... "
"Quanto però a quel giorno
o a quell’ora, nessuno lo sa,
né gli angeli nel cielo né il Figlio,
eccetto il Padre".
La pagina che abbiamo letto ci mostra tutto l'imbarazzo e anche le contraddizioni di questi primi cristiani. Vivono in un ambiente in cui è diffusa - ormai da secoli - l'attesa della fine del mondo, della risoluzione dei problemi della storia: questo mondo è sempre più insopportabile, Dio deve intervenire, deve mandare qualcuno... un personaggio misterioso; il Figlio dell'uomo che venga e distrugga questo mondo! Il sole si oscura, la luna non dà più luce, le stelle cadono dal cielo: è la grande catastrofe e, poi, la speranza di un mondo nuovo!
Molta gente vive così e da tanto tempo - lo avete ascoltato dalla prima lettura del profeta Daniele - sono passati più di duecento anni. In questo ambiente, in questo modo di pensare i discepoli sono immersi... ma poi hanno incontrato Gesù di Nazareth e, allora, non capiscono più.
Non riescono a conciliare e - come avete ascoltato - da una parte ripetono antiche parole, e dicono: "Non passerà questa generazione…", poi aggiungono: "Ma quanto a quel giorno o a quell'ora nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo, né il Figlio, eccetto il Padre".
Ma se nessuno lo sa, perché dite che avviene in questa generazione? È l'impazienza, il bisogno che si risolvano i problemi, l'impazienza che tutto si compia in fretta, che ci sia un intervento prodigioso e miracoloso.
Nell'incontro con Gesù, questa gente, ha fatto un'esperienza profondamente diversa... Gesù parla di questa terra! Proclama, qui, beati i miti, i misericordiosi, quelli che sono affamati e assetati di giustizia. Parla di questo mondo concreto in cui bisogna tendere la mano a chi è più piccolo e in difficoltà. Parla, qui, del rispetto dell'uomo, della crescita dell'uomo, del superamento del "sabato". Parla, qui, della ricerca per capire il mondo, discernere i segni del tempo e portare avanti - come possono - il coraggio della speranza, accettando la logica del "granello di senape".
La fede come un granellino di senape: sembra una piccola cosa, si semina e poi diventa un albero, ma ci vuole vigilanza, costanza. Occorre impegnarsi, vivere in maniera profonda la speranza per il futuro.
Ecco - vedete - questa speranza, questa tensione verso il futuro che i primi cristiani sentivano in maniera, a volte , un po' magica, miracolosa… spesso se ne va.
Nel corso della storia della Chiesa, qualche volta i cristiani sono stati tentati - anche le autorità della Chiesa - di ripiegarsi sul passato, di non avere più la tensione verso il futuro e quando c'è nella Chiesa, un momento di rinnovamento, allora ritorna l'idea di alzare la testa, guardare lontano, cercare il futuro, non contentarsi di questo mondo così com'è.
II sogno che su questa terra, si realizzino li ideali di Gesù, i suoi sogni, nella vita di ogni giorno; una speranza che se non è concreta, non è!
Ecco perché dopo il Concilio Vaticano secondo, in cui la Chiesa ha cercato di guardare di nuovo avanti... sono state inserite nel cuore della preghiera cristiana, la Messa parole che parlano del futuro, fra poco nella Preghiera Eucaristica, dirò: "Attendiamo con ferma speranza la sua venuta nella gloria". E dopo la Consacrazione direte: "Proclamiamo la tua Resurrezione, nell'attesa della tua venuta".
Ecco, nel DNA della Chiesa, nella sua realtà costitutiva c'è l'attesa del futuro, ma non bisogna correre il rischio di un'attesa magica, o peggio catastrofica. Il rischio di un'attesa in cui ci sia il giudizio che divide il mondo in buoni e cattivi; in cui ci sia l'Inferno... Come si può conciliare tutto questo con la parabola del "Padre misericordioso?".
Gesù ha parlato alla sua gente della tenerezza, della misericordia, della speranza che alla fine ci sia per tutti la grande festa del Regno. Il Regno che viene, la presenza di Gesù sulla terra non sarà una presenza di condanna, ma di "festa".
Secondo la parabola, il figlio che ritorna trova la festa... la giustizia, l'amore, la tenerezza, la libertà: questo è l'orizzonte della storia del mondo che siamo chiamati, ogni volta che ci soffermiamo sul Vangelo, a guardare, a sperare... e non soltanto a sperare, ma a tentare di costruire nei piccoli gesti di ogni giorno, mettendo i piccoli semi, che portano avanti il mondo; che cercano di farlo progredire verso quello che un grande scrittore chiamava: "La dimensione di Cristo".
La realtà di un mondo in cui i valori di Gesù, in cui i sogni di Gesù siano concreti, per tutti e non soltanto per qualcuno... e sono valori e sogni di giustizia, di amore, di libertà, di tenerezza, di gratuità: a questi sogni siamo invitati a partecipare tutti. A tentare di realizzarli giorno per giorno. Non è facile.
Il Signore ci aiuti
"Il mio regno non è di questo mondo…" CRISTO RE - 25 Novembre 2012
Giovanni 18,33-37
Siamo - come penso sapete tutti - alla fine del tempo della nostra preghiera. Si conclude un anno. Domenica prossima sarà già Avvento e cominceremo di nuovo a prepararci al Natale.
In quest'anno ci ha accompagnato lo straordinario Vangelo di Marco, che forse potrei consigliarvi di rileggere, è molto breve, ma per leggerlo dovrete fare uno sforzo per andare aldilà del racconto, per cogliere i grandi simboli che Marco propone.
Il racconto di ogni miracolo è un simbolo, che ci riguarda, simbolo della nostra vita. Riassumere il Vangelo di Marco, dà senso e valore alle parole che il Vangelo di Giovanni mette in bocca a Gesù: "II mio regno non è di questo mondo".
Cosa significa? Che c'è un mondo, un mondo aldilà della storia, nei cieli? II Vangelo di Marco ci dice che è questo mondo che deve essere diverso, perché così com'è non è accettabile! Offende e umilia l'uomo!
Marco, ci invita a sognare un mondo in cui non ci sia sopraffazione, violenza; in cui non ci sia la prepotenza del denaro. Un mondo in cui ogni uomo, il più piccolo degli uomini valga più del "sabato" e, sabato, è tutto quello che impedisce all'uomo di essere libero. Sabato può essere la tradizione, lo stato, la legge, la religione. Tutto quello che impedisce all'uomo di essere libero, solidale, fraterno... tutto quello che divide, che umilia: tutto questo è contrario al progetto di Gesù.
Un mondo... - ci invita a sognare il Vangelo di Marco - in cui la "vedova" che ha soltanto due monetine da gettare nel tesoro della vita, vale come e forse più di chi ha tante monete. Un mondo in cui conti l'ultimo uomo della storia, il più piccolo...
Marco ci invita a sognare un mondo in cui sia bello condividere, moltiplicare il pane, per tutti, vivere il servizio gli uni verso gli altri, per moltiplicare la vita; in cui ci si possa chinare sulla sofferenza; in cui il compito principale di ogni credente sia quello di asciugare ogni lacrima; di vivere con tenerezza il rapporto con chi tribola e soffre.
Il Vangelo di Marco ci propone come ideale non l'uomo forte, bello, ricco, potente ma il "bambino". Il bambino che non ha niente, che guarda alla vita aperto al futuro; che non accampa diritti; che riceve tutto come un dono, che vive la gratuità, che è pieno di sogni, di desideri; che vuole solo crescere, scoprire, cercare; che non si ferma mai; il bambino che ha solo bisogno di guardare avanti.
Ecco, secondo il Vangelo di Marco non è l'uomo arrivato, quello che sa tutto il modello del credente... il più grande è colui che serve; è l'ultimo di tutti, come Gesù che è venuto "non per essere servito, ma per servire e donare la sua vita". Il dono, la gratuità è il cuore del Regno di Gesù.
Ma il Vangelo di Marco ci propone anche una religione che non sia quella che troviamo troppo spesso intorno a noi... la religione della paura, la paura del castigo, dell'Inferno, del giudizio di Dio. La paura che un "occhio" ci controlli, ci sorvegli, ci giudichi e ci condanni.
Il Vangelo di Marco cerca di proporci una religiosità che non sia basata sul commercio con Dio: "Io faccio dei sacrifici, delle offerte, dei digiuni, delle novene e Tu mi fai delle grazie". Una religiosità basata sulla gratuità.
Una religiosità in cui sia finalmente e totalmente rotto il legame tra la malattia e il peccato. Troppe volte ho sentito dire, anche da qualche personaggio importante: "Se vi è capitata una disgrazia è perché qualcuno ha peccato!". È una bestemmia! È un'offesa all'uomo che soffre!
Una religione in cui non si possa pensare mai che a Dio sia gradita la sofferenza, la rinuncia, il sacrificio, il dolore dell'uomo... il dolore è dolore! Punto! L'uomo deve chinarsi sul dolore, tentare di eliminarlo, Marco ce lo ricorda in molte pagine.
Marco ci invita a una religiosità in cui non ci sia fanatismo e intolleranza. Chiunque fa il bene a qualunque razza, religione, popolo appartenga è nostro fratello. Con lui possiamo fare strada, camminare insieme.
Marco ci propone una religione in cui l'incontro con Gesù sia un incontro che ti apre gli occhi alla ricerca della luce, ti apre le orecchie perché tu possa ascoltare. Ascoltare la parola di Dio e il fratello. Gesù, quando sei caduto, ti porge la mano per rialzarti. Se sei "paralitico" ti invita a prendere il tuo "lettuccio" e a camminare ancora.
Il Vangelo di Marco ci invita a salire con Gesù sul "monte", in alto, alla ricerca della verità, della luce, del senso della vita, soprattutto, alla ricerca di Dio, "dell'oltre" in cui Dio abita, dell'Infinito, più grande della nostra vita: lassù possiamo contemplare Dio.
Ecco, è una religiosità del servizio, dell'attenzione all'altro, della tenerezza, della condivisione, dell'amore e della gratuità. Della ricerca appassionata di Dio e del fratello. Per Marco questo è il "Regno di Dio": non sta sopra le nuvole, ma qui, su questa terra. Tutti noi siamo inviatati a rendere vivo il Regno di Gesù, i suoi valori, i suoi ideali, i suoi sogni... sogni di gratuità, di libertà, di amore, di tenerezza totale, di servizio, di apertura all'altro, di condivisione della vita con ogni uomo che vive sulla faccia della terra.
Il Signore ci aiuti.