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OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2007-2008 - Vangelo di Matteo
INDICE
"Vegliate, state pronti, perché non sapete I Domenica d'Avvento - 2 Dicembre 2007
in quale giorno il Signore vostro verrà". Isaia 2, 1-5 Matteo 24, 37-44
Le spade e le lance ormai non ci sono più: sono un ricordo del passato. Le falci non ci sono più. Gli aratri - almeno quelli di un tempo, aggiogati ai buoi - non ci sono più; nessuno dei nostri ragazzi li ha mai visti, ma l'arte della guerra ancora c'è, anzi è diventata infinitamente più raffinata e distruttiva di quella di un tempo!
Che ne è, allora, delle luminose parole del profeta Isaia? Sono passati tremila anni e ancora si insegna l'arte della guerra... Sono passati duemila anni dal tempo di Paolo, che annunziava che la Luce è vicina, che il Signore sta per venire... noi aspettiamo ancora!
Queste sono parole di speranza o soltanto illusioni? E che differenza c'è tra la speranza e l'illusione nella vita degli uomini? Se vi annunzio la pace e non viene, cosa rischiate?
A guardare indietro nella mia vita, si rischia la disperazione, lo scoraggiamento. Tante volte ho visto negli occhi della gente - a volte, con tristezza, negli occhi dei ragazzi - lo scoraggiamento, la disperazione nei confronti del futuro, la mancanza di speranza...
Oppure si rischia di rinchiudersi in un piccolo guscio, dimenticando i problemi del mondo intorno. Oppure si rischia di rifugiarsi nell'aldilà, in una speranza ultraterrena. Oppure, mi sembra, che oggi, sempre di più... - ce lo dicono anche gli occhi, che guardano lontano, degli artisti - si rischia di scambiare il sogno con la realtà.
C'è gente che vive nel sogno, che spera di andare in un'altra terra, in un altro mondo, in un altro paese... e c'è chi parte! Parte per un'altra terra, parte per un altro mondo, che non esiste…
Che differenza c'è, allora, tra l'illusione e la speranza? A volte è una distinzione molto sottile! Forse una risposta la possiamo trovare nelle allucinate parole del Vangelo in cui... - come avete ascoltato - si parla di gente che mangia, beve, prende moglie, marito, che lavora nel campo o macina alla mola... "una verrà portata via e l'altra lasciata..." chissà cosa significa? Allucinazioni, probabilmente, ma ci ricordano che la speranza è possibile solo nel concreto della vita di ogni giorno.
Ci prepariamo a celebrare il Natale e Natale significa festeggiare l'Atteso, che viene a nascere in una piccola sperduta capanna e vive per trent'anni a Nazareth, facendo il falegname e poi comincia a raccontare parabole... si china a fare un gesto di tenerezza su una donna sorpresa in adulterio, condivide la vita con i suoi amici: un bicchiere di vino, magari un sorriso, una carezza, la mano tesa al lebbroso, il tentativo di parlare all'uomo affannato.
Parla di "miti, misericordiosi, pacifici, perseguitati" e Lui schierato dalla loro parte, nel concreto della vita, senza sogni lontani, senza illusioni, che tirino fuori dalla realtà... l'esperienza di ogni giorno, il cammino fatto insieme, una carezza, la vita condivisa: è questo, forse, che mette speranza nel cuore dell'uomo!
Nei giorni passati mi è capitato di leggere o di ascoltare, più volte, la voce del professor Veronesi. Un uomo che ha combattuto in questo paese una battaglia senza tregua, con la sua intelligenza, con la sua passione, perché qualche donna in più guarisse, perché fosse rispettato il dolore, perché si preparasse un testamento biologico, che risparmiasse all'uomo le ultime devastanti sofferenze della morte.
Un uomo che ha fatto gesti concreti, per dare speranze concrete a delle donne, a degli uomini. Qualcuno mi diceva: "Ma non è un cristiano, non è credente, anzi, ribadisce il suo non credere!". Quando ascolto queste parole sento dentro di me una rabbia profonda!
Che significa che non è credente, se ti da speranza... speranza con qualche gesto concreto, con il suo studio, con la sua passione? Se aiuta una persona che soffre, se combatte il male: non è questo quello che porta speranza? Non sono, forse, i piccoli gesti della vita di ogni giorno - piccoli o grandi, se volete - che ti fanno camminare verso il futuro, che ti fanno, anche te, impegnare in qualche gesto concreto?
Che significa credere o non credere di fronte ad una concreta speranza per l'uomo che soffre? E basta per essere credenti dire grandi parole, promesse di speranza in questo o nell'altro mondo... che senso ha per la vita concreta di un uomo che cammina su questa terra, che ha bisogno di gesti concreti, di una carezza, di un gesto di tenerezza?
Ripensavo, stamattina, a qualche cosa da dire... e una signora, prima della Messa, mi ha detto che ieri è nato un bambino, figlio di amici, aspettato, desiderato da tanto tempo e, finalmente, è nato! Sembrava non dovesse nascere, che non arrivasse mai, questo bambino, a far felice la famiglia e i nonni che, forse, ne avevano un gran bisogno.
Una piccola notizia ha rallegrato la mia vita più di tutte le notizie che ascolterò oggi e domani alla radio... più di tutte le grandi parole che, magari, sono costretto a leggere; parole che parlano di speranza, ma non danno speranza perché la speranza te la dà un gesto concreto, la carezza di un amico, la vita condivisa, un piccolo gesto di attenzione o il coraggio di chi studia, di chi si impegna, di chi costruisce la vita, di chi ti sta accanto, di chi ti fa sentire vivo, di chi ti fa guardare verso il futuro, concretamente, ogni giorno.
Forse è qui la differenza tra la speranza e l'illusione, tra il sogno e la realtà. La realtà è fatta del quotidiano e dentro questo quotidiano, forse, ciascuno di noi può mettere un pizzico di speranza concreta, fatta di gesti... gesti, a volte, piccoli che procurano un sorriso, che leniscono un po' di dolore, una carezza, un bacio... la speranza è fatta di piccole cose e, forse, per questo il Signore è venuto in mezzo a noi. E ci prepariamo ad vederlo crescere per trent'anni a Nazareth. Piccole cose... una piccola vita… eppure in quella vita è la nostra speranza, è Dio che viene a condividere il faticoso cammino del nostro vivere, facendo una carezza, donando un sorriso, dichiarando beati i miti, i misericordiosi, i pacifici, coloro che sono affannati, coloro che hanno fame e sete di giustizia, coloro che tentano di camminare in questo mondo, portandosi nel cuore il coraggio della speranza. Non è semplice!
Il Signore ci aiuti
"…concepirai un figlio, lo darai alla luce IMMACOLATA CONCEZIONE - 8 Dicembre 2007
e lo chiamerai Gesù". Allora Maria disse: Luca 1, 26-38
"Ecco la serva del Signore: avvenga per
me secondo la tua parola".
Le biblioteche di tutto il mondo sono piene di grossi libri che contengono riflessioni articolate e complesse sul libero arbitrio, la libertà, il male, il dolore: grandi discorsi che, a volte, hanno segnato il cammino della cultura umana. Quasi tutti i grandi filosofi si sono imbarcati in complicate riflessioni sul problema della libertà, del male, del libero arbitrio.
La Scrittura non è così! Si affida a racconti semplici, che non sono narrazioni di fatti accaduti, ma simboli in cui ciascuno di noi è invitato a ritrovarsi.
Abbiamo ascoltato nella prima lettura l'antica storia del peccato... la "mela" è un simbolo dell'uomo che vuole essere il centro di tutto, vuole farsi "dio", vuole stabilire, lui, il criterio del bene, del male a partire dal suo comodo. L'uomo può dire "no" a Dio, al Suo progetto e... la vita si corrompe. Avete ascoltato, stamattina... si diventa sospettosi verso chi vive accanto... si trovano scuse, si scaricano le colpe e viene la paura dell'altro e anche la natura si corrompe... il serpente non è più un semplice animale, ma diventa il simbolo della natura stessa che si rivolta contro l'uomo.
Che c'entriamo noi con tutto questo? Fino a che punto, io, nel concreto della mia vita dico, qualche volta, il mio "no" a Dio, al Suo progetto? Fino a che punto collaboro a sciupare la vita di chi mi sta intorno? Fino a che punto, anche per me, c'è il sospetto, la mancanza di condivisione?
E non solo...! Il male rotola nella vita degli uomini: è questo il senso del peccato originale! Non tanto una mitica colpa con cui si nasce, quanto il mondo che intorno si sciupa… un bambino nasce, certamente, innocente, ma non nasce in un mondo innocente. Nasce in un mondo profondamente segnato dal peccato, di chi lo ha preceduto... di suo papà, di sua mamma, dei suoi nonni, di tutti quelli che hanno contribuito, prima di lui, a sciupare la vita e ogni bambino che nasce deve affrontare il male dentro di sé e intorno a sé.
E qual è la risposta che il Vangelo di oggi ci propone? Anche qui un racconto estremamente semplice... Una ragazza, in un piccolo sperduto paese, capace, di dire il suo "sì", di farsi disponibile, nel concreto della sua vita, a Dio. Lei sa dire "sì", sa dire "eccomi", sa dire il suo "sì" al progetto di Dio e - se avete ascoltato attentamente - questo progetto non è fatto di grandi parole, ma di gesti semplici. Lei del grande annuncio dell'Angelo sembra capire, soltanto, che Elisabetta, sua cugina è al sesto mese, è anziana, potrebbe avere bisogno di lei: si alza e parte!
Forse qualcuno dei saggi che scrivono libri complicati la fermerebbero: "Dove vai, Maria? Stai per diventare la madre del Signore, preparati con la preghiera, la meditazione". Lei delle parole dell'Angelo sembra capire solo che c'è chi ha bisogno di lei, si alza e parte.
Ecco il "sì" che si fa concreto nella vita quotidiana, la capacità di alzarsi, condividere la vita, mettersi a disposizione di un altro che può avere bisogno di te.
E, io, che c'entro con tutto questo?
Vedete, non c'è bisogno di grandi discorsi, di grandi riflessioni sulla libertà, sul libero arbitrio, su quello che sono capace di fare. Come Maria, ciascuno di noi, può alzarsi e dire: "Eccomi", dove c'è bisogno, posso tendere una mano.
La fede, a volte, è semplice, è fatta di un "sì" concreto, nella vita di ogni giorno: la mano che si tende, la vita che si condivide, il cammino fatto insieme: il Natale che viene è, soprattutto questo! Gesù che viene a condividere la vita e noi che tendiamo una mano per accoglierlo, ma non in astratto, concretamente nella vita di ogni giorno, il "sì" quotidiano a chi vive con noi, un atteggiamento di tenerezza, di condivisione, di servizio, come Maria.
Il Signore ci aiuti
..."Voce di uno che grida nel deserto: Preparate II Domenica d'Avvento - 9 Dicembre 2007
la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri". Matteo 3, 1-12
Vorrei consegnare, oggi, alla vostra riflessione, attenta e paziente, una domanda che credo sia bene che ogni cristiano si ponga e cerchi di lavorarci sopra: perché in gran parte della vita cristiana il modello della predicazione, del comportamento non è Gesù, ma Giovanni Battista? Avete ascoltato che Giovanni è un uomo che vive di grandi penitenze, sta nel deserto, lontano dalla gente e alza la voce e minaccia e annunzia punizioni e castighi.
Gesù sarà diverso! Quando parla di un albero che non porta frutto e il padrone vuole tagliarlo, il contadino invita a pazientare: metterà il concime, zapperà, chissà che poi non faccia frutti. Nella parabola, il figlio che è andato via e ha sciupato tutto, quando torna a casa, non trova la minaccia, il castigo, ma la "festa".
Perché, allora, nella vita della Chiesa, spesso, il modello della santità è uno che fa grandi penitenze, grandi rinunce, magari si flagella o porta il cilicio? Perché, spesso, la predicazione che ascoltiamo accusa, rimprovera, minaccia castighi? Perché nella vita della Chiesa, poche volte, c'è chi prende le distanze da una Madonna che appare e minaccia castighi e versa lacrime? Perché dobbiamo sopportare ancora... - succedeva qualche giorno fa - di ascoltare lunghe disquisizioni sul terzo segreto di Fatima, che minaccia catastrofi e sfracelli?
Quando vi parlano del terzo segreto fatevi raccontare il primo e il secondo! Ci sono allucinate descrizioni dell'inferno, come si facevano nell'alto medio evo: diavoli cornuti e tormenti indescrivibili... non la fantasia e la poesia altissima di Dante, ma parole allucinate di una donna che è cresciuta in una cultura antica, medioevale!
Che ha a che spartire, questo, con il "sì" sgomento e appassionato di Maria di cui abbiamo parlato ieri? Che cosa hanno a che spartire quelle minacce e quei castighi con il canto del "Magnificat", con il grande canto di ringraziamento che il Vangelo mette in bocca a Maria?
Perché, tante volte, nel corso della storia della Chiesa si è minacciato l'inferno, il purgatorio, il castigo di Dio? Perché tanti cristiani hanno dentro il cuore la paura di Dio?
Se posso darvi un suggerimento, una pista di ricerca, chiedetevi se, questo, non dipende dal fatto che non siamo ancora riusciti a superare l'idea che il bene si fa per meritare un premio e il male si evita per paura del castigo. Non siamo, forse, chiamati alla gratuità? Il bene si fa perché è bene, perché credo nei valori, che voglio seguire, sui quali impegnare la vita, costi quel che costi.
Non ha senso fare il bene per meritare un premio o per paura del castigo! Ne dovremmo essere tutti convinti, ma non è così! E le conseguenze sono serie perché, nella nostra educazione, rischia di mancare il senso della giustizia, del bene comune, della collettività, il senso dello Stato… e allora se uno è convinto di non essere sorpreso, non paga le tasse. Se pensa di non essere punito, lavora senza troppo impegno...
Se ho capito qualcosa, Gesù è venuto per accenderci un fuoco dentro, per mettere nel cuore di ciascuno di noi i valori per cui val la pena di vivere e sono valori gratuiti… Se non vivo secondo quei valori la mia vita si sciupa. Se credo nel bene, la mia vita si arricchisce perché faccio quello che sento dentro, gratuitamente, perché lo ritengo giusto e buono...
Allora non c'è più bisogno di minacciare castighi, di rimproverare, di accusare: si tenta di testimoniare e più che attraverso parole, attraverso gesti concreti, il coraggio di credere nel bene, gratuitamente. Il bene è gratis, come Dio! Si può credere in Dio soltanto se la mia fede è gratuita e non se ho paura di Lui o aspetto da Lui un premio. Non è Dio il garante della mia bontà: sono io, sono i valori che ho dentro, sono le cose in cui credo... è la passione per il bene, che Gesù è venuto a condividere con noi. Il Dio che aspettiamo nel Natale che viene, non minaccia, non accusa, non rimprovera: viene a camminare con noi, tentando di conservare nel nostro cuore i sogni della giustizia, il coraggio di credere nel bene, gratuitamente.
Il Signore ci aiuti
"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo III Domenica d'Avvento - 16 Dicembre 2007
aspettare un altro?" "Fra i nati da donna non è Matteo 11, 2-11
sorto alcuno più grande di Giovanni Battista".
Domenica scorsa leggevamo l'annuncio di Giovanni Battista, che presentava Gesù dicendo di non essere degno di portargli i sandali. Oggi invece ascoltiamo il suo dubbio: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?". Giovanni è in prigione, le sue attese di un Messia potente, che venisse bruciare tutto il male e a far risplendere i giusti, sono andate deluse, non può che dubitare.
Ma più avanti c'è un grande elogio di Giovanni: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?… Un profeta? Sì, vi dico, anzi più che un profeta… Fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista?" Cosa succede? Perché parlare così di Giovanni e proprio nel momento in cui sembra dubitare?
Se ho capito qualcosa, qui la prima comunità cristiana esprime uno straordinario elogio del dubbio, della ricerca, delle domande che spingono ad andare avanti.
Ne abbiamo anche oggi un gran bisogno, perché sembra che nel mondo si diffonda il fanatismo religioso, un fondamentalismo arrogante e intollerante. Mi capitava nella scorsa settimana di guardare un documentario su Gerusalemme: l'autrice faceva notare che la "città della pace", questo significa Gerusalemme, sembra sempre di più la città della discordia, anche per colpa delle religioni che lì manifestano gli aspetti peggiori dell'integralismo.
Ci sono bande di giovani ebrei ortodossi che nei giorni delle feste pasquali vanno in giro armati di bastoni, per picchiare chiunque mangi la pizza. È cibo lievitato e in quei giorni non si può toccare nulla di fermentato.
Ci sono giovani mussulmani che vengono preparati a indossare una cintura per farsi esplodere in mezzo alla gente.
Scontri violenti in nome della religione si verificano spesso anche in Estremo Oriente e causano molte vittime innocenti.
Anche nel nostro mondo occidentale, nel Nord e nel Sud America, si diffondo gruppi fondamentalisti, che predicano il razzismo e l'integralismo, che sono contrari alla ricerca scientifica e propongono una lettura ingenua e fondamentalista della Bibbia, da sostituire alla scienza.
Ma anche da noi, in Italia, l'immagine del cattolico che viene presentata dai giornali, dalla radio, dalla televisione è spesso l'immagine di un credente che ostenta arrogante sicurezza, che si mostra intollerante e poco disposto al dialogo… si è arrivati a negare un funerale, a proporre il boicottaggio della vendita di alcuni medicinali nelle farmacie.
Perché tante intolleranze, perché le religioni invece di favorire la pace e il dialogo sembrano contrastarli?
Forse una riposta a queste domande si trova nelle intuizioni di un artista geniale. Nei giorni scorsi ho riletto la Leggenda del grande inquisitore, che Dostoevskij mette in bocca a Ivan nel romanzo I fratelli Karamazov.
Forse qualcuno di voi lo ricorda, Dostoevskij immagina che Gesù torni sulla terra al tempo della inquisizione spagnola, il grande inquisitore lo fa gettare in prigione, poi nella notte va ad interrogarlo: "Sei tu?". Ma non ricevendo risposta comincia a dire: "Perché sei venuto a disturbarci?" Poi minaccia di bruciare anche Lui sul rogo. Deve eliminarlo perché la gente non sopporta il Suo invito alla libertà. La gente non vuole essere libera, cede volentieri la sua libertà a chi sa imporre le proprie certezze. La gente ha bisogno di guide sicure, di ubbidire e lasciarsi guidare. Non serve Gesù, non servono le sue parabole, i suoi inviti alla tolleranza e al dialogo, a cercare di scoprire da sé le vie della verità.
Credo che il genio di Dostoevskij individui uno dei grandi problemi di molti uomini religiosi: non riescono ad accettare la "debolezza" di Dio, pensano che sia più utile al mondo imporre la forza della propria dottrina, della propria cultura, la forza della legge, se non addirittura dei soldi e delle armi, ma questo a portato a guerre, crociate, distruzioni, lutti inenarrabili.
Vedete: noi aspettiamo a Natale un Dio "debole", nasce un piccolo bambino inerme e impotente, finirà su una croce… Parlando di Sé dice di essere "mite ed umile di cuore", nelle sue parabole il modello è spesso il diverso, il miscredente…
Molti credenti pensano che la gente abbia bisogno di certezze, di sicurezze, abbia bisogno di sentirsi gregge, diretto da guide sicure… Troppi credono ancora che la libertà sia insopportabile per il fragile cuore dell'uomo.
Il racconto ne I fratelli Karamazov termina così: "Il vecchio vorrebbe che dicesse qualcosa, sia pure di amaro, di terribile. Ma Egli tutt’a un tratto si avvicina al vecchio in silenzio e lo bacia piano sulle esangui labbra novantenni. Ed ecco tutta la Sua risposta. Il vecchio sussulta. Gli angoli delle labbra hanno avuto un fremito; egli va verso la porta, la spalanca e Gli dice: “Vattene e non venir più... non venire mai più... mai più!”. E Lo lascia andare per “le vie oscure della città”. Il Prigioniero si allontana".
Ci conviene prepararci a incontrare Gesù per le vie oscure della nostra città. Gesù viene a consolare i nostri dubbi, le nostre incertezze, le nostre domande. Viene a ripeterci che oggi, come sempre, abbiamo bisogno soprattutto di amore. Vale più un bacio di tutte le certezze che il mondo può offrire.
Oggi, più che mai, il mondo ha bisogno di dialogo, di accoglienza, di rispetto. Non ha bisogno del fondamentalismo sicuro e arrogante.
Occorre essere disponibili ad ascoltare chi è diverso… occorre saper condividere valori e ricerca. Occorre credere nella possibilità di rimanere liberi e capaci di amare. Per questo Gesù vuole nascere ancora tra noi nel Natale che viene.
Il Signore ci aiuti.
Ecco la vergine concepirà e darà alla IV DOMENICA D'AVVENTO - 23 Dicembre 2007
luce un figlio: a Lui sarà dato il nome Matteo 1, 18-24
di Emmanuele : "Dio con noi".
Mi è capitato, nei mesi passati, di incontrare qualche mamma e, soprattutto, qualche nonna intenta a preparare il corredino per un bambino che deve nascere.
Quando si aspetta un bambino bisogna preparare tante cose e c'è ancora chi sa prepararlo con le proprie mani: una copertina, le scarpine, una magliettina... e chiedevo: "Ma non è meglio andare a comprarle? Ce ne sono di tanto graziose!". "Vuol mettere le cose fatte con le mie mani? Il bambino porterà una cosa che ho fatto io!". "Ma durerà poco perché il bambino cresce e questa maglietta la porterà solo qualche mese!". "Quando nasce un bambino non si guarda a spese!".
E voi, avete guardato a spese per il Natale che viene? Perché aspettiamo un Bambino! I regali per i nipoti, per i figli sono pronti? E i soldi son finiti? Anche quello succede! Avete preparato cibo in abbondanza?… Cappelletti, capponi, anguille, capitoni... tutto quello che serve! I soldi son pochi, ma è Natale e ci vuole un po' di scialo, un po' di superfluo: bisogna far festa!
Vi rimprovereranno anche quest'anno di essere dei consumisti... ma siamo abituati! Chi ci dice che siamo dei razionalisti, chi dei materialisti, chi dei relativisti... tanti "ismi", ce ne sono a volontà in questo mondo! Avete imparato anche voi? Il popolo cristiano, dal tempo di Gesù, sa fare a meno delle prediche, altrimenti il cristianesimo non sarebbe sopravvissuto… Insomma, voi che siete dei consumisti, dei relativisti, dei materialisti... avete preparato tutto per Natale?
Adesso, forse, possiamo per un attimo ascoltare il Vangelo, che ci invita a guardare con occhi stupiti e meravigliati questo Bambino che nasce.
E, quando nasce un bambino - lo sapete per esperienza - il sentimento predominante è la gioia, ma per questo Bambino il motivo della gioia è ancora più grande - lo avete ascoltato - è Dio con noi: l'Emmanuele: Dio viene a condividere la nostra vita, a camminare con noi.
L'altro sentimento che accompagna la nascita di un bambino è lo stupore: lo stupore di fronte ad una creatura. L'ho visto tante volte negli occhi delle mamme, dei papà e oggi è Giuseppe che ci guida in questa attesa: quanto stupore avrà provato davanti a questo bambino che gli veniva affidato! Anche perché l'angelo gli ha detto che sta per accogliere Dio.
E, insieme alla meraviglia, la sorpresa... come sarà questo bambino? Sarà sano, sarà forte? Chi lo sa? E come crescerà? Bisogna... - aspettando un bambino - essere disposti ad essere sorpresi e così è il Natale che viene! Ciascuno di noi ha delle attese nei confronti di Dio... a volte aspettiamo che Lui protegga la nostra vita, che ci custodisca, che ci porti la ricchezza della Sua pace... Il Bambino che nasce in mezzo a noi è un Dio debole, un piccolo Bambino indifeso, che viene a condividere il nostro cammino di uomini! Un Bambino inerme… e finirà sulla croce, vittima della violenza del mondo. Non toglierà la violenza dal mondo, ne toccherà i bassifondi!
E poi l'altro sentimento di fronte a un bambino che viene è l'accoglienza. Lo sapete bene... quando nasce un bambino tutto si rivoluziona... bisogna fargli spazio non soltanto materiale… soprattutto nella nostra vita, nel nostro cuore, nei nostri affetti. Anche Gesù ha bisogno di spazio, di accoglienza e - badate - il Signore non viene soltanto qui in Chiesa, viene nel nostro quotidiano, nella vita di ogni giorno, in casa, per le vie della città....
"Avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e mi hai dato da bere...". "Quando mai Signore...?". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei miei fratelli l'hai fatto a me".
Il Signore ci viene incontro nel quotidiano, in chi ci vive accanto, nei nostri bambini, nei nostri vecchi, nella gente diversa che ci sta intorno, da cui, a volte, ci sentiamo minacciati... Qualcuno si è sentito minacciato anche dalla nascita di Gesù: il credente sa andare oltre le paure, le ansie; sa accogliere il Signore, nella vita, nel quotidiano, nella gente che abbiamo intorno.
Così tentiamo di prepararci al Natale... è già domani.
Il Signore ci aiuti.
"Oggi vi è nato un Salvatore... troverete NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2007
un bambino avvolto in fasce..." Luca 2, 1-14
Per celebrare il Natale ci conviene ricorrere alla fantasia, alla passione del nostro cuore. Vi invito a fare un viaggio… cominciamo andando lontano nel tempo e nello spazio là, in quel piccolo villaggio che era Betlemme, per ritrovarci anche noi intorno alla mangiatoia.
Guardate con gli occhi del vostro cuore il sorriso stanco, un po' disfatto, ma felice di Maria: quanto dolore, quanta fatica per mettere al mondo il suo primogenito, ma adesso è nato: i primi vagiti di un cucciolo d'uomo, i piccoli occhi che si aprono alla luce.
Intorno a Lui Giuseppe, qualche animale e, guardate, stanno arrivando i pastori. Lì intorno vegliavano nella notte e adesso arrivano portando, forse, qualche piccolo dono.
È nato un Bambino! In quel Bambino la nostra fede riconosce Dio! Ma guardate, un piccolo cucciolo d'uomo inerme, indifeso... se la temperatura cala troppo è in pericolo, se il vento soffia troppo forte, forse, non potrà sopravvivere.
E, adesso, tornate nel nostro tempo e andate in giro per il mondo, come vi aggrada, o su verso il nord dove il gelo stringe la vita degli uomini, dove non si può nemmeno uscire perché ci sono quaranta o cinquanta gradi sotto zero. Entrate nelle chiese, come la nostra, qualcuna più grande, bella, qualcuna più piccola… c'è chi, come noi, guarda quel Bambino.
Entrate nelle case, ci sono dei presepi, qualcuno aspetta Babbo Natale, fate un giro per gli ospedali e anche lì qualcuno, oggi, pensa a Gesù. Andate più lontano nel nord, ricco, del mondo... in Canada, negli Stati Uniti... anche lì non fermatevi soltanto nelle case dei più ricchi, ma andate nei ghetti, là dove ci sono i neri, gli ispanici.
Poi scendete giù nel sud del mondo, che so, a Rio de Janeiro... là c'è un caldo soffocante, un'umidità insopportabile... c'è gente che gronda sudore, magari in chiesa, qualcuna più grande e solenne, più spesso simili a baracche, nelle favelas... anche lì c'è chi sta guardando la culla di Gesù.
E, poi, andate in Africa... anche lì il caldo, quasi quaranta gradi: piccole chiese, quasi delle capanne e, poi, andate in oriente: son pochi quelli che conoscono Gesù, ma anche lì c'è gente, che sente parlare di Lui. Qualche cristiano celebra la Messa, magari con la paura del terrorismo, della violenza che c'è intorno…
Ora, con la fantasia, ma soprattutto col vostro cuore, cercate di guardare dentro il cuore di tutta questa gente... quanti sogni di pace, quanti desideri di giustizia! C'è chi ha fame, chi ha paura della guerra, chi sta male… tutti sognano un mondo più giusto, un mondo più bello.
E, adesso, tornate là a quella capanna di Betlemme, guardate quel piccolo gruppo di pastori, guardate Maria, Giuseppe... Chi poteva aspettarsi che dopo duemila anni, milioni e milioni di persone, oggi, pronunziassero quel nome: GESÙ? Chi poteva aspettarsi che tanta gente, in Lui, riconoscesse i propri sogni di pace, sentisse la vicinanza di Dio alla propria vita?
Al tempo di Gesù, molti, lo hanno rifiutato. Aspettavano un Dio forte, potente, non erano disposti ad accettare un Dio debole, inerme e, anche in questi duemila anni, molto spesso, i credenti non hanno saputo accettare la debolezza di Dio. Hanno pensato che non servisse al mondo, che per gli uomini ci volesse la forza della cultura, delle idee, dei dogmi... qualche volta hanno, addirittura, fatto ricorso alle armi o alla potenza del denaro per imporre la pace di Gesù.
Guardate quel Bambino... aveva ragione Lui! Non si impone la libertà, la pace, l'amore con la forza; non si impone con la forza dei dogmi, con la forza delle certezze che discriminano; non si impone con la forza delle armi... è il cuore dell'uomo che deve convertirsi, che deve cambiare.
Guardate il cuore di tanta gente, guardate i loro sogni... È vero! nel mondo c'è tanto male, il cammino dell'uomo è lento, faticoso, pesante, ma Dio è venuto a condividere i sogni degli uomini; quei sogni che ancora animano il cammino di tanti sulla terra e di tutti questi, oggi, ci sentiamo fratelli, con tutti loro vogliamo camminare.
C'è un motivo in più in questo Natale, per noi che viviamo in questo paese, di rallegrarci. La nostra cultura - la cultura, forse, laica - ha fatto in modo che noi potessimo gloriarci di un voto alle Nazioni Unite, che cerca di andare contro la pena di morte, di abolire questa crudeltà dalla storia degli uomini. È anche merito di quelli che ci hanno preceduto in questo paese, di tanta gente che come noi, come tanta gente nel mondo, si porta nel cuore i sogni della pace, della giustizia, del rispetto, della tenerezza.
Guardate questo piccolo cucciolo d'uomo inerme, impotente! Per chi crede è Dio che cammina con noi, per condividere i nostri sogni, per darci la forza e il coraggio di renderli vivi nella nostra vita e intorno a noi.
Aveva ragione Lui! Milioni di uomini si riconoscono nel Suo nome, nel Suo nome sognano la pace e la giustizia e noi vogliamo sognare con loro.
Il Signore ci aiuti.
Un angelo disse a Giuseppe: "Prendi il SANTA FAMIGLIA - 30 Dicembre 2007
bambino e sua madre e fuggi in Egitto". Matteo 2,13-15. 19-23
Come avete ascoltato, oggi è la festa della Santa Famiglia. Le riflessioni sulla famiglia potrebbero essere lunghe e, anche, molto complesse. Cerco - se mi riesce - di evitarvi un'indigestione più pericolosa di quella che rischiate in questi giorni da dolci: quella da prediche!
Cominciamo con una barzelletta... qualcuno di voi la conosce, ma "repetita iuvant" dicevano gli antichi... C'era un papà - tanto tempo fa, adesso i papà sono diversi - che si sforzava di educare meglio che potesse il figliolo e gli proponeva sempre come modello Gesù: rispettoso, ubbidiente, servizievole, non diceva mai brutte parole...
Un giorno il bambino torna dalla chiesa tutto contento e dice al papà: "Hai sentito quello che dice il Vangelo? Quando Gesù aveva dodici anni ha lasciato il padre e la madre; l'hanno cercato per tre giorni e, quando l'hanno trovato, ha pure risposto male!". Il papà lo guarda un po' perplesso... poi si volta verso il crocifisso: "Vedi, però, che fine ha fatto!"
Così succede quando si prende come modello la Famiglia di Nazareth, che era - lo sapete - una famiglia un po' scombinata! Un padre non era padre… il figlio a dodici anni lascia il padre e la madre, lo cercano tre giorni e quando finalmente lo trovano risponde bruscamente! Quando arriva a trent'anni abbandona la casa e se ne va in giro per il mondo. La madre e i parenti... - il Vangelo li chiama i "fratelli" - lo vanno a cercare perché pensano che sia diventato "matto" e quando lo trovano, rimangono fuori della porta e qualcuno lo avverte: "Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano!". "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre!".
Una famiglia un po' strana...! Chissà se lo sanno quei credenti o pseudo tali che difendono a spada tratta la famiglia, magari, in piazza con grandi manifestazioni? Bisognerebbe chiederglielo! Provate!
Per quel che ho capito io la famiglia, in astratto, non esiste! Esistono milioni di famiglie diverse l'una dall'altra, aldilà degli schemi, delle ideologie.
E nel tempo il modello di famiglia è, spesso, cambiato… andate a trovare, oggi, qualche moglie che sia sottomessa al marito, come ordina l'apostolo Paolo! Penso che non ci sia più nessuno che, oggi, sogni una moglie che sia sottomessa... qualcuno, forse, ancora c'è, ma sono sogni di un tempo che fu!
Il fatto è che la famiglia in astratto non esiste! Esistono persone concrete che mal si adattano agli schemi, ci vuole... - se ho capito qualcosa - rispetto, tenerezza, accoglienza, soprattutto per i piccoli o per gli anziani. Ci sono, per esempio, dei nonni che qualche volta avrebbero diritto a vedere i nipoti e non possono farlo.
Le famiglie sono diverse l'una dall'altra. Ci sono, oggi, famiglie strane... quelle che qualcuno chiama "coppie di fatto"... il mondo è complicato!
Se ho capito qualcosa del Vangelo, per Gesù, quello che conta non sono i principi, le istituzioni, le regole, le leggi, ma le persone: il rispetto per ogni uomo, per il più piccolo degli uomini; il rispetto anche per chi sbaglia, per chi non ce la fa. Chi non riesce a vivere i sogni, gli ideali, forse, dovrebbe essere rispettato e circondato di attenzioni più degli altri!
Non è semplice vivere l'amore, la tenerezza, il rispetto, l'attenzione gli uni per gli altri, in famiglia, come fuori e ognuno può farlo soltanto nella sua situazione, nel rapporto concreto con le persone che ha intorno e - come sapete - non è sempre facile.
Il Signore ci aiuti
Al vedere la stella, i Magi EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2008
provarono una grandissima gioia. Matteo 2, 1-12
È successo anche quest'anno, come avevo previsto, non perché sia un profeta - non lo sono affatto - ma perché fare certe previsioni è, ormai, diventato facilissimo. Anche quest'anno un giornalista diceva con tranquilla sicurezza che la stella dei Magi non è una cometa - questa è un'invenzione di Giotto - ma una congiunzione di pianeti particolarmente luminosa nel cielo. Diceva così e, evidentemente, non gli interessava nulla né della stella, né del Vangelo!
Secondo voi, si può andare a cercare nel cielo un astro, una stella, una congiunzione di pianeti che si muove, guida delle persone, poi sparisce, poi ricompare, poi scende sopra una capanna o sopra una casa e là si ferma? Nessuno di voi si sognerebbe da andare a domandare - che so - a Margherita Hack di che stella si tratti! Vi prenderebbe in giro!
In qualche libro di storia, di quelli scritti con una certa serietà, potrete leggere di Erode, che era una persona di notevole crudeltà - anche se un personaggio grandioso - ma gli storici dicono che, con ogni probabilità, la "strage degli innocenti" non corrisponde a realtà; sarebbe un crimine odioso e assolutamente stupido, che nemmeno Erode può aver fatto.
Se leggete qualche commento del Vangelo vi dicono che, probabilmente, anche i Magi non sono mai esistiti: è una invenzione letteraria.
Qualcuno di voi potrebbe concludere: "Ma, allora, non è vero niente, è tutta una favola!". No! È vero tutto! Ed è vero in maniera molto più profonda di una storia accaduta duemila anni fa!
Perché se vi chiedessi qualche cosa delle stelle, delle congiunzioni dei pianeti o delle comete, molti di voi non saprebbero rispondere, ma se vi chiedessi: "Ci sono oggi dei bambini innocenti che muoiono?". Ah! allora tutti rispondereste: "Sì, ci sono bambini nel mondo - e ce ne sono tanti - che muoiono per malattie, che potrebbero essere facilmente curabili. Ci sono dei bambini che muoiono di fame, ci sono, addirittura e non lontano da noi, ma in questo nostro paese, dei bambini che vengono gettati in un cassonetto come se fossero immondizia"
Ah! allora questa è una storia vera! Una storia profondamente vera perché, in qualche modo, ci riguarda. Riguarda la violenza di questo mondo e forse, in certo qual modo, riguarda anche la nostra indifferenza!
La verità che possiamo andare a cercare nel Vangelo non è la realtà di fatti accaduti tanto tempo fa di cui, in fondo, ci importerebbe poco, ma è la realtà della nostra vita, della nostra esperienza.
I Magi, forse, non sono esistiti, ma i Magi siamo noi! Se vogliamo essere credenti non possiamo che essere inseguitori, non di astri o di comete del cielo, ma della luce di Gesù, dei valori essenziali della vita, di quello che è veramente importante! Il credente si avventura alla ricerca della Luce e non si stanca di camminare, di cercare, anche se, qualche volta - come succede ai Magi - la Luce scompare... perché i Magi... noi, io, voi, incontriamo sulla nostra strada gli "Erodi" di questo mondo, il potere, la violenza.
Nel nostro cammino di credenti, incontriamo quelli che "sanno tutto", i capi dei sacerdoti, che anche oggi rischiano di pensare di possedere la verità, ma non si preoccupano di cercare ancora.
Il credente non si stanca, continua a inseguire la Luce con pazienza, con coraggio. I Magi siete voi, i Magi sono io! Se vogliamo essere credenti non possiamo che continuare a camminare, a cercare aldilà di tutto, senza stancarci. Qualche volta la Luce se ne va, qualche volta viviamo le tenebre, il dubbio, le difficoltà, lo sgomento... che possiamo fare di fronte alla violenza del mondo? Che possiamo fare per i bambini che muoiono? A volte anche noi, tristemente, come i Magi dobbiamo passare per un'altra strada... ma non possiamo rassegnarci!
Avete ascoltato? L'angelo li avvisa e non passano più da Erode, se ne tornano al loro paese... e i bambini che muoiono? E la Luce e Gesù?... se ne tornano al loro paese!
Qualche volta capita anche a noi di fare così! Ma nell'anno che ci sta davanti se vogliamo tentare, almeno un po', di essere cristiani, dobbiamo avventurarci alla ricerca di Gesù, della sua luce con pazienza, con coraggio, nel concreto della nostra vita... Dobbiamo tentare di chiederci: "Posso fare qualche cosa anch'io? magari una piccola cosa, forse un'adozione a distanza, perché almeno un bambino di meno muoia nella "strage degli innocenti", che non è quella di qualche decina di bambini di duemila anni fa… oggi sono migliaia, qualcuno ci dice, addirittura, milioni di bambini!
Che si può fare? Dove andare? Come non rimanere indifferenti? Come continuare a camminare alla ricerca di qualche cosa che dia senso a questa vita, in cui c'è ancora troppa violenza, troppo male, in cui ci sono ancora troppi "Erodi", troppi sapienti, troppa gente che non cerca?
E se fossi anch'io uno che cerca poco? Ecco, questo è il Vangelo! Questa è la verità di questa pagina! Non cercate comete o congiunzioni degli astri nel cielo, non cercate fatti di una storia lontana: è la nostra verità, è la mia verità, è questa vita che importa, è il senso del mio essere su questa terra, è quello che io, in concreto, posso tentare di fare … qualche volta, non ci riesco, ma non posso fermarmi, debbo continuare ad andare, ad inseguire la Luce! Non è sempre facile!
Il Signore ci aiuti
Ed ecco una voce dal cielo che diceva: BATTESIMO del SIGNORE - 13 Gennaio2008
"Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui Matteo 3, 13-17
ho posto il mio compiacimento".
Avete tutti notato, penso, in questa pagina del Vangelo l'imbarazzo dei primi cristiani. Lo mettono in bocca a Giovanni, ma è l'imbarazzo di molti di loro. Giovanni dice a Gesù: "Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?". E Gesù risponde: "Lascia… conviene che adempiamo ogni giustizia". Qui c'è tutta la fatica, la difficoltà dei primi cristiani ad accogliere Gesù!
Per cercare di intuire cosa c'è dietro questa pagina del Vangelo... - qualcosa che ritengo fondamentale per la nostra fede - occorre fare ricorso a tutta la nostra fantasia, alla nostra capacità di interpretare. Allora provate ad andare là, accanto al Giordano, dove Giovanni sta battezzando. È un rito di purificazione: si entra nell'acqua per rinnovarsi, per ripetere il cammino del popolo che dall'Egitto, entra nella terra promessa. Si entra nell'acqua per uscirne purificati... un segno comune a tante religioni, ma in Giovanni ha un significato particolare.
Giovanni, ormai da tempo, grida: "Sta per venire il giorno del Signore, rovente come un forno!" È il giorno della catastrofe, il giorno del giudizio, in cui sulla terra, finalmente, si dividono i buoni dai cattivi: la potenza di Dio sta per fare giustizia, occorre prepararsi!
E, adesso, cercate di guardare - se vi riesce - questa gente, tanta gente venuta lì. Qualcuno ha il cuore pieno di paura, di ansia: sta per venire la catastrofe, il giudizio di Dio, il Dio di cui parla il Salmo, il Dio che "tuona sulle acque", il Dio della potenza, della forza.
Guardate il cuore spaventato di questa gente. Alcuni si portano dentro un senso di colpa, altri vorrebbero veramente cambiare... poi, guardate con più attenzione... c'è chi è venuto soltanto per curiosità. Dove c'è un profeta che grida, là dove c'è uno di cui si dice che faccia segni straordinari, subito accorrono masse di gente, un tempo come ora.
Ci sono i capi del popolo, i farisei, per indagare, per cercare di capire quello che succede. C'è, anche, tanta gente di buona volontà che, con sincerità, cerca Dio…
E adesso guardate! Tra loro un falegname! Viene dall'interno, da Nazareth, un posto semisconosciuto, dove non c'è molta fede... Un falegname dalle mani callose, lo sguardo chino; si mette in fila con questa gente, si confonde tra di loro e cammina con loro...
Non domandatevi se è d'accordo con quello che sta succedendo, con quelli che stanno lì... guardatelo soltanto! Guardate le Sue mani, guardate i Suoi occhi... non alza la voce, non grida, si mette accanto a quella gente e cammina con loro. In quel falegname, in quell'uomo che non grida, non giudica, non minaccia castighi, in quell'uomo che si mette accanto alla gente con il cuore pesante, i primi cristiani e noi riconosciamo Dio! In quell'uomo che cammina con loro e con noi, che ci si mette accanto alle nostre ansie, al nostro cuore pesante... non ha bisogno di "voltarci le spalle" con il senso del mistero... accanto a noi!
Cammina con noi per cercare di conservare nel nostro cuore il desiderio della giustizia e della pace. Non ha bisogno di gridare, di rimproverarci, di accusarci... cammina con noi!
Così i primi cristiani hanno incontrato Dio! E allora capite perché hanno fatto fatica! I cristiani di tutti i tempi hanno sognato il Dio della forza, della potenza... spesso hanno creduto di riconoscere Dio nel profeta che grida, che compie fatti prodigiosi, in qualcuno che abbia le stimmate o qualche altro segno, in chi parla di "mistero", di grandezza, di verità...
In Gesù di Nazareth, nel falegname che condivide la vita dell'uomo affannato, che cerca di camminare con noi ogni giorno, per conservarci nel cuore il sogno di Dio e della giustizia... nel Falegname di Nazareth, noi, riconosciamo Dio… e non ce n'è un altro! Per chi crede in Gesù la manifestazione di Dio è là, in quell'uomo che viene da Nazareth, in quel falegname, che senza alzare la voce, senza gridare - come dice il profeta Isaia - si mette a camminare con loro e con noi, ci mette la mano sulla spalla, per conservarci nel cuore il sogno della giustizia e della pace, nonostante tutto. È questo l'unico Dio in cui crediamo!
Il Signore ci aiuti
..."Io non lo conoscevo, ma sono venuto II Domenica del tempo ordinario - 20 Gennaio 2008
a battezzare nell'acqua, perché egli fosse Giovanni 1, 29-34
manifestato a Israele".
In qualche pagina del Vangelo ci sono delle curiosità che ci aiutano ad intuire qualcosa di più. Oggi abbiamo ascoltato per due volte Giovanni il Battista dire: "Io non lo conoscevo!". Qualcuno di voi, forse, avrà pensato: "Come non lo conosceva, non è il cugino? Non ci dice, Luca, che ha addirittura esultato nella pancia della mamma, quando si sono incontrate Maria ed Elisabetta? E, adesso, perché ci viene a dire che non lo conosceva?".
Vedete, il Vangelo è fatto così! Dobbiamo chiederci: perché i primi cristiani mettono in bocca a Giovanni per due volte questa frase?
Secondo me e secondo anche quelli che scrivono di queste cose, i primi cristiani esprimono, qui, tutto il loro ringraziamento, la loro gioia per l'incontro con Gesù! "Noi non lo conoscevamo" e abbiamo avuto la fortuna - noi soli tra tanta gente nel mondo - di incontrare Gesù e Lui ci ha cambiato il cuore, ci ha messo dentro come un fuoco, ci ha comunicato i valori della giustizia, della tenerezza, della libertà, dell'amore.
I primi cristiani esprimono così la loro gioia per l'incontro con il Signore! E qualcuno di voi può dire: - l'ho sentito ripetere tante volte, specialmente, dai più giovani - "Ci sono tanti personaggi nel mondo che hanno comunicato agli altri la sete di giustizia, di amore, di libertà!".
È giusto! Io, per la mia esperienza, provo sempre un profondo fastidio quando sento qualcuno... - anche qualche personaggio importante - dire, magari alla televisione, che soltanto chi crede in Dio ha dei valori dentro di sé, soltanto un cristiano può credere nei valori giusti.
C'è tanta gente nel mondo - per fortuna - che, senza credere in Gesù, ha il senso della giustizia e del bene. Ma questo non toglie la mia gioia che, spero, sia la gioia di tutti voi... il mio ringraziamento profondo per aver incontrato Gesù!
Vorrei aiutarvi ancora di più a comprendere questo, perché la mia esperienza mi dice che è una di quelle cose difficili da spiegare… e non so perché!
Vedete, ho avuto la fortuna di avere due genitori che mi hanno comunicato il senso dell'onestà, della tenerezza, del rispetto, dell'attenzione per gli altri… molti di voi potrebbero dire: "Ci sono tante persone nel mondo che, magari, sono migliori dei tuoi genitori".
Non ho nessuna difficoltà ad ammetterlo, proprio nessuna! C'è tanta gente buona e generosa nel mondo... ma per me sono i genitori! E continuerò, finché vivo, a ringraziare Dio per loro... perché, loro, mi hanno comunicato i valori importanti, perché ho avuto loro che mi hanno guidato e introdotto nelle vie della vita
E ho avuto tante altre persone che sono state per me testimoni... testimoni di valori, anche testimoni di Dio, di Gesù!
Direte voi: "Ci sono tante altre persone che...". Ci sono tante altre persone e ne ringrazio Dio! Ogni volta che incontro persone che sono un po' come il mio papà e la mia mamma, io, sento il dovere di ringraziare il Signore! Ci sono tante persone... ma quelli sono mio papà e mia mamma!
Ci sono tanti giusti sulla terra, ma Gesù è stata la ricchezza della mia vita. Le sue parole mi hanno arricchito, mi hanno messo qualche cosa dentro. Per me Gesù è Gesù! e, credo, che lo sia per tutti voi, se siete qui!
Ci sono altri che, forse, sono migliori di noi, che sono più bravi... ma che significa? Ce ne rallegriamo e ringraziamo Dio! Ma per noi Gesù è Gesù!
Torniamo qui a nutrirci di Lui, a tentare di conoscerlo sempre meglio… forse, un'altra cosa che c'è in questa frase: "Io non lo conoscevo", è l'idea che Gesù non si conosce mai abbastanza, che nessuno di noi può mai dire: "Io l'ho conosciuto, io so tutto di Gesù!"
Il cammino con Lui è sempre una ricerca... guai a chi si ferma, a chi dice: "Ormai so! Ormai conosco il Signore, ormai so tutto di Lui!".
Ho avuto la fortuna di scoprire pian piano il Vangelo! Sono ormai più di cinquant'anni che continuo a leggerlo e ogni volta, mi sembra, di scoprire qualche cosa di nuovo. Mi sembra di conoscere un po' di più Gesù e la mia fede… e non posso che rallegrarmi di questo!
E, forse, c'è un'altra cosa ancora in questa pagina del Vangelo: la testimonianza! Perché se mi domandaste: "Tu hai conosciuto Gesù per i libri, per il Vangelo?". Direi: "Certo, il Vangelo è stato prezioso nella mia vita, ma se non avessi avuto dei testimoni viventi: mio padre, mia madre, tante persone che ho conosciuto... - anche tanti in mezzo a voi - che mi hanno aiutato a sentire vivo Gesù e i Suoi valori.... se non avessi avuto dei testimoni, io, non sarei qui a parlarvi e, probabilmente, non avrei potuto credere".
Qualche volta mi dico: "Forse c'è qualcuno che può dire anche di me: Tu sei stato, per me, qualche volta, un testimone di Gesù! Non so se è vero, ma succedono tanti miracoli nel mondo e, forse, può succedere anche che qualcuno ringrazierà Dio perché, io, in qualche cosa, sono stato per lui testimone di Gesù…
Questo è la fede: la gioia di un incontro, il ringraziamento per aver conosciuto Gesù, la certezza di aver avuto persone che ci hanno testimoniato Lui. Il tentativo di essere anch'io, come posso, poveramente, testimone di Lui. E poi ci sono tanti altri che non conoscono Gesù e che sono migliori di me!
Cantiamo la nostra gioia al Signore, ringraziamolo per tutti gli uomini di buona volontà, ma, io, continuerò finché vivo, a ringraziare per il mio incontro con Gesù, a ringraziare i miei testimoni: mio padre, mia madre, gli altri che ho conosciuto.
Tenterò, finché potrò, di essere anch'io un po' testimone di Lui! Ci riuscirò, non ci riuscirò? Giudicherà il Signore! Io ci provo, ma non è una cosa semplice!
Il Signore ci aiuti
Mentre camminava lungo il mare di III Domenica del tempo ordinario- 27 Gennaio 2008
Galilea vide due fratelli che gettavano Matteo 4, 12-23
la rete in mare e disse loro: "Seguitemi,
vi farò pescatori di uomini". E subito
lo seguirono.
Domenica scorsa - forse qualcuno di voi lo ricorderà - notavamo che alcune curiosità nella pagina del Vangelo ci aiutavano a intuire qualche cosa di più.
Anche oggi troviamo, nella pagina che abbiamo appena letto, non poche curiosità e, forse, anche queste ci aiutano a intuire qualche cosa di importante.
Gesù passa sulla riva del lago e vede due pescatori, che stanno gettando le reti, li chiama "ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono"...
Per gettare le reti bisogna stare un po' lontani dalla riva... cosa avrà fatto Gesù? Avrà agitato le braccia, avrà gridato? Sembra una cosa curiosa! Perché sottolineare che stanno gettando le reti in mare? Anche Giacomo e Giovanni stanno riparando le loro reti... è un momento decisivo della vita, stanno per seguire il Signore, perché sottolineare che gettano le reti in mare, che riparano reti? Perché sottolineare che stanno insieme al loro padre? È curioso! Forse c'è qualche cosa di importante!
Se prendete una copia del Vangelo in cui ci sono i titoli per i vari episodi, qui trovate scritto: la vocazione dei discepoli. Vi è famigliare questa parola: vocazione! L'abbiamo sentita ripetere tante volte nella vita della Chiesa. Abbiamo celebrato la "giornata delle vocazioni" e quant'altro e sempre ci si riferiva a qualche cosa di straordinario: la vocazione del missionario che parte per terre lontane oppure la vocazione del prete - ho dovuto risponder tante volte a chi mi chiedeva della mia vocazione - oppure la vocazione delle suore...
Ecco, forse, la pagina del Vangelo di oggi ci aiuta a riflettere che la vocazione riguarda ogni cristiano e lo riguarda dentro le circostanze della sua vita, dentro il lavoro che fa... per questo ci parlano di reti gettate in mare, di reti riparate. E anche nei rapporti concreti con le persone... il padre è lì!
Se leggete più avanti il Vangelo trovate Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni ancora a pescare, addirittura dopo la morte e la resurrezione di Gesù, sono ancora sul lago a fare il loro mestiere: dentro le circostanze della vita li raggiunge la chiamata del Signore a seguirlo, a condividere i Suoi valori… e, quello che vale per Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, vale per ciascuno di noi.
Ciascuno di noi è chiamato a seguire il Signore dentro le circostanze concrete della sua vita! Circostanze che vengono determinate da tanti fattori: dal nostro carattere, dai cromosomi che ci portiamo dietro, dagli avvenimenti, dagli sbagli degli altri...
Provate a chiedervi: perché mi sono ritrovato in quell'ufficio, con quelle persone? Perché faccio quel lavoro?… Le circostanze della vita, gli studi che abbiamo fatto... poi incontri, avvenimenti, che ci hanno portato qui o là, anche a lasciare il posto in cui siamo nati, per andare in un'altra città... Perché ho sposato quella donna o quell'uomo?... quella gita... quella festa... circostanze che non dipendono da noi, a volte addirittura, fatti drammatici, che coinvolgono il mondo intero.
Le circostanze... e dentro le circostanze la "chiamata" a vivere dei valori, ad essere giusti, a seguire il Signore: è un discorso fondamentale, questo!
Posso aiutarvi con qualche esempio...
Qualche anno fa veniva nella nostra parrocchia il vescovo a fare la visita pastorale... era monsignor Riva - qualcuno di voi lo ha conosciuto, era una brava persona con cui si poteva parlare - e, in una assemblea con la gente, diceva che era vescovo per volontà di Dio. Ricordo che alzai la mano e gli dissi: "Eccellenza - secondo me - lei è vescovo per volontà di Paolo VI che, forse, s'è sbagliato! Quello che Dio vuole è che lei faccia il vescovo come si deve! Che sia una persona giusta, che faccia del suo meglio per vivere i valori di Gesù facendo il vescovo!"
Se volete, un altro discorso più serio e impegnativo…
Oggi celebriamo la "giornata della memoria". Si fa memoria di una delle più grandi tragedie, forse, la più grande del secolo scorso... si fa, anche, memoria dei "giusti" che hanno cercato, in tutti i modi, di salvare qualcuno: persone che le circostanze concrete della vita hanno messo davanti a una chiamata del Signore.
Gesù passava, concretamente, nella loro vita in quella famiglia di disperati che cercava di sfuggire alla morte, ai campi di concentramento… e molti dei nostri connazionali: tante persone comuni, tanti preti, suore, conventi hanno cercato di salvare qualcuno: una piccola goccia nel mare! Quello che oggi ci interessa è che la chiamata del Signore passava attraverso quelle persone: lì, c'era una concreta vocazione, una concreta chiamata a essere giusti, a seguire Gesù, a vivere concretamente i Suoi valori, nel salvare la vita a dei poveri disperati.
Ma fate un passo indietro!
C'è una chiamata del Signore che molti credenti, molti cristiani: papi, cardinali, vescovi e laici comuni non hanno capito! Non si sono accorti che il Signore passava e li chiamava... era quando, in questo paese, si è cominciato a parlare di "razza" e a distinguere gli uomini: tu sei di un'altra razza, non hai diritto a studiare, non hai diritto a lavorare e, poi, nemmeno a vivere!
Sono state approvate leggi razziali... un'onta che rimarrà sulla coscienza, non di un paese in generale, ma di tutti quelli che, in quel momento, si dicevano cristiani. Il Signore passava in circostanze, in quel momento non ancora drammatiche, e molti non hanno capito!
Su questo, oggi, bisognerebbe che, soprattutto i credenti in Italia, in Germania, riflettessero: perché? Perché gente che andava a Messa tutte le domeniche, che leggeva il Vangelo... perché papi, cardinali, vescovi, preti e suore di ogni genere non hanno capito? Quando si comincia a parlare di razza, quando si comincia a discriminare gli uomini per il colore della pelle, per quello che pensano, per come sono... si è fuori dai valori di Gesù!
Gesù passa, ci chiama e, noi, non Lo seguiamo... per fortuna altri Lo hanno seguito!
Quello che tentavo di dirvi stamattina è che la vocazione del Signore ci riguarda tutti e passa dentro gli avvenimenti concreti della vita. Ci vogliono le antenne tese per capire cosa ci chiede il Signore, per giudicare il mondo, gli avvenimenti che viviamo: le circostanze della vita sono le più varie per tutti di noi... ci portano in situazioni diverse, in luoghi diversi, in famiglie diverse, con persone diverse: tutti abbiamo la vocazione a seguire il Signore, i Suoi valori, a renderli concreti, lì, dove le circostanze ci hanno messo: questa è la vocazione! E, come vedete, non riguarda solo me che sono prete... riguarda me, ma anche tutti voi! Ciascuno di noi è chiamato a rendere concreti e vivi i valori di Gesù, ma non è semplice.
Il Signore ci aiuti.
"Beati i miti, i misericordiosi, beati IV Domenica del tempo ordinario - 3 Febbraio 2008
quelli che hanno fame e sete di Matteo 5, 1-12
giustizia, beati gli operatori di pace"
Ancora una volta questa pagina straordinaria del Vangelo di Matteo, che è considerata da molti la "magna charta", il testo fondamentale del Cristianesimo.
Ancora una volta rileggiamo queste parole; ed è importante in questo momento in cui sembra smarrirsi il senso dei valori essenziali e non penso soltanto a questo nostro paese in cui non riusciamo a risolvere nemmeno il problema dell'immondizia; in cui sembra mancare il senso del bene comune, il senso della collettività, il rispetto degli altri...
Un paese in cui ancora si continua a discutere di cellule staminali, della legge dell'aborto, del testamento biologico.... in cui le autorità della Chiesa sembrano preoccupate soprattutto di avere soldi per le cliniche e le scuole cattoliche.
Non penso soltanto a questo paese, ma al mondo intero, in cui sembra dominare la legge della forza, la legge del denaro; in cui troppa gente muore ancora perché non ha pane e acqua, in senso letterale. Troppi bambini muoiono ancora di fame, troppe guerre dilaniano l'umanità...
Allora è bene ridirci che Dio ci invita a schierarci dalla parte di chi è povero, di chi piange... come una mamma che tra i suoi figli sceglie di dedicarsi a quello che è malato, a quello che è in difficoltà... non si tratta di fare preferenze tra persone: si tratta di schierarsi dalla parte di chi è in difficoltà, dalla parte di chi piange, di chi soffre.
È importante sentir ridire: "Beati i miti, i misericordiosi, quelli che operano la pace, quelli che hanno fame e sete di giustizia".
È importante rileggere queste parole in un mondo... e non penso soltanto al mondo intero, in cui ci sono grandi contrasti tra i fondamentalisti religiosi e quelli che si dicono atei... penso anche a questo nostro paese dove sembrano riaccendersi il "clericalismo" e "l'anticlericalismo", in cui sembra di doversi dividere tra chi crede e chi non crede.
È bene ritornare a queste parole in cui non si dice beato chi ha fede, chi viene in chiesa, chi prega, chi crede in Dio, ma: "Beato chi ha fame e sete di giustizia, chi è mite, misericordioso, operatore di pace", a qualunque religione appartenga.
Gandhi, che era di un'altra religione, riteneva queste parole fondamentali per la vita dell'uomo.
Ed è bello poter condividere con molti che non sono credenti la fame e nella sete della giustizia, l'attenzione verso chi soffre, il desiderio di rendere la vita più giusta e più bella.
Ogni cristiano, ogni credente - ma ogni uomo, forse - farebbe bene a tenere davanti queste parole straordinarie: Dio si è fatto uno di noi per proclamare "beati" i giusti della terra, i perseguitati, quelli che per la giustizia subiscono, a volte, la violenza e la morte. Dio si è fatto nostro fratello per proclamare "beati i poveri, i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace"!
Dovrebbero essere i criteri che guidano la nostra vita, la vita di ogni credente, di ogni uomo e non soltanto nei grandi problemi del mondo, ma, anche, nei rapporti di ogni giorno; con chi ci sta accanto, con chi condivide la vita con noi: anche lì, l'attenzione è per chi soffre, per chi è debole, per chi è in difficoltà... occorre anche lì la ricerca del bene di tutti... il non far prevalere gli interessi personali, per avere il senso della collettività, del bene comune, la passione per la giustizia e per la pace, ma non è semplice.
Il Signore ci aiuti
Il tentatore disse a Gesù: "Se tu I Domenica di QUARESIMA - 10 Febbraio 2008
sei il figlio di Dio, di' che queste Matteo 4, 1-11
pietre diventino pane".
Ci capita quest'anno di cominciare la Quaresima in un momento particolare del nostro vivere sociale. Ho l'impressione, condivisa anche da qualcun altro, che lo sport nazionale sia diventato la maldicenza. Basta accendere la televisione, aprire la radio, sfogliare le pagine di un giornale... tutti parlano male di tutto e di tutti!
Si parla male dei governanti, si parla male dei politici - ed è cosa scontata - si parla male dei giudici che sbagliano o ritardano le sentenze, si parla male dei medici, della malasanità, si parla male dei giornalisti, si parla male dei napoletani che non sanno provvedere alla loro immondizia, dei settentrionali che non vogliono aiutare i napoletani, si parla male degli arbitri, si parla male di tutti! E la conseguenza è che in molti c'è un senso di sfiducia, di pessimismo.
Mi è capitato di consigliare a qualcuno di ridere un po', di raccontare barzellette e mi sono sentito rispondere: "Cosa c'è da ridere - secondo lei - nel mondo di oggi?".
Eccomi, allora, pronto a darvi un consiglio per questa Quaresima... non lo faccio mai perché non c'è niente di più inutile che dare consigli, ma proviamo: Sorridete!
Quando uscendo di casa incontrate qualcuno, fate un sorriso gentile, dolce e magari dite: "Buongiorno! "; anche a chi non conoscete provate a donare un sorriso!
E siccome si parla male di tutto, se vi capita di ascoltare o di leggere qualche buona notizia - ci vuole buona volontà - raccontatela in giro...
In questi giorni - per esempio - mi è capitato di ascoltare le ultime statistiche dell'ISTAT: aumenta la durata della vita! Secondo alcuni una bambina che nasce oggi ha probabilità di vivere fino a centotre anni e in buona salute, perché diminuiscono le malattie e si curano sempre meglio.
Diminuiscono, anche se lentamente, i crimini in questo paese, i morti per lavoro, gli incidenti stradali; aumentano i boschi, l'acqua che beviamo è sempre più pulita... vedo che qualcuno ride come se raccontassi storielle, forse perché vi fidate dei giornalisti, di quello che vi raccontano e non dei numeri, vi fidate dei dogmatici, di chi ragiona usando solo principi astratti e non numeri!
Se vi dicono che tutto è inquinato e aumentano le malattie, provate a leggere tutte le statistiche! L'istituto superiore di sanità fornisce statistiche complete, serie, approfondite.
Mi capitava, mentre preparavo queste cose, di leggere in una rivista un lungo articolo su tutte le cose che funzionano in questo momento, con molti numeri. Perché contano i numeri, altrimenti ci facciamo imbrogliare da chi vuol metterci paura....
Se poi volete un discorso più serio per la Quaresima: quando uno ha la sensazione che le cose vadano male, cerca di fare tutto quello che può perché vadano un po' meglio! L'unica cosa inutile è parlar male, diffondere sfiducia! Se uno può fare una cosa anche piccola, la fa! Se potete sorridere una volta di più, fatelo! Sapete raccontare una barzelletta, raccontatela!
Il Vangelo di oggi - non posso farvela lunga - ci propone le tentazioni dell'uomo. Cerchiamo di superarle per quel che possiamo!
La prima tentazione è quella di farsi i fatti propri... "Tu puoi trasformare le pietre in pane... fallo per te! Che t'importa degli altri?" Ecco, se potete fare qualcosa per gli altri, dare una mano, aiutare una persona, ascoltarla... fatelo, per vincere la tentazione di rinchiuderci nel nostro guscio.
La seconda tentazione ci parla di una religiosità che è esteriorità, "miracolismo". Se potete essere testimoni di una religiosità che è interiorità, ricerca dei valori essenziali della vita, fatelo!
La terza tentazione parla della ricerca del potere, del denaro, dimenticando il servizio. Se potete fare un gesto di servizio, se potete dare qualcosa a qualcuno che è in difficoltà, fatelo!
Le cose importanti della vita sono la tenerezza, il rispetto, la condivisione, non sono l'accumulare denaro o potere... Se qualcuno di voi si accorge di esercitare un potere eccessivo in casa, con i figli, con i nipoti... rinunciate a qualche piccola cosa! E un modo di fare Quaresima! Non parlate male di tutto e di tutti, non diffondete sfiducia, ma con gesti concreti, fate qualche cosa perché il mondo - magari il piccolo mondo che ci sta intorno - sia un pochino migliore.
Allora Pasqua sarà Pasqua! Sarà il segno che crediamo nella risurrezione e nella vita, che crediamo nel bene, che non ci stanchiamo di cercarlo, anche quando tutto intorno a noi sembra invitarci allo scoraggiamento e alla sfiducia.
Se potete fare solo una cosa piccola in questa Quaresima... forse solo un sorriso in più, Pasqua sarà Pasqua!
Il Signore ci aiuti.
Gesù prese con sé Pietro, Giacomo II Domenica di QUARESIMA - 17 Febbraio 2008
e Giovanni suo fratello e li condusse Matteo 17, 1-9
su un alto monte.
Domenica scorsa - qualcuno di voi, forse, lo ricorderà - il Vangelo ci invitava a superare le tentazioni, a combattere il male e io mi permettevo di invitarvi a usare la ragione, a non fidarvi troppo dei concetti astratti, a usare i numeri, a tenere i piedi ben radicati sulla terra.
Oggi avete bisogno di questo invito, perché non sia mai diventiate dei visionari, crediate di avere visioni, rivelazioni particolari... lasciatele alla "paccottiglia" della storia religiosa.
Oggi siamo invitati a salire sul "monte". Si sale sul monte per riposarci un po' dall'affanno e dalla corsa di ogni giorno. Si sale sul monte per tentare di guardare la nostra vita un po' da lontano, dall'alto, per vedere abbassarsi certe "montagne", ridursi certe "asperità"...
Ma si sale sul "monte", soprattutto, per cercare Dio! Non si tratta di avere visioni, ma di cercare in Dio "l'oltre" della nostra vita, i valori essenziali. Viviamo tutto il giorno... - perché così siamo fatti - tentando di difenderci... di difendere i nostri soldi, il nostro posto di lavoro, la nostra realtà di ogni giorno, di difenderci gli uni dagli altri, perché non invadono il nostro spazio vitale...
Quando si cerca Dio, si cerca "l'oltre" della gratuità più totale, del dono, della vita condivisa; l'andare aldilà delle forze stesse della natura, per cercare la pienezza della gratuità e dell'amore.
Si sale sul "monte" per tentare di sognare! È possibile sognare senza vivere l'illusione, senza essere dei visionari? Il Vangelo ci dice che è possibile! È possibile perché, là, sul monte possiamo incontrare Gesù e ritrovare, nel profondo del nostro animo, la certezza che Lui ha ragione; che i valori che è venuto a testimoniare in mezzo a noi sono i valori essenziali della vita: la tenerezza, il desiderio di pace, la passione per la giustizia, il servizio, la condivisione.
Gesù ha ragione! Andiamo lassù per incontrare Lui, ma - lo sapete - non possiamo fermarci sul "monte": bisogna scendere in mezzo alla gente, tra la vita di ogni giorno, bisogna affrontare il male... se leggete qualche pagina avanti nel Vangelo, troverete i discepoli sgomenti perché devono affrontare il male, il male quotidiano...
Lo affrontano portandosi nel cuore l'incontro con Gesù; un tesoro dentro, un fuoco nel cuore, che permette loro di essere testimoni "dell'oltre", del sogno, della gratuità, dell'amore.
Lassù sul "monte" non si può restare, così come non possiamo restare qui! Noi siamo qui per tentare di vivere un piccolo segno del Vangelo che abbiamo letto oggi. Abbiamo lasciato la vita di ogni giorno, per sederci un momento ai piedi di Gesù, per riposarci con Lui, per tentare di guardarlo negli occhi, per nutrirci di Lui.
Ci ha lasciato un pane spezzato, soltanto un po' di pane da condividere tra di noi. Siamo tentati di dire: "Così poco?": "Sì, così poco!". Come i discepoli sul monte, a un certo punto, vedono svanire tutto... avete sentito la forza di questa frase del Vangelo: "Non videro più nessuno, se non Gesù solo"? Gesù diventa "nessuno" e lo diventa, qualche volta, anche nella nostra vita di ogni giorno, nell'affanno quotidiano, nel tentare di essere testimoni di vita e di amore.
Qualche volta ci sentiamo soli, anche Gesù diventa "nessuno". Avrà ragione Lui? Si può vivere in questo mondo tentando di sognare la gratuità dell'amore? È possibile viverla nella quotidianità? E che significa? Che significa, ogni giorno, esse testimoni di Gesù?
Domenica vi dicevo - e ve lo ripeto oggi - che, forse, può bastare soltanto un sorriso! Se uscendo di chiesa, qualcuno vi vedrà fare un sorriso tenero, affettuoso, gentile... magari uno che non conoscete, forse, può pensare: "Quest'uomo ha visto Dio!" Nel sorriso tenero e affettuoso di un uomo, di una donna che incontriamo, magari per caso, possiamo scorgere un segno "dell'oltre" di Dio.
Vi ripeto il consiglio di questa Quaresima, semplice, piccolo: sorridete! Sorridete alla gente che incontrate. A volte è un segno di Dio più grande di tante inutili parole che sentiamo ripetere.
Il Signore ci aiuti.
Gesù dice alla Samaritana: III Domenica di Quaresima - 24 Febbraio 2008
"Dammi da bere... " Giovanni 4, 5-42
Qualcuno di voi, forse, entrando in chiesa ha bagnato la sua mano nella piccola vaschetta che c'è vicino alla porta e si è segnato con l'acqua benedetta. Ma, forse, nessuno ha pensato che quell'acqua è un ricordo del Battesimo e quella vaschetta un piccolo resto della grande vasca che un tempo stava davanti alle chiese; la vasca del Battesimo in cui i cristiani entravano, nella notte di Pasqua, immergendosi nell'acqua. Durante la Quaresima si facevano gli ultimi preparativi e si cercava di spiegare i grandi simboli del Battesimo.
Uno di questi simboli è proprio l'acqua. A quel tempo non amavano i discorsi astratti ma i simboli e l'acqua è un simbolo comune a molte religioni.
Se vi chiedessi: "Di cosa è simbolo, secondo voi, l'acqua? Perché ci si immerge nell'acqua il giorno del Battesimo?". Molti mi risponderebbero: "Per purificarsi, per lavarsi e, in parte, avreste ragione! Perché in quasi tutte le religioni c'è l'ossessione della colpa e quindi il bisogno di lavarsi, di purificarsi, perché, secondo la mentalità di molti uomini, alla colpa è collegata la disgrazia, la malattia.
Forse anche qualcuno di voi avrà, come me, detto: "Che male ho fatto perché mi capiti questo?". Già! Che male abbiamo fatto perché ci capitino dei malanni? È una frase che spesso gli uomini hanno ripetuto su tutta la faccia della terra… si è impuri per tanti motivi, per colpe anche sconosciute, si è sgraditi alla divinità e, quindi, ci minacciano castighi: bisogna lavarsi, purificarsi!
Ma, forse, qualcuno di voi ha notato che nelle letture che abbiamo letto oggi, non si parla affatto di peccato, di colpa, di purificazione. È tutt'altro il discorso dell'acqua! Queste parole cercavano di aiutare i cristiani a cogliere il simbolo dell'acqua battesimale.
La prima lettura ci ricorda il primo significato: è la Pasqua, il "passaggio". Nella notte di Pasqua entrare nella grande vasca era come attraversare il Mar Rosso: lasciare dietro le spalle la schiavitù, la negatività dell'Egitto, il male, per andare verso il futuro, verso la libertà.
E mettere la mano nell'acqua della vasca del Battesimo, quando si veniva in chiesa, nella terza domenica di Quaresima, come abbiamo fatto noi, ricordava ai cristiani la tentazione di tornare indietro: "Chi ce lo fa fare? È possibile vivere il sogno del cammino della libertà?".
Ed ecco il racconto della prima lettura! A Massa e Meriba il popolo ha dubitato! Voleva tornare indietro, come spesso vogliono i cristiani, come vogliamo, a volte, anche noi... perché camminare verso i valori, verso la libertà? Perché avere fame e sete di giustizia? Perché non ci sediamo e ci facciamo i fatti nostri? Chi cerca di vivere il Battesimo non può!
Il cammino cristiano è segnato dalla "'sete"! La pagina del Vangelo ha come tema la "sete". Gesù si siede sul pozzo, chiede dell'acqua e la donna dice: "Dammi tu l'acqua viva, non quella stagnante di questo pozzo, l'acqua che zampilla, l'acqua dei valori, del bene, della libertà, della giustizia. La sete di vita, la sete del futuro...
E i primi cristiani si domandano: "Cosa significa sperare nel futuro, camminare verso la vita?". Avete ascoltato i temi che il Vangelo ci propone? Sono importanti anche per noi, dopo duemila anni...
I discepoli vedono Gesù...: parla con una donna? Come mai parla con una donna? Da solo, che è successo? Cambia il mondo! Si può parlare con gli uomini, ma non con le donne, non sono uguali! Nella storia della Chiesa si è arrivati a dubitare che abbiano un'anima e oggi... forse dobbiamo ancora cercare la parità, anche nella Chiesa.
Non solo una donna, ma una samaritana! È una straniera e i Giudei non vanno d'accordo con i Samaritani, lo avete sentito sottolineare: si può annunziare il Vangelo anche agli stranieri, anche ai pagani? Gli stranieri sono proprio come noi? È una domanda anche per noi, oggi...
E poi l'altra domanda: dove si adora Dio? Voi dite a Gerusalemme, noi diciamo sul monte Garizim. "Credimi, donna… i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità!".
Uguaglianza tra uomo e donna, rispetto dello straniero, ricerca di Dio aldilà dei luoghi, delle tradizioni, dei riti, ricerca di Dio in spirito e verità.. non vi sembrano problemi di oggi? E quali sono gli altri che un cristiano deve porsi nel nostro tempo?
Vedete, il Battesimo non può essere solo un rito di purificazione che ci libera dal peccato originale… noi, non abbiamo l'esperienza di un Battesimo fatto da adulti nella notte di Pasqua, ma anche noi siamo invitati a ripensare al Battesimo per vivere la Pasqua… provate a chiedervi: cosa significa credere in Gesù, aver "sete" di Lui, dei Suoi valori? Quali sono, oggi, i problemi che hanno bisogno della nostra passione umana, civile, religiosa? Quali sono, oggi, le differenze? Quali i disprezzi che ci portiamo dentro? Quali le tradizioni che non abbiamo saputo ancora superare? Dobbiamo ancora camminare, fare tanta strada… e in che direzione?
Per chi ha scritto questa pagina del Vangelo, questi, sono i veri problemi! Non "l'acqua" per lavarsi e sentirsi purificati e a posto... ma gente come noi, che viene qui perché ha sete di Gesù, dei Suoi valori, perché sente dentro passione per la vita. A volte non sa dove andare, cosa cercare; a volte siamo tentati, anche noi, come gli antichi Ebrei di ritornare indietro... un credente non può tornare indietro! Bisogna andare avanti, bisogna ancora cercare con passione le vie della vita e del bene, il rispetto di tutti, la giustizia, l'adorare Dio in "spirito e verità", aldilà delle regole, dei dogmi, delle tradizioni; cercare Dio nel profondo del nostro cuore ed essere, per chi ci sta intorno, testimoni di vita. Non è facile.
Il Signore ci aiuti
Gesù spalmò il fango sugli occhi del cieco e IV Domenica di QUARESIMA - 2 Marzo 2008
gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Siloe". Giovanni 9, 1-41
Il secondo grande simbolo battesimale: la luce. Nella notte di Pasqua ai nuovi battezzati e anche a tutti i cristiani, veniva consegnata una piccola candela: poco prima era stata accesa dal grande cero che rappresenta Cristo.
La luce! La luce è, come l'acqua, un simbolo comune: la luce del fuoco, del sole, delle candele; i falò si accendono in quasi tutte le religioni del mondo,
Ma che senso ha, per il cristiano, la luce? Di che cosa è simbolo quella candela che ci viene messa tra le mani nella notte di Pasqua?
Per cercare di capire il segno battesimale della luce, i primi cristiani hanno costruito il lungo racconto che abbiamo appena ascoltato.
Siete ormai abituati... sapete che non si tratta del racconto di un fatto accaduto: è un racconto pieno di simboli: ce ne sono molti e io non posso farvela troppo lunga.
Vi inviterei, stamattina, a rivolgere la vostra attenzione a tre protagonisti di questo racconto: il cieco, i genitori e i farisei.
Il cieco…! Gesù lo incontra sulla strada, fa del fango e glielo mette sugli occhi... perché? Il tema ritorna più volte in questo racconto: bisogna prendere coscienza della propria "cecità". "Se foste ciechi - dice Gesù alla fine ai farisei - non avreste alcun peccato, ma siccome dite: noi vediamo, il vostro peccato rimane".
Credere di vedere, di sapere… bisogna prendere coscienza del nostro bisogno di "luce": ecco perché Gesù mette il fango sugli occhi del cieco!
"Va a lavarti nella piscina di Siloe": ancora il simbolo dell'acqua di cui abbiamo parlato domenica scorsa. "Andò, si lavò e tornò che ci vedeva".
È tutto fatto? No! Comincia una storia, un cammino... il cieco torna, ma non sa chi è Gesù! Chi è? Da dove viene? Non lo so! Poi andando avanti dice: "è un profeta". E più avanti: "Viene da Dio". In fine Gesù gli chiede: "Tu credi nel Figlio dell'uomo?". "E chi è?". "Sono io". "Credo!".
La fede non come un possesso che c'è o non c'è! Quante volte abbiamo sentito parlare così della fede! O uno ce l'ha o non ce l'ha! È un "dono" che viene da Dio… La fede è un cammino, una ricerca... L'uomo torna dalla "vasca" con gli occhi aperti, inizia il suo cammino alla ricerca di Gesù, della Sua luce… deve scoprire Gesù che ancora non conosce, scoprire i Suoi valori,
Io, nonostante sia ormai anziano e ne abbia ascoltate tante, rimango sempre turbato quando, alla televisione, alla radio, leggendo i giornali, viene presentato il cristiano... - succede spesso, anche in questi giorni - come uno che ha certezze incrollabili, che ha valori e principi assoluti, da difendere ad ogni costo; come persona intollerante e poco disposta al dialogo. Se ho capito qualcosa - ma, forse, se si legge attentamente questa pagina del vangelo - è il contrario della fede! Chi pensa di sapere non cammina, non cerca.
Volgete, adesso, lo sguardo sui secondi protagonisti di questa storia: i genitori dei cieco. A loro chiedono: "Che è successo? È questo vostro figlio?". "Si!". "Perché è stato guarito?". " Non lo sappiamo, chiedetelo a lui!". È gente che non si impiccia, che ha paura! Ha paura dei farisei, ha paura della vita, della libertà; è gente che si deve affidare a chi sa! "Chiedetelo a lui!".
II potere religioso, sociale, morale, civile ha sempre contato su chi non vuole cercare, non si interessa, non pensa, si affida; su chi ha paura della libertà, della ricerca, della scoperta.
E poi ci sono gli altri protagonisti di questa storia: coloro che sanno tutto! Noi sappiamo che a Mosé ha parlato Dio, noi sappiamo che un cieco deve aver peccato: o lui o i suoi genitori. "Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?". Noi sappiamo tutto del "sabato", di sabato non si può guarire!
Non ritrovate, qui l'arroganza morale, religiosa che troppe volte ci affligge, anche in questi tempi? È scritto tutto in queste pagine del Vangelo! Perché tanti cristiani non l'ascoltano? Perché anche tante autorità della Chiesa non leggono queste parole?!
Aver fede è cercare appassionatamente. La "luce" non è un possesso, è ricerca. Chi pensa di possedere la verità è "cieco" e non lo sa.
"Se foste nati ciechi non avreste alcun peccato; ma siccome dite: noi vediamo... il vostro peccato rimane!".
Il peccato non è non riuscire a vedere, ma pensare e credere di sapere tutto e non voler cercare. La fede è ricerca appassionata di Gesù, dei Suoi valori, della Sua vita.
È mettersi in discussione, continuamente, con chi ci sta accano, con chi, pur dicendo di non aver fede, è disposto a condividere la ricerca, a dialogare, con chi vuole cercare insieme appassionatamente le vie della luce e della vita, ma della vita... domenica prossima è l'ultimo grande simbolo del Battesimo.
II Signore ci aiuti
Gesù gridò a gran voce: "Lazzaro, V Domenica di QUARESIMA - 9 marzo 2008
vieni fuori". Il morto uscì, i piedi Giovanni 11, 1-45
e le mani legati con bende.
"Liberatelo e lasciatelo andare". Come lasciatelo andare? Fermo! Abbiamo uno che è morto ed è risuscitato: che ci dica tutto! Vogliamo sapere cosa si prova a morire! Che c'è di là? È risuscitato: perché solo lui e gli altri no? Vogliamo sapere tutto! Nessuna risposta a queste domande, nessun interesse per tutto ciò!
Se poi considerate che questo racconto si trova solo nel Vangelo di Giovanni... gli altri tre Vangeli conoscono Marta, Maria, Lazzaro, ma non sanno nulla di questo fatto straordinario.
Se considerate, anche, quello che abbiamo ascoltato nella prima lettura... il profeta Ezechiele dice che Dio farà uscire il popolo dai suoi sepolcri e lo farà ritornare in patria... potete facilmente comprendere che quello che abbiamo letto non è il racconto di un fatto accaduto tanto tempo fa ma, ancora una volta, - come nelle domeniche precedenti - un lungo racconto simbolico.
Simbolo di cosa? Ancora una volta del Battesimo! Forse qui dovremmo dire di più, non è solo un simbolo, ma esprime la realtà del Battesimo... non solo l'acqua e la luce, qui è qualcosa di più: è la vita! Per i primi cristiani vivere il Battesimo è un continuo passaggio dalla morte alla vita.
Paolo lo scrive più volte nelle sue lettere. Lo sentiremo ripetere nella notte e nel giorno di Pasqua: "Voi siete morti con Cristo al peccato, per risorgere con Lui ad una vita nuova… siete stati sepolti con Cristo nella morte, per rivivere con Lui".
Ecco, per i primi cristiani entrare in quella "vasca" nella notte di Pasqua era un "passaggio" da tutto quello che sciupa la vita, da tutto quello che sa di morte: dalla violenza, dalla schiavitù, dalla mancanza di libertà, dall'egoismo, dalla sopraffazione, dal dolore...
"Passaggio" verso tutto quello che arricchisce la vita: la fame e la sete per la giustizia, la tenerezza, il servizio, l'accoglienza verso gli altri...
La vita cristiana, per i primi credenti, è veramente una vita pasquale. Una vita che è passaggio dal male verso il bene. Un passaggio che va conquistato e ripetuto giorno per giorno, costruendo intorno a sé tutto quello che arricchisce la vita.
La vita... valore fondamentale! Ma non valore assoluto e dogmatico da sbattere in faccia ogni giorno a chi cerca strade condivisibili e rispettose per il nascere e per il vivere e per il morire.
La vita è qualche cosa di concreto che riguarda il nostro quotidiano. Riguarda l'attenzione concreta per chi ci sta accanto: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere, ero nudo e m'hai vestito, ero afflitto e m'hai consolato, avevo una lacrima sul viso e l'hai asciugata, hai condiviso la vita con me...!".
Ecco il "passaggio", giorno per giorno, con chi ci sta accanto, da tutto quello che sciupa la vita a tutto quello che la arricchisce: la gioia, il piacere, la condivisione, l'attenzione gli uni verso gli altri, il servizio... il resto, il futuro, l'aldilà, lasciatelo nelle mani amorose di Dio: non è di "questo" che parla la Pasqua!
La Pasqua parla di noi, di me, di voi, del nostro quotidiano, della vita di ogni giorno e allora possiamo concludere questa Quaresima... - perché domenica prossima son già "le palme" comincia la settimana di Pasqua - là, dove l'abbiamo cominciata, "rasoterra" come, forse, si conviene a noi: (almeno come si conviene a me, se non volete essere coinvolti) un sorriso! Un sorriso a chi vi sta accanto, un gesto di tenerezza... forse può cominciare da qui il nostro vivere la Pasqua e il Battesimo, il nostro rivestirci di Cristo perché, il segno che nel Battesimo c'è di questo "passaggio", è una veste bianca: per noi è una cosa che le nostre nonne preparano ai bambini appena nati, per i primi cristiani era un simbolo forte.
Paolo dice: "Vi siete rivestiti di Cristo". La portavano per una settimana: noi chiamiamo ancora la domenica dopo Pasqua, la domenica "in albis". "In albis deponendis", cioè quando si tolgono le vesti bianche. È questo nel Battesimo il simbolo di una vita nuova: "rivestiti di Cristo"!
Rivestiti dei valori di Gesù, della Sua passione per il bene, per la giustizia, della Sua tenerezza, della Sua attenzione verso gli altri, del Suo dono, della vita condivisa: è questa la vita battesimale. Non è semplice.
Il Signore ci aiuti
L'angelo disse alle donne: "Non abbiate RISURREZIONE del SIGNORE - 23 Marzo 2008
paura, voi. So che cercate Gesù Giovanni 20, 1-9
il crocifisso. Non è qui. È risorto!"
Ho dovuto tante volte nella mia, ormai lunga, vita di prete tentare di rispondere - come potete immaginare senza riuscirci - a domande sulla risurrezione: cosa significa che Gesù è risorto? Com'è il Suo corpo di risorto? E dov'è adesso e che cosa fa e come sono i Suoi occhi?
Tante domande a cui nel Vangelo non c'è traccia di risposta, soltanto qualche strana indicazione: ora è qua, ora è là, passa attraverso i muri, ma nessuna descrizione che soddisfi la nostra, pur legittima, curiosità su cosa significhi risurrezione.
Ma c'è di più! Nel Vangelo la risurrezione del Signore non può mai essere una prova di Lui, della Sua esistenza, dei Suoi valori. Dopo la risurrezione nessuno che non abbia fede può più vederlo! Un discepolo non può dire a un miscredente: "Vieni, ti faccio parlare con Lui, ti siedi con Lui a tavola, ci fai due chiacchiere e ti rendi conto che non è tutto finito sulla croce, è veramente risorto!" Questo non si può fare né allora, né oggi!
Non solo: se confrontate i quattro Vangeli vi accorgerete che, mentre fino alla croce tutti procedono insieme e raccontano più o meno le stesse cose, dopo la risurrezione tutto è diverso! Ogni Vangelo ha la sua tradizione, racconta le sue storie, a volte, contraddittorie. Per un Vangelo, Gesù si può vedere solo in Galilea: là devono andare i discepoli per incontrarlo. Per un altro Vangelo tutto si svolge a Gerusalemme: è lì che i discepoli incontrano Gesù, è lì che siedono ancora con Lui a tavola e Tommaso è invitato a mettere la sua mano nel costato.
Sembra che ogni comunità cristiana tenti di esprimere la propria esperienza profonda, intima del Signore risorto. Sembra che ogni credente debba ritrovare nel profondo del suo cuore le radice della speranza, la certezza che Gesù ha ragione, che i Suoi valori, i Suoi sogni non sono morti inchiodati su quella croce, che l'ultima parola non è la violenza, la morte, il disprezzo della vita... ma ha ragione Lui, ha ragione la Sua vita donata, il Suo chinarsi a lavare i piedi, il Suo camminare insieme con la gente!
Tante volte, durante la vita, Gesù aveva parlato di un chicco di grano che si perde nei solchi della terra e poi fa spuntare la spiga. Tante volte aveva parlato di un chicco piccolo come un granello di senape che poi diventa un grande cespuglio, anzi quasi un albero. Adesso sembra che ogni credente debba sperimentare la verità di quelle parole, vivere la speranza, ritrovare dentro di sé il coraggio di dire: aveva ragione Gesù. È Lui, sono i Suoi sogni, i valori che si portava nel cuore l'ultima parola della nostra vita, della nostra esperienza di uomini.
E quello che valeva per i primi cristiani vale anche per me e vale anche per voi. Sarebbe bello o, forse, no... sono convinto che non servirebbe a nulla... se potessi dirvi: "C'è qualcuno che ha qualche dubbio? Un momento! Faccio un cenno e... Gesù vieni, fatti vedere, toccare... che qualcuno dei miscredenti, qui presenti, metta la mano come ha fatto Tommaso..." uscireste come siete entrati, non cambierebbe niente, perché è là, nella vita di ogni giorno che potete mostrare di conservare nel cuore il coraggio della speranza, la fede nella risurrezione, la convinzione che ha ragione Lui!
Non hanno ragione quelli che hanno tanti denari, quelli che hanno tanto potere, che possono schierare carri armati e aerei. Ha ragione Lui! E con Lui hanno ragione tutte le persone che, come voi, tentano di vivere amando la vita, amandola concretamente nel tessuto quotidiano, tentando di dare una mano, di asciugare una lacrima.
Ecco, se tornando a casa, trovate qualcuno che è affannato, perché può accadere che nel giorno della gioia grande per il cristiano, di cui sentite parlare nelle preghiere... qualcuno invece ha una lacrima, il cuore pesante... mettete una mano sulla spalla, asciugate quella lacrima... significa che credete nella vita, che tentate di comunicare speranza: è questa la risurrezione, è questa la fede, il resto lasciatelo nelle mani di Dio! Com'è il corpo risorto, cosa significa risuscitare, cos'è la vita eterna... domande troppo grandi per il nostro fragile cuore.
Quello che sappiamo dal Vangelo è che ognuno di noi deve avere il coraggio della speranza, di porre i semi della vita giorno per giorno, i semi della tenerezza, dell'accoglienza, del rispetto, dell'attenzione verso gli altri, della libertà, della condivisione: semi a volte piccoli, ma sono questi che fruttificano nel corso della storia.
L'umanità è andata avanti perché tanta gente - come spero siamo tutti noi - ha avuto il coraggio di credere che Gesù ha ragione, che i Suoi sogni non sono morti con Lui, inchiodati su quella croce, che la violenza che Lo ha ucciso, non è l'ultima parola!
E se vi sembra che le cose non funzionano, che ci sono tante cose che vanno male... - è una sensazione condivisa da molti, in questo momento della nostra storia - allora, di più, ditevi nel profondo del cuore: io credo nella risurrezione, io voglio vivere la speranza ed esserne testimone nei gesti di ogni giorno, con la gente che ci sta accanto: è lì che si può vedere, nei gesti quotidiani, che crediamo nella risurrezione, che vogliamo conservare nel cuore la speranza in Gesù, nella Sua realtà, nei Suoi sogni, nella Sua vita.
Non è morto, vive! Vive nel nostro cuore, vive nei nostri sogni, vive nei nostri gesti, Gesù il Signore! Lui ci aiuti
Gesù a Tommaso: "Metti qui il tuo dito... II Domenica di PASQUA - 30 Marzo 2008
tendi la tua mano e mettila nel mio fianco". Giovanni 20, 19-31
Mi dicevano che quando si diventa anziani si ricordano le cose del passato, adesso sto sperimentando che è vero. Mi vengono in mente ricordi del tempo della mia, ormai lontana, giovinezza.
Nei mesi passati mi è venuta in mente una frase che ripetevamo tra ragazzi, nella parrocchia dove sono cresciuto, a Santa Maria in Trastevere: "noi non crediamo nei preti, crediamo in Gesù!".
Questa frase l'abbiamo ripetuta, spesso, ai nostri compagni di scuola, agli amici con cui giocavamo a pallone... perché, a Trastevere, c'erano gli uffici della curia e si vedevano cardinali e prelati arrivare con grosse macchine e molti criticavano il lusso dei preti, della Chiesa… noi rispondevamo sempre: "Noi non crediamo nei preti, crediamo in Gesù!". Avrò, ripetuto, questa frase... - a quel tempo, quando avevo quindici o sedici anni - centinaia di volte.
E ci piaceva un racconto... (allora ero abbastanza ignorante - lo sono ancora - e non sapevo che si trova nel Decamerone di Boccaccio) è quello dell'ebreo che si converte…
Un bravo cristiano fiorentino aveva fatto tanti sforzi per convertire un ebreo, che finalmente stava per essere battezzato, ma prima voleva andare a Roma, in Vaticano, per vedere come si comportano i capi della Chiesa. Il povero cristiano fiorentino - come potete immaginare - si è messo le mani nei capelli, pensando: "Tanto tempo perso, adesso va, vede e non si battezza più!".
Passa un mese e l'ebreo fiorentino non torna... e il cristiano fiorentino è sempre più convito che non lo rivedrà; passano due mesi, un anno è, ormai, disperato: "Tanta fatica sprecata!".
E invece torna: "Eccomi, sono pronto per essere battezzato". E quello gli chiede: "Sei andato a Roma e hai visto tutto?" "Si, sono anche diventato un personaggio importante in Vaticano: sai, lì, pensano molto ai soldi e noi ce ne intendiamo, quindi ho fatto carriera. Ho visto tutta la falsità, l'ipocrisia che c'è là dentro... papi, vescovi tutti hanno figli e nipoti, anche se predicano la castità. Ho visto anche il lusso, la violenza che c'è nella Chiesa... insomma ho visto tutto, adesso, voglio essere battezzato!". "Perché proprio adesso dopo aver visto tutto questo?". "Sono convinto che se il messaggio di Gesù, è arrivato fino a noi, nonostante tutta quella gente… ci deve essere qualche cosa che viene da Dio!".
Qualcuno di voi si chiederà: "Che c'entra tutto questo con il Vangelo che abbiamo letto stamattina?". Ma non vi siete accorti che proprio questo è il problema di Tommaso! Anche lui non può credere ai preti, cioè agli altri discepoli, deve credere in Gesù! Finché non incontra Lui, non può credere. Deve avere, anche Tommaso, un incontro personale e vivo con Cristo.
Non pensate alla mano messa nelle ferite dei chiodi, nel costato: sono simboli! Tommaso ha bisogno di incontrare Gesù in maniera personale… e quello che vale per Tommaso vale per me e per voi.
Ciascuno di noi è invitato a un incontro vivo con Gesù, con i sogni del Suo cuore, con i Suoi valori, con le parole che ha detto. Senza questo incontro personale la Chiesa non può sussistere. Era vero quando avevo quindici o sedici anni, è stato vero nella mia vita, è vero anche oggi: noi non crediamo nei preti, crediamo in Gesù!
Ma una cosa avrà sperimentato anche Tommaso... - come ho sperimentato, io, nella mia vita - se non ci fosse intorno a noi una comunità di credenti che tenta di incontrare il Signore, non una comunità perfetta... se rileggete la prima lettura, vedete il sogno dei primi cristiani: gente che si vuol bene, che mette tutto in comune, che sono "un cuor solo e un'anima sola"... quando mai!? I cristiani sono sempre stati - siamo sempre stati - povera gente!
Ma per tutta la vita ho avuto la fortuna di avere intorno a me della gente che tentava di credere, di scoprire Gesù, di rendere vivi i Suoi ideali, attraverso gesti semplici, concreti: è stata, in questi lunghi anni, la mia Chiesa. Non la Chiesa che vedo in televisione, di cui leggo sui giornali... i giornalisti, sapete, parlano sempre di quello che fa rumore: raduni di grandi masse, folle che applaudono oppure prese di posizione delle autorità religiose che suscitano critiche e controversie… questa è la Chiesa della televisione.
C'è, c'è stata nella mia vita, una Chiesa viva, concreta, a cominciare da mio padre, da mia madre, dai ragazzi con cui, quando avevo quindici, sedici anni, appassionatamente, cominciavo a leggere il Vangelo e, allora più del Vangelo, le lettere di Paolo e a scoprire qualcosa della nostra fede; con loro ho portato avanti la mia ricerca appassionata di adolescente. E poi, per tutta la vita ho avuto intorno a me della gente come voi, che cercava il Signore.
Sono convinto che la fede è l'incontro tra la ricerca personale di ciascuno di noi che non può mancare: la fede non può che essere qualche cosa di mio, di personale, il mio incontro con Gesù, ma, anche, lo scambio tra la mia ricerca e quella degli altri, una ricerca, almeno in parte, fatta insieme o, almeno, condivisa, lo scambio di un sogno, il tentativo di seguire il Signore, di camminare con Lui: questa è la Chiesa concreta per Tommaso, per Pietro, per Paolo, per tanti cristiani in questa lunga storia.
Cristiani che non hanno il nome sui libri della storia, cristiani, come siamo noi, di tutti i giorni, che però cercano il Signore e condividono la fede, inseguendo Gesù e i Suoi sogni: è quello che cercheremo di continuare a fare.
Il Signore ci aiuti.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, III Domenica di PASQUA - 6 Aprile 2008
lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono Luca 24, 13-35
loro gli occhi e lo riconobbero.
Mi è capitato parecchie volte di commentare, o se preferite di consolare, la sorpresa e il turbamento di qualche cristiano che scopriva, leggendo qualcosa sul giornale o ascoltando la televisione, che molti santi hanno provato il turbamento, lo sgomento, il dubbio, quasi la disperazione.
Se vi capita di leggere le testimonianze autentiche dei santi, da Francesco d'Assisi fino a Madre Teresa di Calcutta, noterete che nella loro vita ci sono stati dei momenti di scoraggiamento, dei momenti in cui si faceva buio nel loro cuore, in cui il dubbio e quasi la paura di perdere la fede si affacciava nella loro mente.
Questo sgomenta i cristiani, perché? Vedete, noi siamo stati educati alla fede attraverso le rispostine del catechismo o il racconto di storie di santi, i quali sanno sempre tutto, non hanno mai dubbi, mai incertezze: la vera storia dei santi è molto diversa e avremmo dovuto saperlo se ci avessero fatto leggere con attenzione il Vangelo!
Provate a casa - se volete - a confrontare i vari Vangeli tra loro e noterete che proprio dopo la Risurrezione, non prima, i discepoli sperimentano il dubbio, la difficoltà a credere nel Signore. A volte sembra un fantasma, a volte non lo riconoscono… provate a rileggere questo straordinario racconto, che non è il resoconto di un fatto accaduto tanto tempo fa: qui i primi cristiani tentano di esprimere qualcosa della loro esperienza.
Guardate un momento negli occhi - forse, ci ritrovate dei momenti della vostra vita - questi due che se ne vanno... se ne vanno scoraggiati, disillusi, il capo chino... "si fermarono col volto triste" - dice il Vangelo - hanno sperato... hanno sperato che fosse Lui! "Speravamo"... non sperano più! Se ne vanno!
È vero: alcune donne hanno trovato il sepolcro vuoto, hanno visto anche degli angeli... alcuni discepoli sono andati, hanno trovato come avevan detto le donne... ma a loro sembra non importare più niente! Quando hanno visto il Signore inchiodato sulla croce è crollato un mondo e se ne vanno... se ne vanno lontano!
A loro, a me, a voi e a tutti i cristiani del mondo non servono " visioni di angeli", a volte, ci complicano la vita, non servono prodigi, miracoli. Noi cristiani abbiamo due cose: la Parola, il Libro e il Pane che spezziamo. Non c'è altro!
Non c'è che il cammino, a volte faticoso, del credente, che cerca di scoprire nella Parola di Gesù i Suoi sogni, i valori essenziali della vita e tenta di spezzare il Pane, di condividere la vita con chi gli sta accanto. A volte, in questo cammino, molti di noi conoscono lo scoraggiamento, la delusione, la fatica di credere nel Signore… perché, a volte, ci guardiamo negli occhi gli uni, gli altri... dov'è l'entusiasmo? Dov'è il coraggio? Dov'è la passione per la ricerca?
A volte, quando guardiamo la televisione, vediamo immagini di cristiani che sembrano non avere dubbi, troviamo gente che applaude, che sembra entusiasta; troviamo affermazioni sicure su tutto e su tutti… e noi ci portiamo nel cuore il dubbio, la fatica di credere.
Se ascoltiamo certi discorsi, sembra che dovremo avere certezze su tutto e su tutti: il Vangelo parla di un'altra fede; di una fede faticosa, dubbiosa, di una ricerca appassionata ma, a volte, carica di dubbi, di incertezze... abbiamo un Libro e niente di più!
Non abbiamo visioni, non abbiamo certezze dogmatiche: abbiamo un Pane da spezzare e qui possiamo riconoscere Gesù e riconoscerci tra di noi come fratelli, invitati a condividere lo stesso Pane… fratelli... a volte sembriamo nemici! Gente che ha gli stessi valori nel cuore? A volte sembriamo tanto diversi... la fatica del cristiano non è a buon mercato! È un cammino in cui, qualche volta, ci sembra di scoprire qualcosa. È successo anche a voi, qualche volta che - come dicono i discepoli - "ci ardeva il cuore nel petto". A volte ci sembra di sentire un fuoco dentro, quasi di essere sicuri che Gesù abbia ragione, a volte, ci sembra di riconoscerlo, qui, mentre spezziamo il Pane e, qualche volta, guardiamo questo Pane, ci guardiamo negli occhi... "Tutto qui?". E qualcuno di noi si sgomenta ed ha paura, ma questa è la fede! Non ce n'è un'altra! La fede è cammino di ogni giorno, è ricerca, è il tentativo di seguire Gesù, i Suoi valori, i Suoi sogni.
Non badate agli applausi, alle grandi cerimonie, ai paramenti solenni, alle mitre ricoperte di brillanti e d'oro: la fede è un cuore, a volte, dubbioso; la fede è cammino con i fratelli, a volte, povera gente come me e - se posso coinvolgervi - come voi.
Cammino faticoso in cui, a volte capiamo qualcosa, ci "arde il cuore"… più spesso, ci accompagna l'incertezza e il dubbio, la fatica di ogni giorno, nel tentare di mettere in pratica la parola di Gesù e - come sappiamo tutti - non è semplice
II Signore ci aiuti
"Io sono la porta delle pecore. Tutti IV Domenica di PASQUA - 13 Aprile 2008
coloro che son venuti prima di me Giovanni 10, 1-10
sono ladri e briganti".
Mi capita sempre più raramente - forse, per fortuna - di parlare a gente giovane - ed è normale che sia così perché, ormai, sono vecchio - mi è capitato, però, in questa settimana.
Sono stato invitato a parlare a un gruppo di giovani sul tema della "libertà nel Vangelo" e... - non mi capitava da parecchio tempo - sono rimasto un po' turbato, perché quei ragazzi erano convinti che essere cristiani significa rinunciare alla propria libertà, rinunciare a cercare, a pensare. Bisogna pensare come ci è ordinato di pensare, si diventa - secondo loro - come pecore sciocche, che devono seguire i "pastori", rinunciando alla propria personalità.
Incontrare dei ragazzi così turba! Continuavano a ripetere: "Ma la Chiesa dice... la Chiesa afferma...". Questa frase: "la Chiesa dice, la Chiesa afferma" penso che a tutti voi sia famigliare. La televisione parla sempre così, i giornalisti usano questo modo di dire, ma ascoltarlo da alcuni giovani mi lascia sgomento.
Perché - vedete - se vi dicessi: "L'Italia dice... la Francia dice... l'Unione Europea dice..." voi mi prendereste per matto! La Francia non dice, l'Italia non parla: parla qualcuno... parla il Presidente della Repubblica.... nella Chiesa sembra normale sentir dire: "la Chiesa dice..." Chi dice!? Io e voi facciamo parte, a pieno titolo, della Chiesa… e voi non dite! Chi parla a nome mio e vostro?! Ed è giusto che qualcuno parli a nome nostro?
Vedete, c'è un corto circuito che spesso si fa e, forse, è voluto! Corto circuito tra i "pastori" e il "Pastore". Nel Vangelo è scritto: Non chiamate nessuno "padre" sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare "maestri", perché un solo è il vostro Maestro, il Cristo.
Noi siamo invitati a cercare, a tentare di renderci conto di quello che accade! Nel Vangelo trovate l'invito a leggere i segni dei tempi, a capire quello che succede e questo deve farlo ciascuno di noi, con la passione del suo cuore. Oggi il Vangelo ci invita a riconoscere i "ladri e i briganti".
A leggere la storia della Chiesa, qualche volta "ladri e briganti" sono stati quelli che erano costituiti "pastori", coloro che avevano responsabilità. Ormai è normale dirlo... si legge sui libri di storia, anche quelli di storia ecclesiastica, che si studiano nelle università pontificie... ma se un ragazzo pensa di doverlo dire, oggi, di qualche rappresentante della gerarchia ecclesiastica, si sente come non appartenente alla Chiesa.
Io ho avuto la fortuna di avere, fin da ragazzo, dei maestri che mi hanno insegnato che si può stare nella Chiesa solo se ci si può vivere a testa alta, con il coraggio di pensare con la propria intelligenza, con il coraggio di cercare con la passione del proprio cuore e quando... - quando ero ragazzo questo non succedeva - ho imparato a leggere il Vangelo, ho visto che questo è un tema fondamentale del Vangelo!
Ho immaginato, tornando a casa, che ci fosse stato, al posto mio, a parlare a quei ragazzi l'apostolo Paolo... sarebbe uscito sconvolto: "Chi vi ha insegnato qualche cosa di Cristo?!" Perché per Paolo - lo sapete - Cristo è soprattutto libertà, invito alla libertà! Paolo, nell'incontro con Gesù, si è sentito liberato; liberato da se stesso, dai propri bisogni, liberato dalla tradizione, dalle regole, dalla Legge, libero di amare, di cercare con passione le vie della vita.
Qualche volta s'è sbagliato anche lui, ma è normale perché, anche Paolo, è invitato a seguire un solo "Pastore"... Quando ero più giovane ho fatto il pastore, quello vero, accompagnando qualche volta i miei cugini dietro le pecore, quelle che danno il latte e un formaggio delizioso... poi mi hanno detto che quello non era compito mio, io dovevo fare il "pastore" di gente come voi e che le "pecore" mi avrebbero seguito pazientemente... Valle a cercare le pecore che ti vengano dietro! Ma è normale che sia così!
Qualche volta le pecore se ne vanno per conto loro, anzi quasi sempre e, a volte, saggiamente, altre volte non saggiamente. Ma il Pastore delle nostre anime è Cristo! Noi siamo gente che, poveramente, cerca di andargli dietro.
Voi mi conoscete... - qualcuno da tanto tempo - e sapete che dico spesso sciocchezze, ma è normale che sia così! Qualche volta, però, non le dico soltanto io, le dicono anche "pastori" più importanti, che pensano di parlare a nome della Chiesa.
Voi siete saggi e penso che abbiate imparato che si può rimanere nella Chiesa solo a testa alta, con il coraggio di pensare e di cercare con la propria intelligenza e il proprio cuore, ma... - per me, spero anche per voi - è veramente uno scandalo grave trovare un ragazzo che vuole essere cristiano e non si senta libero nel profondo.
È uno scandalo ascoltare dei ragazzi che pensano che per essere nella Chiesa bisogna soltanto ubbidire, seguire ciecamente le orme dei "pastori", non del "Pastore". "Cristo è la porta, Cristo e il pastore!"
Un cristiano tenta di inseguire i Suoi ideali... qualche volta ci riesce, qualche volta no, ma lo fa con tutto il coraggio della propria intelligenza, con tutta la passione del proprio cuore, ma non è facile e voi lo sapete.
Il Signore ci aiuti
"Da tanto tempo sono con voi e tu V Domenica di Pasqua - 20 Aprile 2008
non mi hai conosciuto, Filippo? Giovanni 14, 1-12
Chi ha visto me, ha visto il Padre".
Se qualcuno vi domandasse: "Tu credi in Dio?" Penso che nessuno di voi o quasi nessuno, avrebbe dubbi nel rispondere: "Certo che ci credo, ci ho sempre creduto!". Se quello aggiungesse: "Bene, se credi veramente in Dio, va e uccidi quel miscredente, quell'ateo, caccia quell'eretico!". Ah! allora comincereste ad avere dei dubbi sulla vostra risposta! Forse potreste domandare: "In che Dio vuoi che creda?".
Vedete... se qualcuno mi domandava, quando ero giovane: "Credi in Dio?" Rispondevo prontamente: "Certo che credo in Dio!". Adesso se qualcuno me lo chiede - succede raramente - rispondo: "Mah, non so! Che mi stai domandando? Cosa significa per te credere in Dio?".
Se chiedessi a tutti voi: "Chi è Dio per te?" E avessimo tempo per parlare, ascolteremmo tante risposte, una diversa dall'altra.
Qualcuno di voi potrebbe dire: "Come è possibile, non è lo stesso Dio?". Certo che è lo stesso Dio! Dio è uno solo, ma noi ne parliamo secondo la nostra esperienza, secondo i nostri sentimenti, secondo le persone che abbiamo incontrato. Ciascuno di noi ha la propria esperienza di Dio, diversa l'una dall'altra. Tutto è relativo nel cammino degli uomini, tutto dipende dal nostro sguardo, dal modo con cui guardiamo la realtà... e non c'è da meravigliarsi: è la cosa più normale del mondo.
Pensate un momento... se vi chiedessi: "Chi sono io, cosa pensate di me?". Qui ci sono persone che mi conoscono da più di trent'anni, altri da appena qualche settimana e voi avreste.... - se potessimo parlare e avessimo tempo - molte risposte diverse e qualcuno di voi sarebbe meravigliato... può essere che don Checco sia questo o quest'altro? È normale che sia così!
Potete aggiungere... - forse è anche la vostra esperienza - se mi metto davanti allo specchio e mi guardo un po' attentamente, penso: "Chi sono io?". Per certi versi ancora non lo so! È normale che sia così! È relativo il nostro sguardo sulla vita, sugli altri, anche su noi stessi.
In fondo, siamo un mistero, un mistero per noi stessi, un mistero in evoluzione... oggi sono così, ma, forse, domani sarò, almeno un po', diverso. Forse mi verrà un acciacco in più, diventerò più debole e sarò diverso da quello che sono oggi e da quello che ero ieri. È inutile che me lo chieda... non lo so! È il mistero della vita, è il mistero dell'uomo e, allora, che meraviglia c'è se Dio è "oltre"? Oltre ogni nostra parola, ogni nostra immaginazione.
Ma noi abbiamo... - o, forse, sarebbe meglio dire dovremmo avere - una strada maestra per avvicinarci a Dio - lo avete ascoltato nel Vangelo di oggi - Filippo dice a Gesù: "Mostraci il Padre e ci basta". E Gesù gli risponde: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto Me, ha visto il Padre".
Ecco, attraverso l'esperienza concreta di Gesù, noi tentiamo di intuire qualcosa del mistero di Dio, della realtà di Dio, del Suo cuore, dei Suoi pensieri.
Se - per esempio - qualcuno vi dicesse: "Sai, quello ha avuto una malattia perché è stato punito da Dio..." Voi potete rispondere: "No, il Vangelo parla in modo diverso!". Se qualcuno vi dicesse che "la pecora perduta" va abbandonata e che il "figlio che è andato via di casa", che è diventato un delinquente, sarà punito severamente: Dio lo manderà all'inferno...! Il Vangelo parla di un Dio che prepara per lui una festa, come non s'è mai vista...
Per il cristiano la strada di incontrare Dio è quella di seguire, un po' attentamente, il Vangelo, ma non è una strada semplice, perché anche del Vangelo abbiamo interpretazioni diverse. Uno vede un aspetto, uno vede l'altro! Non abbiamo che una sola strada: un cuore sincero e l'ascoltarci gli uni gli altri. Se ci ascoltiamo con attenzione, ciascuno di noi porta un riflesso, un'immagine, un aspetto di Dio. È la stessa cosa per quel che riguarda me, ma Dio è infinitamente di più. Se potessimo avere tempo per ascoltare chi parla di me, forse, vedreste aspetti della mia personalità che vi sorprenderebbero o, forse, vi rallegrerebbero e, forse, conoscereste i miei difetti.
Se noi tutti potessimo parlare di Dio, ascoltereste voci diverse: perché meravigliarsi? E, se ci ascoltassimo attentamente, scopriremmo aspetti diversi....
L'unico modo.... l'unico modo con cui possiamo guardare quello che ci sta intorno... gli uomini, le cose e Dio è il nostro sguardo, il nostro occhio, diverso gli uni dagli altri!
Qualcuno di voi dirà: "Ma allora è tutto relativo!" È evidente! Non c'è niente di più evidente del relativismo!
Chi crede di possedere completamente la verità... rischia di vivere in un mondo tutto suo, lontano dalla realtà. Non può che essere relativa la realtà… non la realtà, il nostro sguardo sulla realtà, quello che vediamo della realtà, quello che vediamo gli uni degli altri, quello che vediamo del mondo e, a maggior ragione, quello che vediamo di Dio
Non ci resta che il cuore sincero, l'ascoltarci, il continuare a cercare e, per un cristiano, il continuare a cercare nel Vangelo, nella vita concreta di Gesù, le tracce di Dio.
"Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto Me, ha visto Dio".
Ma non è semplice, occorre continuare a cercare, ad ascoltarci con pazienza, senza stancarci mai di cercare le tracce di Dio nel nostro cuore, nella nostra vita e, soprattutto, nel Vangelo.
Il Signore ci aiuti
"E io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro VI Domenica di PASQUA - 27 Aprile 2008
Paraclito perché rimanga con voi per sempre". la Pietro 3, 15-18. Giovanni 14, 15-21
Penso, stamane, di accogliere l'invito dell'apostolo Pietro a rendere ragione della mia speranza. Tento di farlo... - come consiglia l'apostolo - con dolcezza e rispetto, a patto che voi non sorridiate troppo, perché ci capita di vivere in tempi in cui, se uno cerca di testimoniare un pochino la propria speranza, provoca il sorriso. Vuole anche essere un invito per voi a cercare le ragioni della vostra speranza e a testimoniarla a chi vi sta intorno.
E sono convinto, sempre di più, che i motivi di speranza si trovino in avvenimenti piccoli, semplici, della vita di ogni giorno. Vorrei, quindi, raccontarvi tre piccole esperienze che mi sono capitate nella settimana scorsa.
Qualche giorno fa, sono andato a fare due passi in pineta: questo straordinario gioiello della natura che abbiamo qui a Ostia e mi capitava di passare in quelle zone percorse, anni fa, dall'incendio. Tutto sembrava distrutto, tutto sembrava finito...! Provate ad andare adesso!
Ci sono straordinarie fioriture, tutto sembra rinascere. Ci sono, in questi giorni, delle splendide fioriture di ginestrina, delle macchie gialle quasi incredibili e tutto ricresce... ricrescono gli arbusti della macchia mediterranea, ricrescono i lecci, i pini; fra qualche anno... la pineta ritroverà tutto il suo antico splendore: è la forza della natura, è la forza della vita, che è una delle ragioni più profonde della speranza..
Poi in questa settimana... - forse è capitato anche a qualcuno di voi - ho assistito, per un quarto d'ora circa, ad un dialogo allegro, rispettoso, tenero tra due ebrei: Corrado Augias e Moni Ovadia che parlavano della loro esperienza, della loro tradizione e anche, con grande rispetto, di quanto la tradizione ebraica ha influito nel Vangelo, nella vita stessa di Gesù che è stato un ebreo dalla nascita fino alla morte, fedele alla sua tradizione, e quella tradizione ha arricchito la Sua vita e, quindi, in qualche modo, anche la nostra.
Ne parlavano con rispetto, con allegria, con tenerezza, ma anche senza ingenuità perché, alla fine, accennando alla situazione odierna della Palestina arrivavano a parlare di idolatria perché, quando si preferisce la "terra" all'uomo, si diventa idolatri: ed è un'affermazione veramente importante per chi crede! Ma loro dicevano di essere dei miscredenti e lo ripetevano, eppure parlavano con grande rispetto della loro tradizione e della nostra fede.
Mi sono alzato, alla fine, un po' commosso... - non vi preoccupate a una certa età è normale un po' di commozione - e mi sono detto che il mondo va avanti perché c'è gente come loro!
Il giorno dopo ne parlavo con un amico: "Dicono di essere, dei miscredenti". Lui mi diceva: "Chissà se lo sono davvero?". Aggiungevo che bisogna rispettare il fatto che non vogliono essere considerati credenti. E lui soggiungeva: "Forse parlano così perché non condividono il nostro modo di parlare della fede". E, forse, è profondamente vero!
Mi capitava, in questa settimana, di ricevere una telefonata... - era un po' di tempo che non lo sentivo più - da don Franco Monterubbianesi. Forse questo nome a molti di voi non dice granché: è il fondatore della comunità di Capodarco. Forse qualcuno ha sentito parlare di questa comunità - ce ne sono diverse in Italia e anche nel resto del mondo - dove persone cosiddette normali vivono insieme a persone portatrici di handicap, formando insieme delle cooperative, lavorando, dando speranza a tante persone.
La vita di don Franco è stata una vita straordinaria, veramente un testimone di speranza per tanta gente. Ecco, queste sono le persone - secondo me - che mandano avanti il mondo, che sono la fonte più vera della nostra speranza.
Ho consigliato più volte... - lo consiglio anche a voi - di andare al Colosseo, salite al secondo piano - è una struttura straordinaria - per qualche momento, chiudete gli occhi e immaginate di essere lì quasi duemila anni fa e di sentire intorno a voi gente che urla, che fa un tifo feroce, per chi? Per chi si uccide, si scanna, finché la sabbia, giù in fondo al catino, non si riempie tutta di sangue... sangue di animali, di belve, sangue di uomini e la gente grida, urla, e vuole che si moltiplichi questo sangue.
Oggi ci meravigliamo e ci addoloriamo - e giustamente! - se succede qualche incidente nello stadio dove ventidue giovanotti di belle speranze corrono dietro a un pallone e riteniamo assurdo un incidente, dove ci scappi qualche ferito o, addirittura, una volta ogni dieci anni, un morto.
Ma duemila anni fa la morte era vissuta come uno spettacolo e la gente gridava e applaudiva e voleva che si moltiplicasse. Duemila anni in cui l'umanità ha fatto dei passi avanti per merito di tante persone... come Moni Ovadia, come don Franco e come tante altre persone nel mondo che hanno creduto nella tenerezza e nel rispetto, nella giustizia e nel bene e ne sono testimoni: è la radice della nostra speranza. Speranza di cui tento di darvi conto, stamattina. Vedo che non avete sorriso e mi rallegro! E allora vi invito: cercate anche voi nella vostra esperienza i piccoli fatti che nutrono la speranza e siatene testimoni, soprattutto con i più giovani! C'è grande bisogno di speranza! In questo tempo - come in tutti i tempi - c'è bisogno di gente che nutra speranza nel suo cuore, che non si stanchi di mandare avanti il mondo.
Che sia questo il soffio dello Spirito di cui parla oggi il Vangelo, il Paraclito diffuso su tutta la terra? Non si sa da dove viene, dove soffi... - così dice il Vangelo - che siano questi gli uomini animati dallo Spirito, quelli che sanno aprire la loro mente e il loro cuore al Soffio di Dio?
E Lui la ragione della nostra speranza, è Lui il soffio del futuro.
Il Signore ci aiuti.
"Andate e ammaestrate tutte le nazioni... ASCENSIONE del SIGNORE - 4 Maggio 2008
Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino Matteo 28, 16-20
alla fine del mondo".
Come avete ascoltato, come tutti sapete siamo qui, oggi, per tentare di celebrare la festa dell'Ascensione di Gesù. Una festa che i cristiani di tutti i tempi hanno considerato molto importante, perché segna il passaggio tra la vita di Gesù e la vita dei discepoli e la nostra vita. Ma da sempre i primi cristiani hanno sperimentato che questa è una festa particolarmente difficile: lo avete ascoltato anche nelle letture di oggi che esprimono, più volte, il dubbio dei discepoli.
Vedete, Gesù è venuto in mezzo a noi testimone "dell'oltre", dell'infinito mistero di Dio, testimone della Sua luce e, anche, testimone dei valori essenziali del nostro cammino sulla terra, del nostro vivere da uomini. Gesù è, per chi crede, il punto di riferimento, la "stella polare" verso cui orientare il proprio cammino, i valori della propria vita o almeno così dovrebbe essere, perché non è affatto a buon mercato a vedere la storia dei credenti.
Spesso, invece di cercare il Signore e i Suoi valori, alcuni credenti hanno cercato il potere, la conquista, l'affermazione della propria verità sugli altri, il dominio delle coscienze, a volte, addirittura con la spada in mano. Dovrebbe sembrare orribile tutto ciò a chi crede veramente nel Signore, nei valori essenziali della Sua vita.
E l'altro aspetto è, forse, per i cristiani di tutti i tempi, quello essenziale della festa di oggi: il nostro compito, la responsabilità del credente.
Gesù affida a noi il compito di continuare la Sua opera, di essere testimoni di Lui sulla faccia della terra. Testimoni dei Suoi valori, della Sua ricerca di libertà, della Sua tenerezza, della Sua comprensione dell'uomo. Il compito nostro è quello di rendere concreti questi valori nella vita di ogni giorno: in famiglia, a casa, con gli amici, sul posto di lavoro, nella società in cui viviamo.
Gesù ha fiducia in ciascuno di noi, ci affida questo compito.... non è semplice! Occorre avere il senso della propria responsabilità, essere educati a questa responsabilità. La mia impressione è che molti cristiani oggi, come ieri, non siano stati educati alla libertà, alla responsabilità, a prendere coscienza del proprio compito nella propria vita e nella società in cui vivono.
Troppe volte siamo stati educati all'ubbidienza, ad accettare passivamente quello che dicono le autorità. È successo troppe volte nella vita della Chiesa...! Chi dissente, chi non pensa come i capi, spesso, veniva escluso, scomunicato, addirittura condannato al rogo... è successo a personaggi importanti!
Il secolo scorso testimonia - secondo me - qui, nella nostra Europa, dell'incapacità di molti credenti ad assumersi le proprie responsabilità. Capita forse anche a voi, qualche volta, di leggere in qualche libro di storia o di ascoltare in qualche trasmissione televisiva dei discorsi veramente allucinanti di alcuni "pastori" sulla questione ebraica, sulle leggi razziali, in Austria, in Germania, in Italia...
Dov'erano i credenti? Dov'erano persone che si sentivano responsabili del proprio compito di essere testimoni dei valori di Gesù, del rispetto dell'altro, anche di chi è diverso, della tenerezza, della ricerca della giustizia, della libertà, dei valori importanti della vita?
Ecco perché questa festa è importante, ma difficile! Difficile anche perché.... - lo ripeto - il cammino del cristiano è accompagnato dal dubbio, dalla difficoltà di capire bene cosa significa "incarnare", qui, i valori di Gesù. Ma se uno non fa questo, che cristiano è?
Il nostro compito, difficile quanto volete, è proprio questo: quello di guardarci intorno, di guardare dentro le mura di casa e fuori, di guardarci dentro, per cercare di intuire cosa vuole il Signore da me, qui! Cosa significa essere testimoni di Lui? È questa la nostra grandezza, questa la nostra responsabilità! È questo l'orgoglio della nostra libertà che nessuno ci può togliere!
Qui ci sono dei papà, delle mamme, degli educatori: occorre esserne testimoni, soprattutto con i giovani. Essere cristiani significa, prima di tutto, sentirsi responsabili delle proprie scelte, delle proprie idee, della testimonianza dei valori di Gesù, che è affidata a ciascuno di noi, cercando di renderli concreti qui, oggi, in un mondo che cambia continuamente, che pone problemi diversi. Abbiamo tanti dubbi, ma essere cristiani significa continuare a guardare verso di Lui, la nostra "stella polare", il punto di riferimento e cercare con tanta passione i Suoi valori.
Qualche volta ci sbagliamo, ma continuiamo a cercare, noi, con la nostra intelligenza, con la passione del nostro cuore e nessuno può sostituirsi alla nostra libertà, alla nostra ricerca appassionata. A nessuno possiamo vendere la nostra anima, a nessuno possiamo cedere la nostra responsabilità: è Gesù che ce l'affida, è Lui che si fida di noi, è Lui che ci stima capaci di coraggio, di responsabilità, di passione per il bene.
Non è facile, lo so, lo sappiamo tutti, ma non c'è altra strada per essere credenti.
Ecco perché questa festa è importante. Da una parte ci dice: è Gesù che ha ragione, è Lui all'ultimo orizzonte, verso di Lui andiamo, verso di Lui ci orientiamo, ma ciascuno di noi è responsabile di questo cammino, di questa ricerca. Dio si fida di noi! Alle nostre mani, al nostro cuore, alla nostra intelligenza affida il cammino dell'umanità, il cammino dell'uomo verso Dio.
Il Signore ci aiuti
...venne Gesù e disse: "Pace a voi". E i discepoli PENTECOSTE - 11 Maggio 2008
gioirono al vedere il Signore. Poi alitò su di loro Atti 2, 1-11. Giovanni 20, 19-23
e disse: "Ricevete lo Spirito Santo!".
Ciascuno di noi pensa e parla a partire dalle proprie esperienze, dai libri che ha letto, dalle persone che ha incontrato, dagli avvenimenti che hanno caratterizzato la sua vita: ed è così per tutti e non può essere altrimenti!
Cosa c'entra questo... - penserà qualcuno di voi - con la festa di oggi, la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo? C'entra, perché vorrei rendervi partecipi della mia esperienza di fede sulla Pentecoste, sullo Spirito Santo. Ed è normale che questa mia esperienza sia diversa da quella di ciascuno di voi, da quella di altre persone. In un'altra predica, oggi, ascoltereste, certamente, cose diverse. Ed è normale che sia così! Ciascuno di noi non può parlare che a partire dalla propria esperienza e viviamo tutti - per fortuna - esperienze diverse!
Questo sia detto anche perché possiate sempre prendere le distanze da quello che dice il predicatore. È normale che uno predichi in un modo e uno predichi nell'altro: è la cosa più scontata del mondo! E ciascuno di voi deve pensare, ragionare, parlare a partire dalla propria esperienza e cercare... - se siete bravi - di far tesoro di tutto quello che a voi sembra il meglio: non c'è altra strada nelle vie della vita!
La mia esperienza con lo Spirito Santo è, forse, però condivisa da più d'uno di voi. Quando ero ragazzo mi dicevano che lo Spirito Santo illumina e guida la Sua Chiesa... Per esempio, quando i cardinali si radunano per eleggere il papa, è lo Spirito che li guida e fa eleggere loro il migliore. Quando ho cominciato a studiare, mi dicevano che lo Spirito Santo ha ispirato coloro che hanno scritto la Bibbia. Nella Bibbia c'è la parola di Dio, ispirata direttamente dallo Spirito Santo!
E poi, quando mi preparavo a diventar prete, mi dicevano che il vescovo mi avrebbe imposto le mani e sarebbe sceso su di me lo Spirito, che mi avrebbe garantito nel cammino della mia esperienza di prete, di pastore delle anime.
E poi la vita, e i libri che leggi... cominci a leggere la storia dei papi e... ce ne sono alcuni che non sono proprio l'ideale della santità e del servizio della Chiesa e, allora, devi cominciare ad ascoltare battute... io sono vissuto in un mondo in cui si amava raccontare barzellette anche su Dio e sullo Spirito Santo, ho incontrato maestri che pensavano che l'umorismo, a volte, insegna più di tanti discorsi complicati...
Qualcuno diceva: "Lo Spirito Santo, forse, era in vacanza o, forse, si è addormentato o, forse essendo vecchio, si è "rimbecillito!" Poi, il discorso si faceva più serio perché, cominciando a studiare la Scrittura, la Parola di Dio trovavi dei discorsi che ti sembravano delle autentiche bestemmie ed erano, là, nella Bibbia!
Ci capitava, venerdì scorso, di leggere nel Vangelo che Dio "manda i Suoi eserciti a distruggere Gerusalemme e tutti gli abitanti per vendicarsi della morte del Figlio". E a noi, questo, sembrava una bestemmia! Eppure era scritto là! E doveva essere "ispirato" dallo Spirito Santo!
E poi la mia esperienza personale... mi dicevano: "Lo Spirito Santo ti garantisce... quando sali sul pulpito per parlare, stai tranquillo perché ti assiste lo Spirito Santo!". E poi ti accorgi che se non studi attentamente, se non ti prepari, rischi di dire più sciocchezze del solito!
E allora...? Allora sei costretto a rivedere le tue idee e sapete chi ti aiuta? Galilei, il quale si è scontrato con queste storie... Diceva: "Se la Bibbia, se la Parola di Dio sembra contraria ai fatti, a quello che si vede, bisogna che impariamo a leggere la Bibbia: non ci può essere contrasto".
E, allora, anch'io ho dovuto imparare a leggere la Bibbia e a parlare dello Spirito Santo ed ho scoperto che nella fede di un credente non ci sono scorciatoie, non c'è nessuno che ti assicura di possedere la verità che viene dall'alto, non c'è lo Spirito che ti garantisce! Ti dicono che una volta che ti hanno imposto le mani, che sei stato battezzato, hai lo Spirito di Dio! Lo Spirito dietro le spalle che ti custodisce e ti protegge, poi scopri... - lo scopri anche nella Bibbia - che lo Spirito è davanti, che devi inseguirlo, cercarlo, cercarne le tracce con le orecchie ben aperte, con gli occhi ben spalancati sul mondo.
Se volete, potete controllare... nella lettera ai Galati, al capitolo quinto, l'apostolo Paolo dice che dove c'è amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, bontà, fedeltà, mansuetudine... là, c'è una traccia dello Spirito; là, c'è la traccia di Dio e allora ti rendi conto che, tu, non lo possiedi lo Spirito, che nessuno sulla terra lo possiede, che devi inseguirlo e cercarne le tracce intorno a te!
Anche in chi non è cristiano, in persone a cui il vescovo non ha imposto le mani... ma trovi le tracce lì e, allora, devi renderti conto che ogni vero credente è un inseguitore di Dio e dello Spirito, un inseguitore dei valori autentici; che Dio non lo possiedi, non ti garantisce: affida alla tua responsabilità il coraggio di cercarne le tracce intorno a te!
E, allora, ti rallegri che queste tracce le trovi dappertutto. Leggi di un papa, "eletto dallo Spirito Santo", che è un delinquente (è accaduto qualche volta nei tempi passati) e trovi un pagano, un miscredente, un ateo che, invece, è una persona che ti testimonia amore, fedeltà, pace...
Dov'è lo Spirito? Là! - lo dice l'apostolo - Lo Spirito è là dove ci sono le tracce della luce, del bene, dell'amore, della pace, della cordialità e lo Spirito, il Soffio di Dio è su tutta la faccia della terra e il tuo compito di credente è cercarlo, ma non è semplice!
Noi amiamo le scorciatoie, noi amiamo sentirci dire che sappiamo tutto, che possediamo la verità, basta che chiniamo il capo e ubbidiamo... non è così! Tu che sei credente, sei un inseguitore dello Spirito, un cercatore di Dio, con tutta la passione del tuo cuore.
Il Signore ci aiuti.
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo S.S. TRINITÀ - 18 Maggio 2008
per condannare il mondo, ma perché Giovanni 3, 16-18
il mondo sia salvato per mezzo di Lui.
È un fenomeno che mi sembra vada crescendo e, credo, sarebbe lungo cercare di capire o, almeno, di intuire i motivi di questa crescita. Non voglio occuparmi di questo stamattina!
Di cosa sto parlando? Vedete, se andate in qualche libreria un po' grande e cercate il reparto dove ci sono i libri religiosi, trovate decine e decine di libri antireligiosi, anticlericali, anche dei libri che professano esplicitamente l'ateismo, che parlano di Dio, della religione come di una sciagura per l'umanità.
Ho trovato, proprio in questa settimana, addirittura un catechismo dell'ateismo. Un tempo lontano, se qualcuno avesse scritto libri di questo genere, veniva subito bruciato sul rogo o bollito nell'olio. Quando ero ragazzo tutti questi libri stavano nell'indice dei libri proibiti: guai a leggerli!
Mi sono accorto, crescendo, che ogni credente farebbe bene a leggere qualcuno di questi libri e a prenderli sul serio... aiutano - secondo me - in modo straordinario a purificare la nostra fede. Vedete, una delle affermazioni principali di chi non crede in Dio è questa: non è Dio che ha creato l'uomo, ma è l'uomo che ha creato Dio, a propria immagine e somiglianza.
Quando studiavo per diventare prete, mi allenavano a combattere idee di questo genere! Poi ho scoperto che c'è molto di vero! L'uomo rischia di farsi un'immagine di Dio a proprio uso e consumo, a partire dai suoi bisogni, dalle sue paure, dalle sue ansie, da quello che gli hanno insegnato.
Mi capitava proprio in questa settimana, in un gruppo di persone di una certa età... una signora diceva: "Io non prego mai Dio, io prego la Madonna, perché di Dio ho timore, mi sento in difficoltà, non mi sento degna di pregare e di parlare con Dio".
Come si concilia questa immagine di Dio, che questa donna, molto religiosa, si porta dentro, con certe parole del Vangelo, con la parabola del "Padre misericordioso" che accoglie con la festa il figlio che torna a casa, come si concilia con tante immagini di Gesù?
Ma non è solo questa signora! Molti di noi sono cresciuti avendo davanti a sé, come immagine di Dio, un grande occhio in un triangolo - il triangolo è un'immagine della Trinità di cui, oggi, celebriamo la festa - e da questo occhio ci sentivamo inquisiti, scrutati, giudicati e condannati.... è quello che è successo a molti cristiani! Ma è questa l'immagine di Dio che vuole trasmetterci il Vangelo e anche tante straordinarie pagine dell'Antico Testamento?
Ma c'è di più! Ho incontrato tante persone che si sentivano giudicate da Gesù. Avevano, addirittura, paura che Gesù, per i loro peccati, li punisse nei figli! Sapeste quante mamme, e anche qualche papà, ho dovuto ascoltare, nel mio cammino di prete, con queste paure nel cuore!
Da tutte queste storie - che è un po' la storia di molti di noi - vediamo che l'immagine di Dio che ci portiamo dentro l'abbiamo fatta noi, l'ha fatta la nostra educazione, i nostri incontri e, spesso, è fatta di ansie, di paure, di preoccupazioni… Dio è "l'oltre"!
Ogni cristiano dovrebbe ricordarsi che sulle cinture delle S.S. era scritto: Gott mit uns: Dio è con noi! Siamo tutti convinti che Dio stava da un'altra parte ma, questo, ci rende coscienti che, spesso, gli uomini hanno costruito un immagine di Dio per difendere il proprio potere, per affermare la propria forza: Dio abita "l'oltre", se preferite, Dio è il mistero, che un cristiano cerca con cuore dubbioso, con fede incerta.
Un credente ricorda sempre che il comandamento fondamentale... - voi ne conoscete tanti, ma quello fondamentale spesso lo dimenticate - recita: non nominare il nome di Dio invano! Non parlare di Dio, non credere di sapere chi sia Dio, cosa voglia, cosa ordini, cosa proibisca: Dio è "l'oltre" che il credente cerca nello spazio del mistero, della gratuità, della luce, dell'infinito... Lo cerca con cuore incerto e vacillante.
E ricordate... - per quello che ho capito io - se l'immagine di Dio vi mette nel cuore l'ansia, la preoccupazione, la paura... Dio sta da un'altra parte! È la proiezione delle vostre difficoltà di vivere. Dio, se è Dio, è la luce, è la gratuità, è la pienezza della vita, è la pienezza della pace, è il mistero, è l'Assoluto, è "al di là". Non possiamo farcene un'idea.
Ecco perché i libri degli atei possono aiutarci! Aiutarci a purificare la nostra idea di Dio, aiutarci a non usare il nome di Dio per punire, per condannare, per mettere paura, per affermare noi stessi e il nostro potere... ma non deve essere facile, perché i credenti di tutti i tempi hanno, spesso, ceduto a queste tentazioni: per noi non sia così!
Continuiamo a cercare Dio, a parlargli con fiducia, sapendo sempre che è "oltre", che è la Luce inaccessibile, che possiamo cercarlo come cerca il vero credente, con cuore fragile e debole, senza mai pensare che le proprie parole e i propri pensieri esauriscano il mistero o - se la parola non vi piace - la realtà di Dio.
Il Signore ci aiuti.
"Io sono il Pane vivo, disceso SS. CORPO e SANGUE di CRISTO - 25 maggio 2008
dal cielo. Se uno mangia di Giovanni 6, 51-58
questo pane vivrà in eterno".
Io - ma penso sia accaduto anche alla maggior parte di voi - sono stato educato all'Eucarestia mettendo l'accento soprattutto sulla presenza "reale" di Gesù nel pane e nel vino: il Corpo e il Sangue del Signore presenti sotto le specie del pane e del vino. Ho dovuto studiare lunghi trattati sulla "Transustanziazione". L'altro aspetto della nostra educazione era costituito da tutta una serie di precetti, di proibizioni: non bisognava mangiare, né bere, bisognava prepararsi, confessarsi, ecc.
Poi, crescendo, ho scoperto che il Vangelo segue tutta un'altra strada.
Il Vangelo ci testimonia la ricerca dei primi cristiani che tentavano di intuire, se non proprio di comprendere, il senso dell'Eucarestia. Perché ci raduniamo ogni domenica? Che significato ha? Che senso voleva dare Gesù al Pane e al Vino che condividiamo qui?
Il significato più semplice, per gli antichi, era scontato, per noi, forse, non lo è più. Spezzare il pane, condividere un bicchiere di vino era il segno più comune nelle nostre campagne, per i nostri contadini; se entravate in casa di qualche parente, di qualche amico, anche di qualche persona che conoscevate appena, vi offrivano un po' di pane ed un bicchiere di vino, segno di amicizia, di accoglienza.
Ma altri significati erano importanti per i primi cristiani: se qualcuno di voi vuole, può fare una ricerca nel Vangelo, andando a trovare gli innumerevoli passi in cui si parla di Gesù che mangia con la gente. La prima cosa che potrebbe colpirvi è che mangia con i peccatori, con chi ha il cuore pesante, con chi non si sente degno.
Pensate a Matteo che, seduto al banco del suo peccato (lui era un esattore delle tasse per i romani e rubava) è invitato poi a mangiare. Pensate a Zaccheo o pensate alla straordinaria parabola del padre misericordioso: sempre un banchetto di amicizia e di festa.
La festa per chi ha il cuore pesante, per chi non si sente buono, per chi ha voglia di rimettersi ancora in cammino, per chi ha il cuore triste ed ha bisogno di festa.
Nel Vangelo trovate poi un racconto che è ripetuto ben sei volte ed ogni commentatore ci dice che è un tentativo di capire il senso dell'Eucarestia: è il racconto della moltiplicazione dei pani.
C'è tanta gente che ha fame, manca il pane, ma c'è là un ragazzo che ha cinque pani e due pesci; è invitato a metterli in comune, a condividerli con gli altri… ed allora la vita si moltiplica. Ecco, in quello che facciamo qui c'è un simbolo di vita condivisa, di servizio gli uni agli altri, perché la vita ci arricchisca. Mettere in comune noi stessi, i nostri doni, le nostre capacità, a casa, nel posto dove lavoriamo, nella città in cui viviamo, condividere la vita! Gesù sottolinea tutto questo col gesto che compie durante l'ultima cena: si china a lavare i piedi: "Come ho fatto io, fate anche voi".
Ma c'è un altro aspetto che il Vangelo tenta di mostrarci: tutti conoscete l'episodio delle nozze di Cana. Anche lì siamo in un banchetto, manca il vino... ed ecco Gesù cambia l'acqua in vino, così, gratuitamente. La gente - sottolinea il Vangelo - è ormai quasi ubriaca, qualcuno forse andrà a casa barcollando (per fortuna allora non guidavano); ma manca quel pizzico di festa, di gratuità, di superfluo, di allegria, e per questo, e soltanto per questo, l'acqua viene cambiata in vino. Ecco, l'Eucarestia dovrebbe donare il senso della festa: la vita a cui ci chiama il Signore, è una vita di festa.
Ma se leggete ancora il Vangelo - lo ripetiamo tra poco qui - Gesù dice: "Fate questo in memoria di me". Ecco quello che facciamo qui è "memoria" di Gesù. Memoria della Sua vita, dei Suoi gesti, delle Sue parole, dei Suoi valori, non solo per ricordarli, ma per riviverli, per farli nostri. Gesù si fa "cibo": qui ci nutriamo di Lui, (non è un fatto "fisico" mangiare la carne del Signore, come temeva qualche bambino) ci nutriamo degli ideali, dei valori di Gesù. Tentiamo di condividere la Sua vita, il Suo cammino sulla terra, la Sua libertà, il Suo donarsi, il Suo servizio, il Suo amare sino in fondo. Ci nutriamo di Gesù, entriamo in comunione con Lui.
Vedete, il Vangelo non si preoccupa di mettere regole, non si preoccupa di domandare: sei degno? La domanda che ci insegnano a farci sin da quando eravamo bambini: sei in grazia di Dio? puoi fare la Comunione?
Il Vangelo dice che la Comunione è per chi è peccatore, per chi non si sente a posto, per chi ha la coscienza sporca, per chi vuole riprendere le strade della vita, del servizio, dell'amore. Non sono essenziali le regole, nemmeno l'insistenza sui miracoli e i prodigi che dovrebbero provare la "presenza reale". Quante volte abbiamo insistito su questo nella nostra educazione: l'adorazione di Dio nel Sacramento, le grandi processioni… invece di cercare il senso di quello che facciamo qui.
Il vangelo dice che l'Eucarestia è segno di accoglienza, amicizia, solidarietà, anche tra gente che non si sente buona. Qui è vita che vuol essere condivisa, è il desiderio di mettersi l'uno al servizio degli altri, è la voglia di nutrirsi di Gesù, di camminare con Lui, è il desiderio di festa, di vita, di pienezza, di libertà: è quello che Gesù è venuto a tentare di testimoniare in mezzo a noi, ed è il senso che i primi cristiani danno a quello che noi facciamo qui.
Per noi, purtroppo, tutto è diventato rito, ripetizione, regole!
Provate a cercare, nel profondo del vostro cuore, della vostra esperienza, la gratuità, la libertà, la festa, il nutrirvi di Gesù, la comunione con Lui.
E ci sarebbero tanti altri "sensi" dell'Eucarestia, ma io debbo finirla qui, perché già ve l'ho fatta troppo lunga. Pensate all'Alleanza, pensate al ringraziamento, alla lode, alla contemplazione, pensate al nutrimento per una vita che non muore; tanti temi che cercano di dare il senso di quello che facciamo insieme.
Non è semplice, il Signore ci aiuti.
Non chiunque mi dice: "Signore, IX Domenica del tempo ordinario - 1 Giugno 2008
Signore", entrerà nel regno dei Matteo 7, 21-27
cieli, ma colui che fa la volontà
del Padre mio che è nei cieli.
Come vedete anche dall'abito che indosso... sono finite le grandi feste del tempo di Pasqua e poi l'Ascensione, la Pentecoste, la festa della Trinità, il Corpus Domini: riprendiamo, oggi, le domeniche normali e le riprendiamo con questa pagina del Vangelo che si legge molto raramente la domenica perché viene, in genere, soffocata dalle feste che ho detto. Ed essendo ritornati alle domeniche normali, forse, possiamo rendere leggero il nostro discorso e tentare di sorridere... deciderete poi, alla fine, se è un sorriso un po' amaro.
Provate ad immaginare che ci sia un signore che viene da terre molto lontane, che ha sentito parlare della religione cattolica e vuole conoscerla un po'. Ha saputo che la religione cristiana si basa su Gesù, sulla Sua parola... lui non la conosce molto ma, prima di approfondirla, vuole vedere come si comportano i cristiani, come si svolge la loro vita nelle manifestazioni più visibili… e, allora, immaginate che questo signore si fermi a guardare, qualche volta, i programmi televisivi in cui si parla di cose religiose e che abbia girato tutta l'Italia visitando tutti i luoghi dove accorrono i cristiani, dove si moltiplicano riti e cerimonie.
Cosa ha trovato? Ha trovato che c'è chi parla spesso in nome del Signore. Autorità della Chiesa di vario genere, tipo e qualità e tutti parlano in nome del Signore. Tutti dicono cosa il Signore dice, cosa il Signore vuole.
E poi ha visto in televisione sceneggiati televisivi in cui si raccontano storie di santi e santoni che fanno molti prodigi. Ha sentito parlare di esorcisti che cacciano demoni, ha visitato i santuari dove accorrono folle e là si parla molto di miracoli; la gente va a cercare il prodigio, il fatto miracoloso, l'apparizione straordinaria: ha tutto questo negli occhi e...
Immaginate che stamattina sia venuto qui in mezzo a noi e possa parlare, forse ci direbbe: "Scusate, cosa abbiamo letto nel Vangelo? In quei giorni quando si presenteranno davanti al Signore diranno: "Signore, abbiamo parlato nel Tuo nome, nel Tuo nome abbiamo scacciato i demoni, nel Tuo nome abbiamo fatto molti miracoli... Non vi ho mai conosciuti! Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità".
Potrebbe chiederci: "Che succede? Queste parole sono così chiare! In questa vostra terra di cattolici si parla quasi esclusivamente di gente che parla in nome di Dio, di miracoli e di cacciatori di diavoli, mi volete spiegare?".
Sapreste spiegare voi? Ci provo io!
Comincerei a dirgli: "Amico, conosci l'umanità? Siamo povera gente! Abbiamo bisogno di qualcuno che ci protegga, a cui ricorrere quando non sappiamo a chi rivolgerci. Noi abbiamo bisogno di qualcuno che, al di sopra di tutto, governi la nostra vita e, quando non ce la facciamo, possiamo sperare nel Suo prodigio, nel Suo miracolo.
"Poi - vedi - a noi... a noi la libertà pesa! Se c'è qualcuno che ci dice dov'è la verità, cosa dobbiamo fare, siamo contenti... parla lui, noi possiamo vivere tranquilli, senza preoccuparci troppo!".
"Noi amiamo le scorciatoie... quando non riusciamo a capire da dove viene il male, pensiamo che ci sia di mezzo il diavolo e se troviamo un "bravo" esorcista che lo cacci, siamo tutti contenti".
Se quest'uomo conosce le religioni, ci direbbe: "Ma scusate, questo, è paganesimo, così si fa in tutte le religioni del mondo! Nelle mie terre ci sono tanti santuari, tanti racconti di miracoli, ci sono tanti sciamani che cacciano i diavoli, gli spiriti maligni… lo fanno dappertutto! Anche là c'è gente che interpreta la volontà di Dio, questo, lo fanno tutti i pagani".
"Eh, - soggiungerei - il Vangelo è sogno, il Vangelo è gratuità, che tenta di andare al di là dei nostri bisogni, ma, se tu conosci un po' gli uomini, sai quanto è difficile!".
Finivo, proprio ieri, di leggere con un gruppo di persone il quinto grande discorso del Vangelo di Matteo... il Vangelo di Matteo - forse molti di voi lo sanno - è basato su cinque grandi discorsi e quello che abbiamo letto stamattina è la fine del primo.
Il primo discorso comincia: "Beati i poveri in spirito, beati i miti, i misericordiosi, quelli che hanno fame e sete di giustizia, quelli che operano la pace". E l'ultimo discorso finisce: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m hai datò da bere, ero nudo e m'hai vestito, straniero e mi hai ospitato". "Quando mai Signore?". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei miei fratelli, lo hai fatto a me". Questo è il cuore del Vangelo, del cristianesimo, ma, se conosci l'umanità, sai quanto, è difficile! È il sogno, è la gratuità, è la pienezza dell'amore.
Direi ancora: "Abbi comprensione per noi, siamo povera gente! Tentiamo di sognare, ma poi abbiamo tanti bisogni... corriamo di qua e di là, amiamo le scorciatoie"
Potrebbe chiederci: "Ma non leggete il Vangelo, cercando di prenderlo sul serio?" Dovremmo rispondere che il Vangelo lo leggiamo poco - preferiamo leggere il catechismo, le vite dei santi, i discorsi delle autorità - e ancor meno lo prendiamo sul serio.
"È tutto?" - ci chiederebbe questo bravo signore - "Con i santuari, con i miracoli, cacciando i diavoli, si fanno soldi, con la gratuità, con l'amore, se ne fanno pochi!".
Allora, forse, se ne andrebbe dicendo: "Ho capito, i soldi sono importanti; però provateci un po'! Avete un Maestro che vi invita a sognare, a credere nell'amore, nella gratuità, ad amare la pace, la giustizia. Andate al di là dei vostri bisogni, del miracolo, del prodigio, dello straordinario: è nella vita quotidiana, che l'uomo può compiere il solo, vero, miracolo: amare senza aspettarsi una ricompensa, vivere la gratuità, il dono di sé, tentare di aiutare chi ci sta intorno gratuitamente: questo è il vero prodigio che il Signore vi invita a fare. Lo so che è difficile ma, se ci credete, provateci almeno un po'!".
II Signore ci aiuti.
Non sono i sani che hanno bisogno del X Domenica del tempo ordinario - 8 Giugno 2008
medico, ma i malati. Io non sono venuto Matteo 9, 9-13
a chiamare i giusti, ma i peccatori.
C'è una contraddizione che attraversa il Vangelo e la vita cristiana, non soltanto la nostra, ma quella di sempre. Qualcuno di voi dirà che non è una contraddizione propria dei cristiani, ma fa parte dell'umanità eppure il Vangelo dovrebbe portarci oltre, dovrebbe essere... - lo dicevamo domenica scorsa - sogno, ideale.
Di cosa cerco di parlarvi stamattina?
Vedete, abbiamo ascoltato nel Vangelo che Gesù si ferma a tavola con dei peccatori... Matteo, il pubblicano, poi molti altri: gente dal cuore pesante, che sa di aver sbagliato e Gesù mangia con loro! E non è il solo caso! Pensate a Zaccheo o - se volete - pensate alla straordinaria parabola del "Padre misericordioso". Ci sono tanti che fanno l'esperienza di sedersi a tavola con Gesù ed essere accolti da Lui così come sono, con le loro colpe, i loro limiti, i loro peccati.
Ma poi, se leggete oltre il Vangelo, notate che quegli stessi personaggi, che sentono che Gesù ha li chiamati nonostante il loro peccato, diventano dei giudici severi.
Conoscete l'episodio... Gesù va verso Gerusalemme, entra in un villaggio di Samaritani e non vogliono accoglierlo e i discepoli, prontamente, invocano il fuoco dal cielo che distrugga quei malvagi... senza cercare di capire, senza domandare, senza chiedersi perché... la distruzione, il fuoco dall'alto, la punizione divina. Quella stessa punizione che i primi cristiani vedono nella distruzione di Gerusalemme e che riguarda tutti, anche i bambini. Tutto il popolo d'Israele è reo di deicidio: hanno ucciso il Signore e, quindi, vengono duramente puniti.
Come è possibile che alcuni che sentono di essere stata chiamati proprio perché peccatori, che affermano che Gesù è venuto non per i giusti, ma per i peccatori, pronuncino poi giudizi così severi - feroci a volte - sugli altri?
E non è solo una contraddizione del Vangelo, è, anche una contraddizione della vita cristiana… fa parte della mia esperienza ma, forse, anche della vostra… e io ho fatto un po' di fatica ad accettare questa contraddizione.
Quando ero bambino... - ma è successo, forse, anche a molti di voi - ci facevano spesso pregare per i peccatori... i peccatori erano sempre gli altri, chiaramente non eravamo noi! "Dite tre Ave Maria per i peccatori": ci dicevano e ripetevo per tre volte: prega per noi peccatori. Come? Mi fai pregare per gli altri con una preghiera che dice di pregare per me!?
E sono stato educato a guardarmi dai compagni cattivi, a fuggirli, non a cercare di capire, a cercare di aiutarli, ma a stare lontano…
Poi ho cominciato a studiare e le cose si facevano ancora un po' più complicate… conoscete un po' la storia di sant'Agostino? Certo un grande personaggio, che fra l'altro è patrono della nostra Ostia. Quando era giovane ne ha combinate di tutti i colori… poi si è convertito: si sentiva un grande peccatore, ma salvato da Gesù… cosa ha fatto? Ha tolto il figlio Adeodato alla donna da cui lo aveva avuto e che aveva amato profondamente e l'ha cacciata: non era più degna di lui. (Qui c'entra anche la mamma: Santa Monica… ma non mi conviene parlare male delle madri, ce ne sono troppe qui...)
Negli scritti di Agostino può capitarvi di leggere che solo i cristiani sono destinati al Paradiso e il resto, tutta l'umanità... è "massa dannata", tutti destinati all'inferno o - per dire meglio - predestinati all'inferno: Dio vuole così!
I medioevali cercavano di capire perché ci dovesse essere l'inferno: credevano che fosse indispensabile per manifestare la giustizia divina. Qualcuno è arrivato a scrivere che la gioia dei beati non sarebbe stata completa, se non avessero potuto contemplare i tormenti dei dannati, da cui erano stati salvati…!
Se poi continuate a studiare la storia, sentite parlare di "crociate" in cui si andava a distruggere i miscredenti, quelli "brutti e cattivi", gli idolatri… c'era qualche personaggio, molto raramente purtroppo, come san Francesco o Riccardo cuor di leone che andavano là e scoprivano che si trovavano davanti persone più civili, più colte, più pacifiche, da cui avevano molto da imparare… ma rischiavano di essere scomunicati dal Papa perché "quelli so' brutti e cattivi".
Non voglio farvela troppo lunga ma, questa storia, va avanti fino ai nostri giorni.
Pensate a certi discorsi che si ascoltano, anche nella Chiesa, sui i divorziati, i gay, gli islamici, gli zingari, pensate al funerale negato al povero Welby….
Ma qui, intorno a questa tavola, chi c'è? Ci sono dei "giusti"? È bene che escano perché Gesù è venuto per i peccatori! Potete guardare me... non ho fatto grandi peccati... non ho ammazzato nessuno, ma potevo fare tanto più bene nella mia vita.
Se ascoltassi il Vangelo di Matteo: "Sii perfetto come è perfetto Dio". Dovrei dirvi: "Se vedemo! ". "No, fermo sta' qui, non te ne andare: questo è il posto per te!". È posto per peccatori, è posto per gente dal cuore pesante… ma anche per gente che cerca di capire, che sa che non può giudicare in massa... non tutti gli zingari sono malvagi, non tutti i mussulmani sono malvagi, non tutti i divorziati sono malvagi, non tutti i gay sono malvagi...
Molti, troppi, cristiani si sentono giusti e giudicano gli altri… ma d'altra parte - e anche questa è una grossa contraddizione - molti si portano dentro tanti, profondi e devastanti sensi di colpa... forse capita anche a qualcuno di voi.
Non riusciamo a trovare l'equilibrio tra il sentirci giusti, buoni e giudicare gli altri e il portarci dentro devastanti sensi di colpa, che ci fanno sentire indegni di accostarci al Signore... Non c'è una via di mezzo? Non c'è la possibilità di accettarci così come siamo, con i nostri limiti, con le nostre colpe, con le nostre pesantezze e ritrovarci, qui, accolti dal Signore per essere rimessi in cammino, per avere speranza, per sentirci invitati a guardare il mondo senza giudicarlo, senza invocare il fuoco su nessuno, ma cercando di capire?
Qualcuno dirà: "Ma questo succede a tutti gli uomini del mondo; tutti descrivono il nemico "brutto e cattivo!". È vero, siamo uomini! Ma il Vangelo... non è sogno? Non è il tentativo di andare al di là? Gesù non ci invita a convertirci, a cambiare, a rinnovarci perché la vita sia più bella, ma anche a cercare di accogliere, comprendere, aiutare?
Qualcuno di voi dirà: "È difficile!". C'è qualcosa di più scontato che sia difficile? Ma qui, intorno a questa tavola, il Vangelo ci invita a sognare… dovremmo sentire di essere gente dal cuore pesante, incapaci di amare fino in fondo, eppure accolti... perché qui, per noi, si fa festa; perché qui, Dio ha inventato di farsi cibo per noi, per chiunque si senta in peccato… e se c'è qualcuno che si porta in cuore un senso di colpa, che si sente in peccato, che si sente sporco... lui è il primo invitato e, se ci fosse... - io spero che non ci sia nessuno - che dice: "Io sono buono" mi dispiace dirvelo, il Signore direbbe: "No, questo non è cibo per te, questo è cibo per peccatori, per chi cerca di camminare insieme, guardandosi negli occhi, cercando di accogliersi così com'è".
Tutti - chi più chi meno - portiamo nel cuore un po' di bene da far crescere e un po' di male da eliminare. Fosse semplice non dovremmo venire a Messa ogni domenica!
Il Signore ci aiuti
"Guarite gli infermi, risuscitate i morti, XI Domenica del tempo ordinario - 15 Giugno 2008
purificate i lebbrosi… Gratuitamente Matteo 9, 36 - 10, 8
avete ricevuto, gratuitamente date".
Io... - come molti di voi, specialmente chi ha i capelli bianchi - sono cresciuto nella fede a rispostine del catechismo e racconti di miracoli. Ce ne raccontavano tanti, di ogni specie, di vari santi e, quando ero ragazzo, desideravo anch'io vedere un miracolo... ma un miracolo di quelli veri...
Non come ci raccontava - qualcuno di voi forse lo ricorda ancora - una signora... eravamo in una riunione a leggere il Vangelo e dice: "Ho avuto un miracolo!". "Finalmente ne vediamo uno! Cosa è successo?". "Siamo andati in pellegrinaggio... a quel tempo andava di moda fratel Gino, tornando sul pullman, sono caduta e mi sono rotta due costole". "E dov'è il miracolo?". "Beh, mi potevo rompere la testa invece mi sono rotta solo due costole!". Io volevo vedere un miracolo di quelli seri, di quelli che mi raccontavano nelle storie dei santi.
Poi sono cresciuto e ho cominciato ad ascoltare voci di "miscredenti"... dicevano che a leggere le statistiche, nei santuari di tutto il mondo succedono gli stessi fatti straordinari che succedono in tutti gli ospedali del mondo. La natura è fatta così! C'è qualcuno che guarisce e non si sa perché - almeno finora, speriamo che poi lo scoprano - e c'è, purtroppo, qualcuno che muore e non si sa perché, a volte solo per aver bevuto un bicchiere d'acqua: questa è la natura!
Qualcuno mi faceva notare che uno dei grandi taumaturghi del nostro tempo: padre Pio, di cui si raccontano tanti miracoli... non si fidava dei miracoli, tanto che ha dedicato la sua vita a costruire un ospedale...
Quando poi ho imparato a leggere il Vangelo ho scoperto... - come avete ascoltato oggi - che i miracoli li fanno tutti. Se un cristiano non fa miracoli, che cristiano è? E allora... allora ho cominciato a guardare il mondo con altri occhi e posso assicuravi che di miracoli ne ho visti tanti, ma proprio tanti! Un po' perché sono stato fortunato, ma anche perché di miracoli se ne fanno veramente molti.
Cos'è un miracolo? Quando eravamo giovani ci dicevano che il miracolo è qualcosa, un fatto, un comportamento che va al di là delle leggi della natura.
Cosa succede in natura?
Nella natura il più forte vince - così siamo costruiti, così è costruito tutto il mondo che abbiamo intorno - e il più piccolo soccombe. Se andate nella nostra splendida pineta, nella zona dove c'è ormai la lecceta matura, vedete che i lecci hanno soffocato tutto! Sono i più forti, hanno conquistato il sole, sotto non c'è più niente! E se andate nella parte bruciata, là dove il fuoco ha rimesso tutti sulla linea di partenza, vedete che c'è una lotta feroce per conquistarsi un posto al sole: vincerà il più forte. Così è anche in tutto il mondo animale…
Ora io ho visto... - ma non ho visto una volta sola - gente che si dedicava, invece, al più debole. Ho visto in molte famiglie, in gruppi di amici, in classi di scuola, tante persone impegnarsi perché anche il debole avesse le stesse possibilità. Se in una famiglia c'è uno malato, a lui si dedicano tutti. Poi, magari, non riescono, ma lo sforzo è tutto concentrato su di lui perché anche il più debole abbia lo "spazio", abbia la luce del sole, anche il più debole sopravviva.
Nella natura ha ragione chi grida di più. Tra gli uccelli, quando si contendono la femmina, vince quello che canta meglio, quello che strilla di più, quello che soffoca gli altri! E così succede in tanti aspetti della nostra vita! Vi ho spesso consigliato di non guardare troppo la TV, specialmente quei programmi in cui tutti gridano e sembra aver ragione chi è capace di gridare più forte. Io ho conosciuto tanta gente capace di parlare pacatamente, ma soprattutto capace di dialogo, di ascolto, persone capaci ascoltare le ragioni degli altri, di mettere in discussione le proprie idee… capaci di condividere i valori, le ragioni, gli argomenti degli altri.
Nella natura tutti gli esseri, dalla pietra al filo d'erba al più grande degli animali, sono costruiti per difendere se stessi, per sfruttare per sé ogni possibilità, per far prevalere i propri interessi vitali… io ho visto in tante occasioni persone capaci di dedicarsi agli altri: non solo mamme e papà ai propri figli, ma anche nuore alle suocere e viceversa… ho visto chi si dedicava a persone, almeno all'inizio, completamente sconosciute, senza cercare alcun interesse, donando il proprio tempo e il proprio denaro…
Nel mondo dei mammiferi - a cui noi apparteniamo - la coppia stabile e fedele è una rarissima eccezione: a parte qualche iena, qualche sciacallo e pochi altri non esiste. Io ho visto delle coppie capaci di amarsi fino alla fine con passione e tenerezza. Ho visto degli anziani ancora dopo tanti anni, tenersi teneramente per mano, li ho visti, quando ormai le ginocchia vacillano e tanti acciacchi appesantiscono il corpo, capaci di condividere la vita, li ho visti guardarsi con occhi ancora innamorati. E per me gli occhi innamorati di due anziani sono più belli di quelli di due ragazzi… sono più ricchi di dolcezza, di esperienza… quasi più luminosi.
Qualcuno di voi dirà che tutto questo accade raramente: certo altrimenti non starei qui a parlarvi di "miracoli", quindi di qualcosa di straordinario, ma io ho visto tante volte l'amicizia tenera e disinteressata, ho visto la condivisione, ho visto chi è capace di ascolto, di dialogo, di rispetto per l'altro, ho visto chi sa dare gratuitamente ciò che gratuitamente ha ricevuto, ho visto persone capaci di donare senza aspettarsi nulla in cambio, ho visto vivere la gratuità… forse un riflesso di Dio.
Io, insomma, di miracoli ne ho visti veramente molti… e voi ne avete visti?
E se non li avete visti che campate a fa'?
Il Signore ci aiuti.
"...e non abbiate paura di quelli XII Domenica del tempo ordinario - 22 Giugno 2008
che uccidono il corpo, ma non Matteo 10, 26-33
hanno potere di uccidere l'anima... "
C'è una specie di ritornello che ha accompagnato tutta la mia vita di prete. Un tempo lo sentivo ripetere spesso, adesso ho perso un po' dei miei contatti... - è normale per chi invecchia - soprattutto con i giovani perché, questo ritornello, lo ripetevano spesso i più giovani, ma non soltanto loro, anche persone anziane. Mi è capitato di ascoltarlo ancora in questi ultimi giorni…
Di cosa sto parlando? Dell'indignazione, del fastidio, dell'incomprensione che molti cristiani mi hanno manifestato di fronte ad immagini ripetute di autorità della Chiesa che ossequiano e vengono ossequiate dai potenti della terra: incontri, abbracci, baciamano, benedizioni...
E molte volte mi hanno domandato: "Perché? La Chiesa non dovrebbe essere altro? Non dovrebbe occuparsi dei più poveri, non dovrebbe essere onorata la gente più semplice?" E, lì, tenti di spiegare, soprattutto a chi è più giovane e forse senza crederci troppo, che in fondo è stato sempre così, che è l'incontro di due poteri di questo mondo, che hanno bisogno di ossequiarsi, di rispettarsi, per tentare, forse, di costruire qualche cosa insieme, che c'è qualcosa di giusto ed inevitabile in questi incontri. Forse potrebbero essere un po' più sobri... insomma cerchi di arrangiare qualche parola in cui, forse, non credi.
Che c'entra tutto questo - si domanderà qualcuno di voi - con il Vangelo che abbiamo letto stamattina?
E come che c'entra!? Questa mattina si parla di gente che non deve aver paura di quelli che uccidono il corpo e c'è, nella Chiesa, tanta gente che tenta di non avere questa paura! Ci sono tante persone che hanno perso la vita per la fedeltà a Dio, al Vangelo, alla giustizia!
Pensate soltanto, per fare gli ultimi nomi di questa nostra Italia, a don Giuseppe Diana di Casal di Principe, a don Pino Puglisi a Palermo, che hanno perso la vita nella lotta contro la mafia e la camorra. Pensate a don Andrea Santoro, prete di Roma, che io ho conosciuto molto bene e che è andato a morire nella lontana Turchia.
Anche loro sono Chiesa! E sono soltanto la punta di un iceberg, di un numero sterminato di cristiani - e anche di tanti non cristiani, per fortuna - che per la fedeltà alla giustizia, alla pace all'amore mettono a rischio la propria vita: gente a cui queste parole, che a noi sembrano lontane, risuonano vicine e concrete.
"Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo; abbiate paura di finire nella Geenna". La Geenna non è l'inferno, la Geenna è la discarica di Gerusalemme. Abbiate paura di finire in una vita senza senso perché, se non credi in qualcosa per cui sei disposto a giocarti la vita, se non credi nella giustizia, nella libertà... la vita perde di senso…
Questa gente, in un paese civile andrebbe onorata, forse, più delle autorità: sono i martiri, sono i testimoni, sono coloro che per qualcosa in cui credono si sono giocati la vita. Sono cose che bisogna ripetere ai nostri ragazzi! C'è anche "questa" Chiesa! Non c'è solo la Chiesa delle autorità, delle grandi cerimonie, quella che si vede ripetutamente - forse troppo - in televisione. C'è una Chiesa che non appare, una Chiesa fatta di testimoni, una Chiesa fatta di gente che ci crede sul serio, in ogni angolo della terra. Ce n'è in Italia come in Medio Oriente, ce n'è in Africa come nell'America latina, come nell'America del nord, ce n'è in Russia e in Cina, ce n'è tra i paesi ricchi e tra i paesi poveri. C'è gente che lotta per la giustizia, per difendere i più deboli e che rischia la vita e l'ha perduta: sono i nostri martiri, i nostri eroi!
Non vorrei farvi qui l'esaltazione del martirio, il martirio non va esaltato! "Guai a quel popolo - diceva qualcuno in tempi antichi - che ha bisogno di martiri". Se c'è ancora chi muore per colpa della mafia, della camorra è perché non siamo riusciti a sconfiggerle. Non deve morire nessuno per la violenza degli altri, ma coloro che hanno il coraggio di farlo vanno onorati, fanno parte a pieno titolo della Chiesa! Dovrebbero avere nella televisione, nei giornali... soprattutto nel cuore della gente, più spazio delle grandi cerimonie, delle grandi folle, degli applausi, degli inchini, dei baciamani, delle esaltazioni reciproche. Sono i martiri che avrebbero diritto a essere onorati.
Ripetetelo! Perché quello che conta alla fine, "nell'oltre", non è fatto di inchini e riverenze e, per questo, dobbiamo ricorrere non al Vangelo, ma a Totò!
'A livella: la conoscete? Bravi, rileggetela!
Ci sono il marchese e il netturbino, " 'o marchese e 'o scupatore" che si incontrano dopo la morte e il marchese vorrebbe ancora inchini e riverenze, vorrebbe ancora che lo "scupatore" stesse al suo posto, lontano dalla sua ricca tomba… questa, è la conclusione della "livella" - chiedo scusa ai napoletani per la pronuncia - è 'o scupatore che parla:
Perciò, stamme a ssentì… nun fa' 'o restivo,
suppuorteme vicino - che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e fanno sulo 'e vive,
nuje simmo serie… appartenimmo â morte!"
Nell'oltre, nel mondo di Dio, agli occhi di Dio, inchini e riverenze "so' ppagliacciate". Non sono pagliacciate il coraggio dei martiri, il coraggio di chi ogni giorno tenta di vivere secondo i propri principi, secondo i valori che ha dentro; di chi, per questo, rischia la vita… e ce ne sono tanti in ogni angolo della terra: questi dovrebbero essere onorati!
Ricordatelo, vi prego, ai nostri ragazzi, siatene testimoni per loro, altrimenti rischiano di non credere più! Ricordate loro che la Chiesa non è fatta solo di incontri tra potenti, di grandi discorsi, di grandi cerimonie, di baciamani, di inchini... la Chiesa è fatta anche di gente di tutti i giorni, di martiri, di testimoni...
Ricordate ai nostri ragazzi che agli occhi di Dio inchini e riverenze sono pagliacciate "'e fanno sulo 'e vive". I morti sono seri, Dio è serio, la vita dovremmo tentare di renderla seria, ma non è semplice.
Il Signore ci aiuti.
"Voi chi dite che io sia?" - Rispose Pietro: S.S. PIETRO e PAOLO - 29 Giugno 2008
"Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!". Matteo 16, 13-19
Mi trovavo qualche giorno fa dentro la basilica di san Giovanni in Laterano ed ero un po' in anticipo sull'appuntamento che avevo lì vicino e, quindi, mi sono riguardato un po' tutte le cose straordinarie che ci sono in quella basilica: la ricostruzione dell'abside antico, il sontuoso soffitto, gli affreschi, alcuni molto belli, soprattutto delle straordinarie soluzioni architettoniche di Borromini nella controfacciata e nelle navate laterali.
E, poi, la mia attenzione si è soffermata sul grande tabernacolo che sovrasta l'altare papale, e là, dietro le colonnine, si intravedono due statue, probabilmente d'argento, degli apostoli Pietro e Paolo e le guide dicono che lì sono conservate le teste dei due apostoli.
Io - lo sapete - sono di natura un po' scettico, pensavo: "Chissà che ci sarà là dentro? Non si sa nemmeno dove sia la tomba degli apostoli, come hanno trovato le loro teste? E poi perché solo le teste, il resto del corpo dov'è?".
E mi è venuto in mente il mondo medioevale: ognuno voleva una reliquia, qualche cosa da toccare e, quindi, anche i corpi dei martiri venivano smembrati: un dito di là, un piede di qua, un braccio da un'altra parte, perché ognuno avesse una specie di talismano, qualcosa da toccare e che fosse come una protezione...
Sembrano cose medioevali, ma se qualcuno ha guardato la televisione nei mesi e negli anni scorsi ha visto anche per uno dei santi moderni: padre Pio, una ricerca affannosa di reliquie, ogni abito è stato tagliato in tanti pezzetti... tutti vogliono avere qualche cosa da toccare... una specie di portafortuna che protegga dai malanni.
Forse per le teste degli apostoli, della basilica di san Giovanni in Laterano, c'è qualcosa di più: la rivendicazione del papa di Roma... san Giovanni - lo sapete - è la cattedrale di Roma e del mondo, della successione apostolica e, quindi, del potere degli apostoli, soprattutto di Pietro a cui - avete sentito - Gesù affida il comando della Chiesa.
Tutte queste cose sono molto lontane dalla mia sensibilità. Io non ho bisogno di toccare, di avere una reliquia… ho più volte scherzato sulle reliquie... con tutto il rispetto per chi, invece, sente questo bisogno... per fortuna siamo tutti diversi, abbiamo sensibilità diverse.
Ma, preparando qualche cosa da dire oggi, mi chiedevo: "Ma a me, personalmente, cosa resta dei due apostoli, che oggi veneriamo: Pietro e Paolo?".
E non vi meravigliate se è diverso da quello che resta a ciascuno di voi… a me restano fondamentalmente due cose: la prima è la gratitudine per questi due apostoli. Senza di loro, probabilmente, il messaggio di Gesù non sarebbe arrivato fino a me. Hanno avuto il coraggio di credere e di essere testimoni di,Gesù, nonostante tutte le difficoltà e anche le loro fragilità, le loro debolezze.
La storia di Pietro mi è più vicina, forse, di quella di Paolo, perché Pietro era un uomo fragile come me... una fede indifesa la sua. Ha tentato per tutta la vita di andare dietro Gesù, qualche volta capiva, qualche volta no, qualche volta ce la faceva, qualche volta non ce la faceva… è arrivato fino a rinnegare Gesù, eppure ha continuato a cercarlo! Da Gesù, qualche volta, si è sentito rimproverare duramente... oggi il Vangelo ve lo hanno censurato perché, se leggete soltanto la riga seguente a quella dove si è fermata la lettura di oggi, trovate che Gesù dice a Pietro: "Sta lontano da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi come Dio, ma come gli uomini". Addirittura lo chiama satana!
Si è sentito più volte, Pietro, trattar male da Gesù eppure ha continuato ad andargli dietro. Quando molti discepoli se ne vanno e Gesù si rivolge ai Dodici chiedendo: "Forse anche voi volete andarvene?". Pietro risponde: " Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna". Anche quando ha conosciuto il fallimento del suo Maestro sulla croce, Pietro ha continuato a cercarlo.
Ho sentito vicino Pietro, perché anch'io come lui sono uno dalla fede fragile, spesso non ho saputo seguire il Signore fino in fondo, spesso lo ho rinnegato se non a parole, nei gesti concreti della vita di ogni giorno... Io vorrei, come lui, senza stancarmi, continuare fino alla fine della mia vita a seguire Gesù, a cercare Lui, la Sua amicizia, nonostante i fallimenti, le incertezze, i dubbi.
Paolo... Paolo è molto diverso da me. Paolo aveva una personalità fortissima, un carattere entusiasta. Lui è stato capace di correre in giro per il mondo, senza stancarsi. Io sono fondamentalmente un pigro, non mi va di correre... però di Paolo mi è rimasto il suo sforzo di cercare, per tutta la vita, l'essenziale del messaggio di Gesù.
Lui, all'inizio aveva perseguitato i cristiani e, quindi, il messaggio del Signore, ma poi si è accorto che in nome della legge, della tradizione, aveva perseguitato dei giusti e, allora, ha cambiato e da quel momento ha continuato a cercare i valori di Gesù, ha tentato di farli uscire dall'ambiente palestinese e di tradurli per il vasto mondo greco-romano.
Ci sono delle pagine straordinarie nelle sue lettere, ve ne cito soltanto una - non so se la ricordate - la lettera ai Corinzi, quel passo che comincia: "Se io so parlare le lingue degli uomini e degli angeli, ma non posseggo l'amore, sono come un bronzo che risuona, un tamburo che rimbomba..."
Paolo ha capito che l'essenza del messaggio di Gesù è quello che lui chiama la carità, l'amore, l'agape - per usare la parola greca - che il messaggio di Gesù è libertà, è ricerca della verità e della giustizia, cercandone i noccioli essenziali: lo ha fatto per tutta la vita! Qualche volta si è sbagliato anche lui! Quando abbiamo letto insieme le lettere di Paolo, abbiamo riso qualche volta dell'Apostolo... dice a volte delle sciocchezze, eppure non si è stancato di cercare i valori di Gesù e le cose essenziali del Suo messaggio.
Io ho tentato, questo, di farlo, ma sono profondamente diverso da Paolo, mi manca la forza della sua personalità, la passione per andare in giro per il mondo ad annunziare il messaggio di Gesù dovunque. Lui voleva andare ai confini della terra - a quel tempo i confini della terra erano le "colonne d'Ercole", la Spagna - voleva arrivare fino lì preso dall'ansia di testimoniare a tutti il Signore che aveva scoperto.
Io sono un pover'uomo, ma la ricerca di Paolo della libertà, della verità essenziale del Vangelo mi è rimasta dentro per tutta la vita. Ho fatto come potevo! Forse voi avete altri ricordi degli apostoli, ma credo che questo sia l'essenziale: il rapporto che hanno avuto con Gesù, la ricerca di Lui, la passione per il bene, l'attenzione verso gli altri... diversi di carattere capaci, qualche volta, di litigare, ma poi di far pace, continuando ad essere testimoni di Gesù.
Credo che sia l'essenziale per ogni cristiano, ma non è una cosa del tutto facile.
Il Signore ci aiuti.
"...Venite a me, voi tutti, che siete XIV Domenica del tempo ordinario - 6 Luglio 2008
stanchi e oppressi ed io vi darò ristoro. Matteo 11, 25-30
...imparate da me, che sono mite e
umile di cuore..."
Se poteste girare in lungo e in largo il mondo religioso, su tutta la terra, e non penso soltanto alla nostra religione ma a tutte... se poteste, anche, andare indietro nel tempo, per vedere l'evoluzione delle tradizioni religiose trovereste sempre una costante: il senso di colpa.
Molti uomini religiosi mettono un carico, il peso della colpa sul cuore della gente e - badate - il senso di colpa è qualcosa di molto diverso dal senso del peccato, del male, dalla coscienza di aver sbagliato. Il senso di colpa è come un peso che ti opprime, che ti fa sentire sporco, incapace, che ti fa sentire giudicato, condannato, allontanato da Dio.
Lo trovate in tutte le religioni e, oggi, lo trovate anche al di fuori della religione... ma questo sarebbe un discorso molto lungo e complesso.
Nei tempi recenti gli studiosi hanno cominciato a indagare il senso di colpa, trovando che in certi casi diventa qualcosa di devastante, una vera e propria patologia. Voi, spero, siate liberi da queste patologie, ma un po' di senso di colpa, un po' della paura di Dio credo che molti di noi se la portino dentro.
Nella mia lunga vita di prete, ho incontrato tante, troppe volte, persone che avevano paura di Dio, che si sentivano giudicate, molti che pensano di non potersi rivolgere a Dio nella preghiera e si rivolgono alla Madonna, a qualche santo... ci hanno abituato così!
Fin da quando eravamo bambini ci dicevano: "Guarda che se dici una bugia fai piangere Gesù". Ci mostravano la croce, dicendo: "Vedi che hai fatto? E colpa tua se Gesù è ridotto così!". Molti cristiani sono cresciuti portandosi nel cuore sensi di colpa...
E non soltanto questo! Molti cristiani, ho trovato, che si ritenevano del tutto inadeguati a parlare di Dio e di cose religiose. Quando da bambini facevamo una domanda, ci rispondevano: "È un mistero!". Molti cristiani si sentivano e si sentono profondamente ignoranti, debbono pendere dalla "voce" di chi parla, di chi sa, di chi giudica...
Avete ascoltato le parole del Vangelo? C'erano anche allora i sensi di colpa e i maestri che "sanno tutto"… deve essere stato un momento magico nella vita dei discepoli quando hanno visto Gesù esclamare: "Ti rendo lode, Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli…" "Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro".
Il Vangelo è tutto così! I primi cristiani ne hanno fatto esperienza nell'incontro con Gesù! Si ritrovavano a tavola con i peccatori, gli altri brontolano... "Perché...?" ma Gesù stava con loro. Il medico va dai malati, non da quelli che si credono sani! Ha raccontato parabole straordinarie per toglierci dal cuore la paura di Dio.
Il Vangelo è tutto così! Fra poco Gesù spezzerà ancora il pane: "Prendete e mangiatene tutti" e forse, anche qui, c'è qualcuno... - ne ho incontrati tanti nella vita - che pensa "Tutti, ma io no!". "Perché no?". "Perché mi sento in colpa, perché non mi sento degno". Tutti significa tutti, soprattutto chi si sente in colpa, chi ha il cuore pesante: per questo è venuto Gesù!
E adesso una domanda: "Perché... perché nella Chiesa il Vangelo sembra non contare mai? Perché contano i filosofi, i sapienti, quelli che ti fanno sentire in colpa, quelli che ti giudicano...? Perché non conta l'esperienza di Gesù?
Io ho avuto quella che ritengo ancora una fortuna straordinaria... quando ero un giovane prete - son passati quasi cinquant'anni - mi ritrovavo, con un gruppo di ragazzi, per la prima volta ad aprire, a cercare di leggere il Vangelo e, dopo poche pagine, decidemmo insieme, quasi un giuramento, che per un anno non avremmo nominato più il nome di Dio, finché non avessimo riscoperto qualcosa di Lui attraverso Gesù.
È quello che avete ascoltato oggi! "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo". Troppa gente parla di Dio a prescindere da Gesù, quasi che Lui non fosse venuto! Quasi che Lui non ci avesse parlato, che non fosse venuto a condividere con noi il pane, non ci avesse invitato a mangiare, non ci avesse raccontato parabole straordinarie… pensate alla parabola del Padre misericordioso... il figlio che va via, torna a casa.... secondo tutte le religioni dovrebbe trovare il castigo, la colpa, il rimprovero…. trova la festa!
Questo è il Dio che Gesù è venuto a testimoniarci. E non significa certo, non ha mai significato per chi cerca di credere seriamente... "Allora posso fare quello che mi pare tanto il Signore mi perdona sempre!". Non c'è sciocchezza più grande! Il Signore viene per condividere con me i valori più alti e profondi, per camminarmi accanto, per mettermi la mano sulla spalla: "Coraggio, tu pensi di non farcela, provaci ancora! Prova ancora a camminare con me, prova a seguirmi sulle strade della gratuità, della libertà, dell'amore, della tenerezza, della vita!".
Troppa gente ci condanna in questo mondo, troppa gente ci dice che non capiamo niente, che siamo incapaci di giudicare, che non sappiamo che cosa è giusto e che cosa è sbagliato. Lui no! Lui non fa così! Lui ti dice: "Prendi e mangia… e impara da me che sono mite e umile di cuore".
È questo il volto di Dio che si è manifestato in Gesù di Nazareth! Per quello che ho capito io, non ce n'è un altro e, allora, posso concludere... con una preghiera... se c'è qualcuno di voi che si porta nel cuore un peso, un senso di colpa, che si sente escluso dall'Eucarestia, non sono io che lo dico, è Lui: "Vieni e mangia… prendete e mangiatene tutti". "Anch'io..?". "Sì, anche te!". Per te è venuto Gesù, per te, per me, per tutti noi, soprattutto per chi ha il cuore pesante, soprattutto per chi non si sente giusto, per camminare ancora, per camminare insieme, con coraggio verso la libertà, verso l'amore, verso la vita.
Non è semplice, ma per questo Gesù si fa pane e ci invita a mangiare
Il Signore ci aiuti
Ecco, il seminatore uscì a seminare… XV Domenica del tempo ordinario - 13 Luglio 2008
Matteo 13, 1-23
Quando ero giovane, e cominciavo a leggere il Vangelo, non avrei mai potuto immaginare che in una parabola fosse condensata una parte essenziale della storia dell'umanità, che ci fosse il fondamento della nostra speranza.
Quando si legge il Vangelo non bastano i libri del sapienti, ci vuole l'esperienza, gli incontri che fai, le persone che conosci, le avventure che ti capitano nel cammino, a volte faticoso, della tua vita.
Di cosa cerco di parlare? Vediamo se mi riesce di comunicarvi un po' della mia esperienza rispetto a questa parabola, che ritengo straordinaria.
C'è qui la vita di Gesù, Lui è venuto in mezzo a noi testimone di valori autentici, di libertà, di passione per la verità, di ricerca di Dio, testimone di gratuità, di servizio, di generosità; ma chi lo ha ascoltato? Tante parole come semi perduti tra i sassi, nella terra arida, soffocati dai rovi.
I sogni della Sua parola sembravano disperdersi tra gente indifferente, addirittura che lo rifiutava, lo calunniava; anche i Suoi discepoli, quelli che lo avevano accolto con entusiasmo, all'ultimo momento lo hanno abbandonato. È morto solo su una croce, non c'era più nessuno là intorno, sembrava un fallimento totale! Eppure, dopo duemila anni, siamo ancora qui riuniti nel Suo nome.
Ma quello che vale per Gesù, vale anche per tanti cristiani in questi duemila anni. Tanta gente, rifiutata, a volte perseguitata, a volte uccisa come Gesù, ha saputo seminare semi di giustizia e di bene.
Noi ne siamo gli eredi, raccogliamo i frutti di tanta gente.
Ma questo non vale soltanto per le parole del Vangelo, vale per tanti aspetti della vita. Pensate alla scienza, pensate a Galileo fu scomunicato, rinchiuso in prigione e costretto a ritrattare: aveva ragione lui! I semi delle sue intuizioni portano ancora frutto e ne porteranno ancora.
Pensate a Darwin, pensate a tanti altri scienziati che sono stati rifiutati nel loro tempo: le loro parole, le loro intuizioni, sembravano come un seme perduto tra i sassi, soffocato dai rovi.
Pensate alla medicina… sentivo ancora raccontare, nei giorni scorsi, la storia di un medico, ungherese se ricordo bene, che è stato accusato dalla università di Vienna perché sosteneva che bisognava lavarsi le mani, disinfettarle, prima di entrare in sala parto. Ha salvato decine e decine di donne, di bambini, eppure è stato cacciato. Oggi in tutti gli ospedali del mondo si seguono i suoi criteri.
Pensate, se volete, anche alla pittura: in tanti musei del mondo potete ammirare quadri che, mentre gli autori vivevano, erano del tutto misconosciuti e rischiavano di finire in una discarica ed oggi sono considerati dei capolavori.
Se volete pensare ai diritti dell'uomo, pensate alla schiavitù: era considerata normale ai tempi di Gesù. L'apostolo Paolo allo schiavo che fugge dice di tornare dal padrone.
C'è stata tanta gente che ha cercato di ribellarsi, di pensare che ogni uomo è una persona inviolabile e non può essere ridotto da nessuno in schiavitù. Molti sono stati condannati, rifiutati, anche dalla Chiesa ufficiale: avevano ragione loro!
Pensate ai primi movimenti del femminismo, sembravano alcune pazze che cercavano di proclamare l'uguaglianza tra l'uomo e la donna: avevano ragione loro!
Tanti semi che continuano a produrre frutto… ma questa è la storia, la grande storia che leggete sui libri. C'è una storia privata, quotidiana: quante mamme, quanti papà, quanti insegnanti, quanti professori, quanti catechisti, ho trovato scoraggiati: "Parliamo, parliamo e sembra che nessuno ci ascolti". Poi magari, dopo anni, incontravano qualcuno che diceva: "Mi ricordo di lei, mi ha lasciato qualcosa dentro".
Quel seme seminato da genitori, da nonni, da catechisti, da insegnanti, ha portato qualche frutto: è la radice della nostra speranza, della mia, della vostra speranza.
Qualcuno di voi può dire che c'è anche chi semina semi sbagliati; l'antico proverbio diceva: "chi semina vento raccoglie tempesta", è vero! Potremmo fare elenchi lunghissimi, anche molto attuali, lasciamoli da parte.
Il compito di un credente, il compito di un uomo, è quello di cercare di seminare i semi giusti… a volte non è semplice. Ma quando ci metti passione, quando cerchi di comunicare quello che ti sembra veramente importante, allora questa parabola ti dice che puoi conservare la fiducia che i frutti, quei frutti che magari non vedi, un giorno verranno.
Qualcuno di voi ne ha fatto esperienza vedendo, che so, un proprio alunno, un proprio figlio, un proprio nipote, crescere e mostrare che, al di là della scorza, qualcosa di essenziale gli era rimasto dentro, qualcosa che voi avete, con semplicità, saputo testimoniare.
In questa parabola c'è la parte migliore della storia dell'umanità.
C'è la radice della nostra speranza, la mia, la vostra che, forse più di me, avete saputo testimoniare, a chi vi sta accanto, i valori essenziali della vita, anche se vi sembra che i vostri semi siano andati dispersi, abbiate fiducia: i semi autentici portano, faticosamente, frutto nel lento cammino della storia degli uomini.
Il Signore ci aiuti.
"I servi gli dissero: Vuoi dunque che XVI Domenica del tempo ordinario - 20 Luglio 2008
andiamo a raccoglierla? No, rispose, Matteo 13, 24-30
perché non succeda che con essa
sradichiate anche il grano".
Domenica scorsa - qualcuno di voi lo ricorderà - citavo l'antico proverbio: "Chi semina vento raccoglie tempesta" poi vi invitavo a non preoccuparvi dei semi cattivi, di chi semina vento, ma a pensare ai semi buoni che portano frutto, magari dopo tanto tempo; frutti che noi ancora stiamo raccogliendo.
Ma oggi non è così! Oggi dobbiamo occuparci dei semi cattivi... c'è "zizzania" nel campo, c'è tanto male nel mondo e allora che fare?
La parabola sembra suggerire: non vi preoccupate, lasciate fare al buon Dio: alla fine del mondo separerà i buoni dai cattivi, brucerà i cattivi e farà risplendere i buoni.
È possibile? È possibile nel concreto della vita? Se in una famiglia il papà e la mamma non cercano di vedere se il figlio sta prendendo strade sbagliate, se ha comportamenti che sciupano la sua vita e quella degli altri, e non se ne preoccupano, dicendo: "Ci penserà il buon Dio..." Voi cosa pensate? Pensate che siano dei delinquenti!
Se in una classe di scuola l'insegnante si accorge che c'è qualcosa che non va, che ci sono dei comportamenti aggressivi, nocivi per il bene della classe e non fa niente... voi dite che non fa il suo dovere!
Se nella città chi si occupa dell'ordine pubblico non si preoccupa dei furti, delle rapine, della violenza, dello sciupio del territorio... voi dite che va cambiato!
Se lo stato non si preoccupa di combattere il male, la delinquenza, la mafia, la camorra... voi dite che è uno stato inefficiente!
Non possiamo aspettare che faccia tutto il buon Dio… e allora che ne facciamo di questa parabola? La buttiamo via? Gesù ci piglia in giro quando dice di lasciar crescere la zizzania insieme al grano?
Quando ero giovane... e un po' intollerante come tutti i giovani, dicevo che la Chiesa deve recuperare il coraggio della scomunica, il grido contro il male. Un mio amico spagnolo - un uomo saggio che studiava la storia - m'ha detto: "Ricordati, Checco, hanno sempre scomunicato quelli sbagliati!". È proprio così!
Se leggete la storia, spesso, le autorità della Chiesa se la son presa con quelli sbagliati. Pensate a Giordano Bruno. Vi ho consigliato tante volte - spero che l'abbiate fatto tutti una decina di volte e se qualche sciagurato non l'ha fatto ancora, vada a Campo de Fiori... sono tra i posti più belli di Roma... piazza Farnese, palazzo della Cancelleria, piazza Navona e, dopo aver visto tutte le bellezze che ci sono... non dico levatevi il cappello perché non lo porta più nessuno ma, insomma, un inchino di fronte a Giordano Bruno, fatelo! E come Giordano Bruno, Galilei e come Galilei tanti dissidenti, tanta gente che nella Chiesa sono stati scomunicati… e avevano ragione loro!
Ma non soltanto nella Chiesa! Molte volte, nella storia, i potenti se la son presa con i più deboli. Quante streghe sono state bruciate soltanto perché erano donne che cercavano in qualche modo di emergere... quanti omosessuali, quanti zingari... quanti misfatti in nome... in nome di cosa?
Sembrava a molti una difesa dell'autorità, della giustizia, del bene ed era soltanto intolleranza! L'intolleranza nasce quasi sempre dalla paura. La paura di perdere il proprio prestigio, la propria autorità, la propria identità, le proprie sicurezze, le proprie idee, il proprio spazio vitale… La paura genera intolleranza e l'intolleranza genera mostri e troppo spesso sono i più deboli, i piccoli a pagare… ci sono tanti di episodi nella storia.
Ha portato ai campi di concentramento, allo sterminio di popoli interi, alla discriminazione verso i diversi di ogni genere… è dell'intolleranza che parla questa parabola!
"Rischiate di strappare insieme alla zizzania il grano buono" e non è un pericolo remoto; è successo tante volte e succede ancora! L'intolleranza, lo ripeto, nasce dalla paura e - per quel che ho capito io - la paura è il contrario della fede!
E non pensate soltanto ai grandi fatti della storia, perché queste cose le ho viste all'interno delle famiglie… perché, spesso, i padri, le madri preoccupati di guidare i figli sulla strada giusta hanno combattuto le loro tendenze migliori. Quanti ragazzi ho visto tribolare perché il padre e la madre, a volte con severità eccessiva dicevano: "Questo no, quest'altro no, questo non si può fare..." e quel figlio rivendicava soltanto la propria identità, la propria libertà, il proprio cammino... è cosa che ci riguarda tutti!
Dov'è il confine tra la nostra doverosa lotta contro il male... perché ciascuno deve farlo a casa, nella scuola, nel posto di lavoro, nella città in cui viviamo... dov'è il confine con l'intolleranza?
Forse una traccia potete trovarla: l'intollerante se la prende sempre con il debole, con l'ultimo; si arriva a prendersela con i bambini. È un segno terribile della paura dell'uomo.
Ma allora, qualcuno di voi potrebbe chiedermi: "Come possiamo fare? Come troviamo la differenza tra il dovere di difenderci dal male e l'intolleranza?".
Non potete, non potete chiederlo a me! E non potete chiederlo ai preti, spesso vivono lontano dalla realtà, non sono capaci di ascoltare il prossimo, vivono in mondo di idee astratte, di ideologie! Le risposte le dovete cercare nella vostra vita, nel concreto del vostro vivere, guardando negli occhi chi vi sta accanto, i vostri figli, i vostri nipoti... è lì che ciascuno di voi, con tutta la passione del proprio cuore, può cercare di discernere quella linea sottile che divide il coraggio di combattere il male dall'intolleranza.
Non ci sono soluzioni a buon mercato. Nessuno vi può dire cosa dovete fare: è il compito di ciascuno di noi… per farlo ci vuole un tesoro nel cuore, ma questo ce lo dirà il Vangelo domenica prossima e, quindi, ne parleremo.
Il Signore ci aiuti.
Il regno dei cieli:.. "un tesoro nascosto... XVII Domenica del tempo ordinario - 27 Luglio 2008
una perla di grande valore... " Matteo 13, 44-52
"Avete compreso tutte queste cose?". Questi incoscienti dei discepoli rispondono: "Sì!". Io dico: "Boh?! Forse, chissà… qualche traccia!". Siamo alla fine del lungo capitolo, il tredicesimo, che nel Vangelo di Matteo è dedicato alle parabole; ne abbiamo ascoltate nelle domeniche precedenti e, se ricordate, ci ponevamo domande serie, fondamentali per la vita…
Come si fa a capire quali sono i semi buoni da seminare? Dove trovare il coraggio di seminare i semi giusti, quelli che, magari dopo anni, portano frutto?
E, domenica scorsa, la parabola ci poneva un'altra domanda: come si può, nella vita concreta, di ogni giorno, distinguere quella linea sottile che separa il dovere di combattere il male dall'intolleranza? Domande serie, fondamentali.
Oggi un tentativo di risposta... ma non è facile capire tutto! Cosa ci dice oggi il Vangelo? Per rispondere a quelle domande ci vuole un "tesoro" nel cuore, una "perla" preziosa dentro... Il Vangelo insiste su questo tema con tante immagini, molte le conoscete. La "luce" che illumina quelli che stanno intorno; i "ciechi" che acquistano la vista; il "sale" che dà senso e sapore alla vita; il "Soffio" che ti guida; il "fuoco" che ti scalda dentro... tante immagini per ripetere sempre lo stesso concetto.
Non servono i premi e i castighi, le minacce, le regole, le proibizioni. Ciò che importa, per il credente, è avere dentro qualcosa... qualche cosa in cui credere, per cui si è disposti a giocarsi l'esistenza, qualche cosa che dà un senso alla sua vita.
Don Milani - uno dei profeti del nostro tempo - lo aveva capito. Sulla parete della sua scuola era scritto a grandi lettere: "I CARE", mi sta a cuore, c'è qualcosa che mi preme! E se c'è qualcosa di importante, che mi preme veramente, allora, forse, troverò le soluzioni!
E quale indicazione il Vangelo ci dà su questo "qualcosa" che dobbiamo avere dentro e che ci stia a cuore? È, forse, qualcosa di religioso? È, forse, la fede in Dio? Per quello che ho capito io, quello che ci deve premere dentro è l'uomo!
Ogni uomo, il più piccolo degli uomini, è "lui" l'unica cosa sacra sulla terra! A lui non possiamo preferire niente; non possiamo preferire il denaro, i soldi... e questo è quasi scontato. C'è nel Vangelo di Marco quello straordinario racconto che, forse, pochi conoscono e che finisce con i duemila maiali che si precipitano nel lago… gli abitanti vengono e si trovano davanti l'uomo completamente risanato, ma hanno paura e scelgono i maiali...
Scelgono i soldi, il denaro... non si può! Bisogna crederci fino in fondo, nell'uomo! Ma non sono soltanto i soldi: questo lo sappiamo, è quasi banale! All'uomo non si può preferire nulla! Non c'è ideologia, non c'è Stato, non c'è partito, non c'è Chiesa, non c'è religione, non c'è nemmeno Dio! Perché, come dice chi è saggio nella fede, "La gloria di Dio è l'uomo vivente". Nel momento in cui sono capace di rispettare l'uomo, di promuovere la sua vita... ho onorato Dio; lì, io, ho seminato il seme giusto!
Avere un tesoro dentro, avere un qualcosa che ci preme, avere dei valori, anzi, il valore: "l'uomo"! La frase fondamentale del Vangelo - almeno per quello che ho capito io - è: "Non è l'uomo fatto per il sabato, ma il sabato è fatto per l'uomo" e "sabato" è tutto ciò che è regola, legge, tradizione, che è Chiesa, Religione, autorità, principio: l'uomo è l'unica cosa sacra!
Ma non è semplice! Cosa posso fare, io, di concreto anche se tento di credere nell'uomo? Le difficoltà sono grandi... non è a buon mercato il cammino del credente. Cosa posso fare di fronte al dramma della sofferenza degli uomini? Abbiamo, anche in questi giorni, sui giornali, alla televisione, discussioni e discussioni e ci tocca ascoltare... - anche stamattina - notizie terribili: bambini morti di fame e di sete buttati in mare come roba vecchia!
Possiamo sopportare questo? No! Ma cosa fare di concreto? Cosa posso fare io, cosa potete fare voi? Qualcuno fa un'adozione a distanza, qualcuno partecipa a una manifestazione, qualcuno cerca di pensare... ma il male del mondo è troppo vasto. Cosa fare di concreto? Non posso darvi risposte, perché non ce ne sono a buon mercato.
E c'è un avviso che il Vangelo di oggi ci mette davanti: "Se hai un tesoro nel cuore e vuoi tentare di dare un senso alla tua vita, ricordati che il mare è pieno di pesci di ogni genere". La terra è piena di persone di ogni genere, di gente buona, di gente cattiva, di gente che non si interessa granché, di gente che pensa solo al potere, a divertirsi, alle cose... e allora io, povero cristiano sprovveduto, cosa posso fare?
Conservare la speranza, conservare nel cuore il "tesoro", la "perla"... Lo so che non è a buon mercato, ma non c'è altra strada per essere uomini, continuare a crederci, a crederci con tutta la passione del nostro cuore; cercare di conservare dentro di noi quella perla preziosa per cui la vita val la pena di essere vissuta… Non è semplice, lo sapete meglio di me.
Il Signore ci aiuti
"Se qualcuno vuole venire dietro XXII Domenica del tempo ordinario - 31 Agosto 2008
me, rinneghi se stesso, prenda la Matteo 16, 21-27
sua croce e mi segua".
Si può amare la croce? Si può amare la sofferenza e il dolore? A questa domanda molti cristiani anche oggi - alcuni ne conosco anch'io - rispondono tranquillamente di sì! Si può amare la croce perché è imitazione di Gesù, è far rivivere in noi le sofferenze del Cristo!
Quando ero ragazzo, ascoltavo questi discorsi con un po' di perplessità, perché ho sempre avuto paura della sofferenza e del dolore, ma sentivo raccontare storie di personaggi che mi venivano presentati come santi straordinari, i quali si flagellavano, si mettevano il cilicio, facevano grandi penitenze; alcuni avevano, addirittura, nel loro corpo le stimmate di Gesù e portavano la Sua sofferenza e venivano onorati e venerati… tutto questo, destava in me un certo senso di ammirazione.
Poi, crescendo, mi sembra di aver capito. Questa è una delle solite storie dell'umanità: è il masochismo! Masochismo che affligge tanta parte degli uomini. Molti amano soffrire, sembrano godere nella sofferenza, crogiolarcisi dentro. Molti uomini ritengono, addirittura, che la sofferenza sia gradita a Dio: è il masochismo a cui, spesso, si unisce una forma di sadismo particolarmente perverso.
Se ricordate la storia - e non pensate alla storia di gente lontana, pensate alla nostra storia di cattolici - sapete che a molte persone, donne, streghe, eretici... sono state inflitte terribili sofferenze, perché si pensava che così espiassero i loro peccati e potessero purificare la loro anima.
La sofferenza come strumento di purificazione e di salvezza non è altro che una forma di sadismo che troviamo in tanta parte della storia dell'umanità, anche al di fuori del mondo religioso: masochismo, sadismo, cose terribili!
Si può accettare di perdere la vita per una causa? Se questo significa che io posso convincere, promettendogli un premio in un'altra vita, un giovane a imbottirsi di tritolo e farsi esplodere in mezzo alla gente, voi capite che è qualche cosa di assurdo...
Storie terribili! E non pensate soltanto a oggi, alla storia dei mussulmani, di certe regioni dell'Islam (poche regioni, il mondo mussulmano è vasto)... pensate alla nostra storia, alla storia delle Crociate, alla storia della devastazione dell'America del nord e del sud, dove tanta gente ha creduto di sacrificarsi per la gloria di Dio.
Ma, allora, qualcuno dirà: "Che ne facciamo di questa pagina del Vangelo in cui Pietro e tutti noi siamo invitati a prendere su la nostra croce?".
Qual è il problema di Pietro che si ribella all'idea che Gesù finisca su una croce? Non si tratta di amore della sofferenza! Pietro, come me e... - non so se posso coinvolgervi - come voi, non accetta la sofferenza, ne ha paura e, quindi, spera che Dio venga a porvi rimedio. Pietro, in fondo, anche se è avanti con gli anni, è un adolescente, si porta dietro la volontà di onnipotenza e siccome lui non può, pensa che Dio sia onnipotente e che, quindi, venga a togliere il dolore e la sofferenza dalla vita di chi crede, di chi si comporta bene.
Ma la vita non è così! La vita non è come noi vorremmo che fosse, come noi la sogniamo. La sofferenza fa parte della vita in maniera, a volte, crudele. Fa parte della vita la morte, il tumore, la malattia, il dolore, e noi abbiamo il compito di combattere tutto questo con tutta la forza e la passione del nostro cuore e della nostra intelligenza. Non possiamo amare la sofferenza, la dobbiamo combattere con tutte le nostre possibilità. Ma c'è! C'è! Non ci sono scorciatoie! Sarebbe troppo semplice dire: "Vado al santuario, faccio la mia offerta e il Signore mi protegge!". Tante persone si sono illuse e poi hanno fatto la dura esperienza della sofferenza e del dolore difficile, a volte, impossibile da accettare!
E non è soltanto questo il "prendere la croce", perché se in questo mondo uno vuol essere onesto fino in fondo, pensate alle cose più semplici... se uno va a lavorare in un ufficio... soprattutto, mi dicono quelli che hanno fatto esperienza, in un ufficio pubblico e vuol lavorare onestamente si sente prendere in giro, si sente dire: "Tu sei scemo, fa come fanno tutti, cerca di fregartene almeno un po', chi te lo fa fare...". Questo succede anche nella scuola per molti insegnanti e se uno fare il suo dovere fino in fondo, a volte - ne ho conosciuti alcuni - si trova solo, guardato con sospetto. Dovrebbe ricevere l'applauso, il consenso di tutti e, invece, incontra il sorriso ironico, qualche volta, l'ostacolo: questa è la croce vera!
E ci sono situazioni più drammatiche... ci sono tanti giudici che, in questo paese, hanno perso la vita per combattere la mafia, per cercare di fare giustizia… questo ha senso!
Dire che Dio ama il dolore e la sofferenza è una follia, di più, - secondo me - è una bestemmia! Dio ama la vita, il piacere, la gioia, ma non è il tappabuchi che risolve i problemi del nostro vivere, del nostro esistere. La vita, un adolescente, sogna che sia secondo i suoi desideri e i suoi sogni. Un adulto ha accettato la vita per quello che è e, dentro questa vita perché un'altra non c'è, non accetta scorciatoie, non pensa che la religione sia la soluzione dei problemi, è quello che pensa Pietro: "Gesù è il Messia, è l'Inviato di Dio e non può certo finire su una croce: questo non ti accadrà mai! ".
E Gesù gli dice: "Tu non pensi come Dio ma come gli uomini". Pietro sogna, non ha capito ancora che cos'è la vita. Gesù, deve essere fedele fino in fondo perché ci crede sul serio, anche se dovrà finire su una croce, crede nella giustizia, nella libertà, nell'amore, nella donazione, nel servizio e vuole essere fedele, costi quel che costi, non perché ama la sofferenza e il dolore: non è un pazzo, un masochista... è uno che crede nella vita, nei suoi valori e sa accettare questo mondo così com'è e a questo mondo vuole rimanere fedele.
Molti lo hanno fatto, lo hanno fatto persone semplici, gente di tutti i giorni... mio padre, mia madre... non pensate ai santi che hanno le stimmate... sono sogni, servono troppo spesso a imbonire il popolo e a far soldi… sono scemenze, è esaltazione del masochismo a cui - ricordatevi sempre - è collegato il sadismo, la violenza sugli uomini, su altri uomini! La vita è una cosa seria, non ammette scorciatoie e, tanto meno, scorciatoie religiose.
La vita va presa per quello che è... c'è il dolore, la sofferenza... qualche volta è inevitabile non possiamo non accettarlo, pur combattendolo con tutte le nostre forze. Il compito del credente - ma di ogni uomo - è quello di moltiplicare la vita, la giustizia, la tenerezza, il piacere, la gioia… lo fa, cerca di farlo, anche quando è difficile e costa rinunce e sacrifici, a volte, anche totali… solo questo può significare "prendere la croce".
Il Signore ci aiuti.
"Tutto quello che legherete sulla XXIII Domenica del tempo ordinario - 7 Settembre 2008
terra sarà legato in cielo, e tutto Matteo 18, 15-20 - Ezechiele 33, 1. 7-9
quello che scioglierete sulla terra
sarà sciolto in cielo"
Vorrei tentare, stamattina, di rispondere a una domanda che ho sentito ripetere decine, forse, centinaia di volte su questa pagina del Vangelo. Vedete, in questa pagina ci sono delle parole che, all'apparenza, sembrano semplici: "Se un tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo tra te e lui solo… se non te ascolterà prendi con te una o due persone…eccetera".
E ci sono, invece, delle parole enigmatiche o almeno che risultano tali a molte persone e io ho ascoltato tante domande su queste parole. Quali sono?: "Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo". Forse anche qualcuno di voi ha fatto domande su queste enigmatiche parole!
Di cosa si parla? A chi si riferiscono? Cosa significano? Tento, stamattina, di darvi una probabile risposta o, almeno, quello che penso io, certezze non ce ne sono, tutto ha una certa probabilità.
Quando ero un giovane prete... - ormai si parla di quasi cinquant'anni fa - a chi mi faceva questa domanda, rispondevo: "Mah, qui, probabilmente... - vedete, già allora avevo imparato a rispondere "probabilmente" - ci si riferisce alla Confessione, al potere affidato ai sacerdoti di assolvere o non assolvere, al potere che hanno il papa i vescovi, di sciogliere, di legare… pensate ai peccati, al matrimonio, eccetera".
Poi, andando avanti, leggendo libri, riflettendo, ascoltando persone, mi sono accorto che, probabilmente, dicevo sciocchezze! Perché? Perché, vedete, qui e nelle pagine precedenti ci sono parole rivolte ai discepoli e si pensa che riguardino tutti quelli che si ritengono discepoli di Gesù.
E, allora, la domanda è: Perché certe parole, ad esempio "portare la croce", riguardano tutti ed altre parole, che sembrano parlare di un potere dato agli uomini sulla terra, riguardano soltanto qualcuno? Non sarà che "qualcuno" vuole appropriarsi di un potere che, forse, non gli compete?
Ecco, allora, una probabile interpretazione di queste parole... non è tanto che a qualcuno sulla terra è affidato un potere che trova rispondenza in cielo, ma è, probabilmente, il contrario: il cielo non ha potere su certe faccende della terra.
Mi spiego meglio... vedete, nella prima parte abbiamo letto: "Se tuo fratello ti offende mettiti d'accordo con lui, se non riesci chiama due o tre persone, se non ascolta nemmeno loro dillo a tutta l'assemblea (un tempo si poteva fare) se non ascolta nessuno… la conclusione potrebbe essere: raccomandati al Padreterno...". No! O ci riuscite voi o il Padreterno non può! Quello che voi legate qui sarà legato in cielo, quello che voi non riuscite a sciogliere non sarà sciolto nemmeno là... insomma il Padreterno non può! O fate voi o non c'è niente da fare!
Non si tratta di un potere dato agli uomini, ma dell'affermazione che in cielo non c'è potere per le faccende degli uomini; cioè, o ve le risolvete da soli oppure non ve le risolve nessuno. Vi faccio, per spiegarmi meglio, un altro esempio, sempre "probabile", perché le verità assolute non ci sono... ciascuno di voi cerchi di pensare con la propria testa.
Quando ero ragazzo... - ma non è successo solo a me, forse, anche a molti di voi - ci si andava a confessare spesso, ci dicevano: almeno una volta a settimana prima di far la Comunione… se andavo dal sacerdote e dicevo: "Ho litigato con il mio amico". In genere mi chiedeva: "Qualche parolaccia, pensieri cattivi, disubbidito ai genitori?". "No, questa settimana ho solo litigato con il compagno". "Tre Ave Maria… io ti assolvo dai tuoi peccati...".
Che è successo là? Se col compagno non ho fatto pace, il sacerdote può dirmi trecento volte: io ti assolvo... ma io col compagno non ho fatto pace. Se non sciolgo io il problema con l'amico, il Padreterno non lo scioglie e quindi le parole che il sacerdote poteva ripetere anche trecento volte erano inutili. Se io col compagno, invece, avevo fatto pace erano inutili lo stesso, perché io avevo "sciolto" il problema ed era "sciolto" anche in cielo.
Ecco, vedete, quando si interpreta il Vangelo bisogna fare attenzione perché dietro l'interpretazione, a volte, c'è l'accaparrarsi un potere da parte di qualcuno e non la ricerca di un dovere, di una esigenza, di una responsabilità del credente… quella di essere attento a quello che accade.
Nella prima lettura Ezechiele ci ha detto una cosa che qualcuno nel corso della storia ha ritenuto fondamentale: "Io ti ho posto come sentinella"… per capire quello che succede, per essere capace di parlare al "malvagio"...
Il dramma del secolo scorso, per la Chiesa e il mondo, è che son mancate le "sentinelle", cioè quelli che stanno sulle mura... e scrutano lontano se viene il nemico perché, quando il nemico è arrivato dentro le mura, c'è più poco da fare.
In Italia, in Germania di fronte alle grandi tragedie son mancate le sentinelle, cioè quelli capaci di guardare lontano, di chiedersi: "Che sta succedendo?''. Quando si è scatenata la guerra, quando c'erano i campi di concentramento, quando milioni di persone morivano non c'era, probabilmente, più molto da fare, ma prima quando cominciava l'odio razziale, quando si pubblicavano le leggi razziali, là ci volevano le "sentinelle", occorreva che il papa, i vescovi, i preti, gli intellettuali, i cristiani in genere, fossero capaci di guardare lontano e non si limitassero a dire: "Signore, fa che le cose vadano bene!". No, ci vogliono le "sentinelle"! E speriamo che ci siano nel secolo presente… perché se non risolviamo noi i problemi, se non ci accorgiamo, noi, della pericolosità di certi atteggiamenti; di certe regole, di certe leggi, di quello che non va… il Padreterno non interviene.
Non ci manda angeli a dirci: "Guardate... le cose si mettono male". O noi sciogliamo e leghiamo e allora si scioglie e si lega in cielo oppure... insomma nella vita, a noi è affidato un compito, una responsabilità, non un potere… e Dio sta a guardare.
Qual è il nostro impegno, la nostra passione, la nostra capacità di accorgerci quando le cose cominciano a non funzionare? Non si tratta di Confessare, di sciogliere o non sciogliere un matrimonio, si tratta di capire cosa succede, dov'è il male, cos'è che corrompe la vita.
La "sentinella" sa vedere, si accorge e alza la voce e se non l'alza, come dice l'antica parola del Profeta: "A lui sarà chiesto conto...!". Doveva fare la sentinella! Non possiamo chiedere conto a Dio. Dio ha affidato a noi il mondo... è la nostra grandezza, la nostra responsabilità, la nostra libertà, ma non è facile…
Il Signore ci aiuti,
Dio ha tanto amato il mondo ESALTAZIONE della SANTA CROCE - 14 Settembre 2008
da dare il Figlio unigenito. Giovanni 3, 13-17
Come vedete dal colore del mio abito, dal foglietto che avete tra le mani, oggi, interrompiamo il corso delle domeniche normali per celebrare una festa un po' particolare, quella "dell'esaltazione della Croce". Che senso ha questa festa? Come si è arrivati a questa celebrazione? Come si è arrivati a fare della croce il simbolo più importante della nostra fede?
Come potete facilmente immaginare, la storia di questo cammino è estremamente complessa e lunga. Sono stati scritti centinaia, migliaia di libri e solo per percorrere questa storia a volo d'uccello ci vorrebbero ore e io ho soltanto qualche minuto. Tenterei - se mi riesce - di farvi intuire qualcosa che, forse, è importante per il nostro credere.
Allora, se volete, provate a ritornare indietro nel tempo per fermarvi, un momento, di fronte a quello spettacolo... non è una statua come l'abbiamo qui, ma una scena terribile: un Uomo inchiodato sulla croce… una sofferenza inaudita, lo strazio della carne, l'urlo disperato, uno dei supplizi più terribili che la storia dell'umanità conosca.
Ora provate a guardare gli occhi dei discepoli… guardano da lontano, sono fuggiti, hanno paura. Che sentimenti passavano nei loro cuori in quel momento? Certo un dolore lancinante: vedere un amico morire così! Forse sentimenti di disperazione, forse di illusioni che cadevano: avevano seguito Lui che credevano l'Inviato di Dio, il Messia. Forse pensavano, addirittura, che potesse restaurare la gloria del regno di Israele... vederlo finire così è sentire cadere dal proprio cuore ogni speranza. Forse in loro c'è anche una grande rabbia, un desiderio forte di vendetta.
Non pensate facilmente che la vendetta non può albergare nel cuore di un discepolo di Gesù! Il desiderio di vendicarsi di quella morte ha attraversato la storia e ha causato sofferenze terribili all'umanità... ma questa sarebbe un'altra storia, anche questa molto lunga e dolorosa.
Tornate lì... guardate questi discepoli disperati... poi pian piano nel loro cuore si fa strada l'idea che Gesù non è morto, che non può morire, non possono morire i Suoi valori, i sogni del Suo cuore… fanno esperienza della Risurrezione, Gesù è vivo… e corrono per il mondo ad annunziare il Suo messaggio... sentono che non può finire il loro incontro con Lui, che la vicenda di Gesù sulla terra ha bisogno di essere continuata, testimoniata, proclamata da qualcuno che ha il coraggio di prendere in mano il suo testimone, di conservare nel cuore i Suoi valori e i Suoi sogni... e il messaggio di Lui si diffonde con una rapidità incredibile.
Ma qualcuno non accetta! E difficile per molta gente, soprattutto, nel mondo greco-romano credere in un Dio crocifisso!
Ed ecco, allora, che si fa strada la domanda, una domanda che ho sentito ripetere tantissime volte, che, forse, è anche la vostra: "Perché? Perché Dio lo ha permesso?" Poi questa domanda si fa più forte: "Perché Dio lo ha voluto?".
I primi discepoli hanno, dalla tradizione ebraica, delle immagini... una ne avete ascoltata nella prima lettura, quella del "serpente di bronzo" che viene innalzato e porta salvezza... hanno un'altra immagine, forse, più forte: quella del "capro espiatorio", dell'agnello sacrificale. Nel giorno del Kippur il sommo sacerdote carica sulla testa del caprone tutti i peccati del popolo e lo manda a morire nel deserto. Ecco, sembra a questa gente di aver trovato la risposta!
C'è un piano... Dio vuole che sia scontato il peccato! Esige il sangue per la purificazione... per la salvezza dell'umanità esige il sacrificio… allora è il Figlio che si offre. Il Padre vuole che il Figlio sia sacrificato, come un agnello innocente sull'altare della croce! Ed ecco che la Croce diventa altare, vittima, sacrificio… (che viene ripetuto, qui, sull'altare) questa è la spiegazione che ha attraversato la storia! Ma è possibile crederci? Permettetemi di rendere omaggio a colui che è stato forse l'unico genio che ho incontrato nel mio cammino di studio per diventare prete... era un canadese: Bernard Lonergan si chiamava. Ci diceva cinquant'anni fa - lo ascoltavamo con sorpresa, perché sembrava rinnegare una tradizione antica - che non si può interpretare la morte di Cristo come un sacrificio offerto a Dio, ad un "moloc" che esige il sangue per il perdono. Che senso ha l'offerta sacrificale del Figlio di cui il Padre esige il sangue e la morte?
E - badate - dietro questa immagine c'è l'esaltazione del dolore; c'è il credere che a Dio sia gradita la sofferenza, c'è tutta quella storia terribile di masochismo che accompagna il cammino della Chiesa, a cui si unisce il sadismo perché, quella croce, ci condanna all'inferno se non siamo buoni, perché quel sangue sparso è anche la mia e la vostra condanna, perché siamo noi che abbiamo crocifisso il Signore..... E cosa c'è di più terribile di sentirsi responsabili di quella morte e, per non essere fedeli a quella morte, essere condannati ad una pena eterna?
Bernard Lonergan ci diceva: "Non è possibile! Non si può interpretare così la croce! ". E, allora, bisogna ritornare là, bisogna riguardare quella croce domandarsi di nuovo: "Perché?". Ma stavolta dovete fare uno sforzo - grandissimo per un credente - ma uno sforzo che vi raccomando con tutto il mio cuore: togliete di mezzo Dio! Togliete di mezzo un progetto divino, toglietelo di mezzo sempre, quando vi chiedete il perché di quello che accade!
Perché è morto? Allora farete considerazioni sulla violenza del potere, sul fatto che, spesso, gli uomini non sanno accettare la libertà, non sanno apprezzare chi vive d'amore, di generosità e di dono. E d'altra parte guardate quell'Uomo che muore... è Uno che ha avuto il coraggio di essere fedele fino in fondo, di credere e di amare.
Quella stessa domanda fatevela di fronte al dramma del mondo perché, anche oggi, c'è gente che muore, ci sono bambini che muoiono… non domandatevi: perché Dio lo permette? La domanda è: perché, noi, lo permettiamo? Perché la storia degli uomini permette la violenza? Di chi è la responsabilità, cosa si può fare per essere fedeli, per amare fino in fondo?
Occorre avere il coraggio di fermarci con le domande alla nostra esperienza, a quello che succede, a quello che c'è nel nostro cuore, a quello che c'è intorno a noi, occorre cercare la radice della violenza… occorre chiederci come ciascuno di noi può trovare il coraggio della fedeltà, il coraggio di amare, di donare se stessi, di credere nella mano tesa, nella vita condivisa, nel bene fatto a chi ci sta accanto, il coraggio di combattere ogni forma di male… occorre chiederci come educare i nostri figli, fin da piccoli, all'orrore per ogni violenza.
Dio... un progetto che viene dall'alto, un progetto che ama la sofferenza e il dolore, un progetto che esige il sangue, non esiste! Non può esistere! Non possiamo credere in un Dio che esige sangue e dolore! Possiamo credere soltanto nel Dio del coraggio, della libertà, della bellezza, dell'amore... che chiede a noi... chiede a me, a tutti voi, di sradicare, per quanto è possibile, il male, la sofferenza, la violenza che c'è anche dentro di noi e che, qualche volta, produciamo intorno a noi.
Non è facile, ma è l'unica strada perché quella "croce" possa rimanere in mezzo a noi. In quella croce noi possiamo solo vedere il coraggio di chi ha saputo rimanere fedele e ha saputo amare fino in fondo… e la violenza dell'uomo: la violenza insensata, terribile che ha ucciso miliardi di uomini sulla faccia della terra, una violenza insopportabile, che non può trovare nessuna giustificazione in Dio! Occorre cercare la radice della violenza, trovare il coraggio di guardarci negli occhi e di domandarci, l'un l'altro: perché? E come possiamo andare oltre? E come possiamo trovare il coraggio, di essere come Gesù? Il coraggio di amare e di credere nella libertà e nella giustizia? Non è facile.
Il Signore ci aiuti.
"Così gli ultimi saranno primi XXV Domenica del tempo ordinario - 21 Settembre 2008
e i primi, ultimi" Matteo 20, 1-16
Questa parabola è una provocazione quasi insopportabile per i cristiani. E non è insopportabile soltanto per noi che viviamo nel 2008 e siamo cristiani un po' "all'acqua di rose", doveva essere insopportabile anche per i primi cristiani: abbiamo quattro Vangeli, ma questa parabola c'è in uno solo, la comunità di Matteo ha conservato, quasi miracolosamente, questa parabola, gli altri, evidentemente, la ritenevano insopportabile.
E io ho avuto conferma di questa insopportabilità: ho letto tante volte il Vangelo con la gente e sempre, arrivati a questa parabola, c'era qualcuno che brontolava: "Non è giusto! Il padrone non può fare quello che vuole! Gli ultimi non hanno diritto alla stessa paga dei primi!". Ed è inutile tentare di spiegare che, qui, non si tratta di un rapporto di lavoro... lavorare nella "vigna" è un simbolo del partecipare alla costruzione del Regno e... - se volete parole più semplici - è un simbolo di una vita fatta di giustizia, di amore, di tenerezza e in cui quello che conta è "lavorare": impegnarsi per il bene... non serve a niente! C'è sempre chi ripete: "Non è giusto...!".
Alla fine ho capito! Qui si tratta, veramente, di una provocazione: Gesù vuole spingerci "nell'oltre" di Dio, per noi, quasi insopportabile. Insopportabile perché tutto il nostro essere... ma non solo il nostro, l'essere della vita sulla terra è basato sulla ricerca del proprio interesse. Tutte le piante, tutti gli animali cercano di conquistare il proprio posto e quando hanno conquistato un posto lo difendono con tutte le forze.
Sarà capitato anche a voi di vedere, in qualche documentario sugli animali, le lotte feroci dei maschi per conquistare il proprio posto; il posto dove potranno incontrare più femmine. Chi ha conquistato un posto - vale per i mammiferi, vale per gli uccelli - lo difende con tutte le sue forze… e vale anche per gli uomini.
Sarà capitato anche a voi, di stare in fila - che so - alla posta e se qualcuno passa avanti, sono guai! L'ultimo... in fila! Come ti permetti di metterti per primo? Chi vuole passare avanti viene cacciato! Come è possibile che gli "ultimi diventino i primi"? I primi sono primi, se lo sono guadagnato!
In questa parabola si rivolta tutto! Qui si va contro la nostra natura e, quindi, ci ribelliamo! Andare oltre le leggi della natura, secondo quello che ci hanno insegnato, è compiere un miracolo! Ma è possibile compiere un miracolo? È possibile stravolgere le leggi della natura? È possibile andare contro il proprio interesse, è possibile vivere la gratuità? È possibile se sono in fila e viene una signora che non ce la fa a camminare che io gli ceda spazio? Sì, qualche volta è possibile, ma se capita due o tre volte, mi pesa un po'… ma la vita non è fatta solo di file alla posta… nei rapporti di ogni giorno, in famiglia, con gli amici, sul posto di lavoro, è possibile rinunciare al proprio interesse, ad affermare i propri diritti, ad una ricompensa se non proprio ad una paga, alla riconoscenza, almeno a sentirsi dire un grazie? Vivere la gratuità, la tenerezza, l'amore per l'amore, senza aspettarsi un premio, senza aspettarsi una ricompensa... questo è troppo per noi!
Questo è il "miracolo" a cui Dio ci chiama. Questo è "l'oltre" di Dio, è la gratuità nella vita di ogni giorno, ma è possibile viverlo? E cosa significa viverlo nei rapporti con gli altri? Cosa significa vivere la gratuità senza permettere a nessuno di pestarmi i piedi, senza permettere all'ingiustizia di dominare la vita che ci sta intorno?
Cos'è vivere la gratuità, il rispetto degli altri, la tenerezza, l'amore? Andare aldilà dei nostri bisogni, del nostro interesse, superare le nostre invidie, le nostre gelosie, superare la nostra natura… è compiere il "miracolo"! Quando la gratuità si fa spazio nella vita dell'uomo… allora c'è il vero miracolo!
Vorrei farvi anch'io, stamattina, una provocazione, ma è una provocazione e le provocazioni possono urtare più d'uno di voi, quindi, fate attenzione. Fate attenzione perché la vita è qualche cosa di estremamente complesso! È fatta di sentimenti, di emozioni, di bisogni, della necessità di qualcuno di avere una speranza, una maniglia a cui aggrapparsi nel momento della disperazione... tutto questo è vero! Però… in questi giorni, avrete sentito anche voi come me, tanti reportage, racconti... - anche perché c'è stata la visita del Papa - su Lourdes e si facevano dei bilanci…
Centocinquant'anni... sono stati accertati, in questi anni, circa un centinaio di miracoli... forse un po' meno o forse di più, ma non ha importanza. Mi chiedevo: se tutti i soldi che sono stati spesi per i viaggi a Lourdes, per costruire grandi chiese, un cripta sotterranea capace di contenere decine di migliaia di persone, se tutti questi soldi fossero stati spesi per curare malattie in Africa, in India o in America latina, quante persone sarebbero state guarite, liberate dalla morte? Forse non cento o centocinquanta, ma migliaia, forse, decine di migliaia, forse, milioni!
Allora, ricordandovi che questa è una provocazione e che c'è altro nella vita... ci sono i sentimenti, l'emozioni, il bisogno di una speranza in certi momenti di disperazione... posso darvi un consiglio: quando pensate al miracolo non pensate a qualche fatto straordinario che succede una volta ogni anno, ogni due anni, pensate alla vita di ogni giorno, perché il vero miracolo... - per quello che ho capito, ma non solo per quello che ho capito io, per quello che dice il Vangelo, per questa provocazione di Gesù - è la gratuità che entra nei nostri rapporti.
Quando siamo capaci di andare al di là del nostro interesse, di rinunciare a difendere il nostro primo posto, quando siamo capaci di tenerezza, di gratuità, quando siamo capaci di incontrarci senza aspettarci un contraccambio, di condividere la vita, quando siamo capaci di andare al di là della nostra natura: lì c'è il miracolo! Ed è il miracolo di tutti i giorni, è il miracolo che, secondo il Vangelo, siamo chiamati a fare tutti.
Gesù ci ripeterebbe, come diceva tanti anni fa in Palestina: "Se non fai miracoli che cristiano sei?" Ma il miracolo non è guarire un malato, questo lo fanno i medici. I medici hanno imparato a guarire i lebbrosi, i ciechi... i medici non hanno ancora imparato a portarci al di là dei nostri egoismi, delle nostre invidie... i medici non hanno imparato a farci vivere di gratuità, a farci andare oltre la nostra natura: questo è il miracolo!
Quando parlate di miracoli non pensate a qualche fatto straordinario, ripensate a questa parabola, alla provocazione di Gesù, a "l'oltre" a cui ci vuole portare: la gratuità nella vita di ogni giorno. Ma che significa? E poi è possibile?
Il Signore ci aiuti
"Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". XXVI Domenica del tempo ordinario - 28 Settembre 2008
Ed egli rispose: "Non ne ho voglia". Matteo 21, 28-32
Ma poi si pentì e vi andò.
Il Vangelo - come avete ascoltato - prosegue nelle sue provocazioni sempre più irritanti. Domenica scorsa... - qualcuno di voi lo ricorderà - ci diceva: "Gli ultimi saranno primi e i primi gli ultimi"; con un po' di buona volontà, se siamo pazienti, possiamo accettare che gli ultimi passino avanti, ma che ci passino avanti le prostitute e i delinquenti, questo è proprio troppo! Eppure...
Eppure quando si arriva a questa pagina del Vangelo, la gente non brontola come ha fatto con la parabola precedente, forse perché già vaccinati dalla prima provocazione, forse perché, qui, non si parla di paga ed il popolo cristiano è, sempre, molto sensibile ai soldi o, forse, perché qualcuno pensa che Gesù ci pigli in giro con un po' di ironia...
Ma, soprattutto, tutti si tranquillizzano quando si fa notare che questa parabola non è detta per noi, ma - come avete ascoltato - per "i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo", insomma per le autorità civili e religiose e, allora, tutti contenti: "Qui, il Signore, ce l'ha con qualcun altro!" Secondo la sensibilità delle persone, c'è chi pensa a qualche politico, chi a qualche capo religioso, insomma a qualcun altro... A "quelli" passano avanti le prostitute e i delinquenti, a noi no! Eppure...
Eppure è sempre molto pericoloso pensare che il Vangelo sia per altri e non per noi! A questo, purtroppo, in questo paese, siamo abituati... pensiamo che le colpe siano sempre degli altri. Non c'è giornalista, in questo paese, che non pensi che siano sempre gli altri i colpevoli, mai loro! Per non parlare dei politici o delle autorità religiose... la colpa è sempre degli altri, sempre del popolo cattivo, incompetente e sfaticato...
Eppure se non pensiamo che la provocazione della parabola di oggi riguardi un po' anche noi, rischiamo di perdere uno dei temi fondamentali del Vangelo, ripetuto tante volte; ed è un tema difficile, che riguarda da una parte noi e da una parte Dio.
Riguarda noi perché il Vangelo ci mette sull'avviso, quasi in ogni pagina, che sentirsi giusti e giudicare gli altri, rischia di metterci fuori dal Regno di Dio! Pensate - che so - alla parabola del "fariseo e del pubblicano". Il fariseo va al Tempio, si mette davanti e dice: "Signore ti ringrazio, io non sono come gli altri, ladri e delinquenti e nemmeno come quel pubblicano laggiù!". Pensate alla parabola della "trave e la pagliuzza nell'occhio". "Perché non guardi la trave nel tuo occhio e guardi la pagliuzza nell'occhio del fratello?". E ce ne sono tante altre...
Il rischio è che se ci sentiamo a posto perché - che so - veniamo in chiesa, perché diciamo le nostre preghiere, recitiamo i nostri rosari, perché ci sentiamo "giusti" davanti a Dio… noi siamo quelli che dicono: "Sì!", rischiamo che gli "altri" ci passino avanti! Sentirsi giusti, giudicare gli altri, questo, per il Vangelo, è una cosa seria!
Ma l'altro aspetto che questa parabola ci mette davanti, forse è ancora più importante: riguarda Dio! Dio, secondo il Vangelo, non ama la delinquenza e la prostituzione, ma gli uomini sì, con tutta la passione del Suo cuore! E Lui non si stanca di pensare che l'uomo possa cambiare e convertirsi. Un uomo non è mai definitivamente cattivo, secondo Dio. Un uomo ha sempre una speranza di poter cambiare...
Colui che dice: "No, non ci vado!", può pentirsi e lavorare… Dio ha fiducia negli uomini, ci crede... crede che la pecora che si è perduta possa essere riportata nel gregge. Crede che il figlio che è andato via di casa possa tornare e se torna si fa festa per lui. Dio crede nell'uomo, in ogni uomo… e noi ci crediamo?
L'altro ieri mi trovavo a parlare con un'amica, che è più buona di me; fa tutto un altro mestiere, è un medico; non viene mai in chiesa, dice di non essere credente, ma è infinitamente più buona di me. Si parlava di un libro e diceva: "Non mi è piaciuto perché credo che non c'è mai un uomo che sia totalmente cattivo, bisogna sempre dargli fiducia di poter cambiare". Gli dicevo: "Queste cose le devo dire domenica in chiesa, ma non so se ci credo fino in fondo!". Ho concluso dicendo: "Con te bisogna che non parli più, sei troppo buona!" E voi siete come me, un po' cattivi? Avete anche voi qualche persona troppo buona con cui non volete parlare più? Insomma ci credete che Dio, alla gente, vuole bene sul serio? Che Lui spera che ogni uomo, qualunque uomo che vive sulla terra, possa cambiare?
Voi riuscite... - io non ci riesco - a non giudicare gli uomini? Voi... - per citare un libro che, forse, qualcuno di voi ha letto: "L'eleganza del riccio" - avete simpatia per quella bambina che giudica tutti con feroce severità? Voi siete, come me, degli "snob" che non sanno accettare chi non cammina sulla retta strada?
Siamo degli "snob"! Ma Dio non ci guarda con occhio troppo favorevole, Lui vuole bene anche a quelli che sbagliano e gli vuole bene con tutta la passione del Suo cuore e credo che senta "puzza di bruciato" per quelli che si sentono "buoni", per quelli che dicono sempre: "Sì".
Forse Dio sente un po' di "puzza di bruciato" per me… e per voi?
Il Signore ci aiuti.
"Quando verrà il padrone della vigna, XXVII Domenica del tempo ordinario - 5 Ottobre 2008
che cosa farà a quei contadini?". Matteo 21, 33-43
Cogliere in una pagina del Vangelo il peccato di chi lo ha scritto è, per molti cristiani, insopportabile, per alcuni, addirittura blasfemo. Non c'è lo Spirito Santo che garantisce il Vangelo? Non ci assicura la mancanza di errori e la verità di quello che leggiamo? Molti cristiani la pensano così! Eppure... eppure se leggete attentamente questa pagina trovate il peccato di chi lo ha scritto.
Perché - vedete - qui usano una antica parabola, che ogni ebreo conosceva e conosce bene... la parabola della "vigna", che abbiamo appena letto nella pagina del profeta Isaia. Questa parabola viene ora interpretata come una lettura della storia. Il padrone della vigna - è certamente Dio - ha mandato "i suoi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero… da ultimo mandò il proprio Figlio… lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero": è la storia! Ma non si ferma qui: "Cosa farà il padrone a quei contadini? Li farà morire miseramente!" Il Vangelo di Luca dice: li ucciderà senza pietà!
Il padrone della vigna è Dio e questi contadini uccisi senza pietà sono gli abitanti di Gerusalemme. Quando questa pagina viene scritta Gerusalemme è distrutta, il Tempio è solo rovine fumanti. Qui interpretano la distruzione di Gerusalemme come la vendetta di Dio nei confronti del Suo popolo, che ha ucciso il Suo Figlio, Gesù.
Come è possibile che persone che hanno scritto parabole come quella del "Padre misericordioso", che hanno colto sulla bocca di Gesù morente: "Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno", vedano nella distruzione di Gerusalemme - una tragedia immensa - la vendetta di Dio? Dio esige che il Suo Figlio sia vendicato nel sangue di tutti, compresi i bambini, le donne, gli inermi: è il desiderio di vendetta dei primi cristiani, la loro intolleranza, la loro rabbia... sono delle vittime anche loro. Sono dei poveracci che vengono ancora perseguitati e uccisi... lo sappiamo da quello che dice Paolo nelle sue lettere.
A quel tempo i primi cristiani erano fortunati, non avevano dei giornalisti imbecilli che gli mettevano il microfono davanti alla bocca, chiedendo: "Tu che sei un bravo cristiano, perdoni?" Loro non perdonano! Loro vedono un Dio che si vendica e fa strage! Ma per noi, questo, è il peccato! E dov'è lo Spirito Santo? Non è la "Parola" ispirata? Non abbiamo detto: "Parola del Signore?" e dov'è il Signore, qua?
Questo è il Vangelo, non ammette scorciatoie! Va letto, interpretato, e non basta interpretarlo occorre scegliere. Occorre scegliere quello che per noi è ancora valido e quello che è, soltanto, il desiderio di vendetta, il rancore, la rabbia dei primi cristiani. Il Vangelo va interpretato! Non solo, occorre scegliere con il coraggio di chi cerca, con passione, la giustizia e la verità.
Questo, almeno in parte, è scontato oggi, per la verità scientifica. Galileo è stato rimproverato perché diceva che non è il sole che gira intorno alla terra, ma viceversa, ed è finito in prigione per questo! Oggi siamo convinti che nella Bibbia non c'è una verità scientifica… ma c'è la verità morale? Nemmeno questo! Occorre scegliere! Occorre che, con tutta la passione del nostro cuore, cerchiamo di capire che cosa è giusto... perché non ce lo può dire nessuno, nemmeno il Vangelo. Ci vuole sincerità di cuore, ricerca appassionata e l'aiuto dei fratelli... nessuno ci garantisce!
E - badate - che se a Galilei è costato solo qualche mese di prigione ed altri hanno sofferto per le verità della scienza, l'accusa di deicidio a tutto un popolo, è costato sangue e dolore inenarrabile a milioni di persone, perché il popolo in astratto non esiste, esistono le persone che soffrono: bambini, donne, innocenti, uccisi soltanto perché erano parte del popolo che - secondo questa e altre pagine del Vangelo - è responsabile della morte di Gesù! Questa è la Bibbia e, se leggete l'Antico Testamento, trovate pagine ancora più terribili di questa.
Comincerà oggi, nel pomeriggio, la lettura ininterrotta della Bibbia... io, - ma è una opinione mia personale - considero questo un crimine, in un paese in cui la cultura biblica è, praticamente, inesistente: nessuno sa cos'è la Bibbia! Non si può sbattere in faccia alle persone un testo senza che sappiano cosa leggono. La lettura fondamentalista della Bibbia ha causato e causa ancora dolori inenarrabili sulla faccia della terra.
Dobbiamo sapere che nella Bibbia c'è la ventura di gente come noi, di persone che si portano dentro i propri desideri di vendetta, le proprie intolleranze, i propri rancori e che cercano... cercano qualche cosa "oltre", cercano Dio, la Sua luce, la Sua verità. Qualche volta ce la fanno, qualche volta no, ma per cercare la verità bisogna essere educati alla libertà, bisogna essere educati a cercare, bisogna che si nutra in noi la passione per la ricerca, per il bene, bisogna essere liberi nel profondo.
Qui ci educano all'obbedienza: parla solo "uno" e gli altri tutti zitti! Ubbidire, credere, ascoltare... diventiamo delle "pecore sceme", ma fossimo solo pecore sciocche… facciamo soffrire la gente in nome di Dio: non si può! La Bibbia letta in maniera fondamentalista ha causato troppi drammi!
Allora dite voi: "Non la leggiamo?" No, leggetela, è importante leggerla, ma bisogna sapere cosa si legge. Bisogna sapere cosa significa "ispirazione", bisogna sapere cosa vuole lo Spirito! Occorre che ci guardiamo in faccia in quelle pagine, che ci riconosciamo là dentro, con le nostre ricerche, con le nostre altezze poetiche ma, anche, con le nostre miserie: questa è la Bibbia!
Storia di un popolo, di povera gente che ha cercato quasi a tentoni il Signore. Qualche volta nella Bibbia c'è tutta la nostra povertà! Bisogna andare oltre... a questo ci chiama il Signore ma per andare oltre ci vuole il coraggio e la passione del cercare, il coraggio e la passione per la libertà.
Non c'è niente di più difficile per l'uomo che essere libero, ma questo significa essere credenti, almeno per quello che ho capito io.
Il Signore ci aiuti
Il regno dei cieli è simile a un re, che fece XXVIII Domenica tempo ordinario - 12 Ottobre 2008
un banchetto di nozze per suo figlio. Matteo 22, 1-14
Chiudiamo oggi la lettura di una serie di parabole... - forse le ricorderete - abbiamo cominciato con la parabola degli operai dell'ultima ora che ricevono la stessa paga, poi quella dei due figli, uno dice sì, ma poi non va a lavorare, che concludeva: "le prostitute e i delinquenti vi passano avanti nel Regno di Dio". Domenica scorsa la parabola dei vignaioli omicidi e, oggi, questa del banchetto di nozze.
In queste parabole abbiamo colto le nostre miserie e debolezze, le nostre vigliaccherie e invidie, il nostro non sopportare che gli altri ci passino avanti.
Abbiamo colto anche il peccato, l'intolleranza, il desiderio di vendetta di chi ha scritto queste pagine… e anche oggi questo non ci viene risparmiato!
Avete ascoltato: cosa fa il Re? "Mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini, e diede alle fiamme la loro città". L'esercito dell'imperatore Tito diventa l'esercito di Dio che porta distruzione. Dio si vendica dell'uccisione del Suo Figlio!
Oggi possiamo cogliere anche il moralismo! Sembra di aver ascoltato una parabola: sono due, perché Matteo aggiunge la seconda, quella dell'invitato senza l'abito di nozze. Il re deve verificare che tutti abbiano l'abito giusto… vi ricordate quante prediche abbiamo ascoltato su questo servo senza l'abito di nozze? Non ci si può accostare all'Eucarestia senza essersi prima confessati, senza avere "l'abito bianco"… il moralismo ha attraversato in maniera massiccia la vita della Chiesa... ancora!
Ma oggi vi inviterei a dimenticare tutto questo e a cercare di cogliere in questa, ma anche nelle altre parabole, il nocciolo, il messaggio, il cuore... bisogna cercare, scavare, bisogna andare aldilà di tutta la nostra zavorra, per trovare il cuore, per trovare il "Vangelo".
Noi siamo abituati quando diciamo "Vangelo" a pensare ad un Libro, a parole scritte. Per i primi cristiani "Evangelo" è una parola che significa "bella notizia": una notizia straordinaria, un messaggio di salvezza… e qual è il messaggio di questa parabola? Duplice! Da una parte il sogno di Dio per la nostra vita e dall'altra la cocciuta speranza di ogni vero credente che ha attraversato la nostra storia.
Il sogno di Dio per la nostra vita è la "festa". Dio manda Suo figlio perché si faccia la festa dell'incontro dei Suoi sogni con tutta l'umanità. La festa della libertà, della vita condivisa, della fraternità, la festa del camminare insieme, la festa della gioia, del piacere, della bellezza, la festa della vita: a questo ci chiama il Signore!
La festa rischia di non farsi perché gli invitati non vogliono venire, ma Dio non si arrende... bisogna mandare in giro a chiamare, lungo le strade, buoni e cattivi, perché tutti entrino... si deve fare festa! Non è solo la festa nostra, è la festa di Dio! Dio non si rassegna a che noi non viviamo la festa!
Ed ecco, allora, la speranza di ogni vero credente: la cocciuta, incrollabile speranza del credente attraversa la Bibbia.
Pensate all'Esodo che è il cuore della fede di Israele... schiavi in Egitto non si rassegnano, bisogna camminare verso la libertà! Qualcuno non vuole camminare più, qualcuno si è stancato e vuole tornare indietro: bisogna andare avanti!
Ci vuole qualcuno che abbia il coraggio della speranza: lo avete ascoltato nelle parole di Isaia, nelle parole di tanti profeti! Dopo ogni tragedia, dopo ogni dramma il credente vuole ricominciare, vuole camminare ancora; sa che deve costruire la festa, perché è il sogno di Dio, perché è il valore essenziale della vita a cui Dio ci chiama… e quando pensate alla festa non pensate a cose straordinarie, pensate alla vostra vita di ogni giorno. Ciascuno di noi è chiamato con i figli, i nipoti, gli amici, con la gente che abbiamo intorno, a condividere la vita, a tendere la mano a chi si sente in difficoltà, a godere, a rallegrarsi, ad essere libero; a volte basta una carezza, raccontare una barzelletta: questo è il sogno di Dio! Il sogno di Dio che attraversa la storia.
Occorre non rassegnarsi alla paura che ci attanaglia. Credere è non avere paura! Occorre ricordarlo in questo mondo in cui tutti ci vogliono mettere paura: i politici e giornalisti e i preti e quelli che girano films e coloro che scrivono romanzi... sembra che sappiano scrivere solo cose che mettono paura. Il credente sa che deve buttare il cuore aldilà della paura, sa che credere è non aver paura, sa che la sua speranza deve essere cocciuta...! Non può rassegnarsi! Non può rassegnarsi perché Dio vuole la festa, perché Dio ci chiama alla festa, perché Dio sogna la festa… per questo è venuto Gesù!
Se ho capito qualcosa, il nocciolo della mia fede è questo: Gesù è venuto in mezzo a noi, tra le nostre intolleranze, le nostre gelosie, le nostre invidie, le violenze del mondo... è finito su una croce! Gesù è venuto per affrontare i nostri moralismi. Il Vangelo è pieno della Sua lotta contro i moralismi... "Non è l'uomo fatto per il Sabato, ma il Sabato è fatto per l'uomo". Non è la Legge l'ultimo valore della vita: è l'uomo, ogni uomo! L'uomo chiamato alla gioia, alla libertà, alla vita, al rispetto, all'amore, alla fraternità: questo è il sogno che Gesù è venuto a condividere con noi. Aldilà della violenza, aldilà dei moralismi Gesù è venuto per conservare nella nostra vita, nel nostro cuore, il coraggio di credere e di sognare… e qui, in questa vita: pensare all'altra vita è una scorciatoia che ha causato molte sofferenze, a troppi poveracci è stato detto: soffri qui poi avrai la ricompensa in Paradiso.
Il nostro stare qui dovrebbe esserne un segno della festa di Dio, ma siamo povera gente... qualche canto, qualche povera parola: è la nostra vita, siamo così! Non ce la facciamo ad andare oltre, non ce la facciamo a testimoniare l'un l'altro la gioia di vivere, la gioia di condividere la vita... ma non dimenticatelo, dobbiamo uscire di qui testimoni della "festa"! Non cercate grandi gesti: una carezza, un po' di piacere donato a chi ci sta accanto e se proprio non sappiamo fare altro, una caramella ad un bambino! Purché sia festa, purché non sia paura, scoraggiamento; purché sia piacere, gioia, tenerezza, purché sia libertà, fraternità, purché sia qualche cosa che, aldilà delle nostre paure, porti un pizzico del sogno di Dio nella vita degli uomini: per questo è venuto Gesù, ma seguirlo non è facile.
Il Signore ci aiuti.
"Rendete a Cesare quello che è di XXIX Domenica tempo ordinario 19 Ottobre 2008
Cesare e a Dio quello che è di Dio" Matteo 22, 15-21
Questa frase: "Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" è una delle più intriganti del Vangelo, più difficili da commentare. Sono stati scritti libri, biblioteche intere, per cercare di interpretare questa frase e i problemi che ci sono dietro.
Ora - secondo voi - quanti tra i cristiani pensano che in questa frase sia adombrato il conflitto tra la Chiesa e lo Stato? Secondo la mia esperienza, moltissimi - ne ho avuto conferma anche ieri - e voi che ne pensate? Si parla qui del rapporto tra Chiesa e Stato? E quanti cristiani pensano che questa affermazione sia una gravissima bestemmia? Secondo me, pochi! E voi?
Perché, vedete, in questa frase non può esserci... - partiamo dalle cose più semplici - il conflitto tra la Chiesa e lo Stato per il semplicissimo motivo che quando Gesù parlava la Chiesa ancora non c'era! Ma, secondo la Bibbia, è una gravissima bestemmia, perché quando al posto di Dio si mette una istituzione umana, cioè delle persone, delle autorità, delle strutture che, come quelle della Chiesa, sono strutture umane, si compie il peccato più grande: quello dell'idolatria. Si è messo "qualcuno" al posto di Dio. "Date a Dio quel che è di Dio" non può significare "date alla Chiesa quello che è della Chiesa"!
E, allora, che c'è dietro questa frase? Dietro questa frase ci sono problemi tra i più acuti che si pongono alla nostra coscienza di credenti.
Per cercare di farvi intuire quello che - secondo me - c'è, farei, oggi, ricorso alla storia, ma con una premessa: la storia è una cosa seria! Non si possono fare scorciatoie: ci vogliono documenti, ricerche, studi, libri complessi e io non ho tempo, debbo fare in fretta.
La storia, soprattutto, non ammette facili giudizi e condanne, occorre cercare di capire e io vorrei invitarvi a cercare di imparare qualche cosa dalla storia. Gli antichi dicevano che la storia è maestra di vita, ma qualche saggio dice che non ha insegnato niente a nessuno, perché nessuno ascolta le lezioni della storia.
Vediamo oggi, invece, se ci riesce di cogliere qualche lezione importante della storia, quella del secolo scorso (non voglio andare troppo lontano: sarebbe complicato e io devo fare in fretta) che è stato uno dei secoli più drammatici della storia dell'umanità.
Qual è stato l'atteggiamento di molti cristiani e di molte autorità della Chiesa nei confronti dello Stato? In molti casi quello di dire: "Lasciateci i nostri spazi, le nostre libertà, le nostre scuole, le nostre università, i nostri ospedali..." Tutto questo è stato fatto attraverso una serie di concordati con regimi, a volte, molto poco liberali e democratici... pensate all'Italia, alla Germania, alla Spagna...
La Chiesa ha cercato di difendere i suoi spazi. I cristiani venivano educati a coltivare i loro "orticelli": le loro scuole, le loro università, i loro oratori, i loro gruppi e, quei - pochi purtroppo - gruppi di cristiani che volevano avventurarsi nella vita pubblica, nella ricerca del bene comune, sono stati stroncati con decisione, a volte, offerti in cambio di un concordato che concedeva privilegi alla Chiesa, alle autorità della Chiesa.
D'altra parte quando ci si è trovati davanti a situazioni drammatiche in cui veniva violato il diritto dell'uomo e in cui doveva entrare, dunque, il riferimento a Dio, molti cristiani non hanno capito! Non hanno capito la gravità delle leggi razziali, non hanno capito l'assurda discriminazione di un uomo soltanto perché apparteneva ad un altro popolo, ad un'altra razza… e quando si imbocca questa strada le conseguenze sono tremende.
Il secolo scorso ha sulla coscienza cinquanta milioni di morti... alcuni uccisi in campi di concentramento, uomini, donne, bambini... e molti cristiani, molte autorità della Chiesa non hanno capito! Forse senza rendersene conto, hanno barattato il lasciar correre sui principi assoluti, con qualche privilegio materiale: questo è il dramma!
Il credente - per quello che ho capito io - ha un forte senso dello stato, sente il dovere di partecipare alla costruzione del bene pubblico, sa che deve rispettare la legge, cercando di fare in modo che sia uguale per tutti, cerca di preoccuparsi del bene della scuola, di una scuola pubblica che funzioni e sia efficiente, la scuola di tutti, soprattutto dei più piccoli e dei più deboli. Deve contribuire ad un'economia che conceda - per quello che si può - a tutti il diritto a mangiare, ad avere una casa, ad avere un lavoro... deve preoccuparsi della giustizia del lavoro, deve preoccuparsi che non muoia troppa gente per il lavoro. Deve sentire il dovere di pagare le tasse, di contribuire all’ordine pubblico e alla sicurezza di tutti, anche rispettando le forze dell'ordine. Ogni cristiano deve preoccuparsi di una stampa che sia rispettosa della verità, che cerchi di dare il senso della realtà, senza mettere troppa paura: di tutto questo deve preoccuparsi un cristiano con tutta la passione del suo cuore, della sua mente... questo esige l'impegno di tutti!
Ma quando lo Stato esige che ci si "venda l'anima", il cristiano non può che dire: "No!" anche a costo della vita. Abbiamo avuto, nel secolo scorso - ma erano pochi, purtroppo - degli eroi, anche qui a Roma, dei morti ammazzati per avere difeso dei poveri, che erano violentati.
Molti cristiani non hanno capito...- nella ricerca di difendere i propri privilegi - che c'è un dovere assoluto per il credente: "dare a Dio quello che è di Dio"! Il rispetto di ciò che la coscienza mi impone come valore assoluto, che trovo oltre me, oltre i miei comodi, oltre quello che mi fa piacere… ma, anche, oltre ogni Stato, ogni Legge, ogni istituzione, ogni ideologia, perché nel mondo c'è una cosa solo sacra: l'uomo, ogni uomo! E la gloria di Dio è l'uomo vivente, ogni uomo, il più piccolo degli uomini... questo è il nocciolo, se si capisce il Vangelo!
Per un vero cristiano è scontato che occorre ubbidire a Dio piuttosto che alle istituzioni umane, Chiesa compresa. Voi capite che tutto questo non è affatto semplice perché noi possiamo scambiare Dio per noi stessi... troppi cristiani si sono messi al posto di Dio! Dio… "l'oltre" di Dio, va cercato con passione, con rispetto, direi quasi, con timore. Timore di far dire a Dio quello che voglio dire io, quello che mi fa comodo, ma un cristiano non può non cercare "l'oltre" di fronte alla Legge, di fronte allo Stato. Non può non cercare una giustizia che va oltre tutto, oltre i regolamenti, oltre i luoghi comuni, oltre le tradizioni, ogni oltre istituzione, per cercare l'unica cosa sacra: il rispetto dell'uomo, del più piccolo degli uomini.
Dietro questa frase c'è tutto questo! Quello che non c'è è il conflitto tra la Chiesa e lo Stato: con questa frase non c'entra niente... è il conflitto tra la mia coscienza e il mondo che ho intorno, tra il mio cercare Dio e la realtà... una ricerca che non ammette scorciatoie, ma esige tutta la passione della nostra fede. Non è semplice, lo sapete meglio di me.
Il Signore ci aiuti.
"Amerai il Signore Dio tuo.. XXX Domenica tempo ordinario - 26 ottobre 2008
Amerai il prossimo tuo come te stesso" Matteo 22, 34-40
Chi, come me, ha passato nella, ormai lontana, gioventù ore e ore e ore a studiare grossi volumi in cui erano contenuti tutti i precetti, le leggi, le regole della morale... legge con grande soddisfazione queste parole: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore… e il prossimo tuo come te stesso… da questi due comandamenti, dipende tutta la legge", ma anche con un po' di rabbia e di rimpianto per aver sprecato tante ore a leggere parole, parole e parole con tutte le minuzie legali, che ci facevano studiare allora.
Quando ero giovane amavo le parole di sant'Agostino che sembrano riassumere questa pagina del Vangelo: "Ama e fa quel che vuoi"… ma, purtroppo, i rallegramenti finiscono qui e cominciano i guai, o meglio, più che i guai, le domande, i dubbi, le perplessità.
Forse qualcuno adesso si scandalizza, perché non conoscete bene la storia... ma, sapete, Agostino... - togliamo il "santo" per un momento - quando era giovane ha amato appassionatamente una donna (purtroppo non ne conosciamo neppure il nome) e da lei ha avuto un figlio: Adeodato. Quando si è convertito... la madre (le suocere - sapete - non vanno molto d'accordo con le nuore) anche lei è santa però: santa Monica, lo ha convinto che quella donna non faceva per lui, non era alla sua altezza e bisognava cacciarla via e sottrarle il figlio.
Quando si raccontano queste cose, specialmente se ci sono delle ragazze... "Ma questo è un disgraziato, un farabutto, come l'hanno fatto santo?" Ed è inutile spendere tante parole per dire che i tempi erano molto diversi, le donne non contavano, un padre aveva ogni diritto su suo figlio, che si tratta di una cultura molto lontana dalla nostra. Questo, non sembra convincere nessuno, anche perché qualcuno dice: "Ma allora, l'amore cambia con i tempi, con la situazioni? Amare significa una cosa in un tempo e un'altra in un altro tempo?" È così! Vengono tanti dubbi, tante difficoltà, tanti problemi… allora che significa amare?
Se qualcuno di voi ha qualche dubbio sappia che è in buona compagnia, con tutti i credenti della storia.
Ma allora cosa si può fare? Tornare a quei libri che ho studiato? Non ve lo consiglio proprio! Sono grossi volumi pieni di sciocchezze. Allora...? Allora non resta che il cammino, la ricerca, il dubbio, l'attenzione, il guardarsi negli occhi, cercando di capire cosa possa significare amare. Vi faccio qualche esempio perché, come capite, i problemi sono immensi.
Mi è capitato qualche volta, magari quando si era insieme ad altri a ragionare, di dire a qualche nonno: "Se ti comporti così con il nipote rischi di dargli cattive abitudini"… "Ma io gli voglio tanto bene!"… Anche qualche papà, qualche mamma...
Una volta uno psicologo mi diceva: "Vengono da me dei papà, a volte sono dei commercianti che hanno abbastanza soldi e riempiono di regali i figli, a cui cerco di dire: ma non ti accorgi che tuo figlio più che dei tuoi doni, dei tuoi soldi, ha bisogno di te, del tuo tempo; che tu ti fermi, qualche volta, ad ascoltarlo, a cercare di capire?"… "Ma io gli voglio tanto bene, faccio tutto per lui!".
Credere di amare non basta, ci vuole altro! Ci vuole intelligenza, ricerca, attenzione, ascolto e questo vale non soltanto per i nonni, i papà le mamme, ma anche per gli insegnanti, anche per i medici. Voi da chi vi fareste curare? Da un medico che ha tanto amore o da uno che ha intelligenza e capacità?
Qualcuno dice: "È semplice! Qui cosa è scritto?: ama il prossimo tuo come te stesso, quello che a te fa piacere fallo all'altro!" E se a quello non piace? Non siamo tutti uguali! Se io faccio all'altro quello che piacerebbe a me, lui potrebbe volere un'altra cosa. E, forse, ha ragione lui!
Ma c'è un'altra cosa che posso dirvi per consolarvi... Parecchio tempo fa una signora veniva da me con i suoi scrupoli... (quando muore qualcuno, per chi resta qualche scrupolo è quasi inevitabile) e diceva: "Padre, mi deve credere, ho fatto per mia suocera molto di più di quello che ho fatto per mia madre, gli ho dedicato tanto tempo, tanta pazienza, tanta attenzione, ma l'ho fatto senza amore!". Gli ho detto: "E che significa? Tua suocera aveva bisogno della tua attenzione, della tua tenerezza... a lei dei tuoi sentimenti non importava molto, forse quello che hai fatto con sforzo, con sacrificio, vale di più"... "Ma io l'ho fatto senza amore, senza entusiasmo..."
L'amore non si riduce al sentimento… ma, spesso, quando uno fa una cosa senza sentimento, pensa di averla fatta senza amore. Ridurre l'amore al sentimento provoca solo scrupoli di coscienza. Chi ha tirato su un bambino sa che l'amore della mamma per il figlio è sempre lo stesso. Il sentimento... va dall'adorazione all'infanticidio. Quando il bambino piange tutta la notte, la mattina, la voglia di buttarlo dalla finestra è abbastanza forte, così dicono le mamme che hanno fatto questa esperienza.
E poi, il primo comandamento: "Ama il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore" cosa può significare? In nome di Dio sono state fatte guerre, crociate, sono stati bruciati eretici e, venendo più vicino a me… ho incontrato persone che sono state sottratte alla loro giovinezza, ai loro affetti, alla famiglia, dicendo: "Tu devi sacrificare tutto, per amare Dio sopra ogni cosa" e, poi si trovavano inguaiati in un rapporto di dipendenza con qualche "santone". Dio, per il credente, è come un soffio leggero - così dice la Scrittura - che va sempre inseguito, di cui vanno cercate le orme, con passione e con pazienza. Non c'è altra via che camminare portandoci dentro i nostri dubbi, sapendo che i dubbi non sono il contrario della fede, anzi, la nutrono e la sostengono.
Allora, cosa vuol concludere don Checco? Non voglio concludere niente! Volevo soltanto consolarvi… se qualche volta non riuscite a capire cosa significa amare, se guardate l'altro, a volte, con sgomento, chiedendovi: cosa posso fare per lui? Se vi vengono dubbi di fronte a tante circostanze della vita, sappiate che siete in compagnia di tutti i veri credenti della storia.
Diffidate di chi sa sempre tutto...
La vita è fatta di ricerca, di attenzione, per quanto possiamo, gli uni agli altri, di cammino, in qualche modo, fatto insieme. Chi si porta dentro un dubbio - lo ripeto - è uno che crede. Chi pensa di sapere sempre tutto… statene lontano, chiunque sia.
Il Signore ci aiuti.
…apparve una moltitudine immensa che nessuno TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2008
poteva contare di ogni nazione razza popolo e lingua. Matteo 5, 1-12 - Apocalisse 7, 2-14
"Beati i poveri, i miti, i misericordiosi, quelli che hanno
fame e sete di giustizia, gli operatori di pace."
Quando andavo a scuola prendevo regolarmente brutti voti in matematica, a quel tempo odiavo i numeri, forse perché nessuno mi aveva insegnato ad amarli, poi, crescendo, mi sono accorto che i numeri sono importanti: possono difenderci dalle ideologie, dalle idee astratte e possono, anche, difenderci dalla paura e non soltanto dalla paura di volare, di prendere un aereo, ma, anche, dalla paura di affrontare la vita, dall'ansia di ogni giorno.
Vedete, se leggete i numeri... - e ce ne sono in abbondanza - Roma è una delle città più sicure d'Europa. Se, invece, considerate la percezione che la gente ha della sicurezza, se provate a interpretare la paura della gente, trovate che Roma è agli ultimi posti in Europa.
Come penso sappiate, il sistema sanitario di questo paese è, probabilmente, al secondo posto nel mondo. La percezione - che potete cogliere, anche intorno a voi - è che la sanità italiana sia allo sfascio, che non funzioni quasi niente! Questo - secondo me - dipende dal fatto che, ormai, quasi nessuno di noi guarda la realtà con i propri occhi, attraverso il sentito dire dei vicini, ma attraverso i mezzi di comunicazione, attraverso i giornali, la televisione: da questo viene la percezione che la gente ha della realtà.
Se volete fare un piccolo esperimento - che io ho fatto tante volte - per misurare quanto la gente veda la televisione o legga i giornali... provate a fare questa semplice domanda: "Secondo te, negli ultimi cinquant'anni, i boschi, in Italia, sono diminuiti o cresciuti e di quanto?". Vi sentirete dire... - ho trovato solo raramente qualcuno che dicesse il contrario - che sono diminuiti e di molto! La realtà è che in cinquant'anni, in Italia, i boschi sono raddoppiati! Abbiamo, in Italia, il doppio dei boschi che avevamo cinquant'anni fa... e, tra l'altro, non è del tutto una bella notizia!
Potete fare un altro esperimento... provate a guardare il televideo della televisione di Ostia: Canale dieci (solo il televideo, che credo corrisponda al telegiornale, ma lì ci vuole mezz'ora, per guardare il televideo bastano trenta secondi) noterete che sembra che ad Ostia ci siano solo furti, rapine, spaccio di droga, incidenti stradali, eccetera; nessuno studia, nessuno lavora, nessuno inventa qualcosa, nessuno prega, nessuno si dà da fare per gli altri... solo cose negative!
Ma se volete qualche cosa a livello nazionale... un programma che, penso, molti di voi vedano, in cui due bravi comici, accompagnati da qualche fanciulla di belle speranze un po' svestita, vi raccontano tutto quello che non funziona in questo paese... tutte cose verissime! Ma la conclusione qual è? La gente ha la sensazione che non funzioni nulla… e se tutto va male le conseguenze sono fondamentalmente due: una che la gente vive di ansia, di paura e di preoccupazioni e l'altra è che se tutto va male… se anch'io butto un pezzo di carta per strada... che volete che sia? Qui tutti rubano e ammazzano e io ho buttato solo un pezzo di carta per strada. Qui tutti rubano… se io cerco di risparmiare qualche tassa o fare qualche cosa di nascosto...
Qualcuno di voi dirà: "Don Checco, questo che c'entra con la festa di oggi?" Forse, non vi siete accorti che, in quello che abbiamo letto oggi, potete trovare l'antidoto, non dico la cura, ma un piccolo antidoto per tutto questo. Nella prima lettura si parla di "una moltitudine immensa di ogni nazione, razza, popolo e lingua"... un bravo matematico, forse, dovrebbe usare l'otto coricato, il simbolo dell'infinito... "una moltitudine immensa". Dove sta? ci deve pur essere da qualche parte! E allora conviene che ci guardiamo intorno per cercare... non cercate persone straordinarie, quelli che fanno miracoli: questo è antievangelico!
Guardatevi intorno! Cercate i santi, quelli veri… e per prima cosa guardiamoci negli occhi gli uni, gli altri. Qui c'è gente... - conosco molti di voi - che è mite, misericordiosa, che ha fame e sete di giustizia, che cerca di costruire la pace nella propria casa, intorno a se… e ce n'è nel mondo una moltitudine immensa di ogni razza, popolo e nazione.
Non vorrei che questo discorso mettesse pesi sul cuore di qualcuno di voi. Ci sono momenti della vita in cui non si riesce ad essere ottimisti, non si riesce a guardare il positivo della vita perché, quando le cose cominciano ad andare storte, il cuore e lo sguardo si appesantiscono... se qualcuno di voi è in questa situazione si tappi le orecchie… perché io, oggi, desidero invitarvi a cercare i santi… ma non aspettate di assistere ad auliche canonizzazioni in piazza san Pietro, sono eccezioni, persone straordinarie… e poi per fare un santo ci vogliono i soldi, fondamentalmente!
Guardatevi intorno, cercate nelle vostre case, nei vostri condomini, nella gente che conoscete, tra quelli che vedete con i vostri occhi.... la gente che ha fame e sete di giustizia, i miti, i misericordiosi, quelli che, come possono, cercano di dare una mano, di aiutare. Io ho visto... - e sono ormai quarant'anni che sono qui a Ostia e di Ostia si parla spesso male - ho visto tanta gente buona, tanta tenerezza, tanta attenzione gli uni verso gli altri, a volte, con una dedizione straordinaria a persone malate, a persone anziane…
Ma aldilà di questo, c'è il quotidiano, la gente che per i propri figli farebbe qualunque cosa, che si dedica a crescerli ed educarli… ci sono, anche, dei bravi insegnanti, ci sono dei bravi medici non solo competenti, ma che lo fanno con tenerezza. In questa città ci sono - cosa quasi miracolosa - anche dei bravi preti...
Ecco perché la festa di oggi può essere un antidoto. Quando guardate la televisione, quando vi mettete davanti a "striscia la notizia"... ripensate alle letture di oggi, chiedetevi dove sta la "moltitudine immensa"? Da qualche parte deve stare! Perché non c'è qualche comico allegro, capace anche di farmi ridere, mentre mi mostra le cose belle della vita? Loro, forse, non sanno più farlo, ormai il giornalismo è questo! Ci presenta solo quello che non funziona e, allora, usate i vostri occhi, le vostre orecchie, guardate la gente che vi sta intorno, tenetevi per mano... la vita è fatta anche di gente che è mite, misericordiosa, pacifica, che ha fame e sete di giustizia e sono "una moltitudine immensa di ogni razza, popolo e nazione".
Alla televisione non li vedrete mai, ma ci sono! Sono quelli che portano avanti la storia, sono quelli che ci hanno permesso di ritrovarci ancora qui a leggere le parole di Gesù, quelli che ci hanno permesso di vivere in una società in cui c'è ancora giustizia e tenerezza e voglia di amore. Non sempre ci si riesce ma, questa, è la nostra strada.
Il Signore ci aiuti.
"Questa è la volontà di Colui Commemorazione dei DEFUNTI - 2 Novembre 2008
che mi ha mandato, che io non Giovanni 6, 37-40
perda nulla di quanto mi ha dato,
ma lo risusciti nell'ultimo giorno".
Le esperienze aiutano, spesso, a capire qualche cosa e, anche, a comunicarla meglio a chi ascolta. Vorrei raccontarvi, oggi, qualche esperienza della mia vita... qualcuna recente, qualche altra, invece, molto lontana, quando ero appena un giovane prete, quasi cinquant'anni fa.
Dunque, qualche anno fa, sono andato, come facevo ogni settimana, a trovare mia mamma, ormai molto anziana e ho incontrato, là, una nipote, giovane, bella, forte, impegnata nel lavoro, nella carriera... la quale mi diceva tutta meravigliata: "Sai, la nonna mi ha detto di aver paura di morire. E io gli ho detto: tu vai a Messa tutte le mattine, fai sempre la comunione, hai sempre avuto una grande fede, come puoi aver paura della morte? E lei m'ha risposto: Mah, sai nessuno è venuto dall'altra parte a dirci come si sta!". E aveva perfettamente ragione mia mamma!
La fede con la paura della morte non c'entra assolutamente nulla. La paura dipende dalle circostanze, dai tempi che si vivono. Un tempo la morte era molto più normale; per noi è un fatto eccezionale, cerchiamo in tutti i modi di nasconderla, di non pensarci e per gran parte della vita - per fortuna - non ci si pensa.
Poi capitano dei momenti in cui questa paura, diventa forte, fa star male… allora ho capito perché, quando ero ancora un giovane studente, il mio padre spirituale - così si chiamava allora - mi ha consigliato, e non una sola volta, di leggere nel Vangelo... - e in greco, allora ero capace di farlo - tutte le parole che parlano della paura, del terrore, dell'ansia di Gesù di fronte alla morte.
Se capita anche a qualcuno di voi di aver paura della morte sappiate che è una cosa normale... e se poi qualcuno vi rimprovera: "Tu vai in chiesa, hai fede, non dovresti aver paura!". Rispondete pure: "Ce l'aveva Gesù, posso permettermi di averla anch'io!".
L'altro fatto è accaduto quando ero un pretino giovane, giovane e dicevo la Messa alle sette del mattino con delle persone per la maggior parte anziane… venne, una volta, una vecchina - la ricordo ancora bene - con i capelli tutti bianchi, a far celebrare la Messa per suo marito, che era morto da qualche tempo, e mi diceva: "Vede, padre, io sono povera, posso far dire una sola Messa!". Poi si è fermata un momento, m'ha guardato negli occhi e m'ha detto: "Ma poi, don Checco, può essere che anche "dall'altra parte" contino i soldi, che se uno ha tanti soldi esce prima dal purgatorio e se uno non ce l'ha vi rimane più a lungo?".
Io l'ho guardata un po' confuso, perché avevo studiato l'importanza della Messa per il suffragio dei morti… poi, dopo un momento di perplessità gli ho detto: "Ma sa che ha ragione lei?". Ha certamente ragione lei! I soldi non possono contare anche nell'altra vita, anche di fronte al Padreterno.
Noi non possiamo fare nulla per quelli che sono morti, perché sono affidati nelle mani di Dio e Dio è certamente più grande di noi e delle nostre preghiere, infinitamente più grande dei nostri soldi. Se contassero i soldi pure dall'altra parte dovremmo, veramente, cambiare religione. No, non contano i soldi, perché Dio è gratuità!
Allora qualcuno potrà domandare: "E, allora, perché siamo qui, oggi, a celebrare la commemorazione dei nostri morti?". Ecco, per farne memoria!
Credo che questa sia molto importante, perché è una cosa gratuita! Non possiamo più fare qualche cosa per loro, ma abbiamo bisogno di memoria, di riconoscenza, di gratitudine; è bene ricordare tutto quello che i nostri cari sono stati per noi. Ci hanno amato, ci hanno dato tenerezza e attenzione, ci hanno arricchito la vita, gli abbiamo voluto bene. Ci hanno insegnato qualcosa di importante, sono stati per noi testimoni di valori... se anche voi - come me - siete stati fortunati e avete avuto persone che sono state per voi testimoni di tenerezza, di giustizia, di attaccamento alla vita.
Ne facciamo memoria, li ricordiamo, non possiamo dimenticarli, fanno parte della nostra vita ed è importante per la nostra riconoscenza, ricordarli. E ricordarli, qui, intorno all'altare è importante perché li affidiamo a Dio. Noi e loro di fronte alla morte non possiamo che dire, con una fede spesso incerta e trepidante, senza poter vedere, qualche volta avendo paura, le parole che Gesù ha detto sulla croce: "Padre, nelle Tue mani affido la mia vita". La fede si ferma qui e, a volte, è condita di ansia, di paura, di smarrimento.
Ma c'è un'altra cosa che, secondo me, è importante: noi per rispondere alla morte - ne sono convinto da tanto tempo - abbiamo un solo modo: moltiplicare la vita, per quello che possiamo.
Se per caso vi viene un attimo di paura della morte... fate una carezza a un nipote, donategli qualche cosa, un gesto di tenerezza, il piacere che si moltiplica, la tenerezza che si moltiplica, l'attenzione verso l'altro, il condividere un po' più la vita: questo è l'unico modo che noi abbiamo per rispondere alla morte.
La paura ce la portiamo dentro... - come se la portava dentro Gesù - non possiamo farne a meno, ma possiamo tentare... - qualche volta ci riusciamo e qualche volta, no, non vi sgomentate - di moltiplicare la vita.
Se vi viene un momento di paura fate una carezza, donate un bacio, se volete, fate l'amore: è l'unico modo che abbiamo per rispondere alla morte.
Il Signore ci aiuti
"Distruggete questo tempio e in tre Dedicazione della Basilica Lateranense - 9 Novembre 2008
giorni lo farò risorgere"… Parlava Giovanni 2, 13-22
del tempio del suo corpo.
Chi non ha tra le mani il foglietto della Messa di oggi, credo che non possa proprio immaginare cosa stiamo celebrando. Oggi è la festa della dedicazione della Basilica di san Giovanni in Laterano, la consacrazione, l'inaugurazione... - chiamatela come volete - avvenuta circa nel trecento dopo Cristo.
Qualcuno dirà: "Che c'entriamo noi con la Basilica di san Giovanni in Laterano?". Forse potremmo ricordare quando è stata inaugurata questa chiesa - ammesso che sia importante - ma, soprattutto, che c'entra un cristiano che abita dall'altra parte del mondo - che so - nelle Filippine con la dedicazione della Basilica di san Giovanni in Laterano?
Ho provato ad immaginare, nei giorni passati, come avrei potuto spiegare a un ragazzo, intelligente e curioso, delle Filippine, la festa di oggi.
Proverei a dirgli: "Si tratta di simboli... la chiesa è un simbolo dei cristiani, della loro vita, della loro missione… e la chiesa di san Giovanni in Laterano è la cattedrale di Roma, la prima delle chiese... per motivi storici - sai, l'impero romano - il centro del cristianesimo è a Roma, quindi la chiesa di san Giovanni in Laterano è un po' il simbolo dell'unità della Chiesa, di tutti i cristiani che dovrebbero sentirsi uniti in valori comuni, nella fedeltà a Gesù".
Il ragazzo con cui immaginavo di parlare, intelligente e curioso, mi avrebbe detto: "Ma non abbiamo letto nel Vangelo che Gesù ha preso delle cordicelle in mano, ha cacciato via tutti e ha detto: distruggete questo Tempio… non solo, nel Vangelo di Giovanni è scritto che quando parlava con la donna di Samaria che gli chiedeva dove si deve adorare Dio, nel Tempio sul monte Garizim oppure in quello di Gerusalemme, Gesù le ha risposto: credimi viene il momento in cui l'adorazione di Dio non sarà più legata a questo monte o a Gerusalemme… Dio si adora in spirito e verità. E voi ci fate celebrare la festa della dedicazione di una chiesa che sta da una parte del mondo e che io non ho mai visto?".
Gli direi: "Se hai la fortuna di venire a Roma non dimenticare di visitare la chiesa di san Giovanni, ha dentro straordinari capolavori, come molti posti di Roma, dove ha messo le mani Borromini!". Ma questo certamente non basta per lui.
Potrei tentare di spiegargli: "Vedi, noi uomini abbiamo bisogno di segni, di toccare con mano qualche cosa, abbiamo bisogno di "mura", abbiamo bisogno di sentirci in un posto consacrato, benedetto da Dio, abbiamo un bisogno quasi irrefrenabile di cose, che ci diano sicurezza, che ci facciano sentire, in qualche modo, al riparo dalle tempeste della vita. Pensa, se conosci un po' la storia, al medioevo: era pieno di reliquie, tutti volevano avere una reliquia... un osso di un santo, una pietra, un pezzo di vestito… se vieni in Italia e vai a san Giovanni Rotondo dove c'è la tomba di padre Pio... vedrai gente che va, lì, intorno a quell'urna con dei fazzoletti, delle immagini e toccano... tutti hanno bisogno di toccare, hanno bisogno di immagini, di segni. Oppure vieni una volta la Domenica delle Palme e vedrai l'assalto ai rami di ulivo... tutti vogliono un rametto da portarsi a casa, molti non sanno nemmeno cosa significhi quel rametto, ma è qualcosa... una "cosa", che è un segno di benedizione. Abbiamo bisogno di "cose" di simboli, come abbiamo bisogno - ma qui il discorso sarebbe molto lungo e complesso - di regole, di leggi, di ruoli... ruoli all'interno della vita della Chiesa, all'interno della società, della famiglia. L'uomo senza questo non può vivere!".
Ma nel momento in cui ci ritroviamo qui e apriamo il Vangelo siamo invitati ad andare oltre le "cose", i simboli. Se questa croce è soltanto un segno, una statua... se non sentiamo il bisogno di nutrirci di Gesù, dei Suoi valori, della Sua vita… se questa chiesa è soltanto un edificio che mi fa sentire nella casa di Dio, protetto dal Signore, se anche il celebrare l'Eucarestia è solo un rito… se tutto questo non mi spinge ad un "oltre", ad un cammino, una ricerca, al bisogno di tradurre nella mia vita concreta i valori di Gesù... rimane soltanto una "cosa" e Gesù prenderebbe ancora le cordicelle dicendo: "La mia casa è casa di preghiera, di ricerca di valori, non basta una "cosa"!
Se volete capire un po' meglio questo discorso e anche il discorso più complicato dei "ruoli", delle regole... pensate a una famiglia.
La famiglia ha bisogno di una casa, senza casa non si può vivere, ma non basta la casa! In una famiglia, spesso, ci sono dei ruoli - è quasi indispensabile che ci siano - il papà, la mamma, i bambini che crescono, gli adolescenti... e, poi, pensate ai riti familiari: compleanni, feste, una torta, i regali… ma se tutto questo diventa "cosa", diventa obbligo di fare un dono, se i ruoli diventano fissi, quasi sacrali, se non si può andare oltre… insomma, se in quella famiglia non c'è l'amore, tutto questo diventa "cosa", soltanto cose che non danno il senso vero di una casa, di una famiglia.
La casa va riempita di tenerezza, di rispetto, di attenzione verso l'altro e se il ruolo non risponde più ai bisogni della vita bisogna che cambi! Se le regole non sono più adeguate al nostro vivere insieme, bisogna cambiarle, questo, che vale per la famiglia, vale per il nostro ritrovarci qui.
Se lo stare qui è solo "cosa", non basta! Il Vangelo ci spinge ad un "oltre", alla ricerca.
Noi abbiamo bisogno di simboli, di cose da toccare, ma Gesù è venuto a spingerci sempre oltre, a cercare il cuore… il cuore della preghiera, il cuore dello stare insieme, il cuore della famiglia, il cuore della Chiesa, il cuore della vita, che non è fatta solo di "cose", ma di azioni, di gesti, di attenzione, di condivisione, di rispetto, di amore.
Avrebbe capito qualche cosa il giovane che vive nelle Filippine? Nemmeno io ho capito granché. E voi?
Il Signore ci aiuti.
A uno diede cinque talenti, a un XXXIII Domenica tempo ordinario - 16 Novembre 2008
altro due, a un altro uno, secondo Matteo 25, 14-30
la capacità di ciascuno, poi partì.
Questa parabola sembra, ad una prima lettura, una delle più semplici del Vangelo; è certamente una delle più usate dai preti, dai predicatori, ma anche dai catechisti, dalle catechiste e, forse, dagli insegnanti, dai genitori… perché sembra insistere sulla responsabilità, sul dovere di trafficare con impegno i doni che ciascuno ha.
Ma la mia esperienza, ormai lunga, mi dice che è una delle parabole più difficili e non solo delle più difficili, ma delle più pericolose del Vangelo, perché, se non rettamente interpretata, rischia di mettere pesi insopportabili sul cuore e sulla coscienza delle persone.
Sono convinto, ormai da molto tempo, che se una pagina del Vangelo mette un peso sulla coscienza di qualcuno, quella pagina non è stata interpretata correttamente. Se il Vangelo mette un peso, un senso di colpa nel cuore dell'uomo non è Vangelo! "Vangelo"... questa è una parola greca che noi non abbiamo tradotto, purtroppo! Vangelo significa "buona notizia" e se una pagina è per te una cattiva notizia non è Vangelo!
Ve lo dico all'inizio, ve lo ripeterò alla fine... se qualche parola che dirò, stamattina, vi mette un peso sul cuore... uscendo, andate al mare, leggete un buon libro, fate quello che volete... dimenticate quello che ho detto, non era certamente mia intenzione.
E, proprio perché è difficile commentare questa parabola, ho pensato di parlarvi in prima persona singolare, parlo di me e non voglio coinvolgere nessuno di voi; ciascuno si faccia la propria spiegazione della parabola, facendo attenzione ai sensi di colpa... sono quanto di più inutile ci sia!
Per prima cosa voglio dirvi che, arrivando ormai verso il tramonto della vita, mi guardo indietro e mi chiedo: io, quanti talenti ho ricevuto: cinque, due, forse uno? Sono convinto di averne ricevuti cinque e forse di più!
Ho avuto la fortuna di essere nato in una famiglia in cui i genitori erano due persone oneste, rispettose, tenere, affettuose, che mi hanno lasciato crescere nella libertà e nell'amore.
Nel corso della mia vita ho incontrato tante persone normali, ma anche amici straordinari, gente che hanno arricchito la mia vita dei loro valori, del loro coraggio. Ho avuto la fortuna di avere un po' di intelligenza ma, anche, la straordinaria fortuna di incontrare di chi ha nutrito questa intelligenza. Ho conosciuto dei geni, ho letto libri straordinari, ho potuto studiare, farmi una cultura. Ho incontrato moltissime persone buone, generose... sono stato circondato di amicizia, di tenerezza, di affetto. Ho visto tanti esempi di dedizione, di amore, di generosità...
Se qualcuno di voi mi chiedesse: "E tu hai trafficato i cinque talenti e ne hai prodotto altri cinque?". No, no! Io faccio sempre ricorso ad un'altra pagina del Vangelo… non mi chiedo quanto ho trafficato i miei talenti… un po' ci ho provato - ve lo dico onestamente - ma non so cosa sono riuscito a fare. C'è una pagina del Vangelo che dice: "Chi avrà dato un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli, vi dico che non perderà la sua ricompensa". Ecco, io ho le "patenti", i "certificati"! Quando andrò in Paradiso, al Signore dirò: "Io qualche bicchiere d'acqua fresca l'ho dato… basta!". Non voglio fare i conti e credo che il Signore non faccia conti!
Ma se guardo indietro la mia vita, soprattutto quella lontana, e adesso che gli anni passano vengono in mente episodi della giovinezza... Ci sono stati dei periodi in cui io mi sono sentito come uno che avesse non un talento, ma nemmeno mezzo... e non solo perché non sapevo giocare a pallone come gli amici che ammiravo e non solo perché non ero bravo a scuola come i primi della classe ma, anche, perché ero un ragazzo piuttosto timido, imbranato, che faceva fatica ad affrontare la vita. Mi sono sentito "l'ultimo", un brutto anatroccolo... così succede qualche volta quando si cresce e, questo, è pesante e, qualche volta, mette paura nel cuore. Ho poi incontrato tante persone che pensavano di aver avuto un solo talento…
Ed ecco, allora, l'altra riflessione che mi viene sempre da fare su questa parabola… ed è la riflessione sull'ultimo servo… di cui, qualche volta, ho fatto esperienza, soprattutto quando ero giovane. L'ultimo servo è uno che ha paura! È uno che sente la vita impegnativa, esigente, terribile... "So che sei un padrone duro ed esigente, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso!" Quando mai? Chi gli ha parlato di Dio e della vita così? Chi gli ha messo paura? A me qualcuno ha messo paura!
Quando avevo dodici o tredici anni ho odiato la matematica, forse perché qualcuno mi aveva fatto pensare che non ci sarei mai riuscito, che era meglio che lasciassi perdere perché tanto, io, con la matematica non potevo avere niente a che fare e ho lasciato perdere, non me ne importava più niente... ho avuto paura e, questo, non è valso solo per la matematica ma, anche, per altri aspetti della vita. "Questo non riesci a farlo, non ne sei capace!" e non ci ho provato nemmeno! Non ci ho provato un po' perché sono pigro e un po' perché qualcuno m'ha messo paura… Allora, la domanda: anch'io, forse, ho messo paura a qualcuno nel lungo cammino del mio essere prete? Ho tentato con tutte le mie forze - potete credermi - di togliere i sensi di colpa, gli scrupoli, le paure dal cuore delle persone, specialmente, le paure religiose... ma ci sono riuscito?
Qualche volta ho tentato di predicare la gioia, perché sono convinto che il Vangelo è un messaggio gioioso e, poi, mi sono accorto che c'era gente che gioiosa non poteva essere e io gli facevo del male dicendo: "Se non vivi con gioia non sei cristiano". È un'offesa gravissima a chi tribola… e di queste offese nel mondo della Chiesa se ne fanno troppe!
Non ci si rende conto "dell'ultimo servo", si mette paura alla gente. È il rimprovero che Gesù fa ai maestri della legge... "Preparate carichi insopportabili e li mettete sul cuore della gente". Mettere un peso sul cuore della gente, mettere paura a un "piccolo" è, per il Vangelo, il peccato più grande. Sapete qual è la pena? Dovrebbe da solo, senza aspettare che lo facciano gli altri, mettersi una pietra da mulino al collo e gettarsi nel profondo del mare.
Il peccato più grande del Vangelo è lo "scandalo" e lo scandalo non è qualche scena erotica vista alla televisione... lo scandalo vero è quando si mette paura ad un "piccolo", quando ad un piccolo si impedisce di amare, di credere, di sperare, di avere fiducia nella vita, di guardare ancora avanti, nonostante le difficoltà.
Questo è il vero scandalo, che esige di mettersi una pietra al collo… l'ho fatto anch'io qualche volta? Spero di no! Se anche l'ho fatto, senza volerlo, spero che il Signore non ne tenga conto perché, questo, al di là dei peccati - e ne ho fatti tanti - sarebbe il più grave della mia vita.
Non vorrei.. - lo ripeto alla fine - che qualcuna di queste mie parole vi mettesse un peso sul cuore... ho voluto parlare in prima persona singolare, se qualche parola vi ha messo un peso, uno scrupolo nel cuore, dimenticatela... non è Vangelo, anche questa volta non sono stato capace di spiegare il Vangelo! Se qualcuna delle mie parole vi ha sollevato, vi ha tolto un peso dal cuore, vi ha dato un pizzico di speranza in più, allora sì, questo è Vangelo e ne ringraziamo il Signore.
Lui ci aiuti
"Ho avuto fame... ero straniero... malato… CRISTO RE - 23 Novembre 2008
in carcere e siete venuti a trovarmi"... Matteo 25, 31-46
Dicono... - e credo che in parte sia vero - che quando si diventa vecchi si perde un po' la capacità di stupirsi, il senso della meraviglia. Ritengo, per me, una grande fortuna la capacità di stupirmi ancora di fronte al Vangelo... anche se l'ho letto centinaia, forse migliaia di volte! Quando leggo una pagina come quella di oggi, mi chiedo: come hanno fatto a scriverla?
Vedete, questa pagina nasce o viene conservata - scegliete voi le parole giuste - nella comunità di Matteo e solo nella comunità di Matteo, costituita in gran parte da Ebrei, fedeli alla tradizione, che si sentono parte del popolo di Dio, orgogliosi di questa appartenenza: sono il popolo amato da Dio, preparato attraverso una lunga storia, eppure, il loro Vangelo... - perché il Vangelo di Matteo praticamente finisce qui - termina con un'affermazione che rompe ogni barriera: non conta più l'appartenenza al popolo, ad una tradizione, ad una storia… conta chi è stato capace di accorgersi del più piccolo degli uomini e ha dato qualche cosa. Non conta essere Ebrei, essere fedeli ad una religione, quello che conta è "aver dato da mangiare, aver dato da bere".
Ma c'è di più! Il Vangelo di Matteo è un lungo percorso alla ricerca di Gesù, delle Sue parole, della Sua personalità. È un lungo cammino alla ricerca dei fondamenti della fede, alla ricerca del senso del Battesimo, dell'Eucaristia, del nostro ritrovarci qui: tante parole, tante ricerche e alla fine... tutto sembra non contare più!
Quello che conta è il pane, l'acqua, non il pane in senso mistico, ma il pane concreto "avevo fame e m'hai dato da mangiare"... non si usano qui nemmeno - ed è straordinario - parole astratte come amore, benevolenza, tenerezza, fame e sete di giustizia: pane, acqua, vestiti, straniero, carcerato... questa straordinaria comunità di Matteo, dopo un lungo cammino, dice: "Quello che è essenziale è questo, quello che conta veramente è questo!"
Non solo... ma "questo" vale per ogni uomo che vive sulla terra! Sembra non contare più l'aver creduto in Gesù, l'aver professato una fede, l'essere o non essere andati in chiesa... non conta nemmeno questo! Non conta perché, qui, c'è chi dice: "Quando mai, Signore, ti abbiamo visto affamato, assetato e ti abbiamo assistito?". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei fratelli l'hai fatto a me" .
Non so se vedete come le pareti della chiesa scompaiono, come si diventa fratelli di ogni uomo di buona volontà, come si tocca, qui, l'essenza del nostro cammino sulla terra, il cuore della vita, l'ultimo criterio... è straordinaria, per me, questa pagina del Vangelo e la cosa curiosa è che la leggiamo nel giorno in cui celebriamo una festa... la festa di Cristo Re, che è stata istituita soltanto nel 1925, alla fine dell'Anno Santo, da Papa Pio XI, e sapete perché è stata istituita? - chi è interessato può leggere l'enciclica: "Quas primas" - è stata istituita per difendere gli ultimi brandelli del potere dell'autorità ecclesiastica, dopo la fine del potere temporale, contro quella che Pio XI chiama "la peste della nostra età": il laicismo.
Gli Stati non vogliono più riconoscere come fondamento la legge cristiana e, allora, si riafferma il potere di Cristo, che è un potere giurisdizionale, legislativo, esecutivo... deve essere esteso su tutti i popoli e gli Stati debbono ubbidire a Cristo… che significa ubbidire alla Chiesa.
E, anche oggi, quando ascoltate alcune delle autorità della Chiesa riaffermare che le leggi dello Stato debbono ubbidire a certi criteri della nostra fede... ricordatevi di questa pagina del Vangelo qui non si parla di fede, di laicismo... in queste parole conta solo l'uomo o meglio quello che l'uomo fa.
Forse, a questo punto, qualcuno di voi prova un moto di rabbia verso certe parole che ci tocca sentire quasi ogni giorno sui giornali o alla televisione dette da autorità della Chiesa… dimenticatele! Perché la domanda vera è: io, io, sono convinto che questo è il cuore della fede, di più, è il cuore della vita? Sono convinto che ciò che veramente conta, quello per cui un uomo viene giudicato è la sua capacità di chinarsi sul bisogno di chi ha intorno?
E non andate lontano, guardate dentro casa, prima di tutto! Guardate i vostri figli, i vostri nipoti, il marito, la moglie perché, a volte, la fame non è solo di pane è anche fame di tenerezza, di rispetto, di attenzione... ma è anche fame di pane e ce n'è tanta nel mondo e i cristiani non dovrebbero stancarsi di ricordarselo e di fare quello che si può, senza perdersi in tanti discorsi.
Se faccio l'esame di coscienza, a volte, mi sembra di non esserne del tutto convinto e, voi, ne siete convinti fino in fondo? Eppure se vogliamo seguire Gesù questo sembra essere il vero criterio.
Ma non voglio concludere invitando me e voi a fare l'esame di coscienza… guardate la bellezza di queste parole: ci fanno fratelli di ogni uomo, le "mura" non ci sono più; c'è l'umanità e nell'umanità tutte quelle persone capaci di tenerezza, di attenzione, di dare un bicchier d'acqua, un po' di pane, di condividere la vita e ce ne sono tante... tante in ogni parte della terra, credenti e non credenti, di tutte religioni: di tutti questi, noi, siamo fratelli.
Io voglio sentirmi fratello di ogni uomo di buona volontà. Cristo dilata gli spazi del mio cuore: per questo sono cristiano!
Il Signore ci aiuti