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OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2013-2014 - Vangelo di Matteo
INDICE
I DOMENICA DI AVVENTO - 1 Dicembre 2013. 2
IMMACOLATA CONCEZIONE - 8 Dicembre 2013. 3
III DOMENICA DI AVVENTO - 15 Dicembre 2013. 4
IV DOMENICA DI AVVENTO - 22 Dicembre 2013. 6
NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2013. 7
SANTA FAMIGLIA - 29 Dicembre 2013. 8
II DOMENICA dopo NATALE - 5 Gennaio 2014. 9
EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2014. 11
BATTESIMO DEL SIGNORE - 12 Gennaio 2014. 12
II DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Gennaio 2014. 14
III DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 26 Gennaio 2014. 15
PRESENTAZIONE del SIGNORE - 2 Febbraio 2014. 16
V DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 9 Febbraio 2014. 18
VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 16 Febbraio 2014. 19
VII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 23 Febbraio 2014. 21
VIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 2 Marzo 2014. 22
I DOMENICA di QUARESIMA - 9 Marzo 2014. 24
II DOMENICA di QUARESIMA - 16 Marzo 2014. 25
III DOMENICA di QUARESIMA - 23 Marzo 2014. 27
IV DOMENICA di QUARESIMA - 30 Marzo 2014. 29
V DOMENICA di QUARESIMA - 6 Aprile 2014. 30
RISURREZIONE del SIGNORE - 20 Aprile 2014. 31
II DOMENICA di PASQUA - 27 Aprile 2014. 32
III DOMENICA di PASQUA - 4 Maggio 2014. 34
IV DOMENICA di PASQUA - 11 Maggio 2014. 36
V DOMENICA di PASQUA - 19 Maggio 2014. 37
VI DOMENICA di PASQUA - 25 Maggio 2014. 39
ASCENSIONE del SIGNORE - 1 Giugno 2014. 40
PENTECOSTE - 8 Giugno 2014. 42
SANTISSIMA TRINITÀ - 15 Giugno 2014. 43
SS. CORPO e SANGUE di CRISTO - 22 Giugno 2014. 45
SS. PIETRO E PAOLO - 29 Giugno 2014. 47
XIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 6 Luglio 2014. 48
XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 13 Luglio 2014. 49
XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 20 Luglio 2014. 51
XVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 27 Luglio 2014. 52
XXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 31 Agosto 2014. 53
XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 7 Settembre 2014. 55
ESALTAZIONE della SANTA CROCE - 14 Settembre 2014. 56
XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 21 Settembre 2014. 58
XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 28 Settembre 2014. 59
XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 5 Ottobre 2014. 61
XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 12 Ottobre 2014. 63
XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Ottobre 2014. 64
XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 26 Ottobre 2014. 66
TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2014. 68
COMMEMORAZIONE dei DEFUNTI - 2 Novembre 2014. 69
Dedicazione della Basilica Lateranense - 9 Novembre 2014. 70
XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 16 Novembre 2014. 72
CRISTO RE - 23 Novembre 2014. 74
"Tenetevi pronti perché, nell'ora che non I DOMENICA DI AVVENTO - 1 Dicembre 2013
immaginate, viene il Figlio dell'uomo" Matteo 24, 37-44
È già Avvento e ci prepariamo al Natale, comincia oggi l'anno della nostra preghiera e non può cominciare se non là, dove abbiamo terminato il precedente, dando uno sguardo a Gesù di Nazareth.
La fede cristiana è essenzialmente un rapporto vivo, personale con Gesù, è attesa di Lui, è il tentativo di far propri i sogni di Gesù.
Sogni che - come avete ascoltato - vengono da lontano. Il profeta Isaia dice: "Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, le loro lance diventeranno falci… non impareranno più l'arte della guerra". Gesù arricchisce questi sogni. Sogna un mondo in cui sono "beati i miti, i misericordiosi, quelli che hanno fame e sete di giustizia, gli operatori di pace". Sogni...! Sogni che ancora non si sono realizzati. Sogni che ancora dobbiamo tentare di fare nostri, di portarci dentro.
Dicevano anni fa alcuni dei nostri ragazzi: "Sognare è vivere, senza sogni la vita non ha senso". Si tratta di avere dentro qualche cosa da sognare, da cercare, da tentare di costruire.
Ma il Vangelo di oggi ci avverte che questi sogni debbono diventare concreti nella nostra vita di ogni giorno, nonostante la paura che ci portiamo dentro; la paura del futuro, della guerra.
Avete ascoltato parole strane, difficili da interpretare, nel Vangelo di oggi, (il discorso sarebbe troppo lungo) ma fermatevi un momento su quelle parole che chi ha scritto il Vangelo ha conservato con cura: al tempo di Noè "mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito", c'era chi lavorava nel campo, le donne che macinavano alla mola... questo significa che i primi cristiani sentivano che i sogni devono incarnarsi, devono diventare cosa concreta nel tempo del nostro lavoro, nei rapporti interpersonali tra marito e moglie, nei rapporti con la società... è lì che dobbiamo sognare la pace, la giustizia, il rispetto, l'attenzione dell'uno verso l'altro.
Non sono sogni a buon mercato, ma dobbiamo conservarli con la speranza... una speranza cocciuta, incrollabile, che anche sa guardarsi dietro e sa vedere che qualche passo nel corso della storia è stato fatto fatto, ma ancora molto è affidato al nostro coraggio.
Avete ascoltato l'invito di Paolo a "svegliarci dal sonno", a chiederci come nella vita concreta, nei rapporti che abbiamo con chi ci sta intorno, possiamo realizzare i sogni di Gesù, renderli presenti nella nostra vita. I sogni della gratuità, della mitezza, della fame e della sete di giustizia, del cercare la pace ogni giorno, tentando di buttare il cuore aldilà della paura.
Tutti... o quasi tutti abbiamo paura in questi momenti che attraversano la nostra storia: paura del domani, paura del lavoro che non c'è, paura delle crisi... ecco, dentro questa paura il credente tenta di conservare la speranza, con coraggio, con cocciutaggine, nel concreto dei rapporti interpersonali... forse non può fare grandi cose per gli immensi problemi dei mondo, ma un bicchiere d'acqua, un gesto concreto, un po' di attenzione a chi ci sta accanto... questo - forse - lo possiamo far tutti e "questo" è sognare!
Sognare un mondo più giusto, più bello, più vivo, un mondo in cui Gesù sia presente. Il cristiano non può rassegnarsi al presente, sa che nel suo futuro c'è Gesù, la sua realtà, i suoi pensieri, i suoi sogni e continua a camminare verso di Lui, a tentare di rendere i pensieri, i sogni di Gesù concreti nella propria vita, nella vita di ciascuno. Non è facile, lo sapete.
Il Signore ci aiuti
Maria disse: "Ecco la serva del Signore: IMMACOLATA CONCEZIONE - 8 Dicembre 2013
avvenga per me secondo la tua parola". Luca 1, 26-38
Celebriamo oggi la festa dell'Immacolata Concezione di Maria, una festa non semplice da comprendere.
Quando ero ragazzo mi dicevano che Maria è stata concepita senza peccato originale. Ma cos'è il peccato originale? Mi dicevano che ogni bambino nasce segnato da una colpa; una colpa ereditata fin dal principio della storia, quella di Adamo ed Eva, che non gli permette di essere figlio di Dio. Si parlava un tempo del limbo in cui il bambino non battezzato è destinato ad andare, un luogo in cui non può vedere Dio.
Ricordo che, quando ero ragazzo, ho scoperto che quando sono stato battezzato mia mamma non è venuta al Battesimo... mi ha consegnato alla madrina che mi ha portato a battezzare, poi era tornata dicendogli: "Ecco me l'hai consegnato pagano, te lo riporto cristiano" Ho saputo poi che in qualche regione d'Italia si diceva addirittura: "Me l'hai consegnato figlio del diavolo, te lo riporto figlio di Dio".
E capite che crescendo tutte queste cose mi sembravano assurde. Come può, un bambino, nascere segnato dal peccato? Come può non essere del tutto innocente? Come può, Dio, condannarlo ad essere segnato dal peccato di uomini vissuti migliaia e migliaia di anni prima? E mi rispondevano: (ma sarà successo anche a voi quando facevate queste domande) "È un mistero, bisogna credere"… poi ho trovato qualcuno che mi ha aiutato a capire e quello che cercavo di buttar via come un mito insensato, è diventato, per me, qualche cosa di importantissimo per capire la nostra vita e la fede.
Vedete, io sono convinto (come molti, del resto, spero anche come molti di voi) che un bambino nasce completamente innocente, figlio di Dio, amato da Dio, così tutti i bambini del mondo... non c'è nessuna differenza tra un bambino battezzato e un bambino non battezzato: sono tutti figli di Dio, tutti amati da Dio.
Ma... (e questo è il senso dei peccato originale, per quello che ho capito io) un bambino nasce innocente, ma non nasce in un mondo innocente. La sua vita sarà profondamente segnata dal peccato di coloro che lo hanno preceduto... generazioni e generazioni di uomini che hanno vissuto - almeno in parte - la violenza, l'ingiustizia, la sopraffazione, il disinteresse... addirittura il disinteresse e la violenza sui bambini e, questa negatività, questo peccato lo troverà - a volte - anche nella sua famiglia, in misura maggiore o minore. In tante parti del mondo il bambino di oggi subisce violenza: è il peccato di origine! Il peccato che non è suo, ma viene dalle profondità della storia.
C'è... (apro una piccola parentesi) anche un bene "originale", perché il bambino che nasce non trova solo un mondo segnato dal male, ma anche dal bene di tante persone che nel corso della storia hanno cercato la giustizia e l'amore. Un bambino nasce in un mondo che è segnato anche da Gesù di Nazareth.
Lasciamo da parte il bene originale e fermiamoci ancora un momento sul peccato originale, sul male originale; il male che non dipende da me, che io, quando sono venuto al mondo, ho trovato intorno a me e forse (dice qualcuno) anche dentro di me perché si è accumulato - addirittura -. nei cromosomi, nei geni che regolano la mia esistenza e allora... allora ci viene incontro Maria.
Lei - ci dice la tradizione - ha saputo andare oltre questo peccato originale e come ha fatto? Il Vangelo di oggi ce lo dice: aprendosi allo Spirito, al soffio di Dio, al vento che viene dall'Alto; aprendosi alla Parola del Signore. Lei ha saputo dire il suo sì. Sì a un progetto. Sì all'amore. Sì alla condivisione.
Leggete subito dopo quello che abbiamo letto oggi nel Vangelo di Luca e trovate che Maria - delle grandi parole dell'Angelo che le annuncia addirittura di diventare la madre del Figlio di Dio - sembra aver capito una cosa sola... c'è sua cugina in stato di avanzata gravidanza, è anziana, può aver bisogno di lei, si alza e parte.
Ecco l'attenzione all'altro, la condivisione, (se la parola vi piace) il servizio: questa è la vera risposta all'egoismo che in qualche modo troviamo intorno a noi e che - forse - ci portiamo anche dentro. La capacità di aprirci allo Spirito, di vivere il progetto di Dio. Anche noi possiamo dire: "Sia fatta la Tua volontà, nella mia vita venga il Tuo Regno".
Gesù nasce nel prossimo Natale, ma è necessario che nasca nella vita di ciascuno di noi e - come Maria - siamo invitati a fare spazio a Lui. Se facciamo spazio a Gesù ecco che siamo capaci di andare oltre il peccato d'origine, oltre quel peccato che c'è intorno a noi anche oggi e di cui - almeno in parte - siamo responsabili, perché in ogni casa i genitori sono in parte responsabili del peccato che pesa sui figli, sui ragazzi che crescono... lo sono gli insegnanti nella scuola...
L'egoismo pesa su chi cresce e - allora - siamo invitati in questo tempo di Avvento a guardare a Maria pensando: "Tu ce l'hai fatta, tu hai saputo accogliere Dio, tu hai fatto nascere Gesù; aiuta anche noi a farlo nascere - almeno un po' - nella nostra vita concreta". E allora anche noi vinceremo il peccato originale, andremo aldilà. Il peccato del mondo non diventerà il nostro peccato. Saremo capaci di dire il nostro sì, di aprirci allo Spirito, alla condivisione, all'amore, al servizio.
Il Signore ci aiuti
"In verità vi dico: fra i nati di donna non è III DOMENICA DI AVVENTO - 15 Dicembre 2013
sorto alcuno più grande di Giovanni Battista" Matteo 11, 2-11
Due considerazioni suggerisce la lettura che abbiamo appena fatto - forse - particolarmente importanti per qualcuno di voi.
Vedete - abbiamo ascoltato il grande elogio di Giovanni Battista. "Che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Più che un profeta!" Tra i nati di donna è il più grande... Non è una canna sbattuta dal vento, è un uomo tutto d'un pezzo, fedele a se stesso, che ha il coraggio di parlare anche ai potenti, il più grande tra i nati di donna eppure, lui, il più grande, ha un dubbio e manda i suoi discepoli a chiedere.
Non era lui che Lo aveva annunziato, là, sul Giordano?: "È il Messia, è il Figlio". E adesso perché ha un dubbio? Si aspettava - forse - il Messia potente che, secondo le sue parole, sarebbe venuto a bruciare tutto il male del mondo e a far risplendere i giusti come le stelle del cielo. Ma non succede niente e lo sperimenta sulla sua pelle. Il più grande tra i nati di donna ha un dubbio e allora... questo è importante per tutti noi.
Ho incontrato tante persone che avevano dei dubbi, dubbi di ogni specie e che si sentivano - a volte - per questo, angosciati. Ho ascoltato tante volte dirmi: "Padre, forse, ho perso la fede perché ho tanti dubbi, non capisco più, vedo soltanto oscurità". Ecco, anche Giovanni, anche il più grande tra i nati di donna, ha dubbi!
La vita del cristiano è attraversata dai dubbi e guai a chi non ha dubbi! Sono come quelle persone che credono di sapere tutto e diventano integralisti e intolleranti. La vita del credente è ricerca, è cammino, è tentare di superare il momento di smarrimento, di difficoltà che hanno provato tutti. Tutti i grandi santi della storia... - se leggete le loro vite - hanno provato momenti di smarrimento, di dubbio, di difficoltà nel credere.
C'è una seconda considerazione altrettanto importante. Qual è il dubbio di Giovanni? Non è certamente un dubbio di alta teologia! Il dubbio di Giovanni è molto concreto. Lui si aspettava che - finalmente - il bene avrebbe trionfato e invece subisce sulla sua pelle il moltiplicarsi del male... è in prigione, sta per essere decapitato. Dov'è Dio? Perché il giusto soffre? Perché non si rivela finalmente la potenza di Dio, la grandiosità del Messia?
E Gesù cosa gli risponde?: "Andate a dire a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano… i sordi odono, i morti risorgono, ai poveri è annunciato il Vangelo..." Non pensate ai prodigi. I miracoli del Vangelo son tutti simboli; simboli della vita concreta. Gesù dice: "Andate a dire a Giovanni, andate a riferire... c'è gente che pian piano nell'incontro con me ha aperto gli occhi, ha visto la speranza di un mondo diverso. C'è gente che era come paralizzata e ha ripreso a camminare, ha ritrovato la fiducia nella vita. C'erano persone che sembravano perdute come i pubblicani, le prostitute... hanno ricominciato a vivere, hanno ritrovato la dignità di essere persone umane... questo andate a dire a Giovanni e raccomandategli di non scandalizzarsi se sono solo piccoli segni, perché il Regno di Dio non viene con potenza come lui si aspettava... piccoli segni che camminano nella storia, piccoli segni che danno speranza, che aiutano l'uomo a camminare e ad andare avanti: questi i segni che Giovanni deve essere capace di vedere per conservare la speranza nel suo cuore, gli danno la capacità di guardare avanti".
Per capire questo, ripensate alla vostra vita... Chi vi ha aiutato a sperare? Chi vi ha aiutato a superare un dubbio? Chi, in un momento di difficoltà, vi ha messo una mano sulla spalla! Chi vi ha detto una parola di speranza! Chi vi ha fatto sperimentare la dolcezza, la tenerezza, lo starvi vicino in un momento di malattia - magari - quando il futuro sembrava smarrito... avete avuto accanto qualcuno che dedicava a voi il suo tempo, la sua tenerezza!
Oppure, in certi momenti di smarrimento, avete avuto accanto qualcuno che vi ha aiutato a vedere, a capire. Qualcuno che vi ha aiutato ad ascoltare in certi momenti in cui vi sentivate perduti, avete sentito una mano che vi risollevava e vi faceva andare avanti: ecco i segni del Regno che viene, ecco i segni della presenza di Gesù.
E allora - vedete - da questo ne deriva anche un compito per noi, perché oggi siamo noi quelli che possiamo dare speranza a chi ci sta intorno. Siamo noi i "segni" che possono rendere possibile a chi ci sta accanto di superare la difficoltà e il dubbio.
Non servono tante parole; serve una mano messa sulla spalla, serve il far sentire la tenerezza e la possibilità di credere ancora, nonostante tutto, nella giustizia, nel bene. Serve aiutare a vedere intorno i segni che ci sono del bene... non tutto va male! Dobbiamo sentirlo, vederlo, crederci, sperimentare ed esserne anche noi testimoni vivi.
Vedete, il dubbio fa parte della vita cristiana. Qualunque dubbio vi portiate nel cuore ringraziatene il Signore e cercate i segni intorno a voi... i segni della speranza, del coraggio e sperimentate in Gesù, che viene, la vicinanza di Dio anche nel momento di smarrimento, di difficoltà...
Non il Dio che mi risolve i problemi; non è un tappabuchi, Dio, ma mi cammina accanto, mi prende per mano, mi fa sentire la sua tenerezza, può aiutarmi ad aprire gli occhi, può sollevarmi per camminare ancora: ecco cos'è essere cristiani.
Non è semplice, sempre... ma vi ricordo... vi ricordo con tutto il cuore... se avete dubbi, se avete difficoltà non sgomentatevi: è "questa" l'unica condizione del cristiano, non ce n'è un'altra: camminare, cercare i segni, i semi che spuntano... non avviene tutto d'un colpo; siamo noi invitati a far nascere il Signore. Siamo noi invitati ad essere testimoni di speranza. Siamo noi che possiamo porre - per chi ci sta accanto - i segni della tenerezza, della giustizia, dell'amore.
Il Signore ci aiuti
"Giuseppe, non temere di prendere Maria, IV DOMENICA DI AVVENTO - 22 Dicembre 2013
tua sposa... ella darà alla luce un figlio Matteo 1, 18-24
e tu lo chiamerai Gesù".
L'esperienza del tutto unica ed eccezionale di Giuseppe, (almeno per quello che leggiamo nel Vangelo, non sappiamo con esattezza cosa sia avvenuto) ci aiuta a capire qualcosa della nostra vita, del senso della nostra esperienza e ci può a preparare al Natale.
Allora diamo uno sguardo a Giuseppe, con gli occhi della fantasia, a questo giovane uomo che sta preparando il suo matrimonio, pieno di entusiasmo come si conviene. Sogna la sua famiglia, la sua casa... è un piccolo falegname, ma ha un po' di benessere, forse può preoccuparsi di preparare una bella casa; vuole bene alla sua donna, si aspetta - come usava a quel tempo - una grande famiglia con almeno una decina di figli a rallegrare la sua casa.
Come tutti i giovani pensa di essere quasi onnipotente; tutto dipende da lui, dal suo entusiasmo, dal suo coraggio nel preparare perbene tutte le cose… a un certo punto l'imprevisto, qualcosa che sconvolge la sua vita: la sua donna è incinta e non dipende da lui!
È preso dall'angoscia, non sa più cosa fare, è uomo giusto e quindi sa che deve osservare la legge e la legge ordina che una donna così deve essere ripudiata e lapidata. D'altra parte le vuole bene e non capisce... trova una scappatoia, pensa di rimandarla in segreto. Deve venire l'Angelo a dirgli qual è la sua strada, il senso della sua vita. Questa vita che è stata sconvolta prende un senso nuovo, diverso, che richiede da lui tutto lo stupore, la meraviglia, l'accoglienza, il fare spazio a qualche cosa che non dipende da lui. Deve rinunciare alla sua volontà di onnipotenza, deve adeguarsi alle condizioni della vita, alle circostanze.
Pensate bene... questa è una condizione molto comune tra noi uomini. Chi di voi non ha fatto - qualche volta - l'esperienza di una circostanza esterna che veniva a turbare la sua vita, a sconvolgerla? Un lavoro che si perde o che si trova in un'altra parte, dei colleghi che non si aspettavano, una malattia, la fortuna di incontrare una persona - addirittura - una vincita a qualche lotteria... insomma qualche circostanza che cambia la nostra esistenza e viene lo smarrimento, non si capisce più.
Cosa devo fare adesso? Come comportarsi? Cosa è giusto, cosa è sbagliato? E il problema che abbiamo noi - a differenza di Giuseppe - è quello di non avere un "angelo". Non c'è qualcuno - da fuori - che ci può dire qual è la strada, che ci può ordinare il cammino. Forse, se siamo stati fortunati, abbiamo incontrato qualche "angioletto" di quelli piccoli, che ci dava un consiglio, ci aiutava a ritrovare il cammino.
Quello che si richiedeva da noi era tutto il coraggio di affrontare un'altra situazione, è il deporre la sindrome dell'onnipotenza. Quante volte, nel corso della mia vita, ho preso in giro i nostri ragazzi, quasi tutti afflitti dalla sindrome dell'onnipotenza. Pensano che tutto dipenda da loro e poi si trovano ad affrontare situazioni che non dipendono affatto da loro... vengono dal caso, dalle circostanze, dagli altri e ci vuole il coraggio dell'adattamento, dell'accettazione...
E la stessa cosa capita a noi in questi giorni... prepararci al Natale significa accogliere Gesù. Forse inaspettato, forse diverso da come lo sogneremmo, anche nel concreto della nostra casa, del nostro celebrare il Natale.
C'è un'altra riflessione che l'avventura eccezionale, unica di Giuseppe può suggerirci. Giuseppe è invitato ad accogliere un Figlio che non è suo, a fare il padre di un Figlio che viene da un'altra dimensione. Ma se ci pensate... tutti i figli vengono da un'altra dimensione. Nessun figlio è figlio soltanto del papà e della mamma... è figlio della storia, è figlio della vita, per chi crede è figlio di Dio.
Qualche giorno fa un bambino di prima elementare tornava a casa dalla scuola, la maestra gli aveva probabilmente parlato del Natale e ha detto al papà: "Tu non sei il mio papà, sei il mio secondo papà perché io ce ne ho un altro!". Ci si rimane un po' male a sentire un bambino che dice: "Tu non sei il mio papà" E, poi, si sorride e se si è saggi si dice: "Ma, in fondo, ha ragione! Io sono il suo secondo papà! Questo figlio è mio, ma non è mio, viene da un'altra dimensione. Prima di essere mio è Suo, porta in sé l'impronta di Dio ".
"Mio" può essere un paio di occhiali, un orologio, ma non un'altra persona. Un'altra persona è prima di tutto di se stessa, deve andare per la sua strada, non posso farla a mia immagine e somiglianza, non posso imporre il mio modo di vedere... è uno dei drammi delle famiglie, dei bambini che crescono, si vorrebbe che fossero in un certo modo e - spesso - dentro si portano un'altra vocazione, un'altra dimensione e ci vuole tutto lo stupore, la meraviglia, l'accoglienza, la capacità di intuire, di capire, di fare spazio.
Quello che vale per un figlio vale per un parente, un amico… nessuno può essere "mio".
Abbiamo un Figlio che nasce per tutti noi a Natale e anche questo Figlio - forse - è diverso da come ce lo aspettiamo e non possiamo farci Gesù a nostra immagine e somiglianza. Gesù richiede dal nostro cuore lo stupore, la meraviglia, l'accoglienza, il fare spazio… così come Giuseppe ha saputo fare spazio a un Figlio che non era suo, ma che è diventato suo perchè lui l'ha tirato su, l'ha seguito, l'ha accompagnato e, forse, un giorno (chissà se viveva ancora, Giuseppe) l'ha visto partire. Gli aveva insegnato con tanta passione il lavoro di falegname… Gesù ha detto: "Basta, vado per un'altra strada". E anche Giuseppe ha dovuto dire: "Sì". Ha dovuto lasciarlo andare, lasciarlo partire perché quel Figlio non era suo!
Ma non era suo come tutti i figli del mondo, perché ogni figlio prima di essere figlio del papà e della mamma è figlio della storia, è figlio della vita, è figlio di Dio.
Il Signore ci aiuti a fare spazio a Gesù, è il Figlio che nasce per noi, diverso - forse - da come ce lo aspettiamo. Prepariamoci con tutto lo stupore e l'accoglienza di Giuseppe. Non abbiamo bisogno di "angeli", ci basta guardare Gesù e accoglierlo nella nostra esperienza.
Il Signore ci aiuti
"...vi annuncio una grande gioia: NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2013
oggi è nato per voi un Salvatore Luca 2, 1-14
che è Cristo Signore".
Credo che abbiate tutti fatto o cominciato a fare festa, vi siete scambiati i regali; qualcuno sarà un po' appesantito dal troppo cibo di ieri sera e le signore saranno ben stanche... e non è finita perché oggi debbono ancora lavorare, spero che abbiate fatto tutto con abbondanza e anche con un po' di spreco, senza preoccuparvi delle solite prediche che anche quest'anno avete dovuto ascoltare sul Natale consumistico. Alla festa si addice anche un po' di scialo, un po' di spreco!
Lo ricordate...? Quando Gesù ha moltiplicato il pane per la sua gente, sono state avanzate ben dodici ceste; tutta roba sprecata, ma la festa è festa e bisogna che avanzi qualcosa e oggi continuerete a fare festa. Penso che tutti sappiate che l'ideale del credente non è la povertà, ma l'abbondanza e la festa… per tutti.
Ma ora dobbiamo tentare di andare al cuore di questa festa. Allora fate appello a tutta la vostra fantasia e con gli occhi incantati dei bambini cerchiamo di andare in quella notte, anche noi ci mettiamo in cammino e per prima cosa (per noi potrebbe essere necessario) guardate il cielo, un cielo pieno di stelle, (come noi non siamo più abituati a vedere) siamo ai limiti del deserto, una notte stellata, luminosissima e tra le stelle una particolare, un segno di luce che ci guida, che andiamo cercando, inseguendo, affamati e assetati di senso, desiderosi di luce, seguiamo questa stella e ci porta davanti a una piccola capanna e, lì, una giovane donna e un Bambino.
Fermatevi un momento a guardare Maria, Giuseppe, il Bambino. Un Bambino appena nato, un piccolo cucciolo d'uomo e adesso forse gli occhi incantati dei bambini non vi bastano più. Provate a chiedere a Maria che vi dia i suoi occhi di mamma.
Ho incontrato tante volte delle persone che mi hanno detto: "Il momento in cui ho sentito Dio più vicino nella mia vita è stato quando ho potuto stringere per la prima volta tra le braccia mio figlio".
Ecco, gli occhi della mamma e chiedete a Maria che vi metta tra le braccia, un momento, Gesù. Un momento solo, non stringetelo forte: è un piccolo cucciolo d'uomo appena nato, indifeso, non può nemmeno aprire gli occhi, un soffio di vento un po' più forte potrebbe spegnerlo. Tenetelo tra le braccia, stringetelo un momento... in quel Bambino si manifesta Dio. In quel Bambino si manifesta l'amore di Dio per noi. In quel Bambino possiamo sentirci amati. In quel Bambino possiamo sentire tutta la tenerezza, la vicinanza di Dio alla nostra vita.
Non fate propositi, non promettete di essere più buoni: non è il momento! Questo è soltanto il momento di guardare, di stringere tra le braccia. Il momento di vivere la tenerezza, di sentirsi amati. Verrà il tempo di fare i buoni propositi - magari - il primo dell'anno, ma adesso, no.
Adesso guardate, accarezzate, adesso sentitevi amati. L'amore di Dio può riempire la nostra vita, possiamo gustare la tenerezza di Dio… poi chiudete gli occhi e ascoltate il canto degli angeli, la voce che viene dall'Alto, una voce che ci annunzia la pace.
E il desiderio di pace, di tenerezza, il desiderio di amore può trovare spazio nel nostro cuore stasera; possiamo farlo nostro, il resto viene dopo.
Stanotte è tempo di guardare, è tempo di stupore, è tempo di meraviglia, è tempo di prendere tra le mani Gesù e di sentirci amati. Amati così, da un piccolo Bambino indifeso che può soltanto piangere e gridare. Un Bambino affidato alla passione del nostro cuore. Un Bambino in cui possiamo fare tutta l'esperienza dell'amore e della tenerezza di Dio.
Il Signore ci aiuti
"Alzati, prendi con te il bambino e SANTA FAMIGLIA - 29 Dicembre 2013
sua madre e va' nella terra d'Israele..." Matteo 2, 13-15. 19-23
Quando ero bambino, a casa e anche in chiesa mi proponevano spesso Gesù come modello di ubbidienza; sempre buono, ubbidiente, rispettoso; ad ogni marachella che capitava di fare mi dicevano: "Non sei come Gesù, lo fai soffrire, Lui ubbidiva sempre".
Poi, andando avanti nell'età, anche a scuola cercavano di inculcarmi l'ubbidienza e, anche quando sono entrato in seminario, uno dei valori che sembrava importante, era proprio quello dell'ubbidienza. Bisognava fare - addirittura - un voto di ubbidienza.
Quello che è successo a me, ho constatato che è successo a molte persone. Mi è capitato (se volete sorridere) di incontrare alcune persone molto anziane che venivano a confessarsi e, come bambini, ripetevano: "Ho disubbidito". Veniva la tentazione di chiedere: "A chi...?" Forse a qualche figlio, a qualche nipote. L'ubbidienza se non la prima era certo una delle virtù più importanti.
Poi ci siamo accorti che qualche maestro ci insegnava che "l'ubbidienza non è più una virtù" e - soprattutto - abbiamo scoperto (non è capitato solo a me) che a leggere bene il Vangelo, Gesù, si potrebbe chiamare "il grande disubbidiente".
Ha disubbidito a tutti! Se leggete il Vangelo di Luca vedete che quando aveva soltanto dodici anni ha lasciato i genitori, è rimasto a Gerusalemme per occuparsi delle "cose del Padre suo". Secondo il Vangelo di Marco, Gesù, diventato più grande, se ne va di casa, all'improvviso forse, tanto che Maria e i fratelli debbono andare a cercarlo pensando che sia diventato matto e quando Lo trovano e chiedono di parlare con Lui... Gesù dice: "E chi è mio fratello, chi è mia madre? Quelli che fanno la volontà di Dio!". E quelli, poveri, rimangono fuori.
Ha disubbidito ai suoi discepoli... a Pietro quando cerca di portarlo su un'altra strada, Gesù dice: "Sta lontano da me, Satana!". Ha disubbidito alla folla: quando cercavano di farlo Re, Lui è andato da un'altra parte. Ha disubbidito all'autorità politica del suo tempo, all'autorità religiosa. Ha contestato il tempio. Ha contestato le minuzie della legge, tutte le regole affermando, con forza, che non è l'uomo fatto per il "sabato", per la legge, per la tradizione; ma la legge, la tradizione sono a servizio dell'uomo. Per Lui l'ubbidienza si deve soprattutto a Dio! E ai valori, ai principi, ai sogni che si portava nel cuore e, a questa ubbidienza, è rimasto fedele fino in fondo!
E non la chiamerei più ubbidienza, ma fedeltà. La fedeltà a Dio che si manifesta nel concreto della vita. Sapete che Dio in astratto non si può amare, lo si ama nelle persone che sono intorno a noi e Gesù è stato fedele a tutti... ai bambini, ai malati, ai suoi discepoli… anche quando non Lo capivano, anche quando Lo hanno tradito e abbandonato è rimasto fedele.
È rimasto fedele alle circostanze della sua vita... lo avete ascoltato nel Vangelo di oggi, appena bambino è dovuto fuggire... e poi tante difficoltà e opposizioni che l'hanno portato fino alla morte e alla morte di croce ed è rimasto fedele fino in fondo, fedele a Dio, ai principi che aveva nel cuore: ecco, alla fedeltà dovremmo essere educati tutti noi credenti.
Provate ad immaginare come sarebbe stato diverso il secolo scorso se i cristiani, invece che essere educati all'ubbidienza; all'ubbidienza allo stato, alla legge, al dittatore... fossero stati educati alla responsabilità. Educati ad ubbidire a Dio, prima che all'uomo, educati a non accettare leggi che disprezzano l'uomo, che discriminano l'uomo: ecco, l'educazione del credente non è principalmente all'ubbidienza, ma alla fedeltà.
Alla fedeltà alle circostanze, fedeltà alla gente che ci vive accanto... fedeltà che è fatta di tenerezza, di rispetto, di accoglienza.
Nella mia esperienza... i superiori che ho avuto non comandavano; non era quello il problema, il problema era ubbidire alla vita, alla gente che avevo intorno, alle circostanze in cui mi sono trovato a vivere e, dentro le circostanze e di fronte a quelle persone, rendere concreti i principi che mi portavo nel cuore, il senso di Dio che andavo scoprendo.
Ecco, educarci, educare alla fedeltà non all'obbedienza… ma non è facile.
Il Signore ci aiuti
E il Verbo si fece carne e venne II DOMENICA dopo NATALE - 5 Gennaio 2014
ad abitare in mezzo a noi... Giovanni 1, 1-18
Alcuni gruppi delle prime comunità cristiane hanno una forte esigenza di chiarire, di definire, attraverso parole astratte, la realtà di Gesù di Nazareth e attraverso Lui, di Dio. Hanno bisogno... - vengono da un mondo greco - di parole precise, di definizioni.
Ne avete un esempio luminoso nel testo che abbiamo appena letto: "Gesù è il Verbo, il Figlio unigenito, in Lui è la luce, la grazia, la verità" e dall'altra parte ci sono le "tenebre". Parole astratte che per loro sono particolarmente importanti. Questo modo di pensare, questo bisogno di definire, di precisare ha attraversato la storia della Chiesa fino ai nostri giorni.
Il Credo che si recita normalmente la domenica lo conoscete tutti: "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre..." vedete tutto il bisogno di precisare sempre di più, di definire la realtà di Gesù di Nazareth.
E, questo, arriva fino al catechismo che molti di noi, da bambini, hanno imparato a memoria (forse qualcuno lo ricorda) "Chi è Dio? Dio è l'Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra". "Chi è Gesù? La seconda Persona della santissima Trinità, il Figlio di Dio fatto uomo". Imparavamo a memoria queste formule, senza - evidentemente - capire niente.
Sono parole grandi che a noi, che viviamo nel 2014... (a molti di noi, non diciamo a tutti) ormai sono morte sulle labbra, non ci dicono più niente, non esprimono la nostra fede.
Posso farvi un esempio... Se qualcuno di voi mi domanda: "Tu chi sei?" E io gli rispondessi: "Bah... è chiaro! Sono un uomo, un animale razionale, sono un sacerdote, un ministro della Chiesa". Chi mi ha fatto la domanda - probabilmente - si sentirebbe preso in giro. Lui vorrebbe sapere qualche cosa di me, dei miei pensieri, del mio carattere e, allora, l'unico modo che avrei di comunicargli qualche cosa è raccontare... raccontare storie, episodi della mia vita, raccontare i miei pensieri - a volte - in maniera simbolica e, poi alla fine.... dopo un cammino che, come potete immaginare, sarebbe molto lungo... ormai ho settantasette anni, per raccontare la vita fin da bambino ci vorrebbe tanto tempo, alla fine avrebbe intuito qualche cosa, ma non avrebbe capito chi sono veramente io. Anche perché chi sono veramente, non lo so nemmeno io! Non sono ancora riuscito a capirmi e, quello che ero ieri, non sono oggi e, quello che sono oggi, non sarò domani: si cambia! L'unico modo per comunicarvi qualche cosa sarebbe raccontare e voi continuereste a cercare e, venendo qui domani, mi domandereste: "Ma tu chi sei?"
Se questo vale nei miei confronti, nei confronti di ciascuno di noi... quanto di più può valere per Gesù di Nazareth, quanto di più per Dio? Il Mistero oltre le parole!
E allora - vedete - dobbiamo ritornare (per quello che ho capito io) ai Vangeli, alla maggior parte dei Vangeli che, come sapete, raccontano, narrano episodi, storie; ricordano parabole, fatti spesso simbolici. Ci parlano attraverso simboli che ci lasciano intuire qualche cosa e, se poi qualcuno mi domandasse: "Ma tu hai capito veramente, fino in fondo, chi è Gesù?" Risponderei: "Non ho capito me stesso, come faccio a capire Lui fino in fondo?". Continuerò a cercare, a tentare di intuire attraverso la narrazione, il racconto, i ricordi.
C'è un altro modo (se ci pensate) di raccontare. Questo può valere per i vostri nipoti, i vostri figli. Mi dicevano - prima - due nonni: "Sì, in fondo hai ragione... l'unico modo che abbiamo è quello di raccontare, di narrare storie".
Narrare storie e narrare esperienze. Come posso - ciascuno di noi - raccontare a un nipote in che modo, Gesù, è stato per me luce, mi ha indicato la strada. Come da Lui mi sono sentito liberato. E - vedete - ancora racconteremmo storie.
II Vangelo parla di tenebre, di "tenebre che non hanno accolto Gesù". Qual è la mia esperienza delle "tenebre"? Direi di stare attenti perché qualche volte ti dicono, come a me hanno detto, che ci sono persone che vivono pienamente nella luce, potrei farvi molti esempi: santi... che noi celebriamo... predicavano crociate, invitavano a trucidare migliaia di persone, bruciavano eretici...
E, poi, c'erano delle persone che a me dicevano che erano quasi come il diavolo... (vi faccio solo un esempio) pensate a Voltaire... Provate a leggere "il Candido" e vi ritrovate di fronte quasi a un santo, a una persona straordinaria e, allora, chi ha accolto veramente ricevuto Gesù, dove stanno le tenebre e dove sta la luce? E questo vale anche per la nostra esperienza personale: quanti che si dicono veri cristiani, si manifestano poi persone dal cuore duro, chiuso e quanti che sembrano rinnegare Gesù poi vivono i suoi valori più di altri. A volte le tenebre stanno dove non te le aspetti e - a volte - la luce non sta in chi va sempre in chiesa e sembra professare la fede.
Ecco - vedete - è complessa la vita e allora se posso trarre una conclusione... raccontate, raccontiamo. Raccontiamo le storie di Gesù e raccontiamo le nostre esperienze e raccontiamole sottovoce senza pretendere che siano assolute e non stanchiamoci di cercare, perché Gesù è aldilà di ogni parola.
E non c'è da meravigliarci perché ciascuno di noi è aldilà di ogni parola, nessuno di voi può essere ridotto a parole. Non abbiamo che il racconto, la narrazione per tentare di intuire qualche cosa dell'altro... è un racconto che non finisce, una ricerca continua per tentare di intuire - in qualche modo - chi è Gesù e - soprattutto - chi è Gesù per me, in che modo Gesù è per me libertà, luce, grazia, in un cammino che non finisce mai.
Il Signore ci aiuti
Al vedere la stella provarono una gioia EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2014
grandissima...videro il bambino con Maria Matteo 2, 1-12
sua madre, si prostrarono e lo adorarono.
Dicevamo ieri che molti di noi non amano le parole astratte, le definizioni, la maggior parte di noi preferisce i racconti, le storie, le immagini, i simboli. Nella pagina che abbiamo letto oggi, troviamo - forse - il più bel racconto del Nuovo Testamento. Un racconto che è un simbolo della nostra vita di credenti, della nostra fede, uno dei simboli più belli del Vangelo
Certamente voi sapete che non val la pena interrogarsi su chi siano i Magi, andare a cercare... (come qualche volta si sente fare alla radio, alla televisione) quale sia la stella apparsa nel cielo: questa stella è un simbolo! È chiaro che una stella che attraversa il cielo, si ferma su una capanna non può essere un astro celeste.
Quello che abbiamo letto è un simbolo della nostra vita e ciascuno di noi può ritrovarcisi dentro. II credente è un inseguitore di luce. È uno che va cercando il senso della propria vita, i valori essenziali, qualche cosa che illumini il suo cammino, che dia senso agli avvenimenti, ai fatti, ai sentimenti del proprio cuore.
E - come avete ascoltato - questa luce... - che ci sembra di intuire, vedere - qualche volta scompare. Quando si entra in città i Magi non vedono più la luce... la ritrovano dopo con "grandissima gioia", ma scompare... perché scompare? Nella città (lo avete ascoltato) c'è Erode: la violenza di Erode, che cercherà il Bambino, ma per ucciderlo: è il simbolo di tutta la violenza che c'è nel mondo.
Qualche volta capita (penso capiti anche a voi) che ci guardiamo intorno con occhi smarriti e ci chiediamo: "Dov'è il bene? Dov'è la luce in questa terra così piena di violenza, di ingiustizia? Come possiamo camminare ancora?".
La luce sembra scomparire, ma i Magi continuano a camminare e a cercare.
Nella città c'è anche la "folla" che si turba insieme ad Erode. La folla è sempre così, e il nostro rischio è la "folla". Quella folla che ondeggia, non cerca, non pensa, va dietro al primo che grida, che è facile all'applauso come al "crucifige". Rischiamo di essere travolti da questa folla.
All'inizio di questo anno (posso farvi una raccomandazione e ve la faccio di cuore) non fate parte della "folla", non applaudite il Papa, i vescovi, i preti, il politico che grida, senza prima pensare, applaudite solo se ne siete convinti e se l'applauso viene dal vostro ragionamento, dalla vostra adesione convinta... non a un gesto, ma a un modo di fare, di pensare.
Ecco, il cristiano cerca di andare aldilà della "folla", continua a camminare, esce dalla "città", in cui c'è la violenza, in cui c'è la folla che si agita.
Non solo... nella "città" ci sono i sapienti, o meglio i saccenti... quelli che pensano di sapere tutto, che hanno la risposta pronta, sanno dire dove nasce il Cristo, ma nessuno si muove! Non hanno l'animo della ricerca, del camminare, dell'interrogarsi, dell'inseguire - anche loro - una luce.
Troviamo - anche noi - oggi, tanti saccenti in tutti i campi... nella Chiesa e fuori della Chiesa, nella scienza e fuori della scienza... tanta gente che pensa di sapere tutto, di avere una risposta su tutto.
Il credente si porta nel cuore la sua ricerca - a volte - il suo dubbio e continua a camminare e può riscoprire - come i Magi - con grandissima gioia, la luce e fermarsi di fronte alla capanna... un piccolo Bambino indifeso.
Avranno pensato - questi Magi - arrivando lì dopo tanto cammino: "Ma è tutto qui? Cercavamo il Re, il Signore potente, quello che avrebbe conquistato il mondo - secondo le antiche Scritture - e ci troviamo un Bambino in una semplice capanna... tutto qui!".
Anche noi siamo tentati - a volte - guardando il Signore Gesù di dire: "Tutto qui?" Ci aspettiamo il Signore potente, ci aspettiamo - a volte - la chiarezza, ci aspettiamo la sicurezza del nostro cammino e della nostra vita... "Tutto qui!?"
Sì! In quel Bambino piccolo, indifeso noi facciamo esperienza dell'amore di Dio che ci viene accanto così, non come il Signore, glorioso, potente che risolve i problemi, ma come il Bambino che cresce con noi, ci cammina accanto, accompagna la nostra ricerca di luce e di bene e seguendo Lui possiamo intravedere qualche cosa della Luce, senza pensare mai di essere arrivati, sempre continuando a camminare, a cercare, a interrogarci, ad ascoltare chi ci sta accanto, perché la luce di Dio si manifesta anche attraverso le persone che ci stanno intorno, che vivono con noi.
Continuiamo a cercare, a camminare e ad offrire i nostri doni. Il dono più prezioso che abbiamo siamo poi noi stessi: il nostro cuore, la nostra buona volontà, il nostro tentare di aprirci agli altri, il nostro sforzo per costruire la pace dentro di noi, intorno a noi, nelle nostre case, il dono della nostra vita, il dono di quello che abbiamo - a volte - poco. A volte come la vedova del Vangelo soltanto una piccola "moneta" da mettere nel tesoro della vita, perché le forze (per chi ha i capelli bianchi) vengono meno, la vita si fa piccola... eppure ancora un sorriso, ancora una carezza la possiamo donare. Ed è questo quello che conta, è questo il dono che possiamo portare...
Là, dove incontriamo la luce di Gesù, noi portiamo noi stessi, il nostro cuore, il nostro dono, la nostra offerta.
Il Signore ci aiuti
Non griderà né alzerà il tono, non BATTESIMO DEL SIGNORE - 12 Gennaio 2014
farà udire in piazza la sua voce, non Isaia 42, 1-4. 6-7 Matteo 3, 13-17
spezzerà una canna incrinata…
"Questi è il Figlio mio, l'amato…
A volte per intuire qualche cosa del Vangelo conviene fare ricorso a tutta la nostra fantasia, immaginare situazioni del tutto irreali che - forse - ci aiutano a capire qualche cosa di quello che abbiamo letto. E - allora - uno sforzo di fantasia (più facile - forse - per chi ha i capelli bianchi).
Immaginate di partecipare (una volta si faceva) a una grande riunione in cui è venuto - da fuori - un predicatore, di quelli importanti, per preparare la gente alla confessione pasquale. E immaginate che ci sia parecchia gente, la chiesa piena e che troviate seduto vicino a voi un signore, vestito un po' dimessamente, che non conoscete, probabilmente di passaggio, viene forse da qualche piccolo paese dei dintorni. Ha le mani callose di un operaio, forse un falegname.
E immaginate che il predicatore (come usava un tempo, ma mi dicono che succede anche oggi, qualche volta) alzi la voce e gridi e minacci il castigo di Dio e, prendendo spunto da qualche disgrazia accaduta: un terremoto, un'alluvione: "Ecco il segno di Dio, il dito di Dio... se non ci convertiamo Dio ci punirà tutti!" Un po' quello diceva Giovanni il Battista a suo tempo.
E immaginate che questo signore accanto a voi scuota un po' la testa e - se poteste leggere i suoi pensieri - vedreste che...: "Ma perché grida tanto, che bisogno c'è di urlare e perché mettere nel cuore della gente la paura di Dio? Ma è proprio vero che Dio deve mettere paura, che dobbiamo avere sempre paura del giudizio, della condanna?"
Oppure immaginate che questo predicatore sia un po' diverso, abbia la voce dolce, melliflua, accattivante e che dica che il cristiano deve essere capace di amare fino in fondo, non deve essere attaccato alle ricchezze, deve vivere la povertà. Deve essere accogliente verso gli altri. Deve aprire il proprio cuore a tutti. Deve vivere la generosità e l'amore verso tutte le persone che incontra.
E immaginate sempre di poter leggere i pensieri di quel signore che vi siede accanto e che pensi: "Amare fino in fondo... forse qui c'è qualcuno che non è capace, che è come una "canna incrinata", come un "lucignolo" che appena fumiga... forse è capace di dare soltanto un bicchiere d'acqua a chi gli sta accanto, di fare una carezza... che motivo c'è di mettergli un peso sul cuore, perchè se non rinuncia a tutto, se non ama fino in fondo non è gradito al Signore? Forse gli si dovrebbe parlare della tenerezza di Dio, della carezza che anche lui può dare, di un bicchier d'acqua, prezioso, nella vita di oggi".
E - poi - immaginate che questo signore insieme a voi si metta in cammino verso il confessionale per ricevere l'assoluzione. E - adesso - immaginate che venga un angioletto di quelli del cielo a sussurrarvi all'orecchio: "Guarda che oggi - in questa chiesa - si è manifestato Dio! Ha cominciato la sua missione il Messia, il Figlio".
Sareste un po' turbati e vi domandereste: "Chi è? Forse il predicatore che gridava il castigo? Forse quell'altro che ci invitava ad un amore totale o - forse - il sacerdote che assolve?" E l'angioletto con un sorriso vi avrebbe detto: "Quello che ti sta accanto! Quello che cammina con te, il falegname: è Lui, in Lui si manifesterà Dio".
Lui non griderà, non alzerà la voce, non metterà pesi sul cuore della gente. Lui è venuto per camminarti accanto e anche se hai il cuore pesante, Lui ti prende per mano e, anche se puoi dare soltanto un bicchiere d'acqua o fare soltanto una carezza, Lui ti sorriderà e ti dirà: "Basta, basta così!". Ecco, così si manifesta Dio!
Anche oggi - come allora - possiamo riconoscere Dio nel falegname di Nazareth che viene in mezzo ai suoi senza gridare, senza alzare la voce e preferisce camminare insieme ai peccatori - anzi - far festa con loro. Lo trovate tante volte a pranzo con la gente che ha il cuore pesante, nel tentativo di dare speranza, di rimettere un cammino e a chi gli dirà: "Guarda, ho solo una "moneta" da mettere nel tesoro della vita, ho solo un bicchier d'acqua da dare..." . "Basta, basta! Abbi fiducia in Dio, sentiti amato da Lui: questo è importante per essere credenti. Io sono venuto non per giudicare, per condannare, ma per camminare con te, per starti vicino e quando hai sbagliato, per metterti una mano sulla spalla e invitarti a rialzarti ancora". Così si manifesta Dio!
Dubitate di quelli che predicano, di quelli che alzano la voce, di quelli che vi dicono che non siete sufficientemente buoni e fidatevi di Gesù. II suo peso è dolce e il suo carico è leggero. Non lo dico io, l'ha detto Lui.
Il Signore ci aiuti.
Giovanni, vedendo Gesù venire II DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Gennaio 2014
verso di lui, disse: "Ecco l'agnello Giovanni 1, 29-34
di Dio, colui che toglie il peccato
del mondo".
Se vi chiedessi: "Cos'è il Vangelo?" Molti di voi - probabilmente - mi risponderebbero: "La vita di Gesù, il racconto della sua storia". Ma - allora - avreste difficoltà di rispondere alla domanda: "Perché abbiamo ascoltato per ben due volte Giovanni Battista dire: io non lo conosco. Non è il cugino, non ha - secondo il Vangelo di Luca - esultato nel grembo della madre? Cosa significa che non lo conosce?". Ecco - vedete - se vi addentrate in queste domande non ne uscite più!
Il Vangelo non è la storia di Gesù. Il Vangelo è il racconto dell'esperienza che alcune persone hanno fatto di Lui. Chi lo ha incontrato è stato conquistato dalla sua personalità, affascinato da Lui, dalla sua vita e questa esperienza ce la raccontano attraverso parole, simboli che, a volte, sono per noi difficili da interpretare perché sono state scritte quasi duemila anni fa.
Allora dobbiamo tentare di intuire dietro queste parole qual è l'esperienza di questi primi cristiani... ed è una ricerca interessante perché - poi - corrisponde alla nostra esperienza, alla mia e credo anche alla vostra. Cosa c'è dietro questa parola di Giovanni che dice per due volte: "Io non lo conoscevo". C'è... (per quello che ho capito io) lo stupore dei primi cristiani che non conoscevano Gesù, non lo avevano mai visto.
Era un falegname che veniva da un piccolo sperduto paese all'interno e l'hanno incontrato e hanno cominciato a vedere i suoi gesti, le sue azioni, il suo chinarsi sul lebbroso, il suo andare incontro alla gente che aveva sbagliato, la sua libertà, il suo andare oltre la "folla", oltre le regole per cercare l'essenziale.
Poi hanno ascoltato le sue parole, le sue parabole, i suoi discorsi e pian piano hanno fatto esperienza di Lui e si sono convinti che in Lui si manifestava Dio.
Non solo, hanno fatto anche l'esperienza di essere portati aldilà del loro peccato. Forse c'è questo dietro quella frase enigmatica che Giovanni Battista dice: "Ecco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo". Gesù, il peccato del mondo non l'ha tolto! Il mondo è ancora pieno di peccato e - allora - che cosa può significare questo? Di nuovo l'esperienza di questi primi cristiani che si sono sentiti liberati dal male, liberati da un mondo pieno di violenza, di ingiustizia, di ingratitudine e portati sulla via del bene, della ricerca della giustizia, della gratuità e, quando hanno sbagliato, si sono sentiti Gesù accanto. Gesù che andava a cercare non la gente che si sentiva giusta, ma i peccatori, i pubblicani, le prostitute, e anche quando loro, come Pietro, hanno detto di non conoscerlo o sono tutti fuggiti, Gesù li ha riuniti di nuovo intorno alla tavola per mangiare con loro.
Ecco, questa è l'esperienza che hanno fatto i primi cristiani, ma, se ci pensate, corrisponde alla nostra esperienza.
Io posso accennarvi brevemente soltanto alla mia esperienza, posso dirvi che la fortuna più grande della mia vita è stato incontrare Gesù. Ho avuto la fortuna di incontrarlo fin da quando ero bambino. Ho incontrato Gesù sulle ginocchia di mia mamma, sulle spalle di mio papà e prima di tutto non attraverso le parole, ma attraverso i gesti, l'attenzione verso gli altri, il riferimento che facevano a Gesù di Nazareth.
Uno dei ricordi più antichi della mia vita è... veniva a casa nostra un signore molto alto, tutto vestito di nero che tendeva la mano... io non gli ho mai sentito dire una parola e la mamma diceva subito: "Presto, va' a prendere qualche cosa da mangiare, un'arancia...". "Mamma, è rimasto solo un arancia, io poi...". "Quando bussa un povero bussa Gesù!".
Così ho fatto esperienza di Gesù. Attraverso mia mamma, il suo modo di vivere, la sua attenzione agli altri, la sua tenerezza nei miei confronti, il rispetto per la mia libertà...
Poi ho avuto la fortuna di conoscere il Vangelo. Ho letto il Vangelo centinaia di volte, con persone anziane, con giovani, con bambini... sempre trovando qualche cosa di nuovo; perché una delle cose che può esserci dietro la parola di Giovanni: "Io non lo conoscevo" è che Gesù non si conosce mai completamente.
L'incontro con Lui è sempre una ricerca, il tentativo di scoprire qualche cosa di più ed è quello che è successo nella mia vita. Ogni volta che apro il Vangelo intuisco qualche cosa del rapporto che ho con Gesù. Anche per me, Gesù, è stato Colui che mi ha portato aldilà del peccato, alla ricerca della giustizia e del bene.
Quando ho capito di avere sbagliato, non ho sentito il suo giudizio, la sua condanna, l'essere respinto da Lui. Non ho mai avuto paura di Lui. L'ho sempre sentito accanto e mi rimetteva in cammino e mi ridava speranza.
"Ecco Colui che toglie il peccato del mondo": queste parole le avrà dette Giovanni...? Che importanza ha! È l'esperienza dei discepoli, è la "mia" esperienza, l'esperienza che "loro" hanno fatto di Gesù, che "io" ho fatto di Gesù e penso che l'avrete fatta anche voi: questo è il Vangelo!
L'esperienza di uomini di tanto tempo fa in cui possiamo ritrovare la nostra esperienza. L'esperienza di un incontro straordinario. La fortuna di avere incontrato Gesù. Ma questo non mi fa migliore degli altri. Una delle esperienze più forti della mia vita è di avere incontrato - man mano che crescevo - delle persone che erano atee, che qualche volta - addirittura - bestemmiavano il Signore, ma che erano migliori di me.
E posso dire: "Ho avuto la grande fortuna di incontrare il Signore. Non sarei disposto, per nulla al mondo, a perdere questo incontro che per me è stato importante, ha arricchito la mia vita, con i suoi valori, i suoi ideali... ma ci sono tanti che sono migliori di me e che forse senza saperlo hanno conosciuto i valori del Signore attraverso le persone che hanno incontrato... poi - magari - il nome di Gesù non lo nominano più, ma forse i suoi valori ce l'hanno nel cuore più di me".
Allora - vedete - quello che leggiamo nel Vangelo non è la storia di Gesù, non sono fatti, sono esperienze. Esperienze straordinarie. Possono essere le nostre esperienze e - allora - se volete testimoniare, con tenerezza, senza voler imporre niente, ai vostri figli, ai vostri nipoti... sappiate che potete testimoniare Gesù soltanto con i vostri gesti e poi con le vostre parole, cercando di offrire la vostra esperienza, sperando che anche loro possano avere la straordinaria fortuna di incontrare Gesù, per dire un giorno: "Io non lo conoscevo, ma ho avuto la fortuna di scoprire la bellezza, la grandezza della persona di Gesù e della sua parola, che ha arricchito la mia vita".
Il Signore ci aiuti
"Venite dietro a me, vi farò III DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 26 Gennaio 2014
pescatori di uomini". Matteo 4, 12-23
Avrete notato che nel Vangelo di oggi tutti si mettono in cammino: Gesù lascia Nazareth - la città dove è vissuto - e va a Cafarnao, comincia la sua missione. Passando lungo il lago chiama Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni, e lo seguono e camminano con Lui per tutta la regione.
Inizia il Vangelo il "lieto annuncio", la predicazione di Gesù e tutto si muove, tutto si mette in cammino: è la grande tradizione di Israele, la fede viene mostrata come un cammino, una strada, un mettersi in viaggio.
Tutti ricordate - penso - la storia di Abramo. Dio gli dice: "Esci dalla tua terra e va' verso la terra che io ti mostrerò. Lascia la terra degl'idoli, va' verso la terra della luce, ad incontrare Dio".
Allo stesso modo Giacobbe si mette in cammino e fa viaggi faticosi... deve attraversare lo Iabbok, deve - addirittura - lottare con Dio alla ricerca del senso della vita.
Ancora di più, è tutto il popolo che uscendo dall'Egitto si mette in cammino... Strada! Strada verso il futuro, la libertà, verso la ricerca di una terra dove "scorre il latte e il miele".
E anche nel Nuovo Testamento è cammino, è viaggio, dietro Gesù per far nostri i sogni del suo cuore, i suoi ideali, il suo modo di vivere; è viaggio alla ricerca della luce: "una grande luce è rifulsa" e dietro questa luce il cristiano va inseguendo Dio, il suo progetto, la sua realtà, "l'oltre" in cui abita.
È la ricerca di quello che è essenziale per la nostra vita e non solo... è cammino verso gli uomini, verso gli altri: "Venite con me vi farò pescatori di uomini" vi porterò in mezzo alla gente... là sarete testimoni di luce, di libertà, di accoglienza, di tenerezza, di vita. È la nostra fede!
Essere cristiani significa tentare di seguire Gesù, di farsi discepoli, di camminare con Lui.
Bisogna anche lasciare qualche cosa: Pietro e Andrea che "lasciano subito" le loro reti sono simboli! (Tra qualche pagina del Vangelo li ritroverete a pescare sul lago). Occorre lasciare qualcosa per seguire Gesù. Lasciare le proprie pigrizie, i propri immobilismi, le tradizioni che opprimono l'uomo... per andare alla ricerca della luce. Bisogna camminare, non bisogna dare nulla per scontato, bisogna muoversi alla ricerca dei valori essenziali che in Gesù scopriamo.
Bisogna lasciare qualcosa anche per andare incontro alla gente e non pensate a fatti straordinari. Essere cristiani significa andare incontro alle persone che abbiamo intorno ogni giorno in uno spirito di servizio, di attenzione, di tenerezza, di condivisione, senza aspettarsi di fare grandi cose. A volte possiamo dare solo un bicchier d'acqua, un gesto di tenerezza... è quello che conta!
La vita cristiana è viaggio, è cammino verso Dio alla ricerca di Lui. Alla ricerca della luce, del senso ultimo del nostro esistere ed è viaggio verso gli altri... Cammino, movimento, ricerca, attenzione, sguardo che si posa su chi ci sta intorno ogni giorno per capire cosa posso fare. Dove posso mettere la mia attenzione, la mia tenerezza, il mio dono, il mio servizio. Ecco, la vita cristiana, secondo le immagini che il Vangelo di oggi ci dona, è un mettersi in cammino, alla ricerca... ed è quello che cercheremo di fare in quest'anno che ci sta davanti, leggendo domenica dopo domenica il Vangelo...
Cercheremo di farci anche noi discepoli di Gesù, di scoprire come Lui ha vissuto, quello che Lui si porta nel cuore per essere capaci anche noi uscendo di qui... (perché certo la vita cristiana non si ferma qui) di seguirlo. Qui è sedersi ad ascoltare, è il tentativo di capire chi è Gesù, ma poi dobbiamo camminare con Lui nella vita di ogni giorno e ci porta verso gli altri...
"Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere, avevo bisogno di una carezza e tu me l'hai data, di un bicchiere d'acqua e tu me l'hai dato". Ecco, così possiamo seguire il Signore. Non è una cosa straordinaria, non bisogna essere eroi. Bisogna essere uomini di tutti i giorni che si mettono dietro il Signore e cercano di andare incontro alla gente.
Il Signore ci aiuti.
...portarono il bambino a Gerusalemme PRESENTAZIONE del SIGNORE - 2 Febbraio 2014
per presentarlo al Signore... Luca 2, 22-40
È la festa della presentazione di Gesù al tempio. Una festa della luce e tentiamo di capire qualche cosa (sempre per quello che ho capito io, è evidente) di questa festa che credo ci aiuti ad andare al cuore della nostra fede. Cominciamo a vedere quello che abbiamo letto.
I genitori portano il Bambino al tempio, ma prima debbono purificarsi, soprattutto Maria deve fare i riti di purificazione. Dopo il parto bisognava purificarsi. Tutto quello che ha a che fare con il sangue, con la sessualità viene visto come qualche cosa di impuro, che può generare pericoli, anche gravi.
In quasi tutte le religioni - la religione ebraica non ne è stata esente - c'è sempre il rischio della contaminazione. Il rischio di diventare impuri davanti a Dio, anche senza accorgersene e - questo - è aggravato dal fatto che se si è impuri si rischiano castighi, minacce sulla propria vita. Purtroppo non sono soltanto cose antiche, sono arrivate fino ai tempi di mia madre... mia madre non è venuta in chiesa per il mio battesimo, doveva purificarsi! Forse è successo a qualcuno dei vostri genitori, purificarsi... per paura! La paura di Dio, della punizione, la paura di qualche cosa di oscuro che minaccia la vita dell'uomo, per questo, bisogna "lavarsi", purificarsi.
Non solo... ma qualche volta nella vita dell'uomo c'è il senso di colpa, la paura del peccato. Ho incontrato qualcuno che aveva paura di essere punito per qualche cosa che aveva fatto di male addirittura nei propri figli. La paura di Dio ha attraversato la storia degli uomini.
Maria e Giuseppe vanno al Tempio per essere purificati, ma non solo... vanno per offrire al Signore il loro Bambino. Il primogenito degli animali e dell'uomo appartiene al Signore. Bisogna riscattarlo se si può, se no si deve uccidere. Dice il Levitico che se il padrone non vuole riscattare il suo asino gli deve rompere la testa.
II primogenito del gregge deve essere offerto a Dio per propiziare il benessere del gregge perché si moltiplichino gli agnelli che debbono nascere. Ecco, il bisogno di ingraziarsi Dio: "Ti do qualche cosa perché tu mi dia la tua protezione". II bisogno dell'offerta, qualche volta della penitenza, del sacrificio...
Gesù ha provato a buttar via tutto questo senza esserci riuscito del tutto, perché noi uomini non riusciamo a liberarci delle nostre paure.
Se leggete il Vangelo trovate che Gesù non ha accettato questa paura di diventare impuri...
Ricordate qualche episodio nel Vangelo... quando i discepoli vengono rimproverati perché non si lavano le mani... (non pensate all'igiene, a quel tempo avevano sempre paura di essere contaminati: andando al mercato, se aveste sfiorato un po' di carne di maiale, diventavate impuri. Se aveste toccato uno straniero, diventavate impuri. Se aveste sfiorato con la mano una donna con le mestruazioni, diventavate impuri e significava essere sotto la minaccia del castigo di Dio) Gesù quando ascolta queste cose dice: "Perché accusate queste persone di cose di cui non hanno colpa? Voi, farisei, purificate l'esterno del piatto, ma non quello che avete nel cuore".
Pensate alla donna portata sulla piazza che tutti vogliono lapidare perché è stata sorpresa in adulterio... Gesù la prende per mano: "Alzati, va' e non peccare più".
Andare oltre il senso della colpa oltre la minaccia per il peccato, per cercare la luce, la giustizia, la verità, per cercarla in un rapporto di gratuità con Dio.
Poi l'offerta, il sacrificio di animali e addirittura di un uomo per ingraziarsi Dio… Gesù dice nel Vangelo, citando l'Antica Scrittura: "Andate a imparare che cosa significa: misericordia io voglio e non sacrificio" Ecco, il cuore della fede è la misericordia! Non sono le offerte, i sacrifici, i riti, le tradizioni...
Quando ero bambino si portava a casa la candela del giorno della candelora e si accendeva - almeno nella tradizione di mia mamma - quando c'era qualcuno malato, oppure quando stava per venire il temporale, per paura dei fulmini... un rito che allontanava i guai dalla casa.
Qualche volta mi è capitato... (andando in giro per le case per la benedizione della casa) di trovare sulla porta insieme alla candela, il ramo di palma della Pasqua, il cornetto rosso e il ferro di cavallo, tutto insieme... se una cosa non va, vale l'altra! Un rapporto con Dio basato sulla paura, sul bisogno di protezione.
"Andate a imparare che cosa significa: misericordia io voglio non sacrificio". Ecco, la ricerca della misericordia, la ricerca della luce, la passione per la giustizia e il bene... è quello che Gesù ha voluto portare nel cuore della nostra fede.
"Quando pregate dite: Padre, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà". Non si prega per essere protetti. Oggi potete portare a casa una candela, ma sia solo un segno, un simbolo della luce che ogni giorno siamo invitati a cercare in Gesù: è Lui la luce e in Lui possiamo dare senso alla nostra vita, alle nostre esperienze, alla gente che abbiamo intorno. Non la portate a casa per essere protetti: se siete malati, la candela non vi aiuta. Dio è un'altra cosa!
Il nostro rapporto con Dio è gratuità, è ricerca appassionata del bene. Ci hanno insegnato, i nostri padri, che non si fa il bene per avere un premio. Non si evita il male per paura del castigo, per paura che venga qualche guaio nella nostra vita. Il bene è ricerca di luce, di giustizia, di amore, è ricerca dell'altro.
Ecco, Gesù è venuto per portarci aldilà di tutto quello che abbiamo letto oggi! Via la paura di essere contaminati, di diventare impuri, via i sensi di colpa, via il bisogno del sacrificio, di offrire qualche cosa, di stabilire un rapporto commerciale con Dio: via tutto questo! La gratuità, la ricerca appassionata della luce, del bene, così come possiamo e se non ci riusciamo... via ogni paura e timore di essere puniti per il peccato.
Gesù ci mette la mano sulla spalla e ci invita a camminare con fiducia sempre cercando la luce: la luce della vita, la luce che troviamo anche nel volto di chi ci cammina accanto ogni giorno, perché ogni uomo è un riflesso della luce di Dio.
Il Signore ci aiuti.
"Voi siete il sale della terra... V DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 9 Febbraio 2014
"Voi siete la luce del mondo..." Matteo 5, 13-16
Predicare è un'arte difficile e ci sono delle tentazioni specifiche per chi tenta di fare una predica. Vedete, di fronte alla pagina che abbiamo appena ascoltato, una delle tentazioni è quella di rimproverare i cristiani: "Voi non siete sale della terra, non siete luce del mondo, non si vedono le vostre opere buone". O, se si è un po' più buoni, si dice: "Dovete essere il sale della terra, dovete essere la luce del mondo, mostrare agli uomini le vostre opere buone": il rimprovero, l'obbligo!
Oggi vorrei provare a vincere la tentazione (non ci riesco quasi mai) e vi invito - allora - a guardarvi indietro e a chiedervi quando e come nella vostra vita ha avuto ragione Gesù, il quale non dice: voi "dovete", ma voi "siete". Allora pensate un po': quanta gente avete incontrato che ha dato gusto e sapore alla vostra vita? Perché il sale, per gli antichi, era il simbolo del gusto, del sapore.
E non fate discorsi troppo complicati, ma partite dalle cose più semplici. Quell'amico che sa raccontare barzellette e vi ha rallegrato qualche serata. Quella signora che sa preparare un buon pranzo e vi riunisce a cena in una convivialità serena e bella. Quell'amico con cui condividete un bel film, un teatro, una gita al mare o sui monti. Lo stare insieme la sera a scambiare quattro chiacchiere o fare una partita a carte... senza tutto questo la vita perderebbe di sapore!
Pensate a tutti quelli che scrivono dei bei libri e vi hanno rallegrato la vita, a quelli che sanno fare un bel programma televisivo o un bel teatro e che hanno dato sapore alla vostra vita.
Poi, se volete alzarvi di tono, pensate all'amicizia, alla tenerezza, all'amore. Quanti amici hanno dato nel cammino della vostra vita senso e sapore al vostro esistere. Quanta gente vi ha mostrato la tenerezza, vi ha fatto sentire accolti, coccolati, amati fin da quando eravate bambini... ripensate a vostro papà, alla vostra mamma.
Quanta gente è stata per voi capace di dare senso alla vita! E poi l'amore... le persone che vi hanno voluto bene e a cui avete voluto bene: la persona che vi sta accanto, i figli, i nipoti, per qualcuno di noi che ha i capelli bianchi addirittura i pronipoti... cosa c'è di più bello nella vita che vedere un figlio che cresce e coccolarlo e custodirlo nel suo cammino: senza tutto questo la vita non avrebbe senso!
Vedete - allora - quanta gente è stata per voi "sale" nella vita, quanti gli hanno dato sapore e gusto; senza questo sapore e gusto la vita sarebbe stata peggio di una minestra sciapa e non avrebbe avuto alcun senso.
Oppure pensate a quanta gente è stata per voi "luce" nel cammino della vita, quanti vi hanno aiutato a capire quale era la vostra strada, a interpretare gli avvenimenti, a comprendere i sentimenti di chi vi stava accanto, a volte è così difficile saper guardare nel cuore di una persona, magari, senza tante parole.
Pensate a qualche libro che vi ha mostrato sprazzi di verità. Pensate a chi vi ha fatto conoscere il mondo della scienza, della cultura. Pensate ai medici che hanno illuminato il vostro cammino. Pensate a qualche insegnante e se siete stati fortunati ne avete avuto qualcuno che è rimasto un punto di riferimento del vostro cammino: ecco tanta gente è stata per voi "luce" nella vita!
E, poi, quante opere buone avete visto! E per prima cosa pensate alle opere semplici... al preparare da mangiare per i figli, al cucinare la sera, a vivere con tenerezza i rapporti in casa, al servizio l'uno dell'altro.
Pensate al lavoro fatto onestamente e con attenzione. Pensate anche a qualcuno che ha dedicato la vita agli altri. Io, che sono stato fortunato, ho visto tante opere buone. Ho visto tanta gente che con passione dedicava la vita agli altri, ai figli, agli amici - a volte - a persone sconosciute - a volte - a delle istituzioni. C'è in Italia un numero sterminato di persone che fanno volontariato, che dedicano un po' del loro tempo agli altri in tanti modi diversi.
Ho avuto la fortuna anche di vedere persone capaci di realizzare progetti che hanno dato speranza di vita a molte persone in questo paese... persone handicappate... potrei anche pronunciarvi alcuni nomi, ma non ha importanza la mia esperienza, cercate la vostra!
Chiedetevi: chi ha dato sapore e gusto alla mia vita? Chi mi ha reso la vita bella e degna di essere vissuta? Chi ha illuminato i miei passi? Quante opere buone ho visto? E alcune ne ho anche ricevute!
Cantate il vostro ringraziamento, cantatelo dal profondo del cuore! La vita è stata ricca e, se sapete cantare il canto di ringraziamento, allora capite quanto sarei stupido se vi aggiungessi: "dovete"! Viene naturale che se ho ricevuto posso dare... forse ho dato! E qui potete anche ringraziare perché certamente per qualcun altro siete stati coloro che hanno dato sapore e gusto alla vita, siete stati "luce". Altri hanno visto le vostre opere buone e, con la forza del Signore, continueranno a vederle.
Il canto del ringraziamento, non il rimprovero o il dovere morale: è bello qualche volta cantare la vita.
Il Signore ci aiuti.
"Non crediate che io sia venuto VI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 16 Febbraio 2014
ad abolire la legge o i Profeti. Matteo 5, 17-37
Avete inteso che fu detto
ma io vi dico..."
Abbiamo letto quella che è - forse - la pagina più sconcertante del Vangelo di Matteo e non soltanto per il linguaggio per noi complesso, perché viene da duemila anni di storia, ma anche per le contraddizioni che ci sono.
Avete ascoltato che all'inizio dice che "non cadrà neppure un iota, neppure un trattino della legge. Tutto rimane finché ci sarà la terra". La Legge è intoccabile!
E poi... poi una serie incalzante: "È stato detto, ma io vi dico..." Ma quello che è stato detto fa parte della legge! Legge che Gesù sembra, in alcune frasi, buttare via. Allora che cosa vuole dirci qui Gesù?
Senza fermarci a ogni singola parte di questa lunga pagina, vorrei tentare di farvene cogliere il senso (per quello che ho capito io, è evidente) e allora, vedete, Gesù vuole portarci aldilà della legge. Non basta la legge, anzi può essere pericolosa la legge!
Gesù vuole portarci aldilà, perché per Lui quello che conta è che nel nostro cuore ci siano dei valori autentici e profondi. Gesù vuole portarci aldilà della legge perché vuole invitarci alla libertà, alla responsabilità, alla capacità di scegliere con coscienza cosa è bene e cosa è male.
Non basta secondo Gesù: "Non uccidere, non ferire". Bisogna nutrire rispetto per ogni uomo, bisogna vivere lo spirito di servizio, la condivisione; andare anche aldilà dei propri diritti.
"Se stai per presentare la tua offerta all'altare e, là, ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te... tuo fratello ha qualche cosa contro di te, non tu che hai fatto del male a tuo fratello, lascia lì la tua offerta e va' prima a riconciliarti e poi torna ad offrire". II cuore è il rispetto del fratello, è la condivisione.
Per Gesù non basta non compiere adulterio, bisogna avere "uno sguardo limpido", rispettoso del proprio prossimo. Per Gesù non basta non dare il libello di ripudio, bisogna tentare di andare oltre, di essere un solo cuore, di condividere la vita fino in fondo.
Per Gesù non basta non giurare il falso, occorre un cuore che ami la verità. Il vostro parlare sia: "sì, sì, no, no; tutto il resto viene dal Maligno".
Ecco, se uno ama il fratello non ha più bisogno della legge. Se uno ama la verità non rischia più di mentire.
Occorre, dunque, andare aldilà della legge. Anche perché (come vi dicevo) secondo Gesù la legge è pericolosa.
Perché pericolosa? Perché (vedete) se non c'è un senso profondo di moralità nel nostro cuore rischiamo di ubbidire a una legge anche quando è ingiusta.
Il secolo passato dovrebbe rimanere un monito perenne per noi, per i nostri nipoti, fino alla fine dei tempi. I crimini più orrendi del secolo scorso sono stati compiuti da gente che ubbidiva alla legge, erano persone devote, zelanti, che in casa volevano bene alla moglie e ai figli, andavano in chiesa tutte le domeniche... e sono stati capaci di compiere crimini orrendi, dicendo: "È la legge, abbiamo soltanto ubbidito alla legge!"
Se uno non ha la coscienza per poter discernere il bene e il male rischia di ubbidire a leggi inique ed ingiuste che portano allo stermino di milioni di persone, senza sentire la responsabilità, senza sentire il peso della colpa. La difesa di molti criminali del secolo scorso è stata sempre quella: "Noi abbiamo ubbidito alla legge!"
Ma la legge è pericolosa anche per un altro senso, perché qualche volta i valori più importanti del nostro vivere e, anche, della nostra fede si cerca di tutelarli attraverso delle piccole leggi, delle piccolo regole, che rischiano di far smarrire i valori di fondo.
Per farvi solo un esempio pensate all'Eucaristia. Noi siamo stati educati, prima di venire a Messa, a essere digiuni fin dalla mezzanotte, a non bere acqua. Un tempo si diceva che dovevamo confessarci, che dovevamo fare il ringraziamento dopo la Comunione, che dovevamo stare attenti a quanto tempo il Corpo del Signore rimaneva nel nostro stomaco e poi... e poi ci mancava il senso profondo dell'Eucaristia che è - soprattutto - memoria di Gesù e condivisione con i fratelli, il cuore dell'Eucaristia è la vita condivisa con chi vive con noi ogni giorno.
La legge è anche pericolosa perché chi la osserva si sente giusto e giudica gli altri. Tutti voi conoscete la parabola dei due che vanno nel Tempio. Il fariseo dice: "Signore ti ringrazio, non sono come gli altri: ladri, adulteri, ingiusti; io ho pagato anche l'ultima decima della legge e non sono come quel pubblicano laggiù!". Ha fatto il piedistallo della sua osservanza della legge e giudica e condanna il suo prossimo!
II pubblicano in fondo al tempio si batte il petto e dice: "Abbi pietà di me, Signore!".
Ecco, vedete, Gesù (se ho capito qualche cosa in questa pagina così sconcertante) vuole portarci aldilà della legge. Quello che conta per Lui è la libertà del nostro cuore, è la capacità di scegliere, è la nostra responsabilità di fronte ai valori essenziali della vita: per questo l'apostolo Paolo dice che Gesù è venuto a liberarci dalla legge.
La legge rimane certo, è importante nella vita dell'uomo, ma occorre saper andare oltre, occorre avere un cuore capace di amare.
Il Signore ci aiuti.
"Voi, dunque, siate perfetti come VII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 23 Febbraio 2014
è perfetto il Padre vostro celeste" Matteo 5, 38-48
Cosa ci chiede Gesù? Che significa essere cristiani? È possibile porgere l'altra guancia se uno ti percuote sulla destra? È possibile perdonare i nemici? E che senso hanno queste parole? Sono certamente parole paradossali che vengono dal mondo antico, ma dietro cosa c'è? Cosa ci chiede il Signore? Cosa significa veramente essere cristiani? Se queste parole le prendiamo alla lettera, la maggior parte di noi non può dirsi cristiano e questo può essere accompagnato da un senso di frustrazione... allora io non sono come mi vuole Gesù, non sono un buon cristiano!
Vedete, credo che la chiave di questa pagina sia l'ultima frase. "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste".
Ho considerato, nella mia vita, questa frase la più liberante del Vangelo! La frase che ci toglie ogni senso di colpa, di ansia, di angoscia, di essere incapaci di raggiungere lo scopo, di essere dei veri cristiani.
Perché, vedete, se vi dico: "Dovete essere perfetti" e se qualcuno nella vita vi ha chiesto questa perfezione, ha provocato in voi ansia, frustrazione e, spesso, dei mali anche più gravi. Quando io chiedo troppo a me stesso, quando voglio essere perfetto, quando voglio raggiungere tutte le mete che mi sono prefisso, rischio di rimanere profondamente frustrato.
Ma, se uno mi dice: "Devi essere perfetto come Dio" Ah, allora sono libero, perché non è possibile! Non potrò mai essere perfetto come Dio!
È come se ci mettessimo a scalare una montagna alta per vedere chi arriva primo, chi sono quelli che sanno arrivare fino in cima… e io dietro cammino e arranco (specialmente alla mia età non ce la faccio più: qualche montagna l'ho salita, ma ormai le guardo da lontano e vedo quelli più giovani, più forti che salgono e possono godere di essere arrivati in cima) e posso sentirmi un fallito, ma se la montagna non ha cima allora non importa più arrivare, non si può più arrivare, non c'è la cima... quello che importa non è arrivare, non è essere primi o secondi; quello che importa è camminare ciascuno con le proprie forze e godere della bellezza della vita e della natura.
Una delle immagini che più mi sono piaciute è quella che vede il cristiano come uno che sa "guardare il sole", sa lasciarsi abbacinare dalla luce, sa sognare un amore perfetto, in cui ogni uomo sia fratello e si possa andare aldilà della violenza: è il sogno finale - credo - dell'umanità, il sogno che Israele chiama il sogno dello "Shalom". Ma il sogno di chi sa di non essere mai arrivato, di essere sempre in cammino, di chi sa di non essere perfetto e poter giudicare gli altri.
Il cristiano - dunque - è uno che guarda il "sole", ma sa accorgersi di ogni margheritina che spunta sul prato. È già primavera e se vi guardate intorno tanti piccoli fiorellini di vario colore spuntano, se siete attenti a guardare sul prato... ecco, alzate gli occhi verso il sole, rimanete quasi abbacinati, ma poi se non siete capaci di guardare ogni fiorellino, la vita diventa scialba.
Il cristiano guarda il "sole", ma sa accorgersi di ogni margherita che spunta sul prato. II cristiano sogna un amore totale, ma sa che quello che conta è ogni bicchiere d'acqua dato con cuore sincero… "Chiunque avrà dato un solo bicchiere di acqua fresca a uno di questi miei fratelli..."
Ecco, quello che conta è ogni bicchiere d'acqua dato e ricevuto e, allora, penso che quando ci troviamo qui in chiesa e ci confrontiamo con l'amore di Gesù, con il suo dono totale... non possiamo che sognare di camminare sulla sua strada. Non ce la facciamo, ma qui facciamo esperienza dell'amore, perché Lui si fa pane per noi, ci butta le braccia al collo e, anche se abbiamo il cuore pesante, anche se siamo diventati suoi nemici, a Lui non importa. Lui ci viene incontro, ci cerca e ci invita a mangiare e si fa Pane per noi: questa è la pienezza dell'amore, la pienezza del dono.
Ma, quando veniamo qui, non dimentichiamoci mai di ringraziare di tutti i bicchieri d'acqua che abbiamo saputo dare e ricevere nel corso della settimana. Piccoli gesti, piccole attenzioni, una carezza, una mano sulla spalla, la condivisione di qualche momento; anche momenti leggeri: è questa la bellezza della vita.
E, allora, il cristiano (ve lo ripeto) è uno che guarda il "sole", che sogna un amore perfetto, ma sa vedere anche ogni piccolo gesto di tenerezza, sa godere di ogni bicchiere d'acqua che ha potuto dare e ricevere. Li abbiamo dati tutti ed è la nostra ricchezza. Non si tratta di arrivare primi. Non si tratta di essere i più bravi. Non si tratta di arrivare in cima, non c'è la cima. Non possiamo essere perfetti come Dio. L'importante è camminare e continuare a sognare e a rendersi conto di tutta la bellezza e la bontà che c'è nella nostra vita, del bene che noi possiamo mettere nel mondo e ancora di più (almeno per me) di quello che posso ricevere: tenerezza, affetto, piccoli gesti di ogni giorno preziosi davanti a Dio, ma preziosi per ciascuno di noi: ecco il senso di questa pagina.
"Siate perfetti come Dio"… allora siete liberi. Liberi perchè non potete essere perfetti come Dio e, allora, quello che conta è camminare, sognare, ed è accorgersi di ogni piccolo gesto d'amore che ha arricchito la nostra vita.
Il Signore ci aiuti
Guardate gli uccelli del cielo... VIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 2 Marzo 2014
Cercate anzitutto il Regno di Matteo 6, 24-34
Dio e la sua giustizia...
Siete persone sagge e credo che nessuno di voi pensi che non ci si debba preoccupare del mangiare, del vestire, di come arrivare alla fine del mese, perché si viene nutriti da Dio come gli uccelli del cielo, i gigli del campo.
Penso che tutti voi siate così saggi di preoccuparvi di prolungare la vostra vita non di un giorno, ma di qualche anno. Dal tempo di Gesù la passione degli uomini ha prolungato la vita di almeno una quarantina d'anni. Tutto questo dipende dalla nostra attenzione, dalla nostra preoccupazione, dal nostro impegno, dalla nostra ricerca.
Penso soprattutto che siate così saggi da non farvi venire sensi di colpa se vi preoccupate di come vestire, di cosa mangiare. In tempo di crisi - come quello che viviamo - molti di noi devono preoccuparsi di come arrivare alla fine del mese e risparmiare di qua e di là, preoccupandosi per sé, per i propri figli, per i nipoti, perché ci sia da mangiare.
No, non siamo come i gigli del campo, non siamo come gli uccelli del cielo, il Padre nostro non ci nutre e allora...? Allora che ne facciamo delle parole che abbiamo ascoltato? Le buttiamo via come sciocchezze di un tempo antico?
Vedete, queste sono parole paradossali - come usavano i primi cristiani - ma dentro queste parole c'è qualche cosa di fondamentale per il nostro vivere e per il nostro credere. Vediamo se posso indicarvi alcune piste di ricerca...
La prima cosa che a me sembra importante in questa pagina è la capacità di contemplare i gigli del campo, gli uccelli del cielo. Noi rischiamo di perdere questo atteggiamento contemplativo, questo stupore di fronte alla bellezza della natura che abbiamo intorno.
I gigli dei campi ancora non fioriscono, c'è tempo... ma se andate in giro per le colline e le montagne del Lazio vedete già spuntare i bucaneve, i crochi e tanti altri fiorellini che annunciano la primavera. Ma senza andare lontano, girando per Ostia o per la pineta vedrete i ciclamini che son già spuntati e ci sono delle stupende piante di mimosa e tanti alberi fioriti: guardate, stupitevi, ammirate!
La televisione, i giornali, l'affanno del correre rischiano di farci perdere questo stupore di fronte alla bellezza della natura, alla ricchezza della vita. Ed è importante questo stupore, perché se lo conserviamo nel cuore, ne consegue il rispetto: il rispetto per la natura, la custodia della natura.
Non possiamo continuare con il nostro atteggiamento predatorio! Consumiamo i tesori del mare e si rischia che per i nostri nipoti non ci sia più pesce. Consumiamo la terra; la riempiamo di prodotti chimici, la rendiamo inaridita. Tagliamo i boschi per costruire i nostri pavimenti di legno e il discorso potrebbe continuare a lungo.
Ecco, se conserviamo nel cuore lo stupore, la meraviglia per la bellezza... allora, forse, saremo anche capaci di custodire questa natura e di custodirla con passione, con amore: è il dono che abbiamo ricevuto, che dobbiamo difendere e trasmettere a quelli che vengono dopo di noi.
Ma c'è ancora qualcosa d'altro in questa pagina straordinaria: "Non potete servire a Dio e al denaro. Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia e il resto vi sarà dato in aggiunta". Ecco, cercare prima la giustizia!
Troppe volte gli uomini, i singoli, gli Stati cercano i soldi, le ricchezze e non si preoccupano della libertà, del rispetto dell'altro, della giustizia per tutti e anche in questo paese passiamo tempi difficili perché c'è troppa corruzione, troppa gente che non paga le tasse pensando di arricchirsi personalmente, di accumulare ricchezze e non c'è giustizia!
Se cercassimo maggiormente la giustizia, la condivisione, la libertà... probabilmente ci sarebbe più benessere per tutti. Ci sarebbe più lavoro per la giovane generazione. Ci sarebbe più capacità di costruire la vita intorno a noi.
Se ciascuno di noi pensa soltanto a se stesso, al proprio egoismo; se non c'è il senso del condividere la vita con tutti... la vita si corrompe e si sciupa e diventiamo tutti più poveri e, anche chi è ricco, si sente minacciato perché c'è tensione nella società, perché crescono gli odi, le rivendicazioni sempre più dure: se non c'è giustizia la vita si sciupa!
E, questo, non vale soltanto per il denaro, vale anche per la bellezza di questo nostro paese. Quelli che ci hanno preceduto - fin dal tempo degli Etruschi - ci hanno lasciato dei tesori straordinari, che sono affidati a noi e - anche qui - la capacità di contemplare... il vedere in questo, più che in un telefonino o un tablet o in un bell'appartamento, la ricchezza della nostra società, la ricchezza da trasmettere ai figli... un bel quadro, un bel panorama non possiamo sciuparlo per i nostri interessi particolari.
Vedete cosa c'è in questa pagina straordinaria! Cercare prima il Regno di Dio, la sua libertà, la sua giustizia, il bene di tutti, la condivisione della vita e conservate nel cuore lo stupore per la bellezza della natura, per i fiori che sbocciano, per gli alberi che fioriscono.
Conservate lo stupore per la bellezza dell'arte, per tutto quello che chi ci ha preceduto ci ha regalato. Conservate nel cuore la bellezza della giustizia. Che ci sia pane per tutti. Che ci sia libertà per tutti. Che ci sia lavoro per tutti.
Ecco, se guardiamo queste cose, allora, ciascuno di noi sentirà un po' di più il senso dello Stato, dei propri doveri, della giustizia e cercherà - prima di tutto - non di soddisfare il proprio egoismo, ma di cercare il bene comune.
Saremo capaci di vivere una vita non affannata, ma che sappia godere della bellezza del ritrovarsi intorno a una bella tavola, della bellezza di contemplare la natura, tutto quello che di bello c'è in questo nostro paese! La bellezza, la libertà, la giustizia... cercate prima di tutto questo - ci dice il Vangelo di oggi - e il resto vi sarà dato in abbondanza!
Il Signore ci aiuti
Gesù fu condotto dallo Spirito nel I DOMENICA di QUARESIMA - 9 Marzo 2014
deserto, per essere tentato dal diavolo Matteo 4, 1-11
Nella Quaresima di quest'anno siamo chiamati a rivivere l'antico cammino di preparazione al Battesimo. Voi sapete che nei tempi antichi il Battesimo si riceveva la notte di Pasqua e venivano battezzati solo gli adulti; non era nemmeno concepibile il Battesimo di un bambino, e durante la Quaresima, si vivevano i momenti importanti e si illustravano i grandi segni della vita battesimale e i cristiani che, come noi, erano già stati battezzati (noi lo siamo stati da piccoli e non abbiamo vissuto la nostra Quaresima... un periodo che era per loro molto intenso) erano invitati a rivivere questi momenti, il cammino verso il loro Battesimo.
I primi due momenti sono: la rinuncia al male e la professione di fede. Poi i tre grandi simboli della vita battesimale: l'acqua, la luce e la vita... simboli, appunto! Perché i primi cristiani amano il simbolo e noi siamo ritornati ad amare il simbolo che è più importante - secondo noi - dei principi astratti, delle regole, perché il simbolo è aperto; aperto al futuro, alla ricerca.
Ciascuno di noi può tradurre il simbolo nella propria vita concreta, che è sempre diversa... e quello che vale oggi può non valere domani perché sono cambiate le situazioni, le persone, sono cambiati i luoghi dove siamo chiamati a vivere questi grandi simboli.
Il primo passo è la rinuncia al male che oggi siamo invitati a rivivere. Il cristiano deve cercare, come può, con coraggio di dire no al male. È fondamentale per la nostra fede: se voglio essere un credente devo andare oltre il male, in una ricerca appassionata del bene.
Nel cammino quaresimale la rinuncia al male è ispirata dalla lettura di questa pagina del Vangelo e, qui, torniamo al simbolo. Nessuno di voi - spero - penserà che abbiamo letto il racconto di fatti accaduti... che Gesù sia stato veramente trasportato sul punto più alto del Tempio: abbiamo una sacra rappresentazione, abbiamo dei simboli. Simboli del male, che ci riguardano, riguardano me e ciascuno di voi.
Vediamoli un momento rapidamente, ma aldilà delle mie parole, tenete nel cuore questi simboli, chiedendovi: "Io che c'entro? A me cosa dicono? A cosa devo rinunciare, se tento di dire no al male?"
Il primo simbolo è una "pietra"… il diavolo dice a Gesù: (il diavolo è una figura simbolica, penso che lo sappiate tutti) "Trasforma questa pietra in pane. Tu hai fame, mangia, pensa per te. Usa i tuoi poteri per te stesso, gli altri... gli altri sono lontani". Gesù non trasformerà la pietra in pane per sé, ma moltiplicherà il pane per la gente!
Ecco, questo è simbolo del pensare a sé prima che agli altri. Se volete è il simbolo dell'egoismo. Ma cosa significa questo per me? Cosa significa questo per ciascuno di voi? Se cercassi di dirvelo probabilmente direi sciocchezze perché io non sono nella vostra vita, come voi non siete nella mia e la mia vita e la vostra cambia e quello che significa oggi non essere egoista, può non significarlo domani.
Il secondo simbolo: Gesù è portato sul punto più alto del tempio e il diavolo gli dice: "Buttati giù! Tutti ti vedranno, ti applaudiranno, gli angeli ti sosterranno". II miracolo, il prodigio!
Fino che punto la nostra religione è basata sul prodigio, sulla provvidenza, su un Dio che si prende cura di noi e ce la manda buona e nel momento del pericolo manda gli angeli a salvarci? Fino a che punto la nostra religione è basata invece su un rapporto gratuito con Dio? Non faccio il bene, per avere una ricompensa, lo faccio perché ti amo. Faccio il bene perché amo il mio prossimo. Faccio il bene perché è giusto.
Allora vedete l'importanza di salire sul punto più alto del tempio. Andateci anche voi lassù, e chiedetevi: "Qual è la mia religione? Il tentativo di accaparrarmi la protezione di Dio? Il fare il bene solo per ricevere l'applauso, il consenso di tutti?" E ripeto: "Cosa significa questo per me nella mia vita?"
Io, qui, (per farvi un piccolissimo esempio) ho la tentazione di cercare il vostro applauso, ed è una tentazione seria perché dovrei cercare di comunicarvi qualcosa di importante e del vostro applauso non me ne dovrebbe importare niente! Dovrei tentare di dirvi con sincerità quello che penso… posso sbagliarmi... ma quello che non mi dovrebbe importare è il vostro consenso, il vostro applauso. È bello, ma non dovrei preoccuparmi di questo.
Perché è importante questo? Perché se vi guardate in giro tanta gente (lo vedete alla televisione) si preoccupa dell'applauso, del consenso e non della ricerca della verità. Ma non pensate a gente lontana... io devo pensare a me e ciascuno deve pensare a se stesso e, allora, traducete anche voi il salire sul tempio nella vostra esperienza concreta.
E l'ultima tentazione... "Tutti i regni del mondo, ti farò signore di tutto" La tentazione del potere! Voi avete la tentazione del potere? Penso che tutti direte: "No, io non c'entro niente!". Vi illudete, c'entrate, come c'entro io! E nel potere può esserci mancanza di rispetto.
Io sono qui e - come vi dicevo - ho la tentazione dell'applauso, ma anche la tentazione del potere, ed è brutto imporvi quello che io penso (spero che voi ve ne sappiate difendere) e io dovrei difendermene… e voi non vi illudete perchè il marito ha potere sulla moglie e la moglie sul marito e i genitori sui figli e (siccome qui più d'uno avete capelli bianchi) i figli hanno potere su di voi e a volte è pesante: è potere!
I nonni hanno potere sui nipoti e gli insegnanti sugli alunni e gli alunni (a volte in maniera eccessiva) hanno potere sugli insegnanti. II potere ci riguarda tutti ed è una cosa seria!
Ecco, non posso darvi regole, non posso darvi principi... vi lascio una "pietra, il pinnacolo del tempio e tutti i regni della terra" e ciascuno, questi simboli, se li porti nel cuore. Il simbolo è aperto, è ricerca, è domanda: "Che significa per me? Che significa per me rinunciare al male, all'egoismo, alla ricerca del potere, all'apparire, a una religione basata soltanto sull'interesse? Che vuol dire per me, nella mia vita?".
Se riesco a scoprirlo, allora posso fare un passo avanti nella rinuncia del male e nella ricerca del bene. Non è semplice per me, penso che non sia semplice nemmeno per voi, ma ci proviamo preparandoci alla Pasqua.
Il Signore ci aiuti
E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto II DOMENICA di QUARESIMA - 16 Marzo 2014
brillò come il sole e le sue vesti divennero Matteo 17, 1-9
candide come la luce.
Vi dicevo già domenica scorsa che durante questa Quaresima riviviamo l'antico cammino di preparazione al Battesimo: i grandi momenti, i grandi simboli del Battesimo. La prima domenica era la rinuncia al male, oggi la professione di fede, l'adesione a Gesù, il manifestare pubblicamente la fede in Lui.
E - come avete ascoltato - hanno scelto questa straordinaria pagina del Vangelo di Matteo. Tutti sapete - penso - che non ci troviamo di fronte al racconto di un fatto realmente accaduto, ma ad un simbolo, una specie di sacra rappresentazione in cui Gesù sul monte si trasfigura, appaiono Mosè ed Elia e ci sono, là, i tre discepoli a contemplare.
Ecco in questo simbolo per i primi cristiani si esprime la fede.
Cos'è la fede? Vedete, molti di noi sono stati educati all'idea che la fede sia una serie di formulazioni, di dogmi, di principi, di parole…e bisogna accettare tutto, se non accetti uno dei dogmi, ti dicono: "Non sei cristiano" (me l'hanno detto più di una volta). Non solo verità, ma anche principi morali di tutti i generi che arrivano fino nell'intimità della vita familiare: prendere o lasciare... quasi che la fede sia un rapporto con una verità astratta, espressa in formule che - a volte - a noi che viviamo nel duemila non dicono niente.
Il "Credo" che si recita normalmente la domenica, alla maggior parte dei cristiani (almeno quelli che ho conosciuto io) non dice più niente! Si ripetono parole... è questa la fede?
Ecco, questa pagina del Vangelo ci dice: "La fede è un'altra cosa". La fede è riconoscere che Gesù è la luce. La fede è scoprire i suoi valori, i suoi ideali, i sogni della sua vita, tentare di camminare con Lui e di farli nostri. La fede è fondamentalmente un rapporto personale con Gesù.
E, come sapete bene, ogni rapporto personale è diverso dagli altri. II mio rapporto personale con Gesù è diverso da quello di ciascuno di voi; ed è normale che sia così! Non solo, ma un rapporto personale cambia durante la vita. Altro è il rapporto di un bambino. Altro quello di un adolescente pieno di dubbi, di difficoltà, di sconcerti. Altro quello di un adulto o di un anziano. Siamo tutti diversi, per fortuna!
E tutti tentiamo di riconoscere in Gesù la luce per la nostra vita, tentiamo di seguire Gesù, di fare nostro il suo modo di essere, di vivere, le sue parole, i suoi pensieri e - soprattutto - i gesti della sua vita: ecco, questa è fondamentalmente la fede.
Il Vangelo di oggi ci dice anche alcune cose importanti... che per nutrire la nostra fede, il nostro rapporto con Gesù è importante la tradizione, l'Antica Scrittura che molti cristiani non conoscono. Chi sono Mosè ed Elia? Cos'è l'Antico Testamento? Mah! Eppure là ci sono veramente dei valori fondamentali per la nostra vita: il cammino di ricerca di Dio, della fede comincia con Abramo che - come avete ascoltato nella prima lettura - lascia la sua terra e va', inseguendo un sogno, cercando il Signore in un cammino che non finisce mai.
E così Isacco, Giacobbe, Mosè e poi i grandi profeti... Elia è il rappresentante di tutti. Ma per noi soprattutto il Vangelo: è nella ricerca sul Vangelo che possiamo nutrire il nostro rapporto con Gesù, possiamo - in qualche modo - entrare in comunione con Lui.
Ma c'è un'altra cosa che ritengo importantissima in questa pagina del Vangelo: là, sul monte sono in tre; tre discepoli che debbono aiutarsi tra di loro a riconoscere il Signore... è l'esperienza della mia vita!
Ho potuto credere e scoprire pian piano il mio rapporto con Gesù attraverso le persone che ho incontrato a cominciare da mio padre, da mia madre, a cominciare dai bambini. Quanto è ingenua e - a volte - profonda la fede di un bambino! Quanto - a volte - è cosciente, ma dubbiosa e in ricerca la fede di un adolescente e quanto ti aiuta a purificare la tua fede, a scoprirla, a vedere ciò che è essenziale trascurando quello che è marginale! Quanto è ricca - a volte - la fede degli anziani fatta di tenerezza, di compassione, di accoglienza dei valori importanti della vita!
Ecco, la fede è un rapporto con Gesù, personale, ma che si nutre del mio rapporto con gli altri.
E l'ultima cosa fondamentale che ci dice questa pagina del Vangelo: non si può rimanere sul "monte".
La fede non è qualche cosa di astratto che vivo qui in un momento di preghiera, di meditazione, di riflessione sul Vangelo. La fede esige che si scenda dal "monte", che si vada in mezzo alla gente e là (se leggete il seguito di questa pagina) bisogna combattere con il male... e il male è pesante, duro e - qualche volta - è difficile affrontarlo.
Avere fede significa viverla ogni giorno nei rapporti con gli altri, in casa, fuori. Cercare di rendere vivi i valori di Gesù. Se crediamo - allora - agiamo... ma non vorrei però (nel modo più assoluto) mettere pesi sulla vostra coscienza: la fede non è cosa di perfetti, non è cosa di gente arrivata. La fede è un cammino, un cammino lento che conosce i suoi alti e bassi, anche nei rapporti con gli altri. A volte ci sentiamo pieni di tenerezza e di amore verso chi ci sta intorno. A volte la convivenza ci diventa pesante. A volte conosciamo - addirittura - lo scoraggiamento, se non proprio la depressione: tutto questo fa parte della fede!
Siamo noi che crediamo, la fede non è qualche cosa di astratto, non è un complesso di verità che dobbiamo prendere e accettare. La fede siamo noi in un cammino alla ricerca di Gesù, dei suoi valori e poi nel tentativo di renderli vivi, con gli alti e bassi, con le paure, con le ansie, con le difficoltà della vita di ogni giorno.
Eppure continuiamo a camminare, a cercare Lui con fiducia: questo è credere!
Il Signore ci aiuti
"Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui III DOMENICA di QUARESIMA - 23 Marzo 2014
che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti Giovanni 4, 5-42
chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva"
Nel cammino verso la Pasqua siamo invitati a riflettere sui grandi simboli del Battesimo: l'acqua, la luce, la vita; espressi da tre segni che - forse - avete visto nel Battesimo, senza conoscerne il senso. Oggi è solo un bambino e gli viene versata un po' di acqua sul capo. Un tempo gli adulti si immergevano nell'acqua, poi veniva consegnato loro un cero acceso - simbolo della luce - e poi si rivestivano di una veste bianca.
Oggi cominciamo a riflettere sull'acqua. Se vi domandassi: (l'ho domandato tante volte) "Di che cosa è simbolo l'acqua del Battesimo?" molti mi risponderebbero: "L'acqua è il simbolo di pulizia, di purificazione. Nel giorno del Battesimo la nostra anima viene lavata dal peccato originale". Quando ero bambino mi immaginavo di essere nato con una specie di tunica tutta macchiata che, immersa nell'acqua del Battesimo, diventava completamente bianca (poi magari si sporcava di nuovo, andando avanti nella vita).
Avete ascoltato il Vangelo di oggi? Non si parla assolutamente di pulizia! Si parla di acqua che disseta. Il Vangelo nasce ai confini del deserto, in Palestina, dove un pozzo d'acqua è la vita! Un pozzo d'acqua disseta l'uomo e se si ha la fortuna di trovare dell'acqua corrente, che zampilla... da' vita a tutto quello che ha intorno: l'acqua - dunque - simbolo di vita.
L'acqua che sazia la sete dell'uomo. Qual è questa "sete"? Che cosa desidera l'uomo? Quali sono i suoi bisogni profondi? Il Vangelo di oggi ce ne fa intuire qualcuno. Vorrei attirare la vostra attenzione su quattro o cinque di questi aspetti, credo importanti (voi, poi, ne potete cercarne anche qualcun altro rileggendo questo lungo brano del Vangelo). Cominciamo dall'inizio.
Gesù parla con una donna... e quando i discepoli arrivano, dopo essere stati in città, si meravigliano perché parla con una donna e anche la donna dice: "Perché parli con me che sono una donna samaritana?" La disuguaglianza tra uomo e donna!
Molti di noi si portano dentro questa sete, questo bisogno che finalmente nella vita civile, nella vita coniugale l'uomo e la donna siano sullo stesso piano... persone umane, tutti diversi - per fortuna - ma tutte persone! Non chi ha di più e chi di meno, chi è rispettato e chi no.
Questo anche nella vita della Chiesa. Provate a sognare... (credo che sia un sogno lontano, non vorrei deludervi) che qui al posto mio ci sia una donna! Perché no? Vedete, Gesù, duemila anni fa ha detto che le donne sono uguali agli uomini. Gesù parla con la donna e se qualcuno si meraviglia e si scandalizza non gliene importa niente… di questo ha bisogno il cammino dell'uomo.
E c'è un'altra cosa! Questa donna è anche una samaritana e - come avete ascoltato - i Giudei non vanno d'accordo con i Samaritani: sono nemici. A Gesù non importa! Si può andare oltre la distinzione tra amico e nemico? Si può considerare ogni uomo come persona? Oggi che viviamo in un mondo così complesso e in cui viene gente di tutte le razze, gente che rischiamo di guardare come nemici... si possono considerare fratelli? È questa la "sete" dell'umanità! Uomini che si riconoscano tutti figli dello stesso Padre. Uomini che si riconoscano fratelli, che possano condividere la vita, che possano riconoscere l'uno i doni degli altri e camminare insieme.
Gesù è venuto a tentare di farci superare il contrasto: amico, nemico. Che tu sia Samaritano o Giudeo non importa niente. Importa che tu possa cercare Dio!
Ed ecco un altro passo avanti... la donna dice: "Dove possiamo adorare Dio? Voi dite a Gerusalemme, noi diciamo qui sul monte di Samaria". "Credimi, donna, né qui né là, viene un tempo in cui Dio si adora in spirito e verità". Vedete, nella vita della Chiesa negli anni passati si è molto parlato di ecumenismo: i cristiani sono divisi: ortodossi, protestanti di varie chiese, cattolici... dovremmo ritrovare tutti l'unità in Cristo... oggi - secondo me - non basta più. Oggi dovremmo cercare l'unità con tutti gli uomini del mondo: buddisti, mussulmani, ebrei, induisti.. gente che vive le più svariate religioni, tutti insieme alla ricerca di Dio, perché Dio non si adora solo in una chiesa. Dio si adora in "spirito e verità". Dio si trova nella bellezza del creato. Dio si trova nel sorriso di un bambino. Dio si trova nell'uomo che cerca la verità e la giustizia. In ogni parte della terra, qualunque siano le parole, dove c'è ricerca appassionata di una vita che va' oltre... là si adora Dio!
E c'è ancora un'altra cosa che volevo farvi notare.... Gesù dice a questa donna: "Va' a chiamare tuo marito". "Non ho marito". E Gesù le dice: "Hai avuto cinque mariti e quello che hai adesso non è tuo marito". Questa donna è stata probabilmente una donna sfruttata, presa e buttata via e non una volta sola, usata. Si può sognare un amore che sia rispettoso, in cui si ci cerchi di diventare una cosa sola? Ecco un'altra "sete" dell'uomo!
Il rispetto, la condivisione, il camminare insieme... l'orribile storia di tanti femminicidi in cui tanti uomini si sentono possessori delle loro donne. Ma è possibile che dopo duemila anni non sia ancora finito? È possibile che ci siano donne che sono prese e usate quasi fossero delle cose? Un possesso dell'uomo prepotente e orgoglioso?
Ecco - vedete - Gesù a questa donna propone il sogno di un amore. Che sia un amore autentico, un amore che duri, sia rispettoso, tenero, affettuoso.
E c'è un'ultima piccola cosa che volevo farvi notare: i discepoli tornano portando qualcosa e gli offrono da mangiare, dice: "Ho un altro cibo!". "Chi gli ha portato da mangiare?". "No, non avete capito! II mio cibo è fare la volontà del Padre".
Qui - forse - c'è un accenno all'Eucaristia, a una religiosità che non sia soltanto cercare la protezione, la benevolenza di Dio, acquistare meriti... ma cercare la volontà del Padre. Il cibo della nostra via cristiana è cercare il Regno di Dio, la sua giustizia, il bene per noi, per la nostra vita e per chi ci sta intorno, il bene possibile per l'umanità e per l'intero creato.
Vedete di quanti aspetti è simbolo l'acqua del Battesimo! Altro che pulire una veste sporca! La "sete", il bisogno di valori autentici, il bisogno di vita. Essere battezzati significa incontrare Gesù che può saziare la tua sete, che può comunicarti i valori autentici, che può farti fare un passo avanti, insieme alla gente che ti sta intorno, all'umanità intera.
Il Signore ci aiuti.
Fratelli, un tempo eravate tenebra, IV DOMENICA di QUARESIMA - 30 Marzo 2014
ora siete luce nel Signore. Lettera agli Efesini 5, 8-14. Giovanni 9, 1-41
…andò si lavò e tornò che
ci vedeva.
Nella notte di Pasqua, chi doveva essere battezzato, si immergeva nella grande vasca: il segno dell'acqua, poi usciva e gli veniva consegnato un cero, acceso al grande cero pasquale, il simbolo di Gesù risorto e gli dicevano: "Ricevi la luce di Cristo" e ascoltava le parole - le avete ascoltato anche voi - dell'apostolo Paolo: "Un tempo eravate tenebra, ora siete luce".
Per prepararsi a questo momento così forte, durante la Quaresima, (come facciamo noi) leggevano questo lungo brano del Vangelo di Giovanni. Un brano particolarmente complesso, ricco di tanti simboli, in cui i primi cristiani cercano di esprimere tutto quello che hanno capito dell'incontro con Gesù, con la sua luce.
Un racconto molto lungo e complesso e io devo fare in fretta per non annoiarvi e farvi cogliere (se mi riesce) soltanto alcuni punti, poi voi a casa lo rileggete con comodo cercando di cogliere tutte le sfumature di questo racconto che è stato pensato e costruito a lungo e - forse - faticosamente. Cominciamo dall'inizio...
Gesù prende del fango e lo spalma sugli occhi del cieco: è un simbolo! Un simbolo che esprime il bisogno di prendere coscienza della "cecità". L'uomo - spesso - crede di "vedere" ed è "cieco", sommerso dai tanti stimoli del mondo... pensate alla televisione, alla radio, a tutti i valori che ci vengono proposti. A volte valori contro la dignità e la bellezza della vita umana.
II Vangelo di oggi indica alcuni aspetti della cecità dei farisei. "Chi ha peccato lui o i suoi genitori?". "Né lui né i suoi genitori". Ecco un aspetto che era fondamentale allora e dovrebbe esserlo ancora oggi... rompere il legame tra la disgrazia e il peccato: è difficile, una delle frasi che più ho ascoltato nella mia vita: "Padre, che male ho fatto perché mi capiti questo?". Non c'entra niente il male con la disgrazia che può capitare nella vita dell'uomo!
E l'altro aspetto importante: il "sabato". "Quest'uomo non viene da Dio perchè non osserva il sabato". Il principio (per quello che ho capito io) fondamentale del Vangelo: viene prima l'uomo e poi il sabato: "Non è l'uomo fatto per il sabato, il sabato è fatto per l'uomo". Il "sabato", le tradizioni, le regole, i principi... tutto deve essere al servizio dell'uomo. Principi fondamentali che i farisei non riescono a vedere: "la cecità", l'incapacità di scoprire i valori essenziali della vita.
Quali sono i valori che oggi non riusciamo a scoprire? Se Gesù venisse qui in mezzo a noi, prima di consegnarci il cero della sua luce, ci metterebbe del fango sugli occhi: "Prendi coscienza della tua cecità, renditi conto di non sapere tutto..." Avete ascoltato cosa Gesù dice alla fine a questi farisei?: "Se foste ciechi, non avreste peccato, ma siccome dite: "noi vediamo", allora il vostro peccato rimane".
Troppe volte l'arroganza, il pensare di sapere, l'essere sicuri dei nostri giudizi sul mondo, sugli altri, sulla vita... ci rendono ciechi.
Incontrare Gesù significa tentare di aprire gli "occhi", di vedere, di guardare lontano.
Un'altra cosa che ci dice questa pagina del Vangelo (ce ne dice tante, ma posso accennarne solo qualcuna) è la fatica che fa chi cerca la luce. Si scontra con i poteri di questo mondo, con quelli che ti escludono, con quelli che ti dicono: "Sei nel peccato, non capisci", è l'opposizione, che oggi sentiamo molto forte, a chi cerca di intuire che cosa è giusto nella vita personale, sociale, nella comunità, nei rapporti con Dio.
E c'è un'altra cosa - forse - ancora peggiore per il credente, (almeno lo è stata per me) che non soltanto i nemici contrastano la ricerca, ma anche gli amici non ti aiutano a cercare la luce. I genitori, dicono: Ha l'età, se la veda lui!" Avevano paura! La paura... la paura nella vita della Chiesa... cercate di liberarvene!
Abbiamo conosciuto Papi, vescovi, preti, parroci... impauriti del futuro, della ricerca della luce, della passione della verità: "No, questo non si può dire. No, sta attento. Non si può...!" La luce esige la passione e la libertà dell'uomo! Si, puoi anche sbagliare, ma ti sbagli soprattutto se credi di sapere tutto, se ti fermi, se non cerchi.
Nel nostro Battesimo, la candela accesa non l'hanno consegnata a noi, ma al padrino o alla madrina; immaginate che nel giorno di Pasqua la consegnino a ciascuno di voi: è la luce! Non credere di possederla: è un segno che illumina la tua strada, continua a cercare come un mendicante di luce.
Come può la luce del Signore illuminare la mia vita, il mondo che mi sta intorno? Cosa giova alla pace? Che cosa è giustizia, amore in questo mondo? Quali sono i valori essenziali? Qualche volta crediamo di saperlo, ma dobbiamo cercare sempre.
Cercare in tutti i campi della vita, della scienza. Il credente, è un uomo che cerca, che insegue la luce, che non si stanca mai, nonostante le opposizioni, nonostante quelli che ti dovrebbero dare una mano e non te la danno... il credente continua a inseguire la luce.
È uno degli aspetti (per quello che ho capito io) fondamentali della vita cristiana: per questo ci hanno consegnato una candela accesa.
Il Signore ci aiuti a cercare la luce ogni giorno della nostra vita.
Gesù le disse: "Io sono V DOMENICA di QUARESIMA - 6 Aprile 2014
la risurrezione e la vita..." Giovanni 11, 1- 45
Siamo arrivati all'ultima domenica prima della Settimana Santa, l'ultimo momento di preparazione e riflessione sul simbolo forse più profondo, più forte, del Battesimo dei primi cristiani, parlo di loro perché noi battezziamo i bambini: un po' d'acqua versata sulla testa.
I primi cristiani si immergevano nella grande vasca; uscivano, si vestivano di una veste bianca che portavano per un'intera settimana. Anche oggi chiamiamo la domenica dopo Pasqua, la Domenica in Albis, la domenica in cui si tolgono le vesti bianche: simboli!
Ascoltavano le parole dell'apostolo: "Voi siete stati sepolti con Cristo nella morte per risorgere con lui ad una vita nuova, voi vi siete rivestiti di Cristo". Ecco il significato di questa veste bianca: "Rivestirsi di Gesù".
Per i primi cristiani il Battesimo era un autentico passaggio dalla morte alla vita, un sentirsi rinati. Lasciavano dietro le spalle il mondo che sa di morte: la violenza, la sopraffazione, la mancanza di rispetto, lo sfruttamento, l'ingiustizia, la cattiveria... per entrare nel mondo della luce, della bellezza, nel mondo della giustizia, della tenerezza, della condivisione, del rispetto degli altri... si "rivestivano" di Gesù, dei suoi valori, dei suoi ideali, dei sogni dl suo cuore; uomini che si sentivano veramente nuovi: ecco i segni del Battesimo su cui dovremmo riflettere, anche noi siamo stati battezzati.
L'ultima riflessione su questi simboli era affidata a questa lunga pagina del Vangelo ricchissima di immagini. (Ci vorrebbe un giorno intero a fermarsi su tutti i particolari di questa pagina; voi potete rileggerla a casa) Vorrei attirare la vostra attenzione soltanto su qualche punto che mi sembra importante.
Gesù incontra Marta le chiede: "Tu credi che tuo fratello risorgerà?" E Marta, dice: "Sì, so che risorgerà nell'ultimo giorno, nella risurrezione finale". Non parla di questo, Gesù! Parla della risurrezione, qui, su questa terra. È qui il passaggio dalla "morte alla vita". La risurrezione finale è affidata alle mani amorose del Padre, al Padre della parabola che accoglie il figlio che torna. Qui in questa vita il cristiano è invitato a passare dalla morte alla vita. Qui è chiamato a costruire un mondo di giustizia, di rispetto, di tenerezza, di condivisione, di amore, di libertà... qui, su questa terra!
Ma non è una cosa semplice perché il male di questo mondo è pesante, duro e, allora, l'altro punto in cui vorrei attrarre la vostra attenzione...
Gesù dice: "Andiamo in Giudea". "Maestro, là ti cercano per ucciderti". "Andiamo, dobbiamo andare a liberare Lazzaro dalla morte". E Filippo: "Andiamo anche noi a morire con Lui". Ecco, per i primi cristiani la scelta di buttarsi dietro le spalle tutto quello che sa di morte, quello che sciupa la vita, la vita personale, sociale, civile... esige l'impegno! Un impegno totale che - a volte - ha chiesto a tante persone nella nostra storia e del mondo intero il sacrificio della vita. Credere in un mondo giusto è esigente! Significa impegnarsi totalmente: "Andiamo anche noi a morire con Lui!".
Quando arrivano, Gesù, dice: "Togliete la pietra dalla tomba". Gli dicono: "Maestro, è da quattro giorni... manda già cattivo odore". "Togliete la pietra dalla tomba". Ecco - vedete - non solo la difficoltà di combattere il male, ma anche l'ironia di chi ti dice: "Non è possibile!" La morte è troppo grande in questo mondo... c'è troppa corruzione, c'è troppo male intorno a noi. Noi ne vediamo ancora di più perché siamo vittime della televisione, della radio, sentiamo parlare sempre di corruzione.
In questo paese quasi ogni giorno sentite parlare della corruzione dei politici, (purtroppo ne parla anche il Papa) tutti corrotti... Non è vero! C'è gente onesta in quello che è il compito, più alto dell'uomo: l'impegno della politica, dell'occuparsi del bene comune e c'è chi lo fa onestamente e dovrebbero essere aiutati da noi in tutti i modi possibili.
Il male del mondo è pesante, è duro, ma non dobbiamo farci prendere dalla paura, altrimenti anche noi saremmo tentati di dire: "Questo mondo manda cattivo odore, questo mondo è un mondo di morte, non c'è più speranza". E quando si perde la speranza, è finita!
II credente non può perdere la speranza. Continua a credere che quello che da "quattro giorni manda cattivo odore", che questo mondo che ha tante cose malsane... può cambiare, in noi stessi, nell'ambiente in cui viviamo, nelle nostre case, nella nostra società... e cambia con il coraggio, con l'impegno di tutti.
In questo cammino così arduo e difficile... questa pagina del Vangelo ci dice una parola piena di tenerezza e di commozione: "Potete contare sul pianto di Gesù". Avete visto quanto insiste questa pagina: Gesù si commuove, piange. Gesù ci vuole bene, sta con noi, cammina con noi e ci nutre, fra poco mangeremo di Lui, per nutrire il nostro cammino, la nostra speranza, per andare al di là del mondo della morte, per scegliere tutto quello che è bello e buono: l'amore, la gratuità, la tenerezza, il camminare insieme, il condividere la vita, il mettersi l'uno al servizio dell'altro, il vivere la bellezza e la bontà, tra noi e nel mondo.
Il Signore ci aiuti.
"Hanno portato via il Signore dal sepolcro RISURREZIONE del SIGNORE - 20 Aprile 2014
e non sappiamo dove l'hanno posto!"... Giovanni 20, 1-9
È successo ormai tanto tempo fa, ma ne ho ancora vivo il ricordo: una delle nostre catechiste aveva domandato ai suoi ragazzi: "Cosa significa che Gesù è risorto?" e uno aveva risposto: "Che aveva ragione Lui!" Più tempo passa e più la risposta mi sembra giusta e profonda, noi adulti ci complichiamo a volte la vita con domande impossibili: "Com'è il corpo risorto di Gesù, come può passare attraverso i muri e dov'è ora e perché noi non possiamo vederlo?" A volte ci dicono che la risurrezione è il miracolo più grande, la prova che Gesù è Dio… ma non basta la sua vita, la sua parola? Forse ci conviene tornare alla semplicità del bambino: aveva ragione Lui. Non ha ragione la violenza che lo ha inchiodato sulla croce. Non ha ragione l'arroganza del potere, la legge che uccide, la sopraffazione dell'uomo sull'uomo. Non ha ragione la sete di denaro che arriva fino a tradire un amico.
Ha ragione Lui che proclama beati i poveri e i piccoli, i miti, i misericordiosi, coloro che hanno fame e sete di giustizia, gli operatori di pace.
Ha ragione Lui che ha raccontato parabole straordinarie in cui parla del Padre che abbraccia il figlio che torna, del pastore che cerca la pecora perduta, del piccolo seme che diventa un albero, Lui che ci invita a contemplare i gigli del campo e gli uccelli del cielo, che proclama che "il sabato è fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato". Ha ragione Lui che si nasconde dietro il più piccolo degli uomini: "avevo fame e mi avete dato da magiare, avevo sete e mi avete dato da bere… tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".
Ha ragione Lui che si china sul lebbroso e lo guarisce, che si ferma a tavola con i pubblicani e le prostitute, che non condanna la donna che vogliono lapidare, che si china a lavare i piedi dei suoi, che si fa pane per noi.
Ha ragione Lui e noi siamo invitati con Lui a celebrare la Pasqua, il "passaggio". Quello degli antichi ebrei, che non dovremmo mai dimenticare: l'attraversamento del mar Rosso che lascia dietro le spalle la schiavitù, lo sfruttamento, l'umiliazione dell'uomo trattato come una cosa, per andare verso la terra del sogno, la terra della libertà, del benessere, della pace.
Anche noi siamo invitati a vivere un "passaggio". Gli antichi cristiani celebravano il Battesimo nella notte di Pasqua: si immergevano nella grande vasca, era come scendere nella tomba, morire con Gesù, per lasciarsi dietro le spalle il mondo della morte, tutto quello che sciupa la vita, per risorgere con Lui. Si rivestivano di una veste bianca: un segno che esprime la volontà di rivestirsi di Gesù, dei suoi ideali, dei sogni del suo cuore, dei gesti della sua vita, per tentare di viverli ogni giorno. Anche noi siamo stati battezzati e siamo chiamati a vivere la Pasqua.
Oggi possiamo ringraziare il Signore per le tante persone che, in ogni angolo della terra, vivono la pace, la tenerezza, l'amore… troppe volte la televisione, i giornali ci mostrano solo tutto il male del mondo, certamente è molto, ma c'è anche tanta gente che, magari senza conoscere Gesù, vive i suoi valori, cerca la sua pace.
Pensate ai tanti genitori che dedicano la loro vita ai figli che crescono e studiano, ai nonni che con tenerezza seguono i loro nipoti, alle tante persone che con onestà e dedizione svolgono il loro lavoro, a coloro che si chinano con delicatezza su chi soffre, a chi cerca una maggiore giustizia, con tutti loro possiamo celebrare la Pasqua, la Risurrezione, la vittoria della vita sulla morte, del bene sul male, della pace sulla violenza. Con tutti loro possiamo cantare la gioia di Pasqua e conservare nel cuore la speranza.
Il signore ci aiuti.
Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, tu hai II DOMENICA di PASQUA - 27 Aprile 2014
creduto; beati quelli che non hanno visto e Giovanni 20, 19-31
hanno creduto!".
Dove ha ragione e dove ha torto Tommaso? È una domanda importante perché Tommaso è l'uomo del dubbio, della ricerca, che non si fida di quello che dicono gli altri, della testimonianza che ha ricevuto: Tommaso vuole vedere, toccare con mano, vuole darsi ragione di quello che accade e, questo, è un atteggiamento fondamentale nella vita.
Senza il dubbio, senza la ricerca, senza il voler toccare con mano, la vita dell'uomo non sarebbe andata avanti! Questo vale in tutti i campi... vale per la scienza: pensate a quanti scienziati non si sono fidati di quello che dicevano gli altri, della ricerca già fatta; volevano andare oltre. Pensate a Galilei... ma ce ne sono infiniti altri nel corso della storia.
Ma questo vale anche nel campo dell'arte. Se Giotto e Cimabue non avessero avuto il desiderio di andare oltre, di inventare qualche cosa di nuovo, avremmo ancora soltanto le immagini ieratiche del mondo bizantino e, questo, è successo tante volte, tanti artisti che non si contentavano di quello che si è sempre fatto, ma volevano andare avanti.
Questo, vale ancora di più per la società. Pensate a quanta gente nel corso della storia si è chiesta: "Il modello di famiglia in cui viviamo, un modello maschilista come quello dell'Antico Testamento (per esempio) è giusto?". Quanta gente si è chiesta e ancora si chiede: "Ma sono giusti i rapporti uomo - donna in questa società? Non c'è qualche cosa da cambiare? Quello che si è sempre fatto e pensato è ancora valido? Non bisogna cercare qualche cosa di nuovo?".
Questo vale e forse ancora di più per lo Stato. Noi saremmo ancora agli Imperi assoluti, senza democrazia, se non ci fosse stato chi ha cercato, si è domandato: "Ma è giusto che il re sia come Dio sulla terra? Non è più importante la partecipazione della gente, una partecipazione appassionata e viva?" Ancora c'è tanta strada da fare!
Quali sono i diritti dell'uomo, di chi lavora, si può accettare la schiavitù? C'è gente che si è fatta domande e ha fatto qualche passo avanti e quando non c'è stato il dubbio, quando si è creduto ciecamente a chi parlava dall'alto... grandi tragedie sono venute nell'umanità!
Il secolo scorso dovrebbe insegnarci che un'educazione all'ubbidienza, al servilismo, al dare sempre ragione a chi comanda e a chi grida porta alla rovina dell'umanità. Il dubbio, la ricerca che vuole mettere la mano, che si chiede: "È giusta questa legge, questo modo di fare, è giusto questo regime?". È questo che manda avanti la società!
Ma quello che vale per la società, vale anche per la vita individuale, per i nostri rapporti quotidiani. Pensate a un'insegnante... deve vivere spesso il dubbio: "Il modo in cui insegno, è quello giusto? Non si può fare un passo avanti? Questo ragazzo l'ho veramente capito fino in fondo? Non posso fare qualche cosa di più per lui?" Ecco la domanda, il dubbio!
Questo vale anche per i genitori nei confronti dei figli. Un figlio che cresce, cambia e ha bisogno dell'occhio attento e del dubbio: "Le parole che gli dico sono quelle giuste? II modo in cui lo tratto, è quello giusto?".
E, questo, vale anche per l'amore tra l'uomo e la donna, per l'amicizia. Non si può dare per scontato tutto! La vita cambia, noi cambiamo! E nei confronti del proprio partner ci si può domandare spesso: "Quello che faccio, quello che ho sempre fatto è veramente rispettoso o posso fare di meglio, posso cercare ancora?".
Quello che vale per i rapporti personali, vale (forse ancora di più) per la vita della Chiesa, per la fede.
Vedete, quando ero ragazzo, ci facevano studiare sul Catechismo, le rispostine e io che ero bravo (a quel tempo) le sapevo tutte a memoria, ma nessuno mi aveva messo tra le mani il Vangelo! Addirittura, qualche tempo prima era proibito tradurre il Vangelo in italiano e anche la domenica - quando ero bambino - si leggeva tutto in latino. Poi qualcuno ha cominciato a pensare, a domandarsi, a chiedere, a studiare...
Quando ero un giovane prete, la Messa, si diceva ancora tutta in latino. Quando studiavo, la teologia era ancora ferma, quasi al Medio Evo, poi qualcuno ha cominciato a cambiare e il Concilio ci ha cambiato la vita e il modo di pensare la fede e la religione.
Ecco, Tommaso ha ragione! Ha ragione il dubbio, la ricerca, il non contentarsi di quello che si è sempre detto... è la molla decisiva del cammino dell'umanità in tutti i campi!
Ma - allora - dove ha torto Tommaso?
Tommaso ha torto perché le cose essenziali della vita non si possono toccare con mano! Vedete, lo scienziato che comincia una ricerca, se volesse vedere subito i risultati, si scoraggerebbe presto. A volte arriverà al risultato soltanto chi viene dopo di lui, chi è partito dalle sue domande... crede nella scienza, nel valore della sua ricerca, senza toccare con mano!
Questo vale anche per lo Stato, per la vita sociale. Se volessimo vedere subito un mondo più giusto, la parità totale dell'uomo e della donna, il rispetto per chi è diverso, per gli omosessuali, per gli stranieri, per chiunque è diverso... crediamo che siano cose giuste anche se non riusciamo a toccarle con mano!
"Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto". Hai posto "semi", hai cercato, hai camminato, anche se non vedevi il risultato...
Questo vale anche per l'insegnante... cerca di comunicare qualche cosa ai suoi alunni, ma qualche volta non vede i risultati e continua a cercare di comunicare qualche cosa di quello che sa, perché crede nei valori che tenta di comunicare e - magari - porteranno frutto, forse quando questa persona sarà diventata adulta...
Questo vale anche per i genitori nei confronti dei figli. Chi di voi non ha avuto dubbi nel momento in cui il proprio figlio diventava adolescente e cominciava a cercare altre strade, a essere diverso... eppure avete continuato a volergli bene, a credere in lui, a tentare di comunicargli i valori essenziali, anche se in quel momento non vedevate e non toccavate niente con mano, ma avete continuato… "Beati voi che avete creduto, senza vedere".
E, questo, vale anche per l'amore dell'uomo per della donna, per l'amicizia. Chi può essere sicuro che il suo amore durerà per sempre? Eppure continua a crederci, a sognare un amore autentico, a cercarlo, a sperarlo.
Questo vale per la fede! Gesù ci ha chiamato a costruire il Regno di Dio. Nessun credente (io credo) vedrà questo Regno realizzato pienamente, vedrà il compimento dei valori di Gesù, dei sogni del suo cuore, i sogni della vita condivisa, della gratuità, della pace, del servizio dell'uomo verso l'uomo, del rispetto dell'ultimo, del più piccolo...
Quanto ancora c'è da fare! Eppure... eppure se vogliamo essere credenti, continuiamo a credere senza vedere: "Beati voi che credete senza aver visto".
Chi di voi può mettere le mani su un mondo più giusto, più vero e che corrisponda veramente ai sogni di Gesù? Nessuno! Eppure continuiamo a cercare, a sperare, a credere che Gesù ha ragione. Lo crediamo con tutta la forza del nostro cuore. Non possiamo toccare con mano. In questo ha torto Tommaso! I valori essenziali della vita non si toccano, ma Tommaso ha ragione perché si può continuare a far strada soltanto se non ci si accontenta di quello che si è sempre fatto, soltanto se si continua a coltivare il dubbio, la ricerca, la voglia di andare avanti.
Cercare, voler toccare, eppure credere... credere con tutta la forza del proprio cuore nei sogni più grandi della vita, anche se non si vedono realizzati.
Il Signore ci aiuti.
In quello stesso giorno due discepoli III DOMENICA di PASQUA - 4 Maggio 2014
erano in cammino verso Emmaus... Luca 24, 13-35
Vi sembra possibile camminare per undici chilometri - che significa più di due ore - insieme con un amico e non riconoscerlo? Questo abbiamo letto nel racconto di stamane! Evidentemente non si tratta di un fatto accaduto tanto tempo fa, ma di un simbolo. Un simbolo straordinario che il Vangelo di Luca ci comunica, un simbolo della vita cristiana, della mia vita e, se posso coinvolgervi, della vostra vita.
A volte facciamo fatica, giorno per giorno, a riconoscere che Gesù ha ragione, a credere nei valori della sua vita, nella gratuità, nella giustizia, nella fraternità, nel rispetto dell'altro, nella condivisione, nell'attenzione verso l'altro.
A volte anche noi facciamo esperienza della durezza, della potenza del male del mondo... quel male che ha inchiodato Gesù sulla croce. Ne facciamo esperienza (forse anche troppa) ogni mattina, quando apriamo la radio ascoltiamo episodi di violenza vicino e lontano da noi e ci domandiamo: "Perché...? Perché non viene la giustizia? Il Signore ce l'ha promessa!".
I primi cristiani pensavano che il Signore stesse per venire, alcuni pensavano di non morire, perché sarebbe venuto prima il Signore glorioso, nella sua forza e potenza, a bruciare tutto il male del mondo e a far splendere i giusti e la giustizia come il sole.
Sono passati duemila anni e ancora facciamo fatica a credere, a sperare che Gesù stia per venire, stia per realizzarsi il suo Regno, la pienezza dei suoi ideali, dei suoi sogni. Anche noi - qualche volta - facciamo nostro il desolato discorso di questi due discepoli: "Noi speravamo...". Speravamo e rischiamo di non sperare più… e non ci è dato il prodigio.
Nel cammino (come avete ascoltato) abbiamo soltanto la Parola: vorremmo vedere un segno, vorremmo - almeno - sentire dentro di noi qualche cosa di straordinario, cambiare, essere migliori. Vorremmo vedere - qualche volta - il realizzarsi della pace in questo mondo e non vediamo...! Non c'è nessun segno straordinario, ci rimane soltanto il cammino e il cammino faticoso alla ricerca della Parola di Gesù.
La Parola... l'Antica Scrittura che Gesù cerca di spiegare e per noi anche il Vangelo. Quel Vangelo che dovremmo conoscere, meditare, che dovrebbe aiutarci a dare uno sguardo sulla vita, a interpretare gli avvenimenti, le esperienze, a farci sentire dentro come un fuoco che arde: "non ardeva forse in noi il nostro cuore?".
E, questo, qualche volta non succede. C'è dato il cammino lento e faticoso alla ricerca del Signore e il riconoscerlo (come avete ascoltato) soltanto, qui, nello spezzare il Pane.
Ma quello che facciamo qui non è la vita. Quello che facciamo qui è soltanto un segno della vita. È fuori di qui, è nella vita di ogni giorno che dovremmo far nostri i pensieri di Gesù, le parole che lui ha detto, i sogni del suo cuore che dovrebbero diventare parte del nostro cammino, della nostra vita.
Dovremmo sentire nella vita di ogni giorno che Gesù è con noi, che ci nutre. Quello che facciamo qui è soltanto un segno. È nel cammino di ogni giorno che dovremmo vivere quello che celebriamo qui.
Qualche volta mi domandano: "Che senso ha l'Eucaristia? Perché ci raduniamo la domenica?" Vedete, la domenica celebriamo un segno, un simbolo, non è la vita, si vive fuori! Qui ascoltiamo la Parola: è importante per noi, ci può illuminare il cammino.
Spezziamo il Pane: è il segno della vita condivisa. "Noi che mangiamo un solo Pane - dice l'apostolo Paolo - siamo un solo corpo". Sogni! Sogni che non dobbiamo stancarci di cercare, giorno per giorno, faticosamente. A volte anche noi perdiamo la speranza e, poi, tentiamo di recuperarla, nutrendoci di Lui, della sua Parola, del suo Pane, senza stancarci, in un cammino che non finisce.
Un'altra piccola cosa voglio dirvi. Avete ascoltato che i discepoli sono due e quasi parlano in comune: "Noi speravamo..." E in due lo riconoscono nello spezzare il pane! Il cammino cristiano non si può fare da soli, bisogna essere almeno in due e, se si ha la fortuna, in più di due.
Gente che condivide con te e che, quando senti più forte il dubbio dentro di te, ti mette la mano sulla spalla e ti fa toccare con mano, attraverso gesti concreti, la possibilità dell'amore, la realtà della condivisione, dell'amicizia, della tenerezza, della gratuità. Se non hai un amico è difficile che vai lontano! Bisogna essere in due! Due che cercano insieme di conoscere la Parola di Gesù, di nutrirsi di Lui, di rivestirsi di Lui, di condividere i sogni del suo cuore. Non è semplice.
II Signore ci aiuti
Io sono la porta delle pecore. IV DOMENICA di PASQUA - 11 Maggio 2014
Tutti coloro che sono venuti Giovanni 10, 1-10
prima di me, sono ladri e briganti".
Il lungo studio, la lunga ricerca di tanti studiosi, nel secolo passato soprattutto, non ci permette più di essere così ingenui da pensare che le parole che abbiamo ascoltato siano state dette proprio da Gesù. A quel tempo (lo sapete) non c'erano registratori, camere televisive... tutto passava di bocca in bocca. Ma soprattutto, qui, non c'è nemmeno l'intenzione di trasmettere le parole di Gesù, ma quella di esprimere l'esperienza che questi primi cristiani - uomini vissuti quasi duemila anni fa - hanno fatto di Gesù di Nazareth.
Un'esperienza fondamentale che ci permette di essere qui dopo duemila anni, riuniti nel suo nome. Ci hanno trasmesso qualche cosa di Lui, della sua realtà, della sua vita attraverso la loro esperienza.
Come spesso succede agli uomini di tutti i tempi, anche a noi, è anche un'esperienza appesantita dai rancori, dalle incomprensioni, dalle intolleranze e - allora - leggere queste parole ci aiuta a capire non soltanto il nostro rapporto con Gesù, ma anche i limiti di questo rapporto.
Un altro problema abbiamo nel leggere queste parole. I primi cristiani si esprimono con immagini, simboli a loro molto familiari, ma che a noi sono estranei.
La maggior parte di voi non ha niente a che spartire con le pecore, con i pastori, con l'ovile... al tempo di Gesù la vita era basata proprio sulla pastorizia e non solo al tempo di Gesù, ma fino a un centinaio di anni fa, qui nel bacino del Mediterraneo, nell'Italia soprattutto, le pecore erano fondamentali. Hanno costituito il mezzo per vivere di tanta gente, più d'uno si è anche arricchito con le pecore: la lana, gli agnelli, il formaggio... erano fondamentali per la vita dell'uomo.
Tutti sapevano che il pastore conosce le pecore una a una. Una cosa che sempre mi sorprendeva quando ero ragazzo, ho dei cugini che facevano i pastori, avevano due o trecento pecore e le conoscevano una per una e per me era una cosa straordinaria. Come è possibile, sono tutte uguali! E le pecore conoscevano la voce del pastore e lo seguivano, quando le chiamava, venivano! E conoscevano l'ovile, sapevano che l'ovile protegge le pecore dal lupo, da quelli che potevano venire a rubare e sapevano che nell'ovile c'è una porta e il pastore conduce attraverso questa porta le pecore nei pascoli che permettono loro di vivere: l'erba buona della montagna.
Immagini - dunque - forti e che esprimevano il loro rapporto con Gesù. Avendo conosciuto Lui avevano sentito, nel profondo del cuore, i valori essenziali della vita. Gesù veramente comunicava loro qualche cosa di importante, dava il senso del vivere, dei rapporti con gli altri, la capacità della gratuità, la ricerca della giustizia eccetera...
È un'esperienza fondamentale che i primi discepoli ci comunicano attraverso queste immagini, ma - insieme - ci fanno sperimentare gli aspetti più bassi dell'umanità.
L'uomo - spesso - ha bisogno di identificarsi per contrasto, di farsi dei nemici per trovare la propria identità. Chissà perché abbiamo bisogno del nemico, anche nella vita quotidiana!
Avete ascoltato il Vangelo? "Tutti quelli che sono venuti prima di me - mettono in bocca a Gesù - sono ladri e briganti" Tutti! Ma chi sono questi ladri e briganti? Prima di Gesù sono venuti Mosè, i profeti, le grandi tradizioni dell'Antico Testamento... tutti ladri e briganti!
Nel discorso di Pietro abbiamo ascoltato: "Salvatevi da questa generazione perversa".
Ecco questo bisogno di cercare il nemico ha attraversato la vita dei cristiani - purtroppo - fino ai nostri giorni. Si è spesso cercato il "brigante" il "ladro", quello che veniva a strappare le "pecore" dal gregge del Signore: la caccia all'eretico, a chi la pensava diversamente. Pensate - se volete - a dei grandi personaggi come Galileo o Giordano Bruno... gente che veniva addirittura bruciata sul rogo.
Pensate a tutta la persecuzione delle streghe che ha attraversato la storia della Chiesa fino ai nostri giorni con torture e violenze di ogni genere: il demonio... bisognava scovare il nemico e spesso erano le persone più deboli, povere, emarginate che venivano indicate, soprattutto quando c'era una pestilenza, una disgrazia; bisognava cercare il colpevole e spesso... spesso erano gli uomini sbagliati!
Nella Chiesa di Dio chi aveva il dovere di cercare il male del mondo spesso ha applaudito gente come Hitler, Mussolini... non dovremmo mai dimenticarcelo!
I "colpevoli" a Roma, nel secolo scorso, persone come Ernesto Bonaiuti, uno straordinario sacerdote, un grande studioso… e Mussolini era "l'uomo della provvidenza".
Vedete cosa succede quando si cerca di difendere il piccolo "ovile" in cui stiamo: chi dice una parola diversa, chi la pensa diversamente sta fuori, è un "ladro e brigante", cerca di corrompere la Chiesa di Dio… anche oggi!
Ma aldilà della Chiesa, guardiamoci intorno... quanta difficoltà abbiamo oggi, che viviamo in un villaggio globale, a non dividerci in buoni e cattivi: gli arabi, i cinesi, i rumeni, i profughi, gli zingari... tante situazioni che ci troviamo a vivere ogni giorno: è la nostra tentazione di fare "nemici", di dividerci dagli altri.
Gesù aveva tentato di portare i suoi aldilà di questa divisione. II pastore va a cercare la pecora che si è smarrita perché gli vuole bene. Quando i discepoli invocano il "fuoco dal cielo" Gesù li rimprovera: "Chi non è contro di noi è con noi"... eppure di alcune pagine del Vangelo la Chiesa ha sembrato cogliere più l'aspetto di condanna del diverso invece che la passione per la ricerca di Gesù.
Lui sì che ha valori fondamentali. Con Lui possiamo cercare la verità nei "pascoli" della vita e riconoscere, nel momento in cui abbiamo fatto nostri i valori di Gesù, tutti quelli che ne portano almeno una parte dentro di sé e non ci si divide più in buoni e cattivi, in noi e loro, ma si tenta di vivere il dialogo, di camminare insieme, di costruire insieme la vita e il mondo.
II dialogo, il rispetto dell'altro, il camminare insieme nella ricerca appassionata dei valori fondamentali, di quello che fa più buono e più giusto il mondo... è un cammino lungo e difficile.
Il Signore ci aiuti
"Da tanto tempo sono con voi e tu non mi V DOMENICA di PASQUA - 18 Maggio 2014
hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, Giovanni 14, 1-12
ha visto il Padre".
Ci sono delle parole che diventano, nell'esperienza di fede di un cristiano, fondamentali. Per me sono state essenziali alcune parole che abbiamo letto stamattina. Filippo chiede a Gesù: "Mostraci il Padre e ci basta" e Gesù risponde: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre".
Sono passati ormai quasi cinquant'anni dal tempo in cui con un gruppo di studenti, di lavoratori, di universitari cominciavamo a leggere il Vangelo, con una premessa: per un anno non pronunceremo più il nome di Dio, finché non avremo scoperto qualche cosa del suo volto nella vita e nelle parole di Gesù di Nazareth...
Ci eravamo accorti che Dio abita nell'oltre, in una luce inaccessibile, nel mistero e che se ci chiedevamo l'un l'altro: chi è per te, Dio? Avevamo risposte diverse e ci portavamo dentro, dalla nostra educazione religiosa, certe pesantezze che ci impedivano di guardare il volto di Dio.
Vi faccio alcuni esempi. Molti di noi avevano paura di Dio; la paura di essere giudicati, scrutati da lui. Molti di noi si portavano nel cuore quell'occhio inquietante che aveva accompagnato la nostra infanzia. L'occhio di Dio che scruta anche i recessi del cuore e che ti giudica e ti condanna.
Ci siamo accorti che il Dio del Vangelo è profondamente diverso. Gesù ci parla di un Padre che, quando il figlio torna, gli corre incontro e gli butta le braccia al collo. Gesù sulla piazza dove vogliono lapidare la donna sorpresa in adulterio, dice: "Nessuno ti ha condannata, neppure io ti condanno". Questo è successo anche per Pietro e per tanti altri.
Gesù condanna sì il male, ma di fronte all'uomo concreto cerca di buttargli le braccia al collo, di dargli speranza: è come il pastore, che va a cercare la pecora perduta. L'immagine di Dio che giudica e ti condanna spariva pian piano dal nostro cuore.
Un'altra immagine ci portavamo dentro - ce l'avevano raccontata fin da quando eravamo bambini - è l'immagine del Dio che sa tutto, onnipotente, che provvede alla storia del mondo, che custodisce gli uomini... e poi ci guardavamo intorno (allora eravamo giovani) e ci colpiva profondamente il dolore del mondo, l'ingiustizia, la violenza... (era il tempo della guerra in Vietnam) e vedevamo con sgomento bambini che morivano per bombe "intelligenti". Dov'è Dio? Dov'è Dio di fronte al dolore, alla violenza del mondo? Allora ci siamo accorti che il Dio del Vangelo, il Dio che si manifesta in Gesù di Nazareth è tutt'altro che onnipotente!
Sulla croce si manifesta il Dio impotente e sotto la croce c'è tanta gente e tutti gridano: "Se sei Dio, scendi e crederemo" E non è sceso! Lui è venuto a condividere i bassifondi della nostra vita, a schierarsi dalla parte degli ultimi, degli umiliati, degli offesi.
Avevamo scoperto Dio che nasce in una capanna, sulla paglia, inerme, indifeso, tutt'altro che onnipotente e si affida al coraggio degli uomini, alla tenerezza di chi vuole accoglierlo.
Il Dio in cui cominciavamo a credere non è il Dio onnipotente e onnisciente, ma è il Dio capace di amare e di condividere insieme agli ultimi della terra.
Ci avevano detto, ci avevano insegnato che il cristiano deve soprattutto ubbidire a Dio e ai suoi rappresentanti sulla terra: guai a disubbidire! Tante regole... dovevamo osservarle tutte, anche le più minuziose. Educati all'ubbidienza, a chinare la testa, ad accettare senza poter fare domande e ci siamo accorti, leggendo il Vangelo, che Gesù è il "grande disubbidiente". Lui ha disubbidito a tutti! Ha disubbidito ai suoi genitori. Ha disubbidito ai suoi discepoli. Ha disubbidito al sinedrio, ai sacerdoti, capi legittimi della sua religione. Ha disubbidito ai capi politici del suo tempo. Ha disubbidito alla tradizione... è andato oltre perché cercava la libertà e voleva uomini liberi e allora... abbiamo capito che il Dio in cui tentavamo di credere è un Dio che ci voleva non ubbidienti, ma responsabili, con la testa alta, alla ricerca di quello che è giusto e vero.
Ci siamo anche accorti che la nostra educazione era fatta di tante regole e regolette anche minuziose. Non si poteva mangiare prima di fare la Comunione dalla mezzanotte, non mangiare carne il venerdì… e poi tanti precetti... Guai a dire parolacce, almeno quando eravamo bambini, da grandi ne dicevamo tante.
Ci avevano fatto imparare a memoria al Catechismo i Dieci Comandamenti e nessuno ci aveva detto che Gesù ci aveva lasciato un comandamento solo: "Vi lascio un comandamento nuovo: amatevi come io vi ho amato".
La nostra morale non si basava più su tante minuziose regole che prevedevano il peccato dappertutto, ma sulla capacità di amare, di un amore rispettoso, attento, capace di condividere, di mettersi al servizio…
Pian piano scoprivamo che Gesù è veramente la "via", la via che ci conduce verso il Padre. La via che ci fa intuire la strada, che ci mette in ricerca, in cammino....
Gesù è la "verità" che ci fa intuire quello che è importante per la vita dell'uomo, che ci fa scoprire quello che è giusto, che ci aiuta a capire quello che c'è dentro di noi e intorno a noi.
Gesù - abbiamo scoperto - è la "vita". Ci comunica qualche cosa della sua vita; della sua capacità di amare, della sua capacità di essere uomini liberi, capaci di cercare il Padre e di andare incontro al fratello con tutta la passione del nostro cuore.
Gesù è la "via, la verità, la vita". In Lui e soltanto in Lui noi abbiamo scoperto di poter intuire qualche cosa di Dio, che è "oltre", che abita la luce inaccessibile, il mistero, ma in Gesù si faceva vicino, veniva a condividere la nostra vita di uomini.
Eravamo giovani, allora, e Gesù ci ha messo dentro la passione per la vita, per la libertà, per la verità.
Il Signore ci aiuti.
"...e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro VI DOMENICA di PASQUA - 25 Maggio 2014
Paraclito perché rimanga con voi per sempre" Giovanni 14,15-21
"Se mi amate, osserverete i miei comandamenti e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito…" Che bisogno c'è di un altro...? Non basta Gesù? Non basta osservare i suoi comandamenti? Che bisogno c'è dello Spirito? Lo Spirito, che come un "vento" spinge l'uomo avanti, che va inseguito, cercato, è importante perché ogni credente non può fermarsi, deve andare oltre, deve tentare di rendere concreti nella propria vita, negli avvenimenti che vive, i valori, i sogni che ha intuito nel cuore di Gesù.
E non è facile perché il mondo cambia e diventa difficile chiedersi: "Cosa avrebbe fatto, Gesù, qui?". Ecco perché il cristiano deve inseguire lo Spirito, cercare, senza sentirsi sicuro del punto in cui è arrivato, tentando di andare oltre, di capire che cosa significa nel concreto quel valore che ha intuito in Gesù.
Vi faccio un paio di esempi che - forse - possono aiutarmi a farvi capire cosa intendo dire. Vedete… quest'anno abbiamo letto insieme con dei gruppi di persone la lettera dell'apostolo Paolo ai cristiani di Corinto.
Paolo è capace di intuizioni straordinarie che - forse - ha ricevuto da Gesù, che lo portano al di là della tradizione… arriva a dire: "In Cristo non c'è più Giudeo nè Greco, non c'è più schiavo né libero, non c'è più uomo né donna, ma tutti siamo una cosa sola in Gesù".
Eppure, Paolo, allo schiavo che è fuggito dice di ritornare dal padrone a fare lo schiavo e alle donne ordina di mettersi il velo in testa e di stare sottomesse.
Paolo dovrebbe essere erede del Vangelo. Ora nel Vangelo (ed è cosa straordinaria per quei tempi) le prime testimoni della Risurrezione di Gesù sono tutte donne. Nel mondo ebraico la testimonianza di una donna non valeva, eppure trovate scritto che Maria Maddalena e le altre donne a cui appare l'Angelo, a cui appare Gesù, sono le prime che devono andare a portare l'annuncio della risurrezione. Ma Paolo dice che le donne in assemblea debbono tacere, non possono parlare. Ma non erano loro le prime testimoni? Non avrebbero loro, forse, più diritto degli altri a parlare? No! La tradizione dice...
Ecco - vedete - Paolo che pure ha intuito molte cose del Vangelo non riesce a tradurle, a renderle concrete nella vita di tutti i giorni e, questo, è successo nella vita della Chiesa fino ai nostri giorni.
L'altro esempio che volevo farvi è quello che ho vissuto quando ero un giovane prete, al tempo del Concilio. Il Concilio ci aveva aperto il cuore ai sogni, ai cambiamenti e qualche persona saggia che abbiamo incontrato ci aveva avvertiti: "Badate bene... il rischio - adesso - è il conciliarismo. Il rischio, cioè, che vi fermiate qui, che vediate nel Concilio un punto di arrivo e non di partenza". Noi eravamo giovani, loro avevano i capelli bianchi...!
Non ci si può fermare, bisogna andare avanti, bisogna continuare a cercare in tutti i campi.
L'esperienza che abbiamo fatto è che non solo non siamo andati avanti, ma - forse - si è tornati indietro... nella liturgia, nell'ecumenismo, nei rapporti con le altre religioni, nei principi della vita morale, nella struttura della Chiesa, nei rapporti con lo Stato. In tanti campi sembra che tutto si sia fermato, che non c'è quella spinta che avevamo da giovani a cercare, a inseguire lo Spirito, a tentare di capire: "Cosa vuole il Signore da noi?".
Il mondo cambia, la comprensione della vita, dell'uomo, del mondo... tutto cambia! Pensate alle tribolazioni che abbiamo avuto per la contraccezione, per la mancanza di rispetto per coloro che volevano non essere più tormentati alla fine della vita, pensate al divorzio, alle problematiche dell'aborto... pensate a tante cose in cui abbiamo trovato sempre un irrigidirsi, un non voler cercare, un non voler capire; una mancanza di rispetto dell'altro.
Ecco lo Spirito avrebbe dovuto spingerci in avanti, a cercare ancora. Ecco perché Gesù ci dice: "Pregherò il Padre perché vi mandi un altro", ma occorre aprirsi allo Spirito, accogliere il suo "vento", la sua spinta, fidarsi di lui, cercarlo, inseguirlo. È difficile!
Un'altra cosa volevo farvi notare: qui avete trovato una parola strana: "Paraclito", che molti di voi - forse - non hanno mai sentito. "Paraclito" è una parola greca che significa: colui che sta vicino, che assiste, che suggerisce, ma è un termine tecnico del processo greco: il Paraclito è l'avvocato difensore e - allora - potremmo domandarci: "Che bisogno abbiamo noi di avvocati? Ora lo Spirito ci deve fare pure da avvocato!" Eh, sì, abbiamo un gran bisogno di avvocato!
Perché di fronte al mondo... ma al mondo concreto, del lavoro, dell'ufficio, dei rapporti famigliari, al mondo sociale, (in questo momento anche in maniera un po' pesante, forse drammatica) al mondo politico... ci viene lo scoraggiamento...
"Ma chi ce lo fa fare a credere nella giustizia, nel bene, nei valori di Gesù? È possibile crederci?" Ed ecco che ci troviamo sotto accusa. C'è gente (è capitato a tante persone che io ho conosciuto) che sul posto di lavoro si è sentito dire: "Oh, non provare a fare più del minimo indispensabile". Succede anche in molti ospedali, sapete?!
Per conservare il coraggio dell'onestà, della ricerca della giustizia, il rispetto di chi è più debole, di chi è più povero… abbiamo bisogno dello Spirito che difenda nel nostro cuore i valori di Gesù, che ci aiuti a conservare la speranza.
L'apostolo Pietro ci esortava nella seconda lettura "a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi", forse per questo abbiamo bisogno di un avvocato serio... ci conviene invocare lo Spirito Santo perché difenda nel profondo del nostro cuore la speranza, il coraggio di inseguire i sogni di Gesù: la giustizia, la pace, il rispetto, la tenerezza, l'apertura agli altri, soprattutto ai più deboli, ai più piccoli... qualche volta ci sembra di non farcela più, eppure non possiamo perdere la speranza: per questo Gesù ci ha promesso un Avvocato difensore.
Il Signore ci aiuti
"Ecco, io sono con voi tutti i giorni, ASCENSIONE del SIGNORE - 1 Giugno 2014
fino alla fine del mondo" Matteo 28, 16-20
Celebriamo oggi - come sapete tutti - la festa dell'Ascensione di Gesù al cielo. Non chiedetevi dove sta adesso Gesù, in quale parte dell'infinito universo che è diventato per noi il cielo. Al tempo di Gesù, il cielo era appena sopra le nuvole, per noi è diventato uno spazio quasi infinito.
Non chiedetevi che corpo ha Gesù, come un corpo possa essere non sottoposto alle leggi del degrado, del cambiamento: sono tutte domande che non hanno senso! Quando ci affacciamo sull'oltre della vita, noi non possiamo comprendere, immaginare niente… possiamo, forse, tentare di intuire qualche cosa di quello che questa celebrazione significa per la nostra fede e la nostra vita.
Vediamo se mi riesce farvi intuire qualche cosa di quello che a me sembra di aver capito di questa festa. Provate a pensare - non dico ad immaginare perchè non possiamo immaginare nulla - che nello spazio di Dio entri Gesù, ma non solo il suo spirito, il suo corpo. Corpo fatto della nostra terra. Corpo come il nostro. Le mani piagate, segno della violenza che l'ha inchiodato sulla croce, ma anche della sua fedeltà fino in fondo: segno, quindi, della vita concreta che ha vissuto in mezzo a noi.
Provate a pensare alle sue mani callose di falegname: quante tavole avrà piallato fino ai trent'anni, quanti tavoli avrà aggiustato, quante sedie? Quelle mani callose fanno parte ora dello spazio e del tempo di Dio!
E - dunque - il corpo, la materialità dell'esistenza fanno parte - adesso - dello spazio e del Regno di Dio. Non c'è più una distinzione così chiara e così netta tra il nostro mondo: il mondo della materia, della carne e il mondo di Dio. È importante!
Vedete... nella prima comunità cristiana è stata combattuta una grossa battaglia. Voi sapete - forse qualcuno - che c'è un vangelo detto di Giuda. È un vangelo apocrifo in cui Giuda non è il traditore, ma il discepolo prediletto: quello che Gesù ha iniziato al Mistero, quello che può capire e che ha un compito, un compito fondamentale... quello di liberare Gesù dalla materia, perché ritorni nello Spirito, perché la materia è male. La materia è fonte del peccato, è lontana da Dio.
Noi crediamo che - invece - questa materia è entrata a far parte di Dio e, quando parlo di materia, parlo non soltanto della corpo dell'uomo, ma di tutto quello che è terrestre... della famiglia, della cura dei figli, della scuola, del lavoro, dell'economia, della politica... tutto questo è buono, ha un valore e, se riempito d'amore, diventa qualche cosa di sacro, in cui è presente Dio.
La nostra vita prende sacralità. Non conta più, come qualche volta ci avevano insegnato, salvarsi l'anima e disprezzare le cose materiali. Qualche volta ci avevano proposto il sacrificio, la rinuncia, il digiuno, il fioretto... quasi che tutto quello che sapesse di materia fosse male.
La festa di oggi ci dice che tutto quello che è parte del mondo, anche del mondo materiale, fa parte di Dio e che Dio è - in qualche modo - in questo mondo!
Quando eravamo bambini ripetevamo (almeno quelli che hanno una certa età) a memoria le rispostine del catechismo, una suonava così: "Dov'è Dio?". "Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo". Soltanto adesso comincio a capire lo spessore di questa risposta. Dio è dappertutto! Non c'è più una distanza assoluta tra la materia e Dio, tra la spiritualità e la corporalità. Dio lo posso trovare nello splendore della pineta, nella bellezza del mare, in un fiore che sboccia, nel sorriso di un bambino, nella tenerezza di un amico. Dio lo posso ritrovare nel posto dove lavoro, nella gente che con me condivide la vita.
Dio lo trovo dappertutto: la natura è una cosa sacra e questa festa ci dice anche che questa natura è affidata a noi. Noi ne siamo i custodi! Non dobbiamo dimenticarla. Non dobbiamo superarla. Dobbiamo costruirla, difenderla. Dobbiamo difendere il creato e, in questo tempo, questo è un discorso particolarmente importante: sembra che la natura si sciupi, che non ci sia più la primavera, che tutto si confonda anche nelle piante... per colpa nostra!
Noi dobbiamo custodire la vita degli uomini, la vita degli ultimi, il diritto del lavoro. Curare l'economia perché diventi più giusta, più onesta, più rispettosa degli altri. Possiamo cercare di fare in modo che la politica sia qualche cosa di alto, di nobile in cui ci si impegni per il bene di tutti: questo è il compito che ci è affidato, perché tutto questo... tutto questo è sacro!
In tutto questo è venuto a calarsi Gesù! Non ha fatto finta di diventare uomo, è diventato uno di noi, carne della nostra carne. Ha lavorato come noi. Ha studiato come noi. Ha cercato come noi… e tutto questo entra nel Regno di Dio.
Vedete - allora - che oggi celebriamo la sacralità della natura, la sacralità della vita, di tutti gli aspetti della vita e anche il nostro impegno a difenderla, a custodirla appassionatamente... a custodire la vita nostra e di chi ci sta accanto e la vita della natura, lo splendore e la bellezza dell'universo: tutto questo è affidato - ciascuno per la propria parte - alla nostra passione, al nostro impegno, alla nostra tenerezza e Gesù ci ha promesso di essere con noi e camminare ancora per le strade di questo mondo.
Il Signore ci aiuti.
…e tutti furono colmati di Spirito Santo PENTECOSTE - 8 Giugno 2014
e cominciarono a parlare in altre lingue… Atti 2, 1-11 - Giovanni 20, 19-23
Soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo".
Tentiamo di celebrare stamane la festa di Pentecoste. È una festa che ha una storia lunghissima. Viene a noi dalla grande tradizione di Israele. Per Israele è la festa delle Settimane, Shavuot, sette settimane, cinquanta giorni dopo Pasqua.
Nei tempi antichi erano sia la Pasqua, sia Shavuot feste dell'agricoltura. Nella Pasqua si celebrava la transumanza; la partenza dei pastori per i pascoli estivi e bisognava far festa con loro e offrire i sacrifici e preghiere perché tutto andasse bene nel cammino. A Shavuot si celebrava la festa della mietitura: feste dell'agricoltura, del tempo che passa e ritorna continuamente... c'è estate, primavera, autunno, inverno e poi si ricomincia: transumanza, mietitura e poi ancora...
Israele ha l'intuizione straordinaria di dare - invece - a queste feste un contenuto della storia. Cerca di celebrare la presenza di Dio nella propria vita ed ecco che la Pasqua che è la festa del passaggio verso i pascoli estivi, diventa la memoria di un fatto storico: l'uscita dall'Egitto, il passaggio del Mar Rosso, la liberazione. Un fatto irripetibile della storia che deve essere celebrato ogni anno perché ogni israelita deve sentirsi libero dalla schiavitù. Deve camminare verso il futuro per costruire la terra nuova, la terra dove scorre il latte e il miele.
E la festa di Pentecoste diventa la festa del dono della Legge. Tutti ricordate l'episodio di Mosè che sale sul monte e scende portando le Tavole della Legge: il dono di Dio al suo popolo che si impegna, in un trattato di alleanza, a osservare questa legge, a camminare con Dio fino in fondo.
I primi cristiani sentono il bisogno di cambiare ancora il senso di questa festa. Per loro, quello che ha cambiato l'esperienza, è l'incontro con Gesù di Nazareth e sentono che in Lui sono stati portati oltre... oltre la tradizione, oltre la Legge. Portati verso il sogno, verso un mondo futuro da cercare e costruire giorno per giorno.
Allora la festa del dono della legge diventa la festa del dono dello Spirito. Pensano che qualche cosa dello spirito di Gesù, dei suoi sogni, della sua realtà sia passata a loro e debbono inseguirla e cercarla. E esprimono questo non con tante parole, (come faremmo noi e come son costretto a fare io, perché viviamo duemila anni dopo) ma con simboli.
Simboli che vi pregherei di tenere nel cuore e di tradurli, ciascuno di voi come può, nella propria lingua, perché tutti dobbiamo essere protagonisti dell'ascolto della Parola e - dunque - guardiamo un momento questi simboli.
I discepoli sono raccolti nel Cenacolo, scende il fuoco... non soltanto un globo in mezzo alla sala, ma su ciascuno si posa la fiamma: sono simboli! (chiaramente non è successo niente di tutto questo) Simbolo del fuoco che deve arderci dentro. A chi ha incontrato Gesù non basta più la legge esterna, rischia di essere - come dice Paolo - "fonte di peccato". Ci vuole un fuoco dentro, occorre credere con passione nella giustizia, nei valori della condivisione e dell'amore. Si tratta di avere dentro una scelta di fondo, un'opzione fondamentale per quello che è giusto e vero e quando c'è questo fuoco dentro la legge scompare e l'uomo fa non soltanto quello a cui è obbligato dalla legge, ma di più... fa tutto ciò che ritiene giusto, anche aldilà di quello che è stabilito.
II fuoco - dunque - ma il fuoco è anche luce. Luce che illumina e che fa vedere uomini e cose, che fa vedere la strada, è una luce sempre da inseguire.
Uno dei simboli più belli del Nuovo Testamento (lo conoscete) è la stella che guida i Magi, che inseguono la Luce. Anche questo ha comunicato Gesù ai suoi discepoli. La Luce non si possiede, la si insegue, la si cerca e non si è mai arrivati.
E un altro simbolo che avete ascoltato: il "vento" impetuoso che scuote la casa, che scuote questa gente... gente impaurita, intimidita... Si spalancato le porte, devono uscire, devono affrontare il mondo e questo "vento" toglie la paura dal loro cuore. Nel Nuovo Testamento, nel Vangelo, negli Atti il contrario della fede non è l'incredulità, ma la paura! Aver paura del futuro, aver paura degli altri, aver paura della vita: questo è non avere fede!
E - dunque - il vento che scuote, che apre, che spalanca, che porta verso il futuro, che spinge in avanti, come quando una nave spiega le vele al vento.
E l'altro segno: (forse il segno su cui la prima lettura mette il suo accento) tante lingue, tante persone diverse e tutti si ritrovano e si capiscono: è il grande sogno dell'umanità! Un sogno che per noi dovrebbe essere più vivo, perché il mondo è ormai diventato un villaggio globale, perché troviamo alla televisione, sui giornali, a volte anche nelle persone che incontriamo, tante culture diverse, tanti modi di pensare diversi.
Pensate all'Estremo Oriente, alla grande saggezza del Buddismo, dell'Induismo. Pensate alle tribù primitive dell'Africa. Pensate a tutto quello che volete... quanti valori, quante parole... parole diverse e - allora - il sogno... il sogno che queste parole diventino parole comuni e che di queste parole si cerchino le migliori e diventino patrimonio dell'umanità: questo sogno avevano i primi cristiani e così minuziosamente è descritto in questa prima lettura.
Avete ascoltato i nomi di tanti popoli (oggi sono molti di più) e, questo sogno, sarebbe bene che ce lo portassimo nel cuore, ma i sogni non possono rimanere astratti, devono concretizzarsi nella vita di ogni giorno e - allora - il sogno è di capirci anche tra di noi.
Qui ci sono parecchie persone che hanno una certa età... capire i ragazzi, i giovani oggi... a volte ci sembrano così smarriti e, questi giovani, dovrebbero tentare di capire noi che siamo adulti, che abbiamo la nostra esperienza, che abbiamo vissuto le nostre storie.
Quando ero bambino... (ci ripensavo in questi giorni perché ci sono le celebrazioni della liberazione di Roma e ricordo la prima camionetta americana... ) il mondo era distrutto intorno a noi. C'era fame e miseria e violenza, eppure dovunque ti voltavi sentivi passione per la vita: voglia di ricostruire, un carico di speranza che oggi sembra non ci sia più.
Ecco, i ragazzi hanno tanto da insegnarci e - forse - noi abbiamo da insegnare loro il coraggio della speranza, la voglia di ricostruire, di tentare di vivere in un mondo in cui ci si capisca, si cammina insieme, si sappia condividere: ecco i grandi sogni che la festa di Pentecoste ci comunica!
Sogni... sogni che - forse - realizzeranno i nipoti dei nipoti dei nipoti di voi che siete qui. Non ha importanza! Noi verso il sogno dobbiamo camminare. Oggi celebriamo un "vento" che ci spinge in avanti, che ci invita a cercare, ad aprire le porte, a parlare linguaggi comuni, a camminare insieme, a condividere la vita, ciascuno nel proprio ambiente, nella propria famiglia, con la gente che ha intorno, con chi incontra, capirsi, dialogare, camminare possibilmente senza gridare, verso un mondo in cui diventino concreti i sogni di Gesù.
Il Signore ci aiuti.
"Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, SANTISSIMA TRINITÀ - 15 Giugno 2014
unigenito, perché chiunque crede in lui non Giovanni 3, 16-18
vada perduto, ma abbia la vita eterna"
Tentiamo, oggi, di celebrare la festa della Santissima Trinità: il mistero di Dio. Credo che tutti siate convinti che Dio abita l'oltre, la luce inaccessibile, è aldilà di ogni nostra parola, di ogni nostra idea, di ogni nostra immaginazione. In Lui è la pienezza dell' essere, dell'esistenza e la nostra mente non può che smarrirsi quando tenta di affacciarsi sul mistero di Dio. È veramente troppo grande il suo mistero per noi, per la nostra mente!
So che anche per molti di voi i tentativi un po' ingenui che facevano i nostri catechisti (almeno per chi ha i capelli bianchi) di spiegarci il mistero della Trinità attraverso il triangolo, il trifoglio e in quel triangolo c'era quell'inquietante occhio che ci scrutava dappertutto... questi tentativi che ci sembravano (almeno sembravano a me che ho sempre amato poco la matematica) una specie di astruso teorema matematico in cui tre è uguale a uno e uno uguale a tre e non si capiva niente... penso che tutto questo sia morto nella mentalità di molti di voi, come è morto nel mio cuore, nella mia mente.
E allora... allora - forse - possiamo rivolgerci al Vangelo che può tentare di farci dare del "Tu" a Dio, ma senza mai perdere il senso dell'oltre, del mistero. C'è un rischio che la Chiesa ha corso in questi duemila anni di fare Dio a propria immagine e somiglianza, di usare il nome di Dio per fare guerre, conquiste, stragi terribili. Usare il nome di Dio è qualche cosa che l'uomo dovrebbe, veramente, allontanare da sé con tutte le sue forze.
L'Antica Scrittura dice che il nome di Dio non deve essere nemmeno pronunciato. Quando nel testo un ebreo trovava il nome proprio di Dio, non lo pronunciava, pronunciava un'altra parola: per dare il senso del mistero...
Eppure non possiamo fermarci qui! Il Vangelo tenta di farci dare del "Tu" a Dio. Gesù ci invita a chiamare Dio: "Abbà". È una parola della sua lingua aramaica, molto simile - come sentite dal suono - alla nostra parola "papà". Chiamare Dio, Papà! Ma rischiamo di farlo, ciascuno di noi, a nostra immagine.
Quando ci avviciniamo al Vangelo e ci confrontiamo con questo "Papà", ci troviamo di fronte a un Padre che, quando il figlio minore, che ha sciupato tutto, vivendo dissolutamente, torna... non ha una parola di rimprovero, non sceglie la punizione più adatta, ma prepara una festa e noi ci troviamo dalla parte - spesso - del figlio più grande che chiede: "Perché?..." e non vuole entrare nella festa. Lui che ha lavorato duramente non accetta!
E poi... sotto croce c'è tanta gente che dice: "Se tu sei il Figlio di Dio, scendi e crederemo! Se sei il Figlio, tuo Padre verrà in tuo aiuto e ti salverà". Ma non è stato salvato!
Che Padre è quello che chiede il sacrificio del Figlio?! Che Padre è colui che permette che i bambini muoiano, fuggendo dalla violenza, dalla sopraffazione, dallo sfruttamento, dalle bombe? Dov'è il Padre, che Padre è? E la mente - vedete - si smarrisce e non capiamo e cerchiamo a tentoni di buttare il nostro sguardo nell'oltre in cui abita Dio e nella nostra responsabilità di uomini.
Forse ci è più facile dare del "tu" a Gesù di Nazareth, al profeta di Galilea. Quando Lui proclama: "Beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace, gli affamati e assetati di giustizia" ci sentiamo dalla sua parte. Quando si nasconde dietro l'ultimo e il più piccolo degli uomini, ci sentiamo dalla sua parte. Quando ci chiede che la nostra giustizia superi quella dei maestri della legge, cominciamo a fare fatica a capire cosa vuole, cosa ci chiede, dove ci vuole portare. Chi è veramente Gesù nella nostra vita?
Ed ecco - vedete - possiamo solo continuare a cercare. Ma la mente si smarrisce totalmente quando recitiamo le parole del Credo. Ho ascoltato (anche nei giorni passati) delle persone che chiedono: "Cosa significa che Gesù è il Figlio di Dio? Che vuol dire che Dio è Padre e Figlio, ma sono uguali - come si recita nel Credo - della stessa sostanza, due persone esattamente uguali, ma Padre e Figlio?".
Questo linguaggio ci aiuta a capire qualche cosa? Quando pensiamo a Gesù come Figlio di Dio la mente si smarrisce e ci conviene tornare a Gesù di Nazareth.
Forse avrete notato che nei loro discorsi i Papi... l'ultimo, ma anche i precedenti, Benedetto, Giovanni Paolo secondo, non usano mai questo linguaggio, non vi hanno mai parlato della Trinità, del Padre che genera il Figlio.
Questo linguaggio, per noi, appartiene a un tempo passato. Noi abbiamo bisogno di incontrarci con Gesù di Nazareth, di poter dargli del "Tu", di poter intuire nella sua vita, nei suoi gesti, nelle sue parole qualche cosa della luce inaccessibile di Dio e - soprattutto - intuire nelle sue parole la realtà profonda del nostro essere uomini, perché Dio è anche in noi.
Domenica scorsa abbiamo celebrato lo Spirito, il "vento" leggero che ci spinge in avanti, ma che dobbiamo sempre inseguire: il vento che ci riscalda il cuore e ci toglie la paura.
Ecco, non capiamo, non possiamo vedere il volto di Dio, ma continuiamo a cercare senza stancarci, tentando di dargli del "Tu" e di sentirlo vicino. Nel "Padre Nostro" continueremo a ripetere: "Padre sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà".
Dov'è la volontà di Dio sulla nostra vita, cosa mi chiede, dov'è il suo Regno, come si costruisce qui sulla terra? Ma - vedete - che cominciamo a non parlare più di Lui, continuiamo a parlare di noi, della nostra vita. Forse per questo Gesù è venuto a condividere la nostra vita, per farci intuire qualche cosa non tanto di Dio, ma di quello che siamo noi e di quello che è importante che cresca nella nostra esperienza di uomini.
Il Signore ci aiuti.
"lo sono il pane vivo disceso dal SS. CORPO e SANGUE di CRISTO - 22 Giugno 2014
cielo. Se uno mangia di questo Giovanni 6, 51-58
pane vivrà in eterno..."
Se leggete il libro degli Atti degli Apostoli vedrete che, fin dai primissimi tempi della Chiesa, i discepoli di Gesù si radunano ogni sette giorni (come facciamo noi) intorno a una tavola per spezzare il Pane e nutrirsene insieme, per benedire il Calice del vino e condividerlo.
Benedire il pane e il vino e condividerlo, specialmente al sabato, era una tradizione antichissima del popolo d'Israele e di molti altri popoli vicini.
Gesù sembra aver fatto di questo gesto il cuore della Chiesa, della preghiera, della fede dei suoi discepoli e fin dai primissimi tempi i discepoli hanno tentato in tutti i modi di capire qual è il senso di quello che facciamo qui ogni domenica. Perché spezzare il pane e condividerlo?
Ci sono tanti significati: si fa memoria di Gesù, si rivive la sua vita, si celebra l'Alleanza, ci si nutre di Lui.
Oggi vorrei attirare l'attenzione su un aspetto particolare, ma per i primi cristiani - forse - è un aspetto fondamentale. Voi - forse - sapete che il primo racconto che abbiamo della Cena del Signore si trova, non nei Vangeli, scritti negli anni ottanta, ma nella Prima Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto, che è scritta trent'anni prima, negli anni cinquanta...
Paolo ricorda ai cristiani quello che lui ha ricevuto, che loro conoscono: il racconto della Cena del Signore. Perché glielo ricorda? Questo (secondo me) è importante per capire qual'è per Paolo il significato dell'Eucaristia.
Vi leggo qualche frase della sua Lettera. Dovete pensare che la Messa, così chiamiamo l'Eucaristia, a quel tempo non era una cosa così formale come per noi, si ritrovavano a cena intorno a una tavola, ognuno portava qualche cosa da mangiare e mangiavano insieme e poi spezzavano il pane, lo benedicevano… Paolo sente dire che nella comunità di Corinto succede questo: "ciascuno quando siede a tavola comincia a prendere il proprio cibo e così, uno ha fame e l'altro è ubriaco": non sanno condividere quel poco che hanno portato! C'è chi è più ricco e mangia in abbondanza, il più povero rimane senza niente.
Le parole di Paolo sono durissime: "Questa non è la Cena del Signore. Volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente...?". Vedete - per Paolo - l'Eucaristia è il segno più forte della Chiesa di Dio: "Volete disprezzare la Chiesa di Dio!".
Paolo pensa che quello che noi facciamo è un segno di condivisione, esige la capacità di condividere quello che si è e quello che si ha, nella vita di tutti i giorni. Questo lo ritrovate nel Vangelo: il catechismo dei primi cristiani sull'Eucaristia consiste - fondamentalmente - nel racconto della moltiplicazione dei pani.
Lo conoscete tutti: c'è gente che ha fame, non si sa dove trovare il pane, ma c'è un ragazzo che ha cinque pani e due pesci. Dice Gesù: "Portateli qui". Nel momento in cui il pane si condivide, si moltiplica e tutti possono mangiarne: ecco il segno della condivisione!
Ma c'è di più! Se leggete il Vangelo di Giovanni, non trovate il racconto del Pane spezzato, forse perché tutti ormai lo conoscono... aggiunge nella Cena il gesto di Gesù che si china a lavare i piedi dei discepoli e dice: "Come ho fatto io, fate anche voi".
Ecco condividere, lavarsi i piedi gli uni con gli altri: questo è - forse - il senso più profondo di quello che facciamo qui.
Ora - vedete - noi abbiamo un problema! Non siamo più come i primi cristiani un piccolo gruppo in cui tutti si conoscono e magari c'è qualche tensione. Qui molti di noi non si conoscono, veniamo qui e ci ritroviamo, preghiamo insieme (questo è già importante: condividiamo almeno la preghiera), ma poi usciamo e ognuno va per la sua strada.
Questa celebrazione deve avere un senso per la vita di tutti i giorni. Qui diciamo che la vita è condivisione, è servizio… questo si fa (non pensate a grandi cose) nella vita quotidiana.
Il servizio dei genitori verso i figli, del marito verso la moglie e della moglie verso il marito, gli amici... la condivisione della vita con gli amici, il servizio di un insegnante nei confronti dei suoi alunni, del medico nei confronti dei suoi malati, dello spazzino che pulisce con cura la strada: servizio, condivisione della vita, perché la vita sia più bella per tutti, sia più ricca.
Qui celebriamo soltanto un segno, un simbolo, ma l'Eucaristia non si vive qui, si vive a casa ogni giorno, si vive nella vita del lavoro, si vive condividendo quello che noi siamo, mettendo al servizio degli altri le nostre capacità, allargando anche il nostro orizzonte, al mondo sociale, politico, al mondo globale.
Oggi ci confrontiamo con dei grandi, forse insolubili, problemi di tanta gente disperata che viene a chiederci aiuto. Come poter condividere con loro qualche cosa?
Oggi abbiamo problemi di giustizia sociale, di rispetto della civiltà comune, di tasse che dovrebbero pagare tutti, di superamento dei drammi della mafia, della 'ndrangheta... avete ascoltato - forse tutti ieri - le parole durissime del Papa. Lui non lascia passare giorno senza ricordarci che dobbiamo diventare accoglienti verso gli altri, creare una società più giusta: è quasi scontato quello che dice il Papa, eppure per Lui e per noi è così difficile farlo!
Ma - vedete - quando veniamo qui e spezziamo il pane e ci nutriamo di Gesù dobbiamo ricordare che il senso di quello che facciamo, non lo viviamo qui, ma fuori nel condividere la vita, nel metterci l'uno al servizio degli altri e (vi ripeto) non pensate a grandi cose, ma a quelle di ogni giorno: preparare un buon caffé, raccontare una barzelletta, fare una carezza, essere attenti ai figliuoli quando hanno qualche cosa da dire, eccetera... allargate come volete il discorso, ma questo è il cuore di quello che celebriamo qui ogni domenica, altrimenti diventa soltanto un rito, una celebrazione che si fa soltanto per senso del dovere.
Andate oltre il dovere. Cercate di comprendere il senso di questo gesto che Gesù ha voluto mettere nel cuore della nostra fede e auguriamoci di tentare di viverlo ogni giorno come possiamo, senza scrupoli, senza sensi di colpa, ma con tutta la generosità che possiamo.
Il Signore ci aiuti.
Disse loro: "Ma voi, chi dite che io sia?" Rispose SS. PIETRO E PAOLO - 29 Giugno 2014
Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Matteo 16, 13-19
Quando ero bambino (penso sia capitato anche a chi ha i capelli bianchi) al catechismo mi parlavano - spesso - dei santi e delle loro vite, dei prodigi che facevano, delle cose straordinarie... È vero che alcuni di loro, prima di incontrare il Signore, sono stati dei grandi peccatori, ma poi una volta che hanno incontrato Gesù, diventavano quasi perfetti, non sbagliavano mai, avevano il dono dello Spirito, sapevano "tutto"!
Ci propinavano questi racconti i nostri catechisti e anche andando a Messa la domenica non mancava predica in cui non si sentisse qualche racconto sui santi; sempre persone straordinarie, perfette, che facevano grandi preghiere, grandi digiuni, grandi opere.
Con stupore e gioia, cominciando (da grandi, perché da piccoli non ce lo facevano leggere) a leggere il Vangelo, ho scoperto che i santi sono tutt'altra cosa! Gente come noi, povera gente.
Prendete Pietro... lui non ha fatto grandi peccati, non è un grande convertito; un pescatore di Galilea che ha avuto la straordinaria fortuna di incontrare Gesù e ha cominciato ad andargli dietro, ma ogni tanto non capiva, rimaneva perplesso, qualche volta - addirittura - rimproverava Gesù. Se leggete poco avanti il Vangelo che abbiamo letto stamattina... quando Gesù gli parla della croce, di andare a Gerusalemme, Pietro dice: "Non sia mai" e Gesù: "Sta lontano da me, Satana". Addirittura lo chiama Satana!
Poi - come sapete - Pietro è arrivato a rinnegare Gesù, ma anche dopo la Risurrezione (se leggete il libro degli Atti degli Apostoli) trovate che Pietro - a volte - non capisce, fa fatica ad aprirsi al mondo. Qualche volta l'apostolo Paolo deve litigare con lui, rimproverarlo aspramente, perché si comporta in maniera ipocrita: questi sono i santi!
E Paolo... lui è stato un grande peccatore, ha perseguitato la Chiesa e poi sulla via di Damasco si è convertito. E mi aspettavo, quando ero bambino, che da allora in poi sarebbe diventato perfetto! Provate a leggere le sue lettere, il Libro degli Atti degli Apostoli e trovate un uomo collerico, intollerante che - a volte - non capisce.
Quest'anno abbiamo letto il Libro degli Atti, la prima Lettera ai Corinzi e ci siamo - qualche volta - trovati a ridere dell'apostolo. Dice sciocchezze e non piccole, non solo, ma le vuole imporre in maniera intollerante e abbiamo riso di lui e ci siamo sentiti liberi!
Perché - vedete - quando uno ride dell'apostolo poi, nella Chiesa, può ridere di tutti! Non c'è Papa, vescovo, parroco... voi avete tutto il diritto di ridere di me: "Questo è scemo!". L'abbiamo detto di Paolo...! Siete liberi, dovete pensare con la vostra testa!
Ma - allora - se questi due hanno tutti questi difetti perché li onoriamo come santi? Perchè, senza stancarsi, hanno continuato a cercare Gesù e tentare di credere in Lui: nonostante i dubbi, le difficoltà hanno continuato ad andargli dietro.
Quando Gesù si volge e chiede agli apostoli: "Volete andarvene anche voi?". Pietro gli risponde: "Dove andiamo, Signore, Tu solo hai parole di vita eterna".
Ecco, Pietro, va dietro a Gesù perché è innamorato di Lui, anche se non capisce vuole continuare ed è arrivato fino in fondo, fino a dare la sua vita per Lui, fino a morire. La leggenda (sembra che sia una leggenda) vuole che Pietro qui a Roma sia morto, crocifisso a testa in giù, perché non voleva essere come il suo Maestro... una leggenda, ma forse esprime il desiderio di Pietro di seguire veramente il Signore, di essergli fedele fino in fondo, di riconoscere in Gesù la luce, la pienezza della propria vita.
E lo stesso è accaduto per Paolo: fedele fino in fondo. Avete ascoltato nella lettera che abbiamo letto stamattina: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa (pensa di essere arrivato alla fine) ho conservato la fede". Ecco la grandezza di Paolo: ha conservato la fede, l'essenziale della fede, può dire anche sciocchezze, ma il rapporto con Gesù, che per Paolo è un rapporto di libertà, di vita, è un rapporto appassionato che lo porta a correre per il mondo per testimoniare solo Lui... questo, Paolo, lo ha vissuto fino alla fine.
Per questo possiamo considerare Pietro e Paolo come maestri, come esempi, come modelli... vicini a noi perché, come noi, sono povera gente, perché, come noi, hanno i loro dubbi, le loro difficoltà, le loro incomprensioni eppure, con cocciutaggine continuano ad andargli dietro, dicendo: "Signore, Tu hai parole di vita. Dove andiamo lontano da Te?!".
È il nostro cammino di cristiani, qualche volta ci sentiamo confusi, non capiamo più niente, qualche volta ci sembra di smarrire la strada e poi, anche noi, ritorniamo da Gesù e - come ha fatto con Pietro - non ci rimprovera. Ci chiede per tre volte se gli vogliamo bene, se vogliamo ancora camminare con lui.
Penso che tutti noi vogliamo camminare con Gesù fino in fondo, continuare a credere, a fidarci di lui, a vivere i suoi valori.
Il Signore ci aiuti.
"Venite a me, voi tutti che siete XIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 6 Luglio 2014
stanchi e oppressi, e io vi darò Matteo 11, 25-30
ristoro".
Abbiamo ascoltato una delle pagine più straordinarie del Vangelo, che - forse - più di altre ci aiuta a comprendere cos'è il Vangelo.
Vedete "Vangelo" è una parola greca che non è stata tradotta, forse per la difficoltà di traduzione. Si potrebbe tradurre: un lieto annuncio, una bella notizia, un annuncio di vita, un annuncio dell'amore di Dio, della gloria dell'uomo. Hanno preferito lasciare "Vangelo".
Troppe volte, nella mia esperienza, c'è gente che ha vissuto il Vangelo come una serie di regole, di comandamenti che - spesso - mettono un peso sul cuore della gente e non come un annuncio di libertà, di vita.
Abbiamo letto che il Vangelo è una rivelazione fatta soprattutto ai piccoli, ai semplici, a gente che sa cogliere l'essenziale del messaggio di Gesù... la sua capacità di amare, il servizio, il condividere la vita, il camminare insieme, il desiderio della pace, la voglia della giustizia.
Io, che ho avuto tante fortune nel corso della mia vita, ho conosciuto fin da quando ero bambino, i valori essenziali del Vangelo da gente che non aveva fatto nemmeno le scuole elementari; da persone semianalfabete che pure ti comunicavano, con le loro parole, e ancor più con la loro vita, il senso di Gesù, la sua presenza nella tua vita, i suoi valori.
Ho avuto anche la fortuna di incontrare persone straordinarie, geniali che erano - però - semplici come bambini. Non pensavano mai di importi il loro modo di vedere. Non ti davano tante risposte, ma ti aiutavano a porti domande: persone che cercavano con te, che si sentivano piccole, in ricerca, in cammino verso la luce del Signore e ti comunicavano questa ricerca.
Ho avuto la fortuna di incontrare bambini che avevano delle intuizioni straordinarie sul Vangelo, che ti facevano sentire il messaggio di Gesù vicino, parte della tua vita: ecco, il Vangelo non è cosa per gente che pensa di sapere tutto, che ha una grande cultura. Il Vangelo è per gente semplice che ti comunica i valori essenziali attraverso la parola e la vita.
Di più il Vangelo non è solo per persone che sanno fare cose straordinarie, eroiche. A volte leggete sui giornali o sentite parlare alla televisione di Santi, che hanno fatto grandi opere, compiuto miracoli... mi è capitato tante volte che qualcuno mi domandava: "Don Checco, quali sono i suoi santi?". "I santi miei, tu non li conosci!". È gente che mi vive accanto, gente dal cuore tenero, che sa dare un sorriso a chi gli sta vicino, sa accompagnare un malato, sa mettere la mano sulle spalle a un amico che è in difficoltà.
Comunicare il Vangelo, essere Santi non è compiere grandi opere, è tentare di comunicare a chi ci sta intorno la tenerezza, i valori di Gesù, il servizio, la condivisione, il camminare insieme, il sapersi tenere per mano, le piccole cose di ogni giorno: questa è la santità!
Ma c'è un'altra cosa in questa pagina - secondo me - straordinaria del Vangelo. Chi ha potuto mettere nel cuore dell'uomo la paura di Dio dopo aver ascoltato queste parole?: "Venite a me , voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Imparate da me che sono mite e umile di cuore".
Sapeste quanta gente ho incontrato (nell'ormai lungo cammino della mia vita sacerdotale) che si portava nel cuore la paura di Dio, la paura del giudizio, di essere condannati. Ho incontrato delle mamme che avevano paura di essere punite - addirittura - nei loro figli per certi sbagli che avevano fatto!
Chi può mettere nel cuore la paura di Dio dopo aver letto il Vangelo, dopo aver visto Gesù andare incontro alla gente dal cuore pesante, oppressa dal senso della colpa? Non lo dimenticate: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro, imparate da me che sono mite e umile di cuore". Questo è Dio, questo è Gesù, questo è l'Evangelo: il lieto annuncio che toglie la paura dal cuore, che ti da il senso della vita, della santità.
Ecco questa pagina del Vangelo, non è rivolta ai dotti, ai sapienti, a coloro che fanno grandi cose, a coloro che sanno tutto, a coloro che fondano Ordini religiosi, che fanno grandi prodigi... il Vangelo è per la gente di tutti i giorni: è per me, è per voi ed è un messaggio di liberazione, è un messaggio di vicinanza di Gesù.
Qualunque peso abbiamo sul cuore possiamo andare da Lui e ci metterà la mano sulla spalla e camminerà con noi: "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro" Questo è il Signore in cui crediamo, questo è Gesù che celebriamo, che si fa Pane per condividere la nostra vita, che si dona a noi totalmente.
Come si può aver paura di Dio dopo aver ascoltato il Vangelo?
Il Signore ci aiuti.
"Ecco, il seminatore XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 13 Luglio 2014
uscì a seminare..." Matteo 13, 1-23
Sono ormai passati tanti anni da quando ho letto per la prima volta un bel libro sulle parabole... questo modo di parlare che sembra essere una delle caratteristiche di Gesù, per tentare di comunicare il suo messaggio attraverso dei piccoli simboli tratti dalla vita di tutti i giorni (dei giorni di allora, noi viviamo in un altro tempo).
Allora ero un giovane prete e cominciavo insieme con altri a scoprire un po' il Vangelo e, questo libro, ci aveva illuminati perché ci invitava a fare una distinzione tra la parabola che sembra risalire direttamente a Gesù e la spiegazione che, invece, la prima comunità cristiana tenta di dare e secondo me è particolarmente significativo perché ci fa vedere il rischio del commento della Parola.
Oggi faccio una predica in cui parlo contro di me e contro tutti i preti e anche contro il Papa... ma devo farvi una premessa: predicare è - forse - una delle cose più difficili... perché? Perché una buona predica, dovrebbe comunicare speranza, desiderio del futuro, fiducia in Dio, nella sua Parola, fiducia in noi stessi.
La parabola che abbiamo letto è carica di questa fiducia. Provate ad immaginare come può essere stata detta da Gesù. Immaginate di trovarvi su una delle colline intorno al lago di Galilea, siamo in autunno e i discepoli intorno a Gesù, accanto al focolare, dicono: "Cosa combiniamo? Nessuno ci ascolta. Sembra che la Parola vada perduta. Tu parli, parli, ma cosa cambi del mondo?"
E Gesù deve aver detto: "Guardate quel seminatore lassù? Sta spargendo il suo seme nei magri campi, pieni di sassi, di rovi e una parte gli va sulla strada, una parte in mezzo ai rovi, una parte dove la terra è sottile. Sembra tutto perduto! Quanta ansia nel suo cuore... conoscete, poi la grande festa della mietitura: il trenta, il sessanta, il cento per uno, un cosa straordinaria. Ecco, a noi succede come a lui. Non abbiate paura! Se la Parola è giusta, porterà frutto. Si spanderà nel mondo. Darà a chi la cerca qualcosa nel cuore. Comunicherà fiducia, speranza, i valori autentici".
E guardate adesso - invece - la spiegazione che ne danno i primi discepoli.
Cominciano a dire: "C'è chi è buono e chi è cattivo. Ci sono coloro a cui questa Parola è destinata e coloro a cui non è destinata. Poi non si parla più del seme, ma del terreno: tu che terreno sei, pieno di sassi, pieno di rovi?".
Vedete il moralismo? Così si mette un peso sul cuore della gente. La spiegazione della parabola non parla più della Parola, parla del terreno, parla di me, parla di voi: "Tu che terreno sei?" E io me ne esco - invece che con una carica di fiducia e di speranza - con un peso sul cuore. Faccio l'esame di coscienza e mi trovo.... chi di noi si trova perfetto, chi si trova giusto, chi può dire sono buono, non ho nessuna preoccupazione che mi distoglie dalla Parola del Signore? E rischiamo di uscire afflitti… e abbiamo perso il messaggio di Gesù che è un messaggio di speranza, che è il coraggio del futuro, della vita.
Vi dicevo che parlo contro di me perché molto spesso (me ne rendo conto) da qui faccio anch'io moralismo. Vi dico: "Dovete essere bravi, dovete essere buoni, dovete... ". Non c'è niente di più facile che dire questo, ma il messaggio di Gesù è un altro: "Coraggio, abbi fiducia!".
Guardate come sono spesso le prediche dei preti! Anche il Papa, ha spesso un rimprovero da fare, tanti ammonimenti morali, tante parole su come dovremmo essere... ma il coraggio della speranza come ce lo comunica?! Come facciamo noi preti a comunicare la speranza, ad essere come Gesù che diceva: "Non abbiate paura, il seme sembra perdersi, ma poi c'è la grande festa della mietitura"?.
E quello che vale per noi preti che facciamo fatica... vale anche per voi, per i papà, per le mamme, per i nonni, per gli insegnanti. Comunicare speranza...! Non basta dare voti, mettere paura di prendere un voto cattivo. Bisogna comunicare fiducia. Bisogna comunicare passione per il bene, passione per la verità, per la giustizia: è il compito di ciascuno di noi, ma è la cosa più difficile!
Fare moralismo è facile! Dire: "Devi fare così, devi fare così... Se non studi bene ti metto un brutto voto..." Comunicare passione per quello che studi, la bellezza di quello che leggi, che impari... questa è un'arte difficile!
Abbiate pazienza e misericordia con noi preti. Abbiate misericordia per me. Qualche volta ci provo. So che dovrei fare sempre così, ma è quasi impossibile. Non ci riesco io, ma - forse - ci riuscite poco anche voi e - allora - non ci resta che chiedere l'aiuto del Signore per riuscire ad essere testimoni di speranza, di futuro, di fiducia, di vita: questo è l'essenziale, questo è l'Evangelo, la lieta notizia che Gesù è venuto a portarci attraverso le sue straordinarie parabole. Ne ascolteremo una anche domenica prossima.
Il Signore ci aiuti.
Il regno dei cieli è simile a un XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 20 Luglio 2014
uomo che ha seminato del Matteo 13, 24-43
buon seme nel suo campo...
Oggi - come avete notato certamente - abbiamo non una, ma ben tre parabole e di una anche la spiegazione e ci toccherà notare - come la volta scorsa - che la spiegazione è profondamente diversa dalla parabola.
Cominciamo a guardare le tre parabole. Sono certamente parabole cariche di speranza. Tentano di dare alla comunità dei discepoli, ma anche a noi, la speranza del futuro. La speranza che il "seme" che ci appare qualche volta piccolo come un granellino di senape, poi diventerà un albero e porterà i suoi frutti.
Il "lievito", quel pugnetto di lievito... (voi non impastate più, nella grande madia con tre staia di farina, forse ne avete un'idea) Quel piccolo pugnetto di lievito che sembra niente, poi fa fermentare tutta la pasta e si cuoce il buon pane nel forno.
E il campo in cui c'è la zizzania, ma alla fine anche lì ci sarà la festa della mietitura.
Parabole - quindi - che cercano di mettere fiducia nel cuore dell'uomo. Il seme sembra piccolo... quello che seminiamo anche noi... i genitori nei figlioli, i maestri negli alunni... sembrano piccole cose, ma se sono i semi giusti dobbiamo aver fiducia che porteranno frutto.
Così, noi siamo come un po' di lievito, sembriamo cosa da niente, ma pian piano questo lievito può portare il suo frutto, può far crescere la "farina", la bellezza della vita del mondo.
La prima parabola è più drammatica perché affronta il tema - forse - più difficile della vita dell'uomo: il tema del male. Da dove viene il male e come ci si comporta con il male e che cos'è il male?
C'è il male nel buon campo! E i servitori vogliono andare a strapparlo e Gesù li ferma: "Rischiate di strappare insieme alla zizzania il buon grano". Gesù teme che il buon grano venga strappato. La paura di Gesù (secondo me profondamente fondata) che l'uomo non sappia distinguere il buon grano dalla zizzania.
Credo che non lo sappiamo distinguere nemmeno dentro di noi… quante volte ho trovato (in parte dentro di me, ma anche nelle persone con cui mi è stato dato di parlare) l'incapacità di distinguere - anche dentro di noi - che cosa è giusto e cosa non lo è. Ho visto tanti sensi di colpa per delle stupidaggini, per delle cose che di negativo non avevano niente ed erano tentati di "strappare" via tutto insieme al buon grano, ai buoni sentimenti, anche quello che a loro sembrava zizzania e non lo era.
Se guardate aldilà di voi stessi (forse avete esperienza simile alla mia) e guardate alla storia della Chiesa... è una storia terribile. Troppe volte si sono bruciati, non i malvagi, ma le persone giuste. Sono stati bruciati eretici, streghe, donne di buona volontà perché avevano detto una parola diversa, perché professavano - secondo loro - falsità. Non si guardava ai fatti, ai gesti, a quello che uno faceva, ma a quello che diceva, a come pensava… e doveva essere sradicato dal "buon campo".
Mi diceva una volta un amico sacerdote che conosceva la storia: "Ricordati, Checco, hanno sempre scomunicato quelli sbagliati". Ed è vero! È il dramma della storia della Chiesa! Non sono stati scomunicati quelli che hanno firmato le leggi razziali. Non sono stati scomunicati quelli che hanno organizzato i campi di sterminio. È stato bruciato Giordano Bruno. È stato messo in prigione Tommaso Campanella, alcuni li hanno infilati nell'olio bollente...
Il fanatismo, il voler trovare il male senza saper distinguere il bene dal male. Ecco, Gesù ci mette in guardia da tutto questo. Vorrebbe che fossimo come un piccolo "seme" e che con pazienza, con rispetto, fossimo capaci di testimoniare quello che abbiamo dentro, con la fiducia che crescerà in tutti i campi della nostra vita.
Dovremmo essere come la massaia che prende un pugnetto di lievito... Dovremmo essere il "lievito" e cercare di combattere la zizzania nel mondo, ma con pazienza, con rispetto cercando, prima di tutto dentro di noi e poi negli altri, di capire che cos'è il male.
Ora date un piccolo sguardo alla spiegazione della prima parabola: è impressionante! Tutto diventa chiaro! Ci sono i buoni, ci sono i cattivi, ci sono i diavoli, ci sono gli angeli, questi all'inferno, questi nella luce... tutto è chiaro, tutto è semplice! Ma è questo il dramma del mondo?
Il dramma del mondo è infinitamente più complesso e bene e male sono mescolati dentro ciascuno di noi e dovrebbe essere un cammino verso il futuro, verso un mondo migliore con il contributo di ciascuno di noi, con la fiducia, con la speranza, con la certezza che Gesù vuole darci.
Il bene è più grande del male. C'è più bene nel mondo che male. Molti di noi fanno fatica a crederlo perché guardiamo la televisione, ma alla televisione ci fanno vedere soltanto immagini di morte, gente che ruba, che uccide, che fa violenza agli altri.
La gente che studia, che lavora, che insegna, i genitori che si curano dei figli... tutto queste cose non le vedete, ma sono la maggioranza nel mondo. Queste cose sono il "lievito" del mondo. Queste cose sono quelle che ci fanno vedere che pian piano l'umanità, faticosamente va avanti nonostante tanti drammi.
Ci sono i drammi; non dobbiamo chiudere gli occhi, ma non dobbiamo vedere solo una parte del mondo altrimenti ci viene meno la speranza.
Conservare la speranza senza intolleranze, con fiducia nel futuro, con fiducia in Gesù che cammina con noi, che si fa Pane per noi... è la vita cristiana! Sembra semplice, ma è una delle cose più difficili. I cristiani di tutti i tempi hanno avuto grande difficoltà a conservare speranza e fiducia nel proprio cuore, a camminare tentando di costruire il futuro, ma in parte ci sono riusciti.
Il Signore ci aiuti
"Il regno dei cieli è simile a un XVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 27 Luglio 2014
tesoro nascosto... a una perla Matteo 13, 44-52
di grande valore... a una rete
gettata nel mare..."
Nelle domeniche precedenti (forse lo ricordate) abbiamo ascoltato tutta una serie di parabole in cui Gesù cerca di comunicare ai discepoli e anche a noi la fiducia, la speranza, il coraggio di fronte alla vita... anche se il "seme" sembra cadere nel terreno povero, anche se c'è "zizzania", anche se il seme è piccolo piccolo... non dobbiamo scoraggiarci: è l'invito del Signore alla fiducia, alla speranza.
Oggi trovate il cuore di questo discorso di Gesù, un cuore che è fondamentale per quello che ho capito io. Per conservare la speranza occorre avere un "tesoro" nel cuore, una "perla", che abbiamo cercato, scoperto e per la quale siamo disposti a giocarci la vita.
Vedete, questo vale in tutti i campi. Vale per lo scienziato che ha trovato la "perla" nella scienza, la passione per scoprire, inventare. Vale per il pittore. Vale per l'uomo che vive la politica. Vale per qualunque grande personaggio. Vale - ancora di più - per il credente, perché ha scoperto in Gesù di Nazareth i valori fondamentali.
È Lui il "tesoro" del nostro cuore. È Lui la "perla" preziosa. In Lui abbiamo scoperto cos'è veramente la vita, cosa è veramente importante. Perché è essenziale che il tesoro che abbiamo dentro, che quello in cui crediamo sia qualche cosa di valido.
Se crediamo - che so - soltanto nel denaro, nella potenza o - addirittura - nella violenza (come succede oggi in qualche parte del mondo) la vita si corrompe... è un disastro!
Se invece l'uomo ha dentro di sé dei valori autentici, la passione per l'altro, il servizio, l'accoglienza, il rispetto... fondamentalmente il rispetto per l'uomo, per se stessi e per gli altri, allora... allora non si perde la speranza.
Io sono stato tanto fortunato nella mia vita... ho incontrato delle persone che avevano questo fuoco dentro, che avevano questa passione per il bene, per il servizio agli altri… e - badate - la loro speranza non è sempre insieme all'ottimismo. A volte queste persone le ho viste sull'orlo della disperazione, eppure non si rassegnavano, perché sapevano che le cose in cui credevano erano giuste e per queste cose erano disposte a dare la vita e qualcuno l'ha data in paesi lontani.
Aldilà dell'eroismo questo vale per tutti noi, per la vita di ogni giorno, è importante che ciascuno di noi cerchi di avere questo "tesoro" nel cuore.
Posso comunicarvi un'altra delle mie esperienze: quando ero giovane mi insegnavano una morale fatta di tanti precetti, di tanti comandi, di regole, di punizioni, di paure, di Inferno, di Paradiso... ho trovato dei grandi maestri che mi hanno detto con semplicità: "Guarda che è importante che tu faccia delle scelte fondamentali, che tu abbia un tesoro nel cuore e anche quando parli alla gente, non proporre regole, minacce, paure, castighi... cerca di comunicare loro - se ti riesce e non è facile - un tesoro, qualche cosa di importante in cui credere, valori da avere dentro". È questo il cristianesimo, è questa la vita cristiana!
Gesù diventa il nostro "tesoro", quello che Lui ha pensato, quello che Lui ha sognato diventa la nostra "perla".
Parole complicate, sì! A dirle no, ma a viverle, sì! Perché vi dico questo? Perché è aggiunta alla fine una parabola stranissima. Tra l'altro - al solito - c'è il commento dei primi cristiani che capiscono poco... parlano sempre d'inferno, di quelli che devono essere bruciati (vogliono bruciare tutti, sembrano un po' peggio di noi)... ma la parabola la trovo straordinaria perché dopo aver detto: "Guarda devi avere un "tesoro", devi avere una "perla" preziosa dentro di te... attento però, siamo come una rete di "pesci" gettata nel mare che piglia su di tutto, pesci grandi, pesci piccoli, pesci dritti, pesci storti, pesci che capiscono, pesci che non capiscono... l'importante è accettarci come siamo". Se uno crede di essere lui l'unico "pesce" serio e gli altri tutti pesci cattivi... non campa più...
Non è questo avere un "tesoro" nel cuore. Avere un tesoro significa - prima di tutto - (per quello che ho capito io) avere rispetto per gli altri. Vivere la tenerezza verso chi ci sta accanto e tenerezza anche verso se stessi perché... (io, non so voi) nessuno mi ha mai garantito di essere un "pesce buono". La Chiesa, il mondo è come una grande rete di pesci che piglia su di tutto. Qualche volta ci sono pesci che azzannano… e volete fare? Bisogna continuare a credere e a sperare senza intolleranze, con coraggio, con fiducia, ma la fiducia si può avere soltanto (lo ripeto) se si ha un "tesoro" nel cuore, una "perla" preziosa per cui spendere la vita.
Il Signore ci aiuti.
"Se qualcuno vuole venire dietro XXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 31 Agosto 2014
me, rinneghi se stesso, prenda la Matteo 16, 21-27
sua croce e mi segua..."
Pietro ha appena riconosciuto in Gesù il Signore, il Figlio di Dio. Pietro ha appena espresso la sua scelta di seguire il Signore fino in fondo e Gesù ha lodato la sua fede: "Beato te, Simone, figlio di Giona…". Adesso, immediatamente dopo, Pietro, si sente chiamare: "Satana", invitato ad andare dietro, ad allontanarsi... perché? Che cosa è successo?
È il dramma di ogni credente! Pietro deve passare per una porta bassa, stretta, quasi inaccettabile. Pietro deve accettare "l'impotenza" di Dio. Gli hanno sempre detto che Dio è onnipotente, ma adesso Dio, che riconosce in Gesù di Nazareth, sta per conoscere il fallimento, il rifiuto, la croce. Non salverà Se Stesso e non salverà nemmeno Pietro.
Pietro è invitato a camminare con Lui e troverà sulla sua strada una inevitabile croce e questa croce, Pietro, non può che accettarla… e il Signore non lo salverà.
È quello che capita anche a noi. Quante volte ci siamo aspettati il Dio onnipotente per noi, per la nostra esperienza di tutti i giorni, per i nostri malanni, per i nostri problemi - a volte - seri, che riguardano noi o i nostri figli, le persone che amiamo o quando abbiamo guardato il mondo... Dov'è Dio? Dov'è l'onnipotenza di Dio di fronte alla terribile realtà di questo mondo in cui i bambini sono violentati e muoiono? Dio onnipotente dov'è?
Pietro deve accettare che il Dio onnipotente non esiste e che Dio non salverà la sua vita, né la vita del mondo. A Pietro e a ogni credente, a me, a voi Dio affida la vita, la storia, i valori, gli altri.
Pietro deve vivere la gratuità totale. Deve camminare perché ha dei valori nel cuore, perché crede in qualcosa di importante, anche se questo costa sacrificio, anche se porterà anche lui sulla croce. Pietro, gratuitamente e senza aspettarsi niente, senza aspettarsi protezione, senza aspettarsi salvezza, seguirà Gesù fino in fondo.
Seguirà i suoi principi. Farà suoi i sogni del cuore di Gesù e su questa strada camminerà fino alla fine: questa è la vita di chi vuole essere credente!
Soltanto la follia o - forse - il masochismo di gran parte della tradizione cristiana ha visto nella croce e nella sofferenza un valore, uno strumento di salvezza.
La croce, la sofferenza è un male e basta! Un male inevitabile che l'uomo deve combattere con tutte le sue forze. Non si può amare il dolore! Non si può amare la sofferenza! Non si può dire ad un credente: "Tribola, perché questo giova alla salvezza del mondo. Tribola, perché questo è gradito a Dio". È una bestemmia!
Dio ama la pienezza della vita, ama la gioia, ma nel mondo in cui siamo calati... (e il mondo siamo noi) in questo mondo fatto anche di violenza, anche di sopraffazione, anche di mancanza di rispetto, se voglio testimoniare i valori, vivere coerentemente con quello che ho dentro non posso non affrontare le difficoltà - qualche volta - il fallimento e la croce.
Non amo la croce, combatto la sofferenza in me e negli altri con tutte le mie forze. Non credo che la croce sia un bene, ma... ma la vita è quello che è. E nel cammino della vita, della mia vita non c'è un Dio onnipotente. Non c'è un Dio che mi custodisce. Non c'è un Dio che mi salva.
Qualche volta abbiamo l'illusione di avere una grazia dal Signore, ma quando fate questi discorsi guardate il mondo... i bambini che muoiono, le bombe "intelligenti", le ragazze insultate, stuprate... dov'è Dio là?
Allora dobbiamo fare a meno del Dio onnipotente. Dobbiamo credere nel Dio che ci cammina davanti e ci dice: "Coraggio, costruite il mondo, è affidato a voi, alla vostra buona volontà, alla vostra passione, al vostro amore e questo mondo è pesante e se volete andare fino in fondo non potete che prendere anche voi sulle spalle la croce". Non perché la amate, la dovete combattere, ma è inevitabile: è il prezzo da pagare per credere nella vita, nell'amore. Il prezzo da pagare per seguire Gesù.
Pietro - forse - lo intuisce, ma come succede a tutti noi si rifiuta: "Questo non ti accadrà mai" e Gesù lo chiama Satana e - forse - qualche volta Gesù è costretto a chiamare Satana anche noi perché è così difficile accettare questa vita così com'è. È difficile accettare che Dio non ci dia una mano, non ci aiuti, non ci pigli per mano, non ci risolva i problemi, non ce la mandi buona.
No! Troppe volte non la manda buona a noi… e noi siamo fortunati! Troppe volte Dio non è capace di mandarla buona a tanta gente dell'umanità che vive la miseria, la guerra, la violenza, la mancanza di rispetto.
Ecco perché, Pietro, deve passare una "porta bassa". Ecco perché Pietro deve sentirsi chiamare Satana. Soltanto attraverso questo passaggio Pietro potrà convertirsi e seguire Gesù fino in fondo - secondo la tradizione - fino qui a Roma e morire su una croce a testa in giù, perché ha creduto fino in fondo e nonostante la violenza ha seguito Gesù fino alla fine, nella gratuità più totale.
A noi speriamo che la fede non richieda mai l'eroismo; l'eroismo che esige il sangue e la vita, ma a tutti noi richiede il coraggio di seguire Gesù anche quando costa.
Il Signore ci aiuti.
"Tutto quello che legherete XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 7 Settembre 2014
sulla terra sarà legato in cielo, Matteo 18, 15 - 20
e tutto quello che scioglierete
sulla terra sarà sciolto in cielo".
Se vi chiedessi cosa significano le parole che abbiamo appena letto: "Tutto quello che legherete…" più d'uno di voi mi risponderebbe che con queste parole Gesù istituisce la Confessione, la possibilità di confessare i propri peccati e venire perdonati. Quando ero ragazzo ho ascoltato molte prediche sulla Confessione, a quel tempo si consigliava di confessarsi almeno una volta alla settimana, se non tutti i giorni. E anche oggi credo che in molte prediche si parlerà del potere che Gesù dà ai suoi apostoli (e quindi ai successori) di perdonare e rimettere i peccati. Ma è proprio così che si possono interpretare queste parole? Non dicono forse addirittura il contrario?
Guardate le prime parole: "Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità…". Non prendetela come una formuletta; per noi è assolutamente impossibile, qualcosa di assurdo, nessuno di noi ha mai fatto cose del genere.
Ma dietro queste parole un po' paradossali c'è l'impegno che ciascuno di noi dovrebbe avere per affrontare il male. È compito nostro. È compito mio, per la parte di responsabilità che ho, e magari non ci riesco. Qualche volta posso fare tutti gli sforzi che voglio, ma non mi riesce. Ma se non ci riesco io non ci riesce nemmeno Dio!
Ecco (secondo me) il senso di quelle parole: "Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo e quello che scioglierete sarà sciolto in cielo" Se voi "legate" rimane legato. Se voi "sciogliete" si scioglie anche davanti a Dio. Vi faccio un esempio per spiegarmi meglio...
Se vado a confessarmi e dico al sacerdote: "Padre, ho litigato con mio fratello, ho rubato qualche cosa, non ho pagato le tasse..." Il sacerdote saggio, mi dice: (l'ho fatto anch'io molte volte) "Dì tre Ave Maria... io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" È successo pure a voi, eh!
Allora guardate... se ho fatto pace con il fratello con cui ho litigato... quello che dice il prete non significa niente perché mi sono già riconciliato. Se non mi sono riconciliato può dirmi mille, diecimila volte: "Io ti assolvo" non si risolve. Non c'è riconciliazione. Se ho rubato e non ho restituito; se non ho pagato le tasse e non mi decido a pagarle posso ricevere mille assoluzioni, ma non cambia niente.
Allora - vedete - queste parole forse ci parlano della nostra responsabilità… non il potere dato a qualcuno di togliermi il peccato dal cuore, ma la responsabilità di toglierlo io; di riparare io al male che ho fatto e se non riparo io non può riparare nemmeno Dio! Anche Lui rimane impotente di fronte alla mia volontà di non convertirmi, di non cambiare.
E - badate - questo discorso non riguarda soltanto la Confessione... (ormai una specie in estinzione. Credo che prossimamente il WWF se ne occuperà perché non sparisca del tutto) riguarda il senso della responsabilità che il cattolico dovrebbe avere di fronte alla società, allo Stato, al mondo.
In questo paese (lo avrete notato anche voi) la colpa è sempre di qualcun altro. Chi dovrebbe provvedere è sempre qualcun altro. Anche in questi giorni il governo dice: "Devono provvedere gli industriali". Gli industriali dicono: "Deve provvedere il governo". I delinquenti dicono: "La polizia deve stare più attenta". La polizia dice: "I delinquenti non dovrebbero fare i delinquenti". La responsabilità è sempre degli altri. Siamo stati educati alla delega della responsabilità. Io faccio... poi il Padreterno mi perdona, basta che vada a confessarmi..." E no! Quello che io "sciolgo" sulla terra, si scioglie anche presso Dio. Ma se io non sciolgo, se non mi prendo la mia responsabilità, nessuno può prendersela la posto mio.
È mia la responsabilità (e - badate - non fatevi sensi di colpa eccessivi, ciascuno ha la propria responsabilità) di essere onesto, di badare a quello che è il mio compito, il mio modo di affrontare i problemi della società, senza delegare gli altri, senza dire: "La colpa è di qualcuno..." Sempre di qualcun altro!
Ciascuno deve sentirsi responsabile, allora questo discorso diventa serio, altrimenti... (è successo nella storia della Chiesa) di queste parole si appropriano delle persone e non è sempre una cosa innocente, perché dietro l'idea che la Chiesa ha il potere di "sciogliere" e di "legare" ci sono le separazioni dei matrimoni della Rota, ci sono le indulgenze e dietro a tutto questo, ci sono un sacco di soldi… e peggio dei soldi, c'è il potere che qualcuno si arroga di controllare e dominare la coscienza del suo prossimo.
Quando il "padre spirituale" dice: (magari a un ragazzotto sprovveduto e spero che non sia successo anche a voi, ma forse a qualcuno sì) "Devi comportarti così... così si segue il Signore..." toglie la responsabilità e, nel momento in cui vi toglie la responsabilità, vi toglie la dignità di essere uomini!
A noi è stata data la possibilità di controllare, di guidare, di correggere, di rendere più bella la nostra vita con coraggio, senza farsi sensi di colpa che non servono a niente, ma sentendoci uomini liberi che devono (per quanto possono) prendersi cura della propria vita e della vita del mondo.
Il Signore ci aiuti.
"Dio ha tanto amato il mondo ESALTAZIONE della SANTA CROCE - 14 Settembre 2014
da dare il Figlio unigenito…" Giovanni 3, 13-17
Oggi è il 14 Settembre... e si celebra la festa dell'esaltazione della Santa Croce che - come vedete - prende il posto della domenica normale di questo periodo.
Ma si può esaltare la Croce, questo atroce strumento di violenza e di morte?
Parecchi anni fa in una riunione delle nostre catechiste, alcune di loro dicevano: "Bisognerebbe togliere dalle aule di catechismo il Crocefisso, perché è per i bambini un segno troppo forte, un segno di crudeltà, di violenza che, ad alcuni di loro, crea un senso di sgomento e di paura". E si può immaginare, perché ci sono alcuni bambini che vanno al catechismo e non hanno mai visto il Crocefisso, perché in molte case oggi non c'è più e - magari - sono bambini che non sono mai entrati in una chiesa e questa è un'immagine che mette paura.
Per i bambini forse è giusto, avevano ragione le nostre catechiste... bisognava - almeno all'inizio - togliere il Crocefisso dalle aule di catechismo, ma - secondo voi - possiamo togliere la Croce dalle nostre chiese? Secondo me, no! Questa Croce è qui a ricordarci il dramma del mondo.
Nel mondo - e lo vediamo ogni giorno aprendo i giornali, guardando la televisione - c'è tanta, troppa violenza. C'è tanta gente innocente che muore. Ci sono bambini colpiti da bombe "intelligenti". C'è gente che si scatena contro altra gente. Guerre senza senso. Guerre interminabili che vedono migliaia e migliaia di morti e noi ricordiamo che qui, sulla nostra terra, (chi ha i capelli bianchi lo ha anche vissuto) sono morte in guerre assurde milioni e milioni di persone.
Si può esaltare il dolore? Si può esaltare la morte? Si può esaltare la violenza? Eppure questa violenza c'è! Ma non è questo che noi esaltiamo guardando la Croce... esaltiamo il coraggio di chi, anche di fronte alla violenza, ha saputo rimanere fedele agli ideali della sua vita. Chi ha saputo credere nel bene, dedicarsi agli altri, al servizio del bene dell'umanità e, per questo, ha pagato il prezzo più alto, il prezzo della vita. Questi sì li possiamo esaltare! Questi sì sono la gloria della nostra umanità e sono un numero enorme di persone.
La storia dell'umanità, la storia della Chiesa è piena di martiri. Noi possiamo esaltare chi, per la propria fede, dà la propria vita.
Certamente non possiamo esaltare chi - in nome della fede - uccide qualcun altro. Si può morire per la fede, non si può uccidere! E quando pensate a questo e guardate tanti fatti di oggi, però, non dimenticate quanti cristiani, milioni di cristiani, hanno ucciso in nome della fede! Quanti crimini sono stati perpetrati in nome di Dio!
Ma non è solo questo quello per cui esaltiamo la Croce. Su quella Croce non è morto solo un uomo là - per noi credenti - muore Dio! Dio che è venuto a condividere i bassifondi della nostra storia. Dio che non è venuto dalla parte dei potenti, dalla parte della forza, della gloria, del potere, ma dalla parte degli ultimi, degli umiliati, degli offesi.
Lì su quella Croce noi celebriamo, esaltiamo la fedeltà di Gesù, il suo coraggio di amare fino in fondo. Lì in quella Croce celebriamo Dio che è venuto a condividere la nostra vita, a condividerla fino in fondo, ad essere come noi inerme, impotente. Su quella Croce non celebriamo l'onnipotenza di Dio, ma la sua impotenza: Dio dalla parte degli ultimi, dalla parte anche di chi non è ascoltato: "Padre, se è possibile allontana da me questo calice"… ma non è stato allontanato!
Questo aspetto terribile della vita in cui nemmeno Dio può salvarci dalla violenza e dalla morte, ma che Lui viene a condividere con noi, lasciandoci tutta la nostra dignità di uomini che devono - con tutte le proprie forze - combattere il male, la violenza, il dolore sulla terra e cercare di portare la pace. Molto spesso non ci riusciamo, ma non possiamo rassegnarci a costo della vita: questo esaltiamo in questo giorno.
Ma c'è qualche altra cosa che vorrei aggiungere per farvi notare le distorsioni che il parlare della Croce, che l'esaltazione della Croce ha portato nella vita e nella storia della Chiesa. Anche i primi cristiani non riuscivano a capire il dramma del Calvario: perché Dio ha lasciato morire suo Figlio? Finché non hanno creduto di scoprire il segreto, che permette di spiegare tutto, di salvare insieme la bontà, la giustizia, l'onnipotenza di Dio: il Figlio si è sacrificato per noi, perché il Padre vuole l'espiazione dei peccato, il Padre vuole il "sangue", esige il sacrificio. La colpa si espia soltanto attraverso il dolore e la morte.
Quando ero giovane (per mia fortuna) uno dei geni che ho incontrato nella mia vita diceva: "Non è il dolore che salva, ma l'amore, non si può interpretare la Croce di Gesù come un sacrificio espiatorio". Quando ci si presenta Dio come Colui che esige l'espiazione del peccato, il "sangue", per perdonare, Dio ci appare come una specie di "Moloc" che esige il sangue e la morte.
Questo ha portato anche un'altra conseguenza terribile nella storia della Chiesa: l'esaltazione del dolore, della sofferenza, della penitenza. Tanti cristiani nel corso della storia della Chiesa hanno fatto digiuni, si sono flagellati, hanno rinunciato... ma anche tanti cristiani più semplici che non si mettevano il cilicio e non si flagellavano si portavano nel cuore l'dea che il bene è bene soltanto se costa sacrificio.
Quante volte mi è capitato qualcuno che mi ha detto: "Padre, sono andato trovare un amico all'ospedale o a fare servizio alla mensa e quando tornavo la sera, mi sentivo contento e mi dicevo: forse l'ho fatto per me, forse per provare questa soddisfazione".
Dovevo mordermi le labbra per non dirgli: "Sciocco, ma se oltre a fare del bene ne sei anche contento, se fare del bene ti porta gioia che vuoi di più dalla vita? Lo farai anche quando ti costerà sacrificio, ma se ti porta gioia, se ti dà soddisfazione, se ti senti contento ringrazia il Signore! Non c'è niente di più bello, perché a Dio piace la gioia".
La sofferenza è un dramma inevitabile che dobbiamo combattere con tutte le nostre forze, ma quella identificazione tra sofferenza e bene è qualcosa che ha rovinato il senso della Croce nella vita cristiana.
Concludendo... vorrei ricordarvi ancora una volta che è bene che la Croce rimanga in mezzo a noi, perché su quella Croce è morto Gesù, Dio venuto a condividere la nostra vita e quando la guardiamo non dimentichiamoci di tutta la "croce" che c'è nel mondo. Quando ci tocca da vicino, forse lo sentiamo di più… quando ci muore una persona cara; ma ce ne è tanto di male nel mondo.
Ma nel mondo si sono tante persone (ce ne sono anche tra di voi) che non si rassegnano al male, che cercano con coraggio, anche quando costa sacrificio di fare tutto il bene che possono, di essere utili agli altri, di chinarsi su chi ha una lacrima e per asciugarla, di dare una mano e qualche volta c'è anche chi ha il coraggio di sacrificare la vita, (a voi non so) io spero che a me non succeda mai, perché in fondo sono un vigliacco.
Il Signore ci aiuti.
"Questi ultimi hanno lavorato XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 21 Settembre 2014
un'ora soltanto e li hai trattati Matteo 20, 1-16
come noi; che abbiamo
sopportato il peso della giornata
e il caldo"
Cominciamo in questa domenica - continueremo nelle domeniche seguenti - a leggere una serie impressionante di parabole che i primi cristiani interpretano in senso polemico nei confronti del popolo di Israele, degli Ebrei.
I primi cristiani sono perseguitati da alcun ebrei e nutrono verso di loro un profondo rancore e - in qualche modo - hanno ragione... cominciano ad esserci delle persone uccise e - quindi - interpretano questa e altre parabole (lo vedrete) in modo molto polemico, vedono il giudizio di Dio su Israele tutto intero e voi sapete quanto questo abbia pesato sulla storia del popolo di Israele fino ai nostri giorni. Quando si legge una parabola spinti dai propri rancori e dalle proprie preoccupazioni si rischia di non coglierne il senso profondo, il vero significato ed è quello che può succedere anche a noi se ci fermiamo all'aspetto sociale, economico di questa parabola che, sembra, una vera provocazione: perché dare agli ultimi quanto ai primi? È una cosa ingiusta!
Ma qui non si parla di rivendicazioni sociali... se ci facciamo distrarre da questo non capiamo niente! È un problema molto vivo quello della giustizia sociale nel nostro paese, in questo momento... ne sentiamo parlare quasi ad ogni ora... è un problema da affrontare con tutta serietà: ma qui si parla totalmente d'altro!
Qui non c'entrano i soldi, qui non c'entra la giustizia sociale, qui si parla di Dio e del senso della nostra vita, della nostra fede!
Si parla di Dio che va a cercare l'uomo che non "lavora" e badate che quando si parla di lavoro nel Vangelo non si tratta di raccogliere uva, di zappare la vigna... si parla di bene, di amicizia, di tenerezza, del servizio agli altri, di amore, della pienezza della vita.
Dio vuole che tutti gli uomini, anche quelli che sbagliano, partecipino alla bellezza della vita e ne scoprano i valori autentici che rendono ricca e piena la vita dell'uomo e non si stanca di andare a cercarli...
Alle sei dei mattino e poi alle nove e poi a mezzogiorno, alle tre, alle cinque. Alle cinque (intendetela bene questa parabola) trova i bugiardi, i fannulloni, la gente che non ha voglia di lavorare perché si giustificano: "Nessuno ci ha preso". Ma alle sette quando il padrone è passato di là non c'erano e non c'erano nemmeno alle nove e a mezzogiorno: dove stavano? Forse all'osteria, forse a giocare a carte, forse a dormire! Sono dei delinquenti, degli autentici delinquenti! Se dovremmo trasportarli nel mondo di oggi... pensate non a gente che non ha voglia di lavorare, ma pensate ai mafiosi, agli assassini, ai terroristi, a chi volete... pensate ai peggiori delinquenti di questo mondo: Dio li va a cercare fino alla fine! Perché vuole che la smettano di fare il male, che scoprano la bellezza del bene, della giustizia, dell'amore, della condivisione, del rispetto dell'altro e non si stanca di cercare, perchè per Lui sono figli, non sono dei nemici (come qualche volta succede per noi) per Lui sono figli, figli che si stanno perdendo, che stanno sciupando la loro vita e va a cercarli con passione, con amore fino alla fine.
E non si stanca... come un padre, non si stanca di cercare suo figlio anche se sbaglia e Dio è un Padre ancora più grande, che non può far pace con il male, ma che vuole bene alla sua gente e la cerca.
Qui si parla anche della nostra vita, del senso della vita, perché quelli della "prima ora" dicono: "Noi abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo" È stato un peso, è stata una fatica? Troppe volte (per quella che è la mia lunga esperienza, ormai son più di cinquant'anni che sono prete) ho incontrato persone, anche tra i giovani, che vedono il cristianesimo come un peso, fatto di proibizioni, di divieti, di sensi di colpa, di paure...
Questo si può fare, questo non si può fare, questo è proibito, quell'altro anche... e sentono la vita cristiana come un peso; un peso - a volte - insopportabile, da cui liberarsi.
"Il peso della giornata e il caldo..." Ma è questa la vita a cui ci chiama il Signore? È pesante l'amicizia, l'amore, la tenerezza, la gioia di stare insieme, la condivisione della vita, l'attenzione dell'uno verso gli altri...? Ecco il senso della vita cristiana secondo Dio! A questo ci chiama e non è pesante. È qualche cosa che riempie la vita, la rende ricca di senso, di valore.
Pensateci un momento... chi di voi vorrebbe cambiare la propria vita... (anche se qualche volta ci sembra pesante e ci lamentiamo la sera di aver faticato e corso troppo) con quella di un mafioso, con uno che ha ucciso i suoi figli o con un terrorista? Chi la vorrebbe cambiare? Sapete che sarebbe una vita perduta e, quando pensate a queste cose, dite subito: "Signore, ti ringrazio ho vissuto cercando l'onestà, l'amicizia, l'amore, sperimentando almeno in parte - forse una piccola parte - la bellezza di vivere": di questo si parla in questa parabola!
Non pensate ai soldi, non pensate alla paga, non pensate alla giustizia sociale... se avessimo posto questi problemi a Gesù, ci avrebbe detto: "Ma che cristiani siete, non avete l'intelligenza e il cuore per risolvere questi problemi da voi?".
Forse questi problemi si risolvono se si ha il senso di Dio, della passione per l'ultimo, del servizio, della bellezza della vita; non del proprio potere, del farsi i propri affari soltanto.
Ecco, questa parabola parla di Dio e della nostra vita. Parla dell'amore di Dio e della bellezza di vivere cercando la giustizia e il bene.
Il Signore ci aiuti.
"Figlio, oggi va' a lavorare XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 28 Settembre 2014
nella vigna". Matteo 21, 28-32
Ancora una parabola che i primi cristiani leggono in modo polemico. Questa parabola (come avete ascoltato) secondo loro è detta contro i capi dei sacerdoti, gli anziani del popolo e, per un certo verso, hanno ragione perchè da questi capi si sentono perseguitati. Loro non hanno accolto la parola del Signore mentre le prostitute, i pubblicani (e ce ne sono molti tra i primi cristiani) l'hanno accolta e questa parabola - quindi - li difende da quelli che predicano, pregano, fanno grandi cerimonie, ma non sono capaci di accogliere il messaggio e - soprattutto - di fare le opere del Regno di Dio.
C'è un problema - però - perchè quando certe parabole vengono interpretate come rivolte agli altri si rischia di non rendersi conto che possono riguardare anche noi.
Se leggete le lettere dell'apostolo Paolo vedete che i primi cristiani sono persone che professano con grande gioia la loro fede, pregano molto, cantano volentieri, vanno - addirittura - in cerca di tutte le visioni, i fenomeni paranormali, di quelli che parlano lingue strane: si entusiasmano facilmente! Ma poi...? Poi litigano fra di loro! Non sono capaci di condividere la vita. Si dividono tra ricchi e poveri. Non sanno trovare il modo di stare insieme in maniera fraterna e Paolo deve usare parole forti!
È il rischio che si corre quando il "dire" e il "fare" riguarda qualcun altro e non chi legge la Parola. E per noi? Se provassi a domandarvi: "Chi è oggi che parla, parla, dice sì e non fa?" Credo che la maggior parte di voi con grande entusiasmo direbbe: "I politici..." e in parte avete ragione! E noi? E io?
A me capita (non so se capita anche a voi) di incontrare persone che a Messa non vengono mai. Vedete io dico Messa tutte le mattine in questa chiesa (la domenica ne dico addirittura due) e incontro chi - invece - non viene mai in chiesa, dice di non credere eppure è migliore di me. Io "dico", professo la fede ogni giorno, ma poi "faccio"? C'è gente che fa molto meglio di me!
Ecco il rischio che si corre quando si mette l'accento sul "dire", sul pregare, sul fare parte della comunità e non sulle opere che si fanno. È una tentazione che la Chiesa ha corso spesso in questi duemila anni e che corriamo anche noi quando veniamo qui in chiesa.
Siamo abituati ad osservare le regole, alzarci quando ci dobbiamo alzare, metterci in ginocchio, seguire tutto con cura, pregare con grande fede, ma poi non è qui che si compiono le opere del Signore. È là fuori nella vita di ogni giorno e là cosa facciamo? Sono domande serie! Chi è che "dice" e non "fa"? Potrei essere anche io!
Ma c'è un altro problema abbastanza intrigante su cui vi converrebbe riflettere con un po' di attenzione.
Che cosa significa: "fare la volontà del Padre". Cosa significa: "andare a lavorare nella vigna?" Fare quindi il bene, fare delle scelte giuste?
Vedete, in questo periodo nel nostro paese si discute molto sull'inizio della vita: la fecondazione artificiale, omologa o eterologa, i mezzi di contraccezione... Si discute dei diritti civili, delle nozze gay, del sacerdozio femminile. Si discute della fine della vita: dell'eutanasia, del rispetto di chi sta morendo, dell'accanimento terapeutico e tante cose del genere. Dov'è la verità? Cosa pensa Dio di tutte queste cose? Sono problemi seri che si possono risolvere (almeno in parte) soltanto ascoltandosi, condividendo. Ascoltando la maggioranza del popolo cristiano.
A volte sono sconcertato perché i capi della Chiesa sembrano non rendersi conto che la maggior parte del popolo cristiano va da un'altra parte. Potrei fare questa domanda a voi: (ormai queste domande si possono fare) "Chi di voi ha usato mezzi anticoncezionali?". Probabilmente dovreste alzare la mano quasi tutti? "Chi di voi è favorevole a che i divorziati e risposati possano fare la Comunione se lo desiderano... se lo desiderano con cuore sincero?" Anche qui la maggior parte di voi direbbe, sì! Ma allora perché i capi della Chiesa non lo fanno ancora e continuano a discutere e discuteranno ancora per due o tre anni?
Io sono maligno, ma credo che il motivo è che non abbiano fede! Non credono che la Chiesa è fatta anche dal popolo cristiano. La Chiesa non è solo il Papa e i vescovi. La Chiesa è fatta dalla gente e se la gente per il novanta per cento... (perché siamo a queste percentuali) pensa che una cosa sia giusta, chi può arrogarsi di dire che non è giusta? (Può sbagliarsi anche il novanta per cento: è successo nella storia, ma non è normale)
Sono problemi forse un po' grossi! Forse vi conviene pensare a problemi più vicini: i rapporti tra di voi, tra marito e moglie, con i figli, i nipoti, i vicini di casa... qual è la volontà di Dio?
Vedete, quando ero giovane abbiamo passato ore a discutere se il Padreterno si occupasse anche della lunghezza delle gonne e dei capelli e si litigava! "Quello è un capellone e Dio non vuole, bisogna portare i capelli corti. Le donne scoprono il ginocchio: è peccato". Sciocchezze del tempo che fu! Quali sono le sciocchezze nostre? Che cosa riteniamo essere volontà di Dio e - magari - a Dio non gliene importa niente! Si rischia (si è rischiato tante volte nel corso della storia) di diventare intolleranti, di pensare ciascuno di avere, di possedere la verità, di sapere quello che è giusto e quello che è sbagliato. Prima di fare qualche cosa domandiamoci con serenità: "Ma è buono...?" E ascoltiamoci e condividiamo la vita e cerchiamo di camminare insieme nel rispetto reciproco, nella ricerca attenta di quello che è bene per me, per chi mi sta accanto, per la nostra città, per il mondo intero e poi - è fondamentale - cerchiamo di farlo: di questo (secondo me) parla questa parabola.
Il Signore ci aiuti.
"C'era un uomo che possedeva XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 5 Ottobre 2014
un terreno e vi piantò una vigna" Matteo 21, 33-43
Ancora una parabola fortemente polemica: è già la terza. (Potete consolarvi, domenica prossima sarà l'ultima, che forse è ancora più forte di quelle che abbiamo letto)
I primi cristiani (come abbiamo già visto nelle domeniche precedenti) hanno un profondo rancore nei confronti degli anziani del popolo, dei capi dei sacerdoti perché da loro sono perseguitati, ma qui aggiungono il bisogno di vendetta... vendetta che loro non possono fare, ma che Dio può fare e fa!
Vedete, secondo quasi tutti gli studiosi, queste parabole sono state scritte tardi, dopo che Gerusalemme è stata distrutta e i primi cristiani interpretano la distruzione di Gerusalemme, la dispersione del popolo di Israele come la vendetta di Dio.
Lo avete ascoltato oggi, è detto con chiarezza. Nella vigna il padrone è Dio e il Figlio è Gesù e, allora, ecco l'interpretazione della storia: sono venuti tanti profeti e molti sono stati emarginati, uccisi, alla fine è venuto il Figlio... i capi del popolo lo hanno inchiodato sulla croce e lo hanno ucciso. Cosa farà Dio? "Quei malvagi li farà morire miseramente": è la vendetta di Dio!
Ma allora possiamo domandarci ed è una domanda seria: "Ma in che Dio credono questi cristiani?" E - forse - possiamo allargare la domanda: "In che Dio crediamo noi? Qual è il Dio della nostra fede?".
Quello che abbiamo letto è sconcertante. Possiamo chiederci: "Perché Dio non ha protetto i suoi inviati, che Dio è? Perché Dio non ha protetto nemmeno suo Figlio e ha permesso che finisse sulla croce? Non è potente, allora! E perché allora si vendica fino a distruggere una città e un popolo? Che Dio è, in che Dio crediamo, in che Dio credevano?"
Sono domande importanti perché nel corso della storia della Chiesa, sul popolo di Israele, ha pesato questo discorso. "Il Regno di Dio sarà tolto a un popolo infedele e sarà dato a un altro popolo"… saremmo noi! (forse faremmo meglio a stare zitti ogni tanto!)
Il popolo ha tradito e di quel popolo Dio si è vendicato, adesso un altro popolo!
Quante volte nel corso della mia vita ho ascoltato persone che leggevano alcuni fatti come punizioni di Dio, anche persone importanti della Chiesa... là c'è un terremoto: la punizione di Dio. Là c'è l'Aids: (forse qualcuno si ricorderà) è la punizione di Dio per la corruzione dei costumi e via discorrendo...
Dio che punisce e che non riesce a difendere il suo popolo, la sua gente, la gente come me, come voi. Forse questa parabola, questa sconcertante parabola più che sicurezze dovrebbe porci punti interrogativi: in che Dio crediamo? Qual è il senso della storia?
La storia - forse - è affidata a noi e se non riusciamo a produrre "frutti" la sciupiamo, ma dipende da noi… non c'è vendetta e punizione di Dio... ci puniamo da soli, sciupiamo la nostra vita. Forse questi primi cristiani avrebbero fatto bene a fermarsi alla citazione del Salmo, l'antico Salmo 117. Lo avete ascoltato: "La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo".
Quelli di voi che conoscono un po' il mondo antico soprattutto il mondo medioevale di cui è ricchissima qui la nostra terra, specialmente il nostro Lazio... ha visto qualche volta le vecchie case costruite su una pietra d'angolo: è la pietra che si mette sotto l'angolo nella parte a valle, è quella che sostiene tutta la casa. Su quella pietra si fonda la casa!
E che cosa succede nella storia? Spesso i costruttori della casa, (i costruttori della vita, evidentemente) scartano proprio la pietra giusta.
Per farvi un esempio che vi aiuta a capire questo discorso pensate a Galilei... Ascoltavo ieri uno scienziato che diceva: "Tutto comincia da lì". Il metodo scientifico comincia da Galilei. È lui che ha posto il fondamento di tutto quello che sappiamo di scienza, oggi. Che ne hanno fatto di Galilei? Lo hanno scartato! Lo hanno condannato. Ha dovuto abiurare, costretto all'esilio, povero cristiano!
Era lui la "pietra d'angolo". Era lui quello su cui si è costruita la civiltà scientifica del nostro tempo. Ma quello che vale per Galilei vale anche per tanti altri personaggi; in campo scientifico, in campo medico - soprattutto - in campo morale... tante persone che intuivano che si doveva andare oltre, che si poteva abolire la schiavitù, forse qualcuno di voi non lo sa, ma fino al millesettecento la schiavitù era legittimata dalle autorità della Chiesa e qualcuno diceva: "Ma sono uomini come noi!" Messi da parte! Eppure lì c'era una "pietra d'angolo".
E per noi? Fino a che punto Gesù è la nostra pietra d'angolo? Fino a che punto noi costruiamo la nostra vita, i nostri valori su di Lui? E fino a che punto, oggi, corriamo anche noi il rischio di escludere chi ci dice parole giuste, chi ci fa fare un passo avanti? Quali sono le pietre non dico angolari, quelle importanti per il progresso del nostro mondo, della nostra civiltà?
Questa nostra civiltà basata sul potere, sulla violenza, sul successo, sulla conquista... e se quello che ci consentirebbe di costruire la pace, la giustizia e il bene fossero altri valori? Se dovessimo riscoprire Gesù e i giusti della terra... quanti giusti nel corso della storia degli uomini sono stati emarginati, troppo spesso uccisi come Gesù di Nazareth?
E noi, oggi, che facciamo? E la nostra vita su cosa si basa? Non possiamo, (per quello che ho capito io) non dobbiamo aver paura di Dio. Dio non punisce, non si vendica, Dio è "oltre", Dio ci cammina davanti e ci dice: "Coraggio gente, venite a costruire il Regno. Non lo costruite per me, lo costruite per voi e se non siete capaci di costruirlo vi aspetta l'ingiustizia, la violenza, la divisione, la guerra. Coraggio, costruite la pace con coraggio: è compito vostro! E quando sciupate il mondo non chiamate in causa Dio, non dite: è una punizione sua, per giustificarvi... siete voi che lo sciupate il mondo".
Ecco il senso profondo di questa parabola. Conservatela questa frase dell'antico Salmo: "La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo". Quale "pietra" scartiamo oggi? Quale "pietra" scartiamo nel nostro cuore? Fino a che punto Gesù è veramente la "pietra" su cui noi costruiamo la nostra casa?
Il Signore ci aiuti.
Il regno dei cieli è simile a un XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 12 Ottobre 2014
re che fece una festa di nozze Matteo 22, 1-14
per suo figlio.
È la quarta volta che leggiamo una parabola in cui abbiamo fatto esperienza di quello che mi piace chiamare: "il peccato del Vangelo". C’è sempre qualcuno che si scandalizza: (forse anche qualcuno di voi) "Come il peccato del Vangelo, ma non ha detto: Parola del Signore?" Sì, "Parola del Signore", ma una parola incarnata nella mente, nelle parole, negli scritti di persone come noi che si portano dentro il rancore, il bisogno di vendetta.
Si può paragonare Dio (secondo voi) a un re che, siccome gli invitati non vogliono venire alle nozze, manda il suo esercito a distruggere la città e ad ammazzare tutti? I cristiani interpretano così la distruzione di Gerusalemme: la vendetta Dio. Ha inviato il "suo" esercito, ha distrutto Gerusalemme, ha ucciso tutti… ma sono morti anche i bambini, anche la gente innocente.
Si può parlare di Dio così? Secondo me è una bestemmia! Qui c’è il peccato! Un peccato grave che ha pesato sulla storia degli uomini.
Ma dobbiamo fare attenzione perché rischiamo di buttare via… (perché dobbiamo buttarla via secondo me) insieme "all’acqua sporca anche il bambino".
Questa (per quello che ho capito io) è - forse - la parabola più bella e preziosa del Vangelo perché qui, questi primi cristiani, ci consegnano il sogno di Dio. Un sogno straordinario, il sogno che la vita dell’uomo cammini verso una grande "festa di nozze".
Quando pensate alla festa di nozze, non pensate alle nostre feste molto commercializzate: la cerimonia, i vari riti, il ristorante, le cose… tutta questione di soldi. La festa di nozze degli antichi era qualcosa che coinvolgeva tutta la città. Tutti preparavano qualche cosa ed erano giorni e giorni di feste, canti, suoni, balli… si mangiava in abbondanza, non bisognava fare nessuna economia e immaginatevi cosa fosse la festa del figlio del Re. La festa di un anno, per molti la festa di una vita.
Il simbolo più grande, più bello che loro potevano avere della pienezza e della bellezza della vita era la festa di un banchetto di nozze. Una vita in cui si realizzi la giustizia, la tenerezza, la pienezza della vita dell’uomo. Per usare le parole della Costituzione americana in cui "ogni uomo abbia diritto a costruire la sua felicità".
Questo è il sogno che questa parabola ci vuole comunicare. Il sogno che Dio ha di una vita che sia simile a una festa di nozze… che si farà: per questo è venuto Suo Figlio.
E una festa a cui sono invitati tutti. Avete ascoltato: "Uscite per le strade, chiamate tutti buoni e cattivi”. Il Vangelo di Luca aggiunge: “Storpi, zoppi, ciechi, tutti!” Anche me! Anche voi!
Io (spesso) mi sento come un cieco, uno zoppo, che non ce la fa a "camminare" verso il sogno di Dio, eppure sono invitato anch’io a una festa che è la festa di Dio e che - quindi - si farà! È il sogno più grande del cammino del credente. È un sogno straordinario. Il sogno in cui la pienezza della vita - finalmente - si realizzerà e verso questo sogno siamo invitati a camminare con coraggio, a tenerlo nel cuore, a viverlo, a farlo nostro e a realizzarlo anche nelle piccole cose di ogni giorno: un sogno luminoso e straordinario.
Allora possiamo anche perdonare alla comunità di Matteo che è fatta di molti maestri, di moralisti… (sapete, ci sono stati in tutti i tempi) il fatto che aggiunga un’altra parabola, che non c'è nella tradizione originale comune al Vangelo di Luca. Non si può partecipare al banchetto di nozze, senza avere la "veste bianca"! Occorre impegno e buona volontà… certo! Ma se uno ha veramente un ideale, un grande sogno nel cuore, impegno e buona volontà vengono di conseguenza.
Credo che molti di voi, quando erano giovani, hanno sentito commentare questa parabola dicendo: "Quando venite a fare la Comunione, a partecipare al banchetto di Dio, prima confessatevi, lavate prima la veste battesimale fatela ridiventare bianca…".
Ma si può banalizzare così il “sogno” di un’umanità che è festa, è felicità, è pienezza di vita? Questo è il sogno di Dio! Quello che celebriamo qui ogni Domenica è un timido, piccolissimo simbolo a cui siamo invitati tutti: zoppi, storpi, ciechi…"buoni e cattivi" dice il Vangelo.
Il sogno straordinario - ricordatevi - è il sogno di Dio che Lui vuole realizzare, che è impegnato a realizzare con noi. Un sogno che non si ferma dentro una chiesa: è il sogno dell’umanità. Il sogno verso cui Dio invita a camminare. Un sogno per tutti gli uomini a qualunque popolo appartenga: (lo avete ascoltato nella prima Lettura) "Dio preparerà un banchetto per tutti i popoli".
Un'umanità felice, ricca di giustizia, di bontà, di amore, di tenerezza: il sogno di Dio! Un sogno all’orizzonte della storia, teniamolo nel cuore e verso questo sogno cerchiamo - come possiamo - di camminare.
Il Signore ci aiuti.
"Rendete dunque a Cesare XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Ottobre 2014
quello che è di Cesare e a Matteo 22, 15-21
Dio quello che è di Dio".
La frase che abbiamo letto: "Rendete... (o forse come la conoscete voi) date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" è certamente una delle più conosciute, interpretate, commentate e (a mio avviso) distorte e incomprese del Vangelo.
Molti, nel corso di questi duemila anni, hanno provato a tirarla chi da una parte e chi dall'altra. Vediamo se mi riesce di comunicarvi quello che a me è sembrato di intuire in questa frase che ritengo fondamentale: "Date a Dio quel che è di Dio".
Una delle interpretazioni che hanno attraversato la storia della Chiesa ed è arrivata fino ai giorni nostri... mi capitava di leggere qualche mese fa un articolo su un giornale lo scritto di un cardinale che identificava questa frase con: "Date alla Chiesa quello che è della Chiesa e date allo Stato, quello che è dello Stato".
Questo cardinale (secondo me) è fortunatissimo a vivere nel ventunesimo secolo. Fosse vissuto al tempo degli antichi Ebrei sarebbero subito corsi a prendere delle pietre per lapidarlo, reo (secondo la tradizione) del peccato più grande che ci possa essere: il peccato di idolatria. Perchè quando si mette al posto di Dio una qualunque realtà umana... (e non ci possono essere dubbi che la Chiesa è una realtà umana) si compie un gravissimo peccato di idolatria.
Questa frase è fondamentale perché afferma il primato della coscienza e di una coscienza che cerca un rapporto con "l'oltre", con l'Assoluto, con una verità che è più grande di ogni verità che gli uomini possono produrre. E - questo - vale nei confronti di tutti: dello Stato, della Chiesa, di qualunque realtà umana.
Il cristiano sa che ha un'istanza superiore: Dio, il suo Regno, per chi non crede quella dei valori profondi che sente dentro di sé. Vi faccio degli esempi per cercare di spiegarmi meglio...
Al tempo delle Crociate il Papa e le autorità ecclesiali avevano proclamato la guerra per la conquista della Terra Santa... un umile frate di periferia, Francesco d'Assisi aveva detto: "No, io non ci sto, vado da un'altra parte! A me sembra che Dio mi chiami ad andare, sì, ma per una missione di pace, di dialogo, di riconciliazione. Dio non vuole la guerra!" Ubbidiva non al Papa, non alla gerarchia della Chiesa... ubbidiva ad un'istanza superiore. Ubbidiva a Dio.
Questo è successo per tanti altri personaggi nella storia della Chiesa. Pensate (per farvi esempi che vengono in mente) che so a Giordano Bruno, a Galilei... ma infinite altre persone che hanno sentito dentro di sé un'esigenza profonda di cercare prima Dio, la sua verità e - quindi - i valori assoluti del Regno: il rispetto dell'uomo, la ricerca della pace, l'operare il bene, il non discriminare l'uomo dall'uomo....
A questa ricerca appassionata della verità - purtroppo - molti cristiani (secondo me anche oggi) non sono stati educati. Siamo stati educati ad ubbidire, a dire sì, a seguire ciecamente le autorità anche quando hanno dichiarato che Mussolini era "l'uomo della provvidenza" o che con Hitler si poteva fare un concordato per avere un brandello di potere e non invece a prendere posizione contro il disprezzo dell'uomo, contro le leggi razziali.
È qui il peccato! Il non aver messo Dio, i valori assoluti della coscienza al primo posto. Questo, lo hanno fatto i primi cristiani! Se leggete gli Atti degli Apostoli vedete che Pietro portato davanti al Sinedrio che gl'impone di non parlare in nome di Gesù, dice: "Giudicate voi! Devo ubbidire a Dio o agli uomini?" Lui non la mette nemmeno in discussione questa scelta. Per lui è fondamentale ubbidire a Dio.
Il cuore della nostra fede è Gesù di Nazareth, Lui non ha ubbidito all'autorità e - badate - all'autorità religiosa legittimamente costituita nel suo tempo: i sommi sacerdoti, il Sinedrio... Lui da loro è stato condannato! Non ha detto il suo sì, ma il suo no. Debbo ubbidire a Dio prima che agli uomini: "Padre sia fatta la tua volontà" e ha pagato con la croce e tanti altri nel corso della storia hanno pagato con la croce!
Vedete, se il cristiano fosse stato educato a questo primato della coscienza, a questa responsabilità, a questa ricerca dei valori assoluti... le grandi tragedie del secolo scorso sarebbero - probabilmente - state evitate.
L'applauso sconsiderato e incondizionato a chi grida più forte, a chi propone politiche di potenza e di disprezzo dell'uomo, è stato uno dei peccati (per quello che ho capito io) del popolo cristiano, per cui, anche oggi, i cristiani dovrebbero essere educati a non applaudire e vi faccio una raccomandazione calorosa... quando sentite parlare il Papa, non applaudite! Sono quasi gli stessi applausi a Hitler e a Mussolini! Senza pensare, senza chiedersi fino a che punto è giusto e non è giusto: non si applaude, si riceve, si pensa, ci si interroga: "Quello che ha detto è giusto? Quello che la Chiesa dice è rispettoso della comunità dei credenti?".
Adesso, cerchiamo di guardare l'altro aspetto della medaglia.
Una delle cose (secondo me) più serie che è stata rimproverata alla comunità dei cristiani è la mancanza del senso dello Stato.
Quando ero ragazzo sono stato educato col dire: "Pensa a salvarti l'anima, ad acquistare meriti per il Paradiso... del mondo sociale non te ne occupare" E anche oggi - se vi guardate intorno - ci sono nella Chiesa movimenti che dicono: "Il mondo è brutto e cattivo e noi da questo mondo dobbiamo liberarci. Non è importante occuparci di politica e dei problemi sociali. Noi dobbiamo occuparci delle cose di Dio". Anche questa è una bestemmia!
Il cristiano fa parte di una società e la sua responsabilità verso la società deve essere totale. Responsabilità verso la scuola, verso il suo quartiere... secondo le proprie possibilità. Non possiamo dire: "Noi ci dobbiamo occupare di Dio, noi preghiamo, noi andiamo alla Messa e lo Stato... lo Stato è corrotto, è fatto di tanta gente che si fa i fatti propri!" E noi? Noi ci facciamo i fatti nostri!
Ci mettiamo nel nostro angoletto, pensiamo a pregare e non ci preoccupiamo di "Cesare", dello Stato. Badate, "Cesare", lo Stato non sono autorità astratte: siamo noi! È la comunità degli uomini! Quando ci si occupa di politica e dello Stato non ci si occupa di entità astratte: ci si occupa del bene comune, della comunità dei credenti e anche di quelli che non credono. Ci si preoccupa del bene di tutti.
Quando vi sentirete - come cattolici - rimproverare perché avete mancanza dello Stato, chinate la testa e dite: "Forse avete un po' di ragione, ma sto cercando di convertirmi". Cerco di prendere a cuore il bene comune, a cominciare dalle cose che ci stanno vicino: la famiglia, la scuola, il lavoro, il quartiere in cui vivo, la città, lo Stato.
A cominciare dalle cose semplici: adesso nel nostro municipio tenteranno (vedrete con grande fatica perché molta gente non si preoccupa del bene comune) di fare una raccolta differenziata seria. Fatene propaganda, occupatevene perché sono cose importanti! Cose che costruiscono pian piano una città più degna e civile.
Di queste cose il cristiano non può dire: "Non me ne interesso!" Queste cose fanno parte della nostra vita, della vita concreta dei nostri fratelli, della salvezza di questo mondo. Il discorso si amplierebbe molto!
Non so se sono riuscito a spiegarmi... da una parte il credente deve avere un rapporto con Dio, cioè con l'Assoluto, con la ricerca di quello che è giusto, che poi è avere rispetto dell'uomo, di ogni uomo, dall'altra un serio impegno verso lo Stato e il bene comune.
Il Signore ci aiuti.
"Amerai il Signore Dio tuo..." XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 26 Ottobre 2014
"Amerai il tuo prossimo come Matteo 22, 34-40
te stesso"
Due comandamenti che riassumono tutta la morale cristiana, ne sono il cuore. Due comandamenti infinitamente complessi. Del primo abbiamo già parlato: (se qualcuno ricorda, domenica scorsa) "Date a Dio quel che è di Dio". Dio è, per il credente, il riferimento assoluto, "l'oltre", quello che ci porta oltre noi stessi, oltre i nostri comodi, per cercare la verità e la giustizia, ma ci porta anche oltre gli idoli del mondo: la ricchezza, il potere, la forza. Ci porta anche oltre ogni autorità di questa terra, politica, civile, religiosa: c'è un "oltre" a cui la propria coscienza deve aderire. Un "oltre" che la propria coscienza deve cercare con tutta la sua passione: Dio è, per il credente, il riferimento ultimo.
Oggi vorrei attirare la vostra attenzione sul secondo comandamento che sembra molto più semplice e - forse - non lo è: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". I nostri antichi e questa è la prima cosa che vorrei dirvi, pensavano che l'amore comincia da se stessi.
Troppe volte non diamo per scontato che bisogna amare se stessi, che dobbiamo amarci, custodirci, curarci, coccolarci in tutte le dimensioni della nostra esistenza... è importante che cerchiamo tutto quello che possiamo di piacere, di benessere... il piacere del corpo, il piacere dello spirito. Soltanto (per quello che ho capito io) la follia e il masochismo - che tanto male hanno fatto nella storia del mondo - possono aver spinto dei cristiani a pensare che infliggersi del dolore, delle sofferenze, portare un cilicio o flagellarsi possa essere cosa gradita a Dio. È una follia!
L'uomo deve cercare il piacere perché, Dio, per questo ci ha costruiti. Il benessere del corpo, la salute, il piacere, ma - anche - la cura della mente: l'arte, la bellezza, la poesia, la conoscenza del mondo, la capacità di ammirare. Occorre anche curare il proprio cuore: la capacità di essere attenti agli altri, di avere un cuore sensibile che sa commuoversi per quello che trova intorno a sé. Dobbiamo essere capaci di amare noi stessi, anche nella dimensione spirituale: essere capaci di alzare gli occhi, aldilà di questa terra, a qualche cosa che è al di sopra, alla ricerca di Dio, alla ricerca della verità.
Un'altra considerazione vorrei farvi: "Ama il prossimo tuo come te stesso". Ma vi siete mai chiesti: il mio prossimo vuole essere amato come io amo me stesso? Molte volte no, perchè siamo tutti diversi, per fortuna! E se voglio amare chi mi sta accanto... guardate anche le persone più vicine: i figli, i genitori, gli anziani... debbo tentare di chiedermi: "Ma lui come vuol essere amato, cosa gli giova, cosa significa veramente amare?"
Non è una cosa semplice perché qualche volta siamo in dubbio... quello che lui vuole, è veramente il suo bene? Un genitore ha il dovere di educare un figlio, di non fare tutto quello che lui vorrebbe, a volte sbaglia, va per strade complicate e - allora - dove si ferma il mio rispetto e dove comincia il mio dovere di amare correggendo, aiutando, curando?
Vedete, quando usiamo la parola "amore" dobbiamo - forse - sapere che è una parola vuota che deve essere riempita di contenuti, di attenzione verso l'altro, di dialogo, di ascolto per cercare di capire, se voglio veramente amare, che cosa significhi per questa persona concreta, in questa circostanza concreta.
Un'ultima osservazione vorrei farvi... la distinzione (per quella che è la mia esperienza) essenziale tra l'amore e il sentimento dell'amore; il sentire il trasporto, quasi la passione verso un'altra persona e amarla veramente?
Mi capitava di parlare con uno psicologo e mi diceva che uno dei problemi di chi si occupa dei ragazzi è che, parlando con i genitori dei problemi di un figlio in difficoltà, dicono: "Ma io gli voglio tanto bene, io vivo solo per lui"
E lo psicologo con grande fatica: "Ma lo ascolti, cerchi di capirlo, cerchi di dialogare con lui?" E la risposta inevitabile: "Ma io gli voglio tanto bene!".
Certo nel cuore di un genitore c'è un grande trasporto per il figlio, ma non basta! Ci vuole intelligenza. Ci vuole conoscenza, ascolto, pazienza.
Per farvi un altro esempio... Che cosa preferireste: essere curati da un medico che ha un grande amore per voi, che è - addirittura - innamorato di voi, ma è una "capra", non capisce, non studia... o da un medico che di voi non gli importa niente, ma vi cura con serietà professionale, che studia, è competente, sa dove mettere le mani... da chi preferireste essere curati? Credo che la risposta non sia nemmeno da chiedere!
Ecco, quello che vale per il medico vale per tutti! A volte parliamo di amore come se fosse un sentimento. L'amore è fatto di cose concrete, di attenzioni.
E c'è il rovescio della medaglia che ho ascoltato tante volte nella mia vita e che - forse - pesa su qualcuno di voi.
Vi faccio un esempio... Mi capitava una volta (son passati ormai tanti anni) una signora che veniva da me... la sua suocera era morta e dovevamo fare il funerale e, come sempre succede quando qualcuno muore, vengono gli scrupoli di non aver fatto abbastanza... e mi diceva: "Mi creda, padre, ho fatto per mia suocera molto di più di quello che ho fatto per mia madre, ma l'ho fatto senza amore!". "E che vuol dire?". "Vede, mia suocera mi ha fatto parecchi torti e io mi porto dentro un certo rancore. Quando mi vengono in mente certi episodi, mi viene un certa rabbia nei suoi confronti, però mi sono sforzata di fare tutto quello che potevo per curarla, assisterla, starle vicino come ho potuto, ma senza amore" E che vuol dire? Che cos'è l'amore? II sentimento dell'amore o le cose concrete che fanno bene ad un'altra persona, che l'aiutano, che gli stanno vicino?
Vedete, dei nostri sentimenti non siamo padroni. La rabbia, il rancore son cose che - qualche volta - vengono dentro come un rigurgito. Non siamo capaci di allontanarli - anzi - più ci combattiamo e peggio è. Son cose che vengono forse dalle scimmie, dai leoni. Tentiamo di non farci condizionare da questi moti istintivi dell'anima... non li chiamo nemmeno sentimenti: rabbie, rancori. Questa donna nonostante provasse questo si era chinata sulla suocera con grande tenerezza e aveva fatto tutto per lei. Ma se non è amore questo, che cos'è l'amore?
Ecco, per non farvi venire scrupoli imparate a distinguere l'amore, il fare concretamente quello che si può per un'altra persona dal sentimento dell'amore e, quando sentite dentro di voi rabbia, rancore - qualche volta - anche nei confronti dei figli... non pensate di non amare. L'amore è un'altra cosa! L'amore è scelta dell'altro! L'amore è un'opzione di fondo! Il sentimento, i rancori ci sono... ma l'amore è qualche cosa di più profondo.
Questo volevo dirvi, niente di più! Per concludere... neanche parlare è tanto facile perché non è facile fare una predica, ma vivere queste cose (lo sapete) è infinitamente più complicato: ci vuole molta pazienza, attenzione, andare avanti, tornare indietro, non farsi venire sensi di colpa, perché non sono mai serviti a niente... insomma è una cosa complicata capire cosa significa amare. La parola "amare" se rimane solo una parola è pericolosa.
Il Signore ci aiuti.
Una moltitudine immensa che nessuno poteva TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2014
contare, di ogni nazione, popolo e lingua… Matteo 5, 1-12. Apocalisse 7, 2-4. 9-14
"Beati i poveri in spirito, beati i miti...."
Come sapete siamo qui per celebrare la festa di TUTTI I SANTI, ma oggi non ci occupiamo dei santi il cui nome è scritto sul calendario, alcuni eroi che hanno compiuto grandi gesta, hanno costruito chiese, hanno fondato ordini religiosi, hanno fatto prodigi... non ci occupiamo di loro anche perché, molti di loro, sono persone un po' discutibili. C'è chi ha proclamato guerre, ha fatto le Crociate, ha esaltato la guerra, ha bruciato eretici, ha condannato le streghe, ha accumulato potere e soldi in grande quantità: lasciamoli da parte!
Non pensiamo nemmeno a coloro che sono morti, di questi parleremo domani.
Oggi ci occupiamo di una "moltitudine immensa", di gente che ha fame e sete di giustizia, è mite, misericordiosa, opera la pace, si china sulla sofferenza del mondo, cerca di dare una mano, condivide la vita, custodisce il creato… e sono tanti!
Guardate, a volo d'uccello, l'Italia! Quando si leggono i numeri... (in questo paese i numeri non si amano, ma qualche volta capita di leggerne qualcuno) troviamo milioni di persone in questo paese che fanno volontariato, che dedicano un po' del loro tempo agli altri, gratuitamente, per amore, per tenerezza verso chi è in difficoltà. Li trovate negli ospedali, nelle mense delle Caritas, nelle carceri... c'è chi mette un po' del suo tempo a disposizione degli altri e sono tanti, sono milioni!
Non soltanto quelli che fanno il volontariato… pensate anche a tutti quelli che lavorano nelle case, ai genitori accudiscono i figli... Pensate agli insegnanti, ai medici... Pensate anche agli operai nelle fabbriche, ai contadini che ci provvedono il cibo di ogni giorno: gente che lavora - a volte - con passione cercando di fare quello che può perché la vita sia più semplice per tutti noi.
C'è gente che fa del bene, che lavora, che si dedica agli altri, che cerca la giustizia in Italia e sono tanti, sono la maggioranza e - a volte - alcuni di questi sono perseguitati per la giustizia; perché ci sono situazioni pericolose, in cui chi si impegna può mettere a rischio la propria vita: una moltitudine immensa.
Abbiamo bisogno di far memoria di queste persone, di dare uno sguardo alla vita con gli occhi di Dio, perché abbiamo gli occhi (per quello che ho capito io) obnubilati dalla televisione, dai mezzi di comunicazione che ci mettono paura, che ci fanno sembrare il mondo tutto cattivo.
Ho spesso consigliato a qualcuno... (lo consiglio anche a voi) per capire il mondo in cui viviamo guardate il televideo del telegiornale di Ostia (Il canale di Ostia, conoscete? Il telegiornale è troppo lungo, perdete tempo!) sono poche righe... a Ostia ci sono furti, gente che spaccia droga, incidenti stradali, qualcuno che accoltella qualche altro, qualche guaio che succede quando Ostia si allaga... nessuno lavora, nessuno si occupa degli altri, nessuno inventa qualche cosa di nuovo, non ci sono ragazzi che studiano, non c'è gente che fa volontariato - eppure - se andate in giro per Ostia cominciando da qui dietro, dal Vittorio Emanuele trovate gente che dedica un po' del tempo agli altri, ma lo trovate andando in giro per gli ospedali, lo trovate dappertutto...
Se poi andate nelle scuole vedete quanti insegnanti cercano di inventare qualche cosa per i loro bambini, fanno quello che possono per educare, per far crescere le persone: sono molti. A volte trovano ostacoli. A volte devono sacrificarsi. A volte devono combattere con la burocrazia, con le difficoltà - eppure - non si stancano e continuano ad andare avanti: sono questi i santi!
Oggi ne vogliamo far memoria e andate ai confini del mondo... gente di ogni razza popolo e nazione, di ogni lingua, di ogni religione... questa pagina del Vangelo di Matteo (secondo me) è stupenda perché riesce a liberarci da ogni limite: di religione, di razza, di cultura, tutti! Quello che conta è la fame e la sete di giustizia. Quello che conta è la mitezza, è la tenerezza, la misericordia, la capacità del bene e ce n'è (ci dice la prima lettura) una moltitudine immensa: di tutti questi facciamo memoria!
Facciamo memoria con cuore gioioso perché nel mondo il male è minore del bene. C'è molta più gente che fa del bene, che cerca la giustizia, di gente che fa del male.
Facciamo memoria degli altri e nelle altre chiese c'è gente (se è gente seria) che fa memoria di noi perché anche noi (ci ha detto l'apostolo Paolo) siamo santi e quindi, oggi, è la festa nostra! non perché portiamo il nome io di Francesco e voi non so di chi, ma perché io sono Francesco, non sono certo perfetto, ma qualche bicchiere d'acqua l'ho dato e - secondo Gesù - questo basta per essere santi e così anche voi e - quindi - è la vostra festa.
Il Signore ci aiuti.
"Tutto ciò che il Padre mi dà COMMEMORAZIONE dei DEFUNTI - 2 Novembre 2014
verrà a me…" Giovanni 6, 37-40
Quando ci confrontiamo con la morte la nostra fede diventa debole, incerta, smarrita perché non c'è dato di vedere, di sapere, di sperimentare nulla.
Ricordo che quando mia mamma era ormai molto avanti negli anni, confidava un giorno a una sua nipote giovane e forte che aveva paura della morte e la nipote gli disse: "Ma come? tu che hai tanta fede, che vai a Messa tutte le mattine, fai la Comunione ogni giorno, come puoi proprio tu aver paura di morire?". Gli ha risposto: "Eh, sai! non è mica mai venuto nessuno a dirci come si sta dall'altra parte!" Aveva ragione lei!
La paura non ha niente a che spartire con la fede, è un moto dell'anima di cui noi non siamo responsabili.
Quando studiavo per diventare prete, (ero giovane allora) ho avuto la fortuna di incontrare una persona saggia che mi consigliò di leggere attentamente e in greco (allora potevo farlo) tutte le parole che, nel racconto della Passione di Gesù, esprimono il suo atteggiamento di fronte alla morte. Potete farlo anche voi leggendo il Vangelo. È sconcertante: si parla di sgomento, di angoscia, di paura. Anche Lui aveva paura e certo non possiamo dubitare che Lui avesse fede! La fede e la paura non sono la stessa cosa perché a noi non è dato di vedere nulla, perché c'è un "oltre" di fronte al quale la nostra immaginazione, la nostra possibilità di pensare si ferma.
A ogni credente penso che sia dato solo il sospiro di Gesù sulla croce... un sospiro e niente di più: "Padre, nelle tue mani affido la mia vita". Senza sapere, senza vedere, senza poter immaginare. Un puro atto di affidamento alle mani amorose del Padre, del Dio della vita. A Lui affidiamo noi stessi, la nostra vita e la vita di coloro che ci hanno preceduto. Il sospiro del cuore, dell'anima e poi mettiamo punto, perché è inutile discorrere ancora.
Qualche cosa però possiamo fare per opporci alla morte. Secondo me due cose importanti. La prima: è la memoria! Ricordare quelle persone che ci hanno preceduto. Quelle persone che ci hanno amato, a cui abbiamo voluto bene, che ci hanno trasmesso valori, sentimenti, ci hanno dato il senso della vita, hanno arricchito la nostra vita.
Nelle poche parole che vi ho detto, ho fatto memoria di due persone: mia mamma e quest'altra persona che è stata per me preziosa. Voi non li conoscete, ma ciascuno di voi ha le sue persone care, specialmente chi come me ha i capelli bianchi e si guarda indietro ormai la fila di quelli che ci hanno preceduto è lunga, molto lunga.
Persone preziose per noi, per la nostra vita, per la mia vita e (credo) anche per la vostra... un consiglio posso darvi: oggi fate memoria di tutte le cose belle, dimenticate i contrasti, le difficoltà che ci sono in ogni vita, per ricordare i valori di queste persone, per tenerli nel cuore perché non muoiano del tutto, perché vivano nel ricordo, perché possiamo fare memoria di loro, quasi farli rivivere ogni giorno nel nostro affetto, nel rapporto che avevamo con loro.
E c'è un altro modo che noi abbiamo per rispondere alla morte: quello di moltiplicare la vita. Quando pensiamo alla morte il nostro compito è quello di far più ricca la vita intorno a noi, moltiplicando la tenerezza, l'attenzione, la condivisione, moltiplicando il piacere, la gioia: è l'unico modo che abbiamo per dire no alla morte, per non accettarla, per non farci dominare dallo sgomento.
Quando sentite nostalgia di qualche persona che è morta, quando gli occhi si riempiono di lacrime per la mancanza... fate una carezza a chi vi sta vicino, fate un gesto di tenerezza a una persona che conoscete, raccontate una barzelletta ad un amico, moltiplicate il piacere, fate l'amore con più passione: è l'unico modo che abbiamo per rispondere alla morte.
Ecco - vedete - io credo che di fronte alla morte noi possiamo sospirare verso Dio: "Padre, nelle tue mani affido la mia vita" e dobbiamo far memoria e tenere nel cuore, con cura, tutte le persone che ci hanno voluto bene che hanno arricchito la nostra vita e poi... quando ci inginocchiamo di fronte a una tomba o (come oggi) di fronte all'altare per far memoria dei nostri cari... tornando a casa, anche in loro memoria moltiplichiamo la vita; anche in loro memoria rendiamola più bella, più ricca di bene, di piacere, di gioia per quanto possiamo.
Il Signore ci aiuti.
Trovò nel tempio gente che Dedicazione della Basilica Lateranense - 9 Novembre 2014
vendeva buoi, pecore e colombe... Giovanni 2, 13-22
fece una frusta di cordicelle e
scacciò tutti fuori dal tempio...
Oggi (come avrete notato) è una festa che risulta a molti un po' curiosa. Celebriamo la consacrazione della basilica di San Giovanni in Laterano, che è considerata la cattedrale del mondo perché è la chiesa del Papa, il vescovo di Roma. Molti di voi pensano che la cattedrale di Roma sia San Pietro, invece è San Giovanni in Laterano e - allora - oggi in tutta la cristianità si celebra la consacrazione di questa chiesa: una chiesa che diventa simbolo. Simbolo della presenza di Dio nel suo popolo... che dovrebbe essere fatto di pietre vive e simbolo della comunità cristiana nel ritrovarsi insieme.
Il Vangelo di oggi ci permette di chiederci: "Se venisse Gesù quando prenderebbe una frusta per cacciarci fuori e perché?".
Per capire qualche cosa bisogna - forse - riandare alla situazione del tempio contro cui Gesù e la prima comunità cristiana hanno una forte polemica.
Il tempio - vedete - era una istituzione antica che era considerata un po' il cuore della fede di Israele. Pian piano, nella storia, si erano create tutta una serie di divisioni...
C'era un piazzale pieno di bancarelle, di cambiatori di valuta in cui potevano entrare tutti, anche i pagani. Poi c'era un primo recinto, oltre quello soltanto gli ebrei. Un pagano che entrava rischiava di essere lapidato. Poi un altro cortile in cui potevano entrare solo gli uomini ebrei, dovevano rimanere fuori le donne. Poi un altro cortile in cui potevano entrare solo i sacerdoti e poi l'ultimo in cui poteva entrare soltanto il sommo sacerdote.
Vedete, tutta una serie di divisioni, di esclusioni… allora ci potremmo domandare: "Se Gesù venisse oggi di quali esclusioni ci rimprovererebbe?" Escludiamo - forse - nel nostro paese, nella nostra Chiesa gli stranieri, i pagani, la gente diversa? E nella Chiesa non c'è - forse - l'esclusione delle donne? Avete mai visto una donna predicare qui al posto mio? E nella Chiesa non c'è troppo potere del clero? e non parliamo di quello del Papa! E dov'è la comunità cristiana?
Ma c'era un'altra esclusione più grave nel tempio: là non potevano entrare i malati. Il Vangelo di Matteo dice che Gesù entra nel tempio guarendo zoppi, ciechi... anche loro fanno parte del popolo di Dio.
Questa esclusione era terribile! II malato doveva stare fuori perché era ritenuto punito da Dio: il malato è escluso, è portatore di peccato.
Vedete, se venisse Gesù oggi cosa ci direbbe? Una delle frasi che più ho ascoltato nel lungo cammino della mia vita sacerdotale è: "Padre, che ho fatto di male perché mi capiti questo?" Sempre quell'idea che se mi capita un guaio o una disgrazia, se una persona è malata c'è la colpa di qualcuno! Questo legame così terribile tra la disgrazia, la malattia e la colpa ha attraversato la storia della Chiesa fino ai nostri giorni e ancora è tanto presente. Contro questo - Gesù - avrebbe alzato la sua frusta!
Il malato - secondo Lui - deve essere il primo ad essere oggetto di attenzione e di amore. Andava incontro ai lebbrosi, agli zoppi, ai paralitici e ci invitava a non escludere ma, per quanto è possibile, a curare, rispettare, vivere la tenerezza nei confronti di queste persone: il rispetto...!
Il rispetto - soprattutto - di chi arriva agli ultimi stadi della sua malattia e - qualche volta - decide di dire: "Basta!" In questi giorni avete - forse - assistito anche voi alla terribile vicenda di quella ragazza americana che diceva: "Basta, il tumore è devastante, c'è solo sofferenza e dolore, basta!" Ebbene, qualche autorità della Chiesa ha detto: "Persona senza dignità".
Noi abbiamo conosciuto in questa nostra città il rifiuto del funerale a una persona che aveva chiesto di staccare la spina... perché non c'è rispetto per chi soffre, per chi muore, perché giudichiamo, perché condanniamo, perché ci sentiamo superiori? Questa è un'altra delle polemiche che Gesù fa nei confronti del tempio!
Ricordate la parabola molto forte del fariseo e del pubblicano: il fariseo va nel tempio e dice: "Signore, ti ringrazio, non sono come gli altri uomini, non sono come quel peccatore laggiù, io sono giusto!" E, sentirsi giusti, fa giudicare gli altri!
C'è un altro motivo: (forse il più importante per cui Gesù prenderebbe la frusta) spesso riduciamo la religione a un commercio con Dio: vengo in chiesa, faccio dei doni, faccio i miei digiuni, recito le mie novene... poi Tu mi dai la tua benevolenza, Tu custodisci la mia vita, Tu mi proteggi... Dov'è la religione della gratuità? Dov'è la religione della ricerca di Dio e della sua giustizia? Vedete, si rischia una religiosità ridotta a bisogno di protezione, la ricerca della protezione spiega perché, in questo paese, sia stata a lungo devastante l'unione tra un parte della Chiesa e la mafia e la camorra.
Avete visto in qualche immagine l'altarino nella casa del boss della mafia. Avete sentito del frate che andava a dire Messa con la scusa ridicola che andava per convertire... prima si converte e poi si dice Messa!
Questo significa che manca alla religiosità che viviamo il senso del Dio etico. Quando ci incontriamo con Lui per prima cosa ci chiede la giustizia, il rispetto dell'altro, l'amore, la capacità di cercare quello che giova alla vita del mondo. Ci chiede di camminare sulla via della pace, della costruzione di una società giusta.
Non possiamo sentirci protetti o - addirittura - sentirci giusti, perché il mafioso rischia di pensare che, siccome fa quelle pratiche religiose, Dio è dalla sua parte e si ritiene giusto… questo non succede solo in questi casi estremi... succede anche tra noi qualche volta. Ci sentiamo giusti e giudichiamo... anche in casa, anche con i parenti che magari non vengono in chiesa.
Ecco: la chiesa è il luogo dell'incontro della comunità, è il luogo della ricerca di Dio, della ricerca della giustizia, della condivisione, del rispetto.
Quando ero ragazzo sentivo dire che il Signore sarebbe venuto con la frusta in mano (forse l'avete sentito dire anche voi) a cacciare quelli che andavano con le maniche corte, con i calzoncini succinti. Se andate in giro per l'Italia trovate ancora sulla porta delle chiese delle immagini: così si entra, così non si entra! E qualche prete che grida: "fuori!"
Pure mi è capitato (questo anche qui) di sentire: "Questa gente viene in chiesa e chiacchiera, se venisse il Signore li caccerebbe fuori, è diventato un mercato!"
La chiesa è il luogo dell'incontro dei cristiani ed è bello quando ci si ritrova in chiesa scambiare due parole per salutarsi, domandare, chiacchierare un po'; quando è il tempo di pregare si prega e con attenzione, ma prima ci si incontra, ci si saluta, si chiacchiera: è la casa della comunità cristiana.
Allora, se posso concludere: venite pure con le braccia scoperte, venite pure (se volete, ma molti non se lo possono permettere) in costume da bagno, venite come vi pare perché il corpo è un dono di Dio. Quando venite chiacchierate pure, ma poi... poi cercate Dio e la sua giustizia e cerchiamo di non escludere nessuno da questa comunità. E nessuno si senta escluso da questa Eucaristia. Si continua ancora a discutere se i divorziati risposati possono fare la Comunione... Ancora...! Ci sono tante ricchezze nella Chiesa di Dio! Ma perché certe esclusioni, perchè non possiamo ancora accogliere tutti, in una ricerca di giustizia, di luce, di verità? Per questo stiamo qui, per sentirci fratelli, per cercare Dio e per cercare in Dio la sua giustizia.
Il Signore ci aiuti.
"A uno diede cinque XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 16 Novembre 2014
talenti, a un altro due, Matteo 25, 14-30
a un altro uno..."
Perché a uno cinque, a uno tre e a uno un solo talento? (il talento è una grossa cifra, non si tratta di una moneta, sono parecchi denari) Ma perché a uno cinque, a un altro tre e a un altro uno? Quando si parla con i bambini fanno sempre questa obiezione: "Non è giusto, bisognerebbe dare a tutti lo stesso talento". Forse questa domanda se la fa anche qualcuno di voi: "Perché... perché a uno tanto e a uno poco?" Non c'è risposta a questa domanda, è una constatazione della realtà.
Nel mondo c'è chi di talenti ne ha cinque e - forse - anche dieci, chi tre e molti che ne hanno uno solo e debbo darvi non so se una buona o una cattiva notizia... noi, qui, siamo quelli dei cinque!
Pensate (per fare un esempio) a un bambino in Africa che ha perduto il padre e la madre, che ha subito violenza e gli hanno messo un fucile in mano: è spaventato dalla vita, vive nel terrore... posso paragonarlo con me? Io fin da bambino sono stato circondato di affetto, di tenerezza, di rispetto.
Vedete quando si parla di talenti non si parla di soldi, si parla di tutto quello che è la ricchezza della vita che noi abbiamo avuto in gran parte… almeno molti di noi, non voglio mettere pesi sulla coscienza di nessuno. Molti di noi hanno avuto molti doni nella vita... io sono stato particolarmente fortunato...
Un altro esempio... qui siamo in molti ad essere pensionati più o meno, ma insomma ce l'abbiamo la pensione... pensate ai nostri ragazzi! Ce l'avranno? La maggior parte di loro pensa che non ce l'avranno! Sono spaventati dalla vita.
Ecco, il compito di chi ha cinque talenti è quello di occuparsi di chi ne ha uno ed è spaventato, perché questo (per quello che ho capito io) è il nocciolo di questa parabola: quello che ha un solo talento e che pensa che la vita sia quasi impossibile e non ce la potrà mai fare, qualche cosa che lo schiaccia, lo fa sentire inutile, uno scarto della società: la paura... qualcuno mi diceva anche la paura di Dio!
Chi mette nel cuore dell'uomo la paura e qual è il nostro compito? II primo è quello di non mettere paura nel cuore dei piccoli... potete pensare ai genitori, il loro compito è non mettere paura a un bambino che cresce. Non chiedergli di più di quello che può dare. Non proporgli ideali troppo grandi per il suo cuore. Non si può caricare un ragazzo che cresce di un peso insopportabile... avrà paura della vita, avrà sgomento davanti alla vita.
Pensate ad un insegnante... non può trattare tutti allo stesso modo, non può far pesare su chi ha meno capacità il confronto con chi ne ha tante. Non può mettere paura. Non può dire: "Tu non sei capace, non ce la farai mai". Non si può spaventare la gente: è il primo compito che abbiamo!
Ma ce ne è un altro importante: quello di tentare di togliere la paura dal cuore della gente. Potete incontrare qualcuno che ha paura di Dio, nel suo castigo - magari - per qualche errore che ha commesso nella sua vita... impegnatevi con tutto il vostro cuore a togliere questa paura. Dio se è Dio non ci può mettere paura.
Gesù è venuto per darci speranza, per metterci una mano sulla spalla, per darci fiducia.
Se incontrate qualcuno dei nostri ragazzi voi che avete i capelli bianchi potete parlargli della vostra gioventù e del punto da cui siamo partiti... L'Italia (in cui io ero adolescente) era una Italia distrutta e chi mi stava intorno mi ha dato la speranza del futuro, me l'ha messa dentro e non solo a me, a tanti. Hanno cambiato il mondo in pochi anni, con coraggio, con impegno e in tutti i campi.
Vi incontrate con qualche associazione... fuori della chiesa oggi avete visto i ciclamini dell'ANT: un'associazione di volontari che tenta di dare un po' di speranza e di fiducia e di tenerezza a chi è spaventato perché ha un grave tumore e vive gli ultimi istanti della sua vita, se potete date una mano, se potete fare i volontari ancora meglio... per togliere la paura dal cuore della gente, per far sentire la tenerezza, l'attenzione, l'affetto.
Forse qualcuno conosce qualche associazione che sostiene coloro che vanno nelle carceri a dare un po' di dignità a chi ha sbagliato, a gente impaurita.
Se qualcuno può fare qualche cosa per queste persone che arrivano da noi spaventate, che fuggono dalla guerra... vi sentite dire: "Ma potrebbero rimanere a casa loro, bisogna risolvere là i loro problemi!" Ma chi ci va là! Come si fa a risolvere i problemi là? Vengono qui e non sappiamo che fare perché anche noi siamo troppi… ma ricordate (chi ha i capelli bianchi) quando siamo scappati in montagna perché c'erano le bombe sulle nostre città ed eravamo impauriti e non sapevamo dove andare... e abbiamo trovato qualcuno che ci ha dato un tetto e un pezzo di pane e ci ha ridato la fiducia e la speranza della vita.
Il compito di chi di talenti ne ha avuti cinque è quello di aiutare chi ha intorno: il piccolo, l'indifeso, l'umiliato, chi ha paura e chi - inevitabilmente - quando ha paura rischia di diventare aggressivo e di fare violenza, che va certamente controllata, ma per controllarla bisogna togliergli la paura dal cuore, la paura che la vita sia impossibile, che sia troppo difficile: bisogna dargli speranza nel futuro e con gesti concreti.
Mi direte: "È una cosa difficile!" Vi aggiungo: "Quasi impossibile!" Il cristiano non può che guardarsi intorno a cominciare dai nipoti, dai vicini... tentando di fare quello che può, perché chi ha avuto tanto deve rendere, perché chi è stato ricco nella vita, (ripeto, non ricco di soldi) ricco di affetti, di speranze, ricco della bellezza della vita... non può non tentare di rendere un po' di questa ricchezza, togliendo la paura dal cuore di chi è spaventato, la paura della vita, la paura di Dio, la paura del futuro.
Il Signore ci aiuti.
"Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto CRISTO RE - 23 Novembre 2014
sete e mi avete dato da bere, malato e mi avete visitato..." Matteo 25, 31-46
Celebriamo oggi, (come penso tutti sapete) a conclusione dell'anno della nostra preghiera, (domenica prossima sarà già Avvento e comincerà un nuovo ciclo, ci prepareremo al Natale) la festa di Cristo Re.
È una festa (a pensarci bene) un po' strana perché - vedete - questa festa è piuttosto recente, è stata istituita agli inizi del secolo scorso per riaffermare il potere anche temporale di Gesù e - quindi - della Chiesa. In un momento di dilagante laicismo, i Papi, sentivano il bisogno di riaffermare il potere della Chiesa, anche temporale.
Eppure, questa festa, che vuole essere un'esaltazione del potere si scontra o si incontra con questa bella pagina del Vangelo. Una delle pagine (secondo me) più straordinarie, se Matteo ci avesse regalato soltanto il discorso delle Beatitudini e questa pagina poteva pure chiudere il Vangelo.
Se vogliamo capire questa pagina dobbiamo trascurare il giudizio, gli angeli, i diavoli, le pecore, le capre per cercare di intuirne il nocciolo. Perché è così straordinaria? Perché qui il senso del potere viene totalmente ribaltato! Vedete - i capi di questo mondo, il potere di questa terra vuole essere onorato, ossequiato, ubbidito. Nel secolo scorso abbiamo conosciuto addirittura l'idolatria del potere... pensate a Hitler, a Mussolini, a Stalin.
Il potere che vuole dominare su tutto! Vuole dominare - addirittura - sulla coscienza della gente e quando pensiamo a questo potere esercitato in maniera così brutale, non dobbiamo dimenticare che anche noi abbiamo una parte di potere...
Lo ha il genitore nei confronti dei figli. Lo ha il marito nei confronti della moglie, la moglie nei confronti del marito. Lo ha l'insegnante nei confronti dei suoi alunni. Lo ha il prete, lo ha il Papa... tutti condividiamo una parte del potere e tutti cerchiamo l'ossequio e l'ubbidienza e il riconoscimento del nostro ruolo...
Ora guardate qui: Gesù sparisce! Se volete conoscere il potere di questo mondo dovete guardare avanti - magari - la televisione, ascoltare i discorsi - a volte - roboanti...
Gesù non parla. Si nasconde dietro l'ultimo dei più piccoli. Non dovete guardare davanti, dovete cercare dietro: chi è l'ultimo, chi è il piccolo, chi è lo straniero, l'affamato, l'assetato? e là trovate Gesù, nascosto e tende la mano e non vi da' nemmeno degli insegnamenti, non continua (come fanno spesso le autorità della nostra Chiesa) a dire: "Dovete comportarvi così, se non vi comportate così siete cattivi..." Insomma quasi ogni giorno ascoltiamo rimproveri!
Gesù si nasconde e dice: "Qui mi trovi, ed è compito tuo sapere come si fa a moltiplicare il cibo per chi ha fame. Compito tuo sapere come si fa ad accogliere lo straniero. Compito tuo sapere come si fa a rieducare una persona in carcere. Compito tuo sapere come si cura un malato".
Compito importante per tutti noi e Lui non ci dà insegnamenti, non ci dà regole, non ci rimprovera, si fida di noi e ci chiama... è là il nostro compito!
Un'altra cosa è importante (secondo me) in questa pagina: quello che conta non è la preghiera, il dogma, la verità su cui tante volte si insiste all'interno del potere ecclesiastico... Pensate a quanta gente è stata bruciata, torturata in nome del dogma: "Devi credere così, devi pensare così...!" Quante volte bisognava osservare minuziosi precetti della Chiesa!
Per Gesù l'essenziale è il rispetto, l'attenzione, la compassione... a qualcuno questa parola non piace, sostituitela con empatia, il sentire con... il mettersi nei panni di chi è in difficoltà e non guardate lontano, lo troviamo - a volte - in casa, in un figlio affannato, a volte in un amico, in una persona che abbiamo incontrato, nel vicino di pianerottolo, eccetera.
Troviamo vicino a noi la gente che ha bisogno di tenerezza, di una carezza, della mano sulla spalla: è là che incontriamo il Signore, è là che il Signore ci chiama, è là che ci viene incontro.
C'è un'altra cosa importante (secondo me) in questa pagina. Vedete... io e voi non possiamo dire: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e assetato e ti abbiamo dato da mangiare e da bere? Quando ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto?" Noi non lo possiamo dire perché noi abbiamo letto il Vangelo, noi lo sappiamo, ma il cinese non lo sa! Colui che il Vangelo non lo conosce non lo sa e - quindi - non conta la religione!
Vedete fino a che punto quello che oggi chiamiamo il nostro Re vuole scomparire. Noi tentiamo di dire: "Siamo i tuoi... guardaci con occhi..." "Io cerco chi ha fame e sete di giustizia, chi è mite, misericordioso... e se anche è l'ultimo dei pagani, quello che bestemmia contro Dio... a me non importa". Vedete oggi il potere di Gesù sparisce, si nasconde dietro gli ultimi degli uomini. Sparisce il potere della Chiesa. Spariscono le divisioni religiose e quello che conta è solo l'uomo, è il rispetto dell'uomo, è la tenerezza, è il tendere la mano, è l'accogliersi.
Noi siamo qui per incontrare Gesù nella Parola che abbiamo ascoltato, nel Pane di cui tra poco ci nutriremo, ma non lo troviamo mica qui, lo troviamo fuori, lo troviamo a casa, lo troviamo per la strada...
II medico lo trova all'ospedale, l'infermiere lo trova all'ospedale, l'insegnante lo trova negli alunni, il padre lo trova nei figli, i nonni nei nipoti, l'amico nell'amico, lo troviamo negli stranieri: è là che incontriamo il Signore. È là che possiamo veramente tendere la mano. È là che Lui ci chiama. È là che lo ritroviamo. Non è sempre semplice, ma questo è quello che questa pagina straordinaria del Vangelo ci consegna stamattina.
Guardatelo un momento questo Re e poi guardate i poteri di questo mondo e anche il nostro… Gesù che sparisce, si nasconde dietro l'ultimo degli uomini e là ci chiama.
Il Signore ci aiuti.