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OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2005-2006 - Vangelo di Marco
INDICE
Vigilate dunque, poiché non sapete I Domenica d'Avvento - 27 Novembre 2005
quando il padrone di casa ritornerà… Marco 13, 33-37
perché non giunga all'improvviso,
trovandovi addormentati.
Sarà capitato anche a più d'uno di voi di dover tentare di rispondere alla domanda di qualche bambino: Gesù è già venuto, perché lo aspettiamo ancora? Perché ci prepariamo al Natale, a vederLo nascere di nuovo?
E avrete cercato, anche voi, di spiegare una delle dimensioni fondamentali del nostro credere. La fede di Israele prima, la fede dei discepoli e la fede dei tanti credenti, che hanno attraversato le strade di questo mondo, è sempre stata fondata sulla speranza, sul "già" e "non ancora".
"Già" si è compiuta, in qualche modo, l'opera di Dio in mezzo a noi, ma noi "ancora" aspettiamo che si realizzi pienamente.
Vedete, Israele mette nel cuore del proprio credere l'uscita dall'Egitto... si tratta di lasciare la terra della schiavitù, di passare il Mar Rosso: al di la' del Mar Rosso siamo liberi. "Già" siamo liberi, ma non siamo "ancora" arrivati nella terra dove scorre "latte e miele": la terra della libertà, della giustizia! Si è, a volte, tentati di tornare indietro, di fermarsi, di chinare il capo: si stava meglio là, dove c'è la carne, dove, almeno, si poteva mangiare... qui bisogna patire la fame e continuare a camminare, sempre guardare lontano… e si rischia di stancarsi!
Come avete ascoltato, anche il Profeta, anni dopo, grida la sua attesa: "Se Tu squarciassi i cieli e scendessi!"
La stessa fede anima i primi credenti: Gesù è "già" venuto, è stato in mezzo a noi, testimone di libertà, di servizio, di tenerezza, di amore… ma la Sua dimensione non è ancora compiuta. L'hanno visto inchiodato sulla Croce, poi hanno creduto che Lui fosse ancora vivo e hanno cominciato ad aspettare che si compisse la dimensione di Gesù, che i Suoi sogni, i Suoi ideali diventassero reali nel cammino degli uomini, nel cammino del credente! Dopo duemila anni, noi siamo ancora qui ad aspettare... ad aspettare che i sogni di Gesù diventino realtà… nella mia vita, nel concreto della mia esperienza di credente, perché, anch'io, sono ancora lontano dal compimento del progetto di Dio, del sogno di Dio per la mia vita
Ad aspettare che si compia il progetto di Dio per la Sua Chiesa; per questa Chiesa, a volte, così pesante, così lontana dal dialogo, dalla comprensione dei problemi degli uomini, dal servizio dei più piccoli, dei più poveri... Questa Chiesa così lontana, ancora, dalla libertà, dal rispetto, dalla tenerezza, dall'attenzione...
Aspettiamo, ancora, che si compiano i sogni di Gesù in questo mondo ancora così profondamente segnato dalla violenza, dalla guerra, dal male, dal disinteresse per i piccoli.
Aspettiamo che si compiano i sogni di Gesù, ma non come una magia; non aspettiamo che venga con una bacchetta magica a risolvere i problemi del mondo: è il compito di ciascuno di noi! Ciascuno nella propria casa, nell'ambito dei propri amici, in questa società, può conservare viva la speranza, può tentare di compiere quei gesti che rendano presente Gesù, i Suoi valori, i Suoi ideali, i Suoi sogni, nel cammino degli uomini.
Ecco perché la nostra fede è un "già". Già Gesù è venuto, "già" Dio ha preso a camminare con noi, ma "non ancora"...
Aspettiamo ancora che si compia il Suo regno, la Sua presenza in mezzo a noi. Aspettiamo ancora che si compiano i Suoi sogni; ancora tentiamo di vivere la speranza e di guardare lontano, concretamente nella vita di ogni giorno, ciascuno secondo la propria responsabilità.
La speranza è la dimensione essenziale della fede cristiana. Non è semplice, però.
Il Signore ci aiuti.
Voce di uno che grida nel deserto: II Domenica d'Avvento - 4 Dicembre 2005
Preparate la via del Signore, raddrizzate Marco 1, 1-8
i suoi sentieri! Ogni uomo vedrà la
salvezza di Dio!
Nel cammino religioso, a volte, succede che certe intuizioni importanti, certi temi fondamentali cambino: aspetti, che un tempo erano importanti, passano in secondo piano e altri, invece, diventano prevalenti.
Vedete, uno dei temi che attraversano l'Antico Testamento, che ritrovate nel Vangelo di oggi, è quello del "deserto".
Il "deserto" per Israele è il tempo mitico dell'inizio, il tempo del cammino tra la schiavitù e la terra promessa.
Su questo cammino Israele si sofferma a lungo; nel corso dei secoli, spesso, un Profeta invita a tornare al "deserto", a tornare "all'inizio", a ritrovare i valori fondamentali...
Perché è così importante il "deserto"?
Vedete - lo accennavamo già domenica scorsa - il "deserto" per Israele è il tempo in cui si cammina con una speranza dentro... non si può vivere nel "deserto"! Bisogna andare verso il futuro, verso la terra dove scorre il "latte e il miele", la "terra" della giustizia, della pace… occorre camminare senza stancarsi.
Ma ci sono delle condizioni: bisogna non "appesantire" il cammino! Bisogna cercare quello che è "essenziale" da portare: non si può portare tutto nel "deserto"!
Allora ritornare al "deserto" significa chiedersi: cos'è importante nella vita? Quali sono le cose essenziali? Cosa non si può perdere? Ci sono tante cose che si possono "lasciare"!
È come quando si prepara lo zaino: se bisogna camminare a piedi a lungo, bisogna togliere tutto quello che è superfluo e mettere solo ciò che è veramente indispensabile.
Cos'è indispensabile per vivere? Quali sono le cose veramente essenziali del "cammino"? Ecco perché è importante tornare nel "deserto"!
Ma c'è un'altra cosa fondamentale: quando si cammina nel deserto non si può camminare da soli! Chi è solo è perduto! Per camminare nel "deserto" occorre essere solidali, aiutarsi 1'un l'altro, sostenersi nel momento delle difficoltà, darsi coraggio a vicenda, essere capaci di portare l'uno i pesi dell'altro... altrimenti non si riesce ad andare avanti!
Nel "deserto", per Israele c'è un altro momento fondamentale: è la ricerca di Dio! È Lui che può portarci la luce, per cercare le cose fondamentali della vita. È Lui che può darci il coraggio della speranza, la forza per camminare, per non tornare indietro. Ogni volta che Israele è tentato di fermarsi e tornare, sente l'invito di Dio ad andare avanti, a camminare...
Durante il corso dei secoli, questi temi che, forse, quando si scrive il Vangelo erano scontati, divengono, pian piano, temi secondari ed altri temi che, forse, non c'erano diventano importanti...
Uno dei temi che sono collegati al "deserto"... - se conoscete, un po', la storia della Chiesa - è quello della fuga dal mondo: il mondo è brutto! Ci sono tante cose che non funzionano, tante cose cattive, c'è tanta violenza, tanto male, allora conviene fuggire, andarsene...
I "Padri del deserto" abbandonavano la vita, i problemi di ogni giorno e si ritiravano nel deserto: là, nel contatto con Dio, potevano vivere il disprezzo del mondo, della vita, dei problemi di ogni giorno, del lavoro, della solidarietà, della vita sociale e politica… per "salvarsi l'anima".
Questa tentazione è ancora forte tra i cristiani di oggi! Ci sono gruppi, ci sono tendenze nel cristianesimo di oggi, che invitano a ritirarsi e costruire la "piccola città", nel "deserto", fuori dai problemi del mondo: che i problemi del mondo non ci tocchino, non ci turbino...!
E c'è un altro aspetto che diventa prevalente nella riflessione sul "deserto": è la penitenza, la rinuncia, la sofferenza; lo avete sentito accennare anche nel Vangelo di oggi: Giovanni il Battista si veste di peli di cammello, mangia locuste e miele selvatico. Nel corso dei secoli, nel cristianesimo, spesso, è tornato il tema della penitenza, della sofferenza, della rinuncia... si è arrivati a portare il "cilicio", a flagellarsi, quasi che la sofferenza sia gradita a Dio, sia il modo per espiare il peccato...
Ed si perdono i valori essenziali del tema del "deserto" a cui oggi siamo invitati a tornare!
Se volete prepararvi al Natale riflettete, un momento, sul "deserto": è il luogo in cui si cammina con una speranza nel cuore, in cui si ha il coraggio di guardare lontano, è il tempo in cui si cercano i valori essenziali della vita… e ne abbiamo bisogno, oggi!
Risparmiatevi, perché fa parte delle tante "moine" del mondo d'oggi, le polemiche contro il consumismo di Natale, contro gli sprechi! Non ascoltate questi consigli, fanno parte del moralismo più bieco, che attraversa e affligge la Chiesa in questi tempi: consumate e sprecate! Ma cercate le cose essenziali della vita, quello che è importante nei rapporti tra gli uomini. Dobbiamo chiederci che cosa è importante anche nel nostro rapporto con la gente più giovane, che ci cresce attorno, con i figli, con i nipoti.... Fate pure tutti i regali che volete, ma chiedetevi di quale testimonianza hanno bisogno! Cosa debbo tentare di comunicare a chi cresce? Quali sono i valori di cui hanno bisogno per non smarrirsi tra le tante cose nel cammino della vita?
E poi il "tempo del deserto" sia ancora il tempo della solidarietà, del cammino fatto insieme, della vita condivisa, della capacità di ascoltare l'altro, di portare l'uno i pesi dell'altro...
Alla fine vi daranno un volantino del "commercio equo e solidale": i regali di Natale vi invitano a comprarli là, perché è un modo per aiutare alcuni del sud del mondo: piccole gocce nel mare, segni... ma segni di una vita che è attenta agli altri, che sa essere solidale.
Soprattutto il "deserto" è ricerca di Dio. Lui può darci il coraggio di conservare la speranza, di camminare senza stancarci. Lui può darci la Luce per cercare le cose essenziali: non è semplice! A volte è un cammino faticoso, ma per questo ci ritroviamo qui ogni domenica e ci ritroveremo anche a Natale per sentire in mezzo a noi Dio, che viene a condividere la nostra vita, che cammina con noi, che ci aiuta a conservare la speranza nel cuore.
Il Signore ci aiuti.
Allora Maria disse: "Eccomi, IMMACOLATA - 8 Dicembre 2005
sono la serva del Signore". Luca 1, 26-38
Celebriamo oggi - lo sapete tutti - la festa dell'Immacolata Concezione di Maria: nella tradizione della Chiesa, Maria viene considerata esente dalla colpa del peccato originale: è stata concepita - come ascolterete nella preghiera che diremo più tardi - senza questa "macchia".
Quando ero bambino - credo che non sia successo solo a me, ma anche a più d'uno di voi - immaginavo il peccato originale come una macchia che sporcasse l'anima del bambino e immaginavo l'anima come una specie di tunica bianca, macchiata da questa colpa, dal peccato originale: una grande macchia che nel Battesimo veniva lavata!
E chi non poteva lavare questa macchia finiva al "Limbo" - così ci dicevano - in questo strano luogo in cui non c'è sofferenza, perché il bambino è innocente, ma in cui non può nemmeno vedere Dio, perché è segnato dalla colpa di Adamo ed Eva.
E, come avrete, forse, domandato anche voi, chiedevo: che c'entra un bambino con le colpe di Adamo e di Eva? Perché non può vedere Dio e viene punito per una colpa che non ha commesso?
Ieri mi hanno portato un articolo di giornale in cui si dice che sono riuniti in Vaticano per cercare di decidere se il Limbo esiste o no… ma da tempo non ha più importanza nella teologia della Chiesa.
Quando ero ragazzo chiedevo ancora: io che sono stato battezzato, non ho più niente a che spartire col peccato originale?!… Eh no! Perché le conseguenze di questa colpa le portiamo tutti!
E si faceva, nella mia mente, una confusione non piccola! E se provavamo ad insistere con le domande ci dicevano: "È un mistero, devi credere senza farti troppe domande!"
Crescendo, poi, ho letto parecchi libri... le domande ho imparato a non disprezzarle, ma a custodirle nel mio cuore, tentando di ricercare quello che poteva essere il senso di certe parole antiche e mi è sembrato di intuire qualcosa...
Dietro la dottrina del peccato originale, che ha attraversato la vita di Israele prima e della Chiesa poi, c'è una grande intuizione: non tutto dipende dalle colpe personali; un uomo, non nasce in un mondo innocente, ma in un mondo profondamente segnato dal peccato di coloro che lo hanno preceduto. Un bambino nasce innocente - su questo siamo, penso, tutti d'accordo - ma non nasce in un mondo innocente! Nasce in un modo, sciupato dal male. A volte - sembrano dire studi recenti - addirittura con delle "tare" nei cromosomi, nei geni che si porta dentro!
Pensate a un bambino che nasce in una famiglia mafiosa: trova intorno a sé la pesantezza della violenza, della mancanza di rispetto, del considerare il denaro come valore assoluto, del disprezzo degli altri, della legge: come potrà, questo bambino, credere nel bene?
Occorre, allora, cominciare a pensare che il "peccato originale" non è uguale per tutti: ci sono condizioni molto diverse, in cui ciascuno di noi è nato. Chi è fortunato si porta nella propria vita più l'eredità del bene di coloro che l'hanno preceduto e chi è più sfortunato maggiormente l'eredità del peccato.
È possibile andare oltre questa pesantezza? È possibile credere, sperare, amare? È possibile che i valori, che Gesù è venuto a testimoniare in mezzo a noi, diventino ancora vivi?
Ecco, Maria, per la fede della Chiesa, è la testimone che è possibile! Può nascere Gesù in mezzo agli uomini. È possibile nel momento in cui accetta il progetto, in cui si apre alla speranza: "Come è possibile?" - chiede - "Lo Spirito Santo scenderà". "Eccomi sono la serva del Signore!".
Ci prepariamo a celebrare la nascita del Signore e se il Natale non è una cosa vuota, ciascuno di noi è chiamato, come può, a far nascere Gesù, a rendere vivi i Suoi valori, a renderli concreti nella vita di ogni giorno: è possibile!
È possibile l'amore, il servizio, la dedizione, la libertà, il coraggio, la speranza in questo mondo, a volte, così segnato dal male, dal disinteresse, dalla noncuranza?
Maria ci ripete che è possibile!
È la nostra speranza, è la compagna del nostro cammino: "Beata te che hai creduto!" le dirà Elisabetta, quando va a trovarla, in un gesto di servizio, di attenzione, di amore… è l'unica cosa che sembra aver capito del grande annunzio dell'Angelo: va, corre a dare una mano, come può! È il primo modo per far nascere suo Figlio: porsi al servizio di un altro… e si sente dire: "Beata te che hai creduto!".
È quello che speriamo di sentirci dire anche noi a Natale: beati noi che abbiamo cercato di credere che è possibile all'uomo andare "oltre". Oltre il peso dell'eredità che tutti ci portiamo dentro: l'eredità di un'umanità pesante, difficile, segnata dal peccato e dal male: è possibile credere, sperare, amare.
È questo che Maria affida a tutti noi.
Il Signore ci aiuti.
"Io sono voce di uno che grida nel III Domenica d'Avvento - 11 Dicembre 2005
deserto: preparate la via del Signore". Giovanni 1, 6-8. 19-29
Nel cammino verso Natale ci viene ancora incontro Giovanni il Battista, oggi - come, forse, avrete notato - nella riflessione più attenta e meditata del Vangelo di Giovanni l'Evangelista, che ci presenta, spesso, un tentativo di approfondire, importante per noi.
E oggi l'accento è posto sulla domanda: perché Giovanni non è stato ascoltato; che è simile alla domanda: perché Gesù non è stato accolto? E, forse, ci riguarda perché, anche noi, rischiamo di non accogliere il Signore nel Natale che viene!
Perché Giovanni non è stato ascoltato? Avete sentito che qui sono nominati i Giudei, i sacerdoti, i leviti i farisei... un po' tutti i rappresentanti del popolo d'Israele. Questo problema ha inquietato a lungo i primi cristiani: perché non viene accolto Colui che è mandato da Dio?
Nel Vangelo di oggi c'è un tentativo di rispondere. Spesso gli uomini hanno delle aspettative, spesso dei pregiudizi: "Chi sei tu, sei, forse, il Cristo? Sei Elia, sei il profeta?". "No, non sono niente di questo! "Ma, allora, perché battezzi?".
Vedete, il pregiudizio! C'è gente che pensa di sapere chi deve venire: deve essere il "Cristo" o "Elia" o un "profeta"! Giovanni: "Io sono soltanto una voce...". "Allora perché battezzi?".
È un tema importante anche per noi nella preparazione al Natale!
Vi sarete accorti anche voi, nella esperienza della vita che, spesso, anche nei rapporti tra di noi, anche nei rapporti più intimi, le aspettative, il pensare di sapere come dovrebbe essere l'altro, ci rende incapaci di accoglienza.
Se uno ha troppe attese nei confronti di un figlio, se pensa di sapere come dovrebbe crescere, chi dovrebbe essere, cosa dovrebbe diventare... spesso è incapace di guardare, fino in fondo, quello che matura nel cuore di una persona che sta crescendo.
Ma questo, a volte, succede anche tra marito e moglie, tra gli amici... Se mi aspetto troppo da un'altra persona, rischio di non saperla accogliere; se so, o penso di sapere, chi dovrebbe essere...
Ecco una domanda che Giovanni ci pone nel cammino verso il Natale: cosa aspettiamo dal Natale? La pace del mondo? "È troppo grande" dirà qualcuno di voi. "Certamente, ma almeno la pace dentro di me, la serenità!" E se non arrivasse un Natale sereno?
Una bella festa in famiglia? E se uno rimane solo? Nella lunga esperienza del mio cammino di prete ho sentito, a volte, delle mamme lamentarsi: "Ecco, a Natale sono sola, i figli sono andati in giro per il mondo: chi a sciare, chi è in viaggio e la casa rimane vuota". Aspettava un Natale come tanti altri, festoso, lieto e... quest'anno Natale è un'altra cosa!
Ma il problema potrebbe essere più profondo perché, aldilà del clima di Natale, noi aspettiamo Gesù. Giovanni dice: "In mezzo a voi c'è Uno che voi non conoscete" "Come non Lo conosco! Da quando son bambino sento nominare Gesù, sento parlare di Lui!".
Siamo sicuri di conoscere, fino in fondo, il Signore? Siamo sicuri di sapere, fino in fondo, chi è nella mia vita?
A volte, parliamo di un Signore onnipotente; a volte, di un Signore che mi sta vicino e mi consola… a volte, il rapporto con il Signore è aspro, faticoso, a volte, non riesco a dire nemmeno una preghiera; a volte, non Lo sento vicino; a volte, sembra anche a me, come ai discepoli sulla barca, un "fantasma"; a volte, sembra nessuno...
Io penso di conoscerLo, di sapere cosa significa essere credente... ma fate attenzione! Anche oggi le religioni e, non soltanto le religioni del mondo, anche la nostra è attraversata dall'integralismo e dall'intolleranza. Noi pensiamo di sapere! C'è gente che pensa di sapere tutto di Dio, di Gesù: e questo, spesso, causa divisioni, ostilità degli uni verso gli altri, l'incapacità di capire quello che succede, di accogliere chi la pensa diversamente da me.
Pensare di sapere tutto, di possedere la verità su Dio e sugli uomini, di avere una verità che scende dall'alto, è cosa che conviene tenere lontana dal nostro cuore: lasciatela ai tanti, troppi, integralisti della religione.
Conservate - per quello che ho capito io, almeno - un cuore tenero, appassionato, che cerca: "In mezzo a voi sta Uno che non conoscete..". Non pensate di sapere tutto di Lui! Aprite gli occhi, spalancate le orecchie: fate come Giovanni, il quale non pensa di essere la "luce", di possedere la verità: è aperto all'attesa, all'accoglienza... si mette da parte per far spazio al Signore.
È quello che siamo invitati a fare, anche noi, nel Natale che viene: fare spazio a Gesù. Maria - l'abbiamo celebrata l'altro giorno - può insegnarci! Lei ha saputo dire: "Eccomi". Ha saputo sgranare gli occhi del suo cuore per accogliere l'Inaspettato, Colui che veniva in maniera completamente diversa da quello che lei aveva preveduto, aveva progettato.
Ha saputo accogliere la Luce… ma quanta fatica avrà fatto, anche lei, vedendoLo crescere! Quante volte, anche lei avrà detto: "Perché è andato via da casa? Perché va a predicare al mondo? Perché... "In mezzo a voi c'è Uno che non conoscete...". Nemmeno Maria Lo ha conosciuto fino in fondo. Ha cercato, fino alla fine, di tentare di capire chi era questo Figlio, che Luce portava nella sua vita e nel mondo: ha tentato, fino in fondo, di accoglierLo! Ha saputo farlo facendogli spazio, sgranando gli occhi, aprendo gli orecchi...
Giovanni dice: "Io sono soltanto una voce che grida...". Noi non siamo nemmeno quello! Abbiamo soltanto orecchi che tentano di ascoltare, occhi che tentano di stupirsi, per far spazio al Signore che viene.
Il Signore ci aiuti.
"Ti saluto, o piena di grazia, il Signore IV Domenica d'Avvento - 18 Dicembre 2005
è con te... concepirai un figlio..." Luca 1, 26-38
"Com'è possibile?!..."
"Lo Spirito santo scenderà su di te…"
Eccomi.. avvenga di me quello
che hai detto".
Vorrei, ancora una volta, attirare la vostra attenzione sulla domanda di Maria: "Come è possibile…? Chi conosce il Vangelo sa che questa domanda lo attraversa tutto: come è possibile che un cieco veda, come è possibile che un sordo oda e un muto parli? Come è possibile che un paralitico si alzi e cammini. Come è possibile che un morto risorga? Quando Gesù va a casa di Giairo e dice: "La ragazza non è morta, dorme" tutti ridono. Come è possibile con due pani sfamare cinquemila persone?
Se non considerate tutti questi racconti come una serie di miracoli, di prodigi, ma come immagini, simboli della vita cristiana, allora vi trovate nel cuore stesso della nostra fede.
È possibile credere e sperare. È possibile avere fame e sete di giustizia, essere miti, misericordiosi, operatori di pace. È possibile credere nella pace e nella giustizia e tentare, nei limiti delle nostre possibilità, di impegnarci per questo.
È possibile che due persone si vogliano bene per tutta la vita, nella libertà e nel rispetto. È possibile nei rapporti umani vivere l'amicizia, la disponibilità, il servizio, la gratuità. È possibile che gli ideali, i sogni di Gesù diventino concreti nella nostra esperienza quotidiana. È possibile vivere la speranza, conservare nel cuore il coraggio del futuro.
È possibile se, come Maria, ci apriamo al soffio dello Spirito. "Eccomi...": è possibile se anche noi ci rendiamo disponibili al progetto di Dio.
La verginità di Maria diventa allora il simbolo della nostra povertà, della nostra incapacità a generare Gesù. Ma dentro le nostre incapacità Dio viene a generare la speranza, a portare la sua luce. Viene perché, concretamente, nella nostra esperienza di ogni giorno, sia possibile vivere il bene e l'amore.
Domenica prossima sarà già Natale: tenteremo di accogliere Gesù in mezzo a noi. Non aspettiamoci un Signore potente e glorioso, capace di risolvere, con la bacchetta magica, i nostri problemi. Non aspettiamoci il Dio onnipotente, da cui dipende ogni cosa, che tutto regola e dispone, che può tappare, con il miracolo, i buchi della nostra esistenza.
Ci prepariamo ad accogliere un piccolo bambino indifeso che ci tende le mani, che si affida alla nostra disponibilità, che ci chiede tenerezza e amore, gratuità, servizio e attenzione. Occorre un cuore come quello di un bambino, capace di stupore e meraviglia, aperto al futuro, che ci permetta di veder nascere Gesù nella nostra vita, di condividere i suoi sogni.
Dio viene a condividere la nostra vita, viene a camminare con noi per le strade polverose di questo mondo. Viene a condividere la "paglia" della nostra esistenza, i bassifondi della nostra vita. Viene a condividere con noi la speranza, la fiducia nell'uomo, il coraggio di vivere. Viene per condividere con noi la fame e la sete di giustizia, la tenerezza verso i piccoli. Viene per invitarci alla festa.
Tenteremo di accoglierLo nella nostra vita di lasciarLo crescere nella nostra esperienza. Tenteremo di camminare con Lui condividendo la possibilità di costruire un mondo migliore, più pacifico e giusto.
Il Signore ci aiuti.
"Oggi vi è nato un Salvatore... NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2005
troverete un Bambino avvolto in fasce..." Luca 2,1-14
Accogliamo, anche noi, l'invito dell'Angelo: andiamo a guardare in quella grotta dove è nato per noi un Bimbo! Guardate un momento il viso stanco e disfatto di Maria: si fa tanta fatica a mettere al mondo un figlio; guardate il suo sorriso, tenero, affettuoso, trasfigurato… e tra le sue braccia quel cucciolo d'uomo, piccolo, indifeso: non può nemmeno sorridere, ancora. Guardate bene quel cucciolo d'uomo: è il seme di Dio nella nostra storia!
E, adesso, vi faccio io un invito: siamo stretti, qui, ma c'è un modo per dilatare gli spazi, abbiamo la fantasia... e, allora, provate a volare, a guardare le tante chiese in cui c'è gente radunata; visitate le grandi cattedrali del nostro paese; le stupende cattedrali che ci sono in tutta Europa.
Ma poi andate, anche, nelle piccole chiese di campagna: dovunque c'è gente! Andate più su, verso il nord, dove il gelo stringe la terra, dove non bisogna aspettare mezzanotte perché venga il buio: guardate le piccole chiese, in cui tante persone si radunano intorno alla culla di Gesù. Poi volate più lontano... tra i grattacieli di New Jork, di Chicago o nelle grandi periferie del Bronx o di San Francisco, poi volate a Rio de Janeiro, a San Paulo, in Argentina... là non è una notte fredda come la nostra, c'è un caldo umido e soffocante, eppure c'è gente... tanta gente in grandi cattedrali ed anche in piccole baracche in mezzo alle favelas... gente che guarda il Bambino Gesù, come facciamo noi.
Poi volate in Africa, anche là ci sono grandi chiese, ma molte sono semplici capanne di paglia, anche là si prega, forse in maniera diversa da noi: si canta si balla, ci sono altri simboli…
Andate dove c'è la guerra, dove c'è gente che, anche stanotte, muore di fame! Anche lì ci sono persone riunite intorno a una culla. Poi andate più lontano ancora, in Giappone, in Corea, anche in Cina, dove, spesso di nascosto, c'è chi celebra il Natale.
E uscite anche fuori dalle chiese, in mezzo alla gente comune: per molti oggi è Natale, nel cuore di tanta gente arriva l'eco di un messaggio, qualcosa di quel seme che Dio porta nella storia.
Quanti frutti ha portato quel seme! Sembrava una storia piccola, piccola, in uno sperduto paese di questa nostra terra… adesso, siamo centinaia di milioni! Ha portato frutto quel seme!
C'è tanta gente che si riunisce nel nome di Gesù, tanta gente che tenta di credere in Lui!
Ma adesso tentate di guardare nel cuore di tutta questa gente! E, forse, vi conviene non guardare lontano: guardate nel nostro cuore, nel mio, nel vostro, nel cuore di ciascuno... e lì trovate i semi. Sì, i semi! Perché i sogni di Gesù non sono ancora compiuti, perché quel Bambino è ancora solo un piccolo cucciolo e ci tende le mani… sogniamo la pace, la giustizia, la libertà... ancora sogniamo la tenerezza e l'amore, ancora sogniamo...!
E allora gridiamo verso lo Spirito di Dio - e speriamo che lo facciano in ogni angolo della terra - perché questi semi non siano soffocati nel cuore nostro e nel cuore di tanta gente; nel cuore di chi ha fame, nel cuore di chi vive la guerra, di chi vive l'ingiustizia: che i semi di pace, la fame e la sete di giustizia, la passione per la vita portino frutto! Gridiamo allo Spirito perché non vinca la paura, la disperazione; perché dia a tutti il coraggio e la forza di credere in Gesù, di far crescere i Suoi sogni, così come il Suo seme è cresciuto su tutta la terra.
Guardate! È soltanto un cucciolo d'uomo, può soltanto piangere, gridare la Sua voglia di vita: ma è il seme di DIO! Questa voglia di vita, questo desiderio di pace, li affida a tutti noi, al nostro coraggio, alle nostre mani... non sono mani di bambini, sono mani adulte: mani che possono costruire intorno a sé la tenerezza e la pace, la giustizia e l'amore.
È Lui che ci invita! È venuto per camminare con noi, per dar ragione ai nostri sogni, per condividerli, per portare, dentro di noi, un po' della Sua luce, la Sua passione per la vita, la libertà, l'amore; auguriamoci che sia la passione di ogni uomo che, come noi, si raduna intorno alla culla di Gesù e di ogni uomo che, anche lontano dalle chiese, sente un'eco del Natale.
Natale è Natale se l'uomo può credere nella pace, se l'uomo può impegnarsi per la pace, se può accogliere i sogni di Gesù e condividerli con ogni uomo di buona volontà.
Il Signore ci aiuti.
"Maria serbava tutte queste cose, MARIA SS. MADRE di DIO - 1 Gennaio 2006
meditandole nel suo cuore." Luca 2, 16-21
Avete, penso, notato tutti come questa pagina sia attraversata da un senso di stupore, di meraviglia, di lode, di giubilo, di esaltazione. I pastori che vanno e trovano una mangiatoia, una stalla, quindi una situazione di estrema povertà, non sembrano nemmeno accorgersi di tutto questo! Per loro è un momento di stupore, di gioia, di lode, di ringraziamento, tutto viene meno di fronte alla certezza che il credente ha: Dio viene a condividere la nostra vita, a camminare con noi per le strade del mondo... in quel piccolo Bambino c'è la presenza di Dio nella nostra storia, tutto il resto diventa secondario.
Ma cosa significherà, poi, questo nella vita di ogni giorno? Vi siete chiesti, forse: i pastori, che tornano "glorificando e lodando Dio", che cosa hanno portato nella vita di ogni giorno di questa esperienza? Cosa è cambiato nella loro vita quotidiana, nel rapporto con gli altri… e vedete, non è un problema dei pastori, è un problema nostro, mio, vostro.
Abbiamo celebrato il Natale, cominciamo l'anno portando nel cuore, anche noi, questo senso di stupore, di meraviglia, di giubilo per la presenza di Dio nella nostra vita… ma poi, giorno per giorno, cosa vuol dire?
Avete ascoltato che Luca ci parla ancora una volta di Maria: per il suo Vangelo Maria è il simbolo del credente. "Maria serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore". Maria ha toccato con mano la presenza di Dio nella sua vita… ma nell'esperienza di ogni giorno, che vuol dire?
Vedete, la vita cristiana è tutta qui! In questa tensione tra la memoria, tra la certezza della presenza di Gesù nella mia vita e il quotidiano, i fatti di ogni giorno.
Cosa significa credere in Gesù, portare qualcosa della Sua luce, della Sua vita nel quotidiano, nei rapporti con gli altri, nei problemi del mondo?
Non vi meraviglierete se, spesso, - non capita solo a voi, capita anche a me, come ad ogni credente - ci troviamo sgomenti, non riusciamo a capire cosa significhi, in concreto, essere cristiani; cosa significhi portare un po' della luce del Signore nella vita: è successo anche a Maria.
Se leggete il Vangelo vedete che, anche lei, ha fatto fatica a capire Gesù! Quando Lui se n'è andato di casa, ha lasciato la bottega di falegname, è andato in giro per il mondo ad annunziare il Vangelo... sarà rimasta sconcertata! Che significa? Che vuol fare? Dove va? Qual è la Sua missione? E anche lei, forse, per lunghi periodi, non è riuscita a capirLo.
E poi, c'è un altro problema che abbiamo nel tentare di essere credenti: ci sono le regole, le tradizioni...
Avete ascoltato - da questo punto di vista è significativo - nel Vangelo di oggi: otto giorni dopo devono circoncidere Gesù. Era un rito tradizionale, antichissimo. Il popolo d'Israele lo fa ancora oggi! Eppure, se conoscete un po' il Nuovo Testamento, sapete come la circoncisione ha creato problemi gravissimi per la prima comunità cristiana. Quelli che andavano in giro per il mondo dicevano: "Non è essenziale!". "Come non è essenziale?! Fa parte della tradizione, i nostri padri l'hanno sempre fatta, Gesù l'ha fatta e voi, non volete farla più?". "No! Non vogliamo farla più perché non significa più niente per noi!"
Cosa ha ancora un senso, quali sono le tradizioni valide che hanno qualcosa di importante e che, magari, vanno riviste e cos'è, invece, che va superato nella vita di ogni giorno, nel concreto del quotidiano?
Cosa significa essere cristiani? Non vi preoccupate se non riuscite a trovare, molto spesso, risposta a questa domanda, ma è la domanda che un cristiano si porta dentro e tenta di viverla. Posso darvi un consiglio? Diffidate delle grandi parole che, ogni tanto, si sentono sulla bocca, anche, di personaggi importanti della Chiesa: spesso è retorica, spesso, sono parole vuote. Oggi è la giornata della pace, avete provato a guardarvi nello specchio? Come sarebbe bello che ci fosse pace su tutta la terra; come sarebbe bello se finissero le guerre, i massacri: ce ne sono di terribili in Africa, in altre parti del mondo... sarebbe bello, ma io che posso fare? Che senso ha nella mia vita tutto questo? Forse... forse posso fare una carezza a chi mi sta accanto; forse, posso impegnarmi a portare un po' di pace nella mia famiglia, con la gente che ho intorno: ma, se avete provato, sapete come, anche questo, a volte, è estremamente difficile!
Allora non vi preoccupate! Solo questo volevo dirvi stamattina! Il credente è uno che vive questa continua tensione tra la presenza di Gesù, tra la Sua luce, i Suoi valori, i Suoi sogni, i Suoi ideali e il quotidiano e i problemi di ogni giorno e, a volte, non si trova la soluzione.
Permettetemi di augurarvi che un po' dello stupore, della gioia del Natale vi accompagni in quest'anno.
Permettetemi di augurarvi di poter fare un po' di pace intorno a voi, con la gente che avete accanto, con i figli, i nipoti, gli amici...
Permettetemi di augurarvi che quest'anno sia per voi un anno sereno, ricco di opere buone; che possiate trascorrerlo in buona salute e che possiamo ritrovarci, ancora, a celebrare il Natale.
Auguri a tutti.
Il Signore ci aiuti.
"Al vedere la stella, i Magi EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2006
provarono una grandissima gioia" Matteo 2, 1-12
Vi conviene non perdere tempo a cercare nel cielo la stella di cui parla questa pagina del Vangelo. Vi conviene non perder tempo a chiedervi chi siano questi Magi, strani personaggi venuti dall'oriente: nel Vangelo di Matteo, questi sono simboli, immagini e - se ho capito qualcosa - immagini straordinarie della vita del credente; di più, dell'uomo, in generale.
Vedete, noi abbiamo qui tre personaggi strani... inutile chiederci chi siano! Vengono da lontano, seguendo un vago segno del cielo: sono inseguitori della luce, cercatori di senso e camminano senza stancarsi. Incontrano sul loro cammino Erode: la violenza, il potere, la forza del denaro. Incontrano il rumore, l'agitazione e l'indifferenza della città: "tutta Gerusalemme si agita". Incontrano le "consorterie" di quelli che sanno tutto: scribi, sacerdoti, sapienti... sanno! Conoscono le "rispostine" del catechismo... hanno pronta la risposta! Ma non si muovono, non cercano!
Ecco il contrasto tra chi va inseguendo la luce, tra chi cammina alla ricerca del senso, della verità, tra chi va cercando una risposta, tra chi si pone domande, e chi pensa di sapere tutto... e lo scontro con l'indifferenza, l'agitazione della folla, con il potere.
Provate a tradurre questi simboli nella vita che conoscete. Provate, per esempio, a pensare alla storia della medicina. Quanti studiosi si sono scontrati - forse sarebbe meglio dire si scontrano - con il potere: il potere delle multinazionali, il denaro, l'interesse; sembra, a volte, interessi poco il malato, interessa più far soldi, il potere.
Quante volte gli studiosi si sono scontrati con l’indifferenza - si scontrano ancora - della gente per la ricerca, per il bisogno di approfondire, di capire, di cercare, di studiare.
Quante volte gli studiosi si sono scontrati contro le "baronie" delle Università, contro quelli che sapevano tutto, che erano contrari a ogni scoperta nuova, a ogni approfondimento, a ogni intuizione che portava o, sembrava portare, una rivoluzione nel sapere acquisito. Spesso si sono scontrati con quelli che pensano di sapere ogni cosa, di possedere la verità.
Quando ero giovane, se m'avessero detto che questi problemi non riguardavano soltanto la medicina, la matematica o le altre scienze, ma anche la religione, mi sarei scandalizzato! Adesso non mi scandalizzo più. Perché gli uomini religiosi, pensano di avere la verità stessa da Dio! Spesso si riempiono la bocca di questa parola: la Verità! La verità di Dio è "oltre"! La Bibbia ce lo ripete in ogni pagina: nessuno può possedere la verità di Dio; nessuno può sapere, in nome di Dio, che cosa è giusto, che cosa è sbagliato, che cosa è vero, che cosa è falso... Quante "consorterie" nelle religioni! E non pensate, soltanto, alle religioni di quelli "brutti e cattivi", parlo anche della nostra...
Troppa gente pensa di possedere la "verità". Troppa gente si riempie la bocca di questa parola. La verità, per il credente, va cercata, inseguita con passione giorno per giorno, nel dialogo, guardando con stupore gli occhi del vicino, convinti che ognuno si porta dentro un riflesso della verità inaccessibile - lo ripeto - inaccessibile di DIO! Perché nessuno può possedere interamente la verità di Dio! Di Lui possiamo intuire qualche riflesso, qualche bagliore e lo intuiamo, soprattutto, nel cuore dell'uomo che cerca con passione, di chi "ha fame e sete di giustizia, di chi è mite, misericordioso", lì troviamo le "tracce" di Dio. Le tracce del cammino dell'uomo, le tracce della luce; di questa luce che aiuta l'uomo ad essere più libero, a vivere con pienezza la vita e vi conviene... - conviene anche a me, ma conviene a tutti noi - non guardare soltanto alle autorità della Chiesa, ma guardare anche a noi stessi perché, anche noi, corriamo il rischio di sederci su quello che abbiamo scoperto, di non cercare più.
Conserviamo - se è possibile, in quest'anno che ci sta davanti - nel cuore questa straordinaria immagine del credente: è uno che insegue la luce… e, ricordate, per Matteo chi insegue la luce è gente che viene da lontano; gente che appartiene ad un'altra religione, ma ha un cuore appassionato che cerca il senso, che insegue la luce, che cammina senza stancarsi… è questo quello che conta! Aldilà delle appartenenze, aldilà delle consorterie, aldilà delle etichette. Ogni uomo appassionato di luce si ritrova in questo cammino verso il Signore, ma non è un cammino a buon mercato.
Il Signore ci aiuti.
In quei giorni Gesù venne da Nazareth di BATTESIMO del SIGNORE - 8 Gennaio 2006
Galilea e fu battezzato da Giovanni nel Giordano. Marco 1, 7-11
E si sentì una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio
prediletto, in te mi sono compiaciuto"
Soltanto due giorni fa ci trovavamo, ancora, intorno alla culla di Betlemme, nella stalla, in una situazione di povertà, di miseria totale.
Sono passati, soltanto, due giorni, la scena è completamente cambiata: Gesù è adulto, siamo sulle rive del Giordano e Lo vediamo scendere nelle acque per ricevere un "segno".
Avete mai pensato a quanto deve essere stato difficile, per i primi credenti, accettare la povertà di Betlemme? In fondo, se si manifesta il Signore, se si manifesta Dio, ci si aspetta una manifestazione di potenza, di gloria, un segno prodigioso... trovare un piccolo Bambino indifeso, in una mangiatoia, in mezzo agli animali, circondato da pastori, povera gente… non deve essere stato semplice, per i primi cristiani accettare che, l'inizio della vita di Gesù, l'inizio della presenza di Dio nella storia degli uomini, fosse così povera, così misera, così semplice.
Ma, forse, questo non è stato poi così complicato, perché i primi cristiani erano tutti povera gente: pescatori, operai… e perché erano abituati a sentire risuonare nelle parole della Bibbia, il grido che ritroveremo nel Vangelo: "beati i poveri... " L'avevano sentito ripetere tante volte!
Ma deve essere stato per loro, veramente, motivo di scandalo che Gesù cominciasse la Sua missione, da adulto, con un segno di penitenza! Trovate, se leggete attentamente il Vangelo, l'eco di questo scandalo! È Lui che deve battezzare, non essere battezzato! Perché si mette in fila con quelli che hanno il cuore pesante? Con chi sente di avere sbagliato e vuole cambiare, convertirsi? Che bisogno ha Lui di conversione?! Non è il Santo di Dio? Come può mettersi in fila con la povera gente che ha il cuore pesante, con i peccatori, con la gente che ha sbagliato? Cosa c'entra Lui in mezzo a quella gente?
Hanno ascoltato, tante volte, i maestri della Legge gridare contro chi ha sbagliato, contro chi ha peccato. Hanno visto, tante volte esclusi dalla Sinagoga quelli che si erano pervertiti, che erano andati con i pagani, quelli che si erano sporcati... Hanno sentito invitare, tante volte, alla purificazione, al cambiamento... e adesso, il Figlio di Dio invece di mettersi, anche Lui, dalla parte del maestro a chiedere penitenza, a invocare il cambiamento: si mette in fila con i peccatori! Questo è veramente scandaloso! Come è possibile che il Figlio di Dio, il Messia, si mescoli con tutta quella gente là? E poi, perché fuori del Tempio? Perché sulle rive del Giordano? Perché...?
Eppure hanno dovuto abituarsi a tutto questo! Quasi in ogni pagina del Vangelo, trovate Gesù a tavola con i peccatori, con la gente che ha sbagliato. Lo trovate a fianco di chi sente il bisogno del cambiamento, della luce, del rinnovamento... a tavola con loro per far festa e ha raccontato di questa festa in parabole straordinarie.
Pian piano hanno dovuto accettare! E noi speravamo che tutto fosse cambiato. Perché è venuto, Dio, accanto all'uomo che sbaglia: non davanti per gridare e giudicare, ma accanto per camminare insieme.
Eppure, anche noi, abbiamo ascoltato, tante volte, il grido dei maestri della Legge... ci hanno "vociato" per tutto! Ci hanno rimproverato, quasi, per ogni cosa e più d'uno di noi si è sentito dire attorno alla Tavola del Signore: "No, tu no!". "Perché no?!". "No, perché lo dico io, no!". "Ma Lui dice: prendete e mangiatene tutti e finché non cambia la lingua italiana, tutti, significa tutti!". No, tu no! In nome del potere, in nome della Legge, in nome delle regole!".
E LUI.... Lui continua a farsi pane! Non per quelli giusti, ma per la gente come noi, per la gente che ha il cuore pesante...
Così Lui ancora fa scandalo! In questa Chiesa che pensa di possedere ogni verità, di sapere, sempre, che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, che ancora esclude da questa tavola, che ancora pensa di giudicare in nome di Dio. Il Dio che si manifesta in Gesù di Nazareth è Uno che si mette in fila con chi sbaglia, china la testa sotto l'acqua del Battesimo e, soltanto quando è uscito da quell'acqua, si sente la Voce che dice: "Questi è il Figlio mio!". Lui che si è messo in fila, Lui che ha chinato la testa, Lui che si è fatto compagno di strada, Lui che si fa "cibo" per tutti: cibo di salvezza e di grazia, cibo di benedizione e di vita, cibo di festa… così è il Dio che conosciamo in Gesù di Nazareth.
Non c'è maestro della Legge che possa cambiare. Dice l'Apostolo: "Anche se venisse un Angelo dal cielo a predicare un vangelo diverso, non ascoltate…!". Questo è l'unico Evangelo che il Signore Gesù è venuto a portarci. Lui si fa compagno di strada di gente come me, che ha il cuore pesante, che sa di sbagliare, ma cerca di cambiare e non si sente escluso dall'amore di Dio e dalla Sua festa.
Il Signore ci aiuti.
"Rabbì (che significa maestro), II Domenica del tempo ordinario - 15 Gennaio 2006
dove abiti?". Disse loro: "Venite Giovanni 1, 35-42
e vedrete". Andarono dunque...
"Rabbì, dove abiti?". "Venite e vedrete". "Maestro, dove abiti?" questa - per quel che ho capito - è la domanda fondamentale del credente.
Non si tratta di conoscere l'indirizzo di Gesù, si tratta di cercare, giorno dopo giorno, con passione, la "terra" in cui abita Gesù, il Suo spazio. Gesù - per quello che ho capito io, in una ricerca che dura ormai da tanti anni - abita la terra del sogno, la terra dell'ideale, dei valori. Gesù abita la terra della gratuità, della tenerezza, la terra della libertà, della giustizia. Gesù abita la terra in cui l'uomo ha fame e sete di giustizia, in cui si è miti, misericordiosi, appassionati della pace. Gesù abita la terra in cui, aldilà delle tradizioni, aldilà delle regole, si cerca l'essenziale, si cercano i valori che rendono vera, bella, ricca la vita di un uomo. Gesù abita la terra del "sogno" e ci invita ad andare a vedere! Gesù abita la terra in cui un uomo viene preso per mano e sta ritto in piedi, con tutta la dignità di un uomo libero e responsabile, e guarda verso il futuro e vive la speranza...
Ma Gesù abita anche la terra in cui conta un solo bicchiere d'acqua fresca, dato con generosità; in cui non viene mai spento il "lucignolo che fumiga", non viene spezzata la "canna incrinata". Gesù abita la terra in cui contano i piccoli gesti quotidiani, in cui conta la mano tesa, la vita condivisa.
Gesù abita la terra in cui chi sbaglia viene cercato e "portato sulle spalle", è invitato a rialzarsi e a camminare ancora... Gesù non abita la terra in cui si è giudicati e condannati, in cui si è esclusi perché "diversi"…
Gesù abita la terra in cui l'uomo è invitato alla "festa"... Troppe volte si è sentito ripetere, nella storia della Chiesa - purtroppo, mi capita sentirlo ripetere anche oggi - che la terra del Signore sia la terra della rinuncia, del sacrificio, della tristezza...
È la terra in cui si è invitati alla gioia… la terra in cui si vivono, con passione, i propri ideali e i propri sogni, anche quando costa, fino al sacrificio della vita; ma è la terra in cui la sofferenza non è mai un valore e va sempre combattuta dall'uomo con tutto il coraggio del suo cuore, perché il futuro dell'uomo è la "festa", è la gioia, la vita condivisa...
"Maestro, dove abiti?", ecco la domanda che è bene che ciascuno di noi si porti nel cuore, perché essere cristiani - per quello che ho capito io - significa continuare a cercare la terra in cui abita Gesù, qual è il Suo stile di vita, i Suoi valori: è la terra della libertà, della gratuità; è la terra del sogno, dell'ideale, la terra dei valori essenziali e verso questa "terra" Gesù ci invita a camminare...
"Venite e vedrete" e non una volta sola, ma giorno dopo giorno, alla ricerca di quello che è essenziale nella vita
Essere cristiani è un cammino, una ricerca che non ha fine, per tentare di "abitare" anche noi, nella "terra" in cui vive Gesù: è la Sua terra, è la terra che Lui è venuto a rendere viva, qui, in mezzo a noi, camminandoci a fianco con tenerezza e amore… e quando le ginocchia si piegano e non ce la facciamo più ad andare avanti, Lui non ci respinge, non ci condanna, non ci esclude: ci invita a camminare, ci mette la mano sulla spalla... perché la terra in cui Gesù abita è la terra della tenerezza, la terra della misericordia, la terra in cui si condivide la strada, anche con chi è "piccolo", con chi non ce la fa, con chi ha il "lucignolo che fumiga", perché possa, ancora, rialzarsi e camminare verso il "sogno", verso la bellezza della vita, verso la gratuità, verso la libertà
Il Signore ci aiuti.
Passando lungo il mare di Galilea, III Domenica del tempo ordinario - 22 Gennaio 2006
vide Simone e Andrea e disse loro: Marco 1, 14-20
"Seguitemi... ". E subito, lasciate le
reti, Lo seguirono. Un poco oltre
vide Giacomo e Giovani... li chiamò.
Ed essi, lasciato il loro padre Zebedeo,
Lo seguirono.
Quello che abbiamo appena ascoltato non è il racconto di un fatterello accaduto tanto tempo fa, sarebbe assurdo! Gesù passa lungo la strada, vede due persone: "Venite con Me..." Quelli lasciano subito tutto e, senza conoscerlo, Gli vanno dietro...!
Abbiamo ascoltato l'esperienza profonda dei primi discepoli: Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni, ma, in fondo, è l'esperienza fondamentale di ogni credente.
Il credente che ascolta l'invito di Gesù e Lo segue, tenta di stabilire con Lui un rapporto di amicizia, di conoscenza, che si approfondisce giorno dopo giorno: è quello che hanno fatto i primi credenti, Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni, condividendo con Lui la vita, ascoltando le Sue parole, condividendo i Suoi sogni, i Suoi ideali, come i gesti di ogni giorno.
Avere fede è stabilire un rapporto vivo, vitale con una persona, con Gesù.
Vedete, è importante questo perché, a volte, ascoltate discorsi alla radio, alla televisione e, qualche volta, da sacerdoti o da qualcuno più importante, i quali parlano della fede come di un dono che uno ha o non ha! Quante volte avete ascoltato questo discorso: la fede è un dono, un dono "dall'alto", o ce l'hai o non ce l'hai!
Oppure, sentite parlare della fede come di un "pacchetto" di verità, di dogmi, di affermazioni a cui bisogna credere… - come ci dicevano, quando eravamo bambini - senza porci troppe domande, senza pensare troppo. Si crede perché si ascolta la "parola", perché si da fiducia a qualcuno che parla... che parla in nome di Dio; un pacchetto di verità da accettare quasi a scatola chiusa.
Che cos'è la Fede? Cosa significa che la fede è un dono? Che rapporto ha la fede con la verità? Forse può aiutarvi un esempio che ho fatto tante volte, ma che, in questa settimana, parlando con alcune persone, si è arricchito di riflessioni.
Provate a seguirmi...
Immaginate due giovani sposi che, in occasione del matrimonio, ricevono dei doni... immaginate che abbiano ricevuto una bella lavatrice nuova, di quelle moderne, complicate, con tanti pulsanti... accompagnata da un bel libretto di istruzioni! Questa lavatrice ce l'hai o non ce l'hai! Se non te la regalano non ce l'hai, se te la regalano è un dono, magari prezioso, che bisogna usare seguendo attentamente le istruzioni; se non le segui rischi di rovinare o la lavatrice oppure la biancheria che ci metti dentro...
E, adesso, guardate un momento questi due ragazzi!
Si sono ritrovati davanti all'altare e si sono detti - così si usa adesso - l'un l'altro: "Io accolgo te!" Se il loro amore è sincero, si sono guardati negli occhi e si sono accolti come un dono: il dono più straordinario della vita! Un dono che non è una cosa che c'è o che non c'è: è il dono di una persona e... non hanno avuto un libretto di istruzioni! Anche perché sarebbe assolutamente inutile!
Il loro rapporto non è quello che c'è tra una persona e una lavatrice: è il rapporto che c'è tra due persone! E il libretto di istruzioni non servirebbe perché le persone cambiano, si modifica il loro rapporto: occorre continuamente guardarsi negli occhi, perché l'accoglienza non è il fatto di un momento... si ripete giorno per giorno e si nutre dello stupore, dell'attenzione dell'uno verso l'altra.
Sì! Queste persone debbono avere una gran voglia di vivere dei valori nel loro rapporto: la libertà, l'accoglienza, il rispetto, la tenerezza, il servizio, l'attenzione, la vita condivisa… ma cosa significa giorno per giorno? Cos'è la tenerezza in un momento di esaltazione, di passione e cos'è la tenerezza quando uno si ammala? E cos'è la tenerezza dopo che si è, magari, avuto un momento - a volte una settimana - di litigio, in cui non ci si parla più e, poi, si ha il coraggio di fare pace? Vedete, non serve il libretto di istruzioni! È cosa da inventare giorno per giorno, perché è un rapporto vivo tra una persona e un'altra persona.
Così è la FEDE!
Il rapporto con una persona viva: Gesù di Nazareth, un rapporto che vivo come un dono, perché ho avuto la grande fortuna di incontrarLo. Lui ha attraversato la mia vita, per condividere con me i Suoi valori, i Suoi ideali, i Suoi sogni. Ho bisogno, se voglio seguire Gesù, di credere in alcuni valori fondamentali, se ci pensate bene sono gli stessi dei due giovani sposi: la libertà, il rispetto, la tenerezza, l'accoglienza, il servizio, la vita donata.
Ma cosa significa questo giorno per giorno!
Non è una cosa che c'è o non c'è! È qualcosa che cambia, che cresce, che muta ogni giorno. È cosa diversa per un bambino, per un giovane nella pienezza delle sue forze, cosa diversa per un adulto, per un anziano, quando le ginocchia si fanno vacillanti e la mente comincia ad obnubilarsi; cosa diversa per chi vive in un mondo pacifico, cosa diversa per chi vive in un luogo dove c'è persecuzione, violenza.
Il rapporto con Cristo è un rapporto vitale che cambia perché io cambio, perché cambiano le circostanze della mia vita... non può essere ridotto ad una serie di dogmi, alla serie di domande e risposte di un Catechismo! La Fede è un'altra cosa! È un rapporto vitale tra una persona e un'altra Persona: il Cristo! È un rapporto che cresce, che cambia, che matura, che s'interroga, che conosce i momenti di debolezza, che conosce i fallimenti, le lontananze, le incomprensioni, ma che riprende sempre la strada.
Un rapporto vivo, vitale, che cambia con il cambiare delle stagioni perché cambio io! Perché sono io che tento di accogliere il Signore nella mia vita e vivere, giorno per giorno, i Suoi valori in un rapporto che è un rapporto vitale…
E, quindi, non è una "cosa" ho o non ho! La fede non è un "pacchetto" di dogmi, di verità: la fede è il mio tentativo di rendere concreto, nella mia vita, il rapporto vivo, personale, autentico con Gesù di Nazareth
Io ho avuto la grande fortuna di incontrarLo. Anche a me, come a Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni l'incontro con Gesù ha arricchito la vita. Cosa sarà, ancora, questo rapporto man mano che la vita andrà avanti, man mano che le forze diminuiranno, che la mente, pian piano si obnubilerà… forse, a volte, non sarò più nemmeno capace di nominare il nome di Gesù... e non significherà che non avrò più fede, perché tenterò ancora di seguire Gesù, di camminare con Lui, cercando di vivere, giorno per giorno, i Suoi valori, i Suoi sogni, i Suoi ideali... Cosa significherà per me, domani, tra qualche anno...? Chi lo sa?
Non ho il "libretto di istruzioni" sarebbe inutile, perché non serve a niente! Il mio rapporto con Gesù non è come il rapporto con una lavatrice o con un "pacchetto" di verità: è il rapporto vivo con Lui, nel concreto della mia esperienza di uomo.
Non è una cosa semplice.
Il Signore ci aiuti.
... insegnava come uno che ha autorità... IV Domenica del tempo ordinario - 29 Gennaio 2006
Un uomo posseduto da uno spirito Marco l, 21-28
immondo, si mise a gridare: "…io so
chi tu sei: il santo di Dio". E Gesù lo
sgridò: "Taci! Esci da quell'uomo".
Chi comincia a leggere, con un po' di attenzione, il Vangelo di Marco si imbatte, nei primi capitoli, in una grossa difficoltà: ci sono i "demoni" che sanno chi è Gesù, ma debbono stare zitti! Ne avete ascoltato un accenno nella pagina che abbiamo appena letto, ma se prendete in mano il Vangelo e andate un po' più avanti, trovate queste parole: Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni. Ma non permetteva ai demoni di parlare, perché lo conoscevano. E più avanti, nel capitolo terzo, si legge: Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: "Tu sei il figlio di Dio!". Ma Egli li sgridava severamente perché non lo manifestassero!
Che vuol dire? Che senso hanno queste parole?
Se il Vangelo non lo leggete con la curiosità di chi cerca di sapere che cosa è accaduto tanto tempo fa... se la domanda è: io che c'entro con queste parole? Che significa, nella mia vita, nell'esperienza della mia fede, che coloro che sanno chi è Gesù sono i demoni, ma debbono star zitti?
Stanno dicendo la verità, sembra si buttino in ginocchio: "Tu sei il figlio di Dio!". Severamente Gesù impone loro di tacere! Che senso ha? Che vuol dire? Che c'entro io con queste cose?
Vedete, mi è sembrato di intuire qualcosa quando ho ripensato alla mia esperienza di credente. Ve ne narro un po' perché, forse, è simile a quella di molti di voi e ci può aiutare a intuire qualcosa di queste parole.
Sono stato educato alla fede fin dalla più tenera infanzia! Ero bambino e imparavo a memoria - ero bravo, allora, avevo memoria! - le rispostine del catechismo: "Chi è Gesù?". "Gesù è il figlio di Dio fatto uomo, la seconda Persona della Santissima Trinità". Rispondevo prontamente!
E allora... - ricordo alcune esperienze della mia infanzia - preparavo il presepe insieme con il papà e mettevo il Bambino nella culla, la notte di Natale e Lo guardavo con una certa apprensione: sembra un Bambino, ma Lui sa tutto, Lui può tutto, Lui conosce anche i pensieri segreti del mio cuore, Lui è onnipotente... sembra un Bambino, ma è Dio!
E, crescendo, il mio rapporto con Gesù, con la fede, con Dio, era basato da una parte sul bisogno di protezione, di aiuto... tante volte chiedevo al Signore di aiutarmi; come molti di voi sanno in matematica capivo quasi niente, non m'interessava, non mi piaceva, però mi raccomandavo sempre al Signore perché mi facesse andar bene il compito di matematica, ma prendevo regolarmente quattro, perché non studiavo! In genere per andar bene in matematica bisogna studiare e non raccomandarsi al Signore, ma non lo sapevo; questo, non me lo avevano spiegato bene, forse avevano provato, ma... quando uno non vuol sentire!
Da una parte il bisogno di protezione e di aiuto, dall'altra il giudizio! Mi sentivo giudicato anche nei pensieri reconditi del mio cuore, da Gesù! Sentivo il Suo sguardo penetrante: è così Dio! Dio può tutto! Dio è il giudice del mondo!
Con queste idee sono cresciuto… poi è successo... ed è successo - questo non vi meravigli - dopo che son diventato prete, che ho cominciato a prendere sul serio il Vangelo e, soprattutto, questo straordinario Vangelo di Marco che, quest'anno, ci accompagna Domenica dopo Domenica.
E allora, pian piano, Gesù è diventato per me Uno che parla "con autorità", che non ripete le stanche parole della tradizione, le formulette, ma che dice qualche cosa nel profondo della mia esistenza: che mi porta a intuire i valori fondamentali della mia vita. Ho sentito che Gesù aveva qualcosa da dire nel profondo della mia esperienza, che toccava alcune corde del mio cuore.
E poi, pian piano, è diventato il punto di riferimento del mio credere: non più le "formulette" del catechismo, ma le Sue parole, le Sue parabole, i valori che tentava di comunicarmi. Gesù è diventato sempre più, per me, Uno che parla "con autorità", che dice parole di vita.
Condivido pienamente, adesso, il grido di Pietro, quando Gesù si rivolge ai discepoli e chiede: "Volete andarvene anche voi?". E Pietro: "E dove andiamo, Signore? Tu solo hai parole di vita!"
Ecco, Gesù è Uno che mi dice "parole di vita"!
Qualche anno fa - è successo nella nostra vecchia parrocchia- quando hanno chiesto a un bambino: "Chi è per te Gesù?". Sapete cosa ha risposto?: "È Uno che c'ha ragione!" Quel bambino era stato, evidentemente, colpito da qualche parola di Gesù. Qualcosa del Suo insegnamento l'aveva toccato nel cuore e rispondeva così: "E Uno che c'ha ragione!".
Non vi sembra, questa, una grande professione di fede? La stessa che abbiamo trovato oggi nel Vangelo! Tutto questo non mi meravigliava più, perché corrispondeva alla mia esperienza.
Una signora, in questa settimana, ci diceva: "Parecchio tempo fa ho detto a un confessore che io avevo difficoltà a credere che Gesù fosse il figlio di Dio e mi ha proibito di fare la Comunione!". Se fosse successo a me, avrei chiesto: "Perché vuoi fare la Comunione se non credi che Gesù è il figlio di Dio?". E, forse, avrei capito cosa c'era nel suo cuore: una ricerca, un desiderio di conoscere Gesù fino in fondo, di farlo parlare nel profondo della sua vita... Non basta dire: "Gesù è il figlio di Dio!". Occorre che parli, che dica qualche cosa a me… e questa signora, che voleva far la Comunione, evidentemente, cercava Gesù, ma non capiva la "formula". E il prete ha detto: "No! Non puoi far la Comunione!".
Il credente non è uno che possiede la verità di Dio, non è uno che sa tutto di Gesù: è uno che Lo va cercando con la passione del suo cuore, tentando di intuire, nelle parole di Gesù, qualche cosa della verità di Dio, che cammina con noi nella povertà delle nostre parole umane, che condivide le nostre speranze, la nostra avventura di essere uomini, cercando di dirci parole che tocchino il profondo del nostro cuore.
Forse molti di voi dicono, come il bambino: "Gesù è Uno che ha ragione!". Non vi preoccupate se non sapete far vostre tutte le parole che adesso vi invito a ripetere ancora: "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero..." parole importanti, sono state fondamentali nel cammino della Chiesa, però, adesso, la parola del bambino: "Gesù è Uno che c'ha ragione" forse, è più vicina al nostro cuore, al nostro cammino di credenti, in questo mondo in cui troppe persone, anche nelle religioni, pensano di possedere la verità di Dio, di sapere tutto di Dio!
Il credente non sa! Il credente insegue Gesù, i Suoi valori, la Sua vita, perché gli parli "con autorità" nel profondo del cuore.
Il Signore ci aiuti.
La suocera di Simone era a letto V Domenica del tempo ordinario - 5 Febbraio 2006
con la febbre... Gesù la sollevò, Marco 1, 29-39
prendendola per mano; la febbre
la lasciò ed essa si mise a servirli.
Come avete ascoltato in questa prima pagina del Vangelo di Marco, - siamo, ancora, nel primo capitolo - si lascia la Sinagoga e si entra nella casa di Pietro.
Nel Vangelo di Marco la casa di Pietro, la barca di Pietro sono il simbolo della comunità dei credenti e quindi è come se Gesù entrasse qui, in mezzo a noi. Nella comunità dei credenti c'è un problema... qualcuno ha la "febbre" che lo fa incapace di alzarsi per mettersi al servizio! Gesù si avvicina, la prende per mano e la suocera di Pietro si alza e si mette a servire!
Il servizio è una delle dimensioni essenziali del Vangelo e, quindi, della vita cristiana. Come vedete Marco ne parla fin dalla prima pagina e, se leggete il Vangelo, vedrete che alla fine... poco prima di entrare a Gerusalemme, dice che il credente dev'essere come Gesù "che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita".
Vorrei proporvi qualche domanda sul servizio, perché è una dimensione fondamentale della vita cristiana... ma su questo tema si sono accumulate tante riflessioni, qualcuna saggia, qualcuna, forse, meno!
Cominciamo dalla prima domanda.
A chi spetta il servizio? Forse qualcuno ricorda l'episodio di Marta e Maria... Gesù va a casa di Lazzaro, lì c'è Marta "tutta presa dai molti servizi", Maria, invece, si siede ai piedi di Gesù! Marta si lamenta con Gesù: "Signore non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille che mi aiuti". Gesù risponde: "Maria si è ha scelta la parte migliore!".
Quando si legge questa pagina del Vangelo c'è sempre - o meglio c'era sempre -, qualche brava signora che dice: "Se non c'è Marta che si da fare non si mangia"! Recentemente qualcuna dice: "Gesù non poteva, Lui, smettere di chiacchierare e dare una mano"? Non si può! Non spetta ai "maschietti" servire, darsi da fare in casa! Avete visto che nella casa di Pietro bisogna convocare la suocera! Sparisce subito, ma adesso c'è bisogno di lei, perché servire tocca a qualche donna... non è la moglie di Pietro, meglio la suocera: si alza e si mette a servire!
Spetta proprio alle donne il servizio? Quando ero ragazzino... - per mia fortuna, era ancora così - in casa lavare i piatti, toccava alle sorelle: non sia mai che un "maschietto" si metta a lavare i piatti! Tocca alle sorelle... possono litigare quanto vogliono, ma tocca a loro! Adesso, pare che, anche in questo, il mondo sia cambiato! Ma nel mondo, nella vita sociale, nella Chiesa, nella famiglia non rischiano, ancora, di esserci dei "ruoli" per il servizio?
Possiamo fare altre domande! Cos'è il servizio nella vita familiare, con gli amici, e se allarghiamo l'orizzonte, nella città, nella vita sociale, politica, economica...? Cosa significa servizio sul posto di lavoro? Cosa significa mettersi al servizio degli altri?
A me è capitato più volte di ascoltare una risposta semplicistica, che credo faccia parte della tradizione della Chiesa: basta la buona volontà, la retta intenzione, la voglia di amare… basta, veramente, la buona volontà? Chi di voi ha un po' di esperienza sa che non basta affatto! Ci vuole intelligenza, capacità di ascoltare, attenzione verso l'altro, prendere a cuore i problemi che capitano nella vita.
Ho visto... - ho tanti anni di esperienza dietro le spalle - ragazzi e ragazze tribolare perché sono stati amati perdutamente dai loro genitori, amati di un amore totale, ma senza capacità di attenzione, di ascolto, senza intelligenza… perché basta l'amore. Forse non basta!
Ma c'è un'altra difficoltà che trova il credente che, tenta di fare un po' di bene! C'è un sospetto che ci accompagna: se faccio del bene a qualcuno e ne provo piacere… c'è subito qualche "bravo maestro" che ti dice: "Forse lo hai fatto perché faceva piacere a te, in fondo, sei solo un egoista, pensi di essere un altruista, ma lo fai per te stesso!"
Da dove è venuto, nella tradizione cristiana, questo sospetto per tutto quello che fa piacere? Se faccio un favore a qualcuno e non soltanto ne prova piacere lui, ma anche io, non vi sembra di arrivare quasi in Paradiso? Perché dovrei avere il sospetto che sia egoismo? Non siamo fatti per il piacere più che per la sofferenza? Se tendere la mano ad un altro, condividere un po' la vita, mi fa anche piacere... cosa c'è di più bello? Certo, non lo faccio solo quando mi fa piacere, a volte, mi costa sacrificio e, magari, me ne lamenterò con il Signore, ma se mi fa piacere, cosa c'è di meglio?
Ma i problemi che si pongono su questo tema sono, forse, più seri!
C'è qualcuno a cui non piace la parola "servizio"! Perché, in fondo, servire significa perdersi per gli altri… e nelle pagine del Vangelo ci sono parole che sembrano portare su questa strada: cerca l'ultimo posto, rinunzia ad affermare te stesso, sacrificati per gli altri, perdi la vita, rinunzia alla tua volontà, rinuncia la tuo pensiero… ma è veramente questo lo spirito di servizio?
Rinunciare a me stesso è possibile? Ed è qui, veramente, la virtù? Perdermi per un altro è giusto? Non c'è, dietro tutto questo, quello spirito di masochismo che, a volte, ha attraversato la vita della Chiesa? Ci hanno proposto...- almeno a me, ma, credo anche a voi - dei santi che si flagellavano, che mettevano il cilicio; che, invitati a perdere un posto di responsabilità, si mettevano alla porta a spazzare per terra!
Ma è questo il senso della vita?
I doni che il Signore ci ha fatti… non ho il diritto e, forse, anche il dovere di trafficarli, di impegnarli, per costruire la vita? È giusto che io rinunci a me stesso, che mi perda? È giusto che mi sacrifichi per gli altri? È giusto che certe donne, ancora oggi, rinuncino al lavoro, alla possibilità di affermarsi, per sacrificarsi per gli altri? Non rischiano, a volte, di perdersi, di non essere più se stesse, di rinunciare a trafficare e realizzare tutti i talenti che Dio ha dato loro?
Potremmo concludere togliamo questa parola: ognuno pensi a se stesso! Ma che mondo sarebbe se ognuno pensa solo a se stesso!?
Davanti alla porta della casa di Pietro - come avere ascoltato - si raduna un'umanità dolente... ci sono molti "diavoli", ci sono tanti "malati"! Quando si parla di "diavoli" nel Vangelo, non pensate a qualche essere con le corna e la coda e il forcone in mano: c'è tanto male nel mondo, anche nelle nostre case, nelle nostre città; c'e tanta "malattia" anche intorno a noi...
Cosa significa affrontare tutto questo, senza perdere me stesso, senza rinunciare al piacere, senza rinunciare a godere la vita fino in fondo? E questo, non è solo un mio diritto: la vita mi è affidata da Dio perché la viva fino in fondo, la goda fino in fondo, ne sprema tutto il piacere possibile… ma che posso fare di fronte all'uomo malato, di fronte al male del mondo… Come posso spendere la vita, il mio tempo, perché il mondo sia più bello, più ricco, più vivo? Cosa posso fare...?
Non aspettatevi risposte! Anche perché con c'è una risposta, ma infinite. La risposta che vale per me, non vale per nessuno di voi e la risposta che vale per me stamattina, non vale stasera, non vale domani! Perché ciascuno di noi vive situazioni diverse e ognuno deve trovare, con passione, la sua risposta giorno per giorno, tentando di guardarci negli occhi, di ascoltare gli altri…
Non basta la buona volontà, ci vuole intelligenza, passione... non occorre rinunciare a se stessi! Occorre custodire la propria vita e goderla fino in fondo, ma occorre, anche, tentare di amare, di condividere la vita, di tenersi per mano, di scambiarci qualche bicchiere d'acqua... ma che significa tutto questo nella vita di ogni giorno...?
II Signore a aiuti, perché non si tratta di cose semplici!
...un lebbroso lo supplicava: VI Domenica del tempo ordinario - 12 Febbraio 2006
"Se vuoi, puoi guarirmi!". Levitico 13, 1-2. 45-46; Marco l, 40-45
Mosso a compassione... lo toccò:
"Lo voglio, guarisci"... ed egli guarì.
Sapete tutti che il Vangelo per più di 1.400 anni non è stato stampato, ma scritto a mano: non c'era la stampa e, quindi, il Vangelo è stato copiato e ricopiato tantissime volte; si trovano manoscritti antichissimi perché, come potete immaginare, ogni piccola parrocchia, ogni chiesa voleva avere il suo rotolo del Vangelo, per poterlo leggere la domenica.
Quando si copia e si ricopia il Vangelo può succedere che, qualche volta, il copista si sbagli... a volte, forse, si addormentava e scambiava una parola per un'altra...
Ma poteva succedere che alcuni antichi copisti, di fronte a qualche parola rimanessero sconcertati e - caso rarissimo, perché la parola scritta era una cosa sacra - qualcuno ha cambiato e poi il cambiamento è rimasto nelle copie successive: questo accade, molto probabilmente, nella pagina che abbiamo letto oggi!
Gesù di fronte al lebbroso è "mosso a compassione". Gli studiosi hanno trovato che, in alcuni antichi manoscritti, invece che "mosso a compassione", è scritto "fu preso da indignazione". Per chi conosce il greco la parola è orghisteis: un gesto di rabbia, di indignazione davanti al lebbroso!
Qualche bravo copista avrà detto: "perché si arrabbia col lebbroso, poverino!", è meglio dire che "è preso da commozione!". Poi, non si è azzardato a cambiare tutto, difatti avete sentito che dopo… Gesù "ammonisce severamente" il lebbroso. Tutto questo racconto è attraversato da un moto di severità, di ira, di indignazione di Gesù: perché?!
Bisogna considerare chi era il lebbroso al tempo di Gesù! E ci aiuta quello che abbiamo letto stamattina nel libro del Levitico: il lebbroso doveva andare in giro fuori dalla città - spesso, vivevano nei cimiteri - e gridare: "Immondo! Immondo!". Non soltanto portava il peso di una malattia gravissima, ma era isolato dalla comunità e doveva gridare: "Immondo!". E, questo, è il vero dramma! Perché in questo "Immondo", non c'è soltanto: sono contagioso, ma io sono colpevole! È Dio che mi ha punito… tanto è vero che, come avete ascoltato nel Vangelo, deve andare a fare un sacrificio per la sua purificazione: deve purificarsi, visto che, finalmente, ha scontato il suo peccato.
Tutto questo suscita in Gesù indignazione!
Questa indignazione rischia di perdersi nel corso della storia, perché la sofferenza, il dolore vengono dati quasi per scontati. Ci sono, in Italia, dei medici - li dovremmo sostenere con tutta la passione del nostro cuore, del nostro cervello - che combattono contro il dolore, contro l'accettazione passiva del dolore e della sofferenza: il malato non deve soffrire! Ce lo ripetono spesso alcuni grandi medici: il malato non deve soffrire nei momenti terminali della sua malattia, non deve soffrire la donna che partorisce, anche se nella Bibbia è scritto: tu partorirai con dolore! Oggi possiamo eliminare questo dolore e si deve fare! Dovremmo conservare tutti una grande indignazione nei confronti del dolore, della sofferenza.
Oggi abbiamo molte possibilità di eliminare, almeno in parte, il dolore fisico e quel dolore, a volte, più grave, penetrante, che è il dolore psichico! Il dolore della mente, il dolore di tante turbe che affliggono la vita degli uomini.
Dovremmo sostenere, con forza, tutto quello che combatte il dolore... tutti quei medici... medici non i santoni, non i santuari! Sono i medici, è l'intelligenza, è la ragione, che oggi ci hanno messo nelle mani la possibilità di eliminare il dolore!
E c'è ancora qualcosa che dovrebbe mantenere viva la nostra indignazione! Spesso, il dolore viene isolato: chi soffre suscita, in chi gli sta intorno, negli amici, addirittura, qualche volta, nella sua casa, un moto di difesa: ci pesa il dolore degli altri e lo isoliamo e invece di avvicinarci, di chinarci, di fare quello che possiamo, ci allontaniamo!
Ma c'è qualche cosa che, per noi che ci ritroviamo qui e che siamo credenti, è ancora più grave e che dovrebbe suscitare, sempre, la nostra indignazione: la sofferenza, la disgrazia, il dolore visti come il castigo di Dio!
A me è capitato di sentirlo ripetere tante volte nel corso della mia vita, anche da vescovi, anche da cardinali: la disgrazia e il dolore sono il castigo di Dio! L'AIDS, altre malattie, i terremoti... In questi ultimi tempi - il mondo, come dice uno "studioso" sembra andare a passo di gambero - qualcuno, nelle tre religioni monoteistiche, ha interpretato lo tsunami come il castigo di Dio!
È il "capolavoro" più assurdo della religione: non solo ti capita una disgrazia, ma è colpa tua! Dovremmo indignarci con tutte le nostre forze! Come possiamo credere in un Dio che castiga così i suoi figli? A volte nemmeno per colpe loro... i bambini per le colpe dei padri, dei nonni, dei bisnonni, fino alla terza, alla quarta generazione...! Ma in che Dio crediamo? Noi radunati intorno alla tavola in cui Gesù si dona per noi! In cui si fa Pane… chi è questo Dio che punisce, che chiede l'espiazione, che vuole la sofferenza, il dolore, il sangue? Ma in che Dio crediamo?
Ecco, tutto questo dovrebbe suscitare la nostra indignazione! Ogni volta che vediamo un uomo che soffre, dovremmo dire: "Non è giusto che soffra!". Qualche volta è inevitabile, ma non è giusto! Dovremmo combattere sempre il dolore e, se possiamo fare qualcosa, dobbiamo farlo! Non è giusto che alla malattia sia associato il dolore! Se si può, bisogna eliminarlo! Non è giusto che al parto sia associato il dolore, non è giusto!
Non è voluto da Dio! E se c'è qualche uomo "religioso" che lo dice, come al tempo di Gesù, dovremmo indignarci e sbattergli in faccia i soldi, come indica Gesù al lebbroso: "Va, fai l'offerta a testimonianza per loro"… sbattiglielo in faccia!
Dovremmo indignarci ogni volta che la sofferenza, il dolore vengono visti come la punizione, il castigo di Dio! Dovremmo indignarci ogni volta che, vediamo un malato isolato, tenuto in disparte.
Non possiamo risolvere tutti questi problemi: sono più grandi di noi! Ma tenere dentro un po' della sana indignazione che questa pagina del Vangelo - almeno così come l'aveva scritta la Comunità di Marco - ci vuole comunicare, credo sia importantissimo!
E, ricordate, in questa pagina non si parla di peccato... ne parlerà il Vangelo che leggeremo domenica prossima e sarà un modo completamente diverso di parlare: non c'è più indignazione, c'è tenerezza, c'è voglia di ricominciare, l'invito a rialzarsi e camminare ancora… ma, davanti al dolore, no! Bisogna solo indignarsi e tentare di toglierlo con tutto il coraggio, l'intelligenza e la passione del cuore dell'uomo.
Non è semplice! Il Signore ci aiuti.
"... si recarono da Lui con un VII Domenica del tempo ordinario - 19 Febbraio 2006
paralitico.... a causa della folla, Marco 2, 1-12
scoperchiarono il tetto... e, fatta
un'apertura, calarono il lettuccio
su cui giaceva il paralitico... "
Qualcuno di voi lo ricorderà... domenica scorsa il Vangelo di Marco ci parlava del dolore, della malattia, della sofferenza e abbiamo colto l'indignazione di Gesù verso il dolore; un'indignazione - dicevamo - che ci conviene mantenere viva anche oggi.
Il discorso in questa pagina cambia completamente, oggi - come avete notato - si parla del peccato e il Vangelo di Marco lo fa con questo straordinario racconto simbolico.
Ogni volta che lo rileggo, mi viene di domandarmi: come hanno fatto, uomini di tanto tempo fa, a creare una storia così ricca di simboli, così suggestiva? Credo, siate tutti convinti che qui abbiamo a che fare con dei simboli! Non potete pensare che, in una casa, c'è qualcuno che sale a scoperchiare il tetto... vero che erano tetti di frasche e di terra, ma immaginate quei poverini che stavano sotto! Questo tetto scoperchiato, evidentemente, è simbolo di qualcosa!
Prestate, soprattutto, attenzione ai simboli perché - se ho capito qualcosa - i simboli restano e attraversano la storia; le parole, invece, pian piano si appesantiscono e perdono di senso, come è normale che sia. Qui ci sono tante parole "stantie", ma sarebbe troppo lungo parlarne, oggi, fermiamoci a guardare i simboli!
Qual è il simbolo del peccato? È un paralitico, un uomo immobile sul suo lettuccio: non può alzarsi, non può camminare... non può vivere, non può amare... Non si tratta, tanto, delle varie colpe, degli atti che ha compiuto: è un atteggiamento! L'atteggiamento di chi non vive più, di chi non si può muovere, di chi non è capace di camminare, di amare, di mettersi al servizio, di incontrare gli altri… di chi ha rinunciato alla bellezza della vita, di chi ha sciupato tutto!
Questo, per Marco, è il peccato! L'indifferenza, il non fare, l'incapacità di amare, l'incapacità di costruire il mondo, di vivere la pace, la tenerezza e l'amore verso gli altri…
Dentro la casa - lo avete ascoltato - Gesù "annuncia la Parola": i Suoi sogni, la libertà, la vita, la pace.
Tra il "paralitico" e Gesù c'è la "folla"! Una folla pesante, sorda, che costringe, addirittura, a scoperchiare il tetto per arrivare a Gesù! Cos'è questa "folla"? L'avete incontrata, qualche volta, nella vita? Provate a chiedervi: un ragazzo che è cresciuto in una famiglia mafiosa, in cui i valori erano, soltanto, il potere, la sopraffazione sull'altro, il denaro; che ha vissuto, fin da piccolo, la violenza, l'ingiustizia, come può andare aldilà di tutto questo? E, se ci prova... come fa ad uscire dalle leggi ferree della mafia? Come può capire che c'è un altro modo di vivere, di essere uomo?
Ma, se non volete pensare a queste cose estreme, pensate ai nostri ragazzi; a chi capita in un gruppo, in cui i valori sono, soltanto, la moda, la superficialità… se non peggio, la droga. Come può uscirne? Chi può comunicargli i valori? Come può andare aldilà della "folla"? Ma, se volete andare ancora più vicino alla vostra esperienza... qualche volta, in ufficio, quando uno prova a lavorare un po' più onestamente, a darsi da fare... non trova intorno qualcuno che gli dice: "Chi te lo fa fare? Ci metti nei guai se lavori di più, se ti dai da fare, se sei del tutto onesto! Così fanno tutti! Fa come tutti!".
La "folla"... questa folla pesante che ti impedisce di vivere i sogni, gli ideali... ecco perché bisogna "salire su tetto" e "scoperchiare il tetto" per incontrare Gesù!
E, incontrando Gesù, incontri i Suoi sogni, i Suoi ideali… non incontri lo sguardo che rimprovera, che indaga, che vuol sapere tutto! Tutto fino all'ultima colpa! Incontri Colui che ti piglia per mano: coraggio! Alzati e cammina... prendi il tuo "lettuccio". Il lettuccio della tua indifferenza, della tua "paralisi" e cammina incontro alla vita. Non c'è "indignazione", qui! Non c'è il rimprovero, non c'è il senso di colpa... c'è l'invito ad alzarsi e camminare ancora. Non abbiamo sentito parlare così del peccato… perché, spesso, si parla del peccato e della colpa senza il Vangelo, nella vita della Chiesa!
Gesù ne parla così! Senza sensi di colpa, senza indignazione... la mano tesa: alzati e cammina! E, se leggete poco appresso, nel Vangelo di Marco trovate ancora una persona seduta al "tavolo" del suo peccato, della sua indifferenza; anche lì: alzati e seguimi... per andare dove? Non a espiare, a fare penitenza, ma a un "banchetto" di festa! E poi… la parabola del "Padre misericordioso".
Così il Vangelo parla del peccato! Con infinita tenerezza verso chi si è trovato nella "folla". E tra la folla, per fortuna, ci sono degli amici; degli amici che ti aiutano ad andare "oltre", che "scoperchiano il tetto"...
Chi sono stati i vostri amici? Io ne ho avuti tanti nella vita e non sarei qui se non avessi avuto qualcuno, che mi ha sollevato e portato verso il sogno di Gesù... a cominciare da mio papà, da mia mamma, da tanta gente che ha attraversato la mia vita. Gli amici che ti fanno incontrare il Signore, i Suoi sogni, che ti danno il coraggio di credere, di sperare, di tentare di camminare ancora, per fare il mondo più bello, per costruire, per quanto puoi, la pace intorno a te, con la gente che vive ogni giorno.
Il Signore ci aiuti.
Si recarono da Gesù e gli dissero: VIII Domenica del tempo ordinario - 26 Febbraio 2006
"Perché i discepoli di Giovanni e i Marco 2, 18-22
discepoli dei farisei digiunano
mentre i tuoi discepoli non digiunano?".
Sono più di trentacinque anni che, qui ad Ostia, più volte alla settimana, mi trovo con dei gruppi di persone a leggere il Vangelo e non manca mai qualche cioccolatino, qualche caramella o qualche dolce di quelli speciali, preparati da qualche signora - adesso, anche, da qualche signore - con mani abilissime e talvolta qualcuno dice: "Come mai qui si mangia sempre?" e la risposta che abbiamo ripetuto tantissime volte è: "Noi siamo discepoli di Gesù, non di Giovanni Battista!". I discepoli di Giovanni Battista fanno digiuno, i discepoli di Gesù no!
Qualcuno di voi - come hanno fatto molti in questi anni - chiederà: "Perché, allora, nella vita della Chiesa abbiamo sentito parlare più di digiuno che di festa?"
Ecco, capire questo significa - almeno secondo me - capire qualcosa di importante della nostra fede e del Vangelo. Significa capire perché qui, dove si parla di digiuno, Gesù dice: "Nessuno cuce una toppa di panno nuovo su un vestito vecchio", ci vuole un vestito nuovo! "Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi", ci vogliono otri nuovi!
Cosa c'è dietro l'insistenza sul digiuno nella storia della Chiesa?
Vedete, nelle religioni, in tutti i paesi del mondo, l'uomo è portato a proiettare in Dio le proprie esperienze umane! Nelle nostre famiglie... - specialmente un tempo, adesso le cose sono abbastanza cambiate, ma qui stiamo parlando di tradizioni vecchie di secoli, se non di millenni - il padre aveva il compito di essere severo, di punire se qualche figlio sbagliava: "l'educazione si fa - dicevano i nostri vecchi - soprattutto, con il bastone".
Nelle tradizioni dei popoli, i re, i capi governavano spesso con durezza e arbitrio, l'amministrazione della giustizia era spesso severissima: ogni colpa andava espiata con pene a volte crudeli… non restava che ingraziarsi il potente con doni o cercare raccomandazioni… Tra gli uomini i rapporti sono spesso basati sul "do ut des"... questo vale sul posto del lavoro, per gli amici... Tutto questo influenza le idee e le immagini religiose.
Avete mai pensato a quante raccomandazioni ci sono nella vita religiosa? Quanti di noi sono stati abituati a rivolgersi a Dio nella preghiera e non, piuttosto, a qualche santo che ci raccomandi presso il Signore?! La raccomandazione principe è quella della Madonna! Il Padre è severo, e pronto a dare "mazzate" e ci rivolgiamo alla "mamma", come si faceva in molte nostre famiglie...
Nella "supplica" alla Madonna di Pompei pregavamo: "E se voi non ci volete ascoltare - si dava del "voi", un tempo - diteci, almeno, a chi dobbiamo rivolgerci".
Ecco, a Dio bisogna offrire sacrifici, occorre fare delle offerte; a Lui è gradito il digiuno, la penitenza, la rinuncia! Noi dobbiamo acquisire dei meriti, dobbiamo fare delle opere che ci rendano graditi a Dio… e il digiuno è un'opera principe! Anche perché il digiuno espia la colpa: è la sofferenza, è la rinuncia che espia il peccato!
Ma in che Dio crediamo? Ma è questo il Dio di Gesù? Lui ci parla di un Dio che, quando il figlio colpevole torna a casa, non fa trovare la punizione, l'espiazione, la penitenza, ma il "banchetto di festa, come non si era mai fatto".
Questo è il Dio di cui ci parla Gesù! Il Dio della gratuità, della vita condivisa, il Dio della pace. Non il Dio della rinuncia, del castigo, della severità, che allontana, esclude, punisce, ma il Dio che ci invita a far festa!
Qualcuno dice: "Qui c'è scritto che quando lo sposo non ci sarà più allora bisognerà fare digiuno". Ma noi siamo senza "sposo"? Che stiamo a fare qui? Non è presente per farsi cibo, per donare la vita? "Se due o tre si riuniscono nel Suo nome..." non è in mezzo a noi? Come possiamo fare digiuno se lo "sposo" è con noi?! Eppure, tante volte, ci hanno invitato al digiuno!
L'Europa è stata attraversata da ondate di penitenti che rinunciavano, digiunavano, si flagellavano, pensando che tutto questo fosse gradito a Dio!
Dio non ama l'uomo che si impone la sofferenza! Dio ama l'uomo che ama! E qui, allora, forse, potete ritrovare qualche senso del digiuno! Non più come opera da offrire a Dio per acquisire dei meriti o per espiare il peccato, ma come segno tra noi!
Se guardo in giro per il mondo, vedo tanta gente che ha fame; dei bambini che hanno fame... allora posso rinunciare a qualcosa per condividere, per gratuità... rinunciare per qualcuno che non può darmi niente! Che non può farmi nessun favore, delle cui raccomandazioni non ho bisogno; non può raccomandarmi neppure al Padre celeste, perché crede in un altro dio! Ma posso condividere qualcosa con lui… allora il digiuno può avere un senso!
Anche i medici, oggi, ci invitano al digiuno: sono diventati cattivi, ci minacciano i peggiori malanni se mangiamo troppo.
Tanti motivi ci possono essere, seri, per fare digiuno. L'unico motivo che non è serio è quello di far cosa gradita al Signore, acquisendo dei meriti; sperando che Lui, perdoni il nostro peccato! Il peccato è una cosa seria, ma si supera con l'amore, con la vita condivisa; si supera cercando di voler bene. Qualche volta è più grande delle nostre possibilità, ma siamo qui proprio per far "festa", per nutrirci di Gesù, per camminare ancora, per tentare di amare, perché il senso della vita non è il sacrificio, la sofferenza, la rinuncia, il digiuno: il senso della vita è l'amore, la festa, la gratuità.
"Vino nuovo in otri nuovi". Un vestito nuovo e non toppe nuove su un vestito vecchio, ma come è difficile per noi uomini! Noi abbiamo bisogno, sempre, di far "qualcosa" sperando di ottenere qualcosa! Noi abbiamo bisogno di "raccomandazioni", di mettere "toppe".
Gesù vorrebbe un altro cuore! Il Signore ci aiuti.
"...lo Spirito sospinse Gesù nel deserto, I Domenica di quaresima - 5 Marzo 2006
ed Egli vi rimase quaranta giorni, Marco 1, 12-15
tentato da satana..."
Gesù diceva: "Il tempo è compiuto.
Convertitevi e credete al Vangelo".
Dopo il racconto del Battesimo di Gesù, nel Vangelo di Marco, si legge quello che abbiamo ascoltato un attimo fa: "Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto"… per affrontare il diavolo. Nel testo greco c'è una parola molto forte che, poi, gli altri Evangelisti non usano più... la parola è: "ekballei" (ecballei), lo Spirito - potremmo tradurre - "butta fuori" Gesù!
I primi cristiani pensano che la prima esigenza del Battesimo sia combattere il male. Il compito del credente è affrontare, con tutto il suo coraggio, il combattimento contro il male che trova intorno a sé. Non può rimanere chiuso nel suo guscio, nelle sue paure... lo Spirito lo "butta fuori", lo spinge ad affrontare il male... è una delle dimensioni fondamentali del credente! Con occhi lucidi deve tentare di individuare il male e combatterlo con tutte le sue forze: i credenti ne sono stati capaci?
Mi capitava, in questi giorni, di rivedere alcune immagini del secolo scorso: immagini terribili di guerra, di campi di concentramento... milioni di persone uccise! Campi di concentramento in cui sono stati, in maniera scientifica, uccisi più di sei milioni di persone, soltanto perché appartenevano ad un popolo... e questo non è accaduto in terre lontane, tra popoli incivili: è accaduto nella nostra civilissima Europa! Nella terra di Mozart, di Beethoven, di Kant! È accaduto in Italia!
Ed è accaduto tra gente cristiana, che leggeva il Vangelo... che, come noi, ogni domenica si radunava intorno all'Eucarestia, che si nutriva di Gesù! Perché!? Perché non si sono accorti di questo male, devastante, che cresceva? Perché non si sono opposti agli incitamenti, a volte, assurdi, alla violenza, all'odio contro un intero popolo? Perché non si sono opposti ai gridi di guerra e non hanno cercato, con passione, la pace? Perché...?
Forse dipende dal fatto che l'attenzione della morale era rivolta più alla lunghezza delle gonne o all'ampiezza delle scollature delle signore!? O, forse, dipende dal fatto, tragico, che nel mondo cattolico si è educati più all'obbedienza, all'accettazione passiva di quello che dicono i capi, che a pensare con la propria testa, a costruire la propria coscienza, a tentare di rendersi conto, con la propria testa e con il proprio cuore, di cosa sia giusto e di cosa sbagliato?
Non c'è un'educazione alla passività, al farsi condizionare dagli altri, all'accettare, passivamente, la propaganda, le cose che dicono i mass media, usati in maniera scientifica nel secolo scorso e, forse, anche oggi! Da dove viene il fatto che nella nostra Europa, che qui in mezzo a noi, che tra gente cattolica sia cresciuto tanto male?
Se non volete andare a cose lontane, pensate a qualcosa di più piccolo e di più vicino: in questo paese non si mangia quasi più carne di pollo! In un mondo cattolico! In un mondo abituato a non pensare con la propria testa! A non fidarsi delle cose pubbliche! Noi crediamo a quello che dicono il Papa, i cardinali, i vescovi, ma non a quello che dicono gli scienziati... Perché?!
Perché non siamo stati educati a pensare con la nostra testa, a usare il cervello, a fidarci di chi lavora e studia ogni giorno e ci porta argomenti seri, scientifici, basati sull'esperienza? Perché questa incapacità di pensare?
Ecco, se vogliamo essere cristiani, dobbiamo accettare lo Spirito di Dio che, quasi con un pungolo, ci butta fuori ad affrontare il male!
Cosa significa, oggi, qui intorno a noi? Perché oggi, in questo paese, rischia di crescere l'intolleranza, l'incapacità di giudicare, la voglia di fare di "ogni erba un fascio", di non distinguere più un comportamento violento e folle, attribuendone la responsabilità a tutto un popolo, addirittura ad una intera civiltà?
È possibile sentir parlare, ancora oggi, di scontri di civiltà? Dov'è l'intelligenza? Dov'è la capacità di guardarci intorno, di capire dov'è, veramente, il male? Quel male che rischia, sempre, di degenerare in violenza dell'uomo contro l'uomo!
Il Vangelo di oggi ci fa, anche, un altro invito: alla conversione! Non basta cercare il male intorno a sé: è fondamentale combatterlo, ma non basta! Occorre che il credente - che l'uomo, perché questi son discorsi che non valgono solo per i credenti, ma per ogni uomo - si metta, qualche volta, davanti allo specchio e si chieda: dentro di me, nel mio cuore non c'è qualche seme, qualche radice di intolleranza, di violenza, di pigrizia, di indifferenza? Non c'è, dentro di me, la pigrizia che mi impedisce di pensare con la mia testa, che non mi fa cercare? C'è, dentro di me, la passività che accetta, senza spirito critico, la propaganda, i mezzi di comunicazione? Se mi guardo allo specchio riconosco, dentro di me, il male che posso combattere intorno a me!
Ma il Vangelo dice, anche, un'altra cosa, forse la più importante, forse quella fondamentale: convertitevi e credete al Vangelo!
Una cosa terribile è accaduta - secondo me - per il Vangelo: questa parola non è stata tradotta! Se io vi domando: "Che cos'è il Vangelo?". Voi mi rispondete: "Un Libro, quello in cui è scritta la parola di Gesù!".
La parola "Vangelo" non indica un libro! Bisognava tradurla questa parola! Significa: una lieta notizia, una bella notizia, una notizia di vita, una notizia di liberazione! Non basta convertirsi, occorre credere in qualcosa di bello, nei valori, nei sogni di Gesù; occorre credere nella vita, nell'amore, nel servizio… e occorre, proprio perché ci crediamo veramente, tentare di coglierne i segni intorno a noi, tentare di leggere gli "arcobaleni" della vita!
Dov'è un segno di tenerezza, di amore, di servizio, di intelligenza intorno a me? Se credo, veramente, che il senso della vita non è la violenza, l'intolleranza, ma la pace, il bene, la tenerezza, l'amore allora, debbo essere capace di coglierne intorno a me tutti i segni... e ce ne sono! A volte segni piccoli che posso leggere in chi mi sta accanto; che non vedo alla televisione, che non ascolto alla radio... perché si sentono, sempre, brutte notizie!
Dove sono i segni della vita? Dove sono i segni dell'arcobaleno? Dove sono i segni della pace? Cosa aiuta a costruire il mondo?
Ecco un compito per questa Quaresima, perché la Pasqua sia Pasqua! Non mettiamoci solo davanti allo specchio per guardare il nostro male, possono venirci i sensi di colpa: non servono a niente!
Tentiamo di credere nei valori autentici della vita e tentiamo di riconoscerne, intorno a noi, i segni e di aiutarli a crescere, perché siano più vivi, più ricchi, più belli...
Non possiamo fare tante cose: il mondo è vasto e infinitamente più grande di noi ma, magari, una parola, un gesto di attenzione verso l'altro, che dimostri la mia passione per il bene; il fatto che ci credo, che credo nei valori di Gesù, che faccio miei i Suoi ideali, i Suoi sogni e tento, come posso, di testimoniarli, magari, a un bambino che cresce, a un nipote che mi vive accanto, che gli tolga dal cuore la paura di questo mondo, che gli faccia vedere gli arcobaleni della pace, la bellezza del futuro, la bellezza della vita, che possa, anche lui, credere e sperare! Non basta convertirsi: occorre credere alla "lieta novella" che Gesù è venuto a portarci, alla Sua testimonianza di vita, alla Sua passione per la vita e per il bene.
Il Signore ci aiuti.
Gesù si trasfigurò davanti a loro.... II Domenica di Quaresima - 12 Marzo 2006
Pietro disse: "Maestro, è bello per Marco 9, 2-10 - Gen. 22, 1-2; 9-18
noi stare qui; facciamo tre tende... "
Tra poco faremo la nostra "professione di fede", diremo le cose in cui crediamo e useremo, come ormai da secoli, parole astratte. I primi cristiani professavano la fede in maniera profondamente diversa. Quello che ho appena letto, nel Vangelo di Marco, sembra un racconto, una storia: è un'autentica professione di fede!
Là sul monte - ci dicono - Gesù si trasfigura, appare chi è veramente: è Lui il Signore, è Lui la resurrezione e la vita, è Lui che ha ragione!
Nel momento in cui comincia l'ultimo viaggio: il viaggio che porterà Gesù sulla croce, i primi cristiani ripetono che in quell'Uomo inchiodato sulla croce, le braccia spalancate tra cielo e terra, loro, riconoscono il Signore della vita, il Figlio: la Voce che viene dall'alto proclama che Gesù è il Figlio, è la presenza di Dio in mezzo a noi!
Questa fede, questa speranza sono importanti anche per noi, nel momento in cui tentiamo, nel mondo, di testimoniare le cose che abbiamo dentro, i valori in cui crediamo.
Sia detto tra parentesi, prima di continuare il discorso: Gesù discorre con Mosé ed Elia, che rappresentano l'antica tradizione di Israele. Troppe volte mi capita di incontrare dei cristiani che non si rendono conto della continuità di una fede, che comincia con le intuizioni dell'antico Israele, con la Legge, i Profeti...
Sul monte i credenti fanno esperienza della gloria del Signore! C'è, secondo il Vangelo di Marco, una grande tentazione... forse è la tentazione - per quello che ho capito - fondamentale dei credenti: è la tentazione di fermarsi sul "monte", di non scendere giù, di non affrontare... - se leggete le pagine seguenti - i "diavoli" cattivi che ci sono nel mondo, quelli "muti e sordi" che impediscono di ascoltare, di vedere, di credere!
Pietro vuole costruire le "tende": ci fermiamo, è bello stare qui! Sparisce tutto: non vedono più "nessuno se non Gesù solo con loro"! Gesù diventa "nessuno", bisogna affrontare la vita di ogni giorno e la fatica di credere… "domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti"!
Ecco la tentazione: fermiamoci qua, stiamo bene sul "monte": è la tentazione che tutti ci portiamo dentro come singoli, come comunità, come Chiesa...
Io ho la tentazione di sentirmi sicuro nelle cose in cui credo, ho la tentazione di aver paura del mondo, del dialogo, degli "altri", della vita, delle problematiche che ci sono intorno a me. Mi sento certo della mia fede e da "lassù" giudico uomini e cose, e costruisco la mia "cittadella" fortificata in cui posso custodire le mie "verità" e aver paura del dubbio, delle incertezze, delle fatiche di credere; posso diventare un dogmatico un intollerante, un fanatico!
E quello che vale per me vale, anche, per le nostre famiglie! Rischiamo di costruire dei gusci comodi, caldi, accoglienti in cui i nostri figli si sentono difesi dalle brezze mefitiche del mondo, custoditi dal nostro amore, dalle nostre attenzioni, dalle nostre sicurezze e non ci accorgiamo che rischia di diventare un luogo asfittico, in cui non si nutre più il coraggio per affrontare la vita.
Troppi dei nostri ragazzi sono cresciuti superprotetti, coccolati... hanno, sempre, trovato il rifugio caldo in cui ritornare quando rischiavano di essere sconfitti dalle prove della vita.
Forse la prima lettura che abbiamo ascoltato dovrebbe ricordarci che ogni figlio deve essere "sacrificato" a Dio e alla vita; che non possiamo proteggerlo fino in fondo, non possiamo costruirgli intorno un guscio troppo comodo e caldo, troppo sicuro e protettivo, perché gli impedisce di crescere, di essere libero, di affrontare la vita...
Ma quello che vale per me, per la famiglia vale per la Chiesa... Quante volte, nel corso di questi duemila anni, la tradizione cattolica ha ceduto alla tentazione di costruire la sua fortezza sul "monte"...
Abbiamo la scienza "cattolica", le scuole cattoliche, i partiti cattolici; abbiamo giudicato gli "altri" sentendoci sicuri della verità... gli "altri"... - come dice sant'Agostino - sono "massa dannata". Solo "noi" abbiamo la verità! La scienza... "noi" sappiamo che cosa è vero, gli scienziati "non" lo sanno! La scuola... "noi" sappiamo che cos'è una scuola, gli "altri" non lo sanno! Della scuola pubblica non ce ne importa: facciamo le "nostre" scuole, facciamo i nostri stati, i nostri partiti; costruiamo la nostra "cittadella" sicura, protetta, benedetta da Dio; la difendiamo anche con le armi, conquistiamo il mondo… e ci ritroviamo poveri, impauriti, incapaci di dialogo, di apertura, di condivisione della vita.
Perché la vita occorre condividerla con il mondo, occorre affrontare i problemi senza barriere. Non si può rimanere sul "monte", bisogna scendere giù in mezzo alla gente, convinti che lo Spirito soffia dove vuole e che l'unico modo di vivere è il dialogo, il confronto, il tentativo di camminare insieme e costruire il mondo anche con chi è diverso da me, con chi la pensa diversamente da me, anche con chi va avanti a cercare con altri metodi, anche con lo scienziato, anche con l'ateo, anche con uomini di altre religioni...
Non serve costruire sul "monte" la propria "tenda" protetta, difesa... si rischia di rimanere soltanto impauriti: occorre scendere giù, ma non è semplice perché con noi c'è "solo" Gesù, che, a volte, sembra "nessuno".
"Non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro" e con Lui bisogna scendere giù, in mezzo alla gente portando nel cuore i valori in cui si crede, la Luce che abbiamo trovato sul "monte", ma condividendola con gli altri, affrontandone i temi, i problemi, le difficoltà, il cammino, a volte, faticoso.
Non c'è bisogno che ve lo ripeta perché lo sapete bene: non è affatto semplice! Non è semplice, ma è l'unico modo per credere veramente.
Il Signore ci aiuti.
"...Gesù trovò nel Tempio gente che III Domenica di Quaresima - 19 Marzo 2006
vendeva … e cambiavalute... scacciò Giovanni 2, 13-25 - Esodo 20, 1-17
tutti fuori... e disse: "Non fate della casa
del Padre mio un luogo di mercato".
Il racconto della cacciata dal Tempio lo potete trovare in tutti e quattro i Vangeli... il che significa che per i primi cristiani questo racconto era particolarmente importante! Per noi, c'è un problema: che cosa è effettivamente accaduto là? Gesù è veramente riuscito a sgombrare l'immenso cortile del Tempio? Se qualcuno di voi è stato a Gerusalemme sa quanto è vasta la spianata del Tempio! A quel tempo era piena di bancarelle in cui cambiavano i soldi perché, nel Tempio, non potevano entrare le immagini dell'imperatore, anzi nessuna immagine; si vendevano gli animali per i sacrifici, ed era pieno di gente! Può aver, Gesù, cacciato via tutti? Evidentemente è un racconto che pian piano si è amplificato....
I discepoli conservano la memoria di una polemica di Gesù nei confronti del Tempio, del culto che là si svolgeva; non solo ma, quando i Vangeli si scrivono, il Tempio è già distrutto - per usare le loro parole - "non è rimasta più pietra su pietra".
I primi cristiani interpretano la distruzione del Tempio come un castigo di Dio, il Suo rifiuto di tutto quello che si svolgeva nel Tempio.
Ed ecco, allora, che per loro si pone un problema, che, forse, è anche il nostro: perché Gesù entra in polemica con il Tempio? Era un'istituzione antica, venerabile... tutto quello che si svolgeva là era un po' il cuore della preghiera di Israele! Cosa aveva Gesù contro tutto questo?
Se si leggono... - ci vuole molta attenzione - le quattro versioni che ci sono nei vari Vangeli, cercandone i particolari, ci si rende conto che ogni comunità mette l'accento su un aspetto, o sull'altro di questa polemica.
Oggi - per esempio - abbiamo letto: "Voi avete fatto della casa del Padre un luogo di mercato" e viene subito da pensare al fatto che lì circolavano dei soldi! Sì, c'è, probabilmente, anche questo, ma, se ci pensate, è una polemica banale.
Intorno a ogni santuario, dove si raduna tanta gente, c'è qualcuno che vende... chi va a Lourdes... - secondo me un po' ingenuamente - si scandalizza, perché intorno è pieno di negozietti che vendono ricordini, bottigliette con l'acqua, immagini... è la cosa più normale del mondo! Ci son pellegrini, si vende!
La polemica, probabilmente, è molto più profonda: è la preghiera che rischia di diventare una specie di commercio, di mercato con Dio: questo è il problema che i primi cristiani hanno!
La preghiera non è più gratuita: la ricerca di Dio, la lode, lo stupore, la meraviglia, la ricerca della Sua parola, la ricerca del senso della vita. La preghiera rischia di diventare una specie di rapporto commerciale: io ti offro qualche cosa, un'offerta, un sacrificio e mi aspetto da Te la protezione, mi aspetto di acquistare dei meriti, di sentirmi "giusto", di sentirmi a posto e, qualche volta, anche di poter giudicare gli altri, quelli che, magari, non credono.
Non so se a qualcuno di voi è venuta, qualche volta, la tentazione, siccome viene in chiesa, fa la comunione, di sentirsi "giusto" e, quindi, giudicare gli altri.
Il commercio con Dio: una preghiera che non diventa più un fatto gratuito, di ricerca, di passione verso la verità e il bene, verso il Signore, ma un modo per ottenere grazie, favori, acquisire meriti: ecco uno degli aspetti che i primi cristiani mettono in luce.
Ma ce n'è un altro...! Se leggete il Vangelo di Matteo, vi accorgete che il problema, per lui, è diverso! Nel Tempio non potevano entrare tutti i malati: né ciechi, né storpi, né zoppi e, tanto meno, i lebbrosi... Gesù caccia via tutti, poi chiama ciechi, storpi, lebbrosi, li guarisce e li fa entrare nel Tempio!
Nella disgrazia, nella malattia veniva visto il castigo di Dio: contro tutto questo Gesù si è ribellato con forza e per questo, secondo alcuni dei primi cristiani, Gesù caccia dal Tempio la gente!
Ma c'è dell'altro! Nel Vangelo di Marco, è scritto: "La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti"… è invece diventato un luogo dove ci sono una serie di esclusioni!
C'erano, nel Tempio, dei cortili. Nel primo potevano entrare tutti, anche i pagani; nel secondo, solo gli Ebrei. Poi c'era un altro sbarramento: là le donne non potevano entrare! Poi, ancora, un altro sbarramento: là potevano entrare solo i sacerdoti e poi, l'ultimo, il luogo più riposto del Tempio poteva entrare solo il sommo sacerdote.
Cosa è diventato il Tempio? Un luogo di esclusione, di divisione, un luogo di potere? Per i primi cristiani la polemica di Gesù è, anche, contro tutto questo!
Ma c'è qualche cosa, forse, di ancora più importante: nel Tempio tutto questo si fa perché qualcuno usa il nome di Dio!
Nella prima lettura abbiamo ascoltato il comandamento, che in altre parti della Bibbia è molto amplificato: "Non pronunzierai invano il nome del Signore"... non farai nessuna immagine, Non c'erano immagini nel Tempio! Ma c'era troppa gente che sapeva chi è Dio! Dio che punisce, Dio che esclude, Dio che divide uomo da uomo... ecco, allora, che tutto l'apparato del Tempio - e questa, forse, è la cosa più importante - non è più a servizio dell'uomo!
Una delle frasi centrali del Vangelo dice: "Non è l'uomo fatto per il Sabato, ma il Sabato è fatto per l'uomo". Non è l'uomo fatto per la preghiera, per il culto, per la tradizione, per i sacrifici, per le offerte, ma tutto questo è a servizio dell'uomo, della sua libertà, della sua vita.
Se tutto questo mette dei pesi sulla coscienza dell'uomo, gli impedisce di essere libero di amare, di cercare Dio, non ha più senso!
Vedete, allora, che la polemica nei confronti del Tempio diventa una polemica forte contro tanti aspetti della religione, forse ancora presenti nella nostra vita, nella nostra Chiesa. Anche oggi la preghiera rischia di non essere libera e gratuita, ancora oggi esclusioni e divisioni; anche oggi è difficile sentire la preghiera come un fatto che riguarda tutti gli uomini; anche oggi c'è gente che s'impossessa del nome di Dio per dire cosa è giusto, cosa sbagliato...
Contro tutto questo Gesù ha alzato la Sua mano armata di cordicelle!
E se venisse oggi in mezzo a noi, nella nostra Chiesa, avrebbe, ancora, qualcosa da dire? Forse sì!
Il Signore ci aiuti.
"La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini IV Domenica di Quaresima - 26 Marzo 2006
hanno preferito le tenebre, perché le loro 2 Cronache 36, 14-23 - Giovanni 3, 14-21
opere erano malvagie. Ma chi opera la verità
viene alla luce, perché le sue opere sono fatte in Dio".
"Dio non ha mandato il Suo Figlio per giudicare il mondo..." Qualcuno di voi, forse, ricorderà che, domenica scorsa, leggevamo nel Vangelo l'episodio della cacciata dei mercanti dal Tempio e ci sembrava di vedere in questa pagina un giudizio, anche severo, di Gesù nei confronti di tanti atteggiamenti religiosi del suo tempo, ma anche nostri.
Quindi, Gesù è venuto per giudicare il mondo e nel Vangelo, oggi, abbiamo ascoltato: "Chi non crede è già stato condannato perché non ha creduto…".
Allora Gesù viene per giudicare o non viene per giudicare e condannare? E poi... cosa significa che Gesù deve essere "innalzato sulla Croce, come il serpente nel deserto?". Cosa significa essere "salvati dalla Croce"?
Vedete tante domande e non tra le più semplici, per chi si avventura nella lettura del Vangelo! Come possiamo intuire qualche cosa? Il credente pensa che Gesù sia la Luce... i valori che porta, i Suoi sogni non possono che essere un giudizio per tutto quello che, nel mondo, è contrario alla luce. Chi crede veramente nella pace, nel bene, nella giustizia, nella libertà, nella gratuità non può che giudicare con severità, tutto ciò che è contrario e che vede intorno e, forse, ritrova dentro di sé.
"Chi crede in Lui non è condannato..." Ma cosa significa credere? Avere un distintivo, portare una bandiera, frequentare il culto oppure essere testimoni... ma concreti, vivi dei valori autentici che rendono grande e bella la vita?
Ci aiuta, forse, la prima lettura: avete ascoltato che Israele riconosce in Ciro - Ciro è un pagano, che viene da terre lontane - uno strumento del Signore. "Il Signore suscitò lo spirito di Ciro…" Perché...? Perché è artefice di libertà, perché rimanda il popolo nella sua terra!
Ecco, il credente è uno che cerca di conservare nel cuore la luce, di crederci veramente, di esserne testimone… ed è capace di riconoscere la luce dovunque sia! Non si contenta di chi continua a ripetere il nome di Cristo, ma poi non ne testimonia i valori… e non i valori superficiali, le regolette che ci vengono riproposte spesso, ma i valori autentici: l'attenzione verso i piccoli, la gratuità, la libertà, il coraggio di costruire il mondo nella luce.
Ecco, la "luce" è giudizio e giudizio severo sul mondo! Allora cosa vuol dire che Gesù non è venuto per giudicare?
Vedete, capita a me e credo che capiti anche a voi, come alla maggior parte degli uomini sulla terra... a volte, di non riuscire ad essere coerenti con le cose in cui si crede, con i valori che uno cerca di portarsi dentro... capita a me e, forse, capita anche a voi, qualche volta di sbagliare… quando mi metto davanti al Signore, sono giudicato, sono condannato?
A sentire certe prediche, forse, sì, ma a leggere il Vangelo no!
Il figlio che va lontano da casa e sciupa la sua vita, quando torna, non trova il giudizio, la condanna, ma il banchetto della festa! La donna sorpresa in adulterio là, sulla piazza del paese, quando tutti alzano le pietre... non trova il giudizio e la condanna, ma l'invito ad alzarsi e camminare ancora.
Ecco, in questo senso, Gesù non viene per giudicare e condannare! Viene per camminare accanto all'uomo che non ce la fa, viene per prenderti per mano e invitarti a cercare ancora il bene; non viene per "spezzare la canna incrinata", per "spegnere il lucignolo che fumiga", ma per darti il coraggio, nonostante le tue debolezze, di credere nei valori che è venuto a testimoniare in mezzo a noi.
E poi, l'ultima domanda che vi ponevo all'inizio...!
Cosa significa essere salvati dalla Croce? Cosa significa che Gesù deve "essere innalzato" come un tempo Mosé ha fatto con il serpente nel deserto, simbolo di salvezza e di vita?
Perché dobbiamo essere attirati da questa Croce? Siamo forse salvati dalla sofferenza, dal dolore, dal sangue? A volte ci hanno detto anche questo! ma è assurdo, non ha senso! Non è il dolore che salva, ma l'amore! In quella Croce troviamo Gesù, che è venuto a condividere la nostra vita, a camminare con noi nei bassifondi della storia... là, dove l'uomo conosce la violenza, l'oppressione, il male… e là siamo stati attirati, perché il Figlio, che viene a camminare con noi, ci aiuta ad accettare il mondo così com'è e non come vorremmo che fosse! Ci aiuta ad accettare Dio così com'è e non come noi vorremmo che fosse!
A volte sogniamo un mondo diverso, come sogniamo un Dio diverso! Un Dio potente, glorioso, forte, che con un colpo di bacchetta magica cambia le storie del mondo! Non è così! La storia è affidata al nostro coraggio e Dio viene a camminare con noi.
Siamo attirati da quella Croce perché, in fondo, dobbiamo accettare anche noi stessi così come siamo e non come vorremmo che fossimo! Accettare il mondo, accettare Dio, accettare la vita, accettare noi stessi, per conservare nel nostro cuore e portare nel mondo i valori di Gesù: per questo è venuto a camminare con noi!
Il male del mondo lo ha inchiodato sulla Croce, ma là si è manifestata la passione di Dio per la nostra vita, la voglia di condividere il coraggio dell'uomo fino in fondo… e anche quando viene buttato fuori, ha ragione Lui!
Siamo attirati verso quella Croce per camminare con Lui e tentare di mettere nella vita i valori che Lui ha testimoniato, anche quando è difficile, anche quando è faticoso, anche quando rischiamo di andare incontro al fallimento… ma troveremo sempre Dio accanto a noi, alzeremo lo sguardo verso quella Croce e saremo invitati ad accettare Dio e noi stessi e il mondo così com'è, tentando, con tutto il coraggio del nostro cuore, di renderlo un po' migliore: a volte costa, ma è l'unica strada, la strada che Dio ha condiviso per noi!
"Dio ha tanto amato il mondo da mandare il Suo Figlio...", fino in fondo, nei bassifondi della storia: là dove si conosce il dolore, la morte, il fallimento... è là che Dio testimonia il Suo amore totale e verso questo amore siamo attirati: è questo che salva; non il dolore, la sofferenza... la sofferenza e il dolore sono la conseguenza di tutto il male che c'è nel mondo, contro questo male Dio viene a testimoniarci la speranza, a testimoniarla fino in fondo e su questa strada siamo invitati a camminare anche noi, con tutto il coraggio del nostro cuore.
Il Signore ci aiuti.
"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, V Domenica di Quaresima - 2 Aprile 2006
rimane solo; se invece muore produce molto frutto... Giovanni 12, 20-33
Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me".
C'è - come avete ascoltato - qualcosa di strano in questa pagina del Vangelo, quasi un senso di fatica, di cose complicate: dei Greci vogliono vedere Gesù; lo dicono a Filippo, Filippo lo dice ad Andrea, poi Andrea e Filippo vanno da Gesù... Perché questo meccanismo complicato? E poi, addirittura, una voce dall'alto... un angelo, un tuono... cosa succede?
Evidentemente qui non c'è il racconto di un fatto, ma dei simboli che vogliono indicarci qualcosa di importante, forse, di fondamentale. Di cosa si tratta? Cosa possiamo intuire dentro le parole che abbiamo appena ascoltato?
"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo"… non porta frutto, perché? Che logica è questa che - dobbiamo riconoscere - in qualche modo governa la storia degli uomini?
Succede, qualche volta, anche ai genitori: si sforzano di mettere qualche seme di bontà, di bene, di luce nel cuore dei figli e non vedono i frutti! A me è capitato di conoscere dei genitori che son morti senza poter vedere i frutti della loro educazione… poi, quando non ci sono più, i figli scoprono tante cose.
Succede agli insegnanti, succede anche a noi preti! Quando ero giovane, un amico mi diceva: "Ci dicono, sempre, che bisogna seminare, anche se non si vedono i frutti, perché i frutti, magari, vengono dall'altra parte del mondo". E aggiungeva: "Perché non c'è mai qualcuno che semina dall'altra parte del mondo e i frutti li vedo io, qua?".
Se pensate ad alcuni dei grandi personaggi della storia... che so, a Galilei, a Erasmo da Rotterdam, ma ce ne sono tantissimi altri, che nella vita sono stati misconosciuti e addirittura perseguitati: hanno seminato i semi della scienza, della giustizia eppure non li hanno visti fruttificare! Perché? Che logica è questa? Che mondo è questo in cui chi semina il bene con passione, con generosità, non riesce a vedere i frutti?
E, a volte, alziamo gli occhi verso l'alto e chiediamo conto a Dio... Perché? Perché ci hai fatti così, perché il mondo è così? Ed ecco la Croce, la risposta, faticosa: Dio tra noi, come un seme perduto nei solchi della nostra storia. Anche Lui è morto, solo! Ma noi siamo ancora qui riuniti nel Suo nome! I Suoi semi portano ancora frutti e li porteranno... ma perché questa logica? Perché non si debbono vedere subito i frutti? Perché chi semina non può godere i frutti del suo lavoro?
E c'è un'altra parola faticosa nel Vangelo di oggi: "Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita…".
Cosa significa odiare la propria vita? Sembra una frase forte, difficile!... se uno ci riflette un po', non è così complicata! Fin da bambini abbiamo fatto questa esperienza... a voi tutti è successo di vedere dei bambini che si litigano un giocattolo: piangono, strepitano; ognuno vuole tenerlo per se: sarebbe bello rinunciare a possederlo, metterlo insieme, condividerlo, sarebbe la festa, la gioia di giocare insieme, ma molto spesso, non si riesce!
E successo anche a voi, andando a scuola di dover perdere un po' della vostra vita, della voglia di giocare per passare, faticosamente, qualche ora, sui libri per imparare cose importanti. Perché si devono perdere alcune delle cose belle della vita per imparare, per crescere? Che logica è questa per cui i valori importanti esigono rinuncia, sacrificio...?
Succede, anche, nella vita di coppia! Per vivere insieme bisogna che ciascuno rinunci a qualcosa, rinunci a parte del proprio "io", delle proprie abitudini, del proprio modo di essere, per costruire un "noi", per mettere insieme qualche cosa, perché ci sia pace...
Ma, qualche volta, la gratuità, il dono, l'amore, la condivisione esigono il rischio della vita! Perché ci devono essere dei giudici che, per combattere la mafia, la delinquenza devono rischiare la vita? Perché degli uomini delle forze dell'ordine devono rischiare per mantenere la giustizia? Perché c'è gente che va lontano, nel mondo, a portare un po' di bene, ad aiutare, che so, a costruire un pozzo, a portare un po' di educazione... e deve rischiare la vita? Perché, spesso, chi fa del bene ha rischiato e rischia la vita? Che logica è? Che mondo è questo? Perché non si può cambiare?
"Quando sarò innalzato attirerò tutti a Me!" Essere attirati verso quella Croce significa accettare questo mondo così com'è e non come vorremmo che fosse! Un mondo in cui i giusti, a volte, muoiono; in cui i semi si perdono nei solchi... muoiono per portare frutto! Se vogliamo credere fino in fondo dobbiamo accettarlo questo mondo, come ha fatto Lui, venuto in mezzo a noi "seme" perduto nei solchi della storia; Uomo che ha vissuto fino in fondo la gratuità, l'amore, il dono di Sé, fino a rischiare la vita per continuare a credere nella bellezza e nel valore del seme; per continuare a credere nella gratuità, nell'amore, nel dono... .
Perché tutto questo non è piacevole e bello? Perché tutto questo non da gioia e pace ed è subito, riconosciuto e apprezzato, perché? Perché il mondo è così?
È una domanda che potremmo porci fino agli ultimi giorni della storia e poi dovremmo, sempre, alzare gli occhi verso quella Croce, lasciarci attirare, per continuare a credere, a sperare, ad amare, a condividere la vita, a vivere il dono, la gratuità, il coraggio di seminare i semi del bene.
A volte è difficile, a volte si rischia, ma non c'è altra strada per essere uomini e credenti: la strada che Dio stesso è venuto a condividere con noi! Ecco perché è importante quella Croce, ma non è l'ultima parola! Ci prepariamo a gridare l'Alleluia di Pasqua! Ha ragione Lui! Ha ragione chi crede nel "seme", ha ragione che crede nella gratuità e nell'amore! Ha ragione… anche se, a volte, si rischia ed è faticoso.
Il Signore ci aiuti.
L'angelo disse alle donne: "Non abbiate PASQUA di RESURREZIONE -16 Aprile 2006
paura, voi. So che cercate Gesù il Giovanni 20, 1-9
crocifisso. Non è qui. È risorto!".
La Pasqua ha origini antichissime, addirittura si perdono nella notte dei tempi e credo che non sia male ripercorrere un po' questa storia, per non perdere alcuni degli elementi che nel corso dei millenni - perché di millenni si tratta - si sono accumulati in questa festa.
All'inizio era una festa della natura, della primavera e, per essere più precisi, era la festa della transumanza: quando i pastori nomadi partivano per i pascoli estivi, celebravano la rinascita della natura, i primi fiori con una festa, che era anche propiziazione per il buon andamento della stagione, perché ci fossero tanti nati nel gregge, si producesse in abbondanza latte e formaggio: era un'invocazione della benedizione di Dio: si usava sacrificare un agnello, per poi condividerlo in un pasto festoso e si preparava il pane tipico dei pastori - ancora oggi in tante regioni d'Italia - senza lievito; quello che si conserva per mesi, quasi per un anno intero!
Tutto prende origine da questa festa della natura: delle stagioni, dell'eterno ritorno, la festa della benedizione di Dio sulla vita dell'uomo: il Dio che dall'alto guarda e custodisce gli uomini che camminano...
Potete oggi andare, anche voi, sulla riva del mare o passeggiare in pineta e celebrare la festa della natura, la festa della primavera, del sole, della luce, la festa della bellezza del vivere, del ritrovarsi insieme… sono valori fondamentali che è bene non perdere, sono valori che fanno parte della Pasqua! Per me, quando ero bambino, la Pasqua era soprattutto la festa della primavera, la festa della passeggiata con il mio papà al Gianicolo a vedere i fiori che sbocciavano, ad ascoltare le campane di Roma: i primi tepori, la bellezza della vita, la bellezza di stare insieme e sentire il Signore dall'alto...
Poi Israele intuisce che può cambiare il senso di questa festa! Non più la festa della natura, ma la festa della storia! C'è, nei ricordi d'Israele, un episodio che all'inizio doveva essere piccolo piccolo: l'uscita, o meglio, la fuga di qualche persona... - forse cinque o sei - dall'Egitto, non certo tutto il popolo!
Israele, riflettendo su questo episodio, ne fa il cuore della fede! In questa piccola storia pensa di intuire il volto di Dio: Dio che gli cammina davanti, che chiama fuori dalla schiavitù, verso la speranza, verso la libertà, verso una terra nuova, dove "scorre latte e miele".
Ed ecco che il pane del pastore diventa il pane della libertà, il pane che bisogna cuocere in fretta, perché non si può rimanere nemmeno un minuto sotto la schiavitù... È il Dio della libertà, è il Dio del futuro che Israele celebra, è il Dio che cammina davanti e chiama fuori dalla schiavitù!
Nella Pasqua Israele inserisce due aspetti fondamentali: il memoriale e l'alleanza!
Far memoria, per Israele, non significa soltanto ricordare... Se a qualcuno di voi capita in questi giorni di partecipare al "Seder" degli Ebrei, alla cena di Pasqua, vedrà il bambino più piccolo che domanda: "Cosa facciamo stasera?". E colui che presiede la cerimonia... - la festa di Pasqua, per gli Ebrei, è una festa, soprattutto, familiare - dice: "Noi eravamo schiavi in Egitto, ma Dio ci ha tratto fuori con mano potente e braccio forte verso la libertà! ". E il bambino domanda: "Come, noi...?". E il padre riprende: "Sì, perché ogni ebreo deve considerane se stesso, come tratto fuori dalla schiavitù, chiamato verso la libertà e il futuro, verso la speranza: anche noi siamo stati liberati e non dobbiamo più essere schiavi".
E l'altro concetto che Israele mette nella Pasqua - anche questo fondamentale - è quello di Alleanza: un patto tra noi e con Dio, un patto per vivere la moralità, per vivere le esigenze etiche del nostro rapporto con Dio, che ci chiede un impegno, ci chiama verso la giustizia. Ed è un patto di sangue, che per gli antichi è la vita, è un patto indissolubile quello che Israele pensa di poter fare con Dio! E le esigenze etiche vengono poste da Israele nel cuore stesso della fede!
Vi siete chiesti, in questi giorni, a cosa abbiamo ridotto la fede, guardando le immagini del boss della mafia, circondato da immagini di santi, di Madonne, di padri Pii, la casa piena di Bibbie e di croci? Cosa è diventata la fede? Dov'è la moralità alta a cui ci chiama il Signore? Troppe volte nella chiesa si parla della lunghezza delle gonne, della scollatura delle donne, si parla di famiglia, di regolette: dov'è il senso della giustizia, il senso del rispetto degli altri, il senso della libertà? Questo è il patto a cui chiama Dio!
Lui ci cammina davanti, ci chiama verso la terra della giustizia, del rispetto dello Stato, della Legge, dell'attenzione agli ultimi, ai più piccoli… le esigenze alte della giustizia, non i propri comodi, non gli interessi della propria parte, non la difesa delle proprie scuole, della propria chiesa, ma la difesa dell'uomo, della libertà, della vita! Queste sono le esigenze di Dio, le esigenze che la Pasqua ci ripropone!
Se dimentichiamo questo non è più Pasqua!
Ma la Pasqua cambia ancora per noi! Non solo il Dio che ci cammina davanti, ma il Dio che ci cammina accanto, che viene ad incarnarsi in mezzo a noi, a condividere la nostra vita, a lavarci i piedi, a donare Se stesso; dalla parte degli ultimi, dei piccoli... "Non sono venuto per essere servito, ma per servire". Il Dio che è venuto a condividere con noi i sogni della libertà, dell'amore, della gratuità, della vita...!
È vero, la violenza degli uomini l'ha inchiodato sulla Croce, come tanti giusti nel corso della storia, ma noi siamo qui per gridare la nostra speranza! L'ultima parola non è la morte, l'ultima parola è la vita! Dio è venuto in mezzo a noi e ha condiviso i bassifondi della nostra storia, ha subito la violenza del mondo, ma è RISORTO! Aveva ragione Lui!
Dunque, nella Pasqua è presente il Dio dall'alto, il Dio della natura, il Dio che ci protegge, ma anche il Dio che ci cammina davanti, che ci chiama verso il futuro e la speranza; e il Dio che condivide, fino in fondo, la nostra vita, il Dio che cammina con noi, che per noi spezza il pane, che per noi si dona, che per noi si fa pane; il Dio del servizio, dell'amore, della gratuità, della pace condivisa con noi nel cammino della vita: questo è Pasqua!
Non dovremmo mai dimenticarlo! Non può, soltanto, divenire la festa dell'uovo di Pasqua, la festa delle grandi celebrazioni: è la festa in cui ciascuno di noi fa memoria, ma memoria viva, di Gesù in mezzo a noi! Ancora qui con noi spezza il pane, ancora qui con noi dona la vita, ancora ci chiama alla Nuova ed Eterna Alleanza, ancora il patto con Dio per una moralità alta, per cercare la giustizia, il bene, la libertà, la gratuità, in ogni angolo della terra.
Non possiamo non camminare verso questa sogno, difficile a volte, come capita in questi giorni; per il credente, la speranza... è una speranza quasi disperata, una speranza che dobbiamo strappare fuor dalle nostre viscere, come ha fatto Lui, però! Lui che è stato inchiodato sulla Croce, le braccia spalancate tra cielo e terra, ma Lui è vivo, è Risorto!
E questa è la nostra suprema speranza: Dio che condivide con noi il cammino e che ci invita a rinnovare la memoria, l'Alleanza, un patto di vita, il cammino fatto insieme verso il futuro, verso la speranza, verso la vita: questo è PASQUA!
Il Signore ci aiuti.
...Poi disse a Tommaso: "Metti qua il II Domenica di Pasqua - 23 Aprile 2006
tuo dito, stendi la tua mano e mettila Giovanni 20, 19-31
nel mio costato e non essere più
incredulo ma credente".
Penso che non sarei qui se, quando ero adolescente, qualcuno non mi avesse comunicato un po' dello spirito di Tommaso.
Vi racconto un po' della mia esperienza perché, forse, è simile a quella di più d'uno di voi.
Quando ero adolescente e le nebbie dell'infanzia cominciavano a diradarsi, partecipavo attivamente alla vita della parrocchia; avevo responsabilità nel catechismo, nell'Azione Cattolica: nell'ambiente parrocchiale non c'erano problemi, cominciavano fuori, nell'incontro - qualche volta era scontro - con i compagni di scuola, con gli amici con cui si giocava insieme, perché, spesso, ascoltavo una critica nei confronti della Chiesa, dei preti....
Dicevano: "Vedi, i preti son tutti ricchi, non gliene importa niente della gente, pensano solo ai fatti loro…" Poi, a scuola, cominciavo a studiare la storia della Chiesa, in questi duemila anni... pensate all'inquisizione, alle condanne di Giordano Bruno, di Galilei... tante storie complicate che mi mettevano in difficoltà!
Ho avuto la fortuna di incontrare alcuni catechisti, che ci insegnavano a rispondere: "Tu parli male dei preti, perché non li conosci, sapessi quanto male potremmo dirne noi che li conosciamo bene; noi però non siamo cristiani perché crediamo nei preti, ma perché crediamo in Gesù Cristo"!
Qualcuno di voi mi chiederà: "Che c'entra questo con Tommaso?". Ma proprio questo è Tommaso!
Tommaso ha difficoltà a credere nei preti, nei testimoni di Gesù! I discepoli gli dicono: "Abbiamo visto il Signore!". Ma sono tutti ancora impauriti! Chiudono bene le porte del cenacolo, Gesù deve ancora attraversare i muri! Dov'è la gioia della Risurrezione, la libertà della Risurrezione? Che può vedere, Tommaso, in questi testimoni che gli dicono: "Abbiamo visto il Signore", ma sono ancora pieni di paura, ancora presi delle loro vigliaccherie, dalle loro preoccupazioni?
È la stessa cosa che succedeva a me! Tommaso ha bisogno di incontrare Gesù! Ha bisogno di un incontro vivo, personale con il Signore. Non pensate al toccare le mani, i piedi: può sembrare un prodigio! Pensate al bisogno di Tommaso, che è poi il bisogno di ogni credente, di un incontro vivo, personale con Gesù, con i Suoi valori, con la Sua realtà.
Quando ero ragazzo... - come succede a tutti i giovani - avevo anch'io, un po', della sindrome dell'onnipotenza e pensavo che bastasse conoscere il Signore direttamente, che non ci fosse bisogno degli "altri". Gli altri potevano essere un peso, una zavorra… poi l'esperienza, la riflessione sulla mia vita mi hanno insegnato che, senza gli "altri", il Signore non lo puoi incontrare! Non credo che sia successo soltanto a me, ma anche a voi!
Io ho conosciuto Gesù perché, in qualche modo, me lo hanno testimoniato mio padre, mia madre, alcuni parenti straordinari che ho incontrato, alcuni preti, tanti cristiani come voi; tanta gente che, in qualche modo, mi ha fatto intravedere qualcosa della luce di Gesù.
Questa è - se ci pensate bene - la realtà della Chiesa, insieme santa e peccatrice! Santa perché, in qualche modo, attraverso la testimonianza della Chiesa - senza questa testimonianza non sarebbe possibile - incontriamo Gesù!
Poi, certo è indispensabile un incontro personale, un approfondimento tuo, vivo di Gesù; una ricerca dei Suoi valori, dei Suoi sogni, della Sua realtà; una ricerca delle cose che Gesù si portava nel cuore.
Ma anche peccatrice… c'è la difficoltà della testimonianza dei cristiani che hai intorno; una testimonianza che ha pesato spesso nella mia vita e, penso, nella vita di molti cristiani... Quando guardiamo alle realtà della Chiesa, la troviamo piena di tante vigliaccherie, di tante paure, di tanti ritardi...
Ogni tanto ci viene da sorridere... non so se anche a voi, in questi giorni, è capitato di sentir parlare degli altari che andrebbero di nuovo girati verso il muro… non vi preoccupate, sono cose di giornalisti! Per girare tutti gli altari del mondo ci vogliono miliardi!
Purtroppo, nella Chiesa, di queste storie ce ne sono tante! Esteriorità, regolette, formule, intrallazzi con la politica, ricerca dei propri interessi… e, queste cose, a volte, appesantiscono il cuore dei credenti.
Molti ragazzi che incontro hanno difficoltà a riconoscere in questa Chiesa un segno del Signore. È un guaio per loro, perché, forse, non hanno conosciuto una Chiesa viva, dei testimoni credibili di Gesù... perché ci sono anche questi! E io, per fortuna, ne ho incontrati tanti e, penso che anche voi ne abbiate incontrati, altrimenti, non sareste qui!
Ecco la Chiesa! La Chiesa che sono io, che siamo noi! Fatta della nostra buona volontà, dei nostri incontri con il Signore, ma, anche, delle nostre debolezze, delle nostre pesantezze, delle nostre miserie...
E se io mi ritrovo dentro, le mie paure, le mie vigliaccherie, la mia incapacità di essere testimone di Gesù, perché non dovrebbero averle anche gli altri preti, i vescovi, i papi? Siamo tutti povera gente! l'importante è che ciascuno di noi continui a cercare il Signore e la Sua luce: è questo che ci permette di giudicare e uomini e cose e ci fa capaci di distinguere cosa è fondamentale, essenziale, i valori autentici, da quelle che sono piccole storie - a volte, non tanto piccole - che fanno parte delle miserie degli uomini, nel loro cammino alla ricerca della luce del Signore.
È questa luce che continuiamo a cercare, ritrovandoci qui ogni domenica, ma non è sempre facile!
Il Signore ci aiuti.
Gesù in persona apparve in mezzo a loro III Domenica di Pasqua - 30 Aprile 2006
e disse: "Pace a voi!". Stupiti e spaventati Luca 24, 35-48
credevano di vedere un fantasma.
Vi siete mai chiesti perché ci propongono spesso dei santi che portano, impresse nel loro corpo, le stimmate, le ferite della passione e della morte di Gesù, ma nessuno con i segni della Risurrezione?
Vi siete mai chiesti perché, ogni tanto, ci propongono l'apparizione di una Madonna che piange, ma mai che ride?
Vi siete chiesti perché entrando in ogni chiesa trovate un Crocifisso e, quasi in nessun luogo della terra, un'immagine della Risurrezione, del Risorto?
Vi siete chiesti perché, nella lunga tradizione della pietà popolare, ci sono tante celebrazioni della Via Crucis, della sofferenza di Gesù; tante rappresentazioni della Sua morte: processioni del Cristo morto, l'incontro con la Madonna addolorata e, quasi mai, una celebrazione della Risurrezione del Signore?
Se cercate una risposta a questa domanda, che, forse, vi siete posti qualche volta, rileggete con attenzione il Vangelo di oggi!
Avete visto che i discepoli sono "stupiti e spaventati" e credono "di vedere un fantasma", eppure hanno già ascoltato l'annunzio della Risurrezione dalle donne che Lo hanno visto, poi dai discepoli che son tornati da Emmaus e Lo hanno riconosciuto allo spezzare il pane ed è apparso anche a Pietro... eppure fanno una gran fatica a riconoscere il Signore, a credere nella Risurrezione, a sentire il Signore risorto in mezzo a loro! Se poi arrivate alla fine della pagina ascoltate l'invito ad essere testimoni della Risurrezione… allora capite o riuscite a intuire perché l'accento è sempre messo sulla sofferenza e meno sulla Risurrezione. Per noi, la sofferenza, il dolore, la morte sono realtà che tocchiamo con mano quasi ogni giorno; "l'oltre", la speranza, la testimonianza della vita... questo, per noi, non è affatto semplice!
Vedete, sono più di quarant'anni che predico… ci siamo ritrovati, tante volte, anche con molti di voi, per un funerale, in un momento del dolore e ci siamo sempre detti che l'unico modo che un credente - che un uomo - ha di rispondere alla morte è moltiplicare la vita, è tentare di essere testimone di speranza, di gioia, di piacere, di vita intorno a sé....
Ma quante volte ci siamo riusciti? Quante volte non ci siamo lasciati sopraffare dal dolore e siamo stati incapaci di testimoniare intorno a noi, anche ai piccoli, ai bambini che ci crescevano accanto, ai nipoti, ai figli, la speranza, il coraggio della vita?
Quante volte, di fronte alle immagini di violenza che la televisione ci riversa quasi ogni giorno, siamo stati capaci di testimoniare ai nostri ragazzi, ai piccoli, che la vita è più forte della morte, che l'amore vince l'odio? Altrimenti cresce in loro la paura, l'ansia, la preoccupazione per il futuro, perché non trovano, intorno a sé, testimoni vivi e credibili di speranza, di gioia, di vita!
Ecco perché, nella nostra tradizione, ci sono più i segni della morte che i segni della speranza, più i segni della Passione che i segni della Risurrezione: è la manifestazione della grande difficoltà che abbiamo nel credere nella Risurrezione!
Ecco perché, spesso, quando appare una Madonna ci dicono che "piange" ed io spero che voi siate così saggi da non chiedermi: "Cosa c'è da ridere, in questo mondo?". Non è questione di essere più o meno pessimisti: è questione di avere FEDE!
Fede nella Risurrezione, fede nella vita: di fronte al male del mondo, il credente è testimone della Risurrezione, è testimone di vita, di speranza, di passione per il futuro!
Noi siamo qui, riuniti intorno all'altare e "spezziamo il pane" per essere capaci di riconoscere Gesù!
Non ci raccontano più le antiche storie in cui "spezzando il pane" colava il sangue! Non abbiamo bisogno di questo! Sappiamo che non si tratta di questo! Si tratta di uscire da qui portandoci nel cuore i valori di Gesù: della vita che vince la morte, dell'amore che vince l'odio, della pace che è più forte della violenza… e crederci ed esserne testimoni! Testimoni credibili, anche se piccoli e deboli, perché non ci sia paura; perché ci sia la voglia di sperare, di credere, di amare: questo è riconoscere il Signore!
E non è facile! Non c'è bisogno che me lo diciate... lo sappiamo tutti! Ma per questo ci ritroviamo qui oggi e poi domenica prossima e poi ancora e ancora... tentando di riconoscere Gesù in mezzo a noi: il SIGNORE RISORTO!
Non soltanto il Crocifisso ucciso dalla violenza degli uomini, perché la vita non è solo violenza, perché noi dobbiamo credere nel bene, nella pace, nell'amore, nella vita con tutta la passione del nostro cuore!
Non è semplice, ma per questo Gesù si fa pane, per questo ci invita, ancora, a nutrirci di Lui!
Il Signore ci aiuti.
"Gesù è la pietra che, scartata da voi costruttori, IV Domenica di Pasqua - 7 Maggio 2006
è diventata testata d'angolo". Atti 4, 8-12 - Giovanni 10, 11-18
"Io sono il buon pastore: conosco le mie pecore
e le mie pecore conoscono me..."
Ho avuto la fortuna di essere nato, cresciuto e vissuto qui a Roma, in questa straordinaria città. Fin da quando ero adolescente, ho ringraziato mio padre perché ha avuto il coraggio di abbandonare il piccolo paese in cui è nato per vivere nella grande città. Ci vuole coraggio, ma nella città ci sono spazi di libertà, di incontro con tante persone e tante culture diverse, a differenza di quello che accadeva, specialmente un tempo, in un piccolo paese di montagna. Ma, tra le mie fortune - ne ho avute tante - c'è anche quella di aver passato parecchie estati della mia infanzia e della mia giovinezza nel paese dei miei genitori e ho potuto vedere e quindi dar forza e corpo a certi simboli del Vangelo, nati in una cultura vicina a quella dei piccoli paesi in cui sono nati mio padre e mia madre!
Due immagini abbiamo trovato nelle letture di oggi: quella del "pastore che conosce le sue pecore" e quella della "pietra angolare", della "testata d'angolo".
Una delle cose che mi sorprende ancora oggi, quando vado - adesso raramente - in questi piccoli paesi, è vedere che il pastore... ho un cugino che dalla sua infanzia fa il pastore, adesso è arrivato ad avere più di trecento pecore, fa un formaggio straordinario… conosce le pecore una per una e mi chiedo come faccia… sono tutte uguali le pecore! Credo che, anche per voi, che non siete nati là, le pecore siano tutte uguali, eccetto che non ce ne sia qualcuna nera!
Lui le conosce tutte e le chiama per nome e, se ci parlate un po', vi dice che ogni pecora ha il suo carattere! C'è quella pigra e mite che vuole stare, magari per timore, vicino al pastore; c'è quella che se ne va in giro, a cercare l'erbetta migliore e poi chiama le altre; ci sono le pecore ubbidienti e quelle disubbidienti; le pecore capricciose e quelle che capricciose non sono…
Così i cristiani! A volte, nel catechismo, i cristiani sembrano tutti uguali! E i pastori si illudono di conoscere le pecore perché conoscono la regole che le pecore dovrebbero seguire! E le pecore... noi cristiani, per fortuna, siamo tutti diversi! L'uno diverso dall'altro!
Ci sono quelli più ubbidienti e remissivi e quelli più capricciosi; ci sono quelli più tranquilli che si contentano di quello che s'è sempre detto e quelli che si vanno alla ricerca di qualcosa di nuovo, che cercano di capire che cosa è giusto nei tempi che cambiano; quelli che si avventurano negli spazi della libertà, delle cose nuove, della ricerca appassionata. Ci sono quelli che vivono secondo i canoni codificati della natura umana e quelli che sono e si sentono, profondamente diversi, e che esplorano altri modi di essere uomo o donna o qualcosa che non è né l'uno, né l'altro...
Tutti siamo diversi! E il compito dei pastori dovrebbe essere come quello di Gesù o, se volete, di mio cugino: conoscere le pecore una per una e tentare di rispettarle nella loro individualità, nella loro diversità!
Ma le pecore hanno, anche, bisogno di andare alla ricerca di qualche cosa di comune; hanno bisogno di seguire il pastore, o meglio, di tentare di conoscere il pastore e qui c'è l'altra immagine che le letture di oggi ci propongono: la "pietra angolare", la "testata d'angolo"! Forse, anche voi, come è capitato a me fino a qualche anno fa, non avete mai notato la "pietra angolare"!
Ma un pomeriggio d'estate di una ventina di anni fa (ero già prete da parecchi anni) passeggiavo, nel piccolissimo paese in cui è nata mia mamma, con un mio zio: si chiamava Pietro (ormai non c 'è più, la maggior parte di queste persone se ne sono andate!) e a un certo punto... - si parlava del più e del meno - mi prende sottobraccio e mi dice: "Vieni, ti porto a vedere la pietra di cui parla il Vangelo!". Ero passato tante volte di lì, ma non l'avevo mai notata! Sulla strada che dalla sua casa va alla stalla dove lavorava, mi ha portato davanti a una grande pietra, enorme, che nell'angolo verso valle, sostiene una casa: lui passava davanti a quella pietra ogni mattina e, forse, si diceva: "Io sono come questa casa! La mia vita ha bisogno di un solido fondamento!", Quella pietra, ha fatto resistere quella casa a svariati terremoti, compreso l'ultimo; anche la casa di mio zio si è rovinata, ma quella casa no, perché era fondata su quella pietra! Lui, probabilmente, pensava: "Ecco, la mia vita è come questa casa; è solida, stabile se è fondata sui valori di Gesù!"
Quella pietra è stata per lui, penso, la predica di ogni mattina; più importante di tante prediche che ascoltava - o, forse, non ascoltava - dai tanti preti che hanno accompagnato la sua vita... Perché al tempo di mio zio gli uomini stavano fuori della chiesa! Sapete perché si suonava il campanello all'offertorio? Perché gli uomini che stavano fuori potessero entrare! Suonava il campanello quando il prete aveva finito di parlare... ed entravano!
Per mio zio la vita si è sempre basata su valori fondamentali: l'onestà, la gratuità, la giustizia, l'amore. Anche i ragazzi di oggi avrebbero bisogno di vedere una casa con la "pietra angolare", perché rischiano di non capire più che cosa è essenziale nella vita… tanti valori, molte mode che passano, tanta gente che strilla, tanti discorsi che sentono…
Cos'è, veramente essenziale per un uomo? La gratuità, la libertà, la ricerca appassionata, il servizio, l'attenzione verso gli altri, la tenerezza, l'amore... Queste cose, noi, le abbiamo scoperte in Gesù di Nazareth e le condividiamo con tanti uomini di buona volontà. Credo, che dovremmo essere tutti testimoni che la vita ha senso se ciascuno di noi va alla ricerca, non di formulette, non di dogmi astratti, ma dei valori essenziali che fanno grande e solida e bella la vita! Senza amicizia, senza tenerezza, senza amore, senza libertà, senza gratuità, cos'è la vita?
Siamo tutti diversi, come le pecore di mio cugino; ognuno con il suo carattere, ognuno con i suoi sentimenti, ognuno con la sua storia, ognuno con la sua diversità… ma tutti dovremmo andare alla ricerca di quello che è veramente, essenziale. Tutti dovremmo ricercare la nostra "pietra angolare" su cui costruire e basare la nostra vita, perché sia una vita appassionata di ciò che è giusto, importante e vero! Occorre cercarlo perché non è una cosa scontata, che si può racchiudere in "formule": è una cosa da cercare e verificare e sperimentare ogni giorno, con tutta la passione del nostro cuore.
Il Signore ci aiuti
Dio è più grande del nostro cuore! V Domenica di Pasqua - 14 Maggio 2006
"Io sono la vite e voi i tralci... Se rimanete I lettera di Giovanni 3, 18-24 Giovanni 15, 1-8
in me e le mie parole rimangono in voi,
chiedete quel che volete e vi sarà dato".
Chi prova a leggere il Vangelo con un po' di attenzione e cerca di trovarvi il fondamento della propria fede, del proprio rapporto con Gesù e con Dio, si trova davanti ad una serie, non piccola, di problemi.
Il primo è che il Vangelo parla per simboli, spesso lontani dal nostro vivere quotidiano: sono immagini che appartengono a un mondo contadino, molto lontano dalla nostra esperienza, che difficilmente prendono spessore e corpo nella nostra esperienza di fede.
Ma c'è dell'altro! Spesso, queste immagini sono accompagnate dalla interpretazione e dalla mentalità dei primi cristiani e allora occorre, per chi si avventura a leggere il Vangelo, compiere delle scelte: capire quello che è importante, essenziale di un messaggio e quello che è, invece, la scorza, che appartiene al modo di pensare, alla mentalità del tempo, che contiene degli elementi che cambiano nel corso della storia.
Questo è complicato dal fatto che certe immagini sono state, in questi duemila anni, più volte e pesantemente, interpretate.
La pagina di oggi è, forse, una di quelle che più si presta a comprendere il discorso che vi ho fatto, forse, un pochino complicato.
Qui abbiamo, ancora, un'immagine forte - forse la più bella - con cui i primi cristiani cercano di parlarci del nostro rapporto con Dio.
Nelle domeniche precedenti abbiamo visto l'immagine del "pastore" che guida le sue pecore, le conosce una per una e le conduce nei pascoli della "vita", poi l'immagine della "pietra angolare": la pietra fondamentale su cui è basata la casa...
Sono immagini che, a pensarci un po', possono avere un aspetto utilitaristico: la pecora segue il pastore perché vuole mangiare l'erba buona; la casa ha bisogno di un fondamento solido...
Oggi, invece, abbiamo un'immagine in cui sembra ci sia la più totale gratuità: il tralcio è innestato alla vite, formano una cosa sola, condividono la stessa vita! Il credente è uno che è, profondamente, radicato in Gesù, senza aspettarsi niente!
E, aldilà dell'immagine - se ci pensate - siamo veramente credenti quando condividiamo con Gesù, il Suo modo di pensare, i Suoi sogni, i Suoi valori, i Suoi ideali... quando ci sentiamo uniti a Lui in un vincolo profondo che riguarda tutto il nostro modo di essere, di pensare… gratuitamente, solo perché una stessa vita ci unisce, perché siamo fratelli, perché condividiamo quello che abbiamo nel cuore...
Ma, se leggete attentamente questa pagina, i primi cristiani l'accompagnano con altre immagini...
Cosa significa che il Padre "ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto" e se non porta frutto... "lo gettano nel fuoco e lo bruciano"? Non c'è immagine che i primi cristiani non accompagnino con la minaccia di un castigo! Ma, per usare - come succedeva un tempo - il bastone e la carota, anche con una promessa: "se rimanete in me… chiedete quel che volete e vi sarà dato!"
Cosa significano queste immagini? Sono ancora importanti, per noi, queste considerazioni? E le cose si complicano, se guardiamo alla storia di questi duemila anni...
Come è stata interpretata l'idea della potatura? Se porti frutto, il Padreterno, ogni tanto, ti da una potata: la sofferenza! Se domandate a qualche buon prete, anche dei nostri tempi, vi dice che la sofferenza aiuta a credere, purifica...! Ci fosse un altro Dio che non manda sofferenze per farmi migliore! Che senso ha pensare che la sofferenza ci viene mandata per "potarci", per migliorarci?! E poi, se il tralcio non è unito alla vite, si secca, "lo gettano nel fuoco e lo bruciano": qui c'è un corto circuito che i cristiani hanno fatto spesso: la "vite" siamo noi! Se uno non la pensa come noi è un eretico! Bisogna bruciarlo! E siccome, il Padreterno sembra restio a farlo, allora lo arrostiamo noi!
Se andate a "Campo de' fiori" trovate la statua di Giordano Bruno: è uno arrostito! Ma non è l'unico, ce ne sono tanti!
Quando si sentivano un po' più "buoni" li mettevano in un pentolone di pece bollente e accendevano il fuoco… che morissero lentamente... ma era un fargli un favore, perché così cominciavano a sperimentare l'inferno a cui erano destinati e potevano arrivarci prepararti...
E qui, noi ridiamo... ma possiamo ridere perché sono venuti i bersaglieri a Porta Pia, altrimenti qualcuno di noi rischiava di essere arrostito anche oggi!
Qualcuno di voi può dire: "Ma noi non siamo eretici, ubbidiamo al Santo Padre"! Rischiate sempre di incontrare qualche prete che vi metta un peso sul cuore citando l'altra frase del Vangelo di oggi: "Se rimanete in Cristo… chiedete quel che volete e vi sarà dato"! Penso che a tutti voi sia successo, non solo a me: abbiamo chiesto, spesso, qualche cosa e non s'è visto niente! E siete stati fortunati se non avete incontrato qualche "santone" - è accaduto a molti cristiani in questi duemila anni - che vi ha detto: "Non hai ottenuto? Perché non sai pregare! Oppure: "Sei cattivo! Se tu fossi radicato in Cristo, il Signore t'avrebbe ascoltato!" Quindi - come dicono a Napoli - "cornuto e mazziato!", non solo non hai ottenuto quello che hai chiesto, ma è pure colpa tua!
Vedete come, a volte, è complicato leggere il Vangelo? Bisogna discernere e scegliere quello che è veramente fondamentale! Conservate nel cuore l'immagine del Vangelo di oggi: forse, è la più bella, la più gratuita!
La mia vita ha senso se sono radicato in Gesù, nei Suoi sogni, nella Sua gratuità; se, come Lui, amo la libertà, la tenerezza, l'amore, il servizio... anche quando è pesante, anche quando è difficile... e se non ci riesco? L'apostolo Giovanni ci dice una cosa che, forse, sarebbe bene che tutti tenessimo nel cuore: "Rassicureremo il nostro cuore qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore!".
Dio non "arrostisce" nessuno! Noi cristiani "arrostiamo" perché ci portiamo dentro la violenza: ma Dio, no! In Lui è la gratuità, la festa, il perdono, la passione per la nostra vita e vuole che sia ricca e porti frutti di pace, di bellezza, di bene… possiamo portare questi frutti se siamo radicati in Gesù! E se non ci riusciamo, guardiamo avanti e conserviamo la fiducia in Dio, perché Lui è più grande del nostro cuore.
Il Signore ci aiuti a conservare un po' di fede!
Pietro disse: "In verità sto rendendomi conto: VI domenica di Pasqua - 21 Maggio 2006
che Dio non fa preferenze di persone…". Atti 10, 25-48 - Giovanni 15, 9-17
"Questo è il mio comandamento che vi
amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi".
"Amatevi gli uni gli altri": lo abbiamo sentito ripetere più volte oggi, sia nel Vangelo, sia nella lettera di Giovanni.
L'amore è il cuore del Vangelo, della morale cristiana; il comandamento che Gesù ci ha lasciato, sembrerebbe l'unico, è quello di volerci bene! Tutto sembra semplice e chiaro, ma penso che anche a voi sia successo, più d'una volta nella vita, di domandarvi: cosa significa, in concreto, amare? Cosa significa voler bene, qui, in questa situazione, a questa persona? Cosa significa fare qualcosa per lui? Come posso saperlo, immaginarlo?
La prima lettura di oggi - che ritengo straordinaria - forse, ci aiuta a capire qualcosa! Pietro si reca a casa di Cornelio: Cornelio è un pagano, che ha aderito alla fede! Pietro arriva, ci sono delle persone... ha fatto parecchia fatica per arrivare lì! Secondo gli Atti degli Apostoli al povero Pietro è dovuta arrivare una visione strana, straordinaria, addirittura, ha visto scendere dal cielo un gran lenzuolo pieno di tanti animali…
Adesso si guarda intorno e vede delle persone, nei loro occhi c'è qualcosa di buono e comincia a dire: "Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui gradito!".
Verrebbe da chiedergli: "Pietro, a questo punto stai ancora? Non ti sei ancora accorto di questo? Cosa sei stato a fare tanto tempo con Gesù, a parlare con Lui, ad ascoltarLo? Che hai imparato da Lui?".
Il povero Pietro ci rimarrebbe male! Ma, forse, tocca a noi capire, perché Pietro ha fatto una gran fatica... a far cosa? A "rendersi conto"... E, forse, la prima lettura ci dice, anche, qual è stata la condizione per cui Pietro e stato capace di "rendersi conto"...
Pietro e quelli che sono venuti con lui "si meravigliarono che anche sui pagani si effondesse il dono Spirito"; Pietro dice: "Forse che si può proibire di battezzare con acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito al pari di noi?". Pietro si sente non un possessore, ma un "inseguitore" dello Spirito! Sa che deve andarlo a cercare perché lo Spirito lo precede! Lo Spirito soffia dove vuole! Deve cercare intorno a sé le tracce di Dio! Allora può "rendersi conto" di quello che accade, di che cosa significhi, per lui, il comandamento di voler bene!
Pietro ha bisogno di "rendersi conto", ma per rendersi conto non deve sentirsi possessore della verità! Deve sentirsi un "inseguitore" dello Spirito, che soffia dove vuole per le strade della terra!
Pensate a come sarebbe stata straordinariamente diversa la storia della Chiesa se, in questi duemila anni, i preti, i vescovi, i papi si fossero sentiti "inseguitori" e non possessori dello Spirito! Inseguitori della luce, della verità e non possessori! Quante volte sarebbero stati capaci di non giudicare per schemi, per dogmi! Avrebbero capito molto prima che il mondo si muove, che tutto cambia; che le leggi dell'evoluzione non valgono soltanto per le specie animali ma, anche, per il pensiero dell'uomo, per il proprio modo di pensare, per la moralità...
E, se volete capire quanto sia fondamentale questo discorso non pensate ai tempi lontani, ai papi, ai roghi, alle inquisizioni, ma a qualche cosa di più vicino... alla vostra esperienza... Qui siamo in molti ad avere i capelli bianchi! Quando avevo trent'anni quante discussioni ho fatto per cercare di difendere qualche ragazzo con i capelli lunghi! È un "capellone", un poco di buono! Ma cerca di conoscerlo... i capelli sono solo una moda! Abbiamo perso ore per discutere di sciocchezze!
Cercando di preparare qualcosa da dirvi, ieri mi capitava di camminare sul lungomare e vedere la gente che prendeva il sole - cosa normalissima - pensavo che se fosse venuta qui mia nonna, gli sarebbe preso uno sturbo! Non aveva mai visto una donna in bikini!
Eppure, per voi, è normale! Avete nipoti, figli, amici che vanno, tranquillamente, al mare in costume molto succinto e nessuno di voi si sogna di giudicarli per questo!
Ma, forse, vi capita qualche volta di giudicare le persone per il colore della pelle, per certi modi di pensare, per certe parole che dicono... In fondo, vedete, il rischio del dogmatismo ce lo portiamo tutti dentro!
Tenete presente che non è semplice la faccenda, perché tutti noi abbiamo delle idee; abbiamo quelli che ci sembrano dei principi, dei principi solidi che ci appaiono come il fondamento della civiltà, della moralità... per "rendersi conto" occorre sapere - ma saperlo fino in fondo - che l'uomo viene prima dei principi e dei dogmi. Per "rendersi conto" occorre guardare le persone negli occhi, cercare di capire quello che si portano dentro, non giudicarli dall'esterno.
Vedete, ho parecchia esperienza dietro le spalle e credo che la differenza tra una persona giusta e una che crede di esserlo, sia proprio qui: tutti i giusti che ho incontrato nella vita, si portavano dentro principi, cercavano di renderli vivi, ma, di fronte a una persona, direi quasi che li lasciavano sciogliere come neve al sole! I principi venivano meno perché contava questa persona: è diversa da me, la pensa diversamente... ma non importa! Perché sapevano guardarla dentro, nel cuore; sapevano essere accoglienti, attenti… e loro idee, i loro principi venivano dopo!
Quando eravamo ragazzi, una persona omosessuale - specialmente nel quartiere dove sono nato, a Trastevere - veniva qualificata con epiteti piuttosto pesanti… finché i giusti non ne incontravano uno, concreto, una persona che aveva idee, sogni, realtà, tormenti, difficoltà e, allora, le cose cambiavano radicalmente perché, quello che conta, è questa persona… perché "mi rendo conto", a volte, faticosamente, che i miei principi devono andare a farsi benedire, perché questa persona è quella che è… e non conta la sua "diversità": conta lui, il suo cuore!
Occorre "rendersi conto", ma per rendersi conto, non lo dimenticate, occorre non essere dogmatici; occorre non far precedere i principi alle persone!
"Non è l'uomo fatto per il Sabato, ma il Sabato è fatto per l'uomo": è il cuore del Vangelo - almeno per quello che ho capito io - e se non capiamo questo abbiamo poco a che fare con Gesù! Ma non è una cosa semplice! Come Pietro dobbiamo renderci conto di cosa significa amare, in concreto e, per renderci conto, occorre avere un principio: l'unica cosa sacra sulla terra, è l'uomo, ogni uomo, anche il più piccolo degli uomini, il più diverso degli uomini, quello che fa più fatica a vivere: è lui l'unico principio assoluto, l'unica cosa sacra!
Non è sacro nemmeno il Vangelo, nemmeno la Chiesa, nemmeno la dottrina, niente è sacro, solo l'uomo, il più piccolo degli uomini. E "rendersi conto" di lui è il grande cammino che deve fare un credente, ma non è sempre semplice!
Il Signore ci aiuti
Andate in tutto il mondo e predicate ASCENSIONE del SIGNORE - 28 Maggio 2006
il Vangelo ad ogni creatura. Atti 1, 1-11; Marco 16, 15-20
Avete mai pensato all'Ascensione di Gesù come al Suo andare in pensione? Forse no! Forse non è capitato perché non abbiamo l'abitudine, noi cristiani, di collegare le vicende della nostra vita con quelle di Gesù. Quando sono andato in pensione, forse per la mia educazione, riflettendo, ho collegato la mia esperienza con quella di Gesù.
Per andare in pensione serenamente ci vogliono tre condizioni...
La prima è: non sentire il proprio lavoro, la propria missione indispensabile a sé: si può vivere anche senza il proprio lavoro, cosa che per molti, secondo la mia esperienza, è assai complicata, quando perdono il proprio ruolo la vita appare finita! Per Gesù no... se ne tornava nella gloria del Padre, quindi nella pienezza della vita!
La seconda: non bisogna sentirsi indispensabili al lavoro che si fa! E qui le cose si fanno più complicate perché, avremmo detto a Gesù: "Forse il mondo sarebbe andato meglio se avessi pensato a tutto Tu!". A differenza di molti personaggi... - qualcuno ne ho conosciuto - che si sentono dei padreterni e che pensano che se se ne vanno tutto crolla, Gesù non si riteneva indispensabile!
La terza condizione è, forse, la più complessa! Per andare in pensione serenamente bisogna avere fiducia negli uomini, in quelli che vengono dopo! Mi hanno ripetuto tante volte che la fiducia negli uomini è, spesso, mal riposta!
Eppure, se avete ascoltato con attenzione la prima lettura e il Vangelo, sembra che il cuore dell'Ascensione di Gesù in cielo sia proprio questo: fidarsi degli uomini! Affida ai discepoli e anche a noi e a tutti quelli che vengono dopo il compito di continuare la Sua missione!
Ho incontrato molte persone che dicono: "S'è fidato male, però! Perché il mondo, rispetto ai Suoi tempi è andato, invece che migliorando, per molti versi, peggiorando!" Se vi capita di ascoltare qualche frase del genere, provate a chiedervi perché c'è gente... - e per la mia esperienza non sono pochi - che, pur essendo andata a scuola - qualcuno anche all'università - pensa che il mondo di oggi sia molto peggiore di quello del tempo di Gesù. È, per chi conosce un po' di storia, una follia assoluta!
Al tempo di Gesù - per cominciare dalle cose più elementari - la vita media degli uomini arrivava si e no a quaranta, quarantacinque anni... oggi siamo oltre gli ottanta! Nel primo anno di vita oltre la metà dei bambini moriva! Sulla terra c'erano quattrocento o cinquecento milioni di persone, probabilmente meno! Oggi siamo oltre sei miliardi! Al tempo di Gesù avreste incontrato, sulla strada, tanti ciechi, lebbrosi, storpi, malati di ogni genere... oggi non vi capita più! Questo non per qualche miracolo, per qualche prodigio, ma perché la gente si è data da fare!
Qualcuno dirà: "Ma questa è solo la scienza!". No! non è solo la scienza! Perché al tempo di Gesù, nel bacino del Mediterraneo, i due terzi degli uomini erano schiavi! La maggior parte degli uomini qui presenti sarebbero stati a fare il servizio militare! La vita nell'esercito durava venti, trenta, addirittura, quarant'anni ed erano anni di rapine, di violenze, a volte, inaudite.
Andando fino a Roma, sareste dovuti andare lentamente, al più con una carrozza, con un cavallo e avreste, facilmente, incontrato lungo la strada, tutta una serie di crocifissi, di gente che urlava disperata, in una morte crudele...
E se poi foste andati a partecipare a una grande festa nel Colosseo, avreste visto scorrere sangue e sangue... di uomini, di animali e finché la sabbia del Colosseo non era tutta impregnata di sangue, non sareste tornati a casa e avreste sentito, intorno a voi, gente che urlava e che invocava la morte e che si beava di questo spettacolo di violenza terribile!
Oggi non è più così! Ci sono ancora tanti guai nel mondo che vediamo, ogni giorno, attraverso la televisione ma, se ci fosse stata la televisione al tempo di Gesù, sarebbe stata piena di orrori quotidiani di ogni genere!
Perché è cambiato il mondo? Perché tanta gente, gente come noi, gente di tutti i giorni ha tentato di portare avanti la missione di Gesù; ha tentato di credere nella libertà, nella tenerezza, nel servizio, nella scienza, nella ricerca, nella passione per la vita... non pensate ai capi, agli imperatori: hanno cercato, spesso con la violenza, il potere, il possesso, le ricchezze… e non pensate nemmeno ai papi, erano della stessa razza! Pensate a tanta gente, come siamo noi... e se volete arricchire il vostro ottimismo, pensate alle persone che, per voi sono state testimoni di Gesù, testimoni di libertà, di amore, di tenerezza, di servizio...
Quando riguardo indietro la mia vita, ormai con grande nostalgia perché molte persone non ci sono più, ripenso a tanti che mi hanno voluto bene, che mi hanno comunicato i valori della vita, che sono stati, per me, veri testimoni dei sogni di Gesù: l'onestà, la libertà, il coraggio di credere negli altri, il coraggio di amare, di tentare di essere utili al mondo, la voglia di cercare quello che è giusto e vero senza stancarsi… questo compito, adesso, è affidato a me, a tutti noi!
Dobbiamo essere testimoni per quelli più piccoli... perché sappiano che è anche compito loro continuare l'opera di Gesù!
Il Vangelo dice che "si possono prendere i serpenti in mano", ma se non conoscete i serpenti, state attenti! Dice che si possono "cacciare i diavoli e curare i malati...." a questo, oggi, ci pensano i medici, ma il compito nostro, è quello di combattere il male, non i "serpenti" che strisciano, ma i "serpenti" che abbiamo intorno a noi… e ce ne sono di maligni, in ogni campo!
Il compito nostro è quello di chinarci sulla sofferenza, sul dolore, di asciugare una lacrima, di essere testimoni, come possiamo, di ricerca per tutto quello che è bello, buono, giusto, onesto, vero e dobbiamo farlo con tutta la passione del nostro cuore, convinti che, tra cento anni, il mondo non sarà peggiore, ma un po', forse poco, migliore!
E avranno ancora tante cose da fare... certo! Perché, anche noi, andremo in pensione e lasceremo ad altri il compito di rendere la vita sempre più bella! L'importante è che ciascuno di noi, quando andrà in pensione come Gesù per sempre, abbia lasciato il mondo intorno a sé almeno un po' migliore di come l'ha trovato… e fra cento anni il mondo sarà migliore! E successo per Gesù!
Lo avremmo rimproverato: "Dove vai? Abbiamo bisogno di Te!". E Lui ci avrebbe detto: "Mi fido di voi!". E se ci guardiamo indietro, seriamente... non secondo le favole che ci mettono paura, ma secondo la storia vera, quella fatta di avvenimenti, di fatti, aveva ragione Lui!
Aveva ragione a fidarsi degli uomini, perché, quelli che ci hanno preceduto, hanno fatto il mondo, almeno un po', migliore di come lo aveva lasciato Lui duemila anni fa!
Il Signore ci aiuti.
Venne all'improvviso dal cielo un rombo, PENTECOSTE - 4 Giugno 2006
come di vento che si abbatte gagliardo... Atti 2, 1-11 - Giovanni 15, 26-27
ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo...
Non so se avete avuto, anche voi, l'impressione che in questa pagina del Vangelo c'è un'atmosfera di cose non concluse, di storia ancora da compiersi, di futuro che si apre. Gesù dice ai Suoi discepoli... - e siamo, nel Vangelo di Giovanni, nel grande discorso di addio dell'Ultima Cena - che non può dire tutto, perché non sono capaci di portarne il peso: verrà, però, lo Spirito Santo! È Lui che li porterà sulle strade del futuro, li guiderà alla verità tutta intera!
Questa sensazione di apertura verso il futuro, di cose non concluse... - se ho capito qualcosa - è stata fondamentale per il cammino del cristianesimo! Ed è rarissimo, nelle storie della religione o della fondazione di un ordine religioso, che il fondatore non dia le cose per concluse, ma le lasci aperte al futuro.
Anche i primi discepoli si saranno sentiti ripetere tante volte: "Dobbiamo fare come ha fatto Lui, perché volete cambiare qualche cosa? Bisogna stare a quello che ha fatto Gesù!".
Il primo problema che si è posto ai cristiani era quello di uscire dalla Palestina, andare in giro per il mondo per annunziare ai pagani la "lieta novella". E molti avranno detto. "Gesù non ha mai lasciato la Palestina, ha sempre parlato solo per gli Ebrei". Se leggete, attentamente, il Vangelo trovate, ancora, le tracce di questa controversia, che si è fatta più forte quando, andando in giro per il mondo, si poneva il problema dell'osservanza di tutti i particolari della Legge: Gesù e tutti i primi cristiani erano Ebrei, osservavano tutte le minuziose regole del Sabato, dei sacrifici e quant'altro... i cristiani che venivano dal mondo dei pagani dovevano anche loro osservare tutta la legge e sottoporsi al rito della circoncisione? Non bastano le cose essenziali? E c'è stata una grossa tensione...!
Si sono dovuti riunire gli Apostoli in quello che è chiamato il "primo concilio" e alla fine hanno scritto una lettera, una lettera solenne che comincia così: "Abbiamo deciso...! "Chi?". "Lo Spirito Santo e noi!". "Ma Gesù ha sempre osservato la Legge, ha sempre fatto così! Perché volete cambiare? Perché stravolgere le nostre tradizioni?".
Trovate l'eco, anche oggi, di queste parole antiche, di queste controversie! Non vedete, anche oggi, la paura di cambiare? Bisogna fare come si è sempre fatto!
È stato, questo, un peso per molti cristiani, in tutti i tempi. E quando qualcuno... - pensate a San Francesco, pensate a tanti cristiani, anche di tutti i giorni - sentiva il bisogno del futuro, invocava lo Spirito! E la pagina degli Atti degli Apostoli, che abbiamo appena ascoltato, è stata, per loro importante perché qui, i primi cristiani, tentano di dire, non con discorsi astratti, ma attraverso i simboli chi è, per loro, lo Spirito, di cosa pensano di aver bisogno...
E la prima immagine dello Spirito è un "vento" impetuoso che spalanca le porte… le porte dove sono chiusi per paura dei Giudei, ben serrati nel loro piccolo guscio, questo "vento" apre le porte e li spinge in giro per il mondo e toglie la paura dal loro cuore: la paura del futuro, la paura del domani, la paura degli altri...
Non la vedete, anche oggi, questa paura? Non leggete, anche oggi, negli occhi a volte smarriti dei nostri ragazzi la paura del futuro, del domani.
Mi capita di incontrare spesso dei giovani che cominciano il loro lavoro: "Avrò una pensione? Tu ce l'hai! Ma io ce l'avrò? Cosa sarà il lavoro domani? Troveremo mai un lavoro stabile? Potremo fare una famiglia? Che sarà di noi...?".
O trovate, anche, dei bambini che guardano preoccupati il mondo, inquinato, sempre più rovinato: sembra non esserci più futuro; sembriamo tutti sull'orlo della catastrofe più totale...
Oppure ci capita a volte di cogliere nelle voci di alcuni cristiani la paura della ricerca, della scienza, del progresso… o la paura della novità, della libertà, della complessità del mondo.
Ecco il bisogno dello Spirito che ci tolga la paura dal cuore, che spalanchi le porte del nostro animo, per darci il coraggio di affrontare il futuro con pazienza ma, anche, con forza. Essere testimoni di speranza è il compito di ogni credente!
Lo Spirito è, anche, luce che illumina il cammino; è fuoco che riscalda, che riscalda il cuore e rende capaci di incontrarsi. Allora erano Parti, Medi, Elamiti… - avete sentito quanti popoli sono enumerati? - oggi il mondo si è fatto più grande. Abbiamo gente del sud e del nord America, dell'Asia, dell'Africa... saremo capaci di incontrarci?
Sarebbe bello vivere i sogni dei primi cristiani... sarebbe bello se io parlassi e tutti capissero, ciascuno nella propria lingua… ma sono solo simboli della ricerca di cose che ci accomunano.
Lo Spirito dovrebbe portare gli uomini a cercare le cose essenziali, a cogliere i frutti del suo "soffio" dovunque! A qualunque popolo appartengano, a qualunque religione: non ha importanza! L'apostolo Paolo lo dice con una chiarezza veramente straordinaria: "Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza…". Dovunque ci sono queste tracce, là c'è il soffio di Dio! Là, possiamo non aver più paura di incontrarci, di stringerci la mano, di ricercare le cose importanti della vita, quelle che possono fare di questo mondo, un mondo solidale e renderlo più bello, più pacifico, più gioioso e non contano più le lingue.... è bello che tutti parlino la loro, ma poi, ci si intenda sulle cose essenziali...
Ma perché questo sia possibile dobbiamo togliere la paura dal nostro cuore! Lo Spirito deve soffiare ancora e spalancare le nostre porte e liberare il nostro cuore e, soprattutto, il cuore dei nostri ragazzi dalla paura del domani, del futuro, della ricerca, della libertà, dalla paura della scienza, dalla paura di andare avanti, dalla paura che tutto vada in rovina; perché possano, anche loro, cercare con passione le cose essenziali, inseguendo la Luce, convinti di trovarne traccia in ogni uomo di buona volontà… e ce ne sono in ogni angolo della terra.
È questo celebrare la Pentecoste! Ancora, invocare il soffio di Dio che apra gli spazi del nostro cuore, ci illumini, ci riscaldi, ci faccia capaci di un mondo più solidale e più bello.
Il Signore ci aiuti.
"Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole SS. Trinità - 11 giugno 2006
nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Matteo 28, 16-20
Ricordate le rispostine del catechismo, che molti di noi hanno imparato a memoria da bambini: Chi è Dio? Dio è l'Essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra. E poi: Dio è uno solo? Dio è uno solo, ma in tre Persone, uguali e distinte, che sono la Santissima Trinità. Oggi celebriamo proprio la festa della Trinità. Nelle risposte del catechismo tutto sembra semplice, basta rispondere parole imparate a memoria, anche se non si capisce molto.
Non so se è capitato anche a voi di partecipare a qualche incontro in cui si cerca di rispondere alla domanda: Chi è Dio per te? Io ho posto tante volte questa domanda a gruppi di ragazzi e di adulti. Un episodio mi è rimasto particolarmente impresso, e mi è accaduto di ricordarlo qualche giorno fà con uno dei protagonisti, allora era un ragazzo che si preparava alla Cresima, ora è un bravissimo medico, qui del nostro ospedale… ci siamo ritrovati per preparare la prima Comunione del figlio ed abbiamo ricordato un fatto di tanti anni fà.
Avevo chiesto: chi è Dio per voi e pian piano i partecipanti avevano risposto… per uno Dio era l'amico a cui confidarsi, per l'altro il creatore del mondo, per uno il giudice che scruta e castiga, per l'altro la provvidenza che custodisce il mondo, per un altro la pienezza della luce… tante risposte diverse! Alla fine c'era questo ragazzo che dice: "A questo punto Dio è la vacca?". Come potete immaginare l'abbiamo guardato tutti con grande stupore. "Che vuoi dire?" "Non vi siete accorti che avete fatto come gli Ebrei nel deserto: ognuno si è costruito il suo vitello d'oro!".
È vero, gli uomini parlano di Dio a partire dalla propria esperienza, dalle parole religiose che hanno ascoltato, dal rapporto che hanno avuto con il padre, dal catechismo che hanno imparato… ognuno di noi ha un'esperienza diversa e quindi un modo diverso di sentire e vivere il proprio rapporto con Dio.
Cosa c'è di positivo in questo e cosa invece può essere pericoloso? Vedete Dio è più grande di ogni parola di ogni immagine che possiamo farcene … ognuno di noi non può che cogliere un riflesso della Sua Luce, qualche sprazzo del Suo Mistero!
Sarebbe bello se potessimo mettere in comune le nostre esperienze e fossimo capaci di ascoltarci… e non solo tra noi cristiani, ma con tutti quelli che credono in Dio, in ogni parte del mondo: la nostra esperienza di fede sarebbe straordinariamente arricchita, sempre che ciascuno di noi sia così saggio da non pensare di racchiudere l"oltre" di Dio in una formuletta del catechismo, sempre che nessuno di noi ritenga che solo il proprio modo di parlare di Dio sia quello giusto e vero.
Ma c'è anche un pericolo che i credenti hanno corso: quello di usare Dio, di immaginarlo a partire dai propri bisogni, di appropriarsi del Suo nome per affermare il proprio potere, per imporre la propria verità… Anche nella Scrittura trovate spesso l'eco di questa tentazione, ne abbiamo un esempio anche nella prima lettura di oggi: Dio ha scelto Israele con "prodigi e battaglie, con mano potente… e grandi terrori… in Egitto". Chi sa cosa ne pensano gli Egiziani, forse bisognerebbe chiederglielo.
Come bisognerebbe chiedere ai popoli dell'america conquistati con la croce in mano, in nome di Dio e in gran parte annientati. O bisognerebbe chiedere a tutti coloro che, in nome di Dio, sono stati bruciati come eretici o come streghe…
Chiunque parla di Dio dovrebbe ricordare che sulle cinture delle SS. era scritto "Gott mit uns": Dio è con noi ed era scritto sulla cintura di tutti quei soldati… non basta dire che un dittatore malvagio ha corrotto un popolo, non basta fare "diavoli", responsabili di tutto, occorre capire perché tutto un popolo, perché tanti vescovi, preti, cristiani che andavano a Messa ogni Domenica - ed è accaduto anche da noi in Italia - non hanno capito la tragedia che può accadere quando si accusa tutto un popolo di essere "deicida", quando si attribuiscono a tutto un popolo crimini di ogni genere.
Non serve condannare, come non serve chiedere perdono, occorre cercare di capire cosa è successo, occorre chiederci perché il nome santo di Dio è stato usato per giustificare tanto orrore. Forse bisognerebbe anche avere il coraggio di riconoscere che certe radici dell'antisemitismo si trovano nello stesso Vangelo o nel modo con cui è stato interpretato…
Sembrano cose che appartengono ad un passato ormai lontano, ma capita anche oggi di ascoltare troppo spesso precetti morali, spesso opinabili, proposti e riproposti in nome di Dio, come capita, a volte, di ascoltare discorsi in cui il nome di Dio viene usato per condannare la scienza e la ricerca…
Forse, poi, ciascuno di noi farebbe bene a chiedersi se non capita anche a noi di usare il nome di Dio, per giustificare i nostri principi morali, per affermare la nostra autorità, che so, nei confronti dei figli o dei nipoti…
Occorre capire quali sono le storture che possono corrompere il sentimento religioso… forse dipende dal fatto che troppo spesso usiamo Dio per affermare le nostre idee, forse dal fatto che troppi cristiani credono di possedere una verità che viene direttamente da Dio, forse dal fatto che troppo spesso i cristiani sono educati a non pensare con la propria testa, ma a "credere e ubbidire"!
Gli antichi Ebrei ci ricordano di "Non nominare il nome di Dio invano", anzi secondo loro non bisognerebbe proprio pronunciare il nome di Dio. Dio non può che essere "oltre", più grande di ogni nostra parola, infinitamente più grande di ogni formulazione del nostro pensiero.
Di questo ogni credente dovrebbe essere consapevole: dovremmo cercare Dio nella gratuità, non per servirci di Lui, né per sentirci protetti, né per sentirci giusti, né per pensare di possedere la verità… Noi cristiani forse faremmo bene a ritornare, aldilà di certe formulazioni catechistiche, ai simboli della Scrittura, alle straordinarie parabole di Gesù, alla Sua vita tra gli uomini.
Poi sarebbe bello scambiarsi esperienze, professioni di fede, preghiere, canti, poesie… potremmo fare esperienze diverse della Sua Luce, del Mistero inaccessibile, della Sua esistenza… la nostra fede sarebbe più ricca.
Il Signore ci aiuti.
Mentre mangiavano, Gesù prese il calice, CORPUS DOMINI - 18 Giugno 2006
lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: Esodo 24, 3-8 Marco 14,12-16; 22-26
"Questo è il mio sangue, il sangue
dell'alleanza, versato per molti".
Non so se, oggi, avete ascoltato con molta attenzione la prima lettura, forse avrei colto un brivido di disgusto sulla faccia di qualcuno.
Immaginate cosa succederebbe se portassi qui dei catini di sangue, ne spargessi metà sull'altare e poi venissi a spargerlo su di voi... penso che molti uscirebbero disgustati dalla chiesa: tutto questo sangue, per noi è qualcosa di incomprensibile, di assurdo e spargerlo sull'altare, sulla gente che senso ha?
Ogni tanto qualcuno mi dice che faremmo bene a togliere certi racconti della Bibbia dalla lettura che facciamo la Domenica, ma sarebbe una scorciatoia e vi ho, più volte, messo in guardia dalle scorciatoie sul piano religioso... questa, poi, sarebbe una scorciatoia particolarmente grave, perché in questo strano, assurdo racconto c'è, forse, uno degli aspetti essenziali della nostra religione; un cambiamento radicale dell'atteggiamento religioso, del rapporto con Dio, del modo di concepire la fede.
Vediamo se mi riesce di farvi intuire qualcosa...
L'atteggiamento religioso in ogni parte del mondo porta l'uomo ad andare nel Tempio ogni volta che pensa di averne bisogno. Va nel Tempio per invocare la protezione del Signore sulla propria famiglia, sui propri figli, sul proprio lavoro, soprattutto nel momento della malattia o di qualche altro grave problema... Oppure si va nel Tempio... - oggi, forse, ci sono altri modi - per interpretare il futuro, per cercare di sapere che cosa succederà domani e per invocare la protezione divina sul futuro.
Oppure si va nel Tempio per solennizzare alcuni momenti della vita umana: la nascita, la morte, il matrimonio, il passaggio all'età adulta. Oppure si va nel Tempio quando si ha bisogno di ricordare un morto, per pregare per lui...
Ecco, quando si ha bisogno si va al Tempio e in questo andare al Tempio - pensateci bene - non c'è differenza tra il soldato, che parte per una guerra di conquista e di rapina, e il bravo agricoltore che si prepara ad arare il suo campo: tutti e due invocano la protezione del Signore per sé, per la propria famiglia, per il successo dell'impresa. Non c'è differenza tra il mercante di schiavi, che commercia in carne umana e la brava massaia che ogni giorno prepara il pasto per la sua famiglia: tutte e due hanno bisogno di protezione per i propri figli; tutte e due hanno bisogno di interpretare il futuro.
Non c'è differenza tra il capo mafia, anche lui bisognoso di protezione, anche lui desideroso di stare in contatto con il Signore e l'onesto lavoratore di tutti i giorni. Non c'è differenza tra il ricco e il povero: tutti sono uguali nei loro bisogni davanti a Dio, finché si va davanti a Dio solo quando si è spinti dal proprio bisogno.
Quello che abbiamo ascoltato nella prima lettura cambia radicalmente l'atteggiamento religioso... è la grande intuizione di Israele che ci vede qui riuniti ogni Domenica: non si va al Tempio quando se ne ha bisogno, ma ogni settimana; non si va al Tempio per chiedere qualcosa, ma per cercare Dio e la Sua luce; si va al Tempio nella gratuità, nella ricerca dell'Assoluto: si va al Tempio... - questa è la cosa fondamentale nelle Letture di oggi - per fare alleanza con Dio! Un rapporto che è impegno, un impegno che non riguarda, soltanto, qualche momento di bisogno, ma tutta la vita, la vita di ogni giorno!
E, allora, c'è differenza tra il soldato che parte per una guerra di rapina e di conquista, pronto a fare violenza, a uccidere, a stuprare e il lavoratore che va a coltivane il suo campo: c'è differenza!
Perché il rapporto con Dio investe tutta la vita e non soltanto qualche momento di bisogno, investe il quotidiano, ed è un rapporto in cui le esigenze etiche diventano fondamentali...
L'alleanza con Dio, per gli Ebrei, si fa, addirittura, con il sangue, perché il sangue è la vita e questa strana, assurda cerimonia, per noi incomprensibile, del sangue sparso sull'altare e sulla gente, significava per loro che noi e Dio siamo uniti da una stessa vita, che condividiamo gli stessi principi, ideali, sogni… E il nostro impegno con Lui dev'essere un impegno totale: vivere la giustizia, l'onestà, la gratuità, l'attenzione verso gli altri, il servizio, l'amore...
Ecco perché, tra poco, io alzerò il calice e dirò: "Questo è il calice del Mio sangue per la nuova ed eterna Alleanza".
Noi siamo invitati a venire qui non soltanto quando abbiamo qualche bisogno, ma ogni Domenica, per rinnovare il nostro impegno con Dio! E qui viviamo soltanto un simbolo, un momento di celebrazione, che dovrebbe, poi, realizzarsi in tutta la nostra vita!
E, allora, c'è differenza tra noi e il capo mafia! Anche lui può invitare il frate di turno, facendo laute offerte, per celebrare la Messa nel suo covo, ma quella Messa è un'indegnità - così direbbe l'apostolo Paolo - è disprezzare il corpo del Signore, è disprezzare l'alleanza con Dio, perché là dove manca l'impegno etico; là dove la vita non è coinvolta nella memoria di Gesù, l'Eucarestia non ha più senso!
Ma è la religione che non ha più senso; se è soltanto espressione del bisogno dell'uomo e non della ricerca gratuita e appassionata di Dio, della Sua luce, dei Suoi valori, della giustizia sulla terra, non ha senso!
Ecco perché siamo invitati a non venire qui soltanto quando ne abbiamo bisogno, ma ogni Domenica per far memoria di Gesù e rinnovare la nostra alleanza con Lui, segno di una vita - di tutta la vita - che è ricerca di Dio, ricerca dei valori, ricerca dell'Assoluto, ricerca della giustizia.
Non è semplice! Il Signore ci aiuti.
Si sollevò una gran tempesta di vento XII Domenica del tempo ordinario - 25 Giugno 2006
e gettava le onde nella barca… Gesù Giobbe 38, 1. 8-11 - Marco 4, 35-41
se ne stava a poppa sul cuscino e dormiva.
Allora lo svegliarono: "Maestro, non
t'importa che moriamo?".
A quanti di voi a volte, forse spesso, la vita è sembrata come una traversata nella notte su un lago in tempesta? A volte per delle disavventure di carattere personale; a volte una malattia, un lutto ci portano a guardarci intorno con occhi smarriti… perché tanto dolore, perché tanta sofferenza?
A volte capita di essere quasi sopraffatti da tutta la violenza, la sofferenza, il male che c'è nel vasto mondo e viene da chiederci: cos'è la vita dell'uomo?
A volte sembra, veramente, un viaggio nella notte, aspettando un'alba che non arriva, su un mare in tempesta! La vita è, spesso, più sconvolta dal male, dalla violenza, di quanto sia calmata dalla tenerezza e dalla buona volontà degli uomini.
E quanti di voi hanno vissuto, a volte dolorosamente, il dramma del silenzio di Dio?! Dov'è Dio? Perché non interviene? Perché permette tanto dolore nella mia vita, nella vita di chi ci sta intorno? Perché, a volte, gridiamo e preghiamo e non veniamo esauditi?
La parabola di oggi, che ci propone questa immagine suggestiva della vita, finisce con un lieto fine, ma questo, a volte, ci appare una favola... Le favole finiscono tutte con il lieto fine, ma la vita, no! La vita, a volte, è drammatica e il silenzio di Dio ci inquieta e ci turba! Perché tanto dolore? Perché tanto male? Che senso ha, da dove viene il male del mondo...?
È una domanda antica come l'uomo, che il libro di Giobbe... (posso consigliarvi di rileggerlo a casa, se avete la Bibbia, specialmente negli ultimi due, straordinari, capitoli, ricchi di poesia, di cui abbiamo letto una piccola parte) tenta di esplorare in pagine suggestive! I problemi che affronta sono ancora i nostri problemi…
Il libro di Giobbe è un tentativo, straordinario, di riflettere sul dolore e Dio stesso, in questo libro, sembra scendere a difendere Giobbe, perché gli amici lo accusano, dicendogli che soffre per le sue colpe, sta scontando qualche peccato che ha fatto...!
Dio scende a difendere Giobbe: Giobbe è innocente! Ma il problema rimane! Perché, allora, debbo soffrire tanto - chiede Giobbe - e lo chiede proprio a Dio, che - siamo negli ultimi capitoli del libro - scende a parlare con lui. E sapete qual è la risposta? (Debbo riassumervela, magari, anche un po' scherzosamente, ma provate a leggere questi due straordinari capitoli, fra l'altro ricchi di poesia). Dio dice a Giobbe: "Dov'eri quando disponevo le fondamenta della terra? Dov'eri tu quando le stelle del mattino cantavano in coro? Quando fissavo - come avete ascoltato - i limiti del mare? Hai mai detto all'alba dove apparire?… Sai qualcosa di tutto questo? Non sai niente! Zitto e abbozza!".
A Giobbe forse, andava bene, ma a noi no! Non siamo più disposti ad accettare che Dio faccia quello che Gli pare e Gli chiediamo conto! Ci sentiamo, a volte, abbandonati da Lui! Lo preghiamo e non ci ascolta, perché? Perché tanto male, tanto dolore, tanta sofferenza?
Il problema resta, la domanda resta… ma la risposta qual è? Può scendere, Dio, in mezzo a noi, oggi, e difendersi e dirci qualche cosa e darci una giustificazione? E spiegarci perché dorme, perché tace, perché non interviene, perché è lontano dai nostri problemi?
Non abbiamo una risposta! L'unica risposta è, forse, la Croce di Cristo! Là, il Dio della provvidenza, il Dio onnipotente, il Dio che si cura degli uomini, Lo troviamo inchiodato, impotente, sulla Croce e su quelle labbra il Vangelo mette l'inizio di un Salmo: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? Anche Lui si sente, forse, abbandonato! E una risposta? Forse no! Certo ci invita a ripensare la nostra fede, a rivedere il nostro modo, a volte troppo semplicistico, di parlare di Dio… poi resta una domanda: cosa possiamo fare?
Mi è capitato di ripetere, tante volte, che l'unico modo che abbiamo di rispondere alla sofferenza, al male, al dolore è quello di moltiplicare la vita!
Mi capitava di ripeterlo, anche qualche giorno fa, al funerale di un uomo di quarantanove anni morto per sclerosi multipla, una malattia, che ha causato anni e anni di sofferenza, e in una famiglia in cui il dolore sembra non finire mai… e mi toccava di dire, ancora una volta, che l'unico modo che noi abbiamo di rispondere alla sofferenza, al male, al dolore è quello di moltiplicare la vita, la tenerezza, il piacere: ma quanto è difficile!
Quanto è difficile, a volte, conservare la fede, la speranza nella vita, quando il male ti stringe da vicino, quando Dio lo senti lontano, quando la fede rischia di andarsene... e la domanda di Gesù: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?" ci turba, ci inquieta, rischia di farci sentire in colpa.
Forse possiamo consolarci - se questa è una consolazione - che anche i Padri della nostra fede: Pietro e Andrea e Giacomo e Giovanni e tutti gli Apostoli che sono in quella barca, hanno paura… paura anche loro. Mal comune mezzo gaudio - dicevano gli antichi - ma non è una vera consolazione, perché la paura rimane, il dolore resta ed è a volte lacerante; possiamo, dobbiamo dirci che dobbiamo combatterlo e moltiplicare il piacere, la vita, la tenerezza e l'amore: possiamo dircelo! L'ho detto tante volte, l'ho detto davanti a tante bare, ma quanto è difficile!
Quanto è difficile ritrovare i valori della vita e continuare a credere nella vita, anche se sai che il lieto fine non c'è. Anche se sai che la disgrazia oggi passa, ma domani ne viene un'altra. Il male del mondo, la sofferenza del mondo non si toglie e tu devi credere nell'amore, nella vita e moltiplicarla e vivere di tenerezza e moltiplicare il piacere e fare una carezza a chi puoi e non lasciarti soffocare dalle onde che scuotono la "barca" e dalla paura che ti porti dentro… te lo dici e te lo ripeti, ma quanto è difficile!
Eppure la fede è questa e Gesù è venuto a condividerla con noi, finendo sulla Croce, gridando anche Lui la Sua solitudine e il silenzio di Dio e, forse, anche il Suo coraggio di credere nella vita e nell'amore e tentare, fino in fondo, di moltiplicare la tenerezza e la gioia e il piacere: ma, quanto è difficile!
Condividiamo la paura e, a volte, la mancanza di fede con gli Apostoli e non ci preoccupiamo se ci capita di incontrare cristiani che ci dicono che chi ha paura non ha fede, che chi dubita della Provvidenza commette peccato… sembrano dei credenti di sicura fede, sono solo degli intolleranti e spesso anche dei maleducati a cui manca il rispetto per chi soffre. La vita è quello che è e dobbiamo guardarla negli occhi e accettare la paura, la sofferenza, la mancanza di fede di chi ci cammina accanto...
La vita, però, ha bisogno di tenerezza, di amore, di mano che si tende, nonostante tutto... la vita ha bisogno del coraggio di chi crede, di chi tenta di amare al di là di tutto: ma è difficile, a volte, tanto difficile! A volte - oserei dire - quasi impossibile, ma questa è la Fede: credere e sperare e amare al di là di tutto!
Il Signore ci aiuti.
Entrato, disse loro: "Perché fate tanto XIII Domenica del tempo ordinario - 2 Luglio 2006
strepito e piangete? La bambina non è Marco 5, 21-43
morta, ma dorme". Ed essi lo deridevano...
"Fanciulla, io ti dico, alzati".
Il Vangelo - come sapete - è stato scritto più di duemila anni fà, in un posto lontano da qui e il modo di pensare, di parlare, di scrivere era profondamente diverso, se a questo aggiungete che nella cultura cattolica di questo paese, il Vangelo è stato, spesso, trascurato, allora non vi meraviglierete molto se, quando si guarda con un po' di attenzione il foglietto che avete tra le mani e la traduzione di questa pagina e l'uso che se ne fa nella liturgia, ci si accorge che hanno capito poco di questa pagina del Vangelo.
Se vi domandassi: "Cosa abbiamo letto oggi?". Molti di voi risponderebbero: "Il racconto di due miracoli! C'è qualcosa di strano, però, perché uno è incastrato dentro l'altro!".
Abbiamo letto un catechismo sul Battesimo! "Come il catechismo sul Battesimo? Cosa c'entra il Battesimo?". Abbiamo letto il catechismo di Marco sul Battesimo!
Per parlare così però, bisogna conoscere un po' il Vangelo e il modo di parlare dei primi cristiani che vivevano duemila anni fa: basta leggere, con un po' di attenzione, le lettere di Paolo, il Vangelo di Giovanni, per vedere che parlano del Battesimo come di un "passaggio dalla morte alla vita"...
Per i primi cristiani il mondo in cui vivevano era profondamente segnato dalla morte, dal male... pensate alla schiavitù, alle guerre, alla violenza...
Il mondo non è radicalmente cambiato… certo abbiamo fatto dei passi avanti, ma anche oggi, il mondo - basta aprire la televisione - ci appare profondamente segnato dalla morte, dalla violenza; così come è segnato dalla ricerca del potere e dei propri interessi, dallo sfruttamento...
I primi cristiani erano convinti che l'incontro con Cristo li liberasse da questo mondo di morte, li guidasse nel mondo della vita, negli spazi della gratuità, della libertà, dell'amore, dei valori importanti. La vita non vale per i soldi che accumulate, per la violenza che riuscite ad esercitare, per il potere che riuscite ad ottenere: la vita vale nel momento in cui costruite amicizia, rapporti di libertà, di amore.
Ecco, i primi cristiani parlano di un passaggio dalla morte alla vita: il simbolo è questa ragazza... (vi dicevo che chi ha tradotto non sapeva quello che faceva: scrive "bambina" più volte. Ha dodici anni, sta per sposarsi: le prime mestruazioni segnavano l'inizio di un'altra vita: erano donne! Non lo dite alle fanciulle di oggi che si sposano a quarant'anni!) quando Gesù arriva Gli dicono: "È morta!". E Lui: "Non è morta, ma dorme!". E tutti ridono!
Ecco, questo "riso", i primi cristiani lo sentono sulla loro pelle! Poter credere nella vita era per loro fondamentale, ma sentivano intorno il "riso" della gente... un riso pesante che esprime tutta la sfiducia nella vita con cui, a volte, il cristiano si scontra, tra la "folla" di ogni giorno.
Ritrovate questa folla nell'altro racconto che è inserito in questo...
Qui c'è una donna che da tanto tempo sta morendo: per gli antichi, il sangue è la vita e quindi questa donna, che perde il sangue, sta lentamente morendo: anche lei, cerca la vita, ma intorno una "folla" pesante la stringe, deve superarla per arrivare a toccare Gesù: è guarita!
Tutto sembra finito! Sente arrestarsi il flusso del sangue, ma Gesù si guarda intorno e la cerca con gli occhi: "Chi mi ha toccato?". "Tu vedi tutta la folla che ti si stringe attorno e dici: chi mi ha toccato?" Ma Lui guarda e cerca... osservate gli occhi di Gesù che scruta intorno: c'è bisogno di un incontro personale! Finché questa donna, impaurita e tremante, trova il coraggio di uscire fuori e di dire "tutta la verità": è la professione di fede dei primi cristiani, che riescono a credere in Gesù, ma sentono tutta la fatica di strapparsi dalla "folla"!
Provate a interrogare qualcuno dei nostri ragazzi che vanno a scuola e non soltanto i ragazzi, anche gli adulti, che lavorano, che tentano di vivere in questo mondo, cercando di conservare valori autentici: l'onestà, la rettitudine, la libertà; cercando di costruire un mondo migliore... Quante volte hanno sentito intorno a sé la "folla" che li stringe! Quante volte si son sentiti dire, forse è capitato anche a qualcuno di voi: "Così fan tutti! Perché cerchi l'onestà, la giustizia?"
Oggi siamo anche un po' turbati dal mondo dello sport: il ciclismo, il calcio... sembra tutto corrotto! E un ragazzo che sta lì in mezzo, che cerca di vivere lo sport come gioco, impegno, come tentativo di esprimere le proprie potenzialità e qualcuno gli dice: "Puoi drogarti... puoi venderti...!". "No, voglio essere onesto!".
La gente intorno "ride", la "folla" lo opprime, si sente ripetere: "Così fan tutti! perché non fai così anche tu?" E anche sul posto di lavoro... chi vuole lavorare onestamente, chi vuole essere retto, spesso si sente dire: "Così fan tutti, guarda gli altri!". La gente "ride", la gente ti schernisce se tu vuoi credere!
Questo è vivere il Battesimo! Non solo farsi dei segni di croce! Significa crederci al di là della "folla", al di là del "riso" della gente; significa avere dentro i valori di Gesù!
Per questo, i primi cristiani, parlano di morte e di vita. È una scelta radicale, profonda... poi non ci riesci? Ci provi ancora e ci riprovi, perché credi, veramente, che Gesù ha ragione e che l'incontro con Lui ti fa libero, ti mette in comunicazione con i valori autentici, ti fa scoprire la libertà, la gratuità e allora, non ti importa più del "riso" della gente, perché dentro di te, senti qualche cosa di importante, qualcosa di giusto: ti senti vivere! Ecco, non appartieni più al mondo della "morte", appartieni al mondo della "vita"!
Ci sarebbero tante altre cose da dire su questa pagina del Vangelo. Rileggetela a casa, non come un fatterello, ma come un simbolo della nostra vita, vedrete che finisce con l'invito di Gesù a dar da mangiare alla ragazza… Ecco, qui è pronto per noi il "mangiare". Noi siamo qui per nutrirci di Gesù! Per trovare, qui, il coraggio, uscendo poi fuori, di credere nella vita, di testimoniarla ai figli, ai nipoti, alla gente che ci sta intorno, di testimoniarla con tutta la passione del vostro cuore; di non accettare la violenza della "folla", il "riso" della gente, perché noi crediamo in Gesù, nei Suoi valori: vogliamo vivere con Lui la pienezza della vita! Non è semplice!
Il Signore ci aiuti.
Gesù disse loro: "Un profeta non è XIV Domenica del tempo ordinario - 9 Luglio 2006
disprezzato che nella sua patria, tra i Marco 6, 1-6
suoi parenti e in casa sua"… E si
meravigliava della loro incredulità.
Il Vangelo non è soltanto stato scritto quasi 2000 anni fa, molto lontano da qui, ma è stato anche scritto in posti lontani da dove sono accaduti i fatti di cui parla, circa una trentina d'anni dopo, ma c'è di più... a coloro che scrivono il Vangelo, Marco e la sua comunità, non interessa tanto ricostruire una storia, raccontarci dei fatti, quanto interrogarsi sui problemi del credente: cosa significa credere? Perché è difficile credere?
La pagina che abbiamo letto ci aiuta a capire qual è il problema...
Secondo il Vangelo di oggi quelli della "casa" di Gesù: la Sua città e, addirittura, la Sua famiglia... (come avete ascoltato, il Vangelo di Marco enumera il nome dei quattro fratelli, più ci sono delle sorelle) non hanno creduto in Gesù, Lo hanno rifiutato! "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti, e in casa sua".
È un falso! Non è vero che i parenti hanno rifiutato Gesù! Come molti di voi sanno, il primo capo della comunità cristiana, l'erede di Gesù è questo Giacomo, non uno degli apostoli, ma questo che il Nuovo Testamento chiama il fratello del Signore! È lui il capo della prima comunità dei cristiani! Potremmo dire che il primo papa è Giacomo!
La Sua famiglia, questi parenti di Gesù, sono stati i primi a continuare la Sua opera... noi non saremmo qui se non avessero creduto in Gesù e avessero poi tentato di diffondere il Suo messaggio. Ma tutto questo a Marco non interessa, perché a lui interessa la sua gente! Anche chi vive nella casa del Signore, chi si ritrova intorno alla tavola di Gesù, corre il rischio di non credere!
Allora Marco si interroga sul motivo dell'incredulità: perché, a volte, è difficile credere, è difficile accogliere Gesù? E Marco tenta... - io dico sempre Marco, ma pensate a un gruppo piuttosto numeroso di persone - di rispondere… ma non ha l'ultima risposta! Forse appartiene al mistero dell'uomo!
Perché dico che non ha l'ultima risposta? Perché - forse lo avete notato - Gesù... "si meravigliava della loro incredulità". Anche Lui si "meraviglia"! A noi, che siamo abituati al nostro catechismo, viene da dire: "Come si meraviglia, non sa tutto? Uno che non sa tutto, a noi non ci sta bene!".
Ecco, forse, questo è il punto! A noi non ci sta bene "Qualcuno" che non è come lo immaginiamo e lo aspettiamo! Ed è questo il problema che Marco tenta di scorgere nella città di Nazareth, nella sua famiglia. Secondo Marco, questa gente non ha accolto Gesù, perché appariva loro troppo "quotidiano", troppo "normale"!
Si aspettavano il Messia potente, glorioso, che venisse a risolvere i problemi degli uomini e si ritrovano davanti il "carpentiere", il falegname, il tuttofare del paese: aggiustava ruote di carri, riparava tavoli, sistemava sedie, andava a dare una mano a riparare una casa, quando c'era qualcosa che non andava... questo ha fatto Gesù per trent'anni!
Dio così? Ma non può essere! La gente aspetta il Dio... - lo avete sentito accennare in questa pagina - che viene a fare qualche prodigio, a guarire, a salvarci! Oppure il Dio che ci porta un grande messaggio, che è testimone di una verità che scende dall'alto! "Che sapienza è mai questa?" Qualche volta, le cose che diceva Gesù, a quella gente, non andavano bene!
A noi vanno bene tutte le parole di Gesù? A noi va bene, quando veniamo in chiesa a chiedere qualche cosa, che il Dio che invochiamo, tante volte, non ci risponda?
Ecco la difficoltà di credere! Qualche volta vorremmo il miracolo, lo chiediamo con insistenza! Questo ci aspettiamo da Dio e spesso, se sappiamo ascoltare, la risposta è: "Torna a casa! Lì ci sono dei pannolini da sistemare, qualcuno da curare, un malato che ha perso il senno e che devi accettare così com'è...". "Ma io volevo il miracolo...!".
Il "carpentiere", la vita di ogni giorno, il quotidiano! Ed è lì, nel quotidiano, che noi siamo invitati a riconoscere Dio!
"Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei miei fratelli, lo hai fatto a Me!". "Ma come, Signore?". "Sì! Il più piccolo...!" Cerchi Dio, qualche volta, nel santuario glorioso, sull'alto della montagna e non ti accorgi che ti camminava accanto ogni giorno, nel quotidiano della vita!
Sì! Perché Dio, venuto in mezzo a noi ha fatto per trent'anni il falegname, il carpentiere.... seghe, martelli, chiodi, la maleducazione della gente che ti chiede qualcosa, l'impazienza di chi vuole che il carro glielo aggiusti subito... Dio così! Questa è la nostra fede!
Ecco perché, a noi, è difficile credere! Ecco perché Marco prende come modello d'incredulità proprio la Sua famiglia, la gente di Nazareth, la gente che è vissuta con Lui… perché, per noi, il difficile è accettare Dio così come lo incontriamo ogni giorno e non come vorremmo che fosse!
Noi ci aspettiamo il Dio della gloria, il Dio della provvidenza, il Dio che ci da una mano, il Dio che "ce la mandi buona" e Lui ci viene incontro nel quotidiano, nella vita di ogni giorno, nella gente che ci passa accanto....
A volte anche la gente non è come la vorremmo... la gente, a volte, è maleducata, qualche volta ci chiede troppo: gli dai un dito e ti prende la mano e noi vorremmo che fosse diversa; che il mondo fosse diverso, che Dio fosse diverso, che noi fossimo diversi... e credere è proprio questo! Accettare questa realtà, noi stessi, la gente che ci sta intorno, Dio, così com'è e non come vorremmo che fosse!
Qui, siamo in parecchi ad avere i capelli bianchi, sapete quanto questo è difficile! Quanto si fa fatica ad accettare la vita per quello che è… allora, spesso, il dubbio, l'incredulità si affaccia nel nostro cuore!
Non siamo soli, non abbiate paura! Non c'è stato credente, nella storia, che non abbia avuto i suoi dubbi, i suoi momenti di difficoltà; che non abbia dovuto strappare alle tenebre dell'incredulità la propria fede! Diffidate degli integralisti, di quelli che sanno sempre tutto, che hanno sempre una risposta... credono di essere dei credenti, ma sono solo degli intolleranti e, spesso, dei maleducati! Il credente ha il cuore fragile, si meraviglia, si guarda intorno con stupore; spesso non capisce e continua a cercare e a stupirsi dell'incredulità… non di quelli "brutti e cattivi", della propria incredulità! Io sono stupito della mia fatica di credere e mi rallegra il fatto che si stupisca anche Gesù e che, anche Lui, qualche volta, non capisca il perché!
Siamo tutti nella stessa "barca", una barca fragile, indifesa, ma questa è la fede! Questo è il cammino di chi tenta veramente di credere... non di costruirsi il piedistallo da cui, spesso, giudica gli altri! No, non si può giudicare chi non crede, perché siamo tutti della gente che tenta di strappare alle proprie tenebre la fede, alla propria incertezza la voglia di camminare e sperare ancora e non è semplice!
Il Signore ci aiuti.
Gesù chiamò i Dodici e incominciò XV Domenica del tempo ordinario - 16 Luglio 2006
a mandarli a due a due e diede loro Marco 6, 7-13
potere sugli spiriti immondi....
E scacciavano molti demoni, ungevano
di olio molti infermi e li guarivano.
E voi, andate in giro solo con i sandali? Senza bisaccia, senza denaro? Avete più di due vestiti? Quanti "diavoli" avete scacciato? E quanti malati avete guarito? Nessuno? Che cristiani siete?!
Vedete cosa succede quando le parole del Vangelo vengono prese alla lettera! Non riguardano tutti, ma solo qualche personaggio straordinario o appartengono al mondo delle cose strane, paranormali...
C'è, nel Cristianesimo, un filone della rinuncia: al denaro, ai beni, alla libertà, a tutto! Riguardava i "religiosi" e arrivava, nei tempi passati, fino a limiti estremi!
Mi tornava in mente, qualche giorno fa, un episodio accaduto quasi cinquant'anni fa: visitavo il monastero di Camaldoli, vicino ad Arezzo... (forse, qualcuno di voi lo conosce perché è un posto straordinario) lì c'era un resto di un mondo antico che, per fortuna, è ormai passato: in fondo al giardino dell'eremo, viveva un monaco che aveva rinunciato a tutto, fino a farsi murare vivo! Aveva rinunciato anche a parlare, a partecipare alla Messa: gli era rimasto solo il colloquio con Dio! Ero, allora, poco più che un ragazzo e nella mia ingenuità mi rivolsi al priore del monastero: un personaggio straordinario che ha fatto - ormai non c'è più - di Camaldoli un punto di riferimento per tutto il cattolicesimo italiano e gli domandai: "Dev'essere, proprio, un gran santo, per vivere in quella situazione!". Con un sorriso mi rispose: "O, un po' pazzo!". Già, un po' pazzo! Molta follia ha caratterizzato la rinuncia a tutto, nel cammino della Chiesa!
Qualche volta vi capita di vedere in televisione qualche lugubre figura che vi racconta di tutti i diavoli che caccia! Questo suscita grande interesse tra la gente, che è attratta dai fenomeni straordinari, paranormali.
Oggi sembra che ci siano pochi diavoli da cacciare, ma al tempo di Gesù ogni dieci persone ce n'era uno almeno che pensava di avere un diavolo in corpo! Bastava che avesse un po' di febbre e siccome nessuno sapeva cosa fosse la febbre, pensavano che un diavolo aveva preso un po' del fuoco dell'inferno, per scaldare il corpo... Poi, la scienza ha fatto qualche progresso e invece che un diavolo ogni dieci persone, c'era un diavolo ogni cento, poi un diavolo ogni mille e poi si è scoperto ancora qualche cosa... per esempio, cosa fosse l'epilessia e allora, c'era un diavolo ogni centomila e adesso, se interrogate qualche "diavolaro", di quelli importanti che girano per l'Italia, vi dicono che c'è un diavolo ogni milione di persone...
Una volta un bravo antropologo, con tutta la sua ironia napoletana, diceva ad uno di questi "diavolari": "Un tempo c'era un diavolo ogni dieci persone, poi uno su cento, poi uno su mille, uno su diecimila, siete arrivati a uno su un milione... un'altro piccolo sforzo e non ci pensiamo più!" Come potete immaginare, il "diavolaro" ha cominciato a dire che il diavolo è una cosa serissima e che prende possesso di alcune persone, sfortunatissime, che si ritrovano un diavolo in corpo… purtroppo c'è ancora qualcuno che li piglia sul serio!
Lo stesso vale per le guarigioni. II miracolo è un fatto rarissimo: milioni di persone vanno a Lourdes e ogni milione di persone c'è una guarigione prodigiosa... la stessa cosa succede in tutti gli ospedali d'Europa: vanno milioni di persone e ogni tanto uno guarisce senza che si sappia perché!
Al tempo di Gesù c'erano tanti ciechi, storpi, lebbrosi: la vita dell'uomo arrivava solo a quarant'anni! Tutto questo è profondamente cambiato, non perché dei "santi" hanno fatto miracoli, ma perché una schiera, quasi sconfinata, di studiosi, di medici hanno cercato, studiato, scoperto… e oggi tante malattie sono state vinte o potrebbero esserlo - pensate alla lebbra - con facilità.
Se ancora non ci riusciamo è perché... non siamo riusciti a cacciare tutti i "diavoli", quelli però, che ci riguardano, che riguardano tutti - il Vangelo parla del nostro quotidiano - i "diavoli" miei, quelli che trovo dentro di me e intorno a me: il "diavolo" della pigrizia, della noncuranza, del disinteresse per gli altri, dell'intolleranza, della violenza: questi sono i "diavoli" che il cristiano è chiamato a cacciare… è difficile!
E, qualche volta - come avete ascoltato - il cristiano è chiamato a scuotere la "polvere dai piedi", a non avere niente a che fare con tutto quello che c'è di male intorno a sé! Ma, per chi lavora in certi uffici - oggi sembra anche nel mondo dello sport - come è difficile non aver niente a che spartire con tutto ciò che è ingiusto e disonesto!
E siamo anche chiamati a "guarire le malattie": la gran parte delle malattie riguardano i medici, ma ci sono i mali quotidiani, le sofferenze di ogni giorno. Ognuno di noi ha avuto dei momenti in cui ha sentito il bisogno di avere una spalla su cui appoggiare la mano, qualcuno che ti consolasse, che ti desse la voglia di vivere e di camminare ancora: sono questi i "mali" che siamo invitati a curare! Di questa attenzione, di questa tenerezza c'è bisogno intorno a noi! A curare le malattie ci pensano i medici, noi possiamo collaborare aumentando le capacità della ricerca, dando, magari, la nostra offerta… ma, nella vita di ogni giorno, abbiamo tutti noi, qualche lacrima da asciugare, un gesto di tenerezza da fare, la possibilità di comunicare un po' di voglia di vivere, di camminare, di gioire, di sperare, di godere... a volte, non è semplice!
E poi... "senza pane, né bisaccia, né denaro, soltanto una tunica": che significa? Questa è la cosa più bella e straordinaria del Vangelo, la cosa più bella e straordinaria della vita: è il "canto" della gratuità!
Una vita in cui non cerchi il potere, il successo, il tuo comodo, ma cerchi di condividere la vita nella gratuità! È l'esperienza che molti di noi hanno avuto la fortuna di fare. Io ho avuto la fortuna di fare tante esperienze di gratuità: l'amicizia, la tenerezza mi hanno, spesso, circondato. Ma è stata, anche, l'esperienza più profonda della vita di molti di voi: pensate al vostro rapporto con i figli a cui avete voluto bene senza aspettarvi il contraccambio... perché erano vostri, perché era bello donarsi e condividere la vita. Ed è anche l'esperienza più profonda che avete fatto tra marito e moglie… non sempre, perché noi siamo impastati di bisogni, di esigenze, perché, spesso, ci chiediamo: a cosa mi servi? A cosa mi serve l'altro, a cosa mi serve chi mi sta accanto? Arriviamo a chiederci: a cosa mi serve Dio? A cosa mi serve la natura...?
Poi, in certi momenti, facciamo esperienza della gratuità, della bellezza, della vita che è condivisa, della natura che è ammirata così com'è, non perché mi serve, non perché posso sfruttarla, ma perché è bello!
Quando smetto di domandarmi: "a che mi servi?", posso quasi toccare il cielo con un dito! Faccio esperienza del gratuito, della bellezza, di quello che non serve… E, anche qui, intorno a questa tavola, facciamo esperienza di gratuità: Gesù si fa "pane" non perché gli "serviamo", ma per camminare con noi, per condividere la vita, per metterci nel cuore quel pizzico di gratuità che rende bella la vita! Non sempre è possibile… ma è il nostro sogno; il sogno che ci porta qui ogni domenica, il sogno che attraversa la nostra vita, di cui, qualche volta, sperimentiamo qualche bagliore, che rallegra il nostro cammino sulla terra, e siamo qui per continuare a sognare, per tentare di non chiederci più: a cosa mi serve Dio, a cosa mi serve la fede, a cosa mi serve l'altro, a cosa mi serve il mondo? Per tentare di vivere la gratuità, la tenerezza, il piacere, l'amore... come sarebbe bello se il mondo fosse tutto così! Ma sarebbe già il paradiso! Noi dobbiamo conquistarcelo ogni giorno, combattendo il male, guarendo le sofferenze, il dolore e cercando di vivere fino in fondo la gratuità.
Il Signore ci aiuti.
"Venite in disparte, in un luogo solitario, XVI Domenica del tempo ordinario - 23 Luglio 2006
e riposatevi un po'. Marco 6, 30-34
Sbarcando, vide molta folla e si
commosse per loro...
Ho consigliato più volte - posso farlo ancora una volta con voi - di leggere il Vangelo di Marco alla ricerca di tutte le sfumature che dà al termine "folla" che, per lui, indica uno dei problemi più importanti del vivere cristiano. Come avete ascoltato la "folla" è anche al centro della pagina del Vangelo che abbiamo letto stamattina.
Vediamo, se mi riesce, farvi intuire qualcuno degli aspetti che, nel Vangelo di Marco, stanno dietro la "folla".
Secondo Marco la "folla" è un pericolo per il cristiano, perché è facile al fischio e all'applauso e il credente, ma l'uomo in genere, rischia di lasciarsi condizionare: se cerca il consenso e l'applauso della gente allora il criterio diventa il successo, non la ricerca della verità, di ciò che è giusto. È un rischio che - se ho capito qualcosa - il cammino della Chiesa ha corso tante volte, anche in tempi recenti! Spesso, i capi della Chiesa, cercano l'applauso della folla, il consenso mediatico, anche attraverso i giornali, i mezzi di comunicazione.
Gesù, davanti alla folla - secondo Marco - fuggiva sempre. Gli dicono: "Fermati, tutti Ti cercano!". "Andiamo da un'altra parte". Gesù se ne va perché ha paura del consenso facile!
Ma la "folla" è anche facile al "fischio", al rifiuto e, questo, rischia di scoraggiare chi è alla ricerca della verità, chi cerca di operare il bene; se non riesce ad attenere subito dei risultati e il consenso della gente, rischia di abbandonare il cammino, la ricerca, lo sforzo.
Gesù è rimasto solo sulla Croce perché continuava ad essere fedele a se stesso, alla propria missione, lontano da una folla che, ad un certo punto, Lo acclama per farlo re e qualche giorno dopo grida: "Crocifiggilo!".
Il successo o l'insuccesso, come criterio della vita, questo - secondo Marco - è uno dei più grandi pericoli nel cammino dei credenti.
Ma c'è un'altra sfumatura del termine "folla" nel Vangelo di Marco: è il rumore del mondo, la gente che grida, è "il così fan tutti", la folla che ti stringe da ogni parte, che vuole che ti adegui alle mode, che sia una pecora che segue, passivamente, il gregge, senza responsabilità, senza ricerca della libertà....
La "folla"... un mondo che ti costringe ad essere come gli altri… oggi, che viviamo in un tempo mediatico, sottoposti ogni giorno agli stimoli della televisione e dei giornali, è il rischio di ogni ragazzo che cresce, quello di ogni di essere omologato: tutti uguali nel modo di vestire, di pettinarsi, di curarsi il corpo ma, purtroppo, anche nel modo di pensare, nei valori da scegliere. Il condizionamento della vita di ogni giorno, il rumore della città, le mode che passano: questo, per Marco, è un grande pericolo!
Ma la "folla"- lo accenna la pagina che abbiamo ascoltato oggi: è anche l'affanno della vita di ogni giorno, il correre, le tante cose che ci sono da fare: non si finisce mai, in questa società, di correre.
Spesso, le mamme, devono fare due lavori, in casa e fuori; ci sono i figli, i nipoti e, spesso, gli anziani da accudire e il lavoro, a volte, comporta lunghi spostamenti in treno o in auto e, quindi, non c'è mai tempo: si deve sempre correre, non si sa mai a chi "dare i resti".
E capita anche a qualcuno che conosco, che avrebbe tutto il diritto a godersi la pensione, di dover ancora preoccuparsi dei figli, dei nipoti e correre… ci vorrebbe qualche momento per fermarsi e riposarsi: "Venite in disparte in un luogo solitario e riposatevi un po'".
È quello che tentiamo di fare qui, in chiesa; non soltanto per riposarci, che faremmo, forse, meglio su una sdraio al mare, ma per tentare di guardare la nostra vita, l'affanno di ogni giorno, la corsa, il mondo, i condizionamenti, con gli occhi di Dio, alla ricerca dei valori essenziali. È importante per il credente fermarsi un po' ai piedi di Gesù, ascoltare Lui e cercare con Lui le cose che veramente contano: "Riposatevi un po'... ".
Ma, come avete ascoltato - questo è l'ultimo aspetto della "folla", di cui vorrei parlarvi - la folla non si ferma e ci corre dietro "cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero" e Gesù "si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore".
Molti di voi - l'ho sentito ripetere molte volte - tentano, qualche volta, di fermarsi un momento, di pregare, ma subito nella mente si affollano le preoccupazioni di ogni giorno: "Non riesco a pregare, quando mi metto a pregare mi vengono in mente tutti i problemi... i figli, i nipoti, qualcuno che sta male...". Si tenta di pregare di fermarsi un momento e subito nella mente si affollano tanti problemi… e se siete stati sfortunati avete incontrato qualche prete o, peggio, qualche santone, qualche cristiano di quelli "bravi", che vi hanno detto che non sapete pregare... spero che non ve ne siate preoccupati. Succede non perché non sapete pregare, ma perché volete bene! Cosa che, a volte, i "santoni" non sanno fare! Sanno pronunciare grandi parole; sanno, a volte, gridare e rimproverare, ma - credete a me - non sanno amare! Non sanno guardare negli occhi una persona, perché se sapete guardare negli occhi qualcuno quello non vi lascia e nel momento in cui vi mettete a pregare la gente a cui volete bene si affolla nel vostro cuore! È così! Era così per Gesù, è stato così per tutti i giusti, ed è così anche per voi!
Ci troviamo qui ogni Domenica per incontrare il Signore, per fermarci un po' con Lui, per difenderci dal rumore della "folla", dal chiasso, dalle mode, dai tanti condizionamenti del mondo moderno, per cercare le strade della gratuità e della libertà; per riposarci un po' dalla corsa di ogni giorno, per tentare di guardare dall'alto gli affanni quotidiani, ma conservando un cuore tenero, vulnerabile che sa preoccuparsi di tutto quello che c'è intorno e sa portarlo davanti al Signore e se poi vi dicono che non sapete pregare, rispondete che questa è la vera preghiera: portarsi nel cuore la gente che si ha intorno e tentare di vivere con loro davanti al Signore. Non è sempre facile.
Il Signore ci aiuti.
"C'è qui un ragazzo che ha cinque pani XVII Domenica del tempo ordinario - 30 Luglio 2006
d'orzo e due pesci; ma cos'è questo Giovanni 6, 1-15
per tanta gente?"… Allora Gesù prese
i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì.
Quello che abbiamo appena ascoltato è un racconto particolare: è l'unico racconto che troviamo per ben sei volte nei Vangeli; c'è in tutti e quattro e nel Vangelo di Marco e di Matteo è ripetuto due volte. Gli studiosi ci dicono che è accaduto perché questo racconto era, per i primi cristiani, particolarmente importante e ci invitano a non preoccuparci troppo di quello che è accaduto là: sono racconti che seguono tradizioni antiche... - lo avete ascoltato - è molto simile al racconto del profeta Eliseo nel Libro dei Re.
Gli studiosi ci dicono che qui siamo di fronte alla prima catechesi sull'Eucarestia. I primi cristiani - come ormai, penso, sappiate - non fanno il catechismo, come lo abbiamo studiato noi, attraverso domande e risposte o complicati ragionamenti, ma con dei racconti simbolici, come quello che abbiamo appena ascoltato.
Ma, prima di soffermarci su questo racconto ripensate un po' a quale è stato il vostro catechismo per l'Eucarestia... (qui siamo tutti con i capelli un po' bianchi e quindi, credo, che la mia esperienza è molto simile alla vostra)
Una grande attenzione era posta sulle regole per fare la Comunione: bisognava essere digiuni dalla mezzanotte e, quando eravamo ragazzi, bisognava non ingoiare nemmeno una goccia d'acqua, quindi occorreva fare attenzione, addirittura, nel lavarsi i denti… poi, una grande insistenza era posta sull'animo con cui ci si avvicinava alla Comunione: bisognava essere... - come si diceva allora - in grazia di Dio e quindi molti pensavano di doversi confessare prima della Comunione e questo ha portato tante persone ad avere degli scrupoli non piccoli e in molti a sentirsi allontanati dalla Comunione e, anche oggi, intere categorie si sentono escluse dall'Eucarestia: pensate ai divorziati risposati e quant'altro...!
Ecco, il "pasto dei peccatori" - così era secondo i primi cristiani, basta leggere il Vangelo - diventava il "pasto degli uomini puri", ammesso che, di fronte all'Eucarestia, si possa essere puri: questo è pasto di povera gente!
E poi - se ricordate - l'accento era anche posto sulla presenza reale di Gesù nel pane e nel vino: abbiamo ascoltato tanti racconti di miracoli, di prodigi... ricordate tutti il miracolo di Bolsena o quello dell'asino che si inginocchia di fronte all'Eucarestia. Quando ho studiato per diventare prete, ho dovuto leggere parecchie pagine sulle condizioni che dovevano avere il pane e il vino perché ci fosse, poi, la presenza reale di Gesù.
E poi, tante elucubrazioni teologiche - ne ho studiate anch'io molte - e ne sentirete l'inizio nelle domeniche seguenti, nel Vangelo di Giovanni. Tutte cose importanti, ma che rischiavano - o almeno per me, hanno rischiato - di far perdere il senso di questa pagina, il senso del primo catechismo del Vangelo.
Cosa c'è qui? Qualche cosa che, in fondo, è semplice almeno da capire: se si ha il coraggio di mettere insieme qualcosa, di condividere... la vita si moltiplica!
C'è tanta gente, intorno a Gesù... - domenica scorsa, lo ricordate, si parlava di "pecore senza pastore, come un gregge che non sa dove va" - questa gente ha fame, fame di pane, ma, soprattutto, fame di vita, fame di valori importanti, di qualcosa di essenziale. "Date da mangiare" dice Gesù ai Suoi discepoli. "Non abbiamo niente! C'è qui un ragazzo, ha cinque pani e due pesci, cos'è per tanta gente?". "Mettetelo in comune e la vita si moltiplica!".
Ecco il senso di quello che facciamo qui ogni domenica: Gesù ci invita a condividere la vita, a mettere insieme quello che abbiamo. Forse anche voi, come me, avete ripetuto tante volte nella vostra avventura di credenti: "Signore, ma io ho soltanto cinque pani, due pesci, anche piccolini, cosa posso fare di fronte alla fame del mondo?".
Il pane che qui spezziamo ci ripete ogni domenica: "Non importa quello che sei, quello che hai... metti in comune" e la vita si moltiplica ed è la festa della vita! La festa della vita condivisa, delle cose messe insieme, del cammino fatto insieme: è quello che celebriamo qui, ricordando che Gesù nell'ultima cena, nel momento supremo della Sua vita, ha donato tutto Se Stesso, ha preso il pane, lo ha spezzato, lo ha dato alla Sua gente... dicendo: "Ecco la mia vita donata per voi! L'ho fatto finora condividendo la vita con voi, nel lavoro quotidiano, nel cammino fatto insieme, nelle parole... lo farò ancora, fino alla fine". La vita donata e condivisa!
È quello che siamo invitati anche noi a fare, ritrovandoci qui ogni domenica: spezzare il pane, condividere la vita! E nessuno si senta escluso da questa mensa: non è la mensa dei giusti, di chi si sente a posto, di chi ha fatto tutto quello che poteva, è la mensa della povera gente, di chi ha il cuore pesante, di chi non ce la fa a camminare, di chi ripete ogni domenica: "Ho soltanto cinque pani e due pesci...!"
Non importa, l'importante è condividere la vita… uscendo di qui, a casa, possiamo tentare di asciugare una lacrima, di sostenere chi è affaticato, di condividere il piacere, la festa, la vita, quello che abbiamo, quello che c'è ogni giorno: il senso più profondo dell'Eucarestia è questo! Il resto sono cose importanti, sovrastrutture, elucubrazioni; cose che hanno fatto la storia del cammino della Chiesa, ma ogni tanto, conviene ritornare alle origini: il pane spezzato con degli amici, che si trovano insieme e tentano di sognare la vita condivisa; tentano di sognare la festa del cammino fatto insieme, dell'aiuto reciproco, del sostenersi insieme, del darsi insieme e piacere e gioia e sostegno e affetto e tenerezza: è questo quello che Gesù ha voluto porre nel cuore del nostro cammino di credenti, nel cuore della nostra vita.
Il Signore ci aiuti.
Gesù rispose: "Trascurando il XXII Domenica del tempo ordinario - 3 Settembre 2006
comandamento di Dio, voi Marco 7,1-8. 14-15. 21-23
osservate le tradizioni degli uomini".
Quello che abbiamo appena ascoltato, sembra un episodio molto piccolo e anche sconcertante perché Gesù sembra invitare i Suoi discepoli a non lavarsi. Quando si torna dal mercato è normale lavarsi perbene le mani, Gesù sembra sostenere il contrario.
Se ho capito qualcosa nella mia lunga esperienza di prete, qui ci troviamo nel cuore stesso del Vangelo, forse nel cuore stesso della vita dell'uomo perché, questo breve episodio, ci mette davanti a uno dei problemi fondamentali: il rapporto tra le tradizioni, le regole, le leggi, i costumi e la coscienza dell'individuo e la storia concreta dell'uomo.
È un problema che ha attraversato tutta la storia umana, soprattutto, la storia delle religioni perché, gli uomini religiosi sono tentati di assolutizzare i principi, le tradizioni, le regole: tutto diventa sacro, tutto, sembra, discendere dall'alto.... anche gli abiti che porto sono "sacri" e qualcuno si scandalizzerebbe se non mi vedesse, durante la Messa, indossare questi abiti, che erano quelli che si usavano normalmente al tempo di Gesù. Questo è un problema che ha riguardato tutta la storia!
Oggi capita di leggere sui giornali episodi drammatici: un padre che, in base alle sue idee religiose, ai principi delle sue tradizioni, arriva a sgozzare la figlia, perché non si comporta secondo la tradizione… e voi leggete queste cose con orrore e meraviglia: ma occorre guardarsi dal modo giornalistico di affrontare gli avvenimenti, spesso i giornalisti sono portati a gonfiare i fatti ed a trarre conclusioni che generalizzano e condannano un'intera tradizione, senza cercare di capire. Sembra spesso che dal mondo giornalistico moderno, della radio, della televisione, dei giornali sia scomparsa una semplice, piccola, fondamentale parola: "perché?". Si rischia di giudicare gli altri, addirittura, altre tradizioni, altre religioni senza renderci conto che la nostra tradizione è stata molto simile.
Nei duemila anni del cristianesimo si è sgozzato e bruciato di tutto: mori, ebrei, eretici, omosessuali, streghe, donne e quant'altro... Tutto in nome di Dio, della tradizione, dei principi! Ma anche questa è la storia grande, che finisce sui libri, il problema invece ci riguarda tutti! Riguarda i rapporti tra di noi, i rapporti con i figli che crescono, con le persone che ci stanno intorno, con le persone che incontriamo per la via o al negozio....
E badate che questo, non riguarda soltanto gli uomini della religione... i ragazzi - forse qui non ce ne sono molti, ma voi potete parlarci - non si illudano! Perché, anche loro, spesso, si comportano in base alle tradizioni, alle mode; si vestono come si vestono tutti, come ci si "deve" vestire; si fanno i piercing, si bucano da tutte le parti, perché così bisogna fare, perché questa è la tradizione, è la regola, e spesso manca loro il coraggio di ricercare cosa è essenziale, cosa è veramente importante al di là dei cambiamenti, delle mode, dei principi, delle tradizioni.
Questo riguarda, anche, il cammino della scienza... non so se quei medici dell'Università di Vienna - se ricordo bene - che hanno cercato di convincere i propri colleghi, con lotte durate mesi e anni, che bisognava lavarsi le mani prima di entrare in sala parto, prima di entrare in ospedale, non si sono visti opporre, oltre alle consolidate tradizioni, anche questa pagina del Vangelo!
"Gesù dice che non bisogna lavarsi e tu perché vuoi che ci laviamo?" "Se non ti lavi il bambino muore!". Hanno vinto, per fortuna, salvando la vita di tante donne e tanti bambini soltanto con il lavarsi le mani!
Perché il non lavarsi le mani, anche se l'ha detto Gesù, non è un principio assoluto, nel momento in cui si capisce che lavarsi le mani non è, come al tempo di Gesù, un rituale per paura di essersi contaminati solo per aver stretto la mano a un pagano, ma diventa un fatto importante per l'igiene, per la salute: il Vangelo, allora, non conta più! Il Vangelo non può essere un principio che mi impedisce di capire quello che mi succede intorno, di capire quello che è importante per la salute e il rispetto dell'uomo.
Il cammino dell'uomo esige l'abitudine a pensare, a cercare; il coraggio di andare oltre quello che si è sempre fatto, oltre quello che fan tutti, per cercare ciò che è importante! Ma non è affatto semplice perché rischio di cercare, soltanto, quello che fa comodo a me, di ribellarmi alla tradizione, a quello che fanno gli altri, soltanto perché a me fa comodo così... ma, allora, come posso cercare quello che è giusto, chi può aiutarmi, come posso non essere solo? Se ho capito qualcosa, non ci sono scorciatoie!
L'unica strada è conservare un cuore sincero che cerca non quello che fa comodo, quello che è più semplice, ma quello che è giusto!
E poi, l'altra cosa che credo fondamentale è il dialogo, ma il dialogo serio, che è fatto non di tante parole, ma del guardarsi negli occhi, ascoltarsi, capirsi...
Viviamo in un mondo in cui tutti parlano di dialogo, quasi ogni giorno! Il Papa, e giù, giù tutti i vescovi, i preti e i politici... tutti parlano del dialogo, ma chi dialoga veramente? Quasi nessuno! Tutti continuano a riproporci i loro principi; le loro verità, le loro tradizioni e si rischia di non capirsi più!
Non abbiamo altra strada nel nostro cammino di uomini, che quella di ascoltarci, guardarci negli occhi, tenderci la mano, tentare di capirci, domandarci una, dieci, cento, mille volte al giorno: perché...?
Perché fai così? Che cosa pensi? Che cosa c'è nel tuo cuore? Perché... - come dice il Vangelo di oggi - è dal cuore dell'uomo che viene tutto, il bene e il male… e ciascuno di noi si porta dentro uno sprazzo di verità, e, nel mondo, c'è tanta gente di buona volontà e allora occorre tentare di ascoltarsi, di capirsi, di darsi la mano, di camminare insieme, tentare di cercare insieme le strade giuste.
Molti di voi, lo so, dicono: "È difficile". Non è difficile, è quasi impossibile! Perché se per tanti secoli, gli uomini non ci sono riusciti, non ci riusciremo noi da un momento all'altro!
Però, se siamo qui, se il mondo è andato avanti - credetemi - non è per gli intolleranti, non è per quelli che credevano di possedere la verità, ma è per la gente semplice che ha tentato di dialogare e di capirsi!
Andate, qualche volta, in pellegrinaggio a Campo de' Fiori a visitare il monumento di Giordano Bruno e li, inchinate la testa! Di fronte a un uomo strano, che ha cercato, con passione, la verità ed è stato bruciato con la mordacchia in bocca, perché non parlasse, non dicesse più niente mentre bruciava nelle fiamme, chinate il capo e ricordatevi che sotto la sua condanna a morte c'è la firma di un santo: san Roberto Bellarmino e, forse, bisognerebbe rivoltare la storia: fate santo Giordano e mettete all'inferno Roberto!
O meglio, non fate santo nessuno e non mettete all'inferno nessuno e cercate di capire... di capire che cos'è l'uomo, qual è la strada semplice, paziente, umile della ricerca della verità, ascoltandosi l'un l'altro e tentando di andare avanti.
Non è affatto semplice, ma non abbiamo altra strada!
Il Signore ci aiuti.
...gli condussero un sordomuto. E XXIII Domenica del tempo ordinario - 10 Settembre 2006
portandolo in disparte, lontano dalla Marco 7, 31-37
folla... disse: "Effatá" cioè "Apriti".
E subito gli si aprirono gli orecchi
e parlava correttamente
Se domandate a qualche bravo cristiano e, anche, a parecchi sacerdoti - almeno, di quelli che conosco io - "Cosa c'entriamo, noi, con questa pagina del Vangelo?". In molti vi risponderebbero: "Come cosa c'entriamo? Ogni cristiano, ogni credente deve sapere che può contare sulla protezione del Signore, che può rivolgersi a Lui con fiducia e, in circostanze particolari, può anche sperare nel miracolo!".
E, se trovate qualche persona particolarmente "pia"... - ce ne sono tante anche oggi - potrebbe aggiungervi: "Il mondo, guardatevi intorno, va male perché ormai ci si fida poco del Signore, pochi si rivolgono a Lui con fiducia, pochi pregano, pochi si raccomandano a Dio, pochi sperano nella Sua protezione e nel miracolo!".
Sembrano discorsi molto pii, molto religiosi. Se ci fosse qui qualcuno dei primi cristiani, qualcuno degli Apostoli, di coloro che hanno scritto il Vangelo, si guarderebbero intorno con occhi stupiti: "Ma come? Queste son parole pagane, siete, di nuovo, diventati tutti pagani?".
Ci conviene, allora, rileggere con un po' di attenzione questa pagina, perché, se una pagina del Vangelo non ci riguarda tutti e nel nostro quotidiano, ha poco da spartire con il "lieto annunzio" di Gesù!
Chi conosce il Vangelo di Marco, avrà notato il suo solito campanello di allarme... Gesù "comandò loro di non dirlo a nessuno!". Marco non vuole che questi racconti vengano interpretati nel senso del miracolismo, del bisogno di raccomandarsi al Signore, di chiedere la Sua protezione... È qualcosa che deve riguardare la nostra vita quotidiana... Di cosa si tratta, allora? Qual è il messaggio, la lieta notizia che questa pagina ci vuole comunicare? Ricominciate dal principio...
"Di ritorno dalla regione di Tiro e Sidone" ci troviamo "in pieno territorio della Decápoli". Che motivo c'è di precisare tutto questo?
Per noi non è semplice capire, viviamo duemila anni dopo, ma per i primi cristiani il discorso era chiarissimo: siamo in pieno territorio pagano; siamo in una terra di violenze, di ingiustizie, di male. I primi cristiani sentivano, profondamente, tutto questo! Sentivano di vivere in un mondo segnato dalla mancanza di rispetto per l'uomo, dalla mancanza di libertà, dalla violenza del potere: il grande potere di Roma. Tante persone erano schiave, violenze di ogni tipo, intorno. Come è possibile, in questo mondo, conservare un po' di speranza?
Ecco, questa è la lieta notizia che questa pagina vuole comunicare! Anche nella terra pagana, "in pieno territorio della Decápoli", puoi incontrare il Signore! Lui può aprirti gli orecchi, perché tu possa conservare nel cuore il fuoco della speranza, il coraggio di credere nella giustizia, nel bene, nell'amore, ogni giorno.
Per far questo occorre che tu ti lasci prendere per mano da Gesù e Lo segua "in disparte", lontano dalla "folla".
Ancora una volta, nel Vangelo di Marco, la "folla", il rumore, il "così fan tutti", il chiasso, le tante parole, le tante immagini che cercano di mettere paura nel cuore dell'uomo; cercano di strappargli dal cuore la speranza, il coraggio di credere nel bene, nella giustizia, nella libertà, nell'amore...
Vedete, questo non è un discorso che riguarda qualche strano cristiano, in particolari situazioni di difficoltà, questo è un discorso che ci riguarda tutti. Riguarda i ragazzi: appena cominciano ad andare a scuola e si guardano intorno con occhi smarriti... anche lì sentono dire: "Perché non fai come fanno tutti, perché ti preoccupi di cercare la giustizia, di aiutare un compagno, di studiare le cose importanti? Tira a campare, fai come fanno tutti!"
Questo succede nel mondo del lavoro, dove c'è ingiustizia; questo succede nelle nostre città dove c'è, spesso, la mancanza di pace, la mancanza di rispetto, di attenzione verso gli altri, l'intolleranza, la violenza...
È possibile, in questo mondo, conservare la speranza, credere in qualche cosa di importante? Essere cristiani questo significa! Non occorre fare cose strane, credere in strani dogmi, in grandi prodigi e miracoli... è la vita di ogni giorno che ci coinvolge!
"Beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace": questo è il "lieto annunzio" che Gesù viene a portare dentro la nostra vita, dentro il nostro mondo! E possibile credere! Lasciati prendere per mano, Lui ti apre gli orecchi, ti spalanca la bocca, Lui ti accende un fuoco dentro.
E puoi camminare, seguendolo; tentando di essere testimone, giorno per giorno, di vita, di libertà, di tenerezza, di amore... ma è difficile! Siamo stretti da una "folla", una folla pesante... la ritroviamo dappertutto... nei giornali che leggiamo, quando guardiamo la televisione.
Gesù può aprirti gli orecchi! Può portarti lontano dalla "folla"! Può portarci tutti: il ragazzo che studia, l'uomo che lavora, le persone anziane, i bambini... Lui è venuto per questo: per portarci il lieto annunzio della speranza, del coraggio di credere.
Per questo siamo qui, per un momento, lontani dalla "folla", in "disparte", per ascoltare Lui, per nutrirci di Lui, per conservare la speranza… e poi, usciremo e troveremo le difficoltà di ogni giorno, ma ricordatevi che essere cristiani non è cosa complicata, non è raccomandarsi a Dio in un momento di difficoltà... è, nella vita di ogni giorno, il coraggio di credere, di sperare, di amare.
È difficile! Ma non siamo qui per le cose semplici. Qualche volta non ci riusciamo...? Ma questo non è il pasto degli uomini giusti: questo è il pasto della povera gente, di chi non ce la fa, di chi ha bisogno, ogni giorno, non soltanto una volta alla settimana, di tendere la mano a Gesù e dirgli: "Aprimi gli orecchi, conservami dentro il fuoco della Tua speranza, conservami nel cuore i Tuoi sogni, il coraggio di credere, di sperare".
Il Signore ci aiuti.
Pietro gli rispose:" Tu sei il Cristo". XXIV Domenica del tempo ordinario - 17 Settembre 2006
…rimproverò Pietro e gli disse: Marco 8, 27-35
"Lungi da me satana!"
Nella stessa pagina Pietro è presentato come il vero credente, il prototipo del fedele, colui che sa riconoscere il Signore, sa dire il suo sì e, nella stessa pagina, Pietro è il "satana". "Sta lontano da me, tu non pensi come Dio ma come gli uomini".
Questo, per noi, è strano. Siamo abituati a leggere... - non so se è capitato anche a voi - tante storie di santi, i quali, magari dopo la conversione, non sbagliano più, non hanno più dubbi e incertezze, seguono, senza paura, il Signore: per il Vangelo non è così!
Siamo anche abituati a considerare la fede come un possesso, una cosa che uno ha o non ha! Ci hanno ripetuto, tante volte, che la fede è un dono che Dio concede ad alcuni e ad altri no; o ce l'hai o non ce l'hai: per il Vangelo non è così!
La domanda che Gesù fa a Pietro - la fa a tutti i discepoli, ma è Pietro che risponde, è lui il modello - è una domanda vitale, esistenziale: "Chi sono Io per te?".
È una domanda che implica la vita, non soltanto una rispostina, come quelle che abbiamo imparato al catechismo, è come la domanda... - se volete tentare di capire cosa c'è dietro - che il ragazzo, spesso implicitamente, fa alla ragazza: "Chi sono io per te, che cosa conto nella tua vita?".
È la domanda che l'amico fa all'amico: "Chi sono io per te, che importanza ho nella tua vita, fino a che punto siamo disposti a condividere qualche cosa, a camminare insieme, cosa c'è in comune tra noi?".
Una domanda che riguarda la vita di tutti i giorni, non soltanto la risposta di un momento... È questa la domanda che Pietro si sente rivolgere… ed ha il coraggio di rispondere: "Sì, io vengo con te!". Ma, come succede al ragazzo e alla ragazza che decidono di vivere insieme, che si dichiarano il loro amore… poi comincia la vita e, qualche volta, le incomprensioni, la fatica di camminare insieme, la difficoltà di fare insieme alcune scelte: è quello che Pietro intuisce in questo momento!
Cosa significa andare dietro a Gesù? Non sarà sempre semplice! C'è davanti la persecuzione; c'è, qualche volta, il fallimento, lo scoraggiamento; c'è un impegno totale: bisogna avere il coraggio di andarGli dietro, non soltanto quando è semplice, quando le cose vanno bene, ma anche, quando diventerà difficile, rischioso, impegnativo...
Ma c'è, forse, una difficoltà più grande per Pietro: il fallimento, l'impotenza non è soltanto la sua - Pietro ormai ha una certa età, ne avrà fatto esperienza - quello che sconcerta Pietro è l'impotenza, il fallimento di Dio!
Il Dio che lui riconosce, a cui decide di andare dietro, non è il Dio potente: è il Dio che finisce sulla Croce; non è il Dio che gli risolverà tutti i problemi: è il Dio che accetta di camminare con lui sperimentando fino in fondo la fatica, il fallimento, il dolore, la sofferenza...
Chi è Dio? Che posto ha nella mia vita? Cosa significa andarGli dietro? Pietro si sente chiamare "satana": "Sta lontano da me, tu non pensi come Dio, ma come gli uomini, tu pensi che Dio sia l'Onnipotente, Colui che ti risolve i problemi: non è così!".
Non è così per Pietro… e per noi? Quanti di noi hanno fatto esperienza nel cammino - per molti di noi ormai lungo - della nostra fede, della difficoltà, dell'incertezza, del dubbio?
Quanti di noi hanno sperimentato la difficoltà di seguire veramente il Signore, a scuola, negli uffici, sul lavoro? Quante volte ci siamo scoraggiati, perché ci sembrava difficile, quasi impossibile, seguire la giustizia, condividere gli ideali di Gesù, impegnarci seriamente nella vita?
A volte ci sembrava che fare il bene dovesse essere una cosa semplice, ricevere il consenso e, invece, si faceva fatica; ci voleva impegno, coraggio; bisognava accettare il sacrificio...
Sgombrate la mente, le idee, i discorsi dalle tante sciocchezze che sono state dette, nel cammino della Chiesa, sulla sofferenza, sul dolore. Qualche volta il dolore, la sofferenza equivaleva al bene, solo quello che costa sacrificio è bene: non c'è niente di più assurdo, ma sgombrato il campo da tutto questo, da tutte le sciocchezze che sono state dette sulla sofferenza, sul dolore, anche di Gesù… rimane la vita e nel concreto significa che, in certi momenti, se voglio seguire la giustizia e il bene, debbo accettare, anche, la rinuncia, il sacrificio, il dono di me stesso, qualche volta, fino all'eroismo! E, non è cosa di qualche eroe, ma di gente comune, che ha attraversato la storia...
I nostri padri, al tempo di guerra, spesso, hanno dovuto mettere a rischio la propria vita per salvare qualcuno. Dei giudici, degli uomini onesti, in questo paese, mettono a rischio la propria vita per combattere la mafia, l'ingiustizia...
C'è bisogno di ripeterle queste cose, soprattutto ai nostri ragazzi, i quali, spesso, hanno tutto, non conoscono la rinuncia, il sacrificio: bisogna dir loro che, se vogliono essere fedeli a degli ideali, se vogliono avere qualche cosa dentro, devono avere il coraggio di fare il bene non soltanto quando è semplice, quando ricevono il consenso e l'applauso, ma anche quando è difficile, quando bisogna rischiare, quando occorre sacrificarsi... - non per amore della sofferenza, non c'è niente di più stupido! - ma per amore del bene, per seguire i propri ideali.
Dobbiamo ridirci e dire anche ai nostri ragazzi che essere credente, credere in Dio non significa credere nel Dio onnipotente che te la manda sempre buona, che ti risolve ogni problema, ma nel Dio che ti cammina accanto, che accetta con te la sofferenza, il fallimento, per rimanere fedele ai propri ideali. Il Signore, che ci invita a camminare con Lui, finirà sulla Croce, perché è rimasto fedele alle cose in cui credeva, ai sogni del Suo cuore, fedele fino in fondo… e noi accettiamo di camminare con Lui.
Se accettiamo di camminare con Lui non possiamo non rischiare il dubbio, l'incertezza, la fatica, il sentirci chiamane "satana", più di una volta nel cammino della vita: fa parte della fragilità della nostra condizione umana. Pietro ha avuto il coraggio di continuare a camminare con Gesù fino in fondo, fino qui a Roma, quando la violenza del mondo gli ha strappato la vita.
Tante volte, nel cammino della vita, Pietro si sarà sentito di nuovo chiamare "satana". Tante volte avrà dovuto chinare gli occhi e ricominciare la strada... è quello che succede anche a noi... - almeno a me è successo - ma siamo ancora qui!
Gesù può chiamarci "satana" una, cento, mille volte, ma noi, come Pietro, tentiamo di camminare con Lui e nel concreto della vita di ogni giorno. Qualche volta ci riusciamo, qualche volta no, ma continuiamo a camminare senza stancarci. Ci chiama "satana" e noi Gli andiamo dietro, perché crediamo nei Suoi sogni, nei Suoi ideali, nei Suoi valori, perché pensiamo che sia importante camminare con Lui… e Lui vuole camminare con noi, senza stancarsi anche Lui, accettandoci così come siamo e continua a farsi Pane per noi, a nutrirci di Sé, a condividere la vita con noi, come noi tentiamo di condividerla con Lui.
Il Signore ci aiuti.
"Se uno vuol essere il primo, sia XXV Domenica del tempo ordinario -24 Settembre 2006
l'ultimo di tutti e il servo di tutti". Marco 9, 30-37
E disse: "Chi accoglie uno di questi
bambini nel mio nome, accoglie me...".
Per chi legge, con un po' di attenzione il Vangelo, le parole "servo, servire, servizio" diventano sempre più importanti, anzi, fondamentali.
"Gesù - dice il Vangelo - non è venuto per essere servito ma per servire" e, anche oggi, avete ascoltato: "Chi vuol essere il primo sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti". "Servire, servo"! Parole che nella vita cristiana sono fondamentali!
Anni fa, quando nella nostra parrocchia di Stella Maris, si era deciso di pubblicare un foglio di riflessioni, non c'erano stati dubbi a intitolarlo: "SERVIRE".
Parola fondamentale, dunque! Ma capitano persone, avvenimenti che ti aiutano a mettere in discussione praticamente tutto: è capitato, almeno a me, anche a proposito delle parole "servire, servizio". Ho incontrato dei ragazzi a cui le parole "servo, servire" davano fastidio: ci vedevano un senso di abbassamento, di umiliazione, contrari - secondo loro - alla dignità della persona umana.
Questo, mi ha portato a far tutta una serie di riflessioni sul servizio e sul servire...Vorrei proporvene qualcuna, per aiutare anche voi a farvi domande, a dubitare, a mettere in discussione tutti e tutto, per cercare le vie della vita concreta, aldilà delle parole, aldilà dei principi.
A chi è rivolto il servizio? Qui si parla di bambini: "Chi accoglie uno di questi piccoli accoglie me". I bambini, al tempo di Gesù, erano le ultime "ruote del carro", tutti si approfittavano di loro; cominciavano a lavorare fin da quando erano piccolissimi. Se in una casa… - come succede, in fondo, in tutto il regno della natura - c'era poco da mangiare, il primo ad essere sacrificato era proprio il bambino! Si arrivava a gettare bambini, non del tutto sani, dalla rupe per sopprimerli. Il bambino era il più debole e occuparsi di lui era veramente occuparsi dell'ultimo.
Le cose, nella nostra società... - almeno in occidente, ma è a degli occidentali che parlo - sono radicalmente cambiate. Oggi, il bambino, è il centro di tutto!
Ho visto papà e mamme pienamente al servizio dei loro bambini, che fanno di tutto per nutrirli, custodirli, soddisfare ogni loro desiderio e bisogno... non possono permettersi di strillare un po', perché accorrono papà, mamma e nonni... anche i nonni, spesso, sono a completo servizio dei bambini! Accade allora, spesso, che i bambini diventino sempre più arroganti, prepotenti, egoisti, forse proprio perché sono il centro di tutto. È questo il servizio!? Fino a che punto è giusto?
E poi, questi bambini crescono, diventano adolescenti... li ho sentiti, tante volte, - anche con me quando ero più giovane e sapevo ascoltarli - lamentarsi: "Non mi capisce nessuno!". E se provavi a domandargli: "Ma tu ti sforzi di capire gli altri, il papà, la mamma...?" ti guardavano con occhi stupefatti, come se gli avessi chiesto qualcosa di strano. A volte erano anche ragazzi generosi che facevano il servizio fuori, si occupavano, dei più piccoli, dei più deboli, ma se chiedevi loro se si rifacevano il letto... "Ah, no! questo lo fa la mamma".
Le mamme fanno tutto, domestiche, lavandaie, autiste.... corrono di qua e di là: è giusto? Non sarebbe meglio invece di tanto servizio, praticare, almeno un po', il sano egoismo da parte dei genitori? Non farebbero, forse, il bene dei loro figli?
Quando ero bambino, i maestri sapevano tutto e potevano tutto... usavano, anche, la bacchetta, quella con i bordini di ferro (chi ha i capelli bianchi lo ricorda) adesso, se provate a sfiorare un bambino, a rimproverarlo troppo forte, vengono il papà, la mamma, i nonni, gli zii, i parenti, i giornalisti e quant'altro, perché i bambini, i ragazzi hanno sempre ragione e gli insegnanti hanno sempre torto! E giusto anche questo?
Qualcuno di voi può dire: "Forse, oggi, le ultime ruote del carro, quelli a cui bisogna prestare attenzione sono gli anziani!". Ed io che comincio ad essere anziano direi: "Sì, è vero!". Però, ho visto, più volte, alcuni anziani diventare capricciosi come bambini piccoli. Ho visto degli uomini, soprattutto delle donne ridotte quasi in schiavitù per accudire persone anziane, sempre più prepotenti ed egoiste, non perché siano cattive, ma la testa se ne va e si ridiventa come bambini piccoli!
È questo il servizio? Fino a che punto è giusto? Fino a che punto può arrivare il servizio? Non sarebbe meglio, un po' di sano egoismo? Qualche volta i papà ma, soprattutto, le mamme non farebbero meglio a sbattere le porte e andare a divertirsi un po'? Sono domande, non sono soluzioni al problema!
Ma, c'è un'altra riflessione che mi interessa proporvi. Una riflessione di qualche giorno fa ascoltando l'ennesimo giornalista, che difendeva l'uso di certe parole, la rivelazione di certi fatti, dicendo: "Io sono al servizio: al servizio dell'opinione pubblica, al servizio della verità!".
L'esperienza mi ha detto che, spesso, sono al servizio delle loro ideologie, della loro carriera, dei soldi che prendono, del desiderio di diventare famosi, usando le notizie senza curarsi del rispetto verso gli altri.
Riguarda solo i giornalisti? No, purtroppo! Riguarda tutti i "chierici", quelli che appartengono a una consorteria, a una categoria abituata a parlare di servizio... I preti, ad esempio, nella cui educazione spesso si parla di servizio. Mi è capitato, tante volte, - purtroppo mi capita ancora in questi giorni - di ascoltare di preti, a volte giovani, purtroppo, che scambiano il servizio con la prepotenza, con il voler imporre il proprio modo di pensare, di vedere, sulla coscienza degli altri: il servizio degli altri diventa il servizio del proprio "ego", del proprio affermarsi sul prossimo.
Vale solo per i preti? No! Vale per tutti i "chierici"... Pensate ai medici: dicono sempre di essere al servizio del malato, ma a volte... non tutti, per fortuna, qui si generalizza sempre. Lo stesso può valere per gli insegnanti... Non parliamo, poi, dei teologi - anche quelli importanti - dicono di essere al servizio della verità... della "loro" verità! Pensano di possederla, credono che venga direttamente da Dio: spesso sono incapaci di ascoltare, di ragionare… perché "loro" sono al servizio della "verità"!
Dove voglio arrivare? Da nessuna parte! Vorrei solo - ma lo faccio da tanti anni - dirvi e ripetervi: dubitate di tutto e di tutti, cercate le vie della vita con semplicità, nel rispetto, nella tenerezza, nell'attenzione verso l'altro. Praticate un po', per quanto vi riesce, di sano egoismo. Pensate ad esigere rispetto e tenerezza, a difendere la vostra vita, e poi tentate di condividerla con gli altri, di accorgervi di chi è il più bisognoso, di chi ha bisogno di una carezza, nel rispetto più profondo dell'altro, perché non c'è religione, né Dio, né ideale, né scienza che meriti di diventare un "idolo". L'unica cosa sacra è l'uomo, il più piccolo degli uomini!
Tentate di guardare negli occhi chi avete accanto: a volte, chi sembra più forte e sicuro ha bisogno di un gesto di tenerezza: è successo anche a Gesù! Poco prima di morire, una donna si è chinata a lavarGli i piedi, spaccando il vaso di profumo, Gesù l'ha difesa da quelli che brontolano: "Perché tanto spreco?". Lei è l'unica che ha capito che, in quel momento, chi aveva bisogno di un gesto, di una carezza era proprio Lui! Era, in quel momento, il più piccolo degli uomini! Lui, il Dio fatto uomo aveva bisogna di una tenerezza! Quella donna aveva saputo accorgersene, perché aveva il rispetto dell'altro, la capacità di guardare negli occhi e di tendere la mano.
Aldilà di tutti i principi, di tutte le ideologie quello che conta - per quello che ho capito io - è il rispetto, il guardarsi negli occhi, il cercare di camminare insieme, di accoglierci l'un l'altro... non sempre è facile, ma siamo qui per continuare a cercare le vie della vita
Il Signore ci aiuti.
"Chi scandalizza uno di questi piccoli XXVI Domenica del tempo ordinario - 1 ottobre 2006
… gli si metta una macina da asino al Marco 9, 38-43. 45-48
collo e venga gettato nel mare".
"Chiunque vi darà da bere un
bicchiere d'acqua… vi dico in verità
che non perderà la sua ricompensa"
Quando mi capita di leggere certe pagine del Vangelo di Marco si rinnovano il mio stupore e la mia meraviglia: mi chiedo come abbiano fatto persone come noi - forse un po' migliori - vissute tanti anni fa, a scrivere parole così straordinarie.
Quella che abbiamo letto è una di queste pagine. Ad una prima lettura sembra piena di stranezze e di contraddizioni. Da una parte sembra esserci un invito alla tolleranza: "Maestro abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri" "Non glielo proibite… chi non è contro di noi è per noi". Da un'altra parte sembra esigere l'intolleranza più severa: "Gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare".
E ancora sembra che per essere cristiani basti dare un bicchiere d'acqua e, poco oltre, invece sembra che sia necessario tagliarsi una mano o un piede o cavarsi un occhio.
Insomma bisogna essere tolleranti o intolleranti, basta un bicchiere d'acqua o occorre arrivare a sacrificare se stessi fino a perdere la vita? Perché non ci dicono parole chiare, perché non troviamo insegnamenti semplici e sicuri?
Poi cominci a chiederti: e se lo avessero fatto apposta? E ti sembra di cominciare a capire qualcosa.
Nelle pagine seguenti, Marco - lo vedremo nelle prossime settimane - intende proporci il grande viaggio della vita cristiana, i grandi ideali che animano la vita del credente: l'amore fedele, la libertà, la gratuità, il servizio. E l'ideale supremo: essere come Gesù!
Ma cosa significa in concreto essere come Lui, cosa significa nella vita di ogni giorno amare totalmente e gratuitamente? Non esiste una risposta generica che valga per tutti e in tutte le circostanze, perché ognuno di noi è diverso e le circostanze della vita sono moltissime.
Scegliere la tolleranza o l'intolleranza; arrivare a capire se basta contentarsi di dare un bicchiere d'acqua o bisogna arrivare a sacrificare una mano o un piede o un occhio, è compito di ciascuno di noi, perché ogni uomo è diverso da un altro uomo e ogni situazione è diversa da un'altra. Occorre che ciascuno di noi cerchi, con passione, le infinite risposte che esige la vita, ma per farlo occorre essere educati a pensare con la propria testa, a studiare, a cercare, a interpretare i "segni dei tempi", a leggere il senso degli avvenimenti.
Spesso noi cristiani veniamo educati all'ubbidienza, a pensare che ci sia chi pensa per noi, che ci sia sempre qualcuno capace di indicarci la strada, di proporci regole precise, per risolvere i problemi.
Se un popolo non è educato a pensare con la propria testa, se nella Chiesa si insegna più l'ubbidienza che la libertà, si rischia di finire con Auschwitz… poi non serve dire che alcune persone malvagie hanno ingannato e pervertito tutto un popolo. Occorre chiedersi perché la maggior parte dei cristiani non ha saputo leggere la storia, non è stata in grado di interpretare gli avvenimenti. Non serve fare "diavoli", non aiuta a capire!
Oggi nel nostro paese assistiamo a quello che a me sembra uno scandalo molto grave: i parlamentari che si dicono cattolici, quando si dibattono problemi delicatissimi, come ad esempio l'eutanasia o l'utilizzo delle cellule staminali, sembrano pensarla tutti allo stesso modo, mentre, se mi capita di parlare di quegli argomenti con cristiani di tutti i giorni, ascolto pareri molto diversi e spesso contrastanti. Perché accade questo? Non vi sembra scandaloso che coloro che si dichiarano cattolici, sembrino incapaci di pensare con la propria testa? Come può essere educato in questo modo un ragazzo che cresce?
Ecco perché le parole del Vangelo di oggi mi sembrano straordinarie. Sembrano proporre indicazioni strane e contraddittorie, a me sembrano invece un invito a pensare che risposte generiche e astratte non esistono. La risposta dobbiamo cercarla con passione, ed è sempre una risposta personale, ma possiamo trovarla solo se saremo capaci di pensare con la nostra testa, capaci di studiare, di cercare; capaci di scegliere con coraggio, di interpretare i fatti, di comprendere gli avvenimenti.
Sarà anche importante che ciascuno di noi non si senta "possessore della verità", ma che sappia ascoltare e dialogare con ogni uomo che incontra, anche con chi sembra profondamente diverso: forse ogni uomo può arricchirci con la sua scintilla di verità.
Certo non è facile, ma non c'è altra strada per chi vuole essere un credente capace di camminare a testa alta, per chi cerca di essere un uomo libero e consapevole.
Il Signore ci aiuti.
"...all'inizio della creazione Dio, XXVII Domenica del tempo ordinario - 8 Ottobre 2006
li creò maschio e femmina... Marco 10, 2-16
e i due saranno una carne sola."
"Chi non accoglie il Regno di Dio
come un bambino, non entrerà in esso".
Vi dicevo domenica scorsa che in queste pagine, in quella di oggi e poi vedrete nelle pagine seguenti, Marco cerca di delineare il cammino della vita cristiana, di riproporci i grandi sogni che animano la vita del credente.
Ma, se ricordate, Marco ci avvisava che il cammino, che tenta di delineare, non è fatto di regolette: i grandi ideali sono affidati alla passione della nostra ricerca, al nostro studio, al nostro cercare di capire la vita, di interpretare i segni del tempo, e parlavamo dell'importanza che ciascuno fosse educato a pensare con la propria testa, a scegliere, giorno per giorno, quello che, nella vita concreta, realizza l'ideale che ciascuno di noi si porta nel cuore.
La pagina di oggi, forse, più di altre ci aiuta a capire tutto questo! Marco ci ripropone uno dei grandi sogni della vita dell'uomo: un amore fedele! Due persone che si conoscono e, pian piano, diventano una cosa sola! Da due che sono, arrivano a dire un "noi" nella pienezza dell'amore, del rispetto, della tenerezza, dell'accoglienza....
È un sogno che l'uomo si porta dentro fin dal primo mattino del mondo, che ha attraversato tante traversie nel corso della storia, rimanendo più o meno limpido.
Gesù lo ripropone, dicendo ai suoi che sarebbe bello tornare alla freschezza del primo mattino quando, dalle mani del Padre, sono usciti un uomo e una donna, che hanno gridato la loro meraviglia e la gioia dell'incontro.
Ma ciascuno di noi è diverso dall'altro... io sono stato molto fortunato nella mia vita e ho conosciuto delle coppie che, giunte ormai al tramonto della loro esistenza, avevano non dico raggiunta la perfezione, ma erano andate molto avanti; si guardavano con occhi ancora innamorati, si capivano con uno sguardo, un aggrottar di ciglia; avevano condiviso, fino in fondo, il loro essere, il loro pensare, il loro corpo e il loro cuore, donandosi tenerezza e piacere; ciascuno era rimasto con la propria personalità, ma avevano saputo costruire un "noi" ricco di amore...
Ho avuto la fortuna di avere la confidenza di tante persone... ho visto storie più faticose, fatte di litigi, di incomprensioni, di perdersi e ritrovarsi. Ho conosciuto, anche, il fallimento di molte storie... ho conosciuto la violenza che può esserci all'interno di una coppia, ho conosciuto il disprezzo, l'umiliazione...
Tante storie perché siamo tutti diversi, perché c'è chi ha fortuna e chi non ce l'ha, perché, il cammino di una vita insieme, a volte, è un cammino faticoso; a volte, per certe persone, quasi impossibile...
In questa pagina, però, - per quello che ho capito io - non si parla del fallimento: ci sono tante altre pagine, nel Vangelo, in cui si parla di chi non ce la fa, di chi sbaglia, di chi non riesce a realizzare il sogno! Se vi dicono che in questa pagina si parla del divorzio, sorridete! Ci sono altre pagine dove si parla di chi sbaglia e dove Gesù ripropone a tutti il coraggio di provarci e riprovarci ancora, per tentare di realizzare l'ideale.
Qui si parla del sogno; il sogno che è affidato al coraggio di tutti noi e faremmo bene a riproporre ai nostri ragazzi questo sogno...
Mi capita sempre più spesso di incontrare ragazzi che dicono: "Non ci sposiamo, perché vediamo intorno a noi tante coppie che si dividono...". Qualcuno mi dice che sono più le coppie che si dividono che quelle che restano insieme...
Credo che sia compito di ogni credente, ma direi più semplicemente di ogni uomo, testimoniare a un ragazzo che cresce il sogno, l'ideale che ha attraversato la vita dell'uomo. È il compito di ciascuno di noi! Fatelo con le parole ma, ancor più, con il vostro esempio!
Sarebbe bello che due ragazzi, che si incontrano con occhi innamorati e stupefatti, possano sognare di arrivare fino in fondo... è quello che mi capita... - ormai ho i capelli bianchi - di dire, spesso, nei matrimoni che mi chiamano a celebrare: "Io sono vecchio e posso dirvi che è possibile! È possibile amarsi, tenersi per mano, è possibile arrivare fino in fondo e vi auguro di farcela".
E a voi, che siete qui e che ce l'avete fatta, auguro di continuare ad essere testimoni, fino in fondo, di fedeltà e di amore… ricordando che chi non ce la fa dovrebbe essere circondato dal rispetto, dall'attenzione, dalla tenerezza di tutti i credenti, a cominciare dai più alti gradi della gerarchia fino all'ultimo cristiano. Se i nostri ideali diventano contrari alla tenerezza, al perdono, al rispetto, all'accoglienza non sono più autentici! Sono frutto di intolleranza, di regole che uccidono la vita e non la salvano!
Ma il Vangelo di oggi ci dice, anche, qualcosa di straordinario… forse non lo avete colto ma non è colpa vostra. Vedete, qui nel lezionario, c'è una versione lunga e una corta del Vangelo di oggi: e sapete cosa hanno tolto? l'ultima parte, quella del bambino! Se ho capito qualcosa, è la pagina più straordinaria del Vangelo di Marco: "Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso".
Cosa significa rimanere bambini? Il bambino è uno che non accampa meriti e pretese, non crede di essere arrivato, si guarda intorno con occhi stupefatti, accoglie la vita come un dono, nella meraviglia e nello stupore...
È bello vedere due persone, avanti negli anni, che si guardano, ancora, con occhi stupefatti e innamorati; che si accolgono ancora l'un l'altro come un dono… perché - vedete - nella vita noi possiamo costruire tante cose... chi è capace, può costruire un registratore, un computer, addirittura, un razzo che va sulla luna, ma un'altra persona no!
Un'altra persona è sempre il dono che viene a noi dalle profondità della vita e non può che essere accolto nello stupore… questo vale per un amico, per un figlio, soprattutto, per la persona con cui molti di voi hanno la fortuna di condividere il cammino!
Si può arrivare fino in fondo soltanto se si rimane un po' bambini, capaci di sognare, capaci di vivere la vita come un dono; di non accampare pretese, capaci di avere ancora occhi stupefatti e meravigliati...
È quello che auguriamo a tutti noi! Ma se non rimaniamo un po' così - ci avvisa Gesù - non possiamo entrare nel Regno, non possiamo vivere i grandi ideali, i grandi sogni! Non sono solo frutto del nostro sforzo... domenica scorsa - dicevamo - che bisogna cercare, studiare, pensare con la propria testa appassionatamente, tentare di scegliere, ma occorre anche rimanere un po' bambini: il bambino non sa ancora scegliere, guarda la vita con occhi stupefatti, ha sempre il futuro davanti, non perde mai la speranza, conserva lo stupore e la meraviglia, riceve sempre tutto, e uomini e cose, come un dono che lui non ha meritato.
II Signore ci aiuti.
"...va, vendi quello che hai e dallo XXVIII Domenica del tempo ordinario - 15 Ottobre 2006 ai poveri e avrai un tesoro in cielo; Marco 10, 17-30
poi vieni e seguimi".
Continua, nel Vangelo di Marco, il grande discorso che cerca di delineare il viaggio della vita cristiana, alla ricerca dei veri ideali, che devono animare il cammino del credente. Oggi, potremmo cominciare con una domanda: per cosa vale un uomo? Cos'è che rende grande la sua vita? Forse per i soldi? Tutti noi, penso, risponderemmo: "No, non sono i soldi la cosa più importante!" Eppure, cominciate a riflettere...
Nel corso della millenaria storia umana, i soldi, le ricchezze, i beni sono state causa di innumerevoli guerre, di violenze, di rapine, di furti, di omicidi... Qualcuno di voi può dire: "Ma questo non ci riguarda fino in fondo! Noi non abbiamo mai rubato, ucciso per denaro". Eppure, ripensate un po' alla vostra esperienza!
Ho visto famiglie che sembravano perfette, dividersi e litigare, con rancori che durano anni, per un piccolo pezzo di terra, magari lontano, che avevano ereditato e dovevano dividere. Ho visto... - le prime volte con grande stupore - delle persone anziane, delle donne molto buone che, quando cominciavano a perdere il senno, accusavano i figli e, soprattutto, i nipoti di sottrargli alcune cose: un gioiello, una tovaglia, un fazzoletto... sembrava che avessero basato tutto sul possesso e che perdendo quelle cose, spesso povere cose, perdessero tutto.
Il denaro è certo una cosa importante, ma quanto conta, nella nostra vita, nel nostro giudicare e uomini e cose? Forse è bene che Gesù ci ripeta che i soldi non sono tutto, che sono altri i valori essenziali!
Ma guai a prendere le sue parole come "regolette"… nella storia della Chiesa ci sono delle persone che prendono alla lettera la parola di Gesù: "Va, vendi tutto quello che hai..."
Nel paese in cui sono nati i miei genitori... se voi domandate: "Dov'è il Pian dei Monaci?". Ve lo indicano subito! Là, il pezzo migliore della terra, insieme a tanti altri, appartenevano ai monaci della vicina Abbazia e i contadini dovevano andare a lavorare in cima alla montagna dove la terra era magra e il raccolto scarso, allora dovevano fare i servi dei monaci.
Ho saputo, solo qualche anno fa, che uno dei miei antenati (forse ho ereditato qualcuno dei suoi cromosomi) ha ucciso il priore del convento. Si sentivano sfruttati e hanno fatto fuori il priore che, forse, era il peggiore!
Sono stato anche quest'anno in vacanza in Val Badia e sapete perché si chiama così quella splendida valle? Perché tutto era possesso del convento di monache, che era giù in fondo, all'uscita della valle... c'è ancora ma, adesso, non ci stanno più le monache. Un tempo erano ricchissime e potenti e avevano tutti i contadini come loro servi e dovevano anche combattere... combattere contro chi? Contro il vescovo del luogo! Sempre in nome di "madonna povertà"! Perché erano persone che dicevano di non possedere niente, di aver lasciato tutto per seguire Gesù!
Questo può accadere se gli ideali del Vangelo diventano regole o formule ipocrite. Gesù tenta di proporci l'ideale della gratuità, della condivisione. L'ideale di una vita non basata solo sulla ricerca affannosa del denaro; qualcosa d'altro è più importante, anzi, fondamentale!
Ma in questa pagina, non si parla soltanto di ricchezze, ma di qualcosa di molto più profondo...
Forse non ve ne siete accorti perché non se ne parla quasi mai, ma quest'uomo che si presenta a Gesù non è solo un ricco, è anche uno che ha osservato tutta la Legge; è un uomo giusto e retto, ma ha fatto di questo suo osservare la Legge il piedistallo per giudicare e condannare gli altri. E se ho capito qualcosa questo tema è importantissimo in questa pagina... ritornate all'inizio: quest'uomo si rivolge a Gesù: "Maestro buono... ". Gesù lo ferma subito: "Perché mi chiami buono, solo Dio è buono".
Questo tema è fondamentale nel Vangelo, come nel cammino del credente perché, vedete, noi uomini possiamo fare "piedistallo" di tutto... della nostra cultura, del nostro sapere; della nostra bontà, delle nostre rinunce, dei nostri sacrifici, dell'osservanza scrupolosa della Legge...
Ho conosciuto gente che aveva rinunciato a tutto, meno che a giudicare, a condannare, a imporre se stessi alla coscienza degli altri. Ho conosciuto gente che, per la cultura che pensava di possedere, tentava di imporre al prossimo il proprio modo di vedere, i propri studi, le proprie idee, l'arroganza del proprio sapere...
Ecco perché Gesù, all'inizio di questo cammino, ha messo un "bambino"! "Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso".
Il "bambino" è uno che non accampa diritti e pretese! E uno che non può dire: "Io mi sono fatto da me, quindi, giudico voi che non siete capaci di niente!". Il bambino è uno che non ha ancora cultura e può dire: "Io so e voi non sapete!". Il bambino è uno che non ha ancora osservato tutta la Legge e può dire: "Io sono buono e voi no!". Il bambino si guarda intorno con occhi stupiti, riceve la vita come un dono, cerca di scoprire uomini e cose, per condividere la vita, per camminare insieme agli altri, nello stupore, nella meraviglia, nell'accoglienza...
Ecco l'ideale che il Signore ci mette davanti! Non può essere ridotto a "regolette", a schemi ipocriti, perché il denaro è una cosa importante! Rileggetevi questa pagina: il sogno non è che tutti diventiamo "poveri", il sogno è che tutti siamo "ricchi".
Quando Pietro dice: "E noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito?". "Riceverete cento volte tanto in case, in campi, in fratelli...", quindi il sogno è che tutti diventino ricchissimi…
È importante la cultura; è importante studiare, cercare; è importante essere onesti e giusti ma, se questo diventa il piedistallo della nostra intolleranza, del nostro giudizio, del voler dominare gli altri… ecco quello che corrompe il mondo.
Se non rimaniamo un po' bambini, se non rimaniamo con il cuore aperto, stupefatto, alla ricerca dei valori essenziali, la nostra vita e il mondo si corrompono. Denaro, cultura, bontà: cose fondamentali, ma vanno ricercate con il cuore di un bambino; non con il cuore di chi vuole possedere per giudicare e condannare gli altri. Ma è quasi impossibile - come hanno ripetuto più volte i discepoli, oggi - questa pagina, è straordinaria!
Il Signore ci aiuti.
Il Figlio dell'uomo infatti non è XXIX Domenica del tempio ordinario - 22 Ottobre 2006
venuto per essere servito, ma per Marco 10, 35-45
servire e dare la propria vita…"
Siamo arrivati alla fine del grande viaggio della vita cristiana, che Marco delinea nel suo Vangelo, o meglio quasi alla fine, resta... - lo ascolterete domenica prossima - il grido del cieco: "Signore, che io riabbia la vista!", perché il cammino che Marco delinea, è quasi impossibile.
Si tratta, giunti in cima, di essere come Gesù. Come Gesù che "non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita".
Di nuovo il "servizio, il servire". A qualcuno di voi queste parole non piacciono, usatene altre! C'è chi preferisce "prendere a cuore"; chi preferisce "condividere". Le parole significano quel che ciascuno ci mette, ciò che ognuno sente... è importante quello che c'è dietro questa parola! Cosa significa essere come Gesù, vivere il servizio?
Oggi è la giornata missionaria... forse significa lasciare tutto, partire, andare in terre lontane, rischiare la vita? Significherebbe non comprendere qualcosa di essenziale: essere come Gesù deve riguardare il nostro quotidiano!
Si potrebbe cominciare la riflessione... - ve lo consiglio - dalle più piccole cose di ogni giorno: la buona educazione! "Buongiorno!" "Buongiorno!". Ti danno la mano: la stringi. Ti chiedono qualcosa, rispondi con gentilezza e cortesia. Eviti di buttare le cartacce per terra… questo è il servizio! La vita cristiana comincia da qui! E, poi, il resto: mettersi la cravatta più bella perché fa piacere alla moglie; accompagnarla in giro per i negozi, anche se ti scoccia; trovare, ancora, l'entusiasmo per fare una carezza; far l'amore con passione: questo è servizio!
E poi il lavoro di ogni giorno fatto con attenzione, con scrupolo, con generosità; tenendo presenti gli altri che lavorano con te: questo è condividere, questo è prendere a cuore la vita e gli altri…
Non dobbiamo mai dimenticare che Gesù è venuto in mezzo a noi e, per più di trent'anni, ha fatto il falegname, la vita di ogni giorno: aggiustare tavoli, sedie, riparare aratri, carri, e poi, il ritrovarsi la sera all'osteria intorno a un bicchiere di vino, scambiare una battuta...
Ecco, forse, il servizio migliore lo fa chi sa raccontare una barzelletta, chi sa donare un po' di allegria e di buonumore; chi sa ascoltare lo sfogo di un'altra persona con pazienza, chi sa mettere una mano sulla spalla nel momento della fatica, del dolore...
Servizio è quello che fanno, ogni giorno, la mamma, il papà con i loro figli… accettando, anche, di litigarci quando c'è bisogno... E il servizio dei nonni, che fanno gli autisti e corrono di qua e di là, che si prendono cura dei nipoti, a volte, strappandolo alla loro stanchezza: tutto questo è servizio! Tutto questo è prendersi a cuore gli altri! Tutto questo è condividere la vita… senza dimenticare le grandi dimensioni della vita sociale, dei valori che devono animare il nostro stare insieme… senza trascurare la vita politica, l'impegno per la città, l'attenzione a quello che ci succede intorno: tutto questo è amore, tutto questo è servizio, tutto questo è condivisione della vita!
E poi, vengono le cose più complicate, soprattutto, per noi cristiani! Ecco perché, domenica prossima, dovremo far nostro il grido del cieco: qualche volta, nel cammino cristiano si scambiano il servizio e l'attenzione agli altri con i buoni sentimenti!
L'ho sentito ripetere tante volte: "Ma io l'ho fatto con amore…". Non basta quello che chiamiamo "amore"; ci vuole intelligenza, attenzione all'altro; ci vuole studio, ci vuole ricerca; a volte, bisogna anche domandare consiglio a chi ne sa più di noi, con pazienza e umiltà... Non basta dire: "Lo faccio con tutto il mio sentimento, lo faccio con trasporto verso gli altri...!"
Quante volte i papà, le mamme, i nonni sbagliano per troppo... "amore"! Sembra amore, ma è sentimento! L'amore è fatto, anche, di intelligenza, di ricerca; è fatto, anche, di studio, di domande, di dubbi, che devono sempre accompagnare il cammino dell'uomo.
E poi l'ultima cosa, forse, la più complicata: il servizio, l'amore, la condivisione vanno vissuti nella gratuità! Se vi aspettate il contraccambio... fermatevi subito! Non si può amare soltanto se c'è la speranza di essere contraccambiati. Oggi in televisione, alla radio sentite, spesso, parlare del "contraccambio": se non lo fanno "loro", non lo facciamo nemmeno noi! Conviene allora smettere di parlare di condivisione, servizio, amore!
Il servizio è gratuito: lo faccio perché ritengo che sia giusto; lo faccio perché fa piacere all'altro; lo faccio perché, questo, è quello che sento di dover fare, quello che esige la mia moralità… che non si aspetta il premio, non si aspetta il contraccambio, la ricompensa: si aspetta, solo, di vivere per le cose in cui crede e se credo che sia giusto prendersi a cuore d'altro, se è giusto condividere la vita; se è giusto aiutare l'altro a sorridere, lo faccio anche se l'altro non è nemmeno capace di dirmi: grazie!
Lo sanno bene i papà, le mamme, ma dovrebbe saperlo ogni cristiano: l'amore, il servizio, la tenerezza, l'accoglienza, il rispetto o è gratuito o non è! Ma non è semplice.
Il Signore ci aiuti.
Allora Gesù gli disse: "Che vuoi XXX Domenica del tempo ordinario - 29 Ottobre 2006
che io ti faccia?". E il cieco a Lui: Marco 10, 46-52
"Rabbunì, che io riabbia la vista".
Qualcuno di voi, forse, lo ricorderà... domenica scorsa c'erano i discepoli che litigavano tra di loro su chi fosse il più importante e Gesù ha dovuto farli tacere... oggi c'è uno che grida e gli altri che cercano di farlo tacere e, invece, Gesù lo lascia parlare; lo fa chiamare: "Cosa vuoi?". "Maestro, che io riabbia la vista!".
Eppure, se ci pensate, è strano trovare un cieco qui, in fondo alla strada, in cima alla montagna… abbiamo percorso una lunga strada su cui il cieco è invitato a camminare ancora… "prese a seguire Gesù lungo la strada".
Se qualcuno di voi ama andare in montagna… quando si sale, magari, per una valle stretta e un po' oscura, in mezzo al bosco; si arriva in cima e c'è la pienezza della luce... lo sguardo arriva fino all'orizzonte, la luminosità del cielo, delle montagne... qui, invece, in cima, alla fine del cammino troviamo il cieco che grida... all'inizio doveva stare!
Ricordate questa strada? Ripercorrete, un attimo, questo cammino...
All'inizio Gesù proponeva ai suoi il sogno di due che diventano una cosa sola: il sogno della vita condivisa, del cammino fatto insieme, dell'aiutarsi a vicenda, il sogno dello stare insieme nella fraternità e nella pace.
E, poi, un altro passo... il sogno di una vita non basata sulle ricchezze, su ciò che uno conquista, nemmeno sull'osservanza di tutta la Legge; il sogno della gratuità, il sogno di una vita vissuta come dono! Poi, ancora, un passo avanti: il servizio! L'essere come Gesù, l'amore incondizionato!
Siamo arrivati in cima e qui ci aspetteremmo la luce, il premio: c'è il grido di un cieco! Il nostro grido, il grido di chi crede veramente!
Mi hanno detto, tante volte quando ero giovane, che il credente è uno che non ha dubbi, è uno che sa, perché ha trovato la luce. Secondo il Vangelo, no! Il credente è uno che grida la sua passione per la luce: una luce che continua a cercare, una luce che non ha ancora trovato... chi crede di aver trovato la luce, chi pensa di sapere tutto, chi cerca di proporla e, qualche volta, di imporla agli altri, pensa di essere un credente: è solo un fanatico e un intollerante! E solo uno che si illude di aver raggiunto quella verità che il credente insegue come un cieco.
All'inizio del cammino - forse qualcuno lo ricorda - Gesù ha posto un "bambino", un bambino con gli occhi stupefatti, sgranati sulla vita, alla ricerca del senso di uomini e cose; lo sguardo di questo bambino, per strada, rischia di appannarsi, di diventare lo sguardo di chi pensa di essere arrivato, di essere giusto, di chi ha costruito il suo piedistallo da cui giudicare uomini e cose.
Là, in cima alla strada, c'è il grido del cieco, perché il Vangelo ci vuole bene, perché Gesù ci vuole bene: vuole bene a chi ha il cuore pesante, lo sguardo incerto, insicuro… non ama gli intolleranti, i fanatici, coloro che pensano di sapere tutto, coloro che credono di essere "giusti" e giudicano uomini e cose!
Gesù ama chi ha passione per la vita, chi ha passione per la luce, chi ha desiderio di camminare e di cercare ancora… per questo gridiamo: "Signore, che io riabbia la vista!". Ridacci lo sguardo di un bambino, lo sguardo incantato, stupefatto, meravigliato; lo sguardo di chi ha il futuro davanti, di chi cerca ancora, di chi va mendicando la luce, di chi non si sente sicuro di niente, di chi la luce la va a cercare negli occhi di chi ha intorno, nella bellezza della natura…
Ecco, chi segue Gesù lungo la strada, non è colui che sa tutto, non è colui che ha abbandonato ogni dubbio, che vive di certezze... è colui che grida di nuovo il suo desiderio di luce, la sua passione per la vita, colui che cerca quello sguardo di bambino che rischia di non avere più.
Il Signore ci aiuti
Apparve una moltitudine immensa… TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2006
"Beati i miti... quelli che hanno fame e sete Apocal. 7, 2 - 4. 9-14 Matteo 5, 1-12
della giustizia... gli operatori di pace..."
In molte piazze delle nostre città ci sono dei monumenti a personaggi importanti della storia: re, imperatori, condottieri, ministri, grandi artisti... e anche i libri di storia sono pieni delle gesta di grandi personaggi, a volte, un po' equivoci, quasi sempre ridotti a miti…
Ma nella vita delle persone chi ha, veramente, importanza? Se pensate alla vostra vita vi vengono in mente il papà, la mamma, dei parenti, degli amici, delle persone che avete incontrato o, semplicemente, il fornaio che prepara un buon pane, il muratore che ha costruito bene la vostra casa, il farmacista che vi da la medicina giusta, il medico che sa prendersi cura della vostra salute...
La stessa cosa - in maniera diversa - accade per i santi... Se non pensate al santo come al grande protettore, a cui rivolgersi nel momento del bisogno...
Stamattina, forse, qualcuno di voi ha ascoltato il giornale radio: si dava conto di un'inchiesta di "Famiglia Cristiana" per sapere qual è il "santo" più invocato: Padre Pio, batte tutti! compresi sant'Antonio, la Madonna, e Gesù, in quest'ordine! È il criterio del grande protettore, un criterio che ha attraversato la storia di tutti i popoli, anche se cambiano i protettori.
Se invece il "santo" è per voi il testimone di quello che ci ha detto il Vangelo stamattina: di misericordia, di tenerezza, di pace, colui che vi ha comunicato la fame e la sete di giustizia… allora ci troviamo - come ci suggeriva la prima lettura - di fronte a una "moltitudine immensa di ogni nazione, razza e popolo", perché ognuno ha i suoi santi: quelli che sono stati, nella sua vita, "i testimoni"... Si entra nella vita concreta, nel quotidiano: non contano più le parole, le ideologie, le grandi teologie!
Mi veniva in mente, mentre pensavo a queste cose, un episodio accaduto tanto tempo fa: mi trovavo nella parrocchia di San Luca, venne il vescovo a fare la visita pastorale, in una riunione di giovani parlò per venti minuti spiegando come lui fosse il "padre e il maestro" della loro fede... Alla fine, dal fondo della sala, uno ha alzato la mano: "Eccellenza, io, è la prima volta che la vedo! Ho altri "padri" e altri "maestri" nella fede!". E si è seduto di nuovo! Come potete immaginare, l'unica conseguenza che ha avuto questo intervento è che il vescovo ha parlato per altri venti minuti cercando di convincere quei "giovinastri scapestrati" che era il padre e il maestro della loro fede. Aveva perfettamente ragione Leo - così si chiamava quel ragazzo - lui aveva avuto altri maestri, altri padri, nella fede: gente semplice, che non erano né vescovi, né papi, ma suo padre, sua madre, le persone che aveva conosciuto, alcuni preti che aveva incontrato...
Lo stesso vale per i santi! Chi sono i miei santi? E inutile che vi dica i nomi perché voi non li conoscete: sono i "miei" santi! La gente che ha testimoniato, a me, la passione per la vita, la luce, la tenerezza, la misericordia, la fame e la sete della giustizia. E voi, avete i "vostri" santi, quelli che sono stati, per voi, importanti! È di questi santi che oggi facciamo memoria: i santi sconosciuti. Domani, dopodomani riprenderemo il calendario e faremo memoria di "quei" santi: gli apostoli, i grandi personaggi... ma oggi facciamo memoria dei nostri santi: persone di tutti i giorni che non hanno fatto grandi prodigi, ma hanno circondato la mia vita - se siete qui - anche la vostra vita di tenerezza, di affetto: sono stati testimoni di pace, di giustizia, di bellezza, di vita, di amore...
Chissà se fra cinquant'anni, quando la maggior parte di noi non ci sarà più, qualcuno si ricorderà di noi e dirà: "Anche lui è stato il mio "santo"!". Non so se ci possiamo contare ma, forse, sì! Io mi ricordo di mio papà, di mia mamma, di certi zii, di certe persone, di certi preti straordinari che ho incontrato: sono i miei santi! Chissà che un giorno qualcuno, fra tanti anni penserà a me e non ricordandosi più dei miei tanti difetti, dirà: "Qualche volta, mi ha testimoniato qualcosa!". Di me non so se lo diranno, di voi, certamente, sì!
Il Signore ci aiuti.
"Amerai il Signore Dio tuo... XXXI Domenica del tempo ordinario - 5 Novembre 2006
Amerai il prossimo tuo... Marco 12, 28-34
"Ama il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore... Ama il prossimo tuo come te stesso". Sembra semplice e chiarissimo, ma se cominciate a rifletterci, a farvi domande, vi accorgerete che non la finite più!
Ho, ormai, dietro le spalle parecchi anni di esperienza, di lettura del Vangelo e su queste parole, più che su altre, si sono soffermate riflessioni, domande… Ve ne propongo alcune che nascono dalla mia esperienza... forse, simile a quella di qualcuno di voi o, forse, diversa... è soltanto uno spunto perché, anche voi, proviate a riflettere su queste parole.
Cosa significa, in concreto, amare Dio? Cosa significa, amare il prossimo?
La prima riflessione accompagna la mia vita da molto, molto tempo! Quando ero ragazzo mi dicevano che questi due comandamenti "Ama Dio e ama il prossimo" sono strettamente legati e che non si può amare, veramente, il prossimo se non si ama Dio! Mi dicevano che chi non crede in Dio non può avere una morale solida e vera. Se non c'è Dio nella vita degli uomini tutto diventa possibile, tutto è relativo… cose che sentivo ripetere tanto tempo fa, quando ero ragazzo e, a dir la verità, mi capita, qualche volta, di sentirle anche adesso.
Queste parole mi convincevano e, forse, convincono, anche, più d'uno di voi. Poi ho cominciato a crescere e ho incontrato qualche ateo… nella mia famiglia... anche nel mondo di Trastevere, tutti erano credenti in Dio e specialmente nella Madonna. Quando ho cominciato a incontrare degli atei, della gente che diceva di non credere in Dio, con stupore, mi sono accorto che erano migliori di me! Che avevano una morale più attenta, più fedele, più profonda della mia; che avevano nel cuore grandi valori… e questo mi meravigliava! Come è possibile? Cosa mi hanno detto?
Poi ho preso a studiare con passione la storia e ho visto che molta gente che credeva in Dio ha fatto cose terribili: ammazzavano, facevano guerre, bruciavano la gente: sempre "in nome di Dio"! C'erano, invece, dei personaggi che non erano credenti o, magari, erano di un'altra religione e che sembravano più giusti… allora crescevano in me dubbi, domande... Come è possibile che continuino a dirmi che se uno non crede in Dio non può avere una vera morale... io ne conosco tanti che sono più morali e più giusti di me, pur dicendo di non credere in Dio!
Le riflessioni portano lontano: se Dio è "l'oltre" che ti invita a cercare, ad andare aldilà del tuo egoismo, aldilà delle certezze, aldilà dei tanti poteri di questo mondo; se Dio è Colui che ti spinge sul cammino della libertà e della verità, va bene! Ma se Dio è l'idolo che diventa la giustificazione della tua prepotenza, a volte, della tua violenza, allora, tutto si corrompe... allora, in nome di Dio, si possono compiere delitti!
Poi mi è capitato di fare un'altra riflessione… per diventare prete ho studiato per sette lunghi anni all'università; come sapete, ho dedicato pochissime ore di questi anni allo studio del Vangelo, ma allo studio della morale, no! Ho passato ore e ore, qualche volta anche di notte, a cercare di mandare a mente... Cosa? Tutti tentativi che risalgono, addirittura al medio evo, per capire cosa significa, in concreto, voler bene!
Tutti mi dicevano... - era scritto su libri - che "amare" è una bella parola ma, in concreto, servono principi morali più pratici, servono regole, servono precetti… ogni situazione ha bisogno di un precetto, ha bisogno della sua interpretazione e, per lunghi secoli, si sono affannati a cercare tutte le regole i principi, le interpretazioni e a scriverli su grossi libri che io dovevo imparare, quasi a memoria...
Ho avuto la fortuna di incontrare qualcuno che mi insegnava ad andare oltre, a capire che la morale deve avere un cuore oppure si riduce ad una serie di regole e principi, che mi sembravano astratti e inutili. Poi si rischia di mettere tutto sullo stesso piano! Quando eravamo ragazzi si andava all'inferno sia se avevamo ucciso nostra madre, sia se avevamo fatto un pensiero impuro o detto una parolaccia...
Poi, quando uscito dal seminario e diventato prete, sono andato in parrocchia e mi sono dovuto sedere dentro il confessionale vedevo che la vita della gente non corrispondeva ai libri... ma è la cosa più normale! I libri sono scritti per tutti, le persone sono diverse una dall'altra; ognuno ha il suo problema concreto!
Quello che significa per una persona voler bene, non significa per un'altra, che vive situazioni completamente diverse… e allora tutti i principi della morale saltavano. Ho perso per strada tutte le regole, tutte quelle parole che avevo letto in quei grossi libri...
Cosa ti è rimasto? - domanderete voi. Mi sono rimaste alcune riflessioni che mi hanno accompagnato nella vita. Ho capito che per discernere cos'è il bene e cos'è il male; per sapere, in concreto, cosa significa amare bisogna, prima di tutto, avere un tesoro nel cuore, qualche valore in cui credere...
Don Milani... - uno dei nostri maestri - scriveva nella sua aula di scuola: "I CARE" cioè mi sta a cuore, mi preme; mi preme il mio prossimo, mi premono i valori, mi preme la libertà, la giustizia... mi preme, mi sta a cuore! Un tesoro dentro per cui sarei disposto a giocarmi la vita...
Poi ci vuole un cuore da bambino; un cuore tenero, dubbioso, che cerca, che non si sente mai arrivato, che non pensa di possedere né la verità, né, tantomeno, il criterio del bene e del male.
Poi occorre saper guardare l'altro negli occhi e ascoltare. Quanto è stato, per me, all'inizio, difficile, ma prezioso, ascoltare!
Di fronte a una persona che ti racconta la sua vita, che ti parla di sé, dei suoi problemi, a volte, dei suoi drammi; i principi astratti, le regole vanno a farsi benedire… rimane il cammino, a volte, faticoso; rimane l'incertezza di questa persona che diventa la "tua" incertezza, perché non capisci più cosa è giusto e cosa sbagliato nella vita di una persona e allora non ti resta che ascoltare, condividere, tendere la mano, tentare di fare insieme un po' di strada.
E un'altra cosa è stata importante nella mia vita: il consiglio degli altri. Quando avevo qualche problema, quando dovevo aiutare qualcuno a cercare una risposta, non andavo più ad aprire i miei libri; riunivo qualche persona, che sapevo dal cuore onesto e retto e chiedevo: "Voi, che ne pensate?" E, molto spesso non avevo risposte certe, avevo dubbi, la ricerca, il tentativo di dire una parola e, spesso, una parola che togliesse un peso dal cuore a chi era in difficoltà...
Ecco - se ho capito qualcosa - occorre un tesoro nel cuore, dei valori in cui credi, degli occhi da bambino, aldilà delle sicurezze; la capacità di guardare negli occhi gli altri, il consiglio degli amici... poi occorre sapere che la ricerca del bene non finisce mai, aldilà di quelle che sembrano le nostre sicurezze. Non è semplice capire cos'è bene, cos'è male… non è semplice, a volte, nei confronti di chi hai accanto da tanto tempo, della moglie, dei figli, dei nipoti... cosa è bene per loro? È una ricerca che va fatta con cuore tenero, vulnerabile, senza mai pensare di possedere la verità, senza prepotenze, senza mai usare il nome di Dio, senza pensare che io ho la verità e l'altro no; perché, tutti siamo povera gente che va cercando, purché cerchiamo con sincerità e con passione.
Poi la certezza che puoi anche sbagliare, ma Gesù non ti condanna, ti mette la mano sulla spalla e ti invita a camminare, a cercare ancora.
Il Signore ci aiuti.
"...la gente gettava monete nel tesoro. XXXII Domenica del tempo ordinario - 12 novembre 2006
E tanti ricchi ne gettavano molte. 1 Re 17, 10-16 - Marco 12, 38-44
Ma venuta una povera vedova,
vi gettò due spiccioli..."
Il Vangelo di Marco praticamente finisce qui. C'è ancora... - ne ascolterete qualche frase domenica prossima - il grande discorso sulla fine del mondo, poi il lungo racconto della passione, morte e resurrezione, di Gesù… ma queste sono pagine che fanno parte, ormai, di una tradizione antica... il lavoro della comunità di Marco finisce con questo straordinario racconto: forse la perla più preziosa del suo Vangelo.
Ripercorrete, un momento, quello che c'è prima e che ci porta qui, di fronte a questa vedova - forse lo ricordate, perché lo abbiamo letto a lungo - il camino della vita cristiana, alla ricerca dei grandi valori, degli ideali che animano la vita del credente.
Poi il grido del cieco, l'ingresso a Gerusalemme e lì le varie discussioni con gli scribi, i farisei: tante parole... e, anche, lo scontro - lo avete ascoltato anche oggi - con gli scribi e i farisei. Cercano i primi posti, cercano di essere i primi… ma non erano così anche i discepoli? Noi li abbiamo sorpresi che litigavano tra di loro per sapere chi fosse il più grande e Gesù ha dovuto farli tacere. Tante discussioni con questi maestri della Legge che moltiplicano parole e impongono pesi sul cuore della gente! Ma anche i discepoli avevano moltiplicato le parole, le domande e le obiezioni: "Come è possibile? Come possiamo seguirti?"
Forse Marco è stanco di parole… seguitelo, allora, immaginate tutta questa gente che si affanna per arrivare ai primi posti, tutti questi chiacchieroni che moltiplicano le parole... dietro Gesù là nel Tempio. A un certo punto si ferma, davanti a questa povera vedova e quasi voltandosi di scatto: "Guardate, è lei che ha capito!" Lei ha due spiccioli e li getta nel tesoro del Tempio, senza calcolare: è l'elogio della gratuità! Non si aspetta ricompensa! Dona "tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere"... è un simbolo chiaramente! Dà tutto senza pensarci, senza calcolare, senza chiedersi: cosa ne avrò, sarò la prima, avrò la ricompensa? Niente! Non si aspetta niente! È la gratuità totale!
La gratuità perché - voi lo sapete - la prima lettura è falsa! Non è vero che "l'olio dell'orcio" non si esaurisce mai; che la "farina della giara" continuerà ad esserci sempre...
Quante volte abbiamo visto esaurirsi per noi, ma soprattutto, per gli altri, per tanti bambini del mondo, per tante vedove, l'olio dell'orcio, finire la farina nella giara... dov'è la provvidenza? Chi custodisce i piccoli, i poveri?
Ecco, è questa donna il simbolo del credente! Ha soltanto due piccoli spiccioli, ma li dona con cuore sincero... è Dio, è Gesù che viene a difendere la gente come noi.
Ci sono tanti chiacchieroni, tanta gente che si affanna a cercare il primo posto, tanta gente che moltiplica le parole anche nel cammino della Chiesa, come della società... Quante vedove ho incontrato a cui erano rimasti soltanto due piccoli spiccioli e ti regalavano l'ultimo spicciolo di serenità, uno sguardo allegro sulla vita... ti sapevano, magari, raccontare una piccola storiella, una barzelletta, il ricordo di un fatto che ti facesse sorridere...
Quante volte ha visto persone che, ormai, non potevano più muoversi, ma tentavano di regalare ancora alla vita, gli ultimi spiccioli del loro sorriso, della loro tenerezza.
Ecco, lei ha ragione! Io non ha avuto grandi tesori nella vita... se quando ci si presenterà davanti al Signore, si comincerà a fare l'appello degli eroi, delle persone grandi e importanti, io arriverò tra gli ultimi... ma non sarà così! Non si faranno graduatorie! Non, si chiederà chi è stato l'eroe, il santo, il grande... Quanti spiccioli avevi...? E hai tentato di buttarli nel tesoro della vita con gratuità e tenerezza? Quanti bicchieri d'acqua hai tentato di dare?
Vale per me, ma vale anche per voi e per tutti! È la tenerezza di Dio, è la carezza di Gesù con cui finisce il Vangelo di Marco. Non lo dimenticate mai: ne abbiamo bisogno! Di fronte alle grandi parole che girano anche nella Chiesa di oggi: discorsi altisonanti in cui si parla di amore, di carità, di bene, di giustizia... Due spiccioli soltanto, un bicchiere d'acqua!
È questo il tesoro che, senza aspettarci ricompensa, tentiamo di gettare nel tesoro della vita... È lei, questa vedova, il simbolo più profondo, più vero della vita cristiana, il mio simbolo, il simbolo della vita di tutti noi, il simbolo della gratuità e dell'amore.
Il Signore ci aiuti!
"...Il cielo e la terra passeranno, XXXIII Domenica del tempo ordinario - 19 Novembre 2006
ma le mie parole non passeranno" Marco 13, 24-32
Tutti voi, penso, conoscete quel fogliettino che è allegato a ogni scatola di medicina, che andiamo a comprare dal farmacista: si chiama, normalmente, il "bugiardino". Mi è capitato, negli ultimi mesi di parlare con delle persone che, dopo aver letto tutti i possibili effetti collaterali di una medicina, hanno preso la scatola e l'hanno buttata! Forse, l'ha fatto anche qualcuno di voi... Chiederete: "Che c'entra il "bugiardino" con il Vangelo di oggi?". Ebbene, se riflettete un momento sulla storia del bugiardino, forse, riuscite a intuire qualcosa di quello che abbiamo ascoltato...
Ci sono dei periodi della storia degli uomini in cui il catastrofismo dilaga e, quindi, la paura prende possesso del cuore degli uomini e i comportamenti diventano irrazionali.
Al tempo di Gesù si usavano le parole che avete ascoltato stamattina: "Il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, gli astri si metteranno a cadere dal cielo...". Oggi nessuno di noi parla così, ma se guardate la televisione, se leggete i giornali, vedete che ci minacciano di ogni catastrofe... Le calotte polari si stanno sciogliendo, a Ostia, tra poco, saremo sommersi dall'acqua; l'acqua è inquinata, il cibo è inquinato, l'aria è inquinata; la violenza si diffonde sempre di più nelle nostre città e, anche Roma che, a leggere le statistiche, forse, è la capitale più sicura d'Europa e anche Ostia che tra i quartieri di Roma è uno dei più sicuri... diventano luoghi, per molti, invivibili.
La paura si diffonde tra la gente e con la paura l'irrazionalità! E le conseguenze sono gravi! Ci sono persone, anche anziane, che hanno paura a uscire di casa; che si sentono in mille modi minacciate; che arrivano a buttare le medicine ordinate dal medico…
E capita, anche, che la gente non mangi più certe cose perché tutto è inquinato... Ricordate la storia della "mucca pazza"? Nessuno mangiava più carne! E, più recentemente, la storia "dell'aviaria". Nessuno mangiava più pollo e si sono buttate tonnellate di carne!
I problemi ci sono e sono problemi reali, ma la paura li fa affrontare in maniera irragionevole. Tanta gente vive con ansia la vita di ogni giorno, ma... non è questa la cosa più grave!
Ci sono, oggi, molti ragazzi che non hanno più fiducia nel futuro, non hanno più speranza, non sanno progettare la loro vita, perché hanno paura del domani; paura di non trovare lavoro, paura che le risorse dell'umanità finiscano, ma... non è nemmeno questa la cosa più grave che si può rischiare!
Nel corso della storia la paura ha generato, spesso, il ricorso all'uomo forte; a colui che può risolvere tutti i problemi. Alcune delle dittature - pensate a Hitler e Mussolini - sono nate dall'insicurezza e dalla paura della gente!
Al tempo di Gesù la paura era grande, come avete ascoltato dal Vangelo di oggi; si diffondeva il timore di una catastrofe imminente, la paura attraversava il cuore di molte persone. Il Vangelo offre alle persone impaurite due immagini e una certezza.
Una immagine l'avete appena ascoltata, l'altra la potete leggere qualche frase prima, se aprite il Vangelo di Marco. Oggi è l'immagine della primavera... "Quando il ramo del fico si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina". E l'altra è ancora più forte: Marco parla dei "dolori del parto": nasce una nuova vita!
E poi la certezza... nell'ultimo orizzonte della storia non c'è il nulla, la violenza, la morte ma Gesù! E Lui l'ultimo traguardo, il punto d'arrivo della storia dell'uomo.
Il credente è uno che si porta dentro queste immagini di speranza, le "doglie del parto", "le foglie che spuntano, la primavera", la certezza che Gesù ha ragione...
Ed ecco, allora, un compito per noi: tentare di essere testimoni di speranza, anche per i ragazzi che ci crescono intorno.
Chi ha i capelli bianchi lo dica, lo ripeta, lo gridi...! Quando eravamo ragazzi, l'Italia era distrutta; c'erano macerie dappertutto, non c'era più niente! I nostri padri hanno avuto il coraggio di credere nel futuro, di costruire un mondo in cui ci fosse il benessere di cui, oggi, godiamo… forse, troppo.
Oggi vediamo spesso i nostri ragazzi impauriti, vivono la vita giorno per giorno, la passione sociale e politica in molti di loro è quasi a zero, rischiano di stordirsi con la musica, si riempiono il corpo di buchi e tatuaggi o, magari, corrono... - tenetela a mente, oggi, questa immagine - a Bracciano per vedere due che si sposano, soltanto perché hanno una faccia conosciuta e sono famosi! E lì, poi, non vedono niente!
È l'icona della disperazione! Contrapponete le immagini della speranza che il Vangelo ci offre! Ditelo... - voi che avete i capelli bianchi - ditelo ai ragazzi! Essere uomini significa avere il coraggio della speranza, essere credenti significa credere che Gesù ha ragione! Che le ultime parole del mondo non sono la violenza, la morte, la paura, ma la bellezza, la speranza, l'amore.
I problemi ci sono, è vero, e sono grandi! Li affidiamo ai giovani che crescono, ma vanno affrontati con la lucidità e la passione per la vita.
I problemi ci sono, ma il credente si porta dentro il coraggio della speranza, la certezza che l'ultima parola è Gesù, la Sua pace, la Sua libertà, la Sua gioia.
Il Signore ci aiuti
"II mio regno non è di questo mondo" CRISTO RE - 26 Novembre 2006
...Per questo son venuto nel mondo: Giovanni 18, 33-37
per rendere testimonianza alla verità".
Penso tutti sappiate che oggi è l'ultima giornata del ciclo della nostra preghiera. Domenica prossima sarà già Avvento, cominceremo a prepararci di nuovo al Natale.
E... - come succede da tempo - nell' ultima domenica ci viene presentata un'immagine di Gesù; quasi a riassumere il tempo della nostra preghiera: è l'immagine di Cristo Re.
Come avete ascoltato è un'immagine ambigua: Gesù dice a Pilato: "II mio regno non è di questo mondo". Cosa significa? Cosa vuol dire, in concreto, per noi, per la nostra fede? E poi, l'immagine del re, per noi che viviamo nel 2006, appartiene, ormai, più al folclore che alla storia... è una immagine molto sbiadita.
Ma, allora, quale immagine ci portiamo dentro? Qual è quella che più esprime la nostra fede? Chi è per noi Gesù? Se provassi a domandarvelo avrei risposte molto diverse...
Ecco, vorrei invitarvi a questa riflessione, partendo dalle immagini dei nostri artisti, in questo fortunato paese ne hanno fatte moltissime e splendide... ci vorrebbe qui uno schermo, ma non si può e allora fate appello alla vostra fantasia!
La prima immagine che vorrei proporvi è forse una delle più belle, è quella del Cristo nel Giudizio Universale di Michelangelo! L'avete presente? Immagine potente e splendida, ma, anche, un'immagine minacciosa, che sembra diffondere paura intorno a sé. Tutti sembrano timorosi del "giudizio" e della possibile condanna! Lui può mandarci all'inferno nell'ultimo giudizio! Là si esprime tutta la paura di Michelangelo: una paura che molti cristiani si portano dentro.
Per noi - per me, ma se ho esperienza, per molti di voi - questa immagine minacciosa di Gesù non appartiene più alla nostra sensibilità, alla nostra fede! L'inferno, a molti, appare un'idea assurda! Anche qualche autorevole personaggio della Chiesa ammette che "l'inferno esiste, ma può, anche, essere vuoto!".
Per noi l'idea di un castigo eterno è insopportabile! Ma se togliamo del tutto questa immagine di Gesù non rischiamo di lasciar cadere il senso dell'esigenza morale del nostro rapporto con Lui? Il Cristo in cui io credo non è Uno per cui tutto va bene! Esige da me passione per la giustizia, per il bene, per la vita; un concetto severo del male, una lotta implacabile contro tutto quello che sciupa la vita!
Qualcuno di voi, forse, preferisce un'altra immagine… se qualcuno viene dalla Sicilia, credo che abbia negli occhi l'immagine del Cristo "pantocrator", che riempie un'intera abside di stupendi mosaici: è il Signore della Storia, da cui tutto dipende! Ma non si rischia, affermando che tutto dipende da Lui, di togliere valore e senso alla libertà dell'uomo, al cammino, a volte, faticoso dell'umanità? Non si rischia di pensare che anche le leggi dello stato debbano seguire i precetti della Chiesa?
Qualcuno potrebbe preferire l'immagine del Crocifisso! Ce ne sono tanti, stupendi nelle nostre chiese! Molti di noi preferiscono questa immagine di Gesù: non il Signore potente, Colui che guida ogni evento della Storia, ma il "Servo sofferente", che viene a condividere con noi il cammino faticoso della vita, a sporcare i Suoi piedi nella nostra storia, a volte, violenta...
Ma chi ama questa immagine, non rischia di pensare che la sofferenza sia, in qualche modo, salvifica? Che dobbiamo accettarla come parte della nostra vita, anzi, cercarla perché ci rende meritevoli davanti a Dio? Non ci hanno detto, qualche volta, che se il bene non costa sacrificio non è vero bene? Che bisogna soffrire per essere graditi a Dio? Ma è accettabile questo? È accettabile l'immagine della Croce?
Quando ero parroco... - ormai cominciano a passare parecchi anni - le nostre catechiste volevano abolire il Crocifisso! Dicevano che è un'immagine violenta, che fa male ai bambini! Ma si può fare a meno del Cristo sofferente, della Sua umiliazione, del Suo partecipare ai bassifondi della storia? La sofferenza, il male, la violenza fanno parte della vita e, forse, anche i bambini debbono farci i conti!
Qualcuno, forse, preferisce un'altra immagine: la Trasfigurazione, per esempio! Avete negli occhi il quadro straordinario della Trasfigurazione di Raffaello ai Musei Vaticani? Gesù circonfuso di gloria, lassù sul monte... ma, a un certo punto, tutto scompare! Gesù invita i discepoli a tornare giù in mezzo alla gente! Lassù, sul monte, si corre il rischio di sentirsi sicuri di possedere la verità e, quindi, di giudicare gli altri che stanno giù nei bassifondi della Storia: non si può stare li, è una tentazione!
Ma, allora, quale immagine? E qualcuno di voi potrebbe domandarmi: "Ma dove vuole andare a parare, stamattina?". Vorrei dirvi soltanto due cose, illustrate, forse, da questi esempi... La prima è che ciascuno di noi deve essere pienamente convinto che Gesù abita "l'oltre", che qualunque immagine ci portiamo dentro è sempre imperfetta e limitata. La fede è, sempre, un cammino, una ricerca, per tentare di scoprire, sempre di più, il Volto di Gesù che ha aspetti diversi e non possiamo toglierne qualcuno. Occorre continuare a cercare Colui che abita "l'oltre" della nostra esperienza religiosa, a non contentarci mai di dove siamo arrivati, a non sentirci sicuri, a non giudicare gli altri, a non fare "eretici".
E la seconda cosa che vorrei dirvi è questa: ognuno di noi si porta dentro qualche aspetto della Dio e a noi non resta che ascoltarci; occorre il dialogo, il rispetto, sapendo che nessuno possiede la verità di Dio, nessuno possiede il volto di Gesù...! Siamo povera gente che Lo andiamo cercando e, possibilmente, cercando insieme... ascoltandoci, condividendo il cammino, rispettandoci, senza intolleranze, sapendo che ciascuno di noi si porta dentro un riflesso di "quell'oltre" in cui abita Dio!
II Signore ci aiuti a cercarLo ancora. Domenica prossima ricominceremo ad aspettare Gesù, a preparare il Natale.
Il Signore ci aiuti.