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OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2009-2010 - Vangelo di Luca
INDICE
I Domenica di AVVENTO - 29 Novembre 2009
II Domenica di AVVENTO - 6 Dicembre 2009
Festa dell'IMMACOLATA - 8 Dicembre 2009
III Domenica d'AVVENTO - 13 Dicembre 2009
IV Domenica d'AVVENTO - 20 Dicembre 2009
NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2009
SANTA FAMIGLIA - 27 Dicembre 2009
II Domenica dopo NATALE - 3 Gennaio 2010
EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2010
BATTESIMO del SIGNORE -10 Gennaio 2010
II DOMENICA del Tempo ordinario - 17 Gennaio 2010
III DOMENICA del tempo ordinario - 24 Gennaio 2010
IV DOMENICA del tempo ordinario - 31 Gennaio 2010
V Domenica del tempo ordinario - 7 Febbraio 2010
VI Domenica del tempo ordinario - 14 Febbraio 2010
I DOMENICA di QUARESIMA - 21 Febbraio 2010
II DOMENICA di QUARESIMA -28 Febbraio 2010
III DOMENICA di QUARESIMA - 7 Marzo 2010
IV DOMENICA di QUARESIMA - 14 Marzo 2010
V DOMENICA di QUARESIMA - 21 Marzo 2010
PASQUA di RISURREZIONE - 4 Aprile 2010
II DOMENICA di PASQUA - 11 Aprile 2010
III DOMENICA di PASQUA - 18 Aprile 2010
IV DOMENICA di PASQUA - 25 Aprile 2010
V DOMENICA di PASQUA - 2 Maggio 2010
VI DOMENICA di PASQUA - 9 Maggio 2010
ASCENSIONE del SIGNORE - 16 Maggio 2010
SANTISSIMA TRINITÀ - 30 Maggio 2010
SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO - 6 Giugno 2010
XI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO -13 Giugno 2010
XII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 20 Giugno 2010
XIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 27 Giugno 2010
XIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 4 Luglio 2010
XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 11 Luglio 2010
XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 18 Luglio 2010
XVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 25 Luglio 2010
XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 5 Settembre 2010
XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO -12 Settembre 2010
XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Settembre 2010
XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 26 Settembre 2010
XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 3 Ottobre 2010
XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 10 Ottobre 2010
XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 17 Ottobre 2010
XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 24 Ottobre 2010
XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 31 Ottobre 2010
TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2010
XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 7 Novembre 2010
XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 14 Novembre 2010
"Quando cominceranno ad accadere I Domenica di AVVENTO - 29 Novembre 2009
queste cose, risollevatevi e alzate il capo... Luca 21, 25-28. 34,35
È una delle notizie più sconcertanti che mi è capitato di ascoltare negli ultimi tempi - non so nemmeno se sia vera in tutti i suoi aspetti, mi fido poco dei giornali e dei giornalisti - la prendiamo come simbolo.
In un paese della nostra terra, si prepara un "White Christmas" un bianco Natale. Ma non è - come si potrebbe pensare - un Natale ricco di neve, magari anche artificiale, di luci, di colori, di feste, di mercatini... No! È un Natale senza "neri", senza gente di colore, senza stranieri... via tutti perché il "nostro" Natale sia Natale!
E a questa notizia non ne ho ascoltata accompagnata un'altra... che il vescovo del luogo avesse lanciato scomuniche o che i parroci si fossero riuniti per protestare: niente di tutto questo! Le scomuniche sono riservate alla pillola abortiva o ad altri fatti di questo genere. È solo un simbolo - vi ripeto - non so nemmeno se sia tutto realmente accaduto come l'ho letto, ascoltato alla radio.
Ma ci sono altri sintomi... pensate ai cori razzisti negli stadi; pensate a tanta intolleranza che sembra crescere in questo nostro paese.
Posso darvi un consiglio: molti di voi, - spero tanti, perché è un bel simbolo, un bel segno - preparerete il presepe quest'anno, bene! Quando verrà l'Epifania, il Re Magio - quello "nero" - coricatelo, mettetelo a dormire... il "sonno" della ragione, del rispetto, della tenerezza, dell'accoglienza; il sonno del rispetto per ogni uomo, che è essenziale per chi crede. E, poi, non dimenticate che il presepe è soltanto un simbolo. La religione non si può risolvere, soltanto, nel culto, nelle preghiere, nei simboli pur belli e necessari.
Il Vangelo di oggi ci invita a risollevarci e ad alzare il capo. Ciascuno di noi ha bisogno di essere - per quello che può - testimone di vita, di libertà, di rispetto verso gli altri, di accoglienza.
So che i problemi sono molto grandi e non si possono risolvere con formule. So che, forse, in questa nostra terra siamo diventati troppi e che i problemi andrebbero risolti, là, dove nascono, nei paesi dove c'è la fame e la miseria, ma sapete quanti pochi risultati abbia avuto il vertice della FAO che si è radunato per combattere, in qualche modo, la fame e la miseria del mondo.
So che dovrebbero preoccuparsi di questo, soprattutto, coloro che abitano in quelle terre lontane: ma dov'è la solidarietà? Dov'è la nostra testimonianza di sentirci, in qualche modo, cittadini del mondo, partecipi delle sorti di questa nostra terra e di quelli che ci abitano, partecipi della sorte dei bambini, degli "ultimi", di quelli che soffrono per malattia e per fame?
Ecco, essere cristiani non significa soltanto partecipare a dei riti, celebrare con gioia e festosità il Natale, preparare il presepe, rinnovare buoni sentimenti la notte di Natale... tutto questo è bello, va conservato con cura, ma se si limita a questo manca il cuore centrale del Vangelo: "Non è l'uomo fatto per il sabato, ma il sabato è fatto per l'uomo"!
Ogni cerimonia, ogni rito, ogni festa deve essere a servizio dell'uomo; deve portare nel cuore della gente il rispetto per l'altro, la tenerezza, l'attenzione per quello che si può fare, per quello che può fare ciascuno di noi... Forse possiamo dire solo parole; forse possiamo, soltanto, conservare vivo nei nostri ragazzi il coraggio della speranza, la voglia di andare avanti, il sentirci cittadini del mondo, partecipi delle sorti di questa terra...
È una terra malata, è una terra in cui si può gridare contro uno, soltanto, perché ha un colore diverso. È una terra in cui gli stadi si riempiono di violenza, in cui si può organizzare un Natale senza persone di colore. È una terra che rischia di diventare ingiusta.
E, allora, - ve lo ripeto - questo Natale "coricate" il Re Magio, quello di colore e fatelo vedere ai vostri bambini e spiegate perché lo avete coricato: è il "sonno" della ragione, il sonno della speranza, il sonno della tenerezza, il sonno dell'accoglienza.
Il Signore ci aiuti
"Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi II Domenica di AVVENTO - 6 Dicembre 2009
sentieri... Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!". Luca 3, 1-6
Se vi chiedessi: "Avete mai incontrato un profeta? Chi sono stati i profeti della vostra vita?", probabilmente la maggior parte di voi avrebbe difficoltà a rispondermi e, forse, a comprendere cosa vorrei sapere da voi.
Forse qualcuno - spero pochi - penserà a quando gli hanno letto la mano tentando di predire il futuro o a quella volta in cui gli hanno fatto le "carte" o a quel sogno premonitore... No! Non era questo il senso della domanda...
Oggi - forse lo avete notato - abbiamo incontrato diversi profeti: l'antico Baruc, Isaia e Giovanni Battista: tutti questi personaggi hanno tentato, in momenti difficili, di comunicare il coraggio della speranza... avete ascoltato Baruc: parla di un popolo che ha dovuto fuggire inseguito dai nemici verso l'esilio... un popolo disperato e l'invita a tornare con gioia: "Si semina nelle lacrime, ma si torna portando i covoni della festa".
Il profeta Isaia dice parole simili: "Preparate la strada perché viene il Signore" e, queste parole le riprende Giovanni Battista in un tempo terribile. Qualche volta lo dimentichiamo, pensiamo che i tempi antichi siano stati tempi sereni, in cui il mondo era pacifico. Il mondo non è stato mai pacifico, ma al tempo di Gesù, quando parlava Giovanni, era particolarmente drammatico.
Il Vangelo di oggi affida il ricordo di questo dramma a quel lungo elenco di persone - forse lo avete notato - che c'è all'inizio: Tiberio, Cesare il grande imperatore di Roma e, poi, Pilato - questo lo conoscete - quello che "si lava le mani" durante il processo di Gesù e, poi, i vari governatori della Galilea, piccoli tiranni locali... e, poi, i sommi sacerdoti, gente che ha corrotto il Tempio e parte della fede ebraica. È un momento drammatico per la vita religiosa, sociale, politica, economica. In questo mondo Giovanni annunzia: "Viene la salvezza, preparate le strade, abbassate le colline colmate le valli, preparate la strada per il futuro".
Ecco, allora, potrei cambiare la domanda... non più se avete incontrato o conosciuto dei profeti, ma: "Chi, nella vostra vita, vi ha aiutato ad andare avanti in un momento di sfiducia, di difficoltà, quando la speranza sembrava andarsene dal vostro cuore? Chi vi ha messo una mano sulla spalla invitandovi a camminare ancora, tentando di ridarvi fiducia? Chi vi ha aiutato a interpretare gli avvenimenti della vostra vita?".
Vedete, ripensavo nei giorni passati, a qualche cosa da dirvi e facevo per me questa domanda: "Chi mi ha aiutato in qualche momento difficile? Chi mi ha messo una mano sulla spalla? Chi mi ha aiutato a interpretare gli avvenimenti della mia vita?".
E mi sono sfilati davanti tutta una serie di avvenimenti e di persone.... È inutile che vi dica i nomi, non li conoscete: sono i "miei" profeti, quelli che in un momento difficile mi hanno ridato speranza; magari, dopo un esame andato male o in un momento di malattia o quando un amico mi aveva fatto un torto o quando passavo quei momenti difficili in cui tutto sembra buio, in cui non vedevo più niente... In certi momenti, poi, in cui ero incerto e non riuscivo a capire cosa succedeva, qual è il senso della vita, cosa si poteva fare, ho trovato degli amici capaci di aiutarmi.
A volte sono cose semplici: il sorriso di un bambino, il sorriso di una persona che ha molto sofferto e che, finalmente, ritrova la gioia di vivere.
Ecco questi sono i miei profeti e quali sono i vostri? Chiedetevelo stamattina! Credo che tutti voi - se siete qui - avete avuto la fortuna di incontrare qualche persona che vi ha aiutato in un momento difficile a ritrovare il coraggio della vita, la forza della speranza.
Tutti voi avete avuto qualche amico che vi ha aiutato a interpretare quello che succedeva, a capire che momento era quello che vivevate.
E, poi, ci sono i profeti che in qualche modo sono comuni. Nella vita di molti di noi è stato importante un uomo come Gandhi, un profeta della libertà, un testimone della vita, della non violenza, del desiderio di pace.
Per molti di noi è stato importante Martin Luther King: ci ha invitato a portare un "sogno" nel cuore: "Io ho un sogno"... E qualcuno di voi... - ma pochi, perché spero che qui non ci siano persone sconsiderate - può dire: "Ma questi non sono... Gandhi non è nemmeno cristiano. Luther King non è certo cattolico". E che importa? Sono i nostri profeti, sono questi che in questo nostro tempo ci hanno ridato il coraggio della speranza, ci hanno aiutato a conservare i sogni nel cuore...
Ma se volete venire ai cattolici pensate a Papa Giovanni: in un momento difficile della Chiesa ci ha ridato il coraggio del sorriso; ci ha tolto dal cuore la paura di Dio; la paura di guardare al futuro... Era un uomo di fede, aveva fede e significa che non aveva paura. Non aveva paura del dialogo, delle persone che parlano e si confrontano. Aveva il coraggio di guardare negli occhi i bambini. Aveva fede, fede in Dio e nel futuro.
O pensate... - per molti di noi è stato un maestro straordinario - a Don Milani... o a Madre Teresa di Calcutta... l'elenco si potrebbe allungare quanto volete. Tanti personaggi, più o meno importanti, che nel corso della vita sono stati per noi testimoni di luce, di libertà, di verità, di tenerezza: ecco i profeti!
E, allora, adesso, occorre fare un passo avanti perché nel giorno del Battesimo tutti noi - io, e tutti voi - siamo stato consacrati "profeti". A tutti noi è stato affidato il compito - allora eravamo bambini e non capivamo niente - di tentare di vivere il nostro Battesimo e di essere "profeti".
Non pensate a cose difficili... dobbiamo tentare di fare anche noi quello che qualcuno ha fatto per noi: aiutare chi ci sta accanto a ritrovare la speranza, a interpretare la vita, a conservare i sogni nel cuore.
Il profeta è un uomo molto concreto. Un uomo che accanto a noi, nella vita di ogni giorno, ci aiuta a capire... ed è il mio e il vostro compito. Qualcuno potrà dire: "Ma è un compito molto difficile!". Sì, è difficile! perché viviamo momenti cupi. Momenti in cui a molti ragazzi manca il coraggio della speranza... si disperdono nello stordimento, addirittura, qualche volta nel vino o nelle droghe. Hanno bisogno di interpretare la vita, di capire quale può essere la strada per il futuro, senza troppe parole, senza troppe manifestazioni, senza troppi clamori.
Ciascuno deve essere aiutato a conservare nel cuore la voglia di vivere, di andare avanti, il coraggio della libertà... ed è compito di ciascuno di noi: possiamo essere noi i profeti, oggi, per chi ci sta accanto.
Il Signore ci aiuti
"...concepirai un Figlio, lo darai alla luce Festa dell'IMMACOLATA - 8 Dicembre 2009
e lo chiamerai Gesù". Allora Maria disse: Luca 1, 26-38
"Eccomi, sono la serva del Signore... "
La festa di oggi pone domande a cui ho dovuto tentare di rispondere infinite volte nel lungo cammino della mia vita; domande che nascono dal lento progresso dell'uomo. Sono passati più di duemila anni da quando sono state scritte queste parole ed è cresciuto il senso della responsabilità, della dignità, della libertà dell'uomo. Non è semplice, per noi, comprendere il senso di certe parole che usavano gli antichi.
Vedete, le prime domande vengono dal peccato originale. Perché io debbo portare le conseguenze, il peso del male di chi mi ha preceduto, di persone che sono vissute, addirittura, milioni di anni fa? Come un bambino che nasce può essere segnato da una colpa, da un peccato? Dal peccato che lo rende incapace di incontrare Dio?
Voi sapete che un tempo si parlava del Limbo, cioè di uno spazio senza sofferenza e dolore, ma in cui non si può nemmeno incontrare la luce e la gloria di Dio; questo perché il bambino nasce segnato dalla colpa.
Come è possibile? Come può un bambino portare il peso di un peccato che non è suo? È una domanda che mi sono sentito rivolgere tantissime volte e, forse, è anche la vostra domanda!
E, d'altra parte, se Maria è stata liberata da questa colpa, se non poteva, quindi, in nessun modo peccare, che merito ha? Anche io, anche tutti voi, se non avessimo potuto in nessun modo peccare, forse, non avremmo fatto tanti sbagli che - almeno io - abbiamo fatto. Che merito ha chi non può peccare? Non è forse privato della libertà?
Come possiamo tentare di rispondere alle tante domande che questi discorsi presentano? Tento di dirvi quello che ho capito nella maniera più semplice possibile!
Gli antichi sono convinti - ed è una convinzione che cresce lentamente - che io e tutti voi portiamo, sì, le nostre responsabilità, ma non siamo responsabili di tutto il male del mondo! Per essere semplici: un bambino nasce innocente, non ha fatto nulla di male, ma non nasce in un mondo innocente. Nasce in un mondo profondamente segnato dall'egoismo, dalle colpe, dalla violenza di coloro che lo hanno preceduto. Il male è quasi rotolato nel corso della storia e un bambino che nasce è circondato dalla violenza.
Io - per esempio - sono nato nel 1937, stava per scatenarsi nell'Europa la più grande tragedia, forse, dal tempo di Adamo ed Eva. Non era colpa mia, non era colpa di nessuno che nasceva con me; noi eravamo innocenti, ma il mondo in cui siamo nati era profondamente segnato dal male e, contro questo male, noi eravamo invitati a combattere, a superarlo, ad andare oltre. Questo è - per quello che ho capito io - il senso del peccato originale: ogni bambino che nasce si trova a confrontarsi con il male, si trova a confrontarsi con le colpe dell'umanità, con l'ingiustizia, la violenza, l'inquinamento... qualcuno arriva, addirittura, a dire che questo male si è stratificato nei cromosomi, negli istinti che segnano la vita...
E, d'altra parte, Maria, è veramente stata liberata da ogni possibilità di peccare? e che merito ne ha, allora? Anche lei è vissuta in un mondo segnato dal peccato. Anche lei ha dovuto affrontare l'ostilità e la diffidenza degli altri quando si è trovata incinta senza essere sposata. Ha dovuto partorire il suo Figlio in una capanna, rifiutata da tutti. Anche lei è stata chiamata - come ogni uomo, come me e come voi - a dire il proprio: "Sì" a Dio. È quello che ci ha presentato il Vangelo di oggi!
Maria ha saputo accogliere il progetto di Dio nonostante le difficoltà, i problemi: "Devi diventare madre...". "Come è possibile...?" E, poi, quando l'Angelo insiste: "Eccomi, sono la serva del Signore"… Come il Figlio che dirà: "Non sono venuto per essere servito, ma per servire e donare la mia vita". Così anche lei è la "serva" che mette la sua vita a disposizione degli altri, a disposizione nostra. Se avesse detto il suo: "No" non poteva nascere il Figlio, il fratello della nostra vita, il Signore.
È il contrario di Eva. Eva voleva diventare come Dio, voleva essere "signora" di tutto, insieme ad Adamo. Volevano mettersi al posto di Dio, regolare secondo il proprio comodo il bene e il male. Maria si fa, invece, disponibile al progetto dell'amore, della libertà che viene da Dio: "Vuoi...?". "Sì, voglio, eccomi sono la serva del Signore".
Vedete, allora, Maria diventa il modello del cristiano, il modello mio e anche vostro. Tutti noi, quando siamo nati, eravamo totalmente innocenti. Intorno a noi il mondo era pieno di tanti segni del male... poi, ce ne abbiamo messo un po' anche del nostro!
Se vogliamo essere credenti, dobbiamo anche noi, come Maria, tentare di combattere il male, di andare oltre… e non basta non fare il male, occorre tentare di fare il bene; occorre tentare di generare, concretamente, Gesù. Noi non possiamo avere come figlio Gesù, ma far crescere i Suoi valori, il Suo senso della vita, il Suo servizio, la Sua generosità, la Sua tenerezza: questo è il compito di ciascuno di noi e Maria diventa il modello.
Anche lei probabilmente poteva sbagliare e peccare, ma non lo ha fatto, perché ha avuto il coraggio di dire il suo: "Sì" a Dio. Un "Sì" totale, generoso e per questo sì noi, anche oggi, possiamo celebrare Gesù, spezzare il Suo pane, nutrirci di Lui: è il dono che ci ha fatto Maria, mettendosi a disposizione della vita, dicendo: "Eccomi, sono la serva del Signore". Anche noi, come lei tenteremo di esserlo. Non è facile.
Il Signore ci aiuti
le folle interrogavano Giovanni. III Domenica d'AVVENTO - 13 Dicembre 2009
"Che cosa dobbiamo fare?"..... Luca 3, 10-18
Vi sono delle prediche che sono relativamente facili, delle prediche difficili e delle prediche impossibili: non si possono fare... anzi non si debbono fare. Vedete, oggi, la tentazione sarebbe quella di rispondere alla domanda che fanno a Giovanni Battista; domanda che, forse, tutti noi ci portiamo nel cuore: "E, noi, che cosa dobbiamo fare, che cosa possiamo fare?".
Io non posso rispondere a questa domanda perché dovrei rispondere personalmente a ciascuno di voi e se lo facessi - per quello che ho capito - farei un peccato, mi sostituirei alla vostra coscienza. A questa domanda può rispondere solo ciascuno di noi, personalmente, interrogandosi seriamente su cosa è bene e cosa è male, su quali sono concretamente le proprie possibilità.
Vedete, nel Vangelo di oggi c'è - secondo me - una cosa molto curiosa... Delle tante parole che avrà detto, la comunità di Luca (e solo la comunità di Luca perché questa pagina è solo nel Vangelo di Luca) mette in bocca a Giovanni Battista qualche risposta a questa domanda... ma sono risposte che riguardano gli altri...
Nella comunità di Luca non c'è nessuno che ha due tuniche, tutti stentano ad averne una. Non ci sono esattori delle tasse, non ci sono soldati e, quindi, le risposte riguardano gli altri e a dare risposte per gli altri siamo tutti abbastanza capaci, ma se vogliamo essere persone serie, dobbiamo tentare di dare risposte per noi.
Qualcuno può dire: "Ma ce le potrebbe dare Gesù?" No, nemmeno Lui! Nel Vangelo di Luca, qualche volta, vanno da Gesù a porgli la domanda: "Che dobbiamo fare?". Arrivano due fratelli che litigano per un'eredità e gli chiedono: "Chi dei due ha ragione...?". E Gesù: "Uomo, chi mi ha costituito giudice sopra di voi?" Altre volte, rimprovera i Suoi discepoli perché sanno capire lo stato del tempo: se piove o se viene il sole, ma non sanno giudicare la situazione in cui vivono... "Perché - dice una volta - non riuscite a capire da voi stessi quello che è buono?". Vedete, Gesù, si rifiuta di rispondere alla domanda: "Io cosa debbo fare?" È compito mio!
Purtroppo, chi di noi ha i capelli bianchi è stato educato in una religione in cui dall'altare, spesso, i sacerdoti - ma anche tutta la comunità cristiana - cedevano alla tentazione di dire cosa dobbiamo fare. Ricordate a cosa si riducevano le prediche?: alla lunghezza delle maniche o delle gonne, a quello che si doveva o non si doveva fare nell'intimità della camera nuziale, a tutti i riti che bisognava osservare, ai digiuni, quanto dovevano essere lunghi, quante volte bisognava confessarsi... insomma, siamo stati educati a una morale fatta di piccole regolette.
Avete mai pensato, seriamente, alle conseguenze di una simile educazione? Sono assolutamente tragiche e, forse, faremmo bene tutti a ricordarcelo! Se l'uomo è educato con le regolette della morale non è capace di capire quello che succede, di giudicare il tempo in base ai valori importanti che dovrebbero animarlo.
Il secolo scorso, ha conosciuto tragedie immense, ma tra queste, una ci dovrebbe riguardare particolarmente: la maggior parte dei cristiani in Italia e in Germania non hanno capito la gravità del nazismo e del fascismo e a quale immenso pericolo si andava incontro, a quali tragedie avrebbe condotto l'incapacità di giudicare il tempo…
E si rinnova oggi! Se volete capire qualche cosa dell'educazione cristiana leggete in questi giorni attentamente i giornali! La regione che sembra essere la più cattolica, quella in cui la maggior parte dei cristiani va ancora a Messa, molti fanno la Comunione… è la regione più xenofoba, più razzista che c'è in questo paese: il Veneto. Quelli che sembrano i più "cattolici" sono diventati i più razzisti e dicono i giornali che si possono ascoltare prediche in cui il parroco invita gli stranieri ad andarsene perché i cristiani possano celebrare il "loro" Natale in pace.
Vi rendete conto dove conduce il dramma di un'educazione in cui si è abituati ad ubbidire, a chinare la testa, a seguire regolette senza pensare, senza porsi i problemi veri della moralità?
Tentare di capire è essenziale oggi per tutti noi, soprattutto per i più giovani, perché viviamo un tempo di cambiamenti molto profondi e siamo chiamati ad affrontare grandi problemi morali... Si discute, sull'inizio della vita, sulla morte, sul testamento biologico. Si discute di trapianti, di cellule staminali. Si discute di inquinamento di riscaldamento globale. In questo paese si discute del senso dello Stato, della giustizia... Siamo stati abituati a pensare a questi problemi? A tentare di non lasciarci influenzare dall'ultimo che parla, di non lasciarci condizionare dalla mentalità comune?... La mentalità comune ha portato ai campi di concentramento! La maggior parte della gente aderiva al nazismo, al fascismo! Perché i cristiani non erano abituati a pensare, a capire i problemi della vita; a chiedersi cosa è giusto, cosa è sbagliato in base alla propria sensibilità, alla propria coscienza, ai valori essenziali del Vangelo e della fede
Occorre anche l'aiuto degli amici, di gente che può cercare con noi qual è la strada del bene, dei valori importanti, ma ricordatevi, nessuno - ve lo ripeto - nessuno su questa terra può dirvi che cosa dovete fare! Non c'è né Papa, né vescovo, né prete - e tanto meno io che vi parlo - che possa essere in grado di dirvi: "Tu devi fare questo!"
Se, per esempio, dicessi a qualcuno di voi: "Devi occuparti dei grandi problemi del mondo" e mi rispondesse: "Ma io, in casa, ho una persona molto malata, perché mi parli di questi problemi?". È chiaro che se avete in casa un malato dovete dedicarvi a lui e non potete occuparvi del riscaldamento globale! Sono cose che riguardano altri… e ciascuno di voi ha i suoi problemi, la sua situazione e deve tentare di rispondere concretamente alla domanda: "Io che posso fare?".
Debbo tentare di affrontare da me i problemi della moralità. Posso tentare di confrontarmi con gli amici, di camminare insieme, di cercare insieme. Debbo tentare di difendermi dalla televisione, dai giornali, da quello che ascolto... Non posso, non voglio, non debbo tentare di difendermi dagli amici; da quelli che, come me, cercano; da quelli che, come me, camminano. Sono cattolico: ho bisogno degli altri, di dialogo vero, ma rimane il problema che ciascuno di noi pensi con la propria testa e sappia affrontare in qualche modo i grandi problemi del mondo, almeno, con il pensiero, con la riflessione, parlando con gli altri, tentando di educare i piccoli.
È importante che ciascuno di noi tenti di rispondere concretamente alla domanda: "Cosa debbo, cosa posso fare in questo momento concreto della mia vita?". E sarà una risposta diversa per ciascuno di noi. Ognuno ha la sua risposta e dobbiamo tentare di cercarla con passione dando spazio al "fuoco" che Gesù ha promesso di metterci nel cuore.
"Lui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco". Ecco il "fuoco" della giustizia, della verità, il fuoco della passione del bene, dell'amore... Se lo abbiamo dentro, allora, sarà un po' più facile rispondere alla domanda: "E, io, cosa posso fare?".
Il Signore ci aiuti
...Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di IV Domenica d'AVVENTO - 20 Dicembre 2009
Maria, il bambino sussultò nel suo grembo... Luca l, 39-45
In un mondo che ci appare sempre più complicato e confuso, in cui la comunicazione, ormai, è globale e ci troviamo attraverso la televisione, la radio, i giornali, davanti tutti i grandi problemi del mondo e siamo quasi storditi dalla complessità della situazione umana: la fame, la guerra, l'inquinamento, il riscaldamento... In una Chiesa in cui sembra che si preferiscano le grandi riunioni di massa, là, dove accorrono migliaia di persone; in una Chiesa che sembra amare, soprattutto, le apparizioni, le visioni, i prodigi, i miracoli... è bello ritrovare la semplicità del Vangelo!
Con gli occhi della vostra fantasia cercate di guardare la scena che il Vangelo di Luca ci propone. Non sappiamo nemmeno se sia realmente accaduta così come la leggiamo, non ha importanza!
Due donne si incontrano, tutte e due incinte. Una ormai avanti con gli anni, è per lei la prima volta: emozioni, trepidazioni, paure, ansia, speranze... Maria è, invece, molto più giovane, anche per lei è la prima volta, è proprio all'inizio della sua gravidanza. Forse le prime nausee, il primo avvertire dentro di sé una vita che nasce e cresce.
Si incontrano in un piccolo, sperduto paese. Nessuno assiste a questo loro incontro. Si abbracciano: le confidenze, i racconti, il comunicarsi l'un l'altra le emozioni, le ansie, i sentimenti, forse, lo smarrimento.
Maria è arrivata da lontano, ha dovuto fare un lungo viaggio. Lei ha avuto, poco tempo prima, dall'Angelo il grande annunzio che diventerà la madre del Signore, ma sembra aver capito una sola cosa: sua cugina - ormai anziana - è già al sesto mese della sua prima inaspettata gravidanza. Forse può avere bisogno di lei e parte incurante del rischio, dei pericoli di un viaggio che durava giorni a quel tempo - è distante Nazareth dalla Giudea - forse su un asino, forse a piedi...
Va, però! Va perché pensa che sua cugina abbia bisogno di lei, senza nemmeno domandare, forse, senza nemmeno sapere. Va e si incontrano ed è un momento di stupore, di meraviglia, di confidenze; ed è un momento di fede, in cui Elisabetta può dire: "Beata te che hai creduto".
Ecco, è la fede che anima queste due donne che le spinge ad incontrarsi, è l'accoglienza, è lo stupore, è la meraviglia. Questa esultanza, questa meraviglia, questo stupore - avete ascoltato - in maniera mirabile sono affidati, addirittura, al bambino che cresce nella pancia di Elisabetta.
È lui che esulta, che sussulta di gioia, per quello che sta accadendo: Dio fa irruzione nel mondo e non si può che accoglierlo con occhi stupiti e meravigliati! Quegli occhi che cercheremo di ritrovare la notte di Natale: l'esultanza, la gioia di Natale!
Ma quando dico queste parole ho sempre un po' di timore! Parlare di gioia e di esultanza a una assemblea composta di tante persone è sempre causa per me - da qualche tempo - di un po' di sgomento, perché può esserci tra voi qualcuno che vive un momento difficile della vita, in cui l'esperienza umana appare assurda e crudele, in cui ogni speranza sembra essersene andata. Se il dolore accompagna il Natale come possono esserci la gioia, l'esultanza? Cosa poter dire a quelli di voi che possono trovarsi in una situazione del genere?
Ricordate, il Natale è la celebrazione di Dio che viene a condividere la nostra vita, che si fa carne in mezzo a noi, ma nasce in una capanna e finirà su una croce. Dio viene a condividere la nostra vita, nei bassifondi della storia, viene a condividere il dolore, la sofferenza di chi piange, non è il Dio con la bacchetta magica che viene a risolvere i nostri problemi, ma che ci cammina accanto.
Se c'è intorno a voi qualcuno che quest'anno non può provare l'esultanza, la gioia, lo stupore di Natale... Se c'è qualcuno che vive, invece, un momento di depressione, di ansia, un momento in cui la vita sembra assurda e crudele, provate a mettergli la mano sulla spalla, tentate di condividere la fede che Dio è con noi: Gesù è venuto a camminarci accanto, a condividere le nostre lacrime. È il "partire" che ha fatto Maria, il mettersi al servizio, l'accoglienza…
Tutti quelli di noi che possono conservino, in questo Natale, tutta la capacità di stupirsi, di meravigliarsi del progetto di Dio: è la fede! Fede che non è credere in qualche visione, in qualche apparizione, in qualche prodigio, in qualche miracolo... credere è accogliere un Bambino che nasce, un cucciolo d'uomo che viene a condividere la nostra vita… e in quel Bambino si manifesta Dio, la Sua vicinanza al nostro cammino, il Suo condividere la strada degli uomini, strada, a volte, affannata, a volte, ansiosa.
Un Dio che viene nell'intimità della nostra famiglia, della nostra casa, nelle cose semplici di ogni giorno. Davanti ai grandi problemi del mondo, davanti a tutto quello che ascoltate, ricordatevi di queste donne che s'abbracciano, si incontrano, si comunicano le loro ansie, le loro preoccupazioni, i loro sentimenti, le loro speranze, le loro emozioni, la loro fede.
Ecco, Natale può essere questo! Una speranza, un'emozione, un gesto di tenerezza, un gesto di accoglienza, un cammino fatto insieme nell'intimità della nostra vita di ogni giorno, della piccola vita quotidiana che, poi, è un aspetto importante del nostro cammino sulla terra.
Il Signore ci aiuti
…Vi annuncio una grande gioia, che NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2009
sarà di tutto il popolo: oggi nella città Luca 2, 1-14
di Davide è nato per voi un Salvatore,
che è Cristo Signore.
Vi inviterei a fare con la fantasia il giro del mondo per contemplare - almeno un po' - tanta gente che come noi è riunita intorno alla culla del Bambino che è nato per noi.
Potete cominciare - se volete - dalla Basilica di San Pietro dove, stanotte, erano riuniti insieme con il Papa, cardinali, vescovi di ogni genere… folla numerosa, grandi musiche, solenni cerimonie, ma, forse, vi conviene partire da qui, da questa chiesa piccola e semplice, senza troppa solennità, ma, forse, con più autenticità.
E da qui possiamo girare per il mondo; lassù verso il nord dove il gelo stringe la vita degli uomini, dove è difficile circolare perché ci sono metri di neve. Anche lì ci sono le grandi cattedrali della tradizione cristiana, ma anche chiese semplici, più piccole di questa.
Poi potete andare verso il Canada e scendere negli Stati Uniti tra i grandi grattacieli di New York o di Chicago, ma visitate anche i ghetti dei neri, degli ispanici… anche lì chiese e della gente intorno alla culla a contemplare Gesù.
Scendete nel sud del mondo dove il Natale è diverso. Andate, con la fantasia, nelle favelas di Rio de Janeiro o di San Paolo… un caldo soffocante, umido, la gente gronda di sudore.
Potete spostarvi nell'Africa dove il sole spacca la terra; dove si aspetta con ansia la pioggia: non piove da mesi. Chiese che sembrano capanne, con un tetto di paglia, qualche asse… anche lì c'è gente intorno a quella culla.
Potete andare anche nell'Oriente: visitare la grande India, un continente. Anche lì ci sono molte comunità cristiane, anche lì in maniera un po' diversa con altri canti, altri suoni, altri riti si celebra il Natale. Salite anche in Cina, c'è qualche comunità che tenta, quasi di nascosto, di celebrare la nascita di Gesù.
E la Russia, i grandi paesi del Nord… poi ci ritroviamo qui, per guardarci negli occhi e per immaginare gli occhi tutta questa gente, sparsa in ogni angolo della terra… qualche occhio è inumidito, è la commozione del Natale!
Ma guardate più attentamente: è tanta gente che si porta nel cuore desideri di pace, fame di giustizia, voglia di libertà, di tenerezza, di affetto, una speranza di vita che sia veramente condivisa, che sia più giusta, più bella, più libera… tanta gente…!
E sono tutti riuniti intorno ad un cucciolo d'uomo appena nato, forse, ancora sporco del sangue della Sua mamma. Non può che gridare la Sua voglia di vita e ci tende le mani inermi, indifese. Non potete chiedere nulla ad un bambino appena nato, non possiamo chiedere nulla a Natale!
Quel Bambino crescerà, proclamerà "Beati i miti, i misericordiosi", la gente che opera la pace, quelli che vivono la tenerezza.
Ma non affrettatevi a voler vederlo crescere, ad ascoltare le Sue parole. Prima delle parole, prima dei gesti, prima dei fatti c'è "l'esserci". L'essere con noi, il condividere la vita… e in quel Bambino è Dio che viene a condividere il nostro cammino di uomini; cammino, a volte, affannato, tribolato… in cui ancora c'è la guerra, la fame, la violenza, la miseria...
Potete anche sognare che quei desideri che animano noi e tanta gente nel mondo diventino concreti, si trasformino in gesti, in atti… ma, non affrettatevi a pensare a ciò che si potrebbe fare.
Guardate, con gli occhi della fantasia, questa moltitudine immensa: non siamo soli! Siamo insieme a tanta gente in ogni parte del mondo, gente che non fa rumore e il cui nome non ascolterete, certo, stamattina, aprendo la radio o la televisione, ma sono milioni, miliardi di persone che, come noi, si portano sul cuore desideri di giustizia e di pace, voglia di libertà e di vita, desiderio di amore, di tenerezza, di affetto… tanta gente come noi in ogni angolo della terra.
Non siamo soli, ma c'è di più! Non siamo soli perché c'è Dio con noi. Si è fatto carne per camminare con noi per le strade del mondo, per condividere la nostra vita: Dio con noi per sempre.
..."Perché mi cercavate? Non sapevate che io SANTA FAMIGLIA - 27 Dicembre 2009
devo occuparmi delle cose del Padre mio?"... Luca 2, 41-52
In questi giorni - lo sapete - si mangia troppo e si rischia un po' di indigestione. Quello che forse non sapete è che una delle indigestioni più pericolose è quella di prediche, quindi, se bisogna cercare di mangiare leggero, chi predica dovrebbe cercare di essere il più leggero possibile.
Cerco di farlo leggendovi qualche verso del Belli. (Per quelli tra voi che sanno un po' di dialetto romanesco un consiglio per l'anno nuovo: leggete qualche sonetto del Belli, è molto meglio di tanti articoli sui giornali) Questi versi concludono tre sonetti che il Belli dedica alle "nozze di Cana", in cui - come sapete - Gesù risponde piuttosto bruscamente alla Madonna quando gli chiede di fare qualcosa perché manca il vino:
"specchiateve in Gesù, che pe quer vizzio
de risponne alla madre in sta magnera
Dio permesse ch'annassi in precipizzio"
È molto simile a quella barzelletta che molti di voi conoscono, ma che conviene ripetere perché oggi è proprio l'occasione...
C'era un papà che cercava di educare il proprio figlio mostrandogli sempre Gesù come modello ed esempio: "Gesù era ubbidiente, faceva tutto quello che dicevano il papà e la mamma". Il giorno della festa della Santa Famiglia il bambino va in chiesa e ascolta la pagina del Vangelo che abbiamo appena letto, torna a casa e dice al padre: "Tu mi dici che Gesù è stato sempre ubbidiente, ma a dodici anni ha lasciato i genitori, è rimasto a Gerusalemme da solo e quando l'hanno trovato ha pure risposto male". Il papà lo guarda un po' interdetto poi si volge verso il crocifisso: "Vedi, però, che fine ha fatto!".
Questo succede quando si prende come modello - e molti cristiani amano farlo - la famiglia di Nazareth. Avere modelli in un mondo che cambia è pericoloso, oggi, forse, più che in altri tempi, perché il mondo cambia vertiginosamente.
Tenterei di mettervi in guardia da qualche rischio che corrono oggi le nostre famiglie. Uno dei pericoli - secondo me - è quello di rinchiudersi nel proprio guscio: il mondo si è fatto troppo vasto e complicato e ci mette un po' di paura e, allora, la salvezza - ce lo ripetono quasi tutti i giorni le autorità della Chiesa - è nella famiglia.
Una famiglia protetta, che magari si affida alle scuole, alle istituzioni cattoliche, alle parrocchie… e non ci si rende conto che, così facendo, si rischia di soffocare la famiglia, di aver paura degli altri, degli stranieri, dei "diversi", di pensare che il mondo sia sempre più brutto e cattivo… un ragazzo che cresce dovrebbe invece coglierne tutte le potenzialità, aprirsi a questo mondo, tentare di comprenderlo, di viverlo, di occuparsi dei problemi che incontrerà nel suo futuro.
Un altro pericolo che - secondo me - si corre oggi, e non poco, riguarda l'educazione dei figli... nella maggior parte delle famiglie moderne ci sono uno, due bambini che sono supercoccolati e protetti e spesso si crea un meccanismo - a mio avviso - perverso: molti genitori, sia il papà sia la mamma, lavorano dalla mattina alla sera, quando ritornano a casa i bambini, senza accorgersene -sono atteggiamenti inconsci - cercano di farglielo pesare: "M'hai lasciato solo tutto il giorno, ti sei occupato di altro..." e i genitori, sentendosi in colpa, cercano di fare tutto quello che vogliono i bambini, cercano di assecondarli in ogni cosa, magari di riempirli di doni e così i figli rischiano di crescere malamente. Si sentono protetti sempre e comunque.
In questi ultimi anni ho ascoltato tante volte dei maestri, degli insegnanti anche di scuole superiori, lamentarsi perché i genitori difendono sempre e comunque i loro figli. Chi - come me - ha i capelli bianchi ricorda che quando eravamo ragazzi, se tornavamo a casa e dicevamo che il maestro ci aveva rimproverato e ci aveva punito... pigliavamo "l'aggiunta". Adesso un ragazzo che torna a casa e dice: "Il maestro m'ha trattato male", rischia di vedere i genitori partire inferociti per andare a denunziarlo.
E si rischia che i nostri ragazzi diventino sempre più insofferenti e intolleranti verso ogni autorità, ogni regola, ogni legge e, poi, i primi a pagarne le conseguenze sono proprio i genitori.
Sono rischi che si corrono quando si ha un modello ideale e astratto di famiglia. Oggi, poi, ci sono tanti tipi di famiglia: ci sono bambini che hanno tre o quattro padri, due o tre madri... le famiglie unite sono ancora la maggioranza, ma ce ne sono tante che sono divise; ragazzi che debbono confrontarsi con adulti diversi, con vari tipi di genitori, che a volte, arrivano ad usare i bambini come arma.
Troviamo famiglie di culture diverse; ci sono coppie formate da due soli uomini o da due sole donne... non servono le regole, i modelli, i precetti, le leggi... serve l'intelligenza che cerca di capire, situazione per situazione, cosa è giusto, cosa, invece, non va; cosa contribuisce al benessere, alla libertà, alla pienezza di vita di un uomo.
Vedete, la famiglia di Nazareth, se la prendete come modello è una famiglia un po' strana: due sposi che non sono sposi totalmente; un Figlio che viene da un'altra dimensione, non è figlio del padre. Un Figlio che quando ha dodici anni già si allontana dai genitori e, poi, più grande abbandona tutti, senza che gli altri lo capiscano. La madre insieme ai parenti va a cercarlo, pensando che sia diventato matto; rimangono fuori la porta… dicono a Gesù: "Qui fuori ci sono tua madre...". "E chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Questi che fanno la volontà di Dio sono, per me, fratelli, sorelle e madre".
E che famiglia è questa? Che modello di famiglia? O, forse, è un modello in cui un ragazzo cresce seguendo il suo progetto; cercando di andare al di là delle regole, delle abitudini tradizionali, tentando di capire cos'è il mondo, cos'è la vita.
Ricordatevi sempre - se ho capito qualcosa - nel centro del Vangelo è scritto che "non è l'uomo fatto per il sabato, ma il sabato è fatto per l'uomo". L'uomo non è fatto per le regole, per i modelli, per i criteri assoluti: tutto questo serve solo se aiuta l'uomo a crescere libero e sano.
Non è facile, lo sappiamo tutti, ma non abbiamo altra strada che quella di pensare, di farci domande, di guardarci intorno, di tentare di capire!
Il Signore ci aiuti.
Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio II Domenica dopo NATALE - 3 Gennaio 2010
unigenito, che è Dio ed è nel seno Giovanni 1, 1-18
del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Tra le solenni parole che abbiamo appena ascoltato, che sono l'inizio del Vangelo di Giovanni - e secondo i commentatori appartengono ad un antico inno della comunità che si riconosce in Giovanni - vorrei attirare la vostra attenzione sulle ultime: "Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato". In Gesù di Nazareth - per parlare con parole più semplici - noi possiamo toccare con mano, fare qualche esperienza della Luce inaccessibile di Dio, "dell'oltre" in cui Lui abita.
Noi credenti sappiamo qualche cosa di Dio, intuiamo qualcosa di Lui attraverso l'esperienza di Gesù, attraverso le Sue parole, i Suoi simboli, le Sue parabole, i gesti della Sua vita.
Sembra semplice! Eppure pensate alla vostra esperienza... Come abbiamo conosciuto Dio? Ricordate le rispostine del catechismo?: "Chi è Dio?". "Dio è l'Essere perfettissimo, creatore e Signore del cielo e della terra". Vedete, nessun riferimento a Gesù di Nazareth! Dio è l'Essere perfettissimo! Forse un riferimento a Platone, a Plotino, alle grandi parole della filosofia greca, ma non a Gesù di Nazareth. Oppure, nel Credo della Messa: "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre...". Ci hanno insegnato a pensare a Gesù credendo di sapere chi fosse Dio: Dio può tutto e, quindi, Gesù può tutto; Dio sa tutto e, quindi, Gesù sa tutto; Dio conosce ogni cosa e, quindi, Gesù conosce ogni cosa; Dio giudica ogni uomo e, quindi, Gesù giudica ogni uomo.
Molti di noi, quando eravamo bambini - purtroppo alcuni anche da grandi - ci siamo sentiti giudicati da Gesù. Abbiamo pensato - quando eravamo bambini, qualcuno anche da grande - che Lui potesse salvarci dai nostri mali, e risolvere i nostri problemi... Quando ero ragazzo pensavo che Gesù potesse farmi andar bene in matematica (non studiavo la matematica, mi era antipatica) perché Gesù poteva tutto, poteva farmi prendere un bel voto... prendevo sempre quattro: è la logica conseguenza di chi non studia! Ma mi avevano detto che se mi fossi rivolto a Gesù con grande devozione, forse, Lui poteva aiutarmi… non a studiare, ma a prendere sei che è una cosa molto diversa!
Vedete, ci hanno insegnato a conoscere Gesù attraverso l'idea di Dio… ma se Dio nessuno lo ha mai visto, come è possibile? E se fossero solo questi i guai potremmo rallegrarci! Un sei o un quattro in matematica non sono la fine del mondo.
Ma in nome di Dio, pensando di agire secondo il Suo volere, credendo di conoscerlo, sono stati compiuti i misfatti più orrendi, non soltanto nella religione cristiana! Pensate agli antichi Romani: andavano a conquistare le terre nel nome degli dei e, quando tornavano vittoriosi, facevano una grande processione fino sul tempio di Giove, sul Campidoglio, offrivano offerte di ringraziamento: Dio aveva protetto e benedetto il popolo di Roma. Dio aveva permesso di conquistare popoli, di fare tanti schiavi... questo non è successo solo a Roma!
Questo è successo in ogni angolo della terra per tutti i grandi conquistatori… Questo è successo per i cristiani, per i Papi.... sono state indette crociate, conquistati continenti... sempre in nome di Dio. Dio lo vuole...! Fino ai nostri giorni!
E, questo, non succede soltanto nei grandi fatti della storia! Molti di voi hanno tribolato nel regolare i rapporti matrimoniali, nell'usare i mezzi anticoncezionali: "Non si può, Dio lo vuole! Non ti do l'assoluzione se fai così". In nome di Dio!
Questo succede, a volte, anche nelle nostre famiglie, nel rapportarci tra di noi... anche ai genitori, anche agli insegnanti... insomma ci si appropria del nome di Dio per imporre la propria volontà, perché, poi, della propria volontà si tratta!
Allora, se posso (non si dovrebbe) darvi un consiglio... anzi due.
Primo: se volete intuire qualche cosa di Dio, della Sua Luce inaccessibile, mettiamoci in ascolto di Gesù di Nazareth. Ci dicono: "Dio è onnipotente!", ma il Dio che si manifesta in Gesù è assolutamente impotente, inerme, condivide la vita dell'uomo, ma senza risolverne i problemi. Ascoltiamo Gesù, ascoltiamolo insieme. Attraverso le Sue parole, i simboli della Sua vita, le Sue parabole, i Suoi gesti, la Sua avventura di uomo, noi possiamo intuire qualche cosa della realtà di Dio che nessuno ha mai visto, di cui nessuno si può appropriare.
E il secondo consiglio: se ascoltate qualcuno, anche delle autorità della Chiesa, fosse anche il Papa che dice: "Dio vuole così, per i grandi problemi che riguardano il nascere e il morire, i rapporti tra le persone, la scienza, la medicina, la vita sociale e politica, i rapporti con gli altri". Voi ricordate che nessuno, ma proprio nessuno è autorizzato a parlare in nome di Dio, a usare il nome santo e impronunciabile - secondo la Scrittura - di Dio.
Allora, continuiamo insieme, aiutandoci, tenendoci per mano, a cercare quello che è giusto, quello che Dio potrebbe volere nella nostra vita… e se ci sono altri cristiani che la pensano diversamente da noi, non condanniamoli, ma ascoltiamoli con attenzione, possono portare anche loro un briciolo di verità, un barlume di luce.
Diffidate, soltanto, dagli intolleranti, tenetevi lontani da quelli che pensano di sapere tutto. Il cammino cristiano - per quello che ho capito io - è fatto di domande, di dubbi, di ascolto, di attenzione agli altri, ponendosi con serenità i problemi della vita e accettando che, qualche volta, non si capisce cosa è bene, cosa è male e bisogna continuare a cercare; altre volte si capisce facilmente e tenteremo di farlo, anche quando non sarà del tutto semplice, sempre continuando a cercare, a inseguire Dio, i Suoi valori, la Sua luce, sempre tentando di ascoltare Gesù, la Sua parola, quello che ha da dirci, quello che vuole comunicarci, quello che ci lascia intuire della luce di Dio, "dell'oltre" in cui abita la Divinità.
Il Signore ci aiuti
Al vedere la stella, i Magi provarono una EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2010
grandissima gioia. Entrati nella casa videro Matteo 2, 1-12
il Bambino con Maria sua madre e
prostratisi lo adorarono...
Quante volte avranno detto ai Magi: "Dove andate, perché seguite una stella, perché cercate la Luce, perché inseguite dei sogni, chi ve lo fa fare, cosa andate cercando?". Non si sono fermati! Hanno continuato a camminare, a cercare, a inseguire i loro ideali, i loro sogni, a cercare la Luce: sono il simbolo, i Magi, di tanti, in ogni angolo della terra, che nei millenni che ci hanno preceduto, e ancora oggi, tentano di conservare ideali nel cuore, di cercare la Luce, la giustizia, il bene... tentano di inseguire dei sogni!
Dicevano, anni fa, i nostri ragazzi: "Sognare è vivere, senza sogni la vita non ha senso!". Erano stati colpiti dal grido che tutti conoscete di Martin Luther King: "Io ho un sogno…" un sogno nel cuore, un sogno per il futuro, per i figli, per un mondo che sia migliore.
Ecco, ogni uomo e, soprattutto, ogni credente non può che essere un cercatore di Luce, un inseguitore di sogni. Ma non è semplice inseguire sogni!
Guardate i Magi: sul loro cammino incontrano tutta una serie di ostacoli e non semplici da superare… come loro, li hanno incontrati tutte quelle persone che hanno inseguito sogni, che hanno cercato la Luce.
Il primo ostacolo che incontrano sono i saccenti, quelli che sanno tutto: i capi dei sacerdoti, i maestri della Legge... sanno, ma non cercano più! Sono fermi alle Antiche Scritture, alla tradizione, a quello che è sempre stato... ormai per loro tutto è chiaro!
Quanti scienziati, nel corso della storia, hanno trovato nel loro inseguire la verità, l'ostacolo dei sapienti - o meglio - di coloro che si credevano sapienti. Pensate a Galilei, pensate a tanti scienziati... O - se volete entrare nell'ambito della Chiesa - pensate a gente come Erasmo da Rotterdam o San Francesco o, più recentemente, come don Milani... si sono scontrati con la tradizione: "Così si è sempre fatto, queste sono le regole, non si può andare oltre, non si può cercare oltre, state a quello che è stabilito, a quello che si è sempre detto!"... Sono andati oltre! Oltre i saccenti, quelli che credono di sapere tutto, oltre quelli che non cercano più.
Ma i Magi incontrano sul loro cammino anche la "folla": Gerusalemme si agita, il popolo non ama i cercatori di Luce, ama i "pifferai magici", quelli che sembrano avere la soluzione semplice per tutto, che propongono rimedi facili per ogni cosa, coloro che dicono: "Tutto va bene!".
I Magi devono andare oltre; oltre Gerusalemme, oltre il rumore della folla, oltre l'agitazione inutile, le chiacchiere... devono continuare a camminare e a cercare.
Ma c'è un ostacolo ancora più grande che i Magi incontrano sul loro cammino: Erode. Erode è il simbolo della violenza di questo mondo!
Quanta gente che ha inseguito sogni, che ha cercato ideali si è scontrata con la violenza di questo mondo! Pensate a Gandhi, a Martin Luther King - che abbiamo già citato - o, per venire più vicino a noi, pensate ad alcuni dei nostri giudici: Borsellino, Falcone; a padre Puglisi... pensate a tanta altra gente che nel mondo, inseguendo i propri ideali, cercando un mondo più giusto e migliore è stata stroncata, perseguitata dalla violenza, a volte, crudele di questo mondo.
Il cercatore di Luce non si ferma, continua a inseguire la "stella", a cercare, finché non può intravedere, con grandissima gioia, qualcosa della verità.
Vedete, noi... - lo spero sinceramente per tutti noi - non siamo chiamati ad essere degli eroi, nemmeno dei grandi santi, ma se anche noi non cerchiamo di avere degli ideali; se non tentiamo di inseguire dei sogni non siamo dei veri credenti. Il credente insegue sogni di giustizia, di tenerezza, di servizio, di amore, di pace... lo fa come può nella sua vita di ogni giorno.
E il credente sa che Gesù è venuto a condividere questa nostra ricerca. Lo contempliamo ancora, per l'ultima volta in queste feste, qui, Bambino in mezzo a noi. Dio è venuto a condividere il nostro cammino, a dar ragione ai sogni che ci portiamo nel cuore. È venuto a condividerli con noi, ci proclamerà "beati" per quello che riusciamo ad essere affamati e assetati di giustizia, operatori di pace, cercatori di Luce, inseguitori di Sogni.
Dio con noi nel nostro cammino della vita, a mantenere vivi nel nostro cuore i nostri ideali, ad aiutarci, ancora, a cercare la Luce: ci dia, in quest'anno che viene, di intravederne dei barlumi, di provare un po' della gioia di chi cercando intuisce qualche cosa, di chi riesce a trovare dentro di sé e intorno a sé la pace, la tenerezza, la bellezza della gratuità e dell'amore.
Il Signore ci aiuti
Mentre Gesù, ricevuto anche lui il Battesimo, BATTESIMO del SIGNORE -10 Gennaio 2010
stava in preghiera... e venne una voce dal cielo: Luca 3, 15-16. 21-22
"Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto
il mio compiacimento".
Se chiedessi a dei cristiani: "Cos'è il Vangelo?", la maggior parte - forse più d'uno anche tra voi - mi risponderebbe: "È il racconto della vita di Gesù, dei Suoi gesti, delle Sue parole, degli avvenimenti della Sua vita... un racconto più o meno fedele che ci riporta quello che Gesù ha detto e fatto".
Vedete - se ho capito qualche cosa - il Vangelo è un'altra cosa!
Nel Vangelo troviamo non tanto gli avvenimenti della vita di Gesù, quanto l'esperienza che di Lui hanno fatto i primi discepoli.
I primi discepoli sono più o meno come noi: povera gente dal cuore pesante, incapaci di capire fino in fondo cosa succede, cos'è la vita, È gente che, probabilmente, ha un cuore sincero, che va cercando… e l'esperienza che fanno di Gesù è fatta di attese, di incontri, di avvenimenti.
Se vi chiedete che cosa è accaduto al momento del Battesimo di Gesù, non riuscite a trovare risposta. Se leggete i quattro Vangeli trovate parole diverse che risuonano dal cielo, parole diverse in bocca a Giovanni Battista… cos'è veramente successo, là? Non lo sapremo mai! Quello che leggiamo in questo racconto - in gran parte simbolico - è un'esperienza... l'esperienza profonda che ha cambiato la vita dei primi discepoli. Che tipo di esperienza hanno fatto?
Vedete, forse, anche loro aspettavano che venisse finalmente il Messia che - per usare le parole di Giovanni il Battista - "raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile ", insomma capace di sterminare il male, tutti i malvagi sulla faccia della terra e di far trionfare, finalmente, il bene... il giudizio, la punizione dei malvagi e il trionfo dei buoni.
L'esperienza che hanno fatto di Gesù è profondamente diversa! Non hanno incontrato il giudice glorioso e terribile che viene a giudicare e condannare, ma un compagno di strada, accanto a loro. Molti dei primi cristiani avevano, probabilmente, il cuore pesante: c'è, tra loro, chi è vissuto nella violenza, chi ha rubato, ci sono delle prostitute, eppure tutti hanno scoperto in Gesù la riconciliazione, la possibilità di ricominciare daccapo, di alzare la testa e guardare ancora verso il bene e hanno sentito Gesù accanto a loro, in cammino con quelli che sentono di non essere giusti, con quelli che cercano la giustizia e il bene.
Vedete, è l'esperienza dei primi cristiani e l'esperienza di tutti i veri cristiani della storia e - se ci pensate bene - anche la mia e la vostra esperienza: nell'incontro con Gesù da una parte ci rendiamo conto che non siamo dei veri credenti se non abbiamo un forte impegno morale, se non sentiamo che credere in Dio significa cercare con tutta la passione del proprio cuore, il bene! Cercarlo dentro di sé, intorno a sé, con gesti concreti, tentare di capire che cosa è giusto, che cosa è importante nella vita: se non c'è questa ricerca non incontriamo il Dio vivente, il Dio della Bibbia, il Dio della grande tradizione di Israele, che ha, fondamentalmente, esigenze etiche.
E, davanti a Lui, chi di noi può sentirsi buono? Non solo, Gesù sembra talmente amplificare queste esigenze da farle sembrare impossibili.
Ricordate le parole del Vangelo: "Avete inteso che fu detto agli antichi: ama i tuoi amici e odia i tuoi nemici, ma io vi dico amate anche i vostri nemici". "Se il tuo nemico ti percuote sulla guancia, tu porgigli anche l'altra". Esigenze di un amore totale, di gratuità assoluta, ma chi di noi è capace?
Lo andiamo cercando faticosamente nella nostra vita e, spesso, ci ritroviamo con il cuore pesante, con la paura di essere giudicati… e c'è qualche cosa di terribile, nell'esperienza religiosa da cui, spero, tutti voi siate liberi... cioè l'idea che quando ci capita un guaio, una malattia, una qualche disgrazia sia la punizione di Dio!
Questo, è stato ripetuto tante volte nella storia religiosa in ogni parte del mondo e nella storia cristiana, anche da persone che vengono ritenute dei santi, dei "santoni", il cui nome trovate sul calendario, secondo me sono delle autentiche bestemmie! Se c'è una bestemmia è questa: pensare che Dio punisca con la malattia, addirittura, a volte, i figli per i peccati dei genitori.
L'esperienza che i primi cristiani fanno è che Gesù è accanto a loro, a tendere la mano, a dire: "Coraggio, cammina ancora, io sono con te alla ricerca del bene, per riprendere la strada, per camminare ancora, qualunque sia la tua colpa".
Anche a me, anche a voi, anche a ogni credente Gesù chiede come a Pietro: "Mi vuoi bene?" E non una volta, tre volte, probabilmente, continuerebbe a ripeterlo dieci, mille, diecimila volte... Vedete, nel nostro cammino alla ricerca di Dio, tentando di conoscerlo, tentando di scoprire in Lui che cosa è giusto e che cos'è importante, essenziale nella vita, una ricerca che non può finire mai, che ci coinvolge... noi facciamo anche esperienza di non riuscire fino in fondo a fare il bene, ad amare, ad essere attenti totalmente agli altri, a condividere pienamente la vita... ma quando ci ritroviamo qui in chiesa e tentiamo di incontrarci con Lui, ci invita a mangiare: "Prendi e mangia, mangia di me, della mia vita... e sentiti accolto, riconciliato, amato, le braccia buttate al collo, il bacio dell'amicizia e della riconciliazione".
Ecco l'esperienza che il cristiano fa! Da una parte di un'esigenza assoluta di giustizia e di gratuità, dall'altra di riconciliazione, di vita che può sempre ricominciare: per questo i primi cristiani hanno raccontato questa storia del Battesimo di Gesù nel Giordano.
Non sappiamo che cosa sia avvenuto, che parole abbiano risuonato lì... immaginate questa scena: tanta gente come noi che sente di non essere giusta e, forse, ha paura del giudizio di Dio… e che si ritrova Dio accanto, che cammina con loro, mano nella mano verso il futuro, verso una vita che si rinnova, che continua alla ricerca della giustizia e del bene.
Il Signore ci aiuti.
Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea. II DOMENICA del Tempo ordinario - 17 Gennaio 2010
Venuto a mancare il vino, la madre di Giovanni 2, 1-11
Gesù gli disse: "Non hanno più vino".
E Gesù disse ai servi: "Riempite d'acqua
le anfore"... l'acqua era diventata vino.
Domenica scorsa tentavo di dirvi che quello che leggiamo nel Vangelo non è il ricordo di fatti e avvenimenti della vita di Gesù, ma sono dei racconti simbolici che tentano di esprimere l'esperienza che di Gesù hanno fatto i primi discepoli.
Se di quello che abbiamo letto oggi vi chiedete: "Che senso ha usare la potenza di Dio per trasformare l'acqua in vino ad una festa di nozze, quando tutti sono già un po' ubriachi? Sono stati veramente prodotti - perché di tanto si tratta - cinquecento o seicento litri di vino? Perché Gesù risponde così bruscamente alla madre in questa circostanza?"… non troverete mai una risposta!
Le domande fa fare sono altre... "Che esperienza dell'incontro con Gesù - un'esperienza profonda che ha cambiato la loro vita - i discepoli tentano di esprimere con questo racconto?".
Per cercare di spiegarmi il meglio possibile vorrei raccontarvi una mia esperienza... fatta quasi cinquant'anni fa. Quando ero un giovane prete avevo tra i miei compiti anche quello di insegnare religione nelle scuole medie (ho smesso presto perché non ero capace) e ricordo che cominciavo gli incontri con i ragazzi chiedendo loro: "Cos'è, per voi, essere cristiani? Cosa significa appartenere alla Chiesa, seguire Gesù?". Poi scrivevo, accuratamente, sulla lavagna le loro risposte.
"Seguire Gesù, essere cristiani significa osservare tutta una serie di precetti; significa ubbidire a quello che dicono il Papa, i vescovi, i sacerdoti; fare rinunce, "fioretti", essere devoti ai santi, all'Angelo custode; ricordarsi di dire le preghiere, confessare i propri peccati...".
Alla fine mi giravo e dicevo: "Voi non potete essere cristiani, non c'è nessuna speranza per voi! Tutta la vostra esperienza di Gesù è legata alla legge, a cose che vi appaiono pesanti e negative, ai sacrifici da fare, alle rinunce..."
Ma pensate un po'... (lasciando da parte i miei ragazzetti di prima e seconda media) alla nostra esperienza! Non siamo stati, forse, educati nella fede con il senso del timore di Dio, della paura di essere giudicati; con l'attenzione all'osservanza minuziosa delle leggi? Pensate al non mangiare carne il venerdì, al digiuno prima della Comunione; pensate alle tante regole che riguardavano la vita morale, anche la vostra vita più intima... Pensate ai sacrifici, alle rinunce, all'esaltazione della sofferenza che, qualche volta, abbiamo incontrato: questa è la nostra esperienza di credenti!
L'esperienza che i primi discepoli tentano di comunicarci - come avete ascoltato - è profondamente diversa. È l'esperienza di un incontro ad una festa di nozze, di una gioia che riempie la vita. L'incontro con Gesù li porta aldilà di ogni legge, di ogni tradizione, per rimettere al centro dell'esperienza morale l'uomo, ogni uomo, il più piccolo degli uomini; a riscoprire la gratuità, la tenerezza, il senso profondo della vita. L'incontro con Gesù li porta oltre il devozionalismo, il "do ut des" della religione: accendo una candela così Dio mi fa una grazia; aldilà dei sensi di colpa, dell'oppressione del peccato, di una visione cupa della religione...
L'incontro con Gesù era per i primi cristiani come un bicchiere di vino che inebria, che dà il senso della vita, che fa riscoprire le pienezza della gratuità, la bellezza dell'incontro con Dio.
E l'incontro con Dio non è l'incontro con Qualcuno che giudica e condanna, ma come uno sposo che incontra la sua sposa. Lo avete ascoltato nella prima Lettura "come lo sposo gioisce per la sposa, così il Signore gioirà per te": è questa l'esperienza dei primi cristiani!
Ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita qualcuno che mi ha aiutato, almeno un po', ad intuire che l'incontro con Dio poteva non essere basato sulla legge, sul sacrificio, sulla rinuncia, sul senso di colpa, ma sulla gratuità, sull'amore, sullo stupore, sulla meraviglia di incontrare Dio, di sentirlo accanto a me, venuto a condividere la mia esperienza di uomo.
Un bicchiere di vino è un segno di Dio molto più grande di tante parole, di tante regole, di tante leggi!
Pensate, quanto tripudio ci sarebbe su tutta la terra se oggi, i preti, invece di fare una predica, offrissero alla gente un bicchiere di vino, di quello buono che sappiamo produrre noi in Italia - un buon moscato, un passito di Pantelleria - un segno di Dio infinitamente più grande di tutte le sciocchezze che dicono i preti quando predicano dall'altare (compreso io).
Non posso offrirvi un bicchiere di vino (costa troppo, poi ci complicherebbe la vita e la Messa diventerebbe troppo lunga) immaginate però che possa darvi un bicchiere di vino dicendo: "Quando vuoi pensare a Dio bevi un bicchiere di vino buono". È un segno di Dio, segno della gratuità, dell'amore, è il segno della presenza, della vicinanza di Dio alla tua vita. Non viene vicino a te per risolvere i tuoi problemi, viene vicino a te con la passione dell'amore, come uno "sposo con la sua sposa"!
Così è Dio per noi… Sposo appassionato, vicino nella nostra vita. Non è semplice capire tutto questo, non l'ho capito io, non preoccupatevi se non l'avete capito fino in fondo nemmeno voi.
Il Signore ci aiuti.
... "Oggi si è compiuta questa III DOMENICA del tempo ordinario - 24 Gennaio 2010
Scrittura che voi avete ascoltato" Luca 1, 1-4; 4, 14-21
Abbiamo appena ascoltato l'inizio del Vangelo di Luca: è interessante perché Luca ci ha detto la fatica che ha dovuto fare per comporre il Vangelo.
Avete ascoltato: ci sono stati i primi testimoni oculari che hanno raccontato la loro esperienza; poi qualcuno ha scritto qualche foglio, Luca e la sua comunità hanno fatto accurate ricerche su tutto e, adesso, ci propongono un racconto ordinato... vedete: un lungo lavoro!
Quanto è distante questa immagine dall'ingenuo discorso che si sente fare ancora oggi nella Chiesa: il Vangelo è dettato da Dio, ispirato direttamente dallo Spirito Santo! Luca ci dice che non è così! Lui ha dovuto fare un lungo, paziente, lavoro per ricercare tutto quello che, in qualche modo, poteva riferirsi a Gesù di Nazareth! È un lavoro durato una cinquantina d'anni, quindi, non poco! Se pensate all'Antico Testamento, questo lavoro non è durato soltanto cinquant'anni, ma quattro o cinque secoli in cui tanti uomini hanno cercato di condensare in parole il senso dell'incontro con Dio: non c'è niente di magico!
Hanno cercato di comunicarci la loro esperienza di Dio, la loro ricerca di quello che è giusto, importante, degli ideali che rendono ricca la vita.
Ma quello che vale per la nostra religione, vale per tutte le religioni del mondo. In ogni angolo della terra ci sono stati tanti uomini che hanno cercato di incontrare Dio. Hanno tentato di capire qual è la Luce che abita l'oltre della nostra esistenza, i valori che vanno aldilà del nostro interesse personale, del nostro egoismo, del nostro attaccamento alla vita; quei valori essenziali che abitano "nell'oltre".
Non solo, ma anche molti che non sono religiosi - e ce ne sono esempi luminosi nel mondo d'oggi - hanno cercato con pazienza di fare tesoro di tutta la ricerca degli uomini di buona volontà. Hanno cercato i valori di giustizia, di libertà, di rispetto dell'altro, di amore... Potete andare in libreria e trovare tanti libri di gente che si dice atea, ma che voi leggete - almeno io leggo - con ammirazione e stupore, perché ci sono degli ideali, dei valori che arricchiscono la mia esperienza di uomo… e se siamo dei credenti possiamo vedere in tutto questo il soffio dello Spirito di Dio.
Lo Spirito - dice la Scrittura - soffia dove vuole, in ogni angolo della terra, anche, in chi è ateo. Anche in chi bestemmia Dio possono esserci dei valori preziosi, dei tesori. Dunque, su tutta la terra, nelle religioni e, anche, al di fuori delle religioni c'è una ricerca della giustizia e del bene.
Qual è il mio, il nostro problema ?
Il Vangelo che abbiamo letto ce lo dice chiaramente alla fine: Gesù si alza, legge la Parola poi riconsegna il rotolo e dice: "Oggi si è compiuta questa Scrittura".
Ecco, il nostro problema è proprio questo: "l'oggi"!
La parola di Dio, il Vangelo - e vale per tutte le religioni, per tutti gli uomini - deve diventare un "oggi" concreto nella mia esperienza di uomo! Gli ideali non basta che siano scritti nei libri, debbono essere concretizzati nella vita e ogni uomo, in qualunque ideale creda, anche se non è religioso, sa che ha esigenze etiche. Sa che deve cercare il bene, che deve cercarlo con tutta la passione del suo cuore...
Non può, un uomo, ridursi soltanto a scrivere delle belle parole e per noi, uomini religiosi, per noi cristiani non basta, soltanto partecipare a qualche processione, organizzare la sagra del paese: questo viene fatto anche da organizzazioni mafiose. Sapete che nei covi di alcuni capi della mafia sono state trovate Bibbie accuratamente sottolineate, santini di ogni genere. Quando la vita e la morale si staccano dalla religione - secondo me - non ha più senso! Quando la vita si stacca da una ricerca di moralità, di valori, di ideali, l'uomo non è più uomo!
Qual è l'ulteriore problema?
Nella ricerca del bene, a volte, non riusciamo a capire cosa è giusto e cosa non lo è. Voi ascoltate nella Chiesa di oggi alcune persone parlare contro il relativismo: "Siamo in un mondo sempre più relativista!" come se fosse il colmo del male. Il relativismo non è una teoria, è un dato di fatto! Basta che parliate con dieci persone diverse e avete - in certi problemi - dieci o almeno cinque risposte diverse! La pensiamo diversamente gli uni dagli altri! Nella ricerca del bene, nella ricerca dei valori di libertà, di giustizia, di fronte ai problemi morali, sociali, politici, a volte, non è semplice capire cosa è bene, cosa non lo è... e allora?
Allora non ci resta che continuare a cercare, con la capacità di ascoltarci, ma di ascoltarci sul serio.
Il problema del mondo di oggi è che ci sono troppe persone - qualche volta capita anche a noi - che si ritengono possessori della verità, detentori della Luce; che sanno sempre con certezza dov'è il bene e dov'è il male e non sono dei credenti, sono semplicemente dei fanatici intolleranti. E non pensate a religioni lontane, pensate alla nostra! E non pensate a terre straniere, pensate all'Italia.
Troppa gente "sa" cosa è bene, cosa è male; cosa è giusto e cosa è ingiusto; dov'è la libertà e dove non lo è... e non cerca più e non ascolta più gli altri! È invece fondamentale che ciascuno di noi conservi nel proprio cuore una ricerca della verità e del bene, nell'ascolto, accettando la pluralità delle opinioni, delle ricerche, delle scelte che gli uomini vanno facendo.
Ma c'è un terzo punto che - secondo me - è importante.
A volte capire che cosa è bene è relativamente semplice, ma io non sono capace di farlo. Vedo il bene e faccio il male. So - per farvi l'esempio che facevo nella Messa precedente - che le prediche buone son quelle corte e io, invece, ve la sto facendo lunga!...
E voi che cosa potete fare? Fare come Dio! Come fa Dio?: "Non si preoccupi, don Checco, qualche volta, capita a tutti di sbagliare, l'importante è che domenica prossima la faccia più corta!". Il Dio che incontriamo noi credenti non è un Dio che condanna e punisce. Gesù ha ripetuto più volte: "Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".
Se il peccatore si sente allontanato da Dio, impedito a continuare il suo cammino e la sua ricerca.... è lontano dall'incontro con Cristo. Se c'è una bestemmia nel cristianesimo è che chi sbaglia non ha più possibilità di ricominciare, di cercare ancora il bene.
Certo non basta che (come facevo io da ragazzo ma, penso, molti di voi) vada a confessarmi e faccia il solito elenco: "Ho disubbidito, ho detto parolacce, ho.... " e, poi, appena uscito, ricomincio! Eh no, non è serio!
Allora riassumo: (chiedendovi ancora scusa) "L'oggi" esige una ricerca seria del bene! Se non cerco il bene, la giustizia non sono un credente; di più, non sono un uomo! La mia vita non vale la pena di essere vissuta!
Ma in questa ricerca del bene devo sapere che ci sono altri che la pensano, spesso, diversamente da me. E, allora, non mi resta che tendere le orecchie; che nutrirmi di rispetto per gli altri, nella convinzione che anche gli altri possono portare un parte della verità.
E quando, pur vedendo il bene, non ce la faccio, so che, ogni volta che vengo qui, incontro Colui che è venuto non a chiamare i giusti, ma me! Me, che non ce la faccio!
Non per dirmi: "Tutto va bene... male e bene è lo stesso". No! ma per rimettermi in cammino, per aiutarmi ancora a cercare con passione la verità e il bene. E - ve lo ripeto - questi principi non valgono solo per me che sono un credente in Cristo, valgono per ogni uomo religioso; di più, per ogni uomo sulla terra, perché un uomo, se è un uomo, ha bisogno di avere dei valori nel cuore e di cercare di renderli concreti nella propria vita. Ogni uomo, se è un uomo, ha bisogno di dialogo, di rispetto. Ogni uomo ha bisogno di poter sempre ricominciare con fiducia e coraggio.
Il signore ci aiuti.
Poi aggiunse: "In verità vi dico: nessun IV DOMENICA del tempo ordinario - 31 Gennaio 2010
profeta è bene accetto nella sua patria..." Luca 4, 21-30
"Nessun profeta è bene accetto in patria". Questo è il dramma che hanno vissuto i primi cristiani e - se ci pensate attentamente - è il dramma dell'umanità.
Molto spesso il profeta, colui che non magicamente, ma con il coraggio della sua ricerca riesce ad intravedere qualcosa di nuovo, ad andare oltre, a testimoniare agli uomini la passione per la libertà, la giustizia, il bene... rimane inascoltato, a volte, addirittura, perseguitato e ucciso; ci si ricorda di lui anni, secoli dopo.
Perché noi uomini non siamo capaci di accogliere e di ascoltare i profeti mentre vivono? Di rendere loro onore e non tanto di rendere onore, ma di fare in modo che la loro parola sia viva per noi?
La pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, se impariamo a leggere tra le righe, non soltanto pone il problema, ma tenta anche di dare una risposta!
La prima risposta: è difficile ascoltare il profeta perché rompe gli schemi, va aldilà di quello che si è sempre pensato, rimette in discussione il modo di giudicare, di vivere, gli atteggiamenti della gente.
Gesù è venuto... - i primi cristiani hanno fatto questa esperienza - per portarli aldilà dell'idea che Israele fosse l'unico popolo eletto; che solo a loro fosse destinata la Parola del Signore; che solo loro avessero il compito di essere nel mondo testimoni di Dio. Gesù dice: "Tutti!" e questo rompe una tradizione antica!
Ma Gesù non è il primo. Avete ascoltato che cita un episodio che avrebbe dovuto far riflettere la Sua gente. Al tempo di Elia c'erano molte vedove, ma una sola... ed era straniera! Al tempo di Naaman c'erano molti lebbrosi, ma uno solo è stato guarito, il Siro, lo straniero, il pagano. L'amore di Dio va oltre i limiti del popolo; aldilà di una tradizione, aldilà di una legge.
I primi cristiani hanno sentito questo profondamente! Fino a che punto riusciamo, tutti, a renderci conto che anche oggi ci sono certi schemi: la paura dell'altro, la paura di perdere il posto di lavoro perché vengono gli stranieri, la paura del diverso, degli uomini di altra religione, che vivono in un altro modo, che pensano in un altro modo... Fino a che punto riusciamo a renderci conto che tutti sono figli di Dio?
Ecco - vedete - rompere certi schemi, andare aldilà di un certo modo di pensare sembra difficile non soltanto per gli uomini antichi, ma, a volte, anche per noi.
I primi cristiani tentano di fare un passo oltre, di domandarsi: perché?… E rispondono: siamo preoccupati dei nostri bisogni, attenti al nostro interesse - se volete usare una parola un po' forte - presi dal nostro egoismo.
"Perché non fai anche qui - dicono a Gesù - i miracoli, le guarigioni che hai fatto a Cafarnao? Perché vai fuori, Tu sei uno dei nostri concittadini, sei nato e cresciuto qui, fa tra noi i segni, i prodigi! Guarisci la nostra gente, perché vai a guarire gli altri? Abbiamo bisogno di Te, non ci interessa quello che dici: che tu voglia portarci oltre, che ci parli di un Dio per tutti, che ci chiami alla libertà, alla vita... no, no, a noi interessa che ci dia il pane e guarisca la nostra gente".
Non sono soltanto storie di tanto tempo fa! Pensate a quello che vedete alla televisione del mondo cristiano. La gente accorre là dove c'è una Madonna che guarisce: pensate a Medjugorie, a Lourdes, a Fatima; la gente accorre a San Giovanni Rotondo...: chi ascolta i profeti quelli che parlano in mezzo a noi, che ci portano a capire qualcosa di quello che ci succede? Ecco - vedete - il nostro bisogno di guarigione, la ricerca del nostro interesse, il nostro egoismo ci portano, qualche volta, a rifiutare il profeta!
Ma c'è ancora un'altra risposta al perché! Spesso rifiutiamo il profeta perché è un uomo troppo quotidiano, troppo normale; non alza la voce, non grida. Il profeta - per usare una parola dell'Antico Testamento - è come il soffio di un vento leggero. La sua parola va cercata tra le tante parole che rimbombano e, in questi giorni, forse più che altrove abbiamo la testa rintronata da tanta gente che in televisione urla, grida… parlano l'uno contro l'altro e non si capisce chi parla con un "soffio leggero". Non si capisce più la gente che scrive libri che - magari - vengono pubblicati in qualche angolo remoto; la gente che cerca, che studia, che si affanna perché il mondo sia migliore, perché la gente sia guarita, perché la medicina, la scienza, la tecnica progrediscano... Gente, spesso, ignorata a cui mancano i soldi per la ricerca, per andare avanti, per cercare, per progredire. A noi interessano i "tromboni", quelli che si fanno i fatti loro perché sono, in fondo, come noi: cerchiamo di farci i fatti nostri!
Ancora di più! Spesso il profeta è un uomo che vive in mezzo a noi nel quotidiano. "Non è Costui - dicono a Nazareth - il Figlio di Giuseppe? Non ha fatto fino a ieri il falegname tra noi e, adesso che si mette a dire!? ". Il falegname, che è vissuto a Nazareth, che è cresciuto in mezzo a loro!
I profeti, spesso, sono quella persona anziana che ha da dirci qualche cosa dell'esperienza della sua vita. Quel bambino che ci propone i suoi sogni. Quella ragazza che ci parla del suo coraggio di affrontare la vita.
Non è semplice ascoltare queste voci. Ci vogliono orecchie attente, attente al "soffio come di un vento leggero", alle parole semplici, quotidiane. Occorre avere occhi limpidi per guardarsi intorno. Occorre saper ascoltare chi parla sottovoce, la gente sconosciuta, semplice.
Ciascuno di noi ha i suoi profeti. È inutile che vi parli dei miei, la maggior parte di voi non li conosce, eppure, sono stati per me dei veri profeti; quelli che mi hanno aiutato a credere e a vivere; quelli che mi hanno aiutato a essere uomo.
Domandatevi un po', stamattina: quali sono i vostri profeti? Chi vi ha messo nel cuore qualcosa di vero, di profondo, qualche sogno che vi ha aiutato a vivere rettamente, onestamente cercando il bene, la giustizia, la tenerezza, la libertà?
Chi sono stati i vostri profeti? Forse vostro padre, vostra madre; forse, quel nonno; forse, quella zia; forse, quella persona che avete conosciuto; forse, quell'insegnante? Ciascuno di noi ha i suoi profeti e, anche noi, dovremmo tentare di esserlo... ma quanto è difficile e ascoltare e essere profeti in un mondo confuso, in cui ci sono tante voci che rimbombano, non è semplice parlare sottovoce e, soprattutto, cercare con passione la giustizia e il bene.
Il Signore ci aiuti
...Simone rispose: "Maestro, abbiamo V Domenica del tempo ordinario - 7 Febbraio 2010
faticato tutta la notte e non abbiamo preso Luca 5, 1-11
nulla; ma sulla tua parola getterò le reti".
"Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla". Sembra, a volte, un'immagine della vita e della storia: un lavoro, un affanno, una fatica, a volte, una corsa, nella notte senza portare frutti!
Se ci guardiamo intorno il mondo è ancora pieno di violenza e di male: la fame, la miseria, tante malattie affliggono ancora la vita degli uomini. Ancora tante umiliazioni alla dignità della persona umana.
Non solo, è un discorso che ho ascoltato tante volte, per quello che riguarda la vita di molti di noi. Ho ascoltato insegnanti dire: "Padre, ho lavorato sempre con grande attenzione, ma cosa ho concluso? Non sono riuscito a trasmettere ai miei alunni la passione per la ricerca, il desiderio della cultura, l'amore per la scienza".
Quanti genitori ho ascoltato dirmi: "Mi sono affannato, ho lavorato, ho faticato... ma cosa ho concluso? Vede, i miei figli non vengono più con me in chiesa; mi sembra di aver sprecato inutilmente tante parole... cosa ho combinato nella mia vita?".
E non solo insegnanti o genitori, ma, a volte, tutti noi - specialmente chi, come me, ha i capelli bianchi - guardiamo indietro e ci chiediamo: "Cosa ho concluso nella mia vita? Fino a che punto sono riuscito a rimanere fedele agli ideali, ai sogni della mia gioventù? Cosa ho portato di bene e di ricchezza nel mondo?". La vita sembra, a volte, un lavoro nella notte, faticando invano!
Ma è proprio così!? Se ci fosse stato qualcuno a porsi queste domande sotto la croce, avrebbe scosso la testa, dicendo: "Quest'uomo ha veramente faticato invano! È morto, solo, su una croce! I Suoi amici lo hanno abbandonato... uno di loro - il più importante - lo ha rinnegato. Giuda - uno dei Suoi - lo ha tradito. Il popolo che sembrava osannarlo, ha gridato: "Crocifiggilo!". A cosa è servita la Sua vita? Ha veramente faticato nella notte, lavorando invano!". Eppure... eppure noi siamo qui, dopo duemila anni, riuniti nel Suo nome. Non solo, la Sua parola, ha portato frutto nel lento e faticoso cammino degli uomini!
Al tempo di Gesù, nel bacino del Mediterraneo, i due terzi degli uomini erano schiavi; la loro vita non contava; non avevano nessun rispetto e nessuna dignità! Un uomo si poteva vendere e comprare! La differenza tra l'uomo e la donna era abissale. Molte donne non avevano diritti! Il rispetto per la libertà, la cultura, i progressi della medicina, della scienza erano quasi nulli: oggi non è più così!
Sappiamo che ci sono ancora degli schiavi nel mondo, ma lo riteniamo assolutamente indegno della vita umana... eppure, a quel tempo, anche un apostolo come San Paolo riteneva che fosse normale la schiavitù! Il cammino degli uomini non è stato solo un lavorare invano…
E anche, la nostra vita... quante volte ho incontrato degli insegnanti che pure si chiedevano: "Cosa ho combinato...?" a cui, qualche volta, capitava di incontrare un alunno che diceva: "Professore, professoressa, lei qualcosa mi ha lasciato dentro, qualche valore me l'ha comunicato e io la ringrazio".
Quanti figli, magari dopo che i genitori se ne sono "andati", mostrano nella vita che hanno ricevuto un'eredità preziosa, dei valori nel cuore.
E, anche noi, se siamo ancora qui, evidentemente nella nostra vita non è stato tutto inutile, un lavorare invano. Se abbiamo conservato qualcosa dei sogni della nostra gioventù, se qualcosa di bene abbiamo operato nel corso della nostra vita non è stata una corsa nella notte, faticando invano.
Cosa voglio dirvi? Che tutto va bene? Che nel mondo non ci sono problemi? Che noi siamo persone perfette? Non sono pazzo! Però - ricordate - se sotto quella croce non ci fosse stato qualcuno che diceva: "No, non deve morire, non devono andare perduti i Suoi ideali, i valori che ci ha trasmesso; dobbiamo tentare di essere pescatori di uomini"… cosa saremmo ora?!
C'è stata gente, tanta gente, in questi duemila anni, che ha cercato, ha faticato e ha seminato, magari semi che sembravano perduti, ma che, poi, pian piano, hanno portato frutto nel corso della storia degli uomini in tutti i campi: nella scienza, nella medicina, nella cultura, nel rispetto dell'altro, nella ricerca del bene...
No, non è tutto a posto! C'è ancora tanta strada da fare, ma non possiamo perdere la fiducia. Non possiamo non ritenere che i valori di Gesù siano essenziali, tentando di essere coerenti con questi valori e di continuare, per quello che possiamo, a testimoniarli concretamente.
Forse non li vedremo fiorire, ma un giorno - come i semi di Gesù - porteranno frutto. Sembrava tutto finito su quella croce: noi siamo ancora qui riuniti nel Suo nome; siamo ancora qui con nel cuore la speranza del bene, il coraggio di testimoniare un po' di gratuità.
Il Signore ci aiuti.
..."Beati voi, poveri, perché vostro è il VI Domenica del tempo ordinario - 14 Febbraio 2010
regno di Dio. Beati voi, che ora avete Luca 6,17. 20-26
fame, perché sarete saziati. Beati voi,
che ora piangete, perché riderete"...
Quello che abbiamo appena ascoltato è la versione delle beatitudini del Vangelo di Luca. Qualcuno di voi sarà rimasto un po' sorpreso perché siamo abituati alla versione del Vangelo di Matteo; è quella che leggiamo più spesso: "Beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace..." cioè tutta una serie di qualità morali in cui, facilmente, possiamo riconoscere la beatitudine.
Eppure gli studiosi dicono che questa che abbiamo appena letto è, probabilmente, la versione originale. Ma che senso hanno queste parole che, ad una prima lettura, sembrano completamente folli? Come si può dire che è beato chi è povero, chi ha fame, chi piange, chi è perseguitato...? Che senso ha?
C'è stata qualche volta, nel corso della storia della Chiesa, un'esaltazione del pauperismo, della sofferenza... ma a me, sembra, più una storia del masochismo che della vera religione. E, per contrasto, in molte correnti del cristianesimo si è identificata la beatitudine con il benessere, con la ricchezza. Il benessere, l'abbondanza dei beni è segno della protezione divina.
Allora che senso hanno queste parole? Come possono essere spiegate? Fermatevi un momento perché - se ho capito qualche cosa - in questa pagina, forse una delle più importanti del Nuovo Testamento, c'è il volto di Dio e il senso della vita dell'uomo.
Cominciate col porvi una domanda: da che parte sta Dio? Dalla parte di chi si schiera?
Ho posto questa domanda, tante volte, a dei ragazzi, a dei giovani ed ho sempre ricevuto una risposta unanime: "Dio non può schierarsi, deve stare dalla parte di tutti; Dio vuole bene a tutti, ai buoni e ai cattivi, in ogni parte del mondo!".
Allora, tentavo di dire: "Vedete, forse, non è così! Dio ha bisogno di schierarsi!". Uno dei nostri maestri, uno dei nostri grandi profeti, don Milani, diceva: "Non c'è niente di più ingiusto che fare parti uguali tra disuguali". Dio deve schierarsi dalla parte di chi è disuguale, di chi è povero… ma questo non convinceva la maggior parte di quei ragazzi! Sapete cosa li convinceva? Il ricorso alla mamma!
In Italia quasi tutti credono alla mamma, forse più che a Dio, allora bastava dire: "Prova a immaginare... se una mamma ha tre figli e uno si ammala, dalla parte di chi sta la mamma?". "Ah, certo, dalla parte di quello malato!". "Ma non vuole bene agli altri?". "Sì, vuole bene a tutti, ma tutto il tempo, tutta l'attenzione è dedicata a quello... ".
Così è Dio! Sta dalla parte di chi è povero, di chi piange, di chi ha fame: per questo, è venuto Gesù, per schierarsi dalla parte degli ultimi.
Allora viene l'altra domanda; la domanda, forse, decisiva per la nostra fede: ma cosa significa che Dio si mette dalla parte dei poveri? Perché non li aiuta? Perché non sazia la loro fame? Perché non cura chi è malato? Perché non libera dal male questo nostro mondo?...
E se il Dio in cui crediamo non fosse onnipotente?! Il Dio che si è manifestato in mezzo a noi in Gesù di Nazareth è nato in una capanna ed è finito su una croce. È il Dio impotente, il Dio che non può guarire, non può saziare la fame, non può curare, ma che si schiera accanto a chi tribola e, là, ci chiama!
Ogni credente deve tentare di essere come Dio: schierarsi, mettersi dalla parte di chi piange… concretamente, nella vita di ogni giorno.
Uscendo da quella porta, la Messa non finisce! Se a casa c'è una persona che soffre: un figlio, un amico, un parente, se c'è una lacrima... là sta Dio, là vi chiama, Gesù lo incontrate là!
"Avevo fame e m'hai dato da mangiare; avevo sete e m'hai dato da bere...". "Quando, Signore...?". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei fratelli, lo hai fatto a me". Dio che si schiera, si mette dalla parte degli ultimi e là convoca l'uomo e là dobbiamo avere il coraggio, anche noi, di schierarci.
Anche noi, come Dio, non siamo onnipotenti. Non possiamo togliere i tanti mali del mondo. Non siamo ancora capaci di guarire tutte le malattie. Non siamo capaci di saziare la fame di tanti uomini, ma là Dio ci chiama. Là, dove l'uomo è umiliato, dove è afflitto, dove c'è una lacrima da asciugare. Il senso del nostro credere in Dio è proprio lo schierarsi. E là - se ascoltiamo il Vangelo - solo là, possiamo incontrare veramente Dio!
Vorrei aggiungere un'altra cosa, perché ho sentito quest'obiezione tante volte: "Ma questo discorso non vale solo per i credenti, vale per tutti gli uomini di buona volontà". Certo! ma perché il credente deve essere diverso da un uomo di buona volontà? Perché non devo rallegrarmi che c'è chi come me e più di me ha capito Dio, anche se non ci crede, anche se lo bestemmia... e si schiera accanto all'ultimo?
Uno dei grandi scrittori del nostro tempo, Albert Camus, diceva: "Nel mondo c'è la "peste", una peste inevitabile, ricorrente. L'uomo non può far altro che rimboccarsi le maniche e accorrere là, creda o non creda, senza porsi troppe domande...". Accanto all'uomo che soffre troviamo Dio; solo là, possiamo incontrarlo e là incontriamo tanti fratelli che pure non credono, ma che stanno lì, forse, più di noi. Ed è gente vicina a Gesù, testimone di Dio, forse, più di noi.
Ecco il senso della fede, ecco chi è Dio! Un Dio che, come una mamma, si schiera dalla parte dell'uomo "malato". Ecco chi è il cristiano, chi è l'uomo di buona volontà... è uno che sa che nel mondo c'è il male, sa che non può toglierlo, ma deve schierarsi per tendere la mano, per fare quello che può e se non si schiera, non è un credente; di più, non è un uomo.
A dirlo è tutto semplice, a vivere questa nostra fede così esigente ed autentica è molto più complicato.
Il Signore ci aiuti.
Gesù, pieno di Spirito Santo, fu condotto I DOMENICA di QUARESIMA - 21 Febbraio 2010
dallo Spirito nel deserto dove, per Luca 4, 1-13
quaranta giorni, fu tentato dal diavolo.
Quello che abbiamo appena ascoltato è il tentativo dei primi cristiani di dare un nome e un cognome al "diavolo". Non si tratta di sapere se il diavolo si chiama Satana o Belzebù: il problema è molto più serio! Si tratta di cercare, di scoprire, di intuire cosa ci spinge al male; cosa condiziona la nostra ricerca del bene.
E - come avete ascoltato - il diavolo, secondo i primi cristiani, è estremamente forte e potente: può sollevare Gesù fino sul punto più alto del tempio; può mostrargli tutti i regni della terra!
Oggi, la maggior parte di noi - credo di potervi coinvolgere - non crede più nel diavolo come essere personale che spinge l'uomo al male. Sarebbe, però, molto grave se non ci rendessimo conto di tutto quello che ci condiziona nella nostra ricerca della giustizia e della gratuità; di tutto quello che intorno a noi e lontano da noi ci spinge verso il male; allora il nostro compito, come credenti, rimane lo stesso dei primi discepoli: dobbiamo tentare di dare "nome e cognome" al diavolo.
Vediamo se mi riesce di lasciarvi intuire qualche cosa.
Il primo diavolo, la prima tentazione è: "fatti i fatti tuoi"! Gesù può trasformare le pietre in pane, perché non lo fa per se stesso? Che gli importa degli altri? Esiste questo diavolo oggi?...
Se vi guardate intorno sembrerebbe - e in questo momento nella vita del paese, più che in altri tempi - che la logica sia quella di farsi i fatti propri. Chi governa rischia di dire: "Qui comando io e faccio quello che mi pare!". Nella pubblica amministrazione, nel sistema degli appalti ognuno si fa i fatti propri. Ognuno cerca di accumulare quello che può, disinteressandosi della legge, del rispetto degli altri, addirittura - come sembra - scherzando e ridendo sulle disgrazie che capitano alla povera gente.
Ma non riguarda soltanto personaggi importanti che fanno traffici in questo paese... riguarda anche qualche cosa che ci sta più vicino.
Ho ascoltato dei giovani dire: "Fanno tutti così, anch'io mi faccio i fatti miei, devo difendermi da questo mondo!" e - badate - nei rapporti umani, nei rapporti familiari sono pieni di tenerezza, di attenzione, eppure nel pubblico, nella società, pensano di doversi difendere e farsi i fatti propri, perché tutto funziona così! Vedete che "diavolo" potente abbiamo intorno!
Ho anche ascoltato, tante volte, insegnanti che si lamentano... i genitori pensano soltanto a farsi i fatti propri, gli importa solo del figlio; di come funzioni la scuola, di come vadano le cose non gliene interessa niente... sono pronti sempre e comunque a difendere i loro figli: "Così fan tutti e così faccio anch'io!"
Il Vangelo ci indica un secondo "diavolo": è quello del potere, del successo, della ricchezza. Sembra che in questo mondo - forse, oggi più di ieri quando vivevamo in un mondo contadino - conti soltanto chi ha soldi, chi ha successo, chi riesce ad arrivare in televisione, chi appare, chi riceve l'applauso e il consenso della gente. Sembra che conti solo chi riesce ad esercitare il potere e - badate - non riguarda soltanto il mondo politico, pensate al mondo ecclesiastico. Pensate a quanti preti, a quanti vescovi; pensate, qualche volta, al Papa: cercano solo il loro potere, non ascoltano nessuno. Vogliono imporre il loro modo di vedere, le loro idee e dominare sulla coscienza del loro prossimo!
È la forma più potente del potere quando riesco a controllare il cuore di un'altra persona, a fargli venire sensi di colpa, perché non ha rispettato le regole… giuste non per lui, ma per me!
Pensate - se volete venire più vicino - al potere che qualche volta i genitori esercitano sui figli: li vogliono a loro immagine e somiglianza. Pensate al potere del marito sulla moglie e della moglie sul marito: è un "diavolo" cattivo, ci sta intorno, ci soffoca da ogni parte. Rischiamo di dire anche noi: "Fanno tutti così!".
E c'è un terzo "diavolo". Luca lo mette per ultimo cambiando l'ordine di Matteo, forse, perché lo ritiene più importante o almeno quello che ci riguarda più da vicino: è il diavolo religioso!
Gesù viene portato sul punto più alto del tempio e il diavolo gli dice: "Buttati giù così tutti vedono, tutti applaudono, vedono il prodigio, il miracolo e corrono".
Cosa vedete alla televisione? Prodigi, miracoli, Madonne che piangono, che ripetono messaggi ogni giorno... dicono sciocchezze spesso, ma questo sembra non importare; l'importante è che ci sia il prodigio.
La religiosità, spesso, è una religiosità di tipo commerciale: io ti offro qualche cosa, faccio dire una Messa perché si liberi un'anima dal purgatorio, ti offro un sacrificio, un dono, un fioretto... per avere una grazia! Un rapporto commerciale in cui non c'è più la gratuità del rapporto con Dio.
Non ci lamentiamo, poi, se nella stanza del "boss" troviamo Bibbie di ogni genere, immagini di tutti i santi possibili… e qualcuno dice: "In buona fede!".
Che religione predichiamo? Che religione ci portiamo dentro? Dov'è la gratuità, la ricerca appassionata di Dio, dei Suoi valori, "dell'oltre", la ricerca della gratuità, delle cose essenziali della vita?
Cos'è la religione? A cosa si riduce intorno a noi la religione? Ogni volta che guardate in televisione qualche immagine che riguarda la religione di questo si parla: riti solenni, manifestazioni di potere; a volte anche accumulo di ricchezze... ma dov'è la fede?
Allora, ciascuno di noi è tentato di dire: "Questa è la religione, la "mia" religione! Vado in chiesa così il Signore mi protegge. Faccio una novena così il Signore o la Madonna mi fanno una grazia..." e via discorrendo!
Vedete, i "diavoli" sono seri, li abbiamo intorno! Ci spingono a non cercare il bene, sono di ostacolo nella ricerca della gratuità, nella ricerca appassionata di Dio, della Sua luce, della Sua gloria, dei Suoi valori... qualcosa che dovremmo cercare nell'intimo di noi stessi.
Ecco, allora, un compito per questa Quaresima! Cercate di dare "nome e cognome" ai vostri diavoli. Non li prendete sottogamba: sono diavoli cattivi e potenti. È il mondo che ci sta intorno, è quello che ci condiziona, è quello che ci impedisce di cercare Dio e di cercare la gratuità nella vita con i fratelli.
È il compito per questa Quaresima perché Pasqua sia Pasqua, perché ci sentiamo più liberi, perché, come Gesù, sappiamo anche noi dire il nostro no a tutto quello che sciupa la vita.
Il Signore ci aiuti.
...Gesù prese con sé Pietro, Giacomo II DOMENICA di QUARESIMA -28 Febbraio 2010
e Giovanni e salì sul monte a pregare. Luca 9, 28b-36
Mentre pregava… la sua veste
divenne candida e sfolgorante.
Domenica scorsa notavamo come i primi cristiani tentano di dare nome e cognome al diavolo; di individuare cioè le spinte, le tentazioni che, nella vita di ogni giorno, ci impediscono di cercare la verità, la giustizia, la gratuità.
Oggi - come avete ascoltato - i primi cristiani ci dicono che non basta dire: "No". Occorre cercare la Luce. Credo che tutti siate convinti che quello che abbiamo appena letto non è il racconto di un fatto accaduto tanto tempo fa, ma il tentativo di mostrarci, attraverso un racconto simbolico, una specie di sacra rappresentazione, l'esigenza fondamentale del credente, quella di cercare in Gesù di Nazareth, la luce, i valori essenziali.
Siamo invitati oggi - lo avete ascoltato - a "salire sul monte". Non si tratta di andare in un eremo o in cima ad una montagna, ma di guardare un po' dall'alto la corsa, l'affanno di ogni giorno, le preoccupazioni quotidiane... di allontanarci dal rumore del mondo, per cercare di cogliere gli aspetti essenziali del nostro vivere e, soprattutto, per incontrare Lui.
Per i credenti Gesù è la Luce! Il Vangelo di Giovanni usa tante immagini: Gesù è il Pastore che ci cammina davanti; è la porta attraverso la quale andiamo verso i pascoli della vita. Gesù è la via, la verità, la vita; è il Figlio che siamo invitati ad ascoltare.
Ecco, noi che cerchiamo di credere, scopriamo in Gesù di Nazareth qualcosa della luce di Dio: per questo siamo invitati a salire sulla "montagna" e ad incontrare Lui, la Sua parola, la realtà della Sua vita, i sogni del Suo cuore.
Abbiamo un problema! Un problema che - come avete ascoltato - i primi cristiani ci dicono in maniera, forse, un po' ridicola: i tre discepoli che vanno con Gesù sul monte e assistono alla trasfigurazione, dormono! Come si può dormire in una situazione del genere o, forse, è solo un sogno? No, è il mio e il vostro "sonno"!
Dormiamo perché ci lasciamo prendere dalle troppe preoccupazioni di questo mondo: dall'ansia, dal correre, dal frastuono di tante voci che ascoltiamo e rischiamo di rinunciare alla ricerca della verità e della luce. Come è possibile, in questo mondo, andare alla ricerca dei valori essenziali? È possibile parlare di gratuità e di amore? Qualche volta ci addormentiamo! Il "sonno" della ricerca, la mancanza della passione, dell'inseguimento della Luce!
Credo - permettetemi una piccola parentesi - che un altro sonno accompagni la vita della Chiesa: è quello dell'ignoranza del Vangelo e della Scrittura.
Avete notato che in questa pagina compaiono anche Mosè ed Elia: sono i rappresentanti della grande tradizione di Israele, delle grandi intuizioni della fede che questo popolo straordinario è riuscito a trasmettere fino a noi… ma quanti cristiani sono in grado di leggere la Scrittura? Troppe volte nella Chiesa ci si dimentica della Parola di Dio!
E c'è anche un altro problema... nel momento in cui intuiamo qualche cosa di Gesù e della Sua luce vorremmo rimanere sul "monte"!
Pietro dice: "È bello per noi stare qui, ci fermiamo; facciamo tre capanne"... laggiù nel mondo c'è la cattiveria, il male, le tentazioni del diavolo; abbiamo, finalmente, trovato qualcosa della Tua luce, perché scendere giù? Avete ascoltato il Vangelo? "Non sapeva quello che diceva!". Non si può rimanere sul "monte", è un'illusione. La nostra vita è giù in mezzo alla gente.
Ci sono, anche oggi, nella Chiesa gruppi che pensano che il mondo sia brutto e cattivo: tutto è male, tutto è negatività, allora sono tentati di ritirarsi insieme in una "cuccia" calda, credendo di aver scoperto la luce! Non si può! Non si è più cristiani! Bisogna scendere "giù" in mezzo alla gente!
Vedete, ci ritroviamo qui la domenica per sederci ai piedi di Gesù, tentiamo di ascoltare la Sua parola, di nutrirci di Lui, del Suo pane, della Sua vita... ma, se la Messa si riduce all'osservanza di un precetto, ad un momento gratificante... non serve a niente!
È là, fuori da quella porta che c'è la vita. È là, fuori da quella porta che dobbiamo rendere vivi i valori che tentiamo di cercare e di scoprire in Gesù; ed è un'avventura che non finisce mai. È un'avventura che ricomincia ogni giorno. L'avventura di scoprire dentro di noi e nella Parola e nell'incontro con Gesù i valori essenziali e, poi, tentare di testimoniarli, concretamente, nella vita di ogni giorno.
A parole tutto sembra semplice, ma - se vogliamo consolarci - non solo per noi, anche per i primi cristiani. Loro sapevano, però, che c'è un "sonno", che c'è l'illusione di restare sul "monte"; che bisogna tornare in mezzo alla gente e testimoniare i valori di Gesù, ma anche loro - come noi - erano povera gente, qualche volta ci riuscivano e qualche volta no!
Ma, se vogliamo essere credenti, non possiamo fermarci, stancarci di cercare Gesù, la Sua luce, la bellezza dei Suoi valori e di tentare di testimoniarli, come si può, nella vita di ogni giorno, senza scoraggiarci e, ogni domenica, ritorniamo qui e il Signore ci invita a mangiare, a nutrirci di Lui, a camminare ancora.
Il Signore ci aiuti.
La torre di Siloe… III DOMENICA di QUARESIMA - 7 Marzo 2010
L'albero del fico… Luca 13, 1-9
Vorrei consigliarvi - se posso - di tenere nel cuore le due immagini del Vangelo di oggi. Da un parte la torre di Siloe che, forse per un terremoto, cade e seppellisce diciotto persone: uno degli infiniti terremoti che hanno afflitto la terra. Sono, forse, peccatori quei diciotto su cui è caduta la torre di Siloe? No! Si cerca di rompere il legame che, spesso, ha accompagnato la vita degli uomini tra la disgrazia e la colpa; tra la malattia e il peccato.
E l'altra immagine: c'è un albero di fichi... sono, ormai, anni che non produce frutti e il padrone dice: "Tagliamolo!". Ma il vignaiolo: "Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire…"
Credo che se il padrone fosse tornato l'anno dopo ancora il contadino gli avrebbe detto: "Aspetta ancora un altro anno!"… e poi ancora un altro… non si parla di alberi, si parla di uomini! L'uomo non è mai irrimediabilmente perduto, c'è sempre una speranza.
Vedete, due immagini: una che cerca di rompere il legame, così radicato nella vita degli uomini, tra la malattia e il peccato, tra la disgrazia e la colpa; l'altro che cerca di conservare nell'uomo la speranza di poter sempre cambiare, di cominciare a portare frutto.
Non vi sembra un discorso semplice? Eppure nella mia vita di prete - ormai abbastanza lunga - sono le domande a cui ho dovuto rispondere più di tutte le altre!
Ho incontrato decine, forse, centinaia di volte persone, afflitte, che mi dicevano: "Padre, che male ho fatto? Perché mi è capitato questo?". E può succedere - l'ho sentito dire tante volte - che qualcuno pensi che Dio punisca le colpe dei padri nei figli: "Che colpa ha mio figlio? Al più ho colpa io!".
Ho tentato di domandarmi: "Perché? Perché l'uomo non riesce a rompere questo legame?" Credo che noi uomini abbiamo la tendenza a cercare una spiegazione "superiore".
Per spiegarmi meglio, cerco di farvi un esempio.
Vedete, se un ragazzo prende la sua macchina in una sera piovosa, la macchina slitta sull'asfalto e finisce contro un albero e rimane ucciso... provate a parlare con la mamma, vi chiederà: "Perché...?". È inutile che gli diciate: "L'asfalto è bagnato, le macchine corrono troppo, l'albero è solido non può diventare gomma…!". Continuerà a chiedervi con occhi disperati: "Perché è successo questo? Dio, il destino…".
È inutile cercare un perché "ultimo"... sono le cause concrete su cui dovremmo riflettere! Perché se non ci rendiamo conto, tutti, che l'asfalto bagnato fa slittare, che se si corre troppo si rischia; che gli alberi sono duri, non possono diventare di gomma quando ci fa comodo; che se non c'è prudenza mettiamo in gioco la nostra vita... continueranno ad esserci sulle nostre strade e sulle strade del mondo, ogni anno, migliaia e migliaia di morti. La vita va presa sul serio in tutti i suoi drammatici aspetti. Non si può cercare un perché "superiore", significa non prendere sul serio la nostra vita!
Ma c'è, anche, un pericolo maggiore. Ogni volta che sulla terra si è abbattuta una carestia o una pestilenza, gli uomini hanno cercato di chi fosse la colpa e si è puntato il dito, spesso, sui più deboli… sulle donne un po' diverse, un po' emarginate: le streghe. Spesso sui barboni che venivano considerati degli "untori" che portavano la peste, qualche volta, addirittura, sui gatti neri...
Si punta il dito contro qualcuno perché non si trova il coraggio di guardare la vita, di cercare di capirla, di cambiare. Se non prendiamo sul serio le strade, gli alberi, le macchine; se non prendiamo sul serio le malattie, se non impariamo a curarle, tutti noi, rischiamo la vita.
E c'è il secondo discorso!
Un albero di fichi, si può sempre sperare che porti il suo frutto quest'anno o il prossimo… non si parla di alberi, si parla di uomini!
Quante volte ho incontrato persone sopraffatte dal senso di colpa: "Dio non potrà mai perdonarmi, non ho speranza di rimediare!". Il senso di colpa è qualche cosa di devastante ed è profondamente diverso dal senso del peccato che spinge a cambiare, a cercare quello che si può fare di meglio... No! il senso di colpa ti schiaccia, ti senti incapace, impotente, emarginato, allontanato da Dio, dalla comunità dei fratelli, senti di non avere più speranze. Quanta gente ho incontrato con questi pesi sul cuore!
Non solo, ho incontrato, spesso, persone che invocavano la pena di morte! È l'altro risvolto dello stesso discorso: chi ha commesso un crimine grave, odioso, va ucciso! Non gli si può dare nessuna speranza di cambiare, di riprendere a portare frutti di bene: la pena di morte, l'uccisione, la vita che si spegne, la speranza che muore.
Ecco perché vi consigliavo di conservare nel cuore queste due immagini: la torre di Siloe che tenta di rompere radicalmente il legame tra la colpa e la disgrazia, tra il peccato e la malattia e l'altra immagine dell'albero del fico che tenta di dare a ogni uomo, al peggiore degli uomini la speranza di cambiare, di convertirsi, di rimettersi sulla strada, di portare frutti di bene.
L'uomo e Dio non possono mai far pace con l'odio, con la violenza, con il male, con i crimini odiosi... ma ogni uomo può avere la speranza - almeno nell'utopia di Dio, anche se non nella nostra - di cambiare, di arrivare a portare frutto... "Aspetta ancora un anno e, poi, ancora un anno..." non si può perdere la speranza per gli uomini... mai!
Sembrano discorsi semplici: non lo sono! Ho incontrato tantissime volte, nella mia vita, queste domande, questi pesi, questo sconcerto.
Il Signore ci aiuti.
"Bisognava far festa, perché questo tuo IV DOMENICA di QUARESIMA - 14 Marzo 2010
fratello era morto ed è tornato in vita Luca 15, 1-3. 11-32
era perduto ed è stato ritrovato".
Se vi chiedessi o se voi chiedeste a qualche amico: "Qual è la parabola più bella e più facile da comprendere del Vangelo?". Molti risponderebbero: "È questa!" quella che abbiamo appena ascoltato.
Quando ero giovane, anch'io pensavo che questa fosse la parabola più semplice, più accettabile del Vangelo, anno dopo anno mi sono convinto che è la più difficile e, forse, non accettabile per noi fino in fondo.
A pensarci bene dovrebbe essere normale, perché questa parabola tenta di parlarci di Dio e Dio non può che abitare "l'oltre", impossibile da comprendere fino in fondo per noi.
Vediamo se posso spiegarmi meglio.
Di questa parabola, noi comprendiamo con facilità i due figli. Li comprendiamo perché, in fondo, li abbiamo dentro anche noi, fanno parte della nostra esperienza.
Guardate il figlio maggiore! Lui ha osservato sempre tutte le regole, ha sempre ubbidito. Qualcuno di voi può dire: "Magari ce ne fossero anche oggi di quelli che osservano sempre e con scrupolo tutta la legge!". Però di questa osservanza ha fatto il piedistallo per giudicare e guardare dall'alto gli altri. E degli altri, in fondo, non gli importa molto. Lui si preoccupa delle cose, delle sostanze da accumulare e giudica severamente suo fratello che ha sciupato il suo patrimonio e, adesso, torna per sciuparne ancora. Non si preoccupa né del fratello che torna, né dell'affanno del padre che ha perso un figlio. A lui interessa la legge, a lui interessano le cose… e non è un uomo che ama la "festa". Si lamenta con il padre: "Non mi hai mai dato un capretto...!". E il padre gli risponde: "Ma è tutto tuo, potevi far festa quando volevi, perché non l'hai fatto?". Non ama la festa… per l'uomo, non è semplice amare la festa, la gratuità!
E guardate il fratello più piccolo! Anche lui è uno che si preoccupa delle "cose". Chiede la metà delle sue sostanze e, poi, non è capace di conservarle, sciupa tutto nei bagordi, con le prostitute... Anche lui non ama la "festa", sa solo stordirsi con il chiasso, con il rumore, se vivesse oggi, con la droga. È preoccupato delle cose... torna perché ha fame, cerca il pane, non cerca le persone! Avete notato? Non è andato nemmeno a salutare il fratello che sta nei campi, non si è preoccupato di lui; non gli importa delle persone: ha fame, vuole mangiare!
E, anche lui, rispetta la legge, l'ha tradita, sa che adesso l'aspetta la punizione e l'accetta: "Padre non son più degno di essere chiamato tuo figlio, trattami come uno dei tuoi dipendenti. So che ho sbagliato, mi aspetta una punizione; non son più nemmeno un uomo!". È sopraffatto dal senso della colpa: "Trattami come l'ultimo dei dipendenti, purché mi dia un po' di pane".
Ecco i due figli preoccupati delle cose, preoccupati della legge, incapaci di far "festa"! Guardate, invece, il padre! Lui non si preoccupa delle cose. Questo figlio ha sprecato metà delle sostanze, ma a lui non interessa. A lui interessa "quel" figlio; vuole bene a quel figlio, vuole che torni e che impari a far festa, perché il padre ama la festa. Al padre non interessa della legge che vuole la punizione di chi ha sbagliato. Il padre si interessa delle persone! È possibile credere - pensateci un momento - ad un Dio che sa rispondere con la festa al peccato e al male? Siamo capaci di accettare questo sogno dentro di noi, nella nostra vita?
Se qualcuno sbaglia, potremmo anche essere disposti a perdonarlo, ma vorremmo farglielo sapere, vorremmo che prima riconoscesse il male fatto, facesse penitenza, scontasse la sua colpa.
Al padre non interessano queste storie, non gli interessa la legge, la punizione... a Lui interessano i figli e vuole che tutti e due scoprano la "festa", che entrino in quella casa, che imparino a riconoscersi e a condividere la vita. Ecco il padre e i sogni di Dio troppo grandi per il nostro cuore!
Se volete convincervi che sono troppo grandi per il nostro cuore, pensate che in questi duemila anni, la maggior parte dei cristiani ha ritenuta giusta la pena di morte e ha condannato al rogo eretici, gente diversa, streghe e quant'altro. Pensate che ancora oggi molti cristiani ritengono giusto credere all'inferno! È possibile - secondo voi - leggere questa parabola e credere nell'inferno? Noi crediamo nella legge, crediamo nella punizione... noi non amiamo la "festa"!
È possibile, fratelli, sognare che fra mille, duemila anni l'uomo sia capace di mettere al centro non le cose, l'accumulo delle ricchezze, i problemi economici, la legge, l'osservanza delle regole, ma l'uomo, ogni uomo, il più piccolo degli uomini? Che l'uomo sia capace, finalmente, di credere alla "festa", alla festa della gratuità, della condivisione, della vita che si spartisce insieme, in un cammino verso la liberazione e la vita?
È possibile sperarlo? Ma è un sogno nell'ultimo orizzonte del cammino dell'uomo, perché quando ci guardiamo intorno in troppi... - lo troviamo anche dentro di noi - siamo come i due figli, preoccupati delle cose, delle regole, di sentirci migliori degli altri, di giudicare e di punire... i sogni di Dio sono più grandi del nostro cuore, altrimenti, non sarebbe Dio.
È possibile sognare con Lui? Noi siamo qui per tentare di farlo, perché Gesù si fa pane ed è qui la nostra festa. Lo sentiamo poco perché troppo spesso quando celebriamo l'Eucaristia non riusciamo ad esprimere la festa di Dio. È troppo la festa di Dio per il fragile cuore di un uomo!
Il Signore ci aiuti.
Gesù disse agli scribi e ai farisei: "Chi V DOMENICA di QUARESIMA - 21 Marzo 2010
di voi è senza peccato, getti per primo Giovanni 8, 1-11
la pietra contro di lei".
Vorrei comunicarvi, brevemente e semplicemente, alcune riflessioni fatte le ultime volte che abbiamo letto questa pagina del Vangelo di Giovanni. Sono riflessioni, forse, un po' sorprendenti per qualcuno di voi, ma possono aiutarvi ad intuire qualcosa della nostra fede.
Vedete, Gesù disubbidisce alla legge, non accetta la Parola di Dio!
Sono andato a cercare questa legge nella Bibbia e si trova per ben due volte... nel Libro del Levitico al capitolo venti è scritto: "Se un uomo commette adulterio con la moglie di uno dei suoi connazionali, i due colpevoli devono essere messi a morte". E nel Libro dei Numeri si legge: "Se un uomo sarà sorpreso a dormire con una donna sposata, tutti e due dovranno morire". Se leggessi queste cose dalla Bibbia concluderei la lettura dicendo: "Parola di Dio". Gesù non soltanto disubbidisce alla legge, non rispetta la Parola di Dio!
Allora che succede? La Parola di Dio cambia? Non c'è una parola che vale una volta per tutte? La Parola di Dio non è immutabile? Ebbene, no! La Parola di Dio non è immutabile! Come è possibile?
Ecco quello che è difficile comprendere per qualche cristiano... - ma è difficile anche per alcuni ebrei e per alcuni mussulmani - che la Parola di Dio si incarna nel faticoso e lento cammino degli uomini e si evolve. Il concetto di evoluzione non vale soltanto per la vita, per le leggi che regolano le creature viventi, vale anche per la morale, anche per la fede; vale anche per la Parola di Dio: questo, forse, per qualcuno di voi è sconcertante, ma è così!
Leggendo questa pagina ci troviamo davanti a Gesù che disubbidisce... perché la parola è chiara: devono morire! e Gesù si rifiuta di condannare questa donna!
Come è possibile questo? Non c'è il rischio che ciascuno si faccia la legge, che si modifichi la Parola di Dio secondo i gusti di ciascuno?
Qualcuno di voi può dire: "Solo Gesù può permetterselo!". Eh, no! Se lo sono permesso anche altri cristiani nel corso della storia della Chiesa!
Gesù si sente libero e ci vuole liberi, ma su quali valori si basa per violare la legge e superare la Parola di Dio?
Con ogni probabilità, qui c'è il rifiuto di Gesù della pena di morte! La pena di morte stronca la vita e la speranza di un uomo. Non c'è nessuna possibilità di conversione, di cambiamento, di rinnovamento: è la morte, la fine, si toglie ogni speranza e per Gesù, questo, non è accettabile!
Ma c'è, forse, un altro principio che lo guida... il principio dell'uguaglianza tra uomo e donna. Perché, qui, c'è solo la donna? E l'uomo dov'è? Perché lo hanno lasciato fuggire? Ancora si punisce il più debole, ancora non si ha rispetto per la donna!
Vedete, sono passati duemila anni e nella vita della Chiesa ancora non c'è rispetto per la donna! Voi... - e credo tutti, anche i più giovani - non vedrete una donna al posto mio e vi diranno: "Gesù non ha fatto prete nessuna donna!". Potete rispondere: "Ma Gesù ha fatto preti solo uomini sposati! Perché non c'è un uomo sposato a dire la Messa?". Vi risponderanno: "Ma sono storie...". Non si accetta il cammino lento e faticoso della dignità, del rispetto dell'uomo, dell'uguaglianza tra l'uomo e la donna.
Chissà se i nipoti dei nostri nipoti vedranno delle donne celebrare l'Eucaristia? Spero di sì, perché qualcuno saprà andare oltre non soltanto alla Antica Parola, ma anche al Vangelo!
Nel Vangelo non ci sono donne tra gli apostoli, ma il lento cammino della nostra fede, ci ha portato a pensare che uomini e donne sono uguali!
Un'altra cosa su cui Gesù, probabilmente, si basa per violare la legge è il notare che, in qualche modo, ogni uomo si porta dentro il peccato e non può giudicare gli altri dall'alto del piedistallo dell'osservanza della legge.
Qui posso permettermi una parentesi che, forse, può farvi sorridere.
Secondo voi se si invitasse, oggi, la gente a scagliare le pietre contro un peccatore, tutti se ne andrebbero? La maggior parte tirerebbe pietre! Molti tirano pietre nel mondo in cui viviamo! Molti puntano il dito contro gli altri e quasi nessuno dice: "E se fosse colpa mia... se c'entrassi in qualche modo nel peccato di chi mi sta intorno, dei figli, dei nipoti che crescono?". Nessuno - secondo Gesù - può sentirsi innocente!
Ma c'è ancora un'altra cosa che gli impedisce di scagliare la pietra contro questa donna ed è - per quello che ho capito io - il fondamento stesso del Vangelo.
Guardatela un momento questa donna sbattuta per terra, umiliata, offesa, impaurita; i suoi occhi sono terrorizzati, la stanno per lapidare: una morte crudele... Gesù ha il coraggio di guardarla negli occhi e di fronte a questa donna impaurita e offesa ogni tradizione, ogni legge, anche la Parola di Dio, cade! Perché l'unica cosa sacra sulla faccia della terra - secondo Gesù - è l'uomo, ogni uomo, soprattutto, quando l'uomo è offeso, violentato, impaurito, terrorizzato.
Gesù prende per mano questa donna: "Alzati e va, non peccare più". Non può far pace con il suo peccato, ma con lei sì. Lei ha diritto ad un rispetto assoluto. Lei ha diritto ad una mano tesa. Lei conta più di ogni tradizione, più di ogni legge, conta più della Parola di Dio... oggi potremmo dire che conta più del Vangelo, perché - secondo Gesù - l'unica cosa sacra è l'uomo.
"Non è l'uomo fatto per la legge, la legge è fatta per l'uomo".
E se la legge non ha rispetto di ogni uomo, soprattutto, dell'uomo violentato e offeso, la legge si "deve" violare, non secondo me, secondo Lui!
Rileggetevi questa pagina del Vangelo... Gesù si rifiuta, Lui che, forse, potrebbe tirare una pietra: "Alzati e va, non peccare più". L'unica cosa sacra è l'uomo, ogni uomo.
Il Signore ci aiuti.
Maria di Magdala si recò al sepolcro di PASQUA di RISURREZIONE - 4 Aprile 2010
mattino, quando era ancora buio, e vide Giovanni 20, 1-9
che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Avete notato, penso tutti, un certo imbarazzo in quello che abbiamo appena letto. Maria di Magdala va al sepolcro, lo trova vuoto e crede che abbiano rubato il corpo del Signore. I discepoli, avvisati, corrono, ma il più giovane che arriva per primo sembra aver timore di entrare, si ferma sulla soglia. Pietro entra, vede i teli, ma non si dice che ha creduto; lo si dirà poi, nel Vangelo di Giovanni. C'è una sorta di imbarazzo che è comune anche agli altri Vangeli. Sembra che i primi discepoli facciano una gran fatica a credere nella Risurrezione!
Vedete, noi non sappiamo che cosa è accaduto là, ma se leggete i Vangeli potete notare che procedono insieme nel racconto della passione e della morte di Gesù; trovate quasi le stesse parole, solo piccole differenze, ma quando si arriva ai racconti della Risurrezione ognuno va per la sua strada, ognuno ha le sue storie, le sue memorie, spesso contraddittorie: per alcuni Gesù appare solo in Galilea, per altri solo in Gerusalemme… ma c'è una cosa che accomuna tutti i racconti della Risurrezione: i discepoli faticano a riconoscere il Signore!
Fanno fatica i discepoli riuniti nel Cenacolo... tutti ricordate Tommaso che deve mettere la mano. Non riescono a riconoscere Gesù i due discepoli che vanno verso Emmaus, Gesù cammina con loro, ma lo riconoscono solo la sera mentre spezza il pane. Non riconoscono Gesù nemmeno Pietro e gli altri discepoli quando sono sulla barca a pescare...
Sembra molto sorprendente quando si leggono per la prima volta i Vangeli, poi, forse, possiamo intuire qualche cosa. Se ci pensate, è la nostra esperienza!
Per noi è semplice credere nella morte, nel male, facciamo fatica a credere veramente nella risurrezione e nella vita. Vedete, non si tratta di credere ad un prodigio, i cristiani di tutti i tempi hanno sempre creduto nei miracoli, nei prodigi, è quindi semplice credere che il sepolcro sia vuoto, che Gesù appaia vestito di luce... ma non si tratta di questo, occorre credere che Gesù è vivo, che ha ragione Lui, che i Suoi valori, i Suoi ideali, i Suoi sogni sono vivi per me, nella mia vita: questo è molto, molto più complicato.
I cristiani di tutti i tempi non hanno fatto mai fatica a credere nella violenza, nel dolore, nella sopraffazione... lo si vede intorno! E, forse, per noi, oggi, è ancora più semplice… la televisione ce lo riversa ogni giorno in dosi massicce, vediamo quasi solo il male del mondo e per molti di noi è difficile credere in un futuro che sia ricco di giustizia, di vita.
Molti di noi si domandano con cuore smarrito: "Che sarà dei nostri figli, dei nostri nipoti, che mondo troveranno?". E sapete qual è la conseguenza? Che ciascuno di noi rischia di vivere la sfiducia, non soltanto per i grandi problemi del mondo, ma per la giustizia quotidiana.
Ho incontrato tanti, troppi cristiani che dicono: "Vede, padre, in questo paese ognuno si fa i fatti propri... chi può rubare, ruba; chi può non pagare le tasse, non le paga... perché io devo passare per fesso?
Credere nella Risurrezione significa credere nella giustizia, nel bene, nel rispetto degli altri, nel servizio, nell'amore. Rischiamo di diventare intolleranti. "Tutti fanno così" e ci cresce dentro il rancore, la rabbia verso gli altri, là, dove dovrebbe crescerci dentro una risposta fatta di tenerezza, di rispetto, una risposta pacifica, accogliente: questo significa credere nella Risurrezione!
Non si tratta di credere in un prodigio accaduto tanto tempo fa… noi tentiamo di credere che Gesù ha ragione, che è vivo, che sono vivi nella nostra vita i Suoi valori, i sogni del Suo cuore, che è viva la giustizia e il bene; che l'ultima parola della storia del mondo non è la morte, il male, la violenza, il menefreghismo, il pensare solo a se stessi... Gesù è venuto in mezzo a noi per testimoniare il dono di sé, l'accoglienza, il servizio, la vita, la pace...
Allora capite perché nel Vangelo i primi cristiani fanno fatica a riconoscere Gesù, a sentirlo vivo! Sanno che sono coinvolti, ormai per la vita, dietro di Lui, se vogliono essere credenti. Non possono rassegnarsi al male. Devono sentire che il Signore è vivente nel loro cuore, nella loro vita, nella loro esperienza di uomini.
A parole, vedete, tutto è facile, ma nella vita di ogni giorno, per tutti noi, non lasciarci prendere dalla sfiducia, dallo scoraggiamento è molto più complicato.
Per tutti noi credere ogni giorno, concretamente, nella tenerezza, nel rispetto, nel dono, nel servizio, nella gratuità, nell'amore non è semplice, ma questo è vivere la Risurrezione.
Il Signore ci aiuti.
Disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda II DOMENICA di PASQUA - 11 Aprile 2010
le mie mani; tendi la tua mano, e mettila nel mio Giovanni 20, 19-31
fianco; e non essere incredulo, ma credente!".
Vorrei cominciare leggendovi alcuni versi da un sonetto di Belli, spero che molti di voi abbiano a casa i sonetti del Belli, sono veramente straordinari. Il sonetto di cui vorrei leggervi qualche verso si intitola: "Er dottoretto". È un affittacamere che ha tra i suoi inquilini, due predicatori, importanti probabilmente, e il Belli lo chiama ironicamente "dottoretto". I versi finali sono questi:
Li du’ inquilini mii sò mmissionari,
e pprèdicheno in piazza, e in conzeguenza
è cchiaro che nun ponno èsse somari.
Dicheno lòro c’a pparlà de fede
sce s’arimette sempre de cusscenza.
Cqui nun z’ha da capí mma ss’ha da crede.
Quante prediche avete ascoltato in cui, in modo diretto o indiretto, vi hanno detto che "nun s'ha da capì, nun s'ha da pensà, ma s'ha da crede"? Quante prediche in cui il dubbio di Tommaso veniva demonizzato? Ha torto Tommaso, non crede, non si fida di quello che dicono gli amici... "nun s'ha da capì, ma s'ha da crede".
Vedete, nella Chiesa, anche oggi - ma è stato così spesso - sono esaltati dei personaggi e non bisogna capire la loro vita, quello che hanno fatto, le loro parole, "s'ha da crede" che siano personaggi mitici. Ed eventi straordinari - se ne parla in questi giorni - come l'ostensione della Sindone... anche lì "non s'ha da capì, non s'hanno d'ascoltà gli scienziati, s'ha da crede".
Nella Chiesa si privilegiano riunioni oceaniche in cui la gente applaude freneticamente, spesso senza capire perché applaude, chi applaude, che motivo ha di applaudire. Nella vita della Chiesa sono privilegiati, spesso, dei gruppi in cui si cerca di stare insieme in maniera acritica; si ubbidisce ai padri spirituali, ai catechisti senza troppo pensare. Pensa il gruppo, non c'è un invito ad un pensiero personale, ad una ricerca, non si ammette il dubbio! Il dubbio non è pericoloso, spinge a cercare ancora, a farsi domande, a intuire qualche cosa di importante.
Vedete - se ho capito qualche cosa - credere significa riconoscere la presenza di Dio nella propria vita. Credere significa riconoscere che Gesù ha parole di vita, che ha ragione, ma cosa significa questo, nel concreto dei nostri giorni? Cosa significa credere in Gesù? Cosa significa tradurre le Sue parole in qualche cosa di concreto per la nostra vita, per i fatti che ci succedono ogni giorno? Come possiamo calare le parole di Gesù in quello che ci accade intorno? Ci vuole tutto lo sforzo della nostra intelligenza, tutta la passione della nostra ricerca! Bisogna coltivare il dubbio, coltivarlo con attenzione!
Se il Signore ci ha dato l'intelligenza è proprio per cercare, per porci domande, per coltivare i dubbi: altrimenti le conseguenze possono essere gravi e qualche volta drammatiche.
Vi siete mai chiesti perché, in questo paese con grande tradizione cattolica, la ricerca scientifica è più indietro che in altri paesi?
Vi siete mai chiesti perché, in questo paese, la terapia del dolore, la cura dei malati negli ospedali è più indietro che in altri paesi?
Vi siete mai chiesti perché, in certe regioni che sono più cattoliche di altre - almeno se si guarda la frequenza alla chiesa - c'è una profonda mancanza del senso dello Stato, della società civile?
Vi siete mai chiesti perché nelle regioni più cattoliche di questo paese cresce l'intolleranza, il rifiuto dello straniero, la colpevolizzazione del diverso?
Le conseguenze possono essere molto più drammatiche!
L'abitudine ad applaudire acriticamente, a non pensare, a non porsi dei dubbi ha portato al nazismo e al fascismo, con conseguenze tragiche per tutta l'umanità! E se fosse, in parte, colpa di una educazione cattolica che, fin da piccoli, ci abitua ad ubbidire, a credere senza pensare?
Conservate nel cuore l'ironia del Belli, "qui nun s'ha da capì, s'ha da crede". Qui si deve pensare perché credere è pensare! Credere è porsi domande, è cercare di utilizzare la nostra intelligenza, il dono più grande che il Signore ci ha fatto, per capire come si possono calare nel concreto della vita i valori, gli ideali, i sogni di Gesù.
Questo è affidato alla nostra ricerca... è una ricerca personale che, poi, possiamo mettere in comune, condividere con gli altri, ma possiamo condividere solo se abbiamo tentato di porci domande, di interrogarci.
Ecco perché ha ragione Tommaso! Tommaso vuole toccare, vuole sapere, non si fida di quello che dicono gli altri. Tommaso vuole pensare con la sua testa ed ogni cristiano è invitato a pensare con la propria testa, a cercare, a interrogarsi e non è una cosa marginale, è fondamentale per 1'uomo e per il cristiano e, quindi, avete tutto il diritto di dubitare e di criticare anche quello che vi ho detto.
Oggi, parlandovi, ho potuto dire solo parole generiche, ma dietro le mie parole c'è tanto della storia dei nostri giorni, c'è tanto della Chiesa in cui viviamo! Quando tornate a casa cominciate a pensare alle varie situazioni concrete e chiedetevi cosa c'è dietro...
Il Signore ci ha dato l'intelligenza per pensare, se no ci avrebbe fatti come scimmie… è bene ricordarcelo!
Il Signore ci aiuti.
"Venite a mangiare"... prese il pane e lo III DOMENICA di PASQUA - 18 Aprile 2010
diede loro e così pure il pesce. Poi disse a Giovanni 21, 1-19
Pietro: "Pietro, mi vuoi bene?" "Signore,
tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene".
Se leggete questa pagina come un racconto di fatti accaduti tanto tempo fa trovate domande a cui è impossibile rispondere e tante stranezze che non è semplice interpretare.
È possibile - secondo voi - che dei pescatori esperti passino tutta la notte sul lago senza pescare nulla? Questo, forse, è possibile! Ma, poi, è possibile che arrivando verso la riva trovano uno Sconosciuto che dice: "Buttate la rete a destra..." e quelli la buttano e prendono su una moltitudine di pesci?
È possibile che i discepoli non riconoscano Gesù? E avete notato Pietro che sulla barca è svestito, si mette la veste e si butta in acqua, quando il discepolo prediletto gli dice: "È il Signore!". In genere, quando ci si butta in acqua si toglie la veste non la si mette!
E sulla spiaggia perché Gesù dice ai discepoli: "Portate da mangiare..." quando il fuoco è acceso e il pesce è già pronto?
E perché Gesù chiede a Pietro per tre volte: "Mi vuoi bene?". Pietro, alla fine un po' spaventato, dice: "Signore,Tu sai tutto, perché mi fai queste domande?". Ecco, perché Colui che sa tutto fa queste domande? Vedete quante stranezze in questa pagina!
Se invece cercate, in questo suggestivo racconto, l'esperienza che i discepoli hanno fatto nel loro incontro con Gesù... allora trovate qualcosa di straordinario e non solo della loro esperienza, ma anche di quella di tanti cristiani che hanno attraversato le storia e, probabilmente, anche la vostra esperienza, come io ci trovo la mia.
Non vi è mai capitato di avere la sensazione di avere lavorato invano nella notte senza combinare nulla? Di esservi dati da fare, in qualche campo, senza ottenere grandi risultati?
Vi è capitato, qualche volta, di non riuscire a riconoscere Gesù, a credere, veramente, nei Suoi valori... non solo dire una preghiera, professare la fede con parole scritte sul libro, ma sentire che Gesù ha ragione, che le Sue parole sono parole di vita, che i sogni del Suo cuore sono la realtà più profonda del nostro cammino sulla terra?
Vi è capitato, qualche volta, di sentirvi "nudi" davanti al Signore? Povera gente che ha bisogno di "coprirsi"… perché ci sentiamo incapaci di voler bene fino in fondo, di amare come il Signore ci ha amato?
Vi è capitato, come a Pietro, di rinnegare il Signore, di dire che non lo conoscete, di non aver vissuto fino in fondo i Suoi valori?
Vi è capitato, qualche volta, di aver fatto l'incontro lieto con il Signore che è venuto non per i giusti, ma per i peccatori? Di sentirvi chiedere, non da una voce che viene "dall'alto", ma nel profondo del cuore: "Mi vuoi bene?" E, anche voi, come Pietro, forse con un po' di smarrimento, avete detto: "Signore, Tu lo sai, ti voglio bene, cerco di volerti bene".
Questa è la fede! È riconoscere il Signore nella nostra vita, è sentire che Lui è venuto per noi, gente dal cuore pesante e che ci invita - anche oggi - a mangiare: "Venite, mangiate" è già pronto per noi il pane.
Siamo invitati tutti, anche chi, come Pietro, ha il cuore pesante; anche chi ha fatto l'esperienza di lavorare tutta la notte senza pescare granché; anche chi sente di doversi "rivestire" davanti al Signore perché ci sentiamo "nudi", incapaci.... Tutti, ma proprio tutti, siamo invitati a mangiare, così come è invitato Pietro!
Tante volte, Pietro, avrà fatto l'esperienza di avere rinnegato Gesù e quando Lui viveva e anche dopo. Ogni volta che aveva il cuore pesante, che si sentiva indegno si è sentito di nuovo accolto, rimesso in cammino, invitato a "mangiare".
Non solo! Pietro - è un racconto scritto dopo che tutto è avvenuto, ma questo non ha importanza, è l'esperienza dei primi cristiani, è la mia, è la vostra esperienza - si sente dire:... "Quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi". Questo per indicare come sarebbe morto Pietro, anche lui - secondo la tradizione - inchiodato su una croce.
È capitato, anche a voi, nel tentare di seguire il Signore, di sentirvi non apprezzati, portati dove non volevate; di sentirvi non accettati dalla gente, se non proprio perseguitati, di trovare intorno a voi qualcuno che alzava le spalle e vi diceva: "Ma chi te lo fa fare...?".
E, se siete qui, avete sentito l'invito del Signore: "Seguimi, vieni con me, nonostante le difficoltà, nonostante le incomprensioni, seguimi!".
È la vita cristiana, fatta di incertezze, di dubbi, della difficoltà di conoscere il Signore; del cuore che, qualche volta, diventa pesante; dell'impossibilità di riconoscere Gesù, ma anche della Sua tenerezza, del Suo invito a "mangiare", del Suo domandarci - come a Pietro - "Mi vuoi bene?" e l'invito: "Seguimi, vieni con me fino in fondo, costi quel che costi".
Il Signore ci aiuti.
In quel tempo, Gesù disse: "Le mie IV DOMENICA di PASQUA - 25 Aprile 2010
pecore ascoltano la mia voce e io Giovanni 10, 27-30
le conosco ed esse mi seguono..."
Il brevissimo brano del Vangelo che abbiamo ascoltato pone tanti e complicati problemi di ogni genere, non facili da risolvere che, però, sono fondamentali per la nostra fede.
Un primo problema è di linguaggio: oggi sentirsi dire: "Voi siete come pecore, intruppate in un gregge..." ci dà fastidio. Nessuno di noi, tentando di spiegare il rapporto con Gesù, parlerebbe ai ragazzi di un "pastore": non hanno mai visto un pastore, non sanno qual è il rapporto di un pastore con le sue pecore, è un modo di parlare lontano da noi, appartiene ad un mondo contadino che non è più il nostro. Ma non è solo questo il problema!
Il Vangelo di oggi dice che "il pastore - lasciamo la parola - conosce le sue pecore e le pecore ascoltano la Sua voce"
Come possiamo ascoltare la voce di Gesù, la voce di Dio? Dove la troviamo? Qualcuno di voi potrebbe dire: "Abbiamo ascoltato tre Letture e alla fine abbiamo detto: Parola di Dio, Parola di Dio, Parola del Signore" quindi la voce di Dio, la voce di Gesù si trova nella Scrittura, nel Vangelo e nell'Antico Testamento".
Sembra semplice e chiaro! Avete mai provato a leggere con un po' di attenzione l'Antico Testamento?
C'era, anni fa, nella nostra parrocchia, un signore... una persona molto brava, di grande onestà interiore che era anche molto devoto. Andava spesso a Lourdes, in pellegrinaggio e, lì, dei zelanti sacerdoti gli dicevano che bisogna leggere la Scrittura: "Un bravo cristiano deve leggere l'Antico Testamento!" e, lui, fedele, provava a leggere. Dopo qualche giorno veniva da me: "Don Checco, non si può! Tanti ammazzamenti, Dio che ordina lo sterminio di tutti, il sangue che gronda... non si può proprio leggere". "Lasci perdere, non lo legga!".
Bisogna essere preparati a leggere la Scrittura. Bisogna essere preparati a fare quello che non ci aspetteremmo di dover fare: scegliere!
Scegliere quello che è conforme al nostro modo di pensare e quello che è, ormai, lontano da noi. Noi - e non è semplice per un cristiano accettarlo - non abbiamo una parola pura, che discende "dall'alto". Abbiamo una parola "incarnata", partecipe delle intolleranze, delle violenze, delle cattiverie degli uomini e, dentro questa parola incarnata siamo invitati a cercare il "filo rosso", il cuore caldo, i valori essenziali del nostro vivere, ma bisogna scegliere!
E non basta scegliere, occorre interpretare... Cosa vogliono dire certe parole? Anche nel Vangelo ci sono pagine sconcertanti! Cosa possono significare per noi?
Qualche cristiano zelante può dire: "Se non riesci ad interpretare da solo, ascolta la voce dei "pastori". Ci sono tanti pastori nella Chiesa! Forse avete notato che oggi è la giornata delle vocazioni, si prega per i "pastori". Non vi sembra sconcertante che ci facciano pregare per i pastori quando il Vangelo dice che ce n'è Uno solo e che la Sua voce bisogna cercare e ascoltare? Il Vangelo di Matteo dice: "Non chiamate nessuno maestro sulla terra perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo"
E poi, se anche proviamo ad ascoltare la voce dei "pastori"... se aveste la disgrazia - perché di questo si tratterebbe - di ascoltare più prediche su questa pagina del Vangelo, ascoltereste dieci, venti prediche diverse l'una dall'altra. Allora qual è l'interpretazione giusta?
Qualche persona assennata potrebbe dire: "Basta ascoltare la voce del Papa, lui è il pastore universale della Chiesa"… Queste sono affermazioni che può fare un teologo o un cristiano zelante. Uno storico può dire con tranquillità: "I Papi, in questi duemila anni, hanno fatto e detto tali e tante sciocchezze da far drizzare i capelli sulla testa!"
E allora? Allora dobbiamo riconoscere la nostra povertà! Non c'è una parola che scende "dall'alto" pura, che basta ascoltare; c'è una pagina che dobbiamo fare nostra, interpretare; scoprire cosa significhi nel concreto della nostra esperienza: questo è affidato alla nostra ricerca, alla nostra passione.
Qualcuno dice: "Ma non c'è il rischio che ciascuno si faccia il Vangelo secondo i propri comodi?". Il rischio c'è, ma non c'è alternativa! Non c'è alternativa ad una ricerca appassionata, sincera di quello che la Parola di Dio può dire a me.
Non solo, ma il problema è più complicato perché non basta che io interpreti il Vangelo, devo calarlo nella mia vita, nel concreto della mia esperienza. Se provassi a dire una parola a ciascuno di voi - e non dovrei farlo mai - potrei dire sessanta, settanta parole... perché ciascuno di voi vive una famiglia diversa dall'altra; un posto di lavoro diverso dall'altro.
Cosa farebbe Gesù in quella situazione? Cosa mi chiede Gesù nell'ambiente, nel lavoro, nelle amicizie che vivo? È diverso per ciascuno di noi! Guardatevi bene dall'ascoltare chi dice: "Tu devi fare così, questa è la Parola di Dio!". Nessuno può parlare in nome di Dio!
Qualcuno - questo sì - può aiutarvi, perché la ricerca non può essere solo personale. Se siamo cattolici dobbiamo cercare la voce del Signore anche insieme agli altri, è quello che può correggere il nostro fare da soli, il nostro cercare soltanto quello che ci fa comodo... è il conforto di amici, di gente che con noi cerca, si interroga, pone domande, tenta di calare la voce del Signore nel concreto della nostra vita.
Qualcuno potrebbe dire: "Ma a questo punto - se è così complicato - facciamo a meno del Vangelo!". Per un credente - per quello che ho capito io - fare a meno del Vangelo sarebbe un dramma terribile! Spesso è accaduto nella storia della Chiesa, ma si è caduti nel fanatismo o nell'integralismo; si sono - addirittura - bruciati eretici, bruciate streghe... sempre in nome del Signore! Oppure si è caduti in religiosità fatta di devozioni, penitenze, novene, tridui, indulgenze, sindoni, sacre rappresentazioni e quant'altro... molto lontano da un'autentica fede che si basa fondamentalmente sull'ascolto della Parola: una Parola sempre da cercare, da interpretare e soprattutto da vivere.
Il Signore ci aiuti.
Vi do un comandamento nuovo: che vi V DOMENICA di PASQUA - 2 Maggio 2010
amiate gli uni gli altri. Come io ho amato Giovanni 13,31-33a.34-35
voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Ci sono nell'Antico Testamento più di seicento comandamenti, al tempo di Gesù si disputava tra i maestri della legge - ne trovate l'eco nel Vangelo - se i comandamenti fossero tutti uguali, oppure, se ce ne fosse qualcuno più importante degli altri e alcuni maestri della legge, più saggi, erano arrivati a pensare che non sono tutti uguali, ce ne sono alcuni fondamentali, li conoscete bene: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, ama il prossimo tuo come te stesso".
Gesù condivideva pienamente questa scelta e andava anche oltre perché arrivava a negare alcuni degli antichi comandamenti. Voi trovate nel Vangelo di Matteo alcune opposizioni molto decise: "È stato detto, è scritto nella legge, ma io vi dico...".
Tutti conoscete l'episodio dell'adultera: Gesù si rifiuta di osservare l'antico comandamento della Bibbia che esigeva la morte. Per Gesù tutti i comandamenti, tutta la legge servono se sono a servizio dell'uomo; se rispettano l'uomo, ogni uomo.
Quando studiavo per diventare prete ero costretto a leggere libri molto grandi in cui non c'erano seicento, ma più di seimila comandamenti. C'era il tentativo di regolare ogni momento della vita dell'uomo, sociale, civile, personale, anche i rapporti più intimi... regole, precetti, comandamenti che dovevo imparare per sostenere i miei esami.
Ho avuto la grande fortuna di incontrare un insegnante che ci diceva che al di là delle regole, ci sono delle opzioni fondamentali, delle scelte di fondo che l'uomo deve fare e da cui dipende tutto il resto.
Non solo, l'esperienza che ho fatto, piano piano mi ha fatto vedere come i principi, le leggi morali spesso non si adattano alla vita degli uomini, perché ogni persona è diversa dall'altra, ogni situazione è diversa dall'altra; perché ci sono regole che per uno valgono, per l'altro no... devono essere calate nel concreto dell'esperienza di ogni persona.
E in questi lunghi anni ho avuto la fortuna di scoprire il Vangelo e mi sono reso conto - come avete ascoltato - che Gesù ci lascia un solo comandamento: "un comandamento nuovo...".
Qualcuno di voi può dire: "Cosa c'è di nuovo nel comandamento di amarci?". Gesù dice: "Amatevi come io vi ho amato".
Non è più la legge a guidarci, ma il modello di una vita. Gesù diventa il modello del nostro vivere. Gesù che si è fermato a scrivere per terra quando gli portano la donna sorpresa in adulterio. Gesù che si china sul lebbroso, apre gli occhi ai ciechi, solleva gli uomini oppressi dal peccato. Gesù che grida contro i maestri della legge, che prende le corde in mano per cacciare i mercanti dal tempio. Gesù che si china a lavare i piedi, che si fa pane.
Ecco, è Lui! Lui è venuto in mezzo a noi per diventare il punto di riferimento, il modello del nostro vivere, del nostro essere credenti.
Allora potete... - credo senza troppa difficoltà - immaginare qual è stata la mia pena - che ho condiviso con non pochi cristiani - nel vedere che nella Chiesa, invece, si moltiplicavano le leggi, i comandamenti, sulla vita, sulla morte, sui rapporti intimi tra persone. Si moltiplicavano le regole che portavano ad escludere alcuni dalla Comunione, a negare il funerale a qualche persona... è stato l'affanno della mia ricerca di credente in questi anni!
Perché non possiamo avere come modello Lui, il Signore? E perché ciascuno di noi non può calare il modello di Cristo nella propria vita che è diversa da quella degli altri; che, a volte, fatica nel ricercare il senso profondo della moralità? Ma nessuno sulla terra può dirci: "Devi fare così!" È affidato alla nostra coscienza, alla nostra libertà il rispetto dell'uomo, l'attenzione verso l'altro!
Chi può giudicare una ragazza che ha subito violenza e chiede di abortire? Chi può giudicare un uomo malato in maniera terminale che non ce la fa più e chiede di morire? Chi può escludere dal funerale una persona così? Perché nel cuore della Chiesa e nel cuore della nostra esperienza di credenti non c'è il rispetto dell'uomo: è stato il criterio fondamentale di Gesù! Per Lui non contavano la legge, la regola, il precetto, il comandamento: per Lui contava l'uomo, ogni uomo!
Qualcuno... - in quest'anno in cui abbiamo letto, con dei gruppi di persone, il Vangelo di Giovanni - mi faceva notare che nella pagina che abbiamo ascoltato c'è un altro rischio che, purtroppo, la Chiesa ha corso e corre, perché qui è scritto: "Amatevi gli uni gli altri". Sembra che non si rivolga a tutti gli uomini: basta amarci tra di noi. Il Vangelo contraddice tutto questo! Conoscete bene la parabola del Samaritano... chi si ferma è un nemico, uno straniero, è uno di un'altra religione ed è lui che è lodato dal Signore!
All'inizio dei discorsi del Vangelo di Matteo leggiamo: "Beati i miti, i misericordiosi, i pacifici..." a qualunque razza appartengono, a qualunque religione. E concludono: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare; avevo sete e m'hai dato da bere..."
Il nostro amore non può che essere universale, non può chiudersi nel piccolo guscio della nostra famiglia, dei nostri amici o nel piccolo guscio di gruppi di cristiani zelanti che si vogliono molto bene tra di loro e si dimenticano del resto del mondo.
Il modello è Lui, il modello è Gesù e non è - lo sapete bene - un modello a buon mercato! Cosa può significare, nel concreto della mia vita, seguire Gesù? Dobbiamo conservare nel cuore la domanda: cosa farebbe Gesù in questa situazione? Come si comporterebbe se fosse qui, se incontrasse queste persone? Lui, l'uomo libero, che non si sente vincolato dalla legge! Lui che sente che davanti a Dio c'è una sola cosa sacra: l'uomo, ogni uomo, il più piccolo degli uomini! Cosa significa, questo, nella mia, nella vostra vita di ogni giorno? C'è una risposta diversa per ciascuno di noi!
Se posso darvi un consiglio e ve lo do volentieri: state lontani da chi pensa di sapere tutto! State lontano dai preti, soprattutto, da quelli più giovani che, a volte, sembrano essere più intolleranti di noi che, con i nostri capelli bianchi, forse avremmo diritto di diventare un po' intolleranti.
È affidata alla coscienza di ciascuno di noi la ricerca di Gesù; la ricerca di quello che Lui farebbe nella nostra situazione, ciascuno di noi ha il dovere di cercare la moralità vera che tiene conto di una cosa sola che è sacra: l'uomo, ogni uomo, come ha fatto Lui che è diventato il modello della vita di ogni credente.
Non è a buon mercato tutto questo, lo sapete come e meglio di me.
Il Signore ci aiuti.
"...lo Spirito Santo che il Padre manderà VI DOMENICA di PASQUA - 9 Maggio 2010
nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa Atti 15, 1-2. 22-29 - Giovanni 14, 23-29
e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto".
Chi è lo Spirito Santo? Ho ascoltato questa domanda tante volte nel corso della mia vita e penso che anche qualcuno di voi abbia rivolto questa domanda o a se stesso o ad un amico o a qualche sacerdote.
Quando ero giovane mi affannavo a trovare qualche parola in grado di rispondere a questa domanda, poi mi son reso conto che non potevo, anzi non dovevo rispondere. Lo Spirito Santo abita nello spazio di Dio e noi di Dio - secondo la grande tradizione della nostra fede che risale all'antico popolo di Israele - non possiamo e non dobbiamo parlare.
Purtroppo e gli antichi ebrei e anche troppi cristiani, nel corso della storia, si sono dimenticati di questo e hanno tentato di moltiplicare le parole su Dio, ma - secondo la più grande intuizione della fede di Israele - Dio è indicibile, non bisogna nemmeno pronunciare il Suo nome. Dio abita "l'oltre"…
Cosa allora possiamo - secondo la nostra fede - conoscere di Dio? Non Lui così com'è, ma la Sua manifestazione, quello che noi riusciamo a cogliere, a intuire nella nostra esperienza, nella storia, in quello che c'è intorno a noi.
Gli antichi Israeliti pensano che il nome di Dio non si possa pronunziare, che di Lui si possa vedere soltanto la Gloria. Questa parola italiana non ci aiuta a capire, la parola ebraica è: Kabod. Kabod Iawhè è la manifestazione di Dio, è quello che di Dio possiamo contemplare, intuire, cercare nella nostra esperienza.
Se leggete la Bibbia vedrete che Dio si manifesta - secondo gli antichi ebrei - soprattutto nell'Esodo, nell'uscita dall'Egitto. Dio è Colui che cammina davanti, che spinge l'uomo fuori dalla schiavitù verso una terra di libertà, dove scorre il "latte e il miele".
La sapienza del creato, la bellezza del mondo che ci sta intorno, rivelano la Gloria di Dio. Il profeta può cercare Dio sull'alto del monte e deve stare attento perché rischia di scambiare il fuoco, la tempesta, il terremoto per una manifestazione di Dio. L'antica storia di Elia, dice: "Dio non era nel fuoco, non era nel terremoto, ma nel soffio di un vento leggero" che il profeta deve intuire, quasi afferrare, uscendo dalla caverna. Dio si manifesta nella legge, nella Sua parola, una parola "incarnata", affidata agli uomini.
I cristiani credono che la Gloria di Dio si sia manifestata pienamente in Gesù di Nazareth, in Lui, nella Sua vita e nei Suoi gesti, possiamo intuire qualche cosa dell'inesprimibile; qualcosa del volto di Dio.
A Filippo che gli chiede: "Signore, mostraci il Padre e ci basta". Gesù risponde: "Ma come, Filippo, ormai da tanto tempo sei con me, chi ha visto me, ha visto il Padre".
Ecco, nella vita di Gesù, nelle parole, nei gesti, nei segni di Gesù, possiamo intuire qualche cosa del volto di Dio. Non possiamo conoscere Dio, non possiamo nominare Dio, ma intuire qualche cosa della Sua manifestazione, della Sua realtà, in quello che noi possiamo toccare con mano nella nostra esperienza.
Con Gesù, per i primi cristiani, si conclude la manifestazione di Dio? Lui, il Figlio, che ha attraversato i cieli per venire in mezzo a noi, ormai è la Parola definitiva? Abbiamo bisogno di altre parole? Abbiamo bisogno di cercare ancora? Ormai è venuto Lui!
Non basta! Come avete ascoltato: "Verrà lo Spirito, lo Spirito Santo". C'è ancora bisogno di una manifestazione di Dio! Nel capitolo seguente a quello che abbiamo letto, voi trovate queste parole in bocca a Gesù: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà Lui, lo Spirito della verità vi guiderà verso tutta la verità".
Nemmeno Gesù basta! Bisogna andare oltre; bisogna ancora cercare; bisogna ancora inseguire il "soffio" di Dio, il Suo volto e a questo soffio di Dio i primi cristiani danno un nome: Spirito Santo!
E sono convinti che è Lui che li spinge avanti, a non fermarsi alle cose che si sono sempre dette, alla tradizione, a quello che si è sempre fatto, ma a cercare altrove gli spazi della giustizia, il volto di Dio.
Ne avete un esempio luminoso nella prima Lettura... - che vi consiglio di rileggere, anzi di leggere tutto il capitolo degli Atti degli Apostoli - c'è un grande problema tra i primi cristiani: andando in giro per il mondo, i predicatori, hanno incontrato molti pagani... Cosa si deve chiedere loro? Di diventare ebrei? Di farsi circoncidere secondo la legge antica? Una grande discussione!
Qualcuno - come avete ascoltato - va in giro, secondo gli apostoli senza essere stato mandato da loro, a dire: "Non si può, bisogna diventare Ebrei!". Paolo e Barnaba si oppongono, tanti cristiani sono con loro, bisogna andare oltre! Dio ci chiama alla libertà!
Come sappiamo che Dio ci chiama alla libertà?
Ecco, i primi cristiani dicono: "È il soffio di Dio che ci spinge ad andare avanti, a cercare, è lo Spirito Santo! Non ci possiamo fermare a quello che si è sempre fatto; non possiamo chiuderci nel guscio della nostra tradizione e della nostra legge: il messaggio di Cristo deve diventare universale, deve arrivare a tutti gli uomini del mondo".
Allora - come avete ascoltato - si fermano, si riuniscono e scrivono: "Abbiamo deciso...". Chi? Non noi soltanto, "lo Spirito Santo e noi!". Sono convinti che è lo Spirito, che è il "soffio" di Dio che li spinge avanti a cercare, è ancora lo Spirito della libertà; lo Spirito che non vuole che il messaggio di Cristo sia racchiuso dentro confini, dentro regole... liberi!
Liberi di andare per il mondo… e, nel corso di questi duemila anni, ogni volta che un cristiano di buona volontà ha sentito che la tradizione diventava soffocante, che bisognava andare avanti... ha invocato lo Spirito Santo!
Chi è lo Spirito Santo? Non lo sappiamo! Noi ne facciamo esperienza in questa spinta verso qualcosa d'altro; in questo bisogno di non fermarsi alle cose che si son sempre dette; nel bisogno di libertà, di rinnovamento, di apertura.
Avessero, i cristiani di tutti i tempi - anche oggi - aperto le loro orecchie e il loro cuore al soffio dello Spirito Santo! Troppe volte, nella Chiesa, vince la tradizione, la regola, la legge e non la ricerca del futuro, non la passione per la libertà!
Gesù dice: "Vi manderò lo Spirito, Lui vi guiderà verso la verità tutta intera". Non possiamo mai fermarci, smettere di cercare, di andare avanti: è lo Spirito, è il soffio di Dio che ci spinge verso il futuro.
Non è facile! Tanti cristiani hanno tribolato nel tentativo di aprirsi al futuro, non è facile nemmeno per noi!
Il Signore ci aiuti.
Alzate le mani li benedisse. Mentre ASCENSIONE del SIGNORE - 16 Maggio 2010
benediceva, si staccò da loro e veniva Luca 24, 46-53
portato su, in cielo.
Qualche tempo fa mi capitava di dire che l'Ascensione del Signore è il Suo andare in pensione; una pensione anticipata e volontaria. È rimasto, dopo la Resurrezione, soltanto per quaranta giorni con i Suoi discepoli, poteva rimanere di più, forse, a continuare il Suo compito.
Ora - vedete - per andare in pensione serenamente bisogna che una persona non senta indispensabile per se il lavoro che fa e questo è scontato per il Signore! Non è scontato per tante persone che conosco che, quando lasciano il lavoro con l'arrivo della pensione, si sentono perse, non sanno più cosa fare; per Gesù, non può succedere: è ritornato nello spazio di Dio!
Per andare serenamente in pensione occorre, anche, non sentire la propria persona indispensabile per il lavoro che fa. Soprattutto significa dar fiducia a quelli che devono continuare quel lavoro, portare avanti la missione.
E, qui, ho sempre trovato persone che dicevano: "Forse, poteva stare almeno un altro po' o rimanere con noi per questi duemila anni. Abbiamo bisogno di Lui, della Sua luce, della Sua guida, del Suo camminare con noi. Forse farebbe bene, ogni tanto, ad apparire nel mondo, in mezzo ai cristiani, per guidarli sulla via della giustizia, della pace".
Lui non la pensava così! Dopo quaranta giorni se n'è andato!
Ma soprattutto - mi dicevano - la fiducia riposta nei cristiani è stata, veramente, una fiducia mal riposta! Cosa hanno fatto i cristiani in questi duemila anni?
Questo discorso si rinnovava qualche giorno fa, perché qualcuno - forse c'è anche qui in mezzo a voi - ha visto un film che gira adesso sugli schermi d'Italia in cui si parla della violenza di alcuni cristiani nel quarto secolo. È la storia di Ipazia una giovane filosofa, scienziata, matematica che è stata barbaramente uccisa da scherani del vescovo (che, tra l'altro, è santo e dottore della Chiesa).
Ma fosse il solo...! La storia della Chiesa - diceva qualcuno - è piena di episodi simili. Hanno bruciato eretici, streghe... Il Credo che tra poco pronunciamo - se leggete la storia - gronda sangue! E non poco: migliaia di persone sono state uccise per scrivere delle parole, che è una cosa - secondo me - ripugnante.
Pensate, andando avanti, alle Crociate; pensate a Giordano Bruno; pensate alla conquista dell'America; pensate anche agli scandali della Chiesa di oggi... è - secondo voi - ben riposta la fiducia del Signore nella Sua gente? Vedo dallo sguardo che qualcuno di voi pensa che non sia stata affatto ben riposta!
Ma fermatevi un momento a pensare... È solo questa la storia? Chi parla di mio padre e di mia madre? Anche loro fanno parte della storia! Chi parla di vostro padre e di vostra madre? Chi parla di tutta la gente che in questi duemila anni ha creduto, sperato; ha tentato di conservare nel cuore i valori di Gesù? Chi parla di tutta la gente che ha cercato anche di arrivare alla santità? Pensate a Francesco d'Assisi, a tanti altri!
Pensate a studiosi, a scienziati; ma soprattutto, alle schiere dei nostri contadini, dei nostri artigiani, a tutta la gente che in questa terra d'Italia e in tutta l'Europa ha cercato, ha sperato, ha sognato, ha tentato di conservare nel cuore e comunicare ai propri figli i valori, gli ideali di Gesù.
Noi non saremmo qui se non ci fosse stata tutta questa gente e su questa gente la fiducia di Gesù era ben riposta!
Ci sono, anche oggi, nella Chiesa tanti scandali, scandali gravissimi... ma è solo questa la Chiesa di oggi? Chi ci parla di tanti cristiani di ogni giorno, chi ci parla di tanti preti, di tanti missionari, di tante suore che sacrificano la loro vita? Di questi non si parla sui giornali e per fortuna, perché si tratta di una cosa quasi normale!
Nella mia vita fortunata ho conosciuto tanti preti giusti, onesti, appassionati di Dio e del servizio della gente. Ho conosciuto anche dei vescovi e, fortuna straordinaria, anche un Papa. Vi pare poco? Sono uno dei cristiani - l'ho detto spesso - più fortunati della storia!
Ed ho conosciuto, poi, tanta gente; gente di tutti i giorni; gente come siete voi, alcuni di voi li conosco abbastanza bene, so cosa tentate di portare nella vostra vita!
Ecco, Gesù si fida! E, forse, ha fatto bene a fidarsi di noi!
Vedete - per farvi soltanto qualche esempio - al tempo di Gesù, un apostolo come Paolo, riteneva normale la schiavitù. Sappiamo che c'è ancora in qualche parte del mondo, ma ci fa orrore, non la riteniamo certo una cosa normale!
Al tempo di Paolo la condizione delle donne era di totale inferiorità; dovevano coprirsi il capo; in chiesa dovevano stare zitte, non potevano nemmeno a leggere... oggi qualche cosa è, almeno un po', cambiata!
Al tempo di Gesù, il rispetto della persona, dei diritti, della giustizia... - pensate al mondo romano, agli imperatori - era molto scarso. Oggi abbiamo fatto un cammino in avanti e non un piccolo cammino, perché? Perché tanta, tanta gente ha meritato la fiducia che Gesù riponeva in loro!
Gesù, si fida di noi, di me, di ciascuno di voi. A noi affida il compito di essere testimoni di Lui! Qualche volta ci riusciamo, qualche volta no, ma Gesù si fida di noi!
Alle nostre mani, al nostro cuore, alla nostra capacità di pensare è affidato il compito di rendere vivi, intorno a noi, i valori di Gesù, i sogni della Sua vita. Senza di noi il mondo non va avanti, senza la nostra passione per il bene, per la giustizia, il mondo non cresce.
È vero, succedono tante cose brutte nel mondo, ma quando a casa guardate la televisione; quando leggete i giornali e vi ripropongono sempre e solo il male... guardatevi intorno... pensate ai vostri amici, alla gente che conoscete, a vostro padre, a vostra madre, alle persone che avete incontrato... Non solo: c'è una moltitudine immensa nella storia della Chiesa e del mondo. A volte non ne sappiamo niente, ma c'è! Non si scrivono libri perché si dovrebbe scrivere un libro su tanta, troppa gente!
Ecco, Gesù - ve lo ripeto - si fida di me, si fida di noi! A noi ha affidato il compito di continuare la Sua vita.
Il Signore ci aiuti.
Apparvero loro lingue come di fuoco... PENTECOSTE - 23 Maggio 2010
e tutti furono colmati di Spirito Santo Atti 2, 1-11 Giovanni 14, 15-26
e cominciarono a parlare in altre lingue…
Gli uomini, lo sapete, amano spesso le scorciatoie, le spiegazioni facili e questo vale anche per la religione, per l'interpretazione della Parola di Dio.
Vedete, noi abbiamo ascoltato il racconto della Pentecoste: lo Spirito scende sui discepoli, sono trasformati, lo Spirito ha illuminato la loro mente, ha riscaldato i loro cuori, ha tolto la paura dentro di loro, li ha fatti capaci di intendersi con tanti popoli della terra; quanti nomi di popoli ci sono nella lettura di oggi! Se leggete più avanti il libro degli Atti degli Apostoli vedete che i discepoli hanno ancora paura, ancora non capiscono il messaggio di Gesù, non hanno nel cuore un fuoco che arde, non solo non si intendono con tutti i popoli della terra, ma non si capiscono nemmeno tra di loro.
Pensare che lo spirito di Dio viene e trasforma completamente gli uomini è una lettura semplice e ingenua, una scorciatoia.
È quello che, quando eravamo ragazzi, dicevano anche a noi - lo hanno detto a me, credo lo abbiano detto anche a molti di voi - che nel giorno della Cresima lo Spirito di Dio sarebbe sceso sopra di noi e avrebbe fatto di noi dei perfetti cristiani. Poi mi sono accorto, ma forse anche voi, che eravamo tutt'altro che perfetti. Quando ci preparavamo al sacerdozio ci dicevano che nel giorno dell'ordinazione sacerdotale sarebbe sceso lo Spirito Santo, ci avrebbe riempito della Sua saggezza ed allora non avremmo più dovuto preoccuparci di cosa dire, perché Lui ci avrebbe ispirato, ci avrebbe dato la luce. Poi ci siamo accorti che, se non leggevamo, cercavamo, ascoltavamo la gente, rischiavamo di dire ogni domenica sciocchezze sempre più grandi.
Lo Spirito non è un possesso, ma una vocazione, una chiamata; bisogna sempre inseguirLo, perché non Lo possediamo mai. È come il soffio di un vento leggero che ci spinge in avanti, ci spinge a cercare di rendere reali i grandi simboli della prima lettura di oggi: a vivere la libertà dall'oppressione delle leggi, delle tradizioni, delle regole; a togliere dal cuore la paura di Dio, la paura della vita, del mondo; a cercare la luce che illumini i nostri passi: non è mai un possesso la luce è sempre da cercare. Nessun uomo sulla terra possiede la verità. La verità non può che essere inseguita, lo Spirito è quindi una vocazione, una chiamata, un invito, una spinta per la ricerca.
Come dice il Vangelo di Giovanni, quando verrà Lui ci guiderà verso la verità tutta intera, una verità che mai l'uomo riesce a possedere interamente, che ha bisogno sempre di cercare con tutta la passione del suo cuore.
Lo Spirito è come un fuoco che ci arde dentro, ma anche questo non è un possesso, è una chiamata, una vocazione, un invito, qualcosa che ci scaldi il cuore e ci renda capaci di amicizia, di tenerezza, di amore.
Lo Spirito ci invita a riconoscere i popoli, a riconoscerci tra di noi, a parlare un linguaggio che ci renda capaci di intenderci. Anche questo non è un possesso è una vocazione. Oggi, - come quasi sempre nel mondo - facciamo fatica a capirci anche tra di noi, facciamo fatica a capirci abitanti della stessa città, italiani del nord e del sud, a capire gli stranieri che abitano in mezzo a noi.
Invochiamo lo Spirito, ma non è una magia che ci cambia il modo di vivere, è una vocazione, una chiamata, una ricerca, un cammino, un andare verso.
Ecco lo Spirito è come il soffio di un vento leggero che ci chiama, ci spinge, ci invita alla luce, all'amore, alla libertà, alla comprensione tra di noi, alla ricerca appassionata della giustizia e del bene. Nessuno di noi Lo possiede, non possiamo possedere Dio, il Suo Spirito, dobbiamo sempre inseguirlo, ci sta davanti, ci apre la strada, ci traccia il cammino. È una vocazione, una chiamata, un invito.
II Signore ci aiuti.
"Quando verrà lui, lo Spirito di verità, SANTISSIMA TRINITÀ - 30 Maggio 2010
vi guiderà a tutta la verità..." Giovanni 16,12-15
Quando ero bambino... - credo che sia accaduto anche a più d'uno di voi, soprattutto a chi ha i capelli bianchi - dovevo imparare a memoria le rispostine del catechismo e mi parlavano della Trinità, cercando di spiegarmi il mistero attraverso simboli: il triangolo, il trifoglio... se provavamo a fare qualche domanda, ci dicevano: "È un mistero!" e ci raccontavano la visione di Agostino che, proprio qui, sul mare di Ostia, ha visto un angelo, sotto forma di un bambino, che cercava di mettere con una conchiglia l'acqua del mare nella sua piccola buca... "Non puoi mettere il mare nella tua piccola buca, né il mistero di Dio nella tua piccola testa!".
E mi è rimasta - per lungo tempo - l'impressione che questo mistero fosse una specie di astruso problema matematico, in cui Tre diventa Uno e Uno diventa Tre! Mi è rimasta l'idea che il mistero fosse qualcosa di oscuro, di strano, di incomprensibile.
Poi ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno portato per un'altra strada. Mi hanno fatto vedere che nel Vangelo noi potevamo intuire qualche cosa del volto di Dio... ma non perdendoci in astrusi ragionamenti teologici, ma cercando di incontrare il volto del Padre attraverso le parole di Gesù.
Gesù si rivolge a Dio chiamandolo Padre, anzi "Abbà", papà nella Sua lingua aramaica e ci parla di Lui nelle parabole, soprattutto nella straordinaria parabola del "Padre Misericordioso".
Le prime volte che leggevo questa parabola mi sembrava semplice, facilmente comprensibile, poi, più la leggevo e più vedevo che era al di là del mio cuore, della mia capacità di intendere. Intuivo qualche cosa di grande, di straordinario... solo Dio può rispondere con la "festa" al male dell'uomo!
Il figlio che torna, che ha sciupato la sua vita non trova il rimprovero, il castigo, la punizione, ma una festa. Come è possibile? Noi non siamo capaci! Noi a chi sbaglia sappiamo di dover dare un castigo... perché possa espiare, capisca, si ravveda!
Dio no! Dio fa "festa"! Una cosa di sconcertante, un mistero di gratuità! E allora, pian piano, cominciavo a capire il Mistero non era una specie di astruso problema matematico, ma qualcosa di totalmente luminoso: un abisso di gratuità più grande del mio cuore.
E, poi, l'incontro con Gesù, il Signore; il Figlio ha attraversato i cieli per venire in mezzo a noi, ma non per esercitare il potere, "non per essere servito, ma per servire", per chinarsi a lavare i piedi dei Suoi, per condividere il cammino faticoso dell'umanità nei bassifondi della storia, fino a perdere la vita inchiodato su una croce.
Su quella croce si manifestava non il Dio onnipotente che ero abituato a pregare fin da bambino, ma il Dio impotente; il Dio che veniva a condividere la sorte di ogni uomo offeso e oltraggiato, di ogni bambino fatto oggetto di violenza; il Dio che veniva a condividere la vita con noi, per aiutarci a scoprire i valori autentici.
Lui proclamava "beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace" e mostrava nel concreto della sua vita cosa significa essere mite, misericordioso, pacifico, oltre la folla, oltre la legge. Lui di fronte alla donna sorpresa in adulterio si rifiuta di osservare la legge che ordina di ucciderla: "Alzati e va e non peccare più, nessuno ti ha condannato, nemmeno io".
Il Signore della misericordia, della tenerezza che ci invitava a superare le strettoie della legge, del culto: "Dove si adora Dio qui o là? Dio si adora in Spirito e verità".
Ogni uomo che cerca la giustizia, il mite, il misericordioso, l'operatore di pace... quello è gradito a Dio! Quando hai dato da mangiare, da bere... al più piccolo dei fratelli, lo hai fatto a Lui… vale per ogni uomo sulla faccia della terra anche se non sa.
Vedete, pian piano, scoprivo il Dio della libertà, dell'amore universale, della gratuità e lo scoprivo in Gesù di Nazareth e allora l'avvicinarmi a Dio non era incontrare un astruso mistero, ma qualche cosa di estremamente luminoso che poteva arricchire il mio cammino sulla terra... luce infinita, verità che non riuscivo a capire fino in fondo.
Non potevo smettere di cercare, di domandarmi cosa significa credere in Gesù? Quali valori Lui ha vissuto? Come possono riempire la mia vita? Cosa significano nei miei giorni?
E poi, il dono dello Spirito... (non posso dilungarmi, ne abbiamo parlato solo domenica scorsa) ma vorrei farvi notare il Vangelo che abbiamo oggi ascoltato: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso - dice Gesù - (o meglio mettono in bocca a Gesù queste parole). Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità".
Ecco, lo Spirito, il soffio di Dio che ci guida verso tutta la verità... non possiamo fermarci, nessuno è mai arrivato: questo è il senso del mistero!
Una verità che nessuno può mai possedere, che va sempre cercata. Il nostro cuore deve sempre avventurarsi alla ricerca della verità; della verità della mia esistenza, del mondo in cui vivo; della verità di Dio.
Un cammino appassionato guidato dal soffio dello Spirito e allora - lo ripeto ancora - non si tratta più di qualcosa di oscuro e di astruso, ma di infinitamente luminoso, più grande del mio cuore. Una luce che sono invitato a cercare; a cercare insieme ai fratelli, per sentire nella mia vita la presenza, inaccessibile, infinita, indicibile di Dio.
Qualcosa di Dio lo intuisco attraverso l'esperienza di Gesù, attraverso le Sue parole, attraverso il Suo dono, attraverso il Suo camminare con me e con tutti noi sulle strade della terra in un cammino che non finisce mai.
Il Signore ci aiuti.
Gesù prese i cinque pani e i due SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO - 6 Giugno 2010
pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò I Corinzi 11, 23-26. Luca 9, 11-17
su di essi la benedizione, li spezzò...
Tutti mangiarono a sazietà.
Quando uno arriva alla mia venerabile età crede di aver visto tutto o quasi, pensa di non poter trovare ancora qualcosa di cui meravigliarsi. Invece lunedì scorso mi capitava di celebrare il funerale di una persona che, forse, qualcuno di voi ha conosciuto e, durante la processione della Comunione, si avvicina una signora che dice: "Io non posso fare la Comunione, mi metta la mano sulla testa e mi dia una benedizione".
Era la prima volta che mi capitava un fatto del genere, eppure, di Comunioni ne ho distribuite decine e decine di migliaia!
Credevo che fosse la stranezza di una persona e, invece, il pomeriggio, una signora - in una riunione in cui raccontavo questa storia - diceva: "Anche a me è successo di ascoltare un sacerdote che diceva di poter mettere la pisside sulla testa di chi non poteva fare la Comunione". È un fatto che mi ha sconcertato!
Cosa succede nella Chiesa? Ho sentito dire che veniva negata, per motivi diversi, l'assoluzione, soprattutto a chi viveva in situazioni irregolari, ma non mi era mai capitato di ascoltare qualcuno che raccontava che gli avevano messo la pisside o - come è capitato a me - la mano sulla testa.
Che succede? Forse si insegna questo o, forse, ci sono dei sacerdoti che si sentono misericordiosi là dove Dio non può essere misericordioso? Ma non vi sembra una bestemmia pensare che noi possiamo usare misericordia, porne un segno, pensando che Dio non possa usare misericordia?
Sembra alla maggior parte degli studiosi, che Gesù durante l'ultima Cena abbia dato la Comunione a tutti, anche a Giuda e, tra poco, alzerò l'Ostia e dirò: "Prendete e mangiatene tutti". Finché non si cambia l'italiano, tutti significa tutti! Non qualcuno sì e qualcuno no! Tutti! Tutti siamo invitati a incontrare il Signore!
Ma, allora, tutti ci sentiamo buoni? Tutti siamo santi? Non abbiamo qualche cosa da rimproverarci? Io penso che qui, se qualcuno di voi si sentisse perfetto, capace di amare come Gesù vuole... quello sarebbe escluso dalla Comunione, non riconoscerebbe Gesù, il quale dice più volte nel Vangelo che non è venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori, la gente come noi, la gente dal cuore pesante; coloro che non ce la fanno ad amare fino in fondo.
Questo vuol dire che qualunque cosa faccia, comunque mi comporti posso fare la Comunione? Che possa accostarmi all'altare del Signore, senza che Lui mi chieda qualcosa e qualche cosa di importante nella mia vita? È tutto il contrario!
Nel Vangelo trovate scritto: "Se ti avvicini all'altare e ti ricordi che qualcuno ha qualcosa contro di te, lascia l'offerta, va a riconciliarti e poi torna..."
Il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato si trova più volte nel Nuovo Testamento; lo potete leggere ben sei volte nei quattro Vangeli, perché Matteo e Marco lo riportano due volte… ed è un tentativo dei primi cristiani di capire il senso dell'Eucaristia.
C'è della gente che ha fame, ci sono soltanto cinque pani e due pesci, ebbene, nel momento in cui si mettono in comune il pane e i pesci si moltiplicano, la vita si moltiplica, avanzano, addirittura, dodici ceste: un simbolo certamente, ma un simbolo della nostra vita!
Se riusciamo a mettere in comune quello che abbiamo, quello che siamo: il nostro cuore, la nostra mente, le nostre mani, le nostre possibilità, la vita si moltiplica… altrimenti l'avvicinarsi all'altare non ha senso!
Abbiamo ascoltato nella prima lettura il racconto della Cena del Signore. Paolo lo ricorda vent'anni prima che siano scritti i Vangeli ad una comunità, quella di Corinto, che si è divisa; non vanno più d'accordo - come spesso succede nella vita si son divisi tra poveri e ricchi - e, quando si radunano per la cena - allora era un pasto fraterno - non sono capaci di mettere in comune quello che hanno portato. Paolo usa parole durissime (potete leggerle subito dopo quello che abbiamo ascoltato stamattina) "Perché venite a disprezzare la Chiesa di Dio? Voi mangiate indegnamente il Corpo del Signore! Mangiate a casa vostra! Se non siete capaci di condividere nemmeno un po' di cibo, che senso ha celebrare la Cena del Signore?".
Ecco, vedete, quando veniamo qui e ci nutriamo di Lui, tentiamo di nutrirci della Sua parola, della Sua vita, del Suo amore, per essere capaci di condividere ogni giorno qualcosa della nostra vita, perché la vita intorno a noi si moltiplichi. Non pensate a qualche cosa di grandioso, di strano... no, la vita di ogni giorno, l'attenzione che abbiamo per il marito, per la moglie, per i figli, per i nipoti, per i vicini di casa, per la gente che incontriamo.
Ogni gesto di condivisione, di servizio rende presente nel mondo qualcosa dell'amore di Dio, qualcosa del dono che Gesù ci fa, il dono di Sé, il dono della Sua parola, della Sua vita, del Suo amore: per questo ci ritroviamo qui e siamo tutti invitati a mangiare, tutti! Soprattutto chi ha il cuore pesante, soprattutto chi sente di non riuscire ad amare fino in fondo.
Siamo qui per nutrirci di Lui perché animi la nostra vita, ci metta dentro un pizzico di gratuità e di amore; la capacità di condividere quello che siamo con chi ci sta accanto ogni giorno.
Se poi qualcuno di voi che vive una situazione irregolare si sente dire da qualche "pio" sacerdote: "Puoi venire, anche tu, in fila con gli altri, non puoi fare la Comunione, ma ti metterò la pisside sulla testa!". Rispondete con il sorriso più dolce di cui siete capaci: "Io credo in un altro Dio!".
Il Signore ci aiuti.
Una peccatrice portò un vaso XI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO -13 Giugno 2010
di profumo; cominciò a bagnare Luca 7,36 - 8,3
i piedi di Gesù con lacrime, poi
li asciugava con i capelli...
Martedì scorso mi capitava di andare a Milano per il matrimonio di una mia nipote, la figlia di mia sorella. Abbiamo avuto un viaggio un po' avventuroso e abbiamo dovuto prendere il taxi dall'aeroporto fino alla chiesa parrocchiale.
Durante tutto il viaggio - che è durato a lungo perché si trattava di fare trenta chilometri sulla tangenziale di Milano piuttosto intasata - il tassista ha parlato per tutto il tempo di quelli che rubano, nominando un lungo elenco di personaggi pubblici e poi tutta una serie di categorie che, secondo lui, non fanno altro che rubare.
Quando siamo arrivati ha chiesto otto euro in più di quanto segnava il tassametro: rubava pure lui o, almeno, tentava di farlo, poi glielo hanno impedito! Succede in questo paese nel tempo che ci è dato di vivere!
Se guardate la televisione, leggete i giornali, avete la sensazione anche voi che tutti rubino! Se invece vi guardate intorno, se pensate alle persone che conoscete: la gente che lavora, gli insegnanti... vi accorgete che la maggior parte della gente non ruba, forse anche perché non può, avendo uno stipendio fisso su cui si pagano tutte le tasse.
Eppure molti hanno la sensazione che tutti rubino, con due conseguenze: la prima è che chi può ruba, pensando: "Se rubano tutti, lo faccio anch'io, non sono più fesso degli altri!". L'altra è che alcuni - anzi molti - che non rubano giudicano con severità il resto del mondo.
Giudicano e chiedono il carcere, qualche volta, addirittura, la pena di morte, l'espulsione di extracomunitari che vengono giudicati più ladri degli altri e via discorrendo... Qualcuno di voi dirà: "Ma che c'entra, questo, con il Vangelo di oggi?". Spero che lo diciate in pochi perché - vedete - nel Vangelo di oggi abbiamo l'esatto contrario!
Gesù non ruba! Non va con le prostitute, ma nello stesso tempo, non giudica; sa guardare negli occhi le persone, sa cogliere ogni gesto di amore, ogni desiderio riconciliazione e di rinnovamento.
Il fariseo, Simone, è uno che giudica! "Se sapesse chi è quella donna, una peccatrice, non si lascerebbe nemmeno toccare". Gesù non solo si lascia toccare; si lascia bagnare i piedi con le lacrime e asciugare con i capelli; si lascia profumare il capo.
Simone avrebbe dovuto dargli un po' d'acqua per lavarsi i piedi: era normale a quel tempo, era un gesto di cortesia per un ospite. Forse Simone pensa che anche Gesù sia una persona poco perbene! Lui viene da Nazareth "Cosa può venire di buono da Nazareth?". Forse lo ha invitato soltanto per provocarlo o per giudicarlo e, quindi, non ha fatto nemmeno i gesti più semplici e doverosi dell'ospitalità.
Gesù parla con tenerezza anche a Simone, parla con tenerezza alla donna. Lui non ha niente a che fare con il peccato, ma è capace di guardare negli occhi le persone e sa cogliere con fiducia e speranza ogni gesto di tenerezza. Alla donna dice: "Va' in pace".
Come sarebbe più bello il mondo se fossimo capaci, tutti noi, di conservare una rigida onestà! Chi ha i capelli bianchi lo ricorderà... è quello che ci hanno insegnato i nostri genitori.
Era un tempo in cui non c'era la televisione, in cui giudicavamo il mondo da quello che vedevamo intorno e avevamo genitori e parenti onesti fino allo scrupolo. Per mio papà non si poteva portare via dal posto di lavoro nemmeno uno spillo! Un'onestà rigida, eppure, avevano la capacità di guardare con tenerezza ai nostri sbagli, a noi ragazzi che, qualche volta, non ci comportavamo correttamente... sapevano riconoscere nei nostri occhi il desiderio di cambiare.
Dovremmo tentare di essere tutti un po' come Gesù: se anche fosse vero che tutti rubano, noi non lo faremmo! Se anche fosse vero che tutti si comportano male, noi possiamo non farlo! Non solo, siamo invitati a guardare con tenerezza quelli che sbagliano... gli stranieri, la povera gente, cercando di andare aldilà del desiderio di punire, di vendicarsi.
È necessaria spesso la prigione, ma dovrebbe essere un tentativo di rieducare, di fare cittadini onesti, di offrire la competenza e la possibilità di un lavoro. Dovremmo cogliere negli occhi di molti di loro - di molti di loro - il desiderio di cambiare, di essere persone oneste, laddove la società fosse in grado di permetterglielo.
Ecco - vedete - cosa c'entra il Vangelo di oggi con la storia del tassinaro! Tutti noi dovremmo tentare di essere onesti fino in fondo e anche capaci di non giudicare il nostro prossimo. Non dovremmo più chiedere l'espulsione di tutti gli extracomunitari pensando che tutti siano dei farabutti e dei ladri! Non è vero! Molti di loro si sacrificano per farci mangiare i pomodori ad un prezzo accessibile e vengono trattati da schiavi.
Molti di loro lavorano duramente per costruire le nostre case e vengono pagati molto meno degli operai italiani. Tutta questa gente ha diritto al nostro rispetto, ha diritto a non essere confusa con quelli che rubano, che pure ci sono e devono essere giudicati con severità, ma bisognerebbe anche accogliere ogni loro desiderio di essere "nuovi", di cambiare.
Così è stato Gesù in mezzo a noi! Capace di essere lontano da ogni male, di non avere niente a che fare né con il furto e né con le prostitute, ma capace anche di guardare con tenerezza chi sbaglia, di rimetterlo sulla strada, di accogliere - come nella pagina del Vangelo che abbiamo adesso letto - un gesto di tenerezza e di amore.
"La tua fede ti ha salvata, va' in pace "
Ecco, Gesù si comporta così e invita anche noi a farlo. Non è semplice, lo so, come lo sapete anche voi, ma non c'è altra strada per essere discepoli dell'unico Signore.
Lui ci aiuti.
Allora domandò loro: "Ma voi, XII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 20 Giugno 2010
chi dite che io sia?". Pietro Galati 3, 26-29. Luca 9, 18-24
rispose: "Il Cristo di Dio".
È inevitabile, quando si conclude la lettura del Vangelo con un gruppo di gente - mi è accaduto anche lunedì scorso - che qualcuno chieda: "Perchè i discepoli fanno tanta fatica a riconoscere il Signore risorto?".
La difficoltà di riconoscere Gesù, attraversa tutti i Vangeli. Avrete notato, anche oggi, che la gente non riesce a riconoscere il Signore: "Che dice la gente di me?" domanda Gesù. "Qualcuno dice che sei Giovanni Battista, qualcuno Elia, altri uno dei profeti ". "E voi?". "Tu sei il Cristo" dice Pietro. E Gesù ordina severamente - come avete ascoltato - di non dire niente a nessuno.
Perché? Perché non basta riconoscere che Gesù è il Messia? Dov'è la difficoltà? Qual è il problema? Ripensate alla vostra esperienza che è la stessa esperienza dei primi cristiani! Il Vangelo - come vi ho ripetuto più volte - non ci racconta fatti accaduti, ma delle esperienze; esperienze profonde. E l'esperienza che hanno fatto i primi discepoli è la difficoltà di accogliere, di accettare, credere in Gesù come manifestazione di Dio. Si tratta di rendersi conto che nella vita di Gesù di Nazareth si manifesta Dio! E il Dio che si manifesta è il Dio della croce: Gesù sarà rifiutato dagli uomini, Lo inchioderanno su una croce. Come è possibile riconoscere Dio nell'impotenza, nella fragilità, nel fallimento del Suo inviato che finisce su una croce?
E non è solo un problema degli antichi cristiani è, anche, un problema mio e - se posso coinvolgervi - anche vostro. Quante volte nella vita ci siamo rivolti a Dio come all'onnipotente? Lo ripetiamo ogni volta che ci ritroviamo qui: "Credo in Dio onnipotente..." Onnipotente! Ma se gli chiediamo qualcosa, molto spesso, non otteniamo niente.
Che significa l'onnipotenza di Dio che si manifesta sulla croce, nell'umiliazione, nel chinarsi a lavare i piedi...? Allora siamo invitati ad accogliere un Dio "altro", diverso dal Dio delle religioni, dal Dio che tappa i buchi della povertà, del limite delle persone! Siamo invitati a riconoscere in Gesù di Nazareth la manifestazione di Dio!
Come è possibile accettare un Dio così? Ecco perché in tutti i Vangeli trovate la difficoltà della gente di accogliere, accettare, credere in Gesù di Nazareth.
E non basta! Perché non si tratta soltanto di riconoscere in Gesù la manifestazione di Dio; si tratta, anche, di far nostri i valori, i sogni, gli ideali di Gesù, la totale gratuità che Lui ha manifestato nella Sua vita.
"Chi vorrà conservare la propria vita, la perderà". Non è amore per il dolore, per il sacrificio su cui, a volte, si è insistito nella vita della Chiesa. Sciocchezze! Si tratta di credere fino in fondo nella gratuità, nell'altruismo, nel dono di sé. È possibile accettare tutto questo nella nostra vita? È un cammino che dura non solo l'esperienza di un uomo, ma l'esperienza della Chiesa, dell'umanità.
Ne avete una conferma particolarmente chiara - secondo me - nella seconda lettura di oggi. L'apostolo Paolo - con una intuizione che ritengo straordinaria - dice: "Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù".
Pensate che sia così nella Chiesa di oggi?
È vero che per tutti i cristiani non c'è giudeo e greco; non c'è arabo o indù? È vero che nella Chiesa di oggi non si accettano più schiavi di nessun genere? Che tutti gli uomini vengono ritenuti uguali, sullo stesso piano; siano essi bianchi o neri; siano essi omosessuali o eterosessuali? È normale che gente del nord e gente del sud vengono trattati allo stesso modo? Basta leggere i giornali! Nella Chiesa di oggi maschio e femmina sono trattati allo stesso modo? Quando pensate che qui, al posto mio, ci sarà una donna? I vostri figli lo vedranno? Secondo me è un'illusione! I vostri nipoti? Forse i nipoti dei nipoti dei nipoti... Perché? Perché è difficile accogliere il Signore!
È difficile fare nostri i Suoi valori, i sogni della Sua vita. È difficile accettare fino in fondo che siamo veramente tutti figli di Dio, tutti sullo stesso piano; che dobbiamo essere capaci di guardarci negli occhi; accoglierci per quello che siamo; vivere il rispetto, la gratuità, la tenerezza.
Se credere in Cristo significasse soltanto ripetere il Credo - come si usa fare ogni domenica - tutto sarebbe semplice. Se si tratta di portare nella nostra vita di ogni giorno l'accoglienza, l'accettazione, la fede in Gesù come manifestazione di Dio, come presenza dell'Infinito nella nostra vita; una presenza che non si manifesta nell'onnipotenza, nella forza, nella gloria, ma nell'umiliazione e nel fallimento, nel dono di sé... se si tratta non di ripetere parole che si dicono da secoli, ma di fare nostri i valori di Gesù, di fare in modo che anche oggi non ci siano più schiavi e liberi - ci sono anche in Italia - di fare in modo che non ci sia più una diversità tra maschio o femmina; non ci sia diversità tra i popoli; che tutti gli uomini di qualunque razza siano trattati allo stesso modo... allora possiamo dire: "Forse anche per noi - come per i primi discepoli - è difficile accogliere il Signore".
Chi di noi - io per primo - è capace di accettare fino in fondo, la realtà di Gesù? Chi di noi è capace di amare come ha amato Gesù? Chi di noi - per usare le parole di Paolo - "si riveste di Cristo"? Per questo ogni volta che ci ritroviamo qui diciamo: "Signore, pietà". Abbi pietà di noi, siamo come i cristiani di sempre. Anche noi non riusciamo, ma non ci stanchiamo di venire qui, di cercare il Signore; non ci stanchiamo di nutrirci di Lui.
Nessuno di voi - l'ho ripetuto tante volte - si senta indegno di questa "tavola". Non è tavola per chi è perfetto, ma per chi sa che non ce la fa ad accogliere fino in fondo il Signore. Son così tutti i cristiani, i veri cristiani! Ci sono stati nella storia, spesso, fanatici... lasciateli! Non date peso ai fanatici a qualunque religione, a qualunque popolo appartengono: non giovano alla vita!
Alla vita giova chi sa guardare negli occhi l'altro; chi sa riconoscere un fratello; chi sa stringere una mano; chi sa accogliere la difficoltà; chi ama il dubbio; chi sa camminare insieme. Lo sapete, non è facile!
Il Signore ci aiuti.
"Signore, vuoi che scenda un XIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 27 Giugno 2010
fuoco dal cielo e li consumi?". Luca 9, 51-62
"Lascia che i morti seppelliscano
i loro morti".
Avete ascoltato con attenzione questa pagina del Vangelo? Se parlassi così mi prendereste per pazzo! "Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre". "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio". Veramente sconcertanti queste parole!
Eppure posso comunicarvi un mio desiderio, una speranza, direi un sogno, forse, irrealizzabile? Che si torni a parlare così! Sono stanco, stufo di troppe parole di tante persone che, nella comunità cristiana e fuori, pensano di sapere sempre cosa è buono e cosa cattivo; cosa è giusto e cosa sbagliato; cosa è vero e cosa falso e fanno lunghe prediche... Basta!
È troppo sperare che si torni ai simboli del Vangelo? Al linguaggio dei primi cristiani che - come avete ascoltato - non fanno prediche; ci propongono delle immagini forti, radicali per tentare di provocare la nostra mente, il nostro cuore; per invitare ciascuno di noi a chiedersi cosa significa andare dietro Gesù. E la risposta può darla solo ciascuno di noi e possiamo - magari - cercare insieme.
Immagini, simboli forti!
Gesù si volge a colui che gli ha chiesto di poter andare con Lui: "Guarda, io non ho nemmeno un posto dove riposare, non ho niente, perché vieni con me, che cerchi?". È possibile - secondo voi - andare dietro il Signore senza aspettarsi niente, nella più completa gratuità?
Ho imparato, fin da quando ero ragazzo, che non potevo chiedere al Signore di far andare bene il mio compito di matematica. Bisogna studiare per far bene il compito di matematica! Ma nemmeno chiedere un po' di pace dentro di me e intorno a me? Non posso chiedere al Signore proprio niente? Nemmeno la pace? No! Vado dietro ad Uno che non ha niente da darmi, ha da chiedermi qualche cosa! Chiedere che io cerchi la pace dentro di me e intorno a me.
Cosa significa cercare la pace nella famiglia, con le persone che abbiamo intorno, con gli amici, nella nostra città, nel mondo?
Vedete, potrei farvi una predica che duri fino ad agosto, ma non avrei risposto alla "vera" domanda che è personale per ciascuno di voi: cosa posso fare per costruire la pace?
Non posso chiederla al Signore? Andiamo dietro al Signore gratuitamente, è Lui che ci chiede e ci chiede non per sé (non ha bisogno della nostra pace) ci chiede per il nostro bene.
"Signore lasciami andare a seppellire mio padre". "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti".
Vedete, se c'è una cosa che i morti non possono fare è seppellire gli altri morti! Quindi, qui, non si parla della sepoltura del padre (cosa doverosa, sarebbe un'indegnità non partecipare a questo gesto di pietà verso il padre) qui si parla di un'altra cosa. È un'immagine radicale che i primi cristiani ci propongono: ogni cristiano deve lasciare il mondo della morte per costruire la vita. Lasciare tutto quello che sciupa la vita; tutto quello che porta ingiustizia, infelicità, tristezza.
Cosa significa questo per me e per ciascuno di voi? Ripeto: potrei predicare fino ad agosto e non darei la risposta! Perché è una risposta che ciascuno di noi deve cercare nella propria esperienza, per la propria vita.
"Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia". "Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio".
Ci sono scelte fondamentali da cui non si può tornare indietro. Bisogna essere capaci di scegliere, scegliere radicalmente!
Cosa significa, questo, per me che ormai ho i capelli bianchi e più poche scelte da fare? Cosa significa per un ragazzo che oggi ha tanta paura di scegliere perché vede il futuro incerto; non sa che lavoro può fare; non sa se sposarsi o non sposarsi; non sa prendere una decisione perché il futuro fa paura? Eppure bisogna scegliere per essere uomini, per seguire il Signore!
Cosa significa scegliere? Come si può rispondere a queste domande? Ciascuno di noi ha la sua risposta!
E allora - se posso - alla fine vi darei un consiglio (cosa che non si dovrebbe mai fare, ma perdonate): quando ascoltate alla radio, alla televisione; quando leggete sui giornali lunghi discorsi, anche dalle autorità più alte, non date ascolto! Non possono, non hanno diritto, non debbono dirci cosa dobbiamo fare! Non possono farci prediche sulla verità, sul giusto e sull'ingiusto perché è affidato a noi; a noi come singoli e a noi come comunità; è affidato al nostro coraggio, alla nostra ricerca, alla nostra passione per il bene.
A ciascuno di noi Dio ha donato la libertà, l'intelligenza, un cuore e non ci sono risposte che valgono per tutti. Non ci sono! Nessuno sulla terra può dirci cosa è giusto e cosa non lo è.
Non è semplice cercarlo ma non c'è altra strada per seguire il Signore e, allora, rileggetevi questa pagina del Vangelo e tenete presente che all'inizio, Luca, ha messo il suo grande "cartello" di pericolo...
Si entra nel villaggio dei Samaritani, i discepoli chiedono che "scenda il fuoco dal cielo" perché non vogliono accogliere il Signore. Gesù si volta e li rimprovera: ha paura dell'intolleranza, del fanatismo!
Oh, se lo avessero ascoltato! Tanti cristiani, in questi duemila anni, stanchi di aspettare "il fuoco dal cielo" lo hanno acceso "loro" il fuoco per bruciare eretici, libri di cultura, ricerca del futuro: hanno tentato di bruciare tutto senza aspettare il fuoco dal cielo.
No! Dobbiamo scegliere di seguire il Signore, conservando un po' di radicalità nel cuore, ma essere mille miglia lontani dal fanatismo, dall'integralismo, dall'intolleranza.
È possibile? Per Gesù sì! Lui era capace di scelte radicali, ma sapeva guardare con tenerezza chiunque incontrava e per questi Samaritani che, forse, senza sapere non lo vogliono accogliere, Lui non invoca fuoco, passa oltre sperando che un giorno, anche loro, possano capire.
Guai se diventiamo intolleranti! Radicali, sì, nella nostra ricerca del bene, di tutto quello che giova alla vita, ma senza intolleranza, senza fanatismo, altrimenti non saremo più seguaci dell'unico Signore.
Lui ci aiuti.
In quel tempo, il Signore XIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 4 Luglio 2010
designò altri settantadue… Luca 10, 1-12. 17-20
Ancora una volta il Vangelo! Non grandi discorsi, non lunghe prediche, ma immagini, simboli che sono un invito a cercare, a pensare; tracce da tradurre nella nostra vita; forse indicazioni per cercare di capire chi è veramente dalla parte di Gesù e chi non lo è. Tante domande, non risposte! Domande che siamo stati tutti invitati a porci con serietà, perché la nostra vita sia conforme al messaggio di Cristo.
Ho provato a proporvene qualcuna tra le tante che le immagini di oggi potrebbero suggerire - ripeto - domande, non risposte! (Le ho scritte, per non farvela troppo lunga...) Allora cominciamo dall'inizio.
"Altri settantadue"... Ma non bastavano i "dodici"? Settantadue, al tempo in cui Gesù manda la Sua gente in giro per il mondo sono praticamente tutti, perché non aveva più di settantadue seguaci! Allora, tutti, siamo mandati? Anche noi, anche io, anche ciascuno di voi?
E poi, "a due a due". Non si può andare da soli? Perché bisogna andare almeno in coppia? Forse perché occorre confrontarsi con gli altri? Forse perché da soli corriamo il rischio pensare solo alla nostra verità?
"Vi mando come agnelli"... Agnelli? Cosa significa in questo mondo essere "agnelli"? Bisogna lasciare che ci mettano i piedi sulla testa? Che calpestino noi e l'altra povera gente? Come si può essere agnelli: gente mite, piena di tenerezza, di rispetto, in questo mondo?
"In mezzo ai lupi…" Chi sono i "lupi" oggi? Gli antichi dicevano che "il can che abbaia non morde". A volte, i lupi, non sono quelli che gridano di più, che fanno più rumore. A volte, sono quelli che parlano con voce melliflua; che fanno grandi promesse. Come possiamo difenderci dai lupi? Come vivere in mezzo ad essi?
E come è possibile vivere in mezzo ai lupi se ci manda in giro "senza borsa, senza bisaccia, senza sandali"? Sprovveduti, senza niente, nella più totale gratuità! Non possiamo cercare il denaro, il potere, la forza... niente!
Pensate come sarebbe stata diversa la storia della Chiesa se avessimo - almeno un po' - ascoltato queste indicazioni, cercato di seguire queste tracce!
"E lungo la strada non salutate nessuno". Che vuol dire? Perché non dobbiamo salutare nessuno? È così urgente, bisogna proprio correre? L'annunzio del regno di Dio, la testimonianza dei valori di Gesù è così importante, urgente che non si può nemmeno salutare la gente che s'incontra per la strada? Simboli certamente, ma di un'urgenza che Gesù sente nel cuore!
Dobbiamo andare a "portare la pace". Che vuol dire portare la pace ogni giorno, intorno a noi, tra la gente che conosciamo, con le persone che incontriamo?
E quando andiamo in giro possiamo "mangiare e bere". È ripetuto due volte! Mangiate! Ma non ci hanno sempre parlato di digiuno? Che Gesù non ami i sacrifici le rinunce, ma l'annunzio e la testimonianza della pace? Che ami il piacere, che ci inviti al piacere…?
"Non passate di casa in casa" Che vuol dire non passare di casa in casa? Se in un'altra casa si mangia meglio, converrebbe andarvi! Ma, questo, ci impedirebbe di radicarci!
È possibile radicarsi in un'amicizia, nel rapporto con le parsone? Don Milani - uno dei nostri grandi maestri - diceva (chiedo scusa) che i maestri sono come i preti e le puttane: vanno con tutti e non vogliono bene a nessuno. Che valga anche per tutti i cristiani? Per me certamente è stata una della grandi tentazioni… quella di girare la faccia, di passare oltre, di non radicarmi!
Un genitore non può che radicarsi con i propri figli! Un figlio è per sempre, ma un amico? Ma è possibile compromettersi con una persona fino in fondo? È possibile non "passare di casa in casa"?
E, poi, dobbiamo "andare a curare i malati"! Che vuol dire? Qui c'è qualche medico, ma noi come possiamo curare i malati? Ci sono malattie del cuore, dell'animo, della mente che hanno bisogno di tutta la nostra tenerezza... ma come è possibile curarle, cosa possiamo fare e fino a che punto?
E il Vangelo ci invita anche in certi momenti "a scuotere la polvere dai nostri calzari". È possibile, nel mondo com'è oggi, non avere niente a che spartire il male? Essere capaci di "scuotere la polvere dai piedi" contro ogni ingiustizia, contro ogni sopraffazione? È possibile quando si lavora in un ufficio? Quando si sta in mezzo alla gente?
E cosa significa, in concreto, non avere niente a che fare con quello che c'è di male nel mondo e ce n'è tanto? Come possiamo "scuotere la polvere" dai nostri piedi senza diventare intolleranti?
E alla fine Luca mette il suo grande "segnale". Domenica scorsa - forse qualcuno lo ricorda - lo aveva messo all'inizio; oggi lo mette alla fine... sembra un po' enigmatico ma è fondamentale...
"Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli". Nemmeno il successo possiamo cercare? Non possiamo rallegrarci di quello che riusciamo ad ottenere? E, quando falliamo, non ci dobbiamo dichiarare sconfitti?
Lui è un grande fallito! Rimasto solo su quella croce, eppure, aveva ragione Lui! Il Suo nome era scritto in cielo, anzi, Lui veniva dal cielo; eppure sulla terra non ha cercato il successo, il trionfo, la gloria, ha cercato la fedeltà, la fedeltà fino in fondo, la gratuità.
È possibile, per noi? Vedete quante domande? Non ci sono risposte nel Vangelo, non le cercate! Nel Vangelo si cercano domande, le domande fondamentali per la nostra vita, le domande giuste per poter seguire Gesù.
Il Signore ci aiuti.
"Un uomo scendeva da XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 11 Luglio 2010
Gerusalemme a Gerico..." Luca 10, 25-37
Quella che abbiamo appena ascoltato è, senza dubbio, una delle parabole più conosciute, del Vangelo e anche una considerata facile da spiegare. Se provate a leggerla e rileggerla vi accorgete che è tutt'altro che semplice da capire e, soprattutto, poi da mettere in pratica.
Vediamo se mi riesce di farvi intuire qualcosa della difficoltà di questa parabola. Gesù deve rispondere alla domanda di un maestro della legge: "Chi è il mio prossimo?" e porta come esempio di amore non uno dei grandi personaggi dell'Antico Testamento, che so, Elia o Eliseo che hanno fatto grandi prodigi per aiutare il prossimo o qualche personaggio straordinario del suo tempo... no! il modello che propone è uno straniero, un nemico, uno di un'altra religione: è lui che si ferma!
È come se il Papa, oggi, facendo la predica sull'amore del prossimo portasse come esempio non i grandi personaggi della nostra esperienza cristiana, che so, Madre Teresa di Calcutta, il Cottolengo, don Bosco o san Francesco d'Assisi... ma un mussulmano, un marocchino che una volta sulla spiaggia vede in mare una persona in difficoltà e, a rischio della vita si tuffa per salvarla (è successo). Molti si meraviglierebbero nell'ascoltare il Papa citare uno straniero, di un'altra religione, che non conosce affatto la "verità". Molti si meraviglierebbero, eppure, sono passati duemila anni da quando questa parabola è stata scritta e dovrebbe essere normale.
La seconda cosa che non è semplice da capire è il perché - secondo Gesù - non si fermano il sacerdote che viene o va al servizio del Tempio e anche un levita che lo frequenta: è qualche cosa che ci coinvolge tutti, perché noi, che siamo venuti in chiesa stamattina, sopportando il caldo, corriamo il rischio di sentirci a posto, giusti, come il sacerdote della parabola e, quindi, di non accorgerci di chi in casa o tra gli amici, ha bisogno di una parola, di un momento di attenzione.
Questo caldo, così soffocante, ci rende nervosi, rischiamo di rispondere male a chi avrebbe, invece bisogno di un momento di dolcezza... perché? Perché sentiamo di aver fatto il nostro dovere davanti a Dio; perché ci sentiamo benedetti e scelti e amati da Dio.
C'è un'affermazione che ritengo la più devastante nella vita della Chiesa: quella dell'infallibilità del Papa, che non si limita a qualche dogma scritto più di cinquanta anni fa, ma che a cascata investe tutti i credenti, i vescovi, i parroci che, spesso, credono di avere ragione e anche i cristiani. Ci sentiamo buoni perché Dio ha scelto noi, perché crediamo… e rischiamo di non accorgerci di chi ci sta intorno, soprattutto se chi ci sta intorno, è un nemico, uno straniero, di un'altra religione, di un'altra razza, di un altro paese.
La terza cosa su cui vorrei attirare la vostra attenzione è il cambiamento radicale di "centro di gravità" che Gesù opera in questa parabola: non ce ne accorgiamo ad una prima lettura ma, se ci pensate, è qualcosa di fondamentale.
Il maestro della legge chiede: "Chi è il mio prossimo?". Alla fine Gesù domanda: "Chi è stato prossimo per lui?".
Vedete, all'inizio il centro sono io: chi è il "mio" prossimo? Alla fine il centro è "lui" chi è stato prossimo per lui? E non è semplice!
Il comandamento - ci avete riflettuto qualche volta? - "ama il prossimo tuo come te stesso" lo diamo per scontato. Io l'ho sentito citare migliaia di volte da gente che, magari, non frequenta molto il Vangelo… è una delle frasi che più conosciamo e riteniamo giusta!
Ma vi siete mai chiesti: e se il mio prossimo non vuole essere amato come io amo me? Se lui è diverso? Io mi amo in un certo modo... a me piace andare in montagna, a lui no. A me piace leggere libri, a lui no. A me piace una cosa, a lui un'altra. A me piace vivere, lui vuole morire... posso volergli bene come voglio bene a me stesso o è giusto cercare di mettersi nei panni dell'altro?
Vedete quale cambiamento radicale? Non chi è il "mio" prossimo, ma chi è prossimo per "lui"! Cioè chi si è messo nei suoi panni; chi ha cercato quello che era giusto e buono per lui; quello che era importante per lui; quelli che erano i suoi desideri, le sue scelte.
Se rileggete questa parabola, con comodo a casa, la troverete particolarmente difficile, già a capire cosa vuol dire e poi a viverla ogni giorno.
Chi di noi è capace ogni giorno di fermarsi con tenerezza con quelli che incontriamo lungo la strada? Non si tratta di cose eccezionali; si tratta della gente che abbiamo in casa, la moglie, il marito, i figli, i nipoti, gli amici... a volte, soprattutto con questo caldo, è proprio difficile voler bene.
Il Signore ci aiuti.
Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 18 Luglio 2010
ascoltava le sue parole; Marta Luca 10, 38-42
invece era tutta presa dai molti servizi.
L'ho sentito ripetere tantissime volte e, forse, lo avrà pensato anche qualcuno di voi stamattina: "Maria avrà pur scelto la parte migliore, ma se Marta non si dà da fare non si mangia": è giustissimo! C'è bisogno del servizio, del darsi da fare, del lavorare per gli altri.
Ce lo ricordava - non dimenticatelo - domenica scorsa la parabola del buon Samaritano. Occorre darsi da fare, curare le ferite di chi è malato. Gli antichi, giustamente, dicevano: "Primum manducare, deinde philosophare": prima bisogna mangiare poi si può filosofare, dedicarsi alla cultura, ai pensieri. Non bisognerebbe mai dimenticarlo quando affrontiamo i problemi della vita, ma... c'è un ma!
Se nella vita non c'è un pizzico di stupore, di meraviglia, un po' di gratuità, di contemplazione... a cosa si riduce la corsa sulla terra?
La grande lezione di Israele... spero non ci sia nessuno tra voi che dubiti che Gesù sia un ebreo, profondamente radicato nella tradizione ebraica... chi pensa diversamente dovrebbe leggersi e rileggersi questa pagina del Vangelo... qui c'è la grande tradizione dello "Shabat".
Ci sono sei giorni per lavorare, ma il settimo - dicono gli Ebrei - è "Shabat". Anche Dio fa Shabat, che non è soltanto riposare - ci vuole anche quello - lo Shabat è un concetto infinitamente più complesso.
Lo Shabat non è solo un giorno, ma deve attraversare tutti i giorni della vita; è il tempo del fermarsi a guardare; è il tempo dello stupore; lo stupore di fronte alla natura: la bellezza del mare, della pineta, degli alberi; la meraviglia di fronte a un grande panorama di montagna; la capacità di contemplare e non soltanto la natura, ma anche le opere degli uomini...
La poesia, un bel romanzo, fermarsi a leggere, a gustare un brano di musica e poi, soprattutto, la capacità di ascoltarci, di sederci l'uno accanto all'altro per guardarsi negli occhi, per poter parlare insieme... "non basta fare per... occorre essere con".
Occorre condividere, sapersi ascoltare, camminare insieme e poi... poi occorre ascoltare Dio! Fermarsi ai piedi di Gesù, cercare nelle Sue parole i valori fondamentali della nostra vita; la conoscenza profonda di quello che è importante, delle verità che vanno oltre la corsa e l'affanno di tutti i giorni.
C'è bisogno di Marta, è indispensabile Marta! Ma se non c'è, nella vita di ciascuno, un pizzico di Maria: un po' di gratuità, di contemplazione, di ascolto, di meraviglia... a cosa si riduce la vita? Soltanto ad una corsa, un affanno, una fatica?
Viene, anche per molti di voi, il tempo dell'estate e il tempo del riposo, ma, non dimentichiamo, può anche essere il tempo dello stupore, della contemplazione, dell'incontro con la natura, dell'incontro con qualche cosa di bello; dei capolavori che gli uomini hanno saputo costruire: l'arte, la pittura... a qualcuno capiterà di vedere qualcuno dei meravigliosi monumenti della nostra Italia. Lo stupore di fronte a chi ha saputo creare figure straordinarie.
E poi...! E poi l'ascoltarci gli uni gli altri... ce n'è un gran bisogno! Tra genitori e figli, tra marito e moglie, con gli amici... la capacità di sedersi, di guardarsi negli occhi.
Ecco, senza Marta non si vive, ma senza Maria la vita perde di senso e - badate - Marta e Maria non sono due persone diverse, possono e debbono convivere in ciascuno di noi. Ciascuno di noi è ogni giorno e Marta e Maria. Ciascuno di noi è chiamato al servizio, a chinarsi sulle sofferenze degli altri, come il buon Samaritano, ma ciascuno di noi è anche invitato alla contemplazione, allo stupore, alla meraviglia, all'ascolto degli altri e all'ascolto di Dio ogni giorno: così si arricchisce la vita.
Il Signore ci aiuti.
"Fa che non cadiamo XVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 25 Luglio 2010
nella tentazione" Luca 11, 1-13
Ve ne sarete certamente accorti tutti, la pagina che abbiamo appena letto è una delle più complesse del Vangelo di Luca: affronta il tema della preghiera e l'affronta in maniera straordinaria, ma per dire soltanto una parola su tutti i problemi di queste righe ci vorrebbero ore e ore; questa pagina non si addice, certo, ad una calda domenica d'estate.
Allora mi permetterete di fare una piccola riflessione soltanto su una parola che abbiamo ascoltato, forse, marginale, ma credo che per più d'uno di voi sia particolarmente importante.
Non so se vi siete accorti... ci hanno cambiato le parole del Padre Nostro. Non si dice più "non ci indurre in tentazione" ma "fa che non cadiamo nella tentazione".
Tante volte nel passato, quando si leggeva questa pagina del Vangelo, c'erano persone che dicevano: "Non ci indurre in tentazione, non mi piace, sembra quasi che Dio ci voglia mettere in difficoltà, è meglio cambiare: "Fa che non cadiamo nella tentazione".
Quasi sempre rispondevo: "Se cambiano così non dirò più il Padre Nostro!" Poi mi sono convertito e lo dirò lo stesso! Perché a me piace la parola antica "non ci indurre in tentazione" e non mi sta bene questa nuova? Perché, vedete, se dico: "Fa che non cada nella tentazione" sono io che debbo essere attento a non cadere! Se dico: "Non ci indurre in tentazione" allora il compito è Suo, non mi deve mettere nei guai, non deve troppo complicarmi la vita…
Dietro questa semplice parola "non ci indurre in tentazione" c'è una grande intuizione di Israele e non dovremmo dimenticare le grandi intuizioni di questo popolo straordinario!
"Non ci indurre in tentazione" vuol dire: la vita per l'uomo, a volte, è troppo difficile. Nella Bibbia ci sono immagini straordinarie... pensate a Giobbe, alla sua vita: ha perduto tutto, le bestie, i figli, la moglie; è ridotto a grattarsi le piaghe sullo sterco...
Pensate, soprattutto, al grande racconto... - lo ritengo uno dei più abissali della Bibbia - della lotta di Giacobbe con Dio sullo Iabbok.
Giacobbe è un vigliacco: deve attraversare lo Iabbok, un fiume, per andare nella terra dei nemici e manda avanti prima tutte le sue bestie, poi i servi, poi i figli, poi le mogli e poi, alla fine, se i nemici non daranno troppo noia, passerà anche lui e aspetta... aspetta prima di attraversare il fiume, ma sopravviene la notte e con la notte il "vampiro" notturno e Giacobbe si trova a lottare con lo spirito della notte che al mattino deve scomparire perché viene il sole.
Giacobbe lotta per tutta la notte e al mattino, si accorge che non è uno spirito notturno, un vampiro, ma è Dio! Ha combattuto con Dio tutta la notte e allora gli chiede una benedizione e Dio gliela dà toccandolo all'anca e Giacobbe se ne va zoppicando, mezzo sciancato.
Ecco, la vita dell'uomo secondo Israele, qualche volta - non per tutti per fortuna, ma capita a molti di passarci - sembra un combattimento nella notte aspettando un'alba che non viene e da questo combattimento ne usciamo, spesso, mezzo "sciancati".
Cosa possiamo chiedere a Dio? Non gli possiamo chiedere che passi il calice del dolore; non è passato nemmeno per Gesù! Gli possiamo solo chiedere - come avete ascoltato - il Suo Spirito, il soffio di Dio. Una delle più belle immagini della Bibbia: essere "rivestiti di vento", del vento di Dio per affrontare il combattimento - a volte più forte di noi - della vita.
Gli antichi dicevano: "Dio manda il freddo secondo i panni". Lo sapete, non è vero! Qualche volta il freddo è più forte dei nostri panni!
E ci ritroviamo, povera gente, ad alzare gli occhi, a gridare al Signore: "Perché non ci dai quello che ti chiediamo? Hai detto: chiedete e bussate e vi sarà aperto...". "Sì, ma a chi chiede con insistenza darò lo Spirito Santo".
Cos'è lo Spirito Santo? Qualche cosa di impalpabile, il soffio, il vento di Dio che può attraversare la nostra vita per darci il coraggio di affrontare un combattimento. A volte un combattimento nella notte aspettando un'alba che non arriva e ne usciamo "sciancati": così è la vita, a volte, crudele!
Il Signore ci aiuti.
"Se uno viene a me e non mi XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 5 Settembre 2010
ama più di quanto ami suo, Luca 14, 25-33
padre, la madre, la moglie,
i figli, i fratelli, le sorelle e
perfino la propria vita, non
può essere mio discepolo.".
Parole particolarmente sconcertanti quelle che abbiamo ascoltato. Sembrano, in parte, parole folli, eppure se le rileggete con attenzione vedrete che fanno parte del tessuto della vita di molti di noi, della vita quotidiana, dei valori fondamentali dell'essere cristiani, di più uomini... questo, purché non vadano in mano a qualche persona sconsiderata, integralista: ce ne sono, purtroppo, sempre di più nella Chiesa e nel mondo di oggi.
Quando ero bambino - è uno dei primi ricordi della mia infanzia, avrò avuto quattro o cinque anni - accompagnavo, qualche volta la sera, mio papà a mettere una grossa trave dietro il portone del palazzo dove abitavamo: lui era il portiere e tra i tanti compiti aveva anche questo. Nel nostro palazzo c'erano dei rifugiati: ebrei, perseguitati... era rischioso tenerli lì!
Una notte, sono venuti quelli delle S.S. a bussare al portone: mio papà non ha aperto! Ha messo a rischio, così, la sua vita, la mia vita, la vita di mia mamma, dei miei fratelli... era rischioso, allora, opporsi alle S.S. eppure, lui, ha amato la giustizia, ha amato quelle persone che erano perseguitate e rischiavano la morte, ha amato - se volete usare le parole del Vangelo - Gesù più di se stesso, più di noi e - badate - mio papà non era un eroe, era una persona normalissima, però, aveva imparato fin da bambino che c'è qualche cosa di più grande della vita stessa, più grande dei suoi affetti... c'è la giustizia, il rispetto dell'uomo, l'opporsi con tutte le sue forze alla violenza, al male.
E quello che ha fatto mio papà lo hanno fatto migliaia e migliaia di persone in questo paese e più d'uno, non solo ha rischiato, ma ha perso la vita.
E la maggior parte di queste persone l'ha fatto come se fosse una cosa normale, come se appartenesse alle cose evidenti della vita. Non si può rinunciare a difendere un povero essere che fugge, perseguitato ingiustamente, non si può, anche se si rischia della vita.
Ho anche visto tante persone soffrire e portare - per usare le parole del Vangelo - la croce, a volte, con un sorriso. Andavo, qualche volta, per consolare una persona malata, una persona anziana che faceva fatica a muoversi, camminava non solo con il bastone, ma con la carrozzina, andavo per consolare e venivo consolato da un sorriso, da un racconto della propria vita detto con ironia, quasi con allegria: la "croce" sopportata con pazienza e con attenzione all'altro, con il sorriso, con l'ironia, almeno, finché si può!
Ho conosciuto, tante volte, persone che sapevano rinunciare, sacrificarsi per gli altri. Mio papà non è mai andato in vacanza, non ha mai fatto un viaggio, non è mai andato a cena in un ristorante, non è mai andato al cinema... per noi! Per permetterci di studiare, di arrivare fino all'università. Per noi si è sacrificato, ha portato la "croce" e non l'ha fatto per amore della sofferenza, l'ha fatto per amore nostro, l'ha fatto perché sentiva che era importante rinunciare a qualche cosa perché avessimo le cose importanti della vita.
Così come ho incontrato persone per cui i denari non erano tutto. Mio papà badava a ogni spicciolo perché ne aveva pochi e, qualche volta, faceva fatica ad arrivare alla fine del mese, ma mai, per lui, i soldi erano più importanti delle persone. Mai avrebbe rubato qualcosa nemmeno per noi.
"Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo"
Così dice il Vangelo di oggi. Lui non rinunciava agli averi ma non si sarebbe mai approfittato di qualcosa di un altro. Per lui il denaro era soltanto uno strumento. Quello per cui la vita vale non sono i soldi, ma gli affetti, la tenerezza, la giustizia, l'amore: così avevano insegnato a lui i suoi antichi, così ha tentato di insegnare anche a noi i valori importanti, il ruolo del denaro nella vita.
Vedete, dunque che queste parole che sembrano sconcertanti, sono parole che attraversano la vita di ogni uomo purché non vadano in mano a persone sconsiderate, a folli... ce ne sono anche oggi in molti gruppi di cristiani.
Ho ascoltato le confidenze di alcuni ragazzi che mi dicevano che si erano imbattuti in qualche "santone" o qualche padre spirituale che gli diceva: "Lascia tutto, non devi amare tua madre, tuo padre, i tuoi fratelli... devi seguire Cristo, devi abbandonare tutto, lasciare ogni affetto!". Non per seguire Cristo ma la sua voglia di potere, il suo voler dominare la coscienza di un'altra persona!
Ho visto delle persone che erano invitate a non preoccuparsi più della casa, dei figli per dedicarsi completamente agli altri.
E in molte parti della Chiesa, si esalta "la croce", la sofferenza e il dolore quasi che la sofferenza e il dolore siano dei valori davanti a Dio.
Un tempo si arrivava - addirittura - a flagellarsi, a fare delle rinunce, dei digiuni, dei sacrifici... quasi che a Dio piacesse il dolore e la sofferenza dell'uomo: la considero una bestemmia!
Se qualche volta vi domandate perché nel nostro paese la terapia del dolore è ancora indietro rispetto ad altri paesi di questa terra; se vi domandate perché il parto indolore non viene ancora praticato come cosa normale... pensate a una certa tradizione cattolica: è il dolore che salva, è la sofferenza di Cristo che ci ha salvato; dobbiamo essere come Lui capaci di soffrire perché Dio ama la sofferenza... ricordatelo - secondo me, ma non sono solo - è una vera bestemmia!
Dio non ama la sofferenza e il dolore. Dio ama l'amore, la generosità, il dono di sé anche quando costa, perché, qualche volta, il bene costa... costa sacrificio, qualche volta esige - addirittura - di mettere a rischio la propria vita, ma è il bene, è l'amore che salva, non il dolore.
Ho ascoltato delle persone invitate a vendere tutto per seguire il Signore.
Non scorderò mai una persona anziana, piccolina - l'ho ancora davanti agli occhi - che è venuta una volta da me - era incappata (scusate la parola) in uno di questi gruppi moderni di cristiani in cui si cerca di prendere alla lettera il Vangelo - e mi diceva: "Padre, il prete della mia comunità mi dice che devo vendere tutto, altrimenti non sono una vera discepola di Gesù, ma come posso vendere tutto? Ho una sola casetta che mi ha lasciato mio marito; è il frutto di tanti sacrifici, di una vita di lavoro, se poi la vendo come posso vivere, finisco in mezzo alla strada! Ma è vero che debbo vendere tutto per essere una vera discepola di Gesù?"
Poi si ferma un momento, mi guarda negli occhi e aggiunge: "Ma, poi, perché lo ha detto a me e non all'avvocato che ha due case e una villa?" Di irresponsabili così ne girano parecchi nella Chiesa di Dio!
Ecco - vedete - come possono queste parole diventare ridicole, un'offesa al Signore.
Se le leggete con un po' di attenzione, vedrete che sono parole normali della vostra vita... guai a lasciarle in mano ai fanatici, agli intolleranti, si rischia la pazzia.
Il Signore ci aiuti.
"...ma bisognava far festa e XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO -12 Settembre 2010
rallegrarsi, perché questo tuo Luca l5, 1-10
fratello era morto ed è tornato
in vita, era perduto ed è stato
ritrovato".
Quella che abbiamo appena letto è, certamente, una delle pagine più conosciute del Vangelo. Non solo, secondo molti cristiani è una delle più semplici.
Eppure se leggete e rileggete e leggete ancora questa pagina, forse, vi accorgerete anche voi che è una delle pagine più difficili del Vangelo; forse impossibile da comprendere per noi!
Qui c'è da una parte l'umanità, quello che noi siamo, i nostri bisogni, la nostra realtà e dall'altra parte quella che Paolo chiama la "follia", la "stoltezza di Dio" più sapiente degli uomini!
Per comprendere - almeno secondo quello che ho capito io - questa pagina, dovete lasciare da parte la tenerezza di qualche episodio che forse avete incontrato... di un figlio, magari, adolescente che è scappato per qualche giorno, per qualche ora, da casa e poi torna e tutti fanno festa, felici del suo ritorno... No, qui non si tratta di questo!
Qui abbiamo a che fare con un delinquente, con uno che ha sciupato la propria vita e la vita degli altri! E, in questa parabola, non c'è soltanto un fratello ce ne sono due e tutti e due sono come noi... parte della nostra umanità, della nostra vita, del nostro modo di pensare, dei nostri bisogni.
Per noi i soldi sono importanti. Senza soldi non si arriva alla fine del mese e accumularne quanto più se ne può e avere la nostra parte è molto importante per noi.
Nel nostro vivere civile le leggi sono fondamentali. Violare la legge esige un castigo. Per noi le regole, i ruoli sono importanti... c'è chi comanda, chi ubbidisce. Per noi il lavoro è fondamentale! Il figlio più grande ha lavorato duramente, ha diritto ad un premio! Il premio, il castigo, il lavoro, i soldi, il potere... tutte queste cose fanno parte indispensabile del tessuto della nostra vita: senza non possiamo vivere.
Dall'altra parte la "follia" di Dio. A Lui tutte queste cose sembrano non interessare. Lui ha a cuore soltanto l'uomo, ogni uomo; anche l'uomo che ha sbagliato, anzi, l'uomo che ha sbagliato lo ha a cuore di più. Lo va a cercare "come il pastore cerca la sua pecora", come "la donna cerca la moneta che ha smarrito ". Per Lui l'uomo che ha sciupato la vita è prezioso come quello che ha sempre osservato ogni regola. Per Lui quello che conta veramente è l'uomo.
Sembrerebbero parole semplici!
Se volete capire quanto è difficile, forse, addirittura impossibile per noi vivere tutto questo, pensate che nel lungo cammino della Chiesa si sono bruciati sul rogo eretici soltanto perché dicevano altre parole.
Spesso, in chiesa si è predicato l'inferno. Come si può - secondo voi - conciliare l'idea dell'inferno, di una pena che non finisce mai, con questa parabola? Con la parabola in cui Dio non si rassegna al male dell'uomo e per lui prepara la "festa"? Dio - secondo questa parabola - ha creato l'uomo per la "festa"! Ogni uomo gli sta a cuore e non può rassegnarsi a che un uomo si perda, se ne vada. Come può - secondo voi - condannarlo a un inferno senza fine?
Se volete un altro esempio chiedetevi quanto, nel nostro paese, le carceri sono uno strumento non solo di punizione ma di rieducazione; il tentativo dello Stato di ridare a chi ha sbagliato la dignità: la dignità di un lavoro, di una vita onesta. C'è qualche piccolo tentativo, degno di grande ammirazione, ma è raro. In quante carceri c'è veramente lo sforzo di rieducare?
Vedete, forse questo vi aiuta a comprendere quanto questa parabola sia difficile, come qui troviamo la "follia" di Dio, la Sua capacità di rispondere al male dell'uomo, non con la condanna, la punizione, ma con la festa.
Vedete, questa parabola arriva fino qui: l'unica cosa sacra al mondo non è la regola, la legge, il castigo, il ruolo, il denaro, il potere... l'unica cosa sacra è l'uomo: è questa la "follia" di Dio, quasi insopportabile per noi!
E quando pensate a questa parabola e al figlio che se n'è andato lontano e ha sciupato la sua vita, non pensate ad altri... io penso a me e ciascuno di voi pensi a se stesso. Anche noi abbiamo sciupato qualche cosa, ma anche noi siamo invitati alla "festa" di Dio e qui... - dovremmo sempre ricordarcelo - è preparato il grande banchetto e non si "ammazza il vitello grasso", ma Gesù si fa pane per noi.
Se ci fosse qualcuno di voi (ma non credo) che pensa di essere giusto, di aver sempre osservato ogni legge, di non aver niente da rimproverarsi... questa parabola dice che, forse, non è in grado di entrare qui!
Questo non è un "pasto" per giusti, ma per peccatori, e se ci fosse qualcuno, che non si sente degno di questa "tavola", che pensa di avere una colpa troppo grande per "mangiare" di Cristo..... sappia che ha "bestemmiato" la parabola che abbiamo appena ascoltato!
Ci sono nella vita degli uomini tanti sensi di colpa... trovate il coraggio di buttare tutto questo: i sensi di colpa, l'educazione alla paura che abbiamo ricevuto, il valore dato alle regole, alle leggi, al peccato, alle punizioni, all'inferno... gettate tutto questo nel cuore infinito di Dio, della Sua follia, della Sua stoltezza, della Sua passione per l'uomo, per ogni uomo che ha sbagliato, per me!
Il Signore ci aiuti.
Il padrone lodò quell'ammi- XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 19 Settembre 2010
nistratore disonesto, perché Luca 16, 1-13
aveva agito con scaltrezza.
Ho cercato per gran parte della mia vita di pensare, di tentare di interpretare il mondo intorno a me, le cose che accadevano e ho provato - per quanto potevo - ad aiutare la gente a pensare, a capire la situazione, a interpretare i fatti.
Più volte - anche recentemente tentando di fare un bilancio - mi è capitato di dichiarare "fallimento". Non son riuscito!
Il Vangelo di oggi può consolarmi, consolare me e, forse, anche qualcuno di voi che ha la stessa sensazione.
Vedete, Gesù o - forse meglio - i Suoi discepoli dovevano essere proprio alla disperazione per raccontare questa parabola! Erano convinti che essere credenti significasse tentare di leggere la storia, interpretare i fatti. Si rendevano conto, però, che era molto difficile.
Hanno raccontato una parabola in cui il padrone arriva, addirittura, a lodare un amministratore disonesto. Non lo loda, certo, per la sua disonestà, ma per la sua capacità di capire quello che gli accade, di interpretare quello che sta succedendo: sta per perdere il lavoro, non ha la forza di zappare, non se la sente di mendicare e che fa? Ruba ancora e il padrone lo loda!
Certamente una provocazione che i discepoli mettono sulla bocca di Gesù! È una provocazione che riguarda anche noi...
Pensate... quanta gente in mezzo a noi - ma anche nei giornali che leggiamo - si preoccupa seriamente, tentando di interpretarli, dei grandi problemi del nostro mondo: la fame, la miseria di tanta parte della terra, l'inquinamento che rischia di sciupare la natura intorno a noi, la crisi economica che tanti problemi ha creato?
Se volete pensare ai problemi della vita della Chiesa, chiedetevi: quanti si pongono il problema del fatto che sempre di più diminuiscono quelli che partecipano alla Messa della domenica, quelli che si sposano in chiesa, che battezzano i loro figli? Quanti si preoccupano e cercano di capire perché i preti e le suore diminuiscono in ogni parte del mondo e si rischia di rimanere senza?
O, se volete venire più vicino alla vostra vita, domandatevi: quanti di noi riescono a interpretare - addirittura - quello che succede nella nostra casa, nei figli che crescono, nella scuola che frequentano, nel mondo del lavoro? Quanto è difficile interpretare la realtà!
Ecco, se dovessi fare una provocazione come quella del Vangelo, vi direi: "Guardate i trafficanti di droga, le inventano tutte pur di spacciare. Pur di arricchirsi riescono, addirittura, a convincere degli sprovveduti a drogarsi. Guardate i trafficanti di armi: sono capaci, addirittura, di suscitare una guerra per vendere le loro armi... e voi?"
Voi cosa fate per il bene, per diffondere la giustizia, per il servizio degli altri, per l'attenzione ai poveri, al mondo, alla situazione economica, ai problemi della vostra casa, del vostro posto di lavoro, delle vostre scuole... siete capaci di capire e che fate?
Non è semplice! Non è stato semplice per me, non è semplice per voi, ma non abbiamo alternativa che continuare a cercare, tentando di evitare le scorciatoie, perché l'uomo ama le scorciatoie e, purtroppo, le amavano anche i primi cristiani.
Se volete consolarvi un po' rileggete questa pagina del Vangelo domandandovi: "Ma i primi discepoli che conclusioni traggono? Che c'è dopo questa parabola?"
Le conclusioni sono sconcertanti... una scorciatoia... sono povera gente come noi, non solo, loro erano poveri sul serio, non riuscivano a mettere insieme il pranzo con la cena e, allora, che cosa dicono?: "State attenti - e non parlano per sé si rivolgono agli "altri" - che la ricchezza è disonesta, il denaro è sporco (I predicatori di un tempo dicevano: è lo sterco del diavolo), guardatevene bene, datelo a noi che abbiamo fame, fate un po' di carità, così vi preparate un posto in paradiso".
È una scorciatoia, ma dobbiamo guardarla con grande tenerezza perché questa gente ha veramente fame: fame di pane non di parole, non sanno cosa mettere in tavola per la cena e, quindi, se c'è qualcuno che gli fa un po' di elemosina...
Com'è una scorciatoia oggi contentarsi, per essere cristiani, di dare qualche moneta a chi incontriamo lungo la strada e tende la mano, di fare qualche piccolo servizio senza cercare di capire che cosa succede intorno a noi, senza tentare con coraggio di pensare, di interpretare la vita, di cercare di intuire dove potrebbe portarci la ricerca della giustizia e del bene, a cominciare dalla nostra casa, dalle scuole dei nostri figli, dall'ambiente in cui viviamo, dalla nostra città: occorre pensare, cercare, interpretare i fatti, leggere la vita: non è facile!
Non è facile, non è stato facile per i cristiani di tutti i tempi, cominciando dal Vangelo, non è facile nemmeno per noi.
Il Signore ci aiuti.
Abramo rispose: "Se non XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 26 Settembre 2010
ascoltano Mosè e i Profeti, Luca 16, 19-31
non saranno persuasi
neanche se uno risorgesse
dai morti''.
Se ne parlava proprio ieri sera... c'era chi sosteneva che la parabola che abbiamo ascoltato domenica scorsa - qualcuno ricorderà la parabola del padrone che loda l'amministratore disonesto - sia molto difficile da comprendere e, invece, quella di oggi chiarissima. Io sostenevo il contrario: quella di domenica scorsa, dopo un po', si riesce a capire e non è troppo difficile e quella di oggi, invece, difficilissima.
A una prima lettura sembra tutto semplice e, invece, non lo è affatto, almeno secondo me, vediamo perché…
Quella che avete ascoltato stamattina è una storia comune a tutte le culture, a tutte le religioni. È la storia - se volete - un po' semplice e banale del contrappasso. Chi è stato buono di qua riceverà il premio dall'altra parte; chi è stato cattivo riceverà una punizione; chi di qua ha sofferto, è stato sfruttato e umiliato, sarà consolato, onorato e avrà beni in abbondanza...
Esprime un desiderio di giustizia, ma, se ci pensate bene è anche una storia un po' pericolosa nella sua semplicità, perché è stata usata in ogni angolo della terra e anche da noi, anche dai capi della Chiesa: papi, vescovi, schiere innumerevoli di frati, per dire alla povera gente: "Sopportate, abbiate pazienza perché, poi, "dall'altra parte" il Signore vi ricompenserà". È quello che abbiamo ascoltato tutti (almeno chi ha i capelli bianchi, come me) quando eravamo bambini.
Di tutto questo, alla comunità di Luca, non interessa nulla!
Loro sono interessati a capire cos'è la fede, qual è il nostro rapporto con Cristo e, per questo, usano questa piccola storia, ma la cambiano...
Il cambiamento che ci dovrebbe far pensare che non è così banale la loro parabola - forse non lo avete notato - è che si rovesciano i ruoli dei protagonisti della storia... colui che è stato un santo, il grande padre Abramo, dall'altra parte dovrebbe essere ancora più buono, invece, diventa un malvagio: non vuole dare nemmeno "una goccia d'acqua" a quel poveraccio che tribola nelle fiamme... una goccia d'acqua non si nega a nessuno, nemmeno al peggiore degli uomini...
E, invece, quello "laggiù" che è stato un delinquente nella vita precedente, in fondo, è un buono. L'unica sua preoccupazione è che i suoi fratelli non finiscano lì e dice: "Ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento!".
Per la comunità di Luca la frase più importante è l'ultima: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro". E lui replicò: "No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno". Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti".
Noi potremmo dire: "Abbiamo non solo Mosè e i Profeti, abbiamo Gesù, basta ascoltare Lui!". Perché - secondo voi - non è mai bastato nella storia della Chiesa leggere la Parola, ascoltare Gesù, cercare di cogliere Suoi valori?
Me lo sono chiesto in questa settimana con un po' di attenzione e mi è sembrato di intuire qualche cosa. Vedete, molte volte la religione si basa sul bisogno: noi siamo povera gente, specialmente i nostri antichi si sentivano circondati da ogni male, erano esposti a ogni soffio di vento, a ogni virus, a ogni batterio, a tanti malanni e - spesso - non avevano altra speranza che raccomandarsi a qualcuno "nell'alto" che potesse dargli una mano: una religione basata sul bisogno di aiuto da parte di povera gente!
E c'è un altro bisogno nell'uomo, forse, ancora più importante: il bisogno di avere risposte ai grandi interrogativi della vita. Da soli non ce la facciamo, ma se viene qualcuno dall'altro mondo, allora... allora potremmo sapere.
Ecco perché la storia della Chiesa - anche oggi - è piena di miracoli, di apparizioni, di prodigi. Ecco perché siamo stati invitati a fare novene, pellegrinaggi, a costruire santuari di tutti i tipi, a portare ex voto; si sono raccontate storie di apparizioni di ogni genere... appaiono la Madonna, Gesù Cristo, i santi e tutti promettono miracoli, prodigi, e... la gente accorre! Dobbiamo guardare tutto questo con grande tenerezza: nasce dal bisogno di aiuto!
D'altra parte si propongono nella Chiesa certezze assolute, verità infallibili, ispirate direttamente dall'alto. Si arriva in qualche caso addirittura a proporre strane spiegazioni di "segreti" rivelati in qualche apparizione. Sembra che spesso i fedeli siano invitati a credere senza pensare. Spesso si ha l'impressione che occorra andare al di là del Vangelo a cercare sicurezze assolute… la verità!
E se la fede fosse un'altra cosa?
È quello che tenta di dirci la comunità di Luca.
La fede, per questa comunità, deve andare al di là del prodigio e, quindi, al di là del bisogno. La fede può essere basata non sul bisogno, ma sulla gratuità, sulla contemplazione della bellezza della vita: le stelle del cielo, lo splendore del mare e la gente... la gente che ci sta intorno... la gratuità dell'ascolto della Parola, dell'incontro con Gesù, la gratuità dell'attenzione all'altro, del servizio.
Kant, il grande filosofo, diceva: "Credo in Dio perché c'è il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me".
Ecco lo stupore, la meraviglia per la bellezza del creato, delle persone che mi circondano e l'esigenza della giustizia, qui, su questa terra, senza aspettare un'altra giustizia perché, qui, la giustizia dipende da me, da una esigenza morale che sento dentro di me.
Ecco, allora, una fede basata non sul bisogno, ma sulla gratuità
E dall'altra parte, posso vivere una fede in cui cerco in Dio, non le risposte, ma le domande... le domande a cui la mia passione, il mio cuore, la mia intelligenza debbono cercare di rispondere! Troppe volte siamo tentati nella vita di cercare sicurezze, risposte certe e troppi santoni... troppi affliggono la Chiesa dicendo: "Adesso vi diciamo noi la verità!" Ma chi sei tu per dirmi la verità!?
La verità è affidata alla mia intelligenza, al mio cuore, alla mia passione! La fede è ricerca della gratuità, della giustizia, passione per la verità che sono invitato a cercare con la mia intelligenza e con il mio cuore.
Non è affatto a buon mercato, lo sapete meglio di me, ma non c'è altra strada - per quello che ho capito io - per essere dei veri credenti.
Il Signore ci aiuti.
Gli apostoli dissero al Signore: XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 3 Ottobre 2010
"Accresci in noi la fede!". Luca 17, 5-10
Come avete ascoltato, il Vangelo di Luca continua la sua riflessione sulla fede, ma lo fa, stavolta, con parole veramente imbarazzanti: "Se avete un po' di fede, piccola piccola, potreste dire a un albero di sradicarsi e piantarsi nel mare e vi ascolterebbe". Cosa può significare mai trapiantare un albero nel mare?
E quello strano discorso su "padroni e servitori", a chi tocca servire e a chi essere servito.
E l'ultima frase, forse più imbarazzante delle altre: "Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".
Qualcuno di voi potrebbe dire: "Ma la comunità di Luca non potrebbe dirci con parole chiare e semplici cos'è la fede? Perché usano parole complicate? Perché ci mettono in imbarazzo? Perché non ci aiutano a capire?".
E se lo facessero apposta… ve lo siete mai chiesto?
Vedete, se avessero scritto: "Se hai una fede piccola come un granello di senape, quando chiedi qualche cosa al Signore, Lui te la concederà". Questo sarebbe più semplice da capire, ma sarebbe tragico per noi, veramente tragico! E siccome - qualcuno di voi lo sa - questa frase è stata interpretata così nella storia della Chiesa da qualche delinquente che credeva di saper tutto del Vangelo, molte persone sono state messe in grossa difficoltà.
Se prego perché mio figlio guarisca, perché mio padre stia bene e non ottengo quello che chiedo, qual è la conseguenza? Che non ho fede, che sono un peccatore, che è colpa mia se mio figlio o mio padre non sono guariti!
È stato detto anche da qualche "santone" che ha attraversato la storia, qualcuno che è stato fatto santo ed è - secondo me - un delinquente non un santo! Perché non si può mettere un peso così sulla coscienza di un cristiano.
La comunità di Luca non lo fa, lo avete ascoltato... non ci parlano di guarire un figlio, ma di un "albero da trapiantare nel mare" e che vuol dire? Che senso ha prendere un albero e trapiantarlo nel mare? Significa farlo morire! Allora la fede è un'altra cosa. Forse, bisogna andare aldilà del "chiedi e otterrai": se hai fede ti sarà concesso quello che chiedi.
Allora, di che si tratta!? Non ci sono risposte a buon mercato ma, forse, l'ultima frase può aiutarci a intuire qualche cosa... "Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".
Quando abbiamo fatto tutto, proprio come si doveva fare... un piccolo premio, una caramellina o - almeno - un grazie... niente! "Servi inutili, avete fatto quello che dovevate fare!". E se questa fosse la fede?
Se la fede comportasse la più totale gratuità… il bene fatto perché è bene e non perché qualcuno vi dice un grazie, non perché ricevi un premio... Nemmeno per avere successo perché, qualche volta, quando uno si sforza - come può - di fare il bene non ha successo, si ritrova ad essere un "servo inutile" eppure... eppure non si è stancato di cercare il bene: forse è questo aver fede?
E, poi l'altro discorso così strano: il servitore dovrebbe servire, il padrone si mette a tavola per essere servito... i primi cristiani dicevano queste cose quando - come noi - erano riuniti intorno a una tavola e ricordavano la parola di Gesù: "Io sono in mezzo a voi come Colui che serve".
Se Gesù fosse qui, oggi, si metterebbe a lavarci i piedi uno per uno… e si fa "pane" per noi! Lui è in mezzo a noi come "Colui che serve".
Forse questo significa avere fede? Vivere, giorno dopo giorno, il servizio? L'attenzione all'altro? La gratuità dell'amore? La tenerezza verso chi ci sta accanto senza aspettarci una ricompensa? Il servizio fatto per amore?
Vedete, usano parole imbarazzanti ma, forse, lo fanno apposta per lasciarci intuire cosa sia la fede aldilà della scorciatoie.
Troppo facile per un prete dire: "Prega e otterrai!"… e se poi non ottieni è stata colpa tua, non hai saputo pregare. È una bestemmia, non dimenticatelo mai! È un'offesa che non si può fare a un credente. Se dici al credente: "Di' all'albero di trapiantarsi nel mare..." quello non capirà niente, ma non si sentirà offeso e, se ha un cuore sincero, comincerà a cercare e, forse, qualche cosa intuirà.
La fede è ricerca, tentativo di intuire le strade di Dio, la Sua gratuità, il Suo essere in mezzo a noi come Colui che serve e dona la vita.
Il Signore ci aiuti.
"Egli disse: "Alzati e va'; XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 10 Ottobre 2010
la tua fede ti ha salvato!". Luca 17, 11-19
La comunità di Luca continua il suo invito a riflettere sulla fede: cosa significa credere, cos'è la fede?
Domenica scorsa - forse qualcuno lo ricorderà - lo faceva con parole difficili, imbarazzanti: "un albero da spostare nel mare". Oggi, forse, lo fa con parole troppo semplici: "Dieci persone sono guarite, una sola torna a ringraziare" e Gesù dice: "E gli altri nove, perché non sono venuti a dire una parola di ringraziamento?". Sembra un fatto di buona educazione, una cosa molto semplice, cosa c'è di difficile da capire?
Eppure, forse, l'ultima frase potrebbe invitarci a una riflessione ulteriore. Gesù dice: "Va'; la tua fede ti ha salvato!"
Perché la sua fede lo ha salvato? Tutti sono stati guariti! Lui solo torna, portandosi dentro la gratitudine... e se la fede nascesse dalla gratitudine, dal riconoscimento del dono ricevuto?
Vedete, non siamo nati da soli: siamo venuti al mondo per un dono e tutto quello che abbiamo intorno, la terra, lo splendore del cielo e del mare, la bellezza delle montagne e dei fiori... tutto ci è donato. Nulla, di questo, abbiamo fatto noi!
Dal cuore del credente dovrebbe sgorgare, forse ogni giorno, il cantico di San Francesco: "Laudato sii mi' Signore per sora nostra madre terra..." e tutto il resto... Tutto è un dono da accogliere con gratitudine, con l'occhio stupefatto di un bambino che vive tutto come un dono! E non soltanto la bellezza del creato, le persone soprattutto. Quelli che abbiamo intorno sono un dono che riempie la nostra vita.
Mi capita di dirlo quando si celebra un Battesimo ai genitori: "Vedete, quello che facciamo qui non riguarda tanto questo bambino lui può soltanto piangere un po', regalarci qualche strillo o, se è tranquillo, qualche sorriso, non può far altro! È una celebrazione per noi adulti, per dire il nostro grazie, esprimere il dono straordinario che è una persona che viene ad arricchire, a riempire la nostra vita. Il dono... il dono per eccellenza, il dono di una vita, il dono di un figlio!
E, anche noi, siamo donati gli uni agli altri: un amico non lo abbiamo fatto noi, ha attraversato la nostra vita come un dono.
Dico anche ai genitori: "Adesso che è così piccino forse è facile dirlo... vedrete quando arriverà a quindici, sedici anni sarà molto più complesso viverlo come un dono!".
Eppure davanti a un figlio che nasce, poi cresce, il Vangelo ci dice che dobbiamo diventare bambini... guardarlo con l'occhio stupefatto del bambino che cerca di capire, che accetta tutto come un dono... il dono dell'altro, il dono della vita e, dunque, la gratitudine, il riconoscere che tutto ci è donato.
E se questo fosse il fondamento della fede, e se da qui nascesse la gratuità e il dono? Se sento che tutto mi è donato, se provo gratitudine non posso che tentare di rendere qualche cosa di quello che ho avuto; di vivere la vita tentando di condividere il dono che ho ricevuto.
È un discorso relativamente semplice, vero? Ma devo mettervi in guardia: è un discorso estremamente pericoloso! Perché - dirà qualcuno di voi - pericoloso? Cosa c'è di pericoloso? Vedete, se ripetete questo discorso.. - a me qualche rara volta è capitato di farlo - a una persona che attraversa un periodo di grandi guai, vi dice: "E per cosa posso ringraziare? Sono mesi e mesi che mi capita un guaio dietro l'altro! A chi ho da dire grazie? Perché ho da dire grazie?".
E ci sono persone che attraversano momenti - forse è capitato anche a noi - di depressione. Se la depressione è grave, non dite mai ad una persona: "Ringrazia il Signore per la vita!". Non può farlo! È malato, seriamente malato!
Forse qualche medico può metterci riparo ma, qualche volta, non son capaci nemmeno loro e, allora, non offendete chi vive una difficoltà così grande, non ditegli: "Guardati intorno, guarda la bellezza del cielo, del mare, dei fiori!". Non può farlo!
L'unica cosa che potete fare è mettergli una mano sulla spalla e fargli sentire che gli siete vicino e tentare di condividere con lui qualche cosa, sperando che possa uscire dal suo tunnel, ma, a volte, i tunnel che attraversano la vita degli uomini sono oscuri, pesanti! A queste persone, non possiamo mettere un altro peso sul cuore, dicendo: "Se non sei capace di ringraziare non hai fede".
Possiamo farlo noi che abbiamo la fortuna di guardarci intorno e di ammirare ancora il cielo, il mare e di sentire che chi ci sta accanto, quelli con cui condividiamo la vita sono un dono. Ma c'è gente che il cielo e il mare non può più guardarlo. C'è gente che accanto a sé non ha nessuno e non può essere offeso... non significa che non abbia fede.
Eppure... eppure queste parole ci riguardano! È detto a me e a ciascuno di voi: "Se vivi come un bambino la gratitudine, se senti che la vita è un dono, se vivi lo stupore allora, da lì, può nascere la tua fede, la tua gratuità, il tuo dono, il tuo amore".
Il Signore ci aiuti.
"Il Figlio dell'uomo, quando XXIX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 17 Ottobre 2010
verrà, troverà la fede sulla terra?" Luca 18,1-8
Ancora la fede... ma, stavolta, con quella che è, forse, la frase più inquietante del Vangelo: "Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?". Gesù, tra mille anni troverà ancora la fede? Allora, la fede è fragile, esposta a tanti pericoli!
Vedete, se avere fede significa ripetere parole che si dicono da secoli; se è soltanto partecipare a un rito come facciamo noi; se è visitare qualche santuario per rivolgersi a Dio o alla Madonna o ai santi per avere una grazia... allora, la fede non corre pericolo, non è fragile e indifesa, sempre col rischio di essere perduta!
Se, invece, avere fede significa condividere fino in fondo i valori di Gesù; se avere fede significa conservare nel cuore le cose in cui Gesù credeva, i sogni della Sua vita e renderli concreti nei nostri giorni...
Noi viviamo in un mondo estremamente complesso che sembra dominato dalle leggi del denaro, del potere... come è possibile conservare il senso del bene comune, della solidarietà tra i popoli, del tentativo di costruire un mondo più giusto, più pulito, più onesto?
A noi è dato di vivere in un paese in cui la politica sembra degradarsi in una volgarità senza fine... come è possibile conservare nel cuore il senso della giustizia, la costruzione di una società che sia onesta, solidale e giusta?
Facciamo parte di una Chiesa in cui sembra prevalere il senso della paura, il rivolgersi, per timore, a quello che si è sempre detto… come conservare il coraggio della speranza, l'impegno a costruire un popolo cristiano più appassionato di Gesù e dei Suoi valori?
In un tempo in cui sembra essere sempre più precaria la situazione di chi cerca un lavoro, soprattutto dei nostri ragazzi... come è possibile conservare in loro la speranza del domani, la voglia di costruire la propria vita, la passione per il futuro?.
In una scuola in cui sembra diffondersi il disinteresse; in cui ognuno sembra pensare al proprio figlio, che va difeso sempre e in tutti i modi. Una scuola in cui gli insegnanti sembrano perdere la passione per il loro insegnamento. Alle autorità della Chiesa la scuola sembra interessare solo per avere i contributi per coltivare i propri "orticelli", senza preoccuparsi della scuola pubblica… come è possibile conservare il desiderio di costruire una scuola in cui si ricerchi veramente la cultura e il bene di tutti?
Davanti ad una televisione che sembra fatta per metterci paura e poi distrarci con programmi futili… come è possibile conservare uno sguardo sereno e serio sulla realtà?
Molte famiglie sembrano, sempre di più, chiudersi nel proprio egoismo; sempre più preoccupate di difendere il proprio particolare... come è possibile conservare il senso della solidarietà, l'accoglienza degli altri; di chi è diverso da noi; di chi viene da fuori?
Se conservare la fede è conservare fiducia e speranza, è vivere i valori che Gesù ci ha testimoniato, allora capite come la parola: "Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà ancora la fede?" può essere inquietante! Troverà ancora la fiducia, il coraggio della speranza, la voglia di andare avanti?
Noi non viviamo in un mondo peggiore di quello che era cento anni fa o mille o duemila anni fa. Al tempo di Gesù era ancora peggio di oggi! Molti uomini, nel bacino del Mediterraneo, vivevano schiavi. Non c'era nessuna considerazione per la donna. C'era l'umiliazione di tanta gente eppure, in mezzo a tutto questo, Gesù ha tentato di comunicare il coraggio della speranza, la fiducia nella vita, la ricerca dei valori autentici.
Capite, allora, il senso della preghiera cristiana? Non si tratta di rivolgersi a Dio per chiedere che tutto ci vada bene. Pregare - come avete ascoltato oggi - è un combattimento incessante, giorno per giorno, per conservare la fede, la fiducia nei valori di Gesù.
Il combattimento di ogni giorno… e la fede, a volte, diventa come un lucignolo tremolante sul punto di spegnersi eppure il cristiano, ogni mattina, ricomincia e si rivolge al Padre con l'insistenza della vedova che va tirando la veste del suo giudice perché gli faccia giustizia.
Il cristiano è uno che vive ogni giorno la battaglia per conservare la sua fede, per poter alla fine come l'apostolo Paolo dire: "Ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede". Non è facile!
Il Signore ci aiuti.
Il fariseo pregava così: "O Dio XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 24 Ottobre 2010
ti ringrazio che non sono come Luca 18, 9-14
gli altri uomini, ladri, ingiusti,
adulteri..."
Non vi lasciate ingannare dall'ultima frase! Troppo spesso nella vita della Chiesa si è esaltata l'umiltà, la gente che va in giro con gli occhi bassi, che si batte il petto, che dice di non valere niente... qui c'è qualche cosa di molto più profondo!
Provate ad immaginare - soltanto per un momento - di vivere in un paese in cui la stragrande maggioranza delle persone sono oneste: nessuno ruba, nessuno tradisce la moglie o il marito, tutti pagano le tasse... ci sembrerebbe di vivere in un paese di sogno! E, forse, sarebbe quasi spontaneo per noi venire in chiesa a dire: "Signore, ti ringraziamo! Vedi quante persone oneste; tante persone che vengono in chiesa a pregare; tanti pagano regolarmente le tasse, osservano scrupolosamente la legge... siamo persone perbene, veniamo qui per ringraziarti!".
"È vero! C'è in mezzo a noi qualche disonesto; ci sono soprattutto questi stranieri che rubano, uccidono, combinano tanti guai... però noi siamo onesti, noi osserviamo tutta la legge!".
Il Signore, forse, ci guarderebbe negli occhi e ci direbbe: "Ve ne tornate a casa, ma non siete giustificati. Avete sbagliato tutto!".
Lo guarderemmo meravigliati e diremmo, forse, spontaneamente: "Gesù, adesso esageri! Ma che vuoi da noi? Non ti basta nemmeno che siamo onesti, che osserviamo scrupolosamente la legge? Non possiamo nemmeno ringraziare Dio per questo?".
Ci direbbe: "E se Dio fosse "altro"? Se a Lui non interessasse tanto la vostra osservanza della legge? Se Dio non gradisse tanto le vostre preghiere che sanno più di insulto verso gli altri che di ringraziamento? Se per Lui ogni persona - anche quella che sbaglia e, forse, soprattutto quella che sbaglia - fosse preziosa?".
Lui è come il pastore che va a cercare "la pecora che s'è smarrita ", come "la donna che cerca la moneta perduta"... "Dio - ci direbbe Gesù - ama la gratuità, la passione per l'altro, il rispetto, la tenerezza, l'amore. Non sentitevi giusti, non usate Dio per costruire il piedistallo per condannare e giudicare gli altri".
Troppe volte è stato fatto nella storia della Chiesa. I conquistatori dell'America del sud si sentivano giusti perché non praticavano sacrifici umani e hanno sterminato intere popolazioni. Pensavano: "Abbiamo Dio dalla nostra parte, noi siamo i giusti!". Troppe volte si sono accesi i roghi. Troppe volte non si è rispettata la persona diversa, quella che sembrava sbagliare.
Il cuore di Dio è diverso. Il cuore di Dio è appassionato per ogni uomo. Per Lui l'unica cosa sacra su questa terra è l'uomo e all'uomo si deve rispetto e va cercato e accolto e se sbaglia si deve tentare con tutte le forze di rimetterlo sulla strada, di aiutarlo a camminare, di stringerlo con l'abbraccio della benevolenza e della vita che si rinnova.
Dio è così! Lui non ama tanto le pratiche religiose; non ama l'osservanza scrupolosa della legge... Lui ama un cuore appassionato e gratuito, un cuore tenero e attento a chi sta intorno. Dio ama l'uomo! Ama ciascuno di noi e ci ama anche quando non ce la facciamo, anche quando cadiamo in qualche errore, anche quando abbiamo perso la strada...
Dio non si dimentica di noi e ci viene a cercare e ama, forse, più chi ha sbagliato, chi si è perduto di colui che in chiesa prega credendo di ringraziare e invece fa come questo fariseo che si mette davanti all'altare e crede di pregare, ma ingiuria gli altri: "Non sono come i ladri e gli adulteri, non sono come quel pubblicano laggiù! Quello è un malfattore, io... io sono buono e Tu... Tu mi darai il Tuo premio, la mia medaglia! ".
Dio non ama le medaglie, non ama i premi. Ama la gratuità, ama il bene fatto non per avere medaglie, non per sentirsi giustificati e, soprattutto, non per costruire i piedistalli da cui si giudicano e si condannano gli altri.
Non si tratta di umiltà, si tratta di fede, di domandarci: "Chi è Dio, cosa vuole Dio dalla vita dell'uomo, chi per Lui è prezioso e importante?".
Non è semplice capire tutto questo. Qualche volta il signore sembra chiederci troppo.
Ci aiuti Lui.
E gli disse: "Zaccheo, scendi XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 31 Ottobre 2010
subito, perché oggi devo Luca 19, 1-10
fermarmi a casa tua"
Quello che abbiamo appena letto è una piccola perla del Vangelo di Luca. Si trova solo in questo Vangelo il racconto che abbiamo ascoltato.
Che cosa è accaduto? Forse qualche poeta della comunità di Luca ha saputo comporre un'immagine così suggestiva della vita cristiana? Oppure, tra di loro, c'è stato qualcuno che ha veramente fatto quest'esperienza? È Zaccheo un nome totalmente sconosciuto nel Nuovo Testamento! Non si trova, il suo nome, in nessun altro dei Vangeli, né negli Atti degli Apostoli, né nelle Lettere. È realmente esistito? Non lo sapremo mai!
Quello che è certo - secondo me - è che in questo breve racconto i primi cristiani vedono la loro esperienza più profonda: l'incontro con Gesù che cambia le prospettive della vita.
E, allora, ci conviene seguire con gli occhi della fantasia il poeta; il racconto di quest'uomo che ha potuto, alla fine, incontrare il Signore con grande gioia.
Provate ad immaginarlo... questo signore non tanto alto, probabilmente avanti con gli anni. Ha avuto successo nella vita perché - come avete ascoltato - è diventato un capo. Si è arricchito. Quello che voleva ottenere, fin da quando era giovane, è riuscito ad ottenerlo. Voleva un posto importante nella società e l'ha avuto. Voleva soldi e li ha avuti.
Eppure, probabilmente, c'è un'insoddisfazione in lui, qualcosa che lo rende inquieto. Sente che la sua vita non è così bella come aveva sognato quando aveva cominciato a cercare il potere e la ricchezza. Non ha tanti amici anzi, forse, non ne ha nessuno. Questa inquietudine lo spinge a cercare...
Ha sentito che viene, nella sua città di Gerico, questo Profeta di Nazareth. C'è tanta gente che gli va dietro; tanti ascoltano la Sua parola; sembra avere tanti amici... e cresce la sua curiosità!
Chi è quest'Uomo? Perché è così diverso da me? Perché anche se non ha nessun potere, anche se non ha denari le gente gli va dietro? E sente sempre di più il bisogno di incontrarlo, di guardare negli occhi quest'Uomo che gli appare così diverso, per capire il segreto della Sua vita!
Si mette in cammino, forse un po' tardi, nell'incertezza se andare o no...! Quando arriva trova tutta la gente schierata lungo la strada e, allora, ha un'intuizione - lui che ne ha avute tante nella vita - corre avanti, si arrampica come un ragazzetto su un albero; si sarà nascosto con cura tra le grandi foglie del sicomoro per non essere preso in giro...
Gesù cammina tra la folla, arriva sotto l'albero e alza gli occhi... provate a guardarlo un momento questo signore un po' anziano, piccoletto, nascosto tra le fronde! Cosa avrà pensato in quel momento? Forse un attimo di paura! Cosa farà adesso Gesù? Forse dirà tutto quello che ho fatto? Forse aizzerà la gente perché mi lapidi per tutti i miei misfatti, per quello che ho rubato? Niente di tutto questo!
Gesù alza gli occhi: "Zaccheo, voglio fermarmi a casa tua".
Forse per la prima volta Zaccheo vede nella sua vita un mondo "altro". Qualcuno che lo cerca non per i suoi soldi, non per il suo potere, ma perché è lui! Qualcuno, finalmente cerca Zaccheo e non gli importa quanti soldi abbia, dove è arrivato, quale posto occupa... cerca Zaccheo!
E, allora, scende e Lo invita a casa pieno di gioia e chiama qualcuno, forse non proprio amici, ma qualche dipendente perché ci sia un po' di gente. La gente mormora, ma a Zaccheo non importa più niente! Negli occhi di Gesù ha scoperto un mondo "altro" in cui non contano i soldi, la potenza, la ricchezza... sono importanti, lui darà soltanto la metà dei suoi beni ai poveri: gli servono!
Ma c'è qualche cosa d'altro: negli occhi di Gesù ha scoperto la gratuità, la ricchezza dell'amicizia, il dono, la capacità di amare, la libertà e allora la gioia riempie la vita di Zaccheo. Si fa festa nella sua casa, non gli importa se la gente mormora... si alza e dice: "La metà dei miei beni la do ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto".
Tra di noi - penso - non c'è nessuno che è diventato un grande capo, che ha molte ricchezze... eppure - se ci pensate - l'esperienza di Zaccheo è anche la nostra esperienza più profonda di credenti.
In Gesù - anche noi - abbiamo scoperto un mondo "altro". Abbiamo scoperto che quello che conta, quello per cui un uomo vale non è il posto a cui è arrivato nella vita, quanti soldi ha accumulato, ma quanto tesoro di giustizia e di bene ha nel cuore; quanta fame e sete della giustizia, quanta tenerezza, quanta mitezza, quanta attenzione verso gli altri, quanta capacità di condividere la vita.
In Gesù - come Zaccheo - abbiamo scoperto un mondo "altro" e quando la sera ci fermiamo a guardare il telegiornale e vediamo tutto quello che succede nel mondo e anche tutto il male nel mondo, anche tutti i potenti del mondo... ricordiamoci degli occhi di Gesù!
In Lui un credente scopre un mondo basato su altri valori, un mondo in cui le cose veramente importanti sono altre e, forse un po', ne conserviamo nel cuore anche noi e Gesù è venuto per starci accanto e darci ragione.
Il Signore ci aiuti.
Apparve una moltitudine immensa, di TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2010
ogni nazione, razza, popolo e lingua. Apocalisse 7, 2-4. 9-14. Matteo 5, 1-12
"Beati quelli che hanno fame e sete
della giustizia..."
Quella che abbiamo appena letto è, senza dubbio, la pagina più conosciuta, del Nuovo Testamento. Con ogni probabilità è una delle pagine più importanti, il testo fondamentale della vita cristiana.
Non so se avete mai notato, ascoltando questa pagina che si legge più volte durante l'anno, che non si dice: "Beati quelli che credono in Dio, quelli che riconoscono Gesù come Maestro, beati quelli che pregano, quelli che vengono in chiesa a celebrare l'Eucarestia, quelli che fanno penitenze e pellegrinaggi..." Niente di tutto questo!
"Beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace, quelli che hanno fame e sete della giustizia". Vedete si dilatano gli spazi della Chiesa, crollano le barriere religiose!
Miti, misericordiosi, pacifici, affamati e assetati di giustizia ce ne sono in ogni angolo della terra, a qualunque religione appartengono... sono una moltitudine immensa - come dice la prima Lettura - di cui spesso non sentiamo parlare.
Un signore qualche giorno fa, diceva: "Per fortuna non ne sentiamo parlare perché sono la normalità della vita". C'è tanta gente in ogni angolo della terra che ha nel cuore desideri di pace, di una vita serena, in cui si può crescere tranquillamente i propri figli, lavorare pacificamente.
Spesso queste persone sono vittime della violenza dei potenti, dell'arroganza del potere, della forza dei soldi. Spesso subiscono la persecuzione e la guerra.
Di loro non si parla quasi mai sui libri di storia, eppure, sono proprio loro, questa "moltitudine immensa", che portano avanti faticosamente la storia dell'uomo. Se i diritti dell'uomo sono più largamente diffusi sulla terra; se la parità tra l'uomo e la donna fa passi avanti; se la ricerca della pace e della giustizia è nel cuore di tanta gente... questo è merito di una "moltitudine immensa".
Sono questi i santi che hanno attraversato la storia! Santi sconosciuti di cui oggi facciamo memoria, il cui nome non trovate sul calendario. E anche qui per fortuna! Perchè sul calendario trovate il nome di chi ha firmato la condanna al rogo per un eretico, Giordano Bruno, per esempio; il nome di quelli che hanno indetto e promosso Crociate, di gente intollerante e violenta.
Nel calendario che non è mai stato scritto, nel calendario che è prezioso agli occhi di Dio, trovate il nome di una moltitudine immensa di persone, senza distinzione di razza, di popolo, di religione. Gente di tutti i colori, di tutte le condizioni sociali che si portavano nel cuore il desiderio della pace e dell'amore: a questa schiera immensa tentiamo di appartenere anche noi.
Quando vi capita di guardare la televisione, il telegiornale, ricordatevi: non è quella la vita, la vita è un'altra! La vita è fatta di tanta gente di tutti i giorni, di gente come noi.
Abbiamo bisogno di ritrovarci qui proprio per guardare il mondo con gli occhi di Dio, con gli occhi non di chi ha il potere, di chi accumula soldi, di chi promuove la volgarità quasi senza limite della politica...
Abbiamo da guardare, con gli occhi di Dio, il volto della gente di tutti i giorni, il volto della gente come noi che, spesso, deve subire la persecuzione e la violenza, ma continua a camminare, a cercare senza stancarsi la pace e il bene, la mitezza e l'amore.
Il Signore ci aiuti.
"Dio non è dei morti, XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 7 Novembre 2010
ma dei viventi; perché Luca 20, 27-38
tutti vivono in Lui".
Quando si legge la Bibbia insieme c'è sempre qualcuno che si meraviglia che nell'Antico Testamento non si parla quasi mai dell'altra vita, della risurrezione, di un altro mondo. Soltanto in qualcuno degli ultimi libri c'è qualche accenno, ma ci sono delle pagine in cui la vita futura è decisamente negata. Ne trovate traccia nel Vangelo di oggi in cui i Sadducei - i custodi dell'antica tradizione - dicono a Gesù: "È scritto nella Bibbia che Mosè ha comandato che se un uomo muore senza avere figli, bisogna che il fratello prenda la moglie per suscitare un figlio al fratello che è morto".
Dietro questa legge, per noi strana, c'è la convinzione degli antichi Ebrei che se uno muore senza figli è perduto per sempre. L'unica sopravvivenza dell'uomo è nei suoi figli, in quelli che vengono dopo: figli, nipoti, pronipoti. ..
Perché gli Ebrei non hanno idea dell'aldilà, della risurrezione, di una vita nuova?
Vedete, gli Ebrei vengono dall'Egitto dove si costruivano grandi piramidi; dove era sviluppatissimo il culto dei morti con tutti i miti della vita dopo la morte... ma nell'Egitto gli Ebrei erano stati schiavi: la credenza nell'aldilà non evita la schiavitù… quindi mettono nel cuore della loro fede l'uscita dall'Egitto, da questo mondo in cui si coltiva la morte. Mettono nella loro fede la ricerca della libertà, della giustizia, qui, su questa terra... il resto è affidato a Dio!
E, se leggete attentamente il Vangelo, troverete che il discorso sull'aldilà, è estremamente sobrio. Non si parla quasi mai del Paradiso, dell'Inferno, non c'è traccia del Purgatorio. Quello che conta è qui in questa vita: la ricerca di Dio, la passione per il bene, per la giustizia, per la pace, per la condivisione.
Perché tutto questo? Vedete, l'esperienza mi ha insegnato che lunghi discorsi sulla morte e l'aldilà corrono gravi rischi...
Il primo è che si metta l'accento su quello che c'è dopo la morte… ed è stato fatto! Bisogna pensare a salvarsi l'anima, a guadagnarsi il Paradiso, ad accumulare meriti e ci si dimentica dell'aldiquà! Ci si dimentica di questa vita e si può anche arrivare a dire - ed è stato fatto - alla povera gente: "Tribola, sopporta, porta pazienza perché, poi, nell'altra vita il Signore ti ricompenserà". Il disprezzo di questa vita, il disprezzo del povero è qualche cosa che fa indignare il Vangelo e Gesù!
Non solo! Nella lunga tradizione cristiana c'è gente che è stata convinta ad andare a fare Crociate, a mettere a rischio la propria vita con la speranza di una vita futura e oggi potete, qualche volta, leggere sui giornali che c'è chi si riempie di tritolo e si fa esplodere in mezzo alla gente nella speranza di una vita futura ricca e piena. Ecco i rischi!
Ma ce n' è un altro, forse più sottile, ma con cui ho avuto a che fare tante volte nel corso della mia vita: c'è gente che non riesce a credere nell'aldilà. L'ho ascoltato tante volte: "Padre, io credo quasi tutto della fede, ma non riesco a credere in un'altra vita, quando noi moriamo finisce tutto". Per consolarli, dicevo: "Stia tranquillo, è in buona compagnia… più del cinquanta per cento dei cattolici italiani non credono nell'al di là"!
Poi aggiungevo: "Vede, non è tanto questione della fede; è che non riusciamo ad immaginare qualcosa dell'aldilà". Cos'è una vita senza il corpo, una vita che non ha più il tempo... noi non riusciamo ad immaginare niente, allora pensiamo di non avere fede! La fede è un'altra cosa, la fede è affidamento a Dio, ad un "oltre", che noi non possiamo immaginare nemmeno lontanamente. I tanti discorsi che potete leggere o le tante immagini del Paradiso, dell'Inferno, del Purgatorio… non c'entrano niente con la fede, con la fiducia in Dio. A Lui possiamo affidare la nostra vita, senza vedere, senza poter immaginare, sapere.
Non solo, ho incontrato tanta gente che ha paura della morte e si sgomenta e pensa, per questo di non avere fede!
Vedete, mia mamma quando era avanti con gli anni, ormai vicina a lasciare questo mondo, diceva un giorno a una sua nipote giovane e forte: "Sai, ho paura di morire". La nipote un po' scandalizzata: "Ma come? Tu hai sempre avuto tanta fede, dici tanti rosari ogni giorno, vai a Messa, fai la comunione tutte le mattine come puoi avere paura della morte?" "Eh, sai, nessuno è venuto dall'altra parte a dirci come si sta!". Aveva perfettamente ragione mia madre…
Perché aveva ragione? Perché non possiamo immaginare niente, non possiamo sapere, perché nella vita dell'uomo quando si avvicina la fine è inevitabile la paura, l'ansia, l'ignorare cosa c'è dopo.
Mi sono convinto che il credente può dire solo la parola che ha detto Gesù sulla croce: "Padre, nella Tue mani affido la mia vita!" Punto! Non si può aggiungere altro!
Non si può immaginare niente, non si può vedere niente; non fa parte delle nostre esperienze! Dobbiamo ben sapere che ogni discorso sull'aldilà è fondamentalmente un discorso sull'aldiquà perché la nostra esperienza è qui… e anche nel Vangelo di oggi, quando Gesù ai Sadducei che gli chiedono: "Di chi sarà moglie questa che ha avuto ben sette mariti?" risponde "Voi non conoscete la potenza di Dio!".
Cosa significa non conoscere la potenza di Dio? Significa che Dio è l'Altro, è "oltre"! Il nostro amore, anche le nostre amicizie, spesso sono intrisi della volontà di possedere, delle gelosie, delle invidie: Dio è il sogno di un amore libero. Dio è padre di miliardi di uomini e non fa differenze, vuole bene a tutti allo stesso modo. Noi non ne siamo capaci! Se vogliamo bene a due o tre persone non possiamo voler bene ad altre quattro o cinque. E se questo amore potesse essere un giorno liberato completamente? Può esistere un amore pienamente libero come quello di Dio? Possiamo tentare di liberare il nostro amore dal sentimento del possesso… del marito nei confronti della moglie, dei genitori nei confronti dei figli? Ecco, se penso all'aldilà; se penso a Dio; se penso alla risurrezione posso solo chiedermi: "Ma qui che posso fare? Come il mio amore può essere libero, come posso condividere la vita senza fare preferenze di persone?".
Si potrebbero fare altri lunghi discorsi, ma devo fermarmi qui, ancora con una preghiera: se c'è qualcuno di voi che ha paura della morte, che non riesce ad immaginare niente dell'aldilà stia tranquillo, è in buona compagnia con miliardi di uomini sulla terra!
Non è in compagnia dei fanatici, ma spero che non vi interessi; in compagnia di tante persone per bene, come era mia mamma, che si portano nel cuore l'ansia, la paura del futuro. No, possiamo solo dire: "Padre, nelle Tue mani affido la mia vita", senza vedere, senza capire, senza intuire niente! La fede è affidarsi! Affidare la propria vita e la vita dei propri cari all'oltre di Dio.
Dio - come dice il Vangelo di oggi - non è il Dio dei morti ma dei viventi. Cosa significa? Non lo sappiamo, non possiamo nemmeno immaginarlo, ma possiamo conservare nel cuore la nostra fede perché crediamo in Dio e solo in Lui
Il Signore ci aiuti.
"Nemmeno un capello del XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 14 Novembre 2010
vostro capo andrà perduto. Malachia 3, 19-20 - Luca 21, 5-19
Con la vostra perseveranza
salverete la vostra vita".
La paura è una delle dinamiche fondamentali dell'evoluzione. È una delle componenti essenziali della vita dell'uomo.
La gazzella, che ha paura del leone, diventa sempre più forte, irrobustisce i muscoli per scappare il più lontano possibile. Il capriolo, che ha paura del lupo, deve inventare l'arte di mimetizzarsi, di nascondersi, di fuggire lontano. Così procede l'evoluzione e le specie diventano sempre più capaci e raffinate.
Anche per noi, la paura serve a custodirci. La paura di sporgerci troppo dal balcone per non cadere di sotto. La paura di attraversare la strada. La paura, quando si sale in montagna, di non affrontare un passaggio troppo pericoloso. La paura ci difende dai pericoli della vita.
Ma, a volte, succede che la paura attanagli il cuore dell'uomo, gli tolga la voglia di guardare avanti, la voglia di vivere. È soprattutto, l'ansia del futuro, la preoccupazione per il domani che, in certi momenti, toglie all'uomo il coraggio della speranza, la voglia di costruire il futuro.
Di queste paure, spesso, c'è chi ne approfitta!
Non ne approfittano soltanto quelli che leggono gli oroscopi; quelli che procurano amuleti per difendervi dai pericoli futuri... ne approfittano anche i capi delle nazioni! Mettono paura alla gente per dire: "Ci siamo qui noi! Siamo noi - per usare le parole di un Papa del secolo scorso - gli uomini della provvidenza: fidatevi! Voi siete paurosi, incapaci, non sapete pensare al futuro, ma ci pensiamo noi!".
E non se ne approfittano soltanto i capi dei popoli, ma anche gli uomini della religione che hanno messo, spesso, la paura di Dio nel cuore. La paura del castigo, la paura che venga il Signore e si manifesti - come avete ascoltato dal profeta Malachia - come un forno rovente che brucia tutta la paglia e fa risplendere i giusti.
E, se la paglia deve essere bruciata, allora, noi dobbiamo sentirci in colpa; dobbiamo sentirci "paglia", perchè la religione possa salvarci, purificarci… in tutte le religioni del mondo trovate riti di purificazione. Trovate la dipendenza dal sacerdote, dal guru, dall'autorità che ti libera dalla colpa e dal pericolo.
La paura di Dio, la paura di essere giudicati, di essere condannati! Ho trovato questa paura in molte persone nel corso della mia vita: la paura della punizione di Dio! Quante mamme ho incontrato che avevano paura di essere punite nei figli! Anche qualche papà!
La paura... al tempo in cui si scrive il Vangelo era largamente diffusa: come avete ascoltato, il Tempio di Gerusalemme era stato distrutto. I Romani avevano devastato la Palestina...
Non solo! I cristiani incontravano la persecuzione, venivano portati davanti ai tribunali, a volte, torturati e uccisi.
Non solo! Avevano fatto esperienza del tradimento, genitori che tradivano i figli; figli i genitori; parenti tra di loro; gli amici... e l'ansia, la paura, l'angoscia per il futuro cresceva.
Dentro tutto questo, i primi cristiani, ricordano l'esperienza dell'incontro con Gesù! Lui si era calato dentro le loro paure, per dire: "Coraggio... rimanete fedeli... non lasciatevi condizionare da quelli che vogliono mettervi paura; dalle catastrofi che capitano: rimanete fedeli alla vita di ogni giorno, ai valori in cui credete, a quello che avete nel cuore. Con la perseveranza salverete la vostra vita!". Queste parole non valgono soltanto per uomini di tanto tempo fa, valgono anche per noi oggi! Troppe volte la paura, l'ansia, la sfiducia per il futuro attanaglia le nostre vite e - soprattutto, che è più tragico - quelle dei nostri ragazzi.
Se non interpreto male... le televisioni, i giornali, spesso, sono meccanismi per mettere paura. Difficilmente si parla di quello che c'è di buono... solo quello che è negativo, solo i pericoli e trovate molti ragazzi in ansia. Difendeteli dalla televisione! Aiutateli a conservare nel cuore il coraggio della vita di ogni giorno, di pensare il futuro, di costruire se stessi. Ma per far questo occorre avere la speranza; occorre credere in qualche cosa; occorre avere un "fuoco" dentro; un tesoro nel cuore; qualche cosa che ti permette di conservare la fiducia.
Per questo è venuto Gesù. Per questo ci raduna qui ogni domenica: per condividere le nostre paure, non per negarle. La paura è una cosa seria, ma Gesù è venuto per condividerla, per camminare con noi, per farsi nostro "cibo", per conservarci nel cuore la speranza e - soprattutto - per toglierci dal cuore ogni paura di Dio... Ogni paura di Dio! Il Dio del castigo, il Dio della minaccia è cacciato via nelle pagine del Vangelo.
Quando il figlio, che è andato lontano da casa e ha sciupato tutto, torna non trova il "fuoco", ma la "festa". Trova l'abbraccio del Padre; trova il coraggio di riprendere la vita; la fiducia, il coraggio della speranza.
Ecco, per questo, ci ritroviamo qui ogni domenica. Per questo ci nutriamo di Lui perché possiamo vivere ogni giorno i valori che abbiamo nel cuore, viverli con perseveranza per salvare la nostra vita e la vita dei nostri giovani.
Il Signore ci aiuti.
"Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". CRISTO RE - 21 Novembre 2010
Gli rispose: "In verità ti dico: oggi con me sarai nel paradiso". Luca 23, 35-43
Oggi - come penso sappiate tutti - è l'ultima domenica dell'anno della nostra preghiera. Domenica prossima sarà già Avvento e saremmo invitati a guardare avanti, a prepararci al Natale, a continuare l'avventura di seguire il Signore.
Come avete ascoltato dal Vangelo, l'anno della preghiera si chiude con l'invito a dare ancora uno sguardo alla croce di Cristo, le braccia spalancate tra cielo e terra, inchiodato sul legno... e - se ho capito qualcosa - non è uno sguardo al dolore e alla sofferenza, come tante volte ci hanno insegnato a pensare nella nostra educazione cristiana: è uno sguardo alla fedeltà, alla condivisione, all'amore.
Gesù è venuto in mezzo a noi per darci testimonianza della Sua fedeltà totale, ai valori che aveva nel cuore. Non si è fermato né davanti alla folla, né davanti alle autorità, né davanti alla violenza... fedele a Se stesso.
Ma, quella croce, è anche il segno della condivisione. Guardando Gesù sappiamo che Dio viene a condividere i bassifondi della nostra storia; vicino all'uomo che soffre, che subisce violenza, che è perseguitato, umiliato, offeso... là troviamo il Signore e là convoca anche noi!
Oggi celebriamo la festa di Cristo Re. Questa parola non la usiamo più, non abbiamo più un re. I re di un tempo mettevano sul capo una corona d'oro segno del loro potere, della loro forza, a volte, della loro violenza.
Quando ero giovane - forse qualcuno di voi lo ricorda - sul capo del Papa non c'era una sola corona, ma tre: il famoso triregno. Tre corone una sopra l'altra tutte d'oro, segno del potere e della potenza. E, cosa curiosa, questa festa è stata istituita dopo la "breccia di Porta Pia" per riaffermare il potere della Chiesa sul mondo. Tutto questo, a noi, sembra strano!
Guardate bene! Il nostro Re sul capo ha una corona di spine. Non è segno di potere, di forza, di violenza... è segno di un Regno "altro".
A Pilato che gli chiede: "Tu sei Re?". Risponde: "Sì, sono Re, ma di un altro regno". Il Regno in cui sono chiamati beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace, quelli che hanno fame e sete di giustizia. A questo regno noi tentiamo di appartenere conservando nel cuore la fame e sete di giustizia, il desiderio di bene; il tentativo di operare, ogni giorno, la pace.
Quella corona di spine è segno di un Re che è venuto non per essere servito, ma per servire e donare la vita.
E, anche noi, siamo invitati a seguirlo fino in fondo, mettendoci al servizio di chi ci sta accanto, tentando di condividere la vita....
Non si tratta di azioni eroiche, straordinarie... è un fatto quotidiano. È il servizio del marito verso la moglie e della moglie verso il marito, dei genitori verso i figli, tra colleghi di lavoro, il servizio nella società, il bene che possiamo fare intorno a noi, le piccole cose di ogni giorno, a volte solo una carezza, a volte una barzelletta per rallegrare una persona un po' triste. È questo il Regno in cui Gesù ci chiama a condividere la vita con chi ci sta accanto, portandoci nel cuore la fame e la sete di giustizia, il desiderio del bene e se non ci riusciamo...
Oggi il Vangelo ci ricorda che anche nell'ultimo momento, quando il dolore lacerante della morte sta per sopraggiungere, Gesù sa dire una parola di perdono. Al ladrone che gli si rivolge, dice: "Oggi sarai con me in Paradiso".
È quello che dice a tutti noi! Se non ci riusciamo... è la riconciliazione, è la festa! Per questo siamo qui riuniti intorno alla "tavola". Non troviamo in mezzo a noi il Dio potente che ci risolve i problemi - lo avete ascoltato - "Se sei Dio scendi da quella croce, salva Te Stesso e noi". Non è sceso! Non è sceso perché su quella croce si manifesta non un amore onnipotente, ma un amore che si fa condivisione e servizio, dono totale, che sa andare aldilà anche della violenza di questo mondo.
No! Non aspettiamoci da Dio che copra le nostre debolezze, che sollevi le nostre miserie... è compito nostro, della nostra passione per la vita... ma se non ci riusciamo ricordiamoci che ci ritroviamo qui ogni domenica, a condividere con Lui il cammino, la riconciliazione, la mano sulla spalla anche di chi non ce la fa. La mano sulla spalla anche di chi si sente in colpa.
Qui, in mezzo a noi, non abbiamo il Signore che giudica dall'alto del trono, ma che si fa fratello, compagno di strada, che ci invita a mangiare, che condivide la vita, che vuole camminare con noi con una speranza nel cuore.
Il Signore ci aiuti.