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OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2012-2013 - Vangelo di Luca
INDICE
I DOMENICA d'AVVENTO - 2 Dicembre 2012. 2
IMMACOLATA CONCEZIONE - 8 Dicembre 2012. 3
II DOMENICA d'AVVENTO - 9 Dicembre 2012. 4
III DOMENICA d'AVVENTO - 16 Dicembre 2012. 5
IV DOMENICA d'AVVENTO - 23 Dicembre 2012. 6
NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2012. 8
SANTA FAMIGLIA - 30 Dicembre 2012. 9
EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2013. 10
BATTESIMO del SIGNORE - 13 Gennaio 2013. 11
II DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 20 Gennaio 2013. 12
III DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 27 Gennaio 2013. 13
IV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 3 Febbraio 2013. 15
V DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 10 Febbraio 2013. 16
I DOMENICA di QUARESIMA - 17 Febbraio 2013. 18
II DOMENICA di QUARESIMA - 24 Febbraio 2013. 19
III DOMENICA di QUARESIMA - 3 Marzo 2013. 20
IV DOMENICA di QUARESIMA - 10 Marzo 2013. 22
V DOMENICA di QUARESIMA - 17 Marzo 2013. 23
PASQUA di RISURREZIONE - 31 Marzo 2013. 24
II DOMENICA di PASQUA - 7 Aprile 2013. 26
III DOMENICA di PASQUA - 14 Aprile 2013. 27
IV DOMENICA di PASQUA - 21 Aprile 2013. 28
V DOMENICA di PASQUA - 28 Aprile 2013. 29
VI DOMENICA di PASQUA - 5 Maggio 2013. 30
ASCENSIONE del SIGNORE - 12 Maggio 2013. 32
DOMENICA DI PENTECOSTE - 19 Maggio 2013. 33
SANTISSIMA TRINITÀ - 26 Maggio 2013. 35
SS. CORPO e SANGUE di CRISTO - 2 Giugno 2013. 36
X DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 9 Giugno 2013. 37
XI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 16 Giugno 2013. 38
XII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 23 Giugno 2013. 40
XIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 30 Giugno 2013. 41
XIV DOMENICA dei TEMPO ORDINARIO - 7 Luglio 2013. 42
XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 14 Luglio 2013. 44
XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 21 Luglio 2013. 45
XVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 28 luglio 2013. 47
XXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 1 Settembre 2013. 48
XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 8 Settembre 2013. 49
XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 15 Settembre 2013. 50
XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 22 Settembre 2013. 52
XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 29 Settembre 2013. 53
XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 6 Ottobre 2013. 54
XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 13 Ottobre 2013. 56
XXIX DOMENICA dei TEMPO ORDINARIO - 20 Ottobre 2013. 57
XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 27 Ottobre 2013. 59
XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 3 Novembre 2013. 60
XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 10 Novembre 2013. 61
XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 17 Novembre 2013. 63
CRISTO RE - 24 Novembre 2013. 64
"Allora vedranno il Figlio dell'uomo I DOMENICA d'AVVENTO - 2 Dicembre 2012
venire su una nube con potenza e gloria" Luca 21,25-28. 34-36
Un anno finisce, un anno comincia. Sembra l'eterno ritorno. Un tempo va, un tempo viene. Non c'è niente di nuovo sotto il sole. Primavera, estate, autunno, inverno. Gli alberi cominciano a fiorire, poi vengono i frutti, cadono le foglie, poi viene la neve… e si ricomincia.
Si comincia a spargere il grano sulla terra, poi è tempo di mietere e poi la vendemmia e si ricomincia... L'eterno ritorno, sempre le stesse cose, non c'è niente di nuovo!
E anche molta parte della religione antica, ma anche oggi è presente anche tra noi e in tante parti del mondo... si inserisce in questo tempo ciclico come invocazione e benedizione, perché tutto vada bene: la transumanza, il passaggio dalle terre invernali a quelle estive, la semina, il raccolto; la mietitura sia abbondante… e ci sono le varie divinità: la dea della primavera, il dio della semina, la dea del raccolto, della festa... sembra tutto così nella religione! Per noi non è così!
Israele ha avuto la grande intuizione di celebrare un punto decisivo della storia. Non più il ritmo della natura, ma la storia! Un avvenimento unico ed irripetibile, in cui si possono cogliere i valori essenziali, da rivivere continuamente, da celebrare.
Un momento che segna uno spartiacque tra il prima e il dopo... Per il popolo di Israele, che questo avvenimento fondamentale lo vede nell'uscita dall'Egitto, prima c'è la schiavitù, l'oppressione, il male... dopo c'è il cammino verso la speranza, verso un mondo "altro", verso il sogno di una terra in cui scorra il "latte e il miele", la terra della pace, in cui ci sia la pienezza della giustizia e della vita: c'è un ieri e un domani e c'è l'attesa del futuro, il coraggio di costruirlo.
Quello che gli Ebrei hanno comunicato al mondo vale anche per noi! Per noi l'avvenimento fondamentale - ma rimane in qualche modo la Pasqua degli Israeliti - è Gesù di Nazareth, la sua nascita in mezzo a noi, la sua vita: questo siamo invitati a rivivere, a fare nostro, a entrarvi, come se potessimo partecipare alla sua vita, agli avvenimenti della sua esistenza, ai sogni del suo cuore, alla realtà degli ideali che Lui ha cercato di portare su questa terra.
Anche per noi c'è un prima e un poi. Prima, c'è il mondo che Paolo chiama il "mondo della morte", il mondo della violenza, del male... Dopo c'è il mondo della risurrezione, della vita, il mondo del sogno, della speranza.
E non solo c'è un prima e un dopo, ma c'è anche un orizzonte. L'ultimo orizzonte della storia, per chi crede, è Gesù di Nazareth.
Ecco, tutto questo ci prepariamo a rivivere in quest'anno. Non soltanto a far memoria, a ricordare, ma a rivivere come se fossimo lì, partecipi di questi avvenimenti. Ci prepariamo a rivivere la nascita di Gesù, il suo essere presente nella nostra storia, il suo condividere la nostra avventura di uomini per portarci la sua luce, il coraggio del suo amore.
Vivremo la sua predicazione, ascolteremo le sue parole, lo celebreremo inchiodato sulla croce, vittima della violenza di questo mondo, della violenza assurda... ma grideremo che non è l'ultima parola perché Lui è risorto e l'aspettiamo alla fine del tempo.
Lui è l'ultima speranza. Lui è Colui che per noi è il "prima" e "ora" e "dopo", la fine, il compimento. Incontro a Lui noi crediamo che vada - come avete ascoltato - la storia dell'uomo, la storia della nostra esistenza e, dunque, quest'anno liturgico che ci apprestiamo a vivere - in cui ci accompagnerà il Vangelo di Luca, che ha delle pagine straordinarie - è un invito per tutti noi a sentire presente nella propria vita Gesù, a tentare di camminare con Lui, a condividere i suoi ideali, i sogni della sua vita, a tentare di renderli - per quello che possiamo - concreti nel nostro vivere, per questo ci ritroviamo qui a pregare.
Non soltanto le cose che si son sempre fatte, ma qualche cosa di nuovo che ci sia, anche nella nostra vita, un incontro rinnovato con Gesù che era, che è e che sarà nella fine dei tempi.
Il Signore ci aiuti.
"Concepirai un figlio, lo darai IMMACOLATA CONCEZIONE - 8 Dicembre 2012
alla luce e lo chiamerai Gesù". Luca, 1, 26-38
"Ecco la serva del Signore: avvenga
per me secondo la tua parola".
Ci prepariamo a celebrare il Natale. Celebrare, nella grande tradizione ebraica e poi cristiana, non è soltanto ricordare un avvenimento di tanto tempo fa, ma è riviverlo, diventarne protagonisti. Siamo invitati a far nascere Gesù nella nostra vita, nel mondo in cui viviamo, nel nostro cuore. Anche noi dobbiamo preparare la sua venuta, accoglierlo, renderlo presente in mezzo a noi.
E chi meglio di Maria, la mamma, può aiutarci a capire cosa significa accogliere il Signore? Fermatevi un momento a guardare con gli occhi della vostra fantasia: nella piccola casa di Nazareth, Maria, forse intenta a fare le piccole faccende quotidiane, rimane sconvolta dall'apparizione di qualche cosa che viene dall'Alto e riceve, con immenso stupore, l'annuncio! Deve diventare madre! La verginità è il simbolo della sua totale impotenza; della sua e della nostra impotenza a generare Gesù... il Figlio, Colui che viene dall'Alto!
Maria non può che aprirsi allo Spirito, al "vento" di Dio; perchè possa nascere in mezzo a noi, il Figlio, Colui che viene a rendere presente Dio nella nostra esperienza di uomini. A lei non resta che lo stupore, l'accoglienza, il fare spazio a questo Figlio che viene.
Gli fa spazio nel suo corpo, lo porterà in grembo per nove lunghi mesi, ma soprattutto gli fa spazio nel suo cuore. Il Vangelo di Luca ci dirà più avanti che Maria conservava tutti questi avvenimenti "meditandoli nel suo cuore". Maria è donna di contemplazione. È donna di accoglienza: è capace di fare spazio a Gesù e non soltanto nel momento della nascita. Educherà questo Figlio, gli comunicherà i suoi valori, lo aiuterà a crescere e, poi, quando diventerà grande e se ne andrà di casa e comincerà ad annunciare qualche cosa di straordinario e dire parole che non si sono mai sentite... lei gli andrà dietro... a volte - anche lei come tutti - fa fatica a capire... A capire questa luce straordinaria, queste parole inconsuete, che sembrano fuori da questo mondo. Qualche volta avrà - anche lei - il suo dubbio, ma avrà il coraggio di seguirlo fino in fondo.
La troveremo sotto la croce. La troveremo nella prima comunità cristiana testimone della Risurrezione, ancora ad invocare lo Spirito, il "fuoco" di Dio, il "vento" di Dio sulla sua vita e sulla vita della Chiesa: ecco Maria può essere il modello della nostra fede!
Anche noi siamo invitati ad accogliere, ad allargare gli spazi del nostro cuore a Gesù che viene, a renderlo presente nella nostra vita, ad ascoltare la sua Parola, a condividerla, a seguirlo. Celebrare il Natale è proprio questo!
Il tentativo di povera gente: anche noi - come Maria - siamo "vergini", incapaci a generare il Figlio, a far nascere Gesù in questo nostro mondo e anche nel nostro cuore. Anche noi abbiamo una sola strada... aprire il cuore; aprirlo allo Spirito, al "vento" di Dio, perché i valori di Gesù, la realtà della sua vita, prenda radice dentro di noi e si trasformi in gesti concreti.
Se leggete poco appresso il Vangelo di Luca vedrete che Maria, del grande annuncio dell'Angelo, che le dice che diventerà madre del Signore, che regnerà per sempre sulla casa di Israele... sembra capire una sola cosa! Che la sua cugina Elisabetta, è anziana ed è al sesto mese... forse può aver bisogno di lei e, allora, prende le sue cose e parte, in fretta dice il Vangelo di Luca.
Far nascere Gesù significa, prima di tutto, essere capaci di attenzione e di servizio verso gli altri nelle piccole cose di ogni giorno. Anche nelle nostre case c'è un figlio, il marito, la moglie un parente, un amico o qualche persona che appena conosciamo che ha bisogno della nostra attenzione, della nostra tenerezza, del nostro servizio, del nostro andargli incontro, tendergli la mano...
Ecco, per Maria, accogliere il Signore significa cominciare da qui... da un gesto di attenzione e di servizio. Forse anche noi abbiamo qualche piccolo gesto che può aiutarci a vivere il Natale, a far nascere Gesù concretamente nella nostra vita.
Ci aiuti Maria che ha saputo accogliere e far nascere Gesù.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, II DOMENICA d'AVVENTO - 9 Dicembre 2012
predicando un battesimo di conversione Luca 3, 1-6
per il perdono dei peccati.
Solo il Vangelo di Luca si preoccupa di precisare, all'inizio della missione di Giovanni e di Gesù, le date. Avete ascoltato... "nell'anno quindicesimo di Tiberio Cesare"... Tiberio è un personaggio famoso, allora da tutti conosciuto, l'anno quindicesimo, è il ventotto della nostra era. Insieme a Tiberio, Erode, Pilato e altri piccoli reucci della Palestina e i sommi sacerdoti Anna e Caifa tutti ben noti a chi studia la grande storia del tempo.
Sembra, ad una prima lettura, che Luca si preoccupi di collocare la storia di Gesù nella grande storia del mondo. Ma se ci si domanda: "Che bisogno c'era di mettere tutti questi nomi... non solo Tiberio, ma anche Erode, gli altri tetrarchi, Pilato e i sommi sacerdoti?".
Io mi sono convinto che Luca vuole farci notare, vuole sottolineare il contrasto tra la grande storia... che spesso è fatta di lotta per il potere, di conquiste, di violenza, di guerra, di umiliazione dell'uomo. Il grande Impero romano aveva conquistato tutte le terre del bacino del Mediterraneo, aveva fatto schiavi migliaia e migliaia di uomini, aveva accumulato enormi ricchezze; il potere sembrava illimitato. Anche questi piccoli re della Palestina esercitavano il loro potere con violenza e forza.
Dall'altra parte una piccola storia! Giovanni va nel deserto, comincia a parlare, cerca di preparare la strada, invita alla conversione e poi la storia di Gesù, ancora più piccola!
Quando Tiberio ritornava per la via sacra a celebrare il trionfo, lo seguivano enormi ricchezze; migliaia di schiavi e gli eserciti schierati con tutto il loro splendore.
Gesù aveva intorno dodici e pochi altri... non sappiamo quante persone, certamente un piccolo gruppo di povera gente; di pescatori, di contadini.
Luca vuole sottolineare questo grande contrasto… ma oggi, se chiedete in giro, "Chi era Tiberio?" Pochi vi sanno rispondere! Se chiedete: "Chi è Gesù?" Vi risponde qualcuno di più!
Perché la storia vera non è la grande storia; quella delle conquiste, delle guerre, dell'accumulo del potere... e, questo, non è successo soltanto al tempo di Gesù, ma anche in questi duemila anni. Pensate alle innumerevoli guerre, alle crociate, alle guerre di religione che hanno devastato tante volte l'Europa. Pensate alle conquiste dell'America, dell'Africa... Pensate anche (se volete) alla storia dei "sommi sacerdoti" che non c'erano solo al tempo di Gesù...
Pensate anche alla storia, che in parte abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Uomini di potere, spesso dei paranoici, che pensano solo a se stessi, che non hanno contatto con il mondo e sono seguiti da folle di gente e votati e acclamati.
C'è un'altra storia! C'è la storia della gente semplice, di tutti i giorni. C'è la storia di tanti contadini che hanno cercato la giustizia e il bene. C'è la storia di tanti operai. C'è la storia, anche, di tanti studiosi!
Se ci sono molte meno malattie oggi che al tempo di Gesù è perché tanta gente ha studiato... nel deserto, nell'oscurità, senza che nessuno lo sapesse. Di alcuni conosciamo il nome, perché hanno ricevuto il premio Nobel, ma della maggior parte non sappiamo niente.
E, anche oggi, ci sono in ogni angolo della terra, persone che studiano con passione, che cercano: questa storia porta avanti il mondo! Questa è la vera storia!
Ma se non volete andare tanto lontano, pensate... a vostro padre, a vostra madre, alla gente che avete conosciuto; gente di tutti i giorni, gente semplice che ha tentato di educare i figli meglio che poteva; che ha tentato di comunicare valori.
Se volete guardarvi intorno, guardate nelle vostre scuole, osservate, ascoltate. Tanti insegnanti che con passione, nonostante tante difficoltà, cercano di comunicare la cultura, il sapere, quello che promuove la vita dell'uomo: questa è la vera storia!
A questa storia noi dovremmo sentirci orgogliosi di appartenere: questa è la nostra storia! La storia di gente di tutti i giorni, che ha fame e sete di giustizia, che cerca il bene, che vuole "preparare la strada del Signore", che vuole condividere i suoi valori, portare avanti il mondo.
I grandi della terra, spariscono! E di loro si ricorderanno solo le nefandezze che hanno fatto! E si ricorderà la stupidaggine e la voglia di potere... Ma degli altri uomini, della vera storia si ricorderà il processo della scienza, della cultura, la ricerca del bene, il superamento del male.
Se oggi nel mondo ci sono pochi schiavi (purtroppo ancora ce ne sono), è perché tanta gente di tutti i giorni ha combattuto, ha tentato di vivere i valori della giustizia e della pace: a questa storia siamo orgogliosi di appartenere.
In questa storia vogliamo camminare ancora. La vera storia è la "piccola" storia! La storia della gente comune, la storia di chi cerca la pace e il bene, la giustizia e l'amore.
Il Signore ci aiuti,
Le folle interrogavano Giovanni: III DOMENICA d'AVVENTO - 16 Dicembre 2012
"Che cosa dobbiamo fare?" Luca 3,10-18
La prima parte della pagina che abbiamo letto è solo nel Vangelo di Luca... è il tentativo di questa comunità cristiana di rispondere alla domanda, difficile: "E noi che cosa dobbiamo fare?".
Quando leggo questa pagina, mi viene sempre un po' da sorridere, perché il mondo non cambia tanto facilmente... sembra che i problemi della comunità di Luca siano anche i nostri... perché - non so se avete notato - parlano delle domande rivolte a Giovanni e delle sue risposte… le domande non riguardano loro, ma gli altri!
Nella comunità di Luca c'è molta gente povera, che dice: "Se c'è qualcuno che ha due tuniche, ne dia una a noi". Sono tartassati dagli esattori delle tasse e dicono: "Gli esattori delle tasse chiedano quello che è giusto". I soldati... non ci sono soldati nella comunità di Luca: "I soldati non ci facciano violenza, si comportino bene..." Insomma, gli altri devono fare! E noi...?
Vedete, il mondo non è cambiato! Se vi guardate in giro... non so se è capitato anche a voi di ascoltare qualcuno a cui... magari hanno rubato la macchina o qualche altra cosa e protesta giustamente contro i ladri che ci sono in questo paese... poi chiedete: "Ma, quando hai dovuto comprare una ruota di scorta, dove l'hai trovata?". "Beh! Forse era rubata, ma che ci posso fare?". Un orologio... "Forse anche quello era rubato ma, insomma, a me sembrava giusto!". Insomma sempre quello che devono fare gli altri!
Lo stesso vale per gli evasori fiscali. Sentite ogni giorno brontolare contro l'evasione fiscale che affligge questo paese, ma se domandate in giro: "Ma tu, quando vai dal dentista, te la fai fare la fattura?". Allora vedrete che c'è qualcuno che dice: "Per risparmiare qualche cosa...".
Ascoltate gente che grida... in questi giorni è diventato un ritornello di tutti i telegiornali, giornali, riviste e quant'altro, contro i politici, la corruzione... ma se domandate: "Tu hai mai cercato qualche raccomandazione da un politico, hai sciupato o trattato con poca cura le cose pubbliche...?".
Trovate molta gente che si lamenta perché le strade sono sporche, gli operatori ecologici (così si chiamano), non lavorano quanto dovrebbero, provate a chiedere: "Ma tu, perché hai buttato quel pezzo di carta per terra? Perché non fai con cura la raccolta differenziata? Perché non ti preoccupi di quello che fa il tuo cane quando lo porti in giro per i marciapiedi di Ostia?"
Ci sono persone che si lamentano contro la malasanità... ma poi fumano e mangiano troppo! E li dobbiamo poi curare e ci costano un sacco di soldi! Insomma sempre quello che devono fare gli altri! Si potrebbe continuare a lungo, ma forse è meglio che ciascuno di voi pensi a qualcosa che lo riguardi.
Ma la domanda: "io che cosa devo fare?" a volte è molto difficile! Difficile anche nei rapporti familiari! Che devo fare con mio marito che - magari - passa un momento difficile? Come comportarmi con mia moglie? Ancora di più: come comportarmi con questo figlio che cresce, con questo nipote? Come comportarmi con quel parente con cui ho litigato? Come comportarmi a scuola con quell'alunno? Come comportarmi con il compagno di lavoro?
Sono domande, a volte, molto difficili! Se volete consolarvi, erano domande difficili anche per i primi cristiani! Erano stati vicino a Gesù, avevano ascoltato la sua parola, ma a queste domande non sapevano rispondere facilmente. Non resta che cercare, interrogarsi, chiedere consiglio ma, qualche volta... (ve ne sarete accorti penso tutti voi) non si riesce a capire bene che cosa possiamo fare di concreto nella nostra vita!
A volte, per fortuna, forse anche spesso, si capisce! Allora domandiamoci un po' con grande semplicità se, preparandoci al Natale, possiamo fare qualche cosa di meglio. Domandatevi senza scrupoli, con grande semplicità: "Io che posso fare?". Qualche cosa di semplice, forse... ma non quello che devono fare gli altri, quello che posso fare io concretamente... e sarà Natale e Gesù nascerà in mezzo a noi: la sua pace, il suo amore.
II Signore ci aiuti
"Benedetta tu tra le donne e IV DOMENICA d'AVVENTO - 23 Dicembre 2012
benedetto il frutto del tuo grembo!" Luca 1, 39-45
Il Vangelo in questi giorni ci invita a un cammino, quasi un pellegrinaggio sulle montagne di Giuda per cercare le tracce di Dio, per incontrarlo, per quanto ci è possibile, per sentire Dio presente nella nostra vita.
A questo cammino, a questa ricerca ci introducono due donne e anche... - che è più sorprendente - un bambino che non è ancora nato, è nel grembo della mamma; probabilmente per farci capire che non è tanto importante domandarci che cosa è veramente accaduto là, quanto sentire questi racconti e quelli di dopodomani come simboli del nostro incontro con Dio, della nostra ricerca, della presenza di Dio nella nostra vita: una presenza misteriosa, inaspettata, sorprendente.
Guardate, allora un momento, queste due donne. Tutte due incinte sembrava improbabile, anzi - addirittura - impossibile. Una è sterile, ormai anziana; l'altra è giovane, ma è vergine... non possono generare! Eppure... hanno saputo credere, aprirsi a Dio, aprirsi "all'oltre", al mistero, a qualche cosa di inaspettato, al futuro... e, poi, hanno saputo accogliere, fare spazio.
Per cercare Dio, la condizione che sembra essenziale, guardando Maria ed Elisabetta, è proprio lo stupore, la meraviglia… ritenere niente impossibile, credere nel futuro, in qualche cosa che può cambiare la nostra esperienza di uomini, a volte, così faticosa.
Queste due donne - potete immaginarle piene di stupore - ancora non riescono a rendersi conto di quello che sta crescendo dentro di loro. È lo stupore comune di ogni mamma! Ogni mamma ha vissuto i suoi nove mesi con la meraviglia per la creatura che cresceva dentro di lei... ma per loro... - per Maria ed Elisabetta - c'è qualche cosa di più. Quello che nasce è il segno di Dio!
E noi, nella notte di Natale, siamo invitati a fare spazio a Dio. Dio vuole nascere nella nostra vita. Chiede, anche a noi, spazio, esultanza, meraviglia; l'aprirci "all'oltre", all'infinito, a quello che sembra impossibile. Ci chiede un cuore disponibile, aperto allo stupore per tutto il creato, per la gente che troveremo intorno alla nostra tavola nel giorno di Natale. Lo stupore del volersi bene: in tutto questo siamo invitati a cercare le tracce di Dio, a sentirlo - in qualche modo - presente nella nostra esperienza di uomini.
Queste donne, dovranno fare spazio nella loro vita ai figli e sarà un'esperienza drammatica perché li vedranno assassinati: Giovanni dalla spada di Erode, Gesù inchiodato su una croce!
Chi è Dio? A chi andiamo incontro? Cosa significa che Gesù nasce nella nostra vita? Che senso ha, Dio, tra di noi? La sua presenza ci libera dal male? Ci protegge o è qualche cosa d'altro? Cosa significa accogliere Dio? Cosa significa conservare lo stupore e, qualche volta, il profondo sconcerto di fronte a quello che c'è nel mondo? Perché Dio permette tante cose?
Vedete quante domande, quanta inquietudine quando un credente cerca le tracce di Dio. Chi è Dio? Come si manifesterà in mezzo a noi? Cosa ci chiederà? Cosa sarà per noi?
Ricordate... queste donne si incontrano perché una di loro ha ricevuto l'annunzio dell'Angelo che le diceva che sarebbe diventata madre, madre del Signore, eppure... eppure è partita! Non si è ritirata nella preghiera, nella solitudine, nel prepararsi ad una missione quasi impossibile! Lei, ha sentito dentro di sé l'esigenza di un gesto semplice… sua cugina è al sesto mese e ha bisogno di lei e allora va e si incontrano e Maria si mette al servizio e cerca di condividere la vita.
Che accogliere Dio nella nostra esperienza sia fondamentalmente accoglierlo nel fratello? Stupirci di chi ci sta accanto? Sapere tendere la mano a chi ha bisogno di noi?
Ma perché sia Natale dobbiamo chiedere a Maria e ad Elisabetta il loro stupore, la loro esultanza, la loro capacita di credere nell'improbabile - anzi - nell'impossibile. È impossibile che una vergine partorisca! Queste donne hanno il coraggio di credere e di fare spazio.
Anche per noi Natale sarà Natale se sapremo credere e aprirci e tentare di cercare Dio, di accoglierlo così com'è e non come vorremmo che fosse e, questo, non è affatto facile.
Il signore ci aiuti.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2012
avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia. Luca 2, 1-14
Quando ero bambino, i miei catechisti, i miei preti mi spiegavano chi fosse Dio: è l'essere perfettissimo, il creatore dell'universo, è l'onnipotente, tutto dipende da lui nella storia del mondo! Dio conosce ogni cosa... e c'era un'inquietante triangolo con un occhio in mezzo, che scruta e da cui ci si sentiva giudicati in ogni angolo della vita. Poi mi hanno detto che Gesù è Dio!
Quando sono cresciuto, nella notte di Natale vedevo i miei fratelli più piccoli mettere il Bambino Gesù nella culla, nell'atmosfera festosa, calda della notte di Natale, pensavo tra me: "Sembra un bambino… è Dio. Lui può tutto, gli posso chiedere ogni cosa. Mi conosce, scruta anche i sentieri profondi e riposti del mio cuore. Lui sa della mia vita, del mio futuro, sa tutto!". E rischiavo di perdere il senso vero della mia fede! Pensavo di poter conoscere Gesù a partire da quello che mi avevano insegnato su Dio.
Fermatevi un momento, per andare con la vostra fantasia là, sulla montagna di Giuda, entrare in quella capanna e guardare quel Bambino.
Un piccolo cucciolo d'uomo appena nato, sporco ancora del sangue della mamma. Gli occhi non mettono ancora a fuoco. Non può nemmeno guardarmi, altro che scrutarmi nel segreto del cuore! Non può parlare, non può dire niente, non può fare niente! È totalmente inerme e indifeso, totalmente affidato a chi gli sta intorno, alla vita, agli altri... il contrario dell'onnipotenza!
Un bambino appena nato è il segno più grande dell'impotenza, ha bisogno di tutto, deve affidarsi a tutti! Eppure in quel Bambino, Dio, si fa uno di noi!
Prima di parlare, prima di fare, prima di annunciarci qualche cosa, Dio viene con noi, in mezzo a noi, per noi, a condividere la vita, ad essere uomo tra gli uomini, carne della nostra carne, a camminare con noi per le strade polverose di questa terra. In quel Bambino e soltanto in quel Bambino che diventerà pian piano uomo, noi incontreremo le tracce di Dio. Cercheremo l'Assoluto, "l'oltre" di cui nessuno può parlare!
E, adesso, guardate chi c'è intorno a quella culla: Maria e Giuseppe, gli occhi incantati di due genitori che vedono nascere il loro primo Bambino, gli occhi stupefatti, pieni di meraviglia. Qualcuno infinitamente più grande di loro è nato!
Quel Bambino è affidato totalmente a loro. Dovranno accoglierlo, nutrirlo, fargli spazio nella loro vita, prenderlo per mano, aiutarlo a crescere, pian piano.
E guardate ancora intorno...ci sono i pastori che vegliano di notte, è gente semplice di tutti i giorni, i più umili lavoratori dei tempo, vengono a guardare, forse incuriositi... ma più che curiosi, perchè sono uomini che sanno ascoltare le voci degli Angeli. Sanno aprirsi all'infinito, all'oltre. Sanno guardare aldilà degli eventi della vita. Sanno ascoltare la voce che viene dall'Alto: è la condizione indispensabile anche per noi: per guardare quel Bambino bisogna avere gli occhi incantati di chi sa ascoltare la voce dell'Angelo!
E guardate ancora intorno a quella culla: ci sono l'asino, il bue… è vero il Vangelo non ne parla, ma non toglieteli, sono importanti! Gesù nasce anche in mezzo alla natura, tra gli animali della fatica quotidiana e anche tra quelli che ci fanno compagnia: i cani i gatti, in mezzo alle bestie della foresta, agli uccelli del cielo... Tutta la natura accoglie Colui che nasce in mezzo a noi.
Dio per il creato ma, soprattutto, Dio con il creato. Dio in mezzo al creato, partecipe di questa vita e anche dei pericoli di questa vita, per condividerla fino in fondo con noi.
Natale è guardare con occhi incantati quel Bambino senza farsi troppe domande, aprendo il cuore, accogliendolo, facendogli spazio nella nostra esperienza di uomini. Ci vuole tutta la tenerezza di Maria e di Giuseppe, i loro occhi meravigliati, il loro cuore disponibile. Ci vuole la capacità dei pastori di ascoltare la voce degli Angeli, di aprirsi a una Luce più grande del nostro cuore.
Il Signore ci aiuti.
"Perché mi cercavate? Non sapevate che io SANTA FAMIGLIA - 30 Dicembre 2012
devo occuparmi delle cose del Padre mio?" Luca 2,41-52
Oggi ci viene proposta la famiglia di Nazareth, la Santa Famiglia come modello delle nostre famiglie. Ma se ci pensate bene la famiglia di Nazareth è una famiglia un po' strana.
C'è un padre che non è padre, una madre che è vergine, dei fratelli e delle sorelle che non sono fratelli e sorelle, dei genitori che perdono il figlio per tre giorni (da denuncia al telefono azzurro), un ragazzo che a dodici anni, dice: "Io devo occuparmi delle cose del Padre mio...", quando diventa più grande, se ne va di casa, la sua famiglia, la madre, i fratelli, (il padre, forse, non c'è più) - secondo il Vangelo di Marco - vanno a cercarlo perché pensano che sia diventato matto! Più che un modello sembra una famiglia un po' scombinata...
Eppure questa situazione può aiutarci a capire qualche cosa del mondo che viviamo!
Perché oggi - se vi guardate in giro - abbiamo tanti modelli di famiglia. Ci sono famiglie composte da una persona sola - magari - anziana; ma anche dei giovani (ne conosco più d'uno). Ci sono delle famiglie che si sono sposate in chiesa, ma altre solo al comune; un tempo venivano chiamati... (un tempo lontano, per fortuna) "pubblici concubini". Ci sono... (e sono ormai tantissime) coppie che non si sposano affatto. C'è chi si sposa una, due, tre volte. Ci sono figli che hanno solo il padre, solo la madre. Ci sono figli che hanno due o tre padri, due o tre madri e parecchi nonni. Ci sono persone dello stesso sesso che pensano di formare una famiglia... due donne o due uomini che vivono insieme nella stessa casa e allora qual è il modello di famiglia? Cosa c'è da pensare?
Potremmo dare un consiglio alle autorità della Chiesa e anche alle autorità civili, ma non abbiamo questa possibilità, non ci ascolta nessuno, allora ce lo diamo tra noi un consiglio!
La prima cosa da fare - per quello che ho capito io - è rinunciare alla volontà di onnipotenza. Il mondo è quello che è, non quello che vorremmo che fosse: non segue schemi, principi assoluti. Ci sono tante situazioni diverse. Ci sono tante persone, una diversa dall'altra e, allora, se non volete accontentarvi... (ma forse basterebbe) della frase di un film, ormai di qualche anno fa che diceva: "Basta che funzioni". Se funziona, nel senso migliore del termine, che cercate d'altro?
Ma se non volete fermarvi qui, potete pensare che quello che è importante nella vita familiare... - comunque sia combinata - è il rispetto, la tenerezza, l'attenzione dell'uno verso l'altro, la capacità di comprendersi, di ricominciare quando le cose non funzionano troppo bene, di essere attenti a quello che ci capita intorno, di tentare di camminare insieme, di condividere la vita.
Quello che conta è il singolo uomo, la singola persona. Quello che conta è la loro voglia di vivere... di vivere con pienezza, di vivere l'amore: in fondo è quello che ci ha detto Gesù!
Il suo insegnamento fondamentale - per quello che ho capito - è che "non è l'uomo fatto per il sabato, ma il sabato per l'uomo".
Le tradizioni, le istituzioni, i principi, le regole, i modelli servono per l'uomo e, quando questi modelli non possono essere realizzati, quello che conta è l'uomo!
La sua volontà di vivere, la sua capacità di amare e allora (se posso darvi un consiglio) guardate con tenerezza e, se potete, date una mano. Una mano a chi è solo. Una mano a chi è separato e - magari - vive con difficoltà. Una mano, con particolare tenerezza, ai bambini che - magari - sono sballottati da un posto all'altro, che hanno difficoltà a relazionarsi con gli adulti.
Guardate con tenerezza i ragazzi che vivono senza sposarsi... a volte c'è più amore lì che in altre parti. Guardate con tenerezza due coppie di donne o di uomini che cercano di fare una famiglia e si vogliono bene. Non è l'amore il fondamento della famiglia? E se c'è amore che cerchiamo di più?
II Signore ci aiuti.
Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2013
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria Matteo 2, 1-12
sua madre, si prostrarono e lo adorarono.
Abbiamo appena ascoltato una pagina straordinaria, una delle più belle e suggestive parabole del Vangelo... perché - come avrete tutti compreso - si tratta di un racconto simbolico. Non andate a cercare quale astro del cielo abbia avvisato i Magi e si sia fermato sulla casa. Gli astri del cielo non si fermano sulle case. Non chiedetevi chi siano i Magi: i Magi siamo noi! I Magi sono il simbolo di ogni credente!
E chi è il credente secondo questa pagina straordinaria? È un inseguitore di luce! È uno che va cercando il senso della vita, i valori essenziali… e cammina senza stancarsi. È un viaggio lungo, a volte affannoso, ma continua a camminare, non si stanca, il credente! Cerca la luce di Gesù, cerca Dio, le sue tracce nella nostra esperienza di uomini.
Qualche volta la luce che cerchiamo sembra scomparire. Avete visto... quando entrano in città non vedono più la stella e poi la ritrovano con grandissima gioia. II dubbio, la difficoltà, a volte, l'oscurità accompagnano il cammino del credente.
Non è un cammino fatto di sicurezze, di certezze assolute. Il cammino del credente è quello di un uomo in ricerca, appassionato della luce!
Forse, possiamo aggiungere qualche altra cosa: i Magi vengono da terre lontane, sono dei pagani e se ne ritornano nelle terre lontane, non si fermano: non li trovate tra i discepoli di Gesù. Saranno dei credenti? Non lo sappiamo!
Anche oggi - se vi guardate intorno - trovate tante persone appassionate di luce, desiderose di valori, di autenticità... Non vengono in chiesa con noi, non sono cristiani, molti si professano atei, ma che importa se cercano valori autentici? Possiamo condividere con loro la ricerca, il cammino...
Quella ricerca e quel cammino che non possiamo condividere - l'avete ascoltato - con i capi del popolo, con i maestri della legge! Loro sanno tutto, ma non si muovono, non camminano, non cercano; opprimono - qualche volta - il popolo cristiano con le loro verità assolute, con i loro principi irrinunciabili; senza interrogarsi, senza dialogare.
Il credente è uno che cerca, che si guarda intorno, che scruta, che cerca di cogliere tutte le tracce di Dio; che non possiede la verità, ma la va cercando, sempre, fino alla fine della vita, perché nessuno potrà mai sapere fino in fondo chi è Dio, qual è la sua luce, qual è il senso ultimo e profondo della nostra esistenza.
Una ricerca in cui bisogna anche difendersi dal rumore della città. Avete ascoltato che tutta Gerusalemme "resta turbata". È gente che quando sente una notizia si muove, pronta a seguire il primo "trombone", il primo imbonitore, il primo paranoico che li guida: il credente si guarda da tutti questi! Vuole ricerche concrete, non ama le parole altisonanti, fanatiche, non ama le parole intolleranti: cerca con pazienza giorno per giorno!
I credenti incontrano - a volte - anche la violenza: c'è Erode in questo racconto! Erode è il simbolo della violenza, quella più crudele, che sparge sangue, di cui sentiamo parlare quasi ogni giorno alla radio anche noi!
Ma c'è anche una violenza più subdola: la violenza del denaro, del potere economico, politico: da tutte queste violenze il cristiano tenta di difendersi, ma non possono strapparci la fede, la ricerca appassionata della luce e del senso della vita. Non possono strapparci la ricerca della libertà, della giustizia e del bene.
Vedete quanto è ricco questo racconto! I Magi sono simbolo di ciascuno di noi, di gente appassionata di verità, desiderosa di luce. Qualche volta ha dubbi, si scoraggia, si sente sovrastata dalla storia, ma, poi, riprende a cercare, a camminare, a seguire la "stella", a inseguire la luce.
II Signore ci aiuti
Ricevuto anche lui il Battesimo, stava in BATTESIMO del SIGNORE - 13 Gennaio 2013
preghiera, il cielo si aprì e venne una voce Luca 3,15-16. 21-22
dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato:
in te ho posto il mio compiacimento".
L'incontro di Gesù con i discepoli deve essere stato talmente forte, straordinario, sconcertante da sovvertire tutto il loro modo di pensare, fino ad accettare il suo Battesimo nel Giordano. Devono aver fatto una gran fatica, trovate le tracce di questa difficoltà in tutti i racconti del Battesimo, in cui Giovanni il Battista dice di non essere degno di sciogliergli i legacci dei sandali, che deve lui essere battezzato, non Gesù.
Eppure... in quel falegname di Nazareth, che si era messo in fila con loro, hanno riconosciuto il Figlio, l'Amato, come avete ascoltato.
Deve essere stato veramente l'esperienza dell'incontro con Lui che li ha portati a riconoscere in Gesù il portatore della luce, della verità e, poi, piano piano hanno capito!
Vedete, loro aspettavano un Messia potente, soprattutto aspettavano il giudice; Colui che veniva a far trionfare, a far risplendere come astri del cielo i giusti e a bruciare i malvagi - come dice Giovanni il Battista - con un fuoco inestinguibile. Niente di tutto questo!
II primo ricordo che hanno di Gesù è il mettersi accanto a loro in un cammino lento, paziente, silenzioso nell'attesa di un Battesimo di conversione... non dalla parte del giudice, ma dalla parte dell'amico, di chi fa strada con te, con chi sente il cuore pesante...
Ecco, questa esperienza fondamentale l'hanno espressa nel Vangelo in tanti racconti in cui Gesù si ferma a mangiare con i peccatori, a far festa con loro... le tante volte che dice: "Alzati e va, non peccare più!".
Non la condanna, non il giudizio, ma l'invito a camminare ancora e soprattutto leggeremo (più avanti nel Vangelo di Luca) la straordinaria parabola del Padre Misericordioso: il figlio se ne va di casa, sciupa tutta la sua vita e quando torna non trova il castigo, la condanna, trova la festa: qualche cosa di incredibile, eppure questo è Dio!
Secondo il Vangelo, il Dio che giudica, che punisce, che condanna, il Dio dell'Inferno non esiste! Esiste il Dio della misericordia, che viene a camminare con noi, per condividere con noi la ricerca della giustizia, della pace!
A leggere il Vangelo, questo dovrebbe essere scontato, eppure, voi (o almeno molti di voi) non immaginate quante volte nel mio cammino di prete (ormai sono più di cinquant'anni) ho trovato tra la gente il senso di colpa. Il senso di colpa che schiaccia, fa sentire indegni, condannati da Dio! Un senso di colpa - a volte - per motivi che non hanno niente a che spartire con il male… per dei sentimenti, delle emozioni che non siamo minimamente capaci di controllare!
Ho sentito tanta gente in colpa per delle cose che ritenevano giuste. Ho domandato più volte: "Ma perché confessi questo?". "Così mi hanno detto!".
Troppi predicatori hanno predicato il Dio del giudizio. Troppi predicatori hanno visto il peccato dappertutto. Troppi... troppi confessori hanno messo il senso di colpa nel cuore della gente.
Guardate Gesù! Non ha incontrato mai il peccatore per sprofondarlo nella colpa. Lo piglia per mano: "Alzati, cammina e non peccare più!". Gesù è venuto per aiutarci a capire che cosa è veramente sbagliato nella nostra vita. Non può fare pace per il nostro peccato! Ma dov'è il peccato?
Ecco, il cammino con Lui ha fatto scoprire ai discepoli che il peccato è là... dove non c'è tenerezza, dove non si cerca di capire l'altro, non si cammina insieme, non ci si aiuta ad uscire dal male, a ritrovare le strade della giustizia e del bene.
I primi discepoli hanno scoperto Gesù come amico che ti cammina accanto, che ti mette la mano sulla spalla, che ti aiuta a cercare le vie del bene e della pace.
Sembra facile, eppure per la mia esperienza di prete è la cosa più difficile! Troppe volte la gente (forse ce n'è anche qualcuno tra voi) si sente giudicata, condannata, si sente indegna.
Quante volte ho sentito dire: "Non posso fare la Comunione perché non mi sento degno!". Il disprezzo della parola di Gesù che sentirete tra poco: "Prendete e mangiatene tutti". "Tutti sì, ma io no, non mi sento degno!"
Troppa gente non si sente degna perché si sente schiacciata da un senso di colpa... non ha senso! II Dio in cui crediamo non è il Dio dell'Inferno, della punizione, della condanna... è il Dio della festa, è il Dio che ci aiuta ad uscire da noi stessi, a cercare con pazienza le vie del bene e se non ci riusciamo... ci cammina accanto per aiutarci a provare ancora, a camminare ancora, per trovare insieme le vie della giustizia e della pace.
Il Signore ci aiuti.
Questo a Cana di Galilea fu II DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 20 Gennaio 2013
l'inizio dei segni compiuti da Gesù Giovanni 2, 1-11
Quando ero ragazzo - un ragazzo morigerato e ben educato - non conoscevo il Vangelo, conoscevo bene il catechismo dei miei sacerdoti e catechisti e se qualcuno mi avesse chiesto: "Immagina che Gesù si trovi a una grande festa di nozze dove si mangia, si balla, c'è una grande allegria, si beve, c'è anche qualche persona ormai mezzo ubriaca... cosa avrebbe fatto, secondo te?".
Non avrei avuto dubbi a rispondere: "Gesù avrebbe cominciato ad alzare la voce, a dire a quelli che si erano ubriacati: non sta bene! Avrebbe sbattuto la porta, se ne sarebbe andato disgustato da tutto quel chiasso, quella festa, quei balli!". Avete ascoltato? Tutto il contrario!
Gesù non solo non rimprovera qualcuno, non solo non sbatte la porta e se ne va, ma fa portare addirittura - come avete ascoltato - circa seicento litri di acqua per trasformarla in vino. Forse vuole che si ubriachino tutti, che tutti perdano la testa? Forse no! Ma certamente è un segno perché - lo sapete tutti - questo è un racconto simbolico; ma è un racconto in cui quella che era la tradizione, che ha accompagnato la mia infanzia e la mia giovinezza... la tradizione per cui Dio ama la sofferenza, la rinuncia, la penitenza, il sacrificio... chi ha i capelli bianchi, sa, quanti fioretti ci hanno fatto fare nel mese di Maggio, dovevamo portare il foglietto... eccetera... Le feste... non parliamo del ballo, erano cose sospette! Si poteva tollerare, ma insomma... dopo era sempre meglio andare a confessarsi. Gesù è un'altra cosa. Dio che viene in mezzo a noi ama la festa!
Quelle anfore piene d'acqua per la purificazione sono un segno di tutta una tradizione in cui l'accento è messo sul bisogno di purificarsi, di liberarsi da questo mondo. Il mondo è sempre visto come cattivo, pieno di pericoli, di peccato. Lo si sente ancora oggi in qualche predica o in qualche catechesi che introduce alla vita cristiana: "II mondo è brutto e cattivo, ma noi vi salviamo, liberatevi da questo mondo!" Gesù, in questo mondo, si cala per far festa, per portare la gratuità!
Questo che è il primo miracolo di Gesù, molti lo definirebbero un miracolo assolutamente inutile. "Hai il potere di fare miracoli...? C'è tanta gente che tribola, che è malata, perché sprechi i tuoi poteri per cambiare l'acqua in vino e far ubriacare la gente? È un miracolo gratuito. È un miracolo che non serve!".
È il miracolo della festa! È il miracolo della gratuità! Quanto è importante - secondo Gesù - la gratuità! Se comincio a domandarmi: a che cosa mi serve l'altro, che uso posso fare delle persone che ho accanto, la vita si corrompe. Non c'è più rispetto, non c'è più gratuità, non c'è più amore.
II Signore è venuto per aiutarci ad amare la festa. Nel Vangelo trovate spesso Gesù a tavola con i peccatori a far festa con loro e lo chiameranno "un mangione e un beone" e troveremo la grande parabola del Padre misericordioso... il figlio che torna a casa… trova la festa: ecco la festa è un segno di Dio!
Un bel bicchiere di vino! Per chi ama il vino! Gli astemi, portino pazienza, sostituitelo! Sostituitelo con qualche cosa che per voi è il segno della festa, della bellezza, dell'allegria, della gioia, della vita che si fa pienezza: ecco, là, c'è un segno di Dio!
E siamo anche noi un segno di Dio ogni volta che intorno a noi siamo capaci di moltiplicare la festa, la gratuità, il piacere, il senso dello stare insieme, la vita condivisa, l'allegria. Quanto lontano da questo è un'educazione cupa, che vede il male dappertutto, che vede sempre con sospetto il piacere; che vede come graditi a Dio la sofferenza e il dolore.
Gesù dice che il vino nuovo che Lui è venuto a portare bisogna metterlo in "otri nuovi". Non serve mettere "toppe", ci vuole qualche cosa di radicalmente nuovo... è quella novità a cui noi, da queste pagine del Vangelo, siamo tutti invitati.
La vita è bella se riusciamo a metterci un po' di festa, di gratuità, d'amore. Qualche volta è difficile, ma è quello che dobbiamo tentare di fare… stringendo la mano a chi ci sta accanto, condividendo il cammino a volte faticoso, per portare un sorriso, per fare una carezza, per dare un segno di Dio.
II Signore ci aiuti
"Oggi si è compiuta questa III DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 27 Gennaio 2013
Scrittura che voi avete ascoltato" Luca 1,1-4; 4,14-21
Abbiamo letto qualche riga dell'inizio del Vangelo di Luca, che ci dice quanto lavoro c'è dietro quello che leggiamo la domenica. Ha dovuto fare accurate ricerche, trovare tutti i fogli che prima di lui sono stati scritti da vari personaggi che hanno raccolto la testimonianza di chi ha incontrato Gesù... e poi, lui, ce lo presenta con ordine: parole preziose!
Ho avuto la fortuna, fin da quando ero giovane, di amare il Vangelo. L'ho letto centinaia di volte, da solo, in vari gruppi, con persone di tutte le età, con bambini, con ragazzi, con giovani, con adulti, con anziani... letto e riletto! E ogni volta ho trovato qualche cosa di nuovo. Ho trovato un po' della luce che il Signore attraverso queste parole ci comunica.
Oggi mi ha colpito quello che Gesù, seduto nella sinagoga di Nazareth, dice: "Oggi si è acompiuta questa Scrittura". Ecco, la Scrittura diventa viva quando si adempie nell'oggi, nel quotidiano, nell'esperienza concreta della vita.
E mi sono reso conto che il Vangelo, prima di leggerlo sul libro lo avevo sperimentato nell'oggi della mia esperienza, fin da quando ero bambino. Vi racconto qualche episodio tra i pochissimi ricordi della mia prima infanzia.
Quando ero un bambino, durante la guerra, veniva spesso nella nostra casa a bussare un signore alto alto - almeno così sembrava a me che ero piccino - tutto vestito di nero, al quale non ho mai sentito dire una parola. Tendeva una mano e mia mamma diceva: "Presto, va a prendere un panino, una mela, quello che c'è!". Andavo! Una volta ho detto alla mamma: "C'è rimasta solo un'arancia, e a me che rimane?". "Quando bussa un povero, bussa Gesù, va a prendere l'arancia!".
E, questo l'ho vissuto tante volte nel corso della mia vita. Ho visto tante persone dedicare il loro tempo, la loro attenzione agli altri. Quando ero bambino mi dispiaceva un po' se mia mamma si occupava di più delle mie sorelline - magari quando erano malate - e ci rimanevo male, mi sentivo trascurato e poi capivo che lei dedicava il suo tempo, la sua attenzione a chi aveva più bisogno e non perché mi volesse meno bene, ma perché loro avevano più bisogno e a loro doveva dedicare la sua vita. E l'ho visto fare da tante persone nel corso della mia esperienza.
Ma ho sperimentato - nella mia prima infanzia - anche l'attuarsi di parole tra le più difficili del Vangelo. C'è una parola che dice: " Se uno non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo".
In un altro Vangelo c'è una parola ancora più forte: "Chi non odia, il padre e la madre..." Come si può amare Gesù più di un figlio? Cosa significa?
Bene! Quando ero un piccolo bambino (sempre durante la guerra) la sera accompagnavo il mio papà a mettere dietro il portone dove abitavamo (mio papà era il portiere) una grande sbarra di legno che serviva a proteggere questo grande portone nei periodi brutti della guerra.
Una notte sono venuti a bussare quelli delle SS. Nel palazzo dove abitavamo erano nascosti degli ebrei, dei rifugiati e probabilmente cercavano loro. Mio padre non ha aperto!
Ci ho ripensato dopo... ha messo in pericolo la propria vita, la vita mia, delle mie sorelle, di mia madre, eppure non ha avuto il minimo dubbio!
C'è una giustizia superiore, c'è un amore di Gesù che conta più dell'amore dei figli. Se non volete parlare di Gesù, c'è un rispetto dell'uomo, della giustizia, della dignità che è più importante di tutto. E, questo, lo abbiamo visto tutti altre volte nella nostra esperienza.
Oggi si celebra nel mondo la giornata della memoria, il ricordo di quella orribile, terribile esperienza che è stato l'olocausto, eppure oggi si celebrano anche le tante persone che hanno messo a rischio la loro vita - come ha fatto mio padre - per salvare qualcuno.
Gente semplice, contadini, gente di tutti i giorni. Gente che ha rischiato e, a volte, ha perso la vita per salvare qualcuno.
Così abbiamo visto, in questo paese, giudici, preti, giornalisti che hanno rischiato la propria vita per la giustizia e l'hanno persa. Hanno amato la giustizia, la verità, il bene... chi ci credeva ha amato Dio e Gesù più della propria stessa vita: esperienze concrete, esperienze di vita.
Ancora… mi sono sentito sempre rispettato come persona per quello che ero, aldilà delle tradizioni, delle regole e ho visto, nel cammino della mia esperienza, tante persone capaci di rispettare una persona per quello che è, aldilà dei pregiudizi.
Rispettare lo straniero, il debole, il diverso, l'omosessuale per quello che è... una persona! Una persona con i suoi sentimenti, le sue idee, aldilà delle regole, delle tradizioni; aldilà dei principi che sembrano irrinunciabili.
Il rispetto l'ho vissuto sulla mia pelle e l'ho visto vivere nei confronti di tante gente e quando ho sbagliato, nella mia famiglia e anche poi in seguito, mi sono sentito riconciliato, rimesso in cammino; mi sono sentito ridare la speranza di compiere il bene.
Ecco, il Vangelo che diventa vita! Oggi, qui, si adempie la parola del Signore e questo adempimento io l'ho conosciuto prima della Parola e, forse, se non l'avessi vissuto nella mia esperienza non avrei potuto leggere e capire il Vangelo.
Ma c'è un altro discorso che - secondo me - è importante! Il Vangelo che leggiamo nasce da un'esperienza, dall'esperienza che alcune persone come noi, gente di tutti i giorni, hanno fatto di Gesù di Nazareth… e, poi, hanno sentito il bisogno di raccontarlo.
L'hanno raccontato attraverso racconti simbolici, parabole, era il loro modo di parlare del mondo religioso, ma ci hanno trasmesso dentro questi racconti, dentro queste storie, a volte, di miracoli e di prodigi che magari non sono mai accaduti... un'esperienza, l'esperienza viva che loro hanno fatto di Gesù di Nazareth.
Ecco, il Vangelo nasce da un'esperienza e diventa vero quando diventa un'esperienza nella vita di tutti i giorni! Anche noi qui la domenica ascoltiamo il Vangelo e qualche volta - come nell'antica Parola della prima Lettura - ci porta la gioia dell'ascolto di Dio e di Gesù... ma non basta: il Vangelo siamo chiamati a viverlo ogni giorno.
Oggi, nelle nostre case si adempie la Parola! Allora il Vangelo diventa vivo, altrimenti rimane soltanto parola. Non è semplice.
II Signore ci aiuti
Poi aggiunse: "In verità vi dico: IV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 3 Febbraio 2013
nessun profeta è bene accetto Luca 4, 21-30
nella sua patria..."
C'è un dramma e, conseguentemente, una domanda che attraversa la vita, la riflessione dei primi cristiani: perché molti del popolo d'Israele (di cui - come avete ascoltato - Nazaret è il simbolo) hanno ucciso Gesù? Perché hanno rifiutato il suo messaggio e perseguitano anche loro?
È una domanda inquietante perché il popolo d'Israele è il popolo di Dio, erede delle promesse, conserva la grande Scrittura! Perché il rifiuto? Perché Gesù è finito su una croce?
Le risposte sono le più varie. La più semplice - che trovate più volte nel Vangelo - è: sono dei malvagi, degli assassini! Chi scrive il Vangelo fa di ogni erba un fascio: tutti gli abitanti di Nazaret rifiutano Gesù, tutti gli ebrei hanno ucciso Gesù... diventerà l'accusa di deicidio per tutto il popolo d'Israele! È quello che io chiamo il peccato del Vangelo!
Non saper distinguere, dire "tutti", credere un popolo intero responsabile di una morte! Non si va a cercare chi è responsabile..."tutti" sono assassini!
Sapete quanto questa accusa ha pesato sul popolo d'Israele, fino ai nostri giorni, fino agli orrori del secolo scorso!
La prima risposta, dunque, è: sono dei malvagi, degli assassini, ma non basta! C'è tra i primi cristiani chi si interroga: "Perché...?" Ci sono risposte diverse perché il problema, probabilmente, premeva loro. Alcune le abbiamo nel Vangelo di oggi.
Una risposta è: (sono risposte - badate - che ci riguardano tutti) "Nessun profeta è bene accetto nella sua patria". È uno dei drammi dell'umanità.
Spesso, chi prospetta vie nuove, chi scopre qualche cosa che fa fare un passo avanti, chi allarga gli orizzonti viene messo da parte, è successo nella storia in tutti i campi della vita. È successo per la scienza, per la matematica, è successo per la medicina, per la ricerca sulla natura, è successo per l'arte... Quanti grandi artisti, all'inizio, non sono stati capiti e, rifiutati, sono morti in miseria!
Ecco, spesso, chi apre gli orizzonti viene emarginato, viene a volte - addirittura - perseguitato e, questo, non vale soltanto per la scienza e per l'arte, vale anche per il mondo religioso.
In genere si rifiuta qualcuno perché si crede di possedere la verità, perché si hanno principi "irrinunciabili", perché non ci si interroga e non ci si mette in questione e se, questo, vale per la scienza e per l'arte, a maggior ragione vale per la religione... perché, lì, la verità viene dall'atto.
Molti si ritengono, nella vita della Chiesa "possessori" della verità, depositari della verità! Nella storia della Chiesa ci sono infiniti esempi...
Pensate al secolo scorso... grandi profeti: Milani, Mazzolari, soprattutto Ernesto Bonaiuti finito in miseria, trattato in maniera indecorosa, eppure, uno dei grandi profeti del secolo scorso. Il rifiuto di chi apre orizzonti nuovi, di chi cerca vie nuove.
Quando si crede di possedere la verità, non ci si apre alle domande, al futuro… ma senza guardare lontano succede nelle nostre case. A volte i ragazzi, i giovani tentano strade nuove. Si imbarcano su avventure che ci sembrano folli... poi si scopre che sono le avventure giuste. Quanto hanno sofferto alcuni dei nostri amici perché i loro figli volevano andare all'estero, andare in America a studiare: "Ma che vai a fare così lontano?!". Avevano ragione loro! II mondo diventa grande, bisogna cercare, inventare strade nuove.
Ma c'è un'altra riflessione che avete ascoltato nel Vangelo di oggi: "Che conto ne facciamo dell'antica Scrittura, delle parole che leggiamo anche noi ogni domenica?" Avete ascoltato... le storie di Eliseo e di Elia, facevano intuire che Dio è il Dio di tutti, anche al di fuori del popolo di Israele, perché la vedova a cui Elia moltiplica il pane è di Sarepta di Sidone, terra pagana, lontana dalla Palestina, e così Naaman, il Siro, un pagano: a loro si rivolge il Signore! E sono persone buone! Perché gli ebrei al tempo di Gesù non sanno capire questa Parola? Non sentono che Dio è il Dio di tutti? Che non si può rimanere chiusi nella tradizione, nell'opinione che Dio sia solo di un popolo e che non ci possa essere un messaggio universale? Perché?
Vale anche per noi, vale anche per la storia della Chiesa. Durante la settimana ci interrogavamo: "Come è possibile (è una domanda che vi giro) conciliare la parabola del Padre misericordioso, che accoglie il figlio che ha sciupato tutto, con la festa. Come è possibile conciliare questa parabola con il bruciare egli eretici, il parlare a lungo dell'Inferno e del Purgatorio, con il minacciare un castigo eterno?".
Chi è Dio? È il Dio della parabola, oppure ci inventiamo, per i nostri desideri di vendetta un altro Dio? Cosa significa la Parola del Signore, concretamente, nella vita di ogni giorno? E quello che abbiamo ascoltato oggi... chi è per noi, oggi, Naaman, il Siro? Non siamo tentati anche noi di generalizzare, di fare di tutt'erba un fascio, di dire: "Tutti i rumeni sono malvagi? Tutti gli albanesi rovinano il nostro paese?" Chi rovina il nostro paese, forse, dobbiamo cercarlo da un'altra parte!
Come si può cercare di interpretare la Scrittura calandola nei nostri giorni, aprendoci al futuro, agli altri, senza pregiudizi, senza principi irrinunciabili, senza tradizioni che non possono essere portate oltre da chi sa guardare lontano, da chi sa aprirci orizzonti nuovi. Abbiamo bisogno di guardare lontano. Abbiamo bisogno dei profeti, ma come riconoscerli nella vita di ogni giorno?
È stato difficile per i primi cristiani, è difficile anche per noi.
II Signore ci aiuti
"Maestro, abbiamo faticato tutta V DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 10 Febbraio 2013
la notte e non abbiamo preso nulla; Luca 5, 1-11
ma sulla tua parola getterò le reti".
"Non temere; d'ora in poi sarai
pescatore di uomini".
I protagonisti di questa pagina del Vangelo sembrano i pesci, un'abbondanza strepitosa, una pesca miracolosa, ma non è così!
Noi, spesso, siamo colpiti dal prodigio, dal miracolo, dal fatto straordinario; ne abbiamo bisogno nel cammino della nostra vita! Tutti speriamo nella protezione di Dio, nella possibilità di ricevere un miracolo, anche se sappiamo che è rarissimo. Facciamo quindi attenzione al miracolo, al prodigio, ma non è questo il cuore della parabola!
II cuore della parabola è la Parola: "Sulla tua parola getterò le reti". "La folla gli faceva ressa attono per ascoltare la parola di Dio".
La comunità di Luca riprende la grande tradizione di Israele. II cuore della fede di Israele è proprio la Parola! Le grandi tradizioni di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, l'uscita dall'Egitto, l'incontro di Mosè con Dio nel roveto ardente, il Sinai... tutto diventa Parola!
Parola da leggere ogni sabato, da ripetere, da meditare e, soprattutto, da tradurre nel concreto della vita. In queste parole, Israele, vede il messaggio essenziale per l'esperienza, i valori che fanno la vita degna di essere vissuta.
II Nuovo Testamento riprende questa idea: Gesù è venuto a portarci la Parola, anzi - come sapete - Lui stesso è Parola! Tutti ricordate l'inizio del Vangelo di Giovanni: "In principio era il Verbo...". "Verbo" dovremmo tradurlo con "Parola"! In principio era la Parola, Gesù è la Parola! È venuto a comunicarci i suoi ideali attraverso i suoi discorsi, le sue parabole, ma soprattutto attraverso la sua vita… tutta la sua vita diventa parola!
Parola che ci mette in contatto con i valori del suo cuore, con quello che Lui sogna, che ritiene essenziale per la vita dell'uomo. E questa Parola, Gesù, vorrebbe che diventasse il cuore della vita di ogni cristiano, perchè altrimenti - come avete ascoltato - si rischia di "lavorare invano". Pietro lo dice a Gesù: "Maestro, abbiamo lavorato invano tutta la notte e non abbiamo preso nulla".
Non pensate ai pesci! Pensate a una vita basata sul successo, sul denaro, sull'affermazione sugli altri, sulla noncuranza, sull'egoismo... la vita si corrompe! I valori di Gesù rendono la vita degna di essere vissuta.
Lavoriamo invano se non incontriamo i valori del Signore… non è detto che questi valori siano un monopolio cristiano, per fortuna ci sono su tutta la faccia della terra. Noi li abbiamo scoperti in Gesù e ci rallegriamo che questi valori si trovino dappertutto.
Una persona come Gandhi - per fare un esempio - è infinitamente più buona di me e anche di tanti cristiani che hanno attraversato la vita della terra e anche lui quando leggeva la parola di Gesù ci si ritrovava! Diceva che le "Beatitudini" del Vangelo di Matteo sono uno degli scritti più belli della storia dell'umanità.
Ecco, gli uomini di buona volontà si ritrovano nella Parola e tentano di renderla viva nel concreto di ogni giorno. E noi... - come avete ascoltato - siamo testimoni della Parola: "Vi farò pescatori di uomini".
Luca inventa una parola: "prendere gli uomini per la vita". I pesci si prendono per metterli in padella... all'uomo bisogna portare la vita. Tutti siamo invitati a portare vita intorno a noi, a portare amore, tenerezza, affetto, liberazione, gratuità...
Non pensate a cose straordinarie, pensate ai rapporti con quelli che avete in casa, con i nipoti, con la gente che vi cresce accanto, con gli amici... Ciascuno di noi dovrebbe tentare di essere testimone di vita. Essere pescatori di uomini, cioè essere testimoni di vita non è riservato agli apostoli. Guai se pensaste che è un compito solo mio! Io so farlo pochissimo!
Ho incontrato - per mia fortuna - tanta gente che sapeva farlo molto meglio di me: è compito di tutti essere testimoni di vita, testimoni di Gesù. Ecco perché la Parola è e rimane il cuore della vita cristiana e noi veniamo qui ogni domenica per nutrirci di Gesù, prima della sua Parola - ormai è scritta in questo libro - che dobbiamo interpretare, comprendere, fare nostra e, poi, tentare di viverla... e poi ci nutriamo del Pane.
Lui diventa la nostra forza per poter essere ogni giorno testimoni di vita. Non è facile, ma per questo siamo tutti invitati a nutrirci di Lui.
Il Signore ci aiuti
Gesù… guidato dallo Spirito I DOMENICA di QUARESIMA - 17 Febbraio 2013
nel deserto per quaranta giorni, Luca 4,1-13
tentato dal diavolo.
Quando ero ragazzo, all'inizio della Quaresima, venivano dei predicatori, per prepararci alla confessione pasquale. Quando ero un giovane prete (cinquant'anni fa, ormai) ho passato ore e ore e ore in confessionale. Adesso non si confessa quasi più nessuno! I motivi sono molto complessi, (sarebbe lungo soltanto accennarli, qui) secondo molti cristiani (sono d'accordo con loro) non è un gran dramma se si perde la confessione! Quando una cosa perde di senso, si cambia e si trovano altre strade.
Quello che sarebbe profondamente drammatico è, invece, perdere il senso del male, il senso del peccato! II male, il peccato sciupano la vita! I primi cristiani erano convinti che il primo compito del battezzato era quello di affrontare il combattimento contro il male. E qui raccontano - come avete ascoltato - una storia; una storia simbolica, quasi una sacra rappresentazione.
Nel Vangelo di Marco è lo Spirito che spinge Gesù nel deserto ad affrontare il combattimento. Non si può rimanere chiusi nel proprio guscio, far finta di niente. C'è un male che sciupa la vita dentro di noi e intorno a noi... e, questo combattimento, va fatto! Marco si ferma qui.
I Vangeli di Luca e di Matteo, invece, tentano di chiedersi: "Quali sono le principali tentazioni che spingono l'uomo al male?". E, qui, non pensate all'uomo in genere, pensiamo ciascuno a noi stessi!
Vedete, la prima tentazione è, forse, semplice. Gesù ha dei poteri, può trasformare le pietre in pane e l'invito è: "Fallo per te, pensa a te!". Gesù non trasformerà per sé le pietre in pane, moltiplicherà il pane, ma lo farà per gli altri, per la gente.
Ecco, la prima tentazione è quella di usare per sé le proprie capacità, i propri doni, dimenticandoci degli altri; senza quel senso di attenzione all'altro, di servizio, di condivisione, di dedizione che è il fondamento stesso della vita e della morale cristiana.
Possiamo farci qualche domanda, ma semplice, e soprattutto (questa è una raccomandazione che ho il dovere di fare sempre) senza sensi di colpa, che non servono a niente. Ci si guarda dentro con occhio sereno e ci si domanda: "Posso essere un po' più attento agli altri, a chi che mi sta intorno, posso vivere un po' di più il servizio?".
La seconda tentazione è quella del potere. Quando si parla di potere si pensa ai grandi fatti della politica, della storia... adesso ci stiamo preparando alle elezioni e quindi si sente spesso parlare di potere. Oggi direi,: "Guardatevi intorno… il rapporto tra moglie e marito; genitori figli o - qualche volta peggio - figli genitori. C'è spesso un tentativo di esercitare il potere, di condizionare l'altro dalla nostra parte, di imporre qualche cosa di noi, del nostro modo di vivere, di pensare. II potere non sempre riguarda gli altri, a volte riguarda noi e fa soffrire chi ci sta accanto.
Per Luca è più importante la terza tentazione, quella che sembra più enigmatica: il diavolo, (si tratta sempre di simboli, evidentemente) porta Gesù nel punto più alto del tempio e gli dice: "Buttati giù, gli angeli verranno a sostenerti, sarà un grande prodigio, una cosa straordinaria, e tutti crederanno". Gesù rifiuta! La sua scelta sarà il servizio quotidiano, l'andare in cerca delle "pecore" che si sono perdute, il fermarsi a mangiare con i peccatori, il cercare di curare i suoi discepoli, il servizio quotidiano e, alla fine, si fermerà a lavare loro i piedi.
Ecco il servizio di ogni giorno, non il prodigio, il miracolo, l'evento straordinario. La sacralizzazione di tutto è una delle tentazione più forti della vita della Chiesa.
Voi che guardate il mondo religioso attraverso la televisione, vedete spesso grandi folle che accorrono dove c'è un santuario, dove è apparsa la Madonna, dove c'è il santone di turno che fa miracoli (almeno così si propaganda)... dov'è la religiosità quotidiana, la ricerca di Dio e del prossimo?
Ma di questa sacralizzazione abbiamo avuto un esempio, particolarmente vivo in questi giorni. Il Papa ha dato le dimissioni, ottantasei anni, stanco nel fisico, malato, stanco, forse anche psicologicamente e dice: "Basta!" Un gesto semplice che umanizza!
Avete visto quanta "moina" s'è fatta in questo paese, quante dietrologie? Andare a cercare complotti, strane cose... per il gesto semplice di un uomo che dice: "Basta! Il mio compito è il servizio, essere Papa non è qualche cosa di sacro, immutabile, fare il Papa è un ministero nella Chiesa, un servizio alla comunità cristiana (La distinzione tra "essere" Papa e "fare" il Papa mi sembra fondamentale.) Non ho una posizione sacrale, e quando non sono più in grado di farlo dico con semplicità: Basta, lo faccia qualcun altro".
Mi capitava di ascoltare... (perché le sacralizzazioni sono molte nella vita cristiana) un personaggio anche importante della Chiesa che sembrava rimproverare il Papa, dicendo: "Non si scende dalla croce!". Avete mai sentito una sciocchezza più grande? Non si scende dalla croce… Chi comincia a essere vecchio come me, sa che vengono gli acciacchi e peggiorano e sulla croce ci si sta e non si scende! Ma un dovere preciso lo hai, ed è quello di non farlo pesare sugli altri, te la porti tu, la croce, se sei capace l'abbracci stretta, la offri al Signore, ma gli altri cerchi di tenerli il più lontano possibile. Se arriviamo a sacralizzare anche il dolore, la sofferenza... veramente la fede diventa una sciocchezza.
La fede è una cosa seria, è fatta di cose quotidiane, di servizio, di attenzione all'altro e allora spero che il Papa lasci alla Chiesa questo gesto semplice, quotidiano, direi elementare... mi meraviglio che si facciano tante storie: "Sono stanco, non ce la faccio più, faccia qualcun altro il servizio che ho cercato di fare io!".
Quando si fanno storie è perché si è sacralizzata una figura, è perché non c'è più il senso autentico di quello che è il servizio nella comunità cristiana. Noi, preti, non siamo figure sacrali; siamo gente a cui è stato affidato un servizio e tentiamo di farlo e, quando non ce la facciamo più, con grande saggezza diciamo: "Basta, lo faccia qualcun altro!" Cosa c'è di più semplice di tutto questo? Eppure avete visto quanto non è semplice! Si sacralizza tutto!
Allora desacralizzate la religione, rendetela semplice, quotidiana, attenta agli altri. Vi chiedo scusa se ho parlato un po' più a lungo, ma il tema è abbastanza serio e, forse, mi premeva farvi una riflessione per ricondurre tutte le vicende degli ultimi giorni alla semplicità della vita, alla normalità dell'essere uomo, perché la religione o è "normale" o non coinvolge la vita.
Il Signore ci aiuti
Mentre pregava il suo volto cambiò II DOMENICA di QUARESIMA - 24 Febbraio 2013
d'aspetto e la sua veste divenne Luca 9, 28 - 36
candida e sfolgorante.
Domenica scorsa - lo ricorderete - il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto ci indicava l'importanza fondamentale del combattimento contro il male.
II battezzato non può rimanere chiuso nel suo guscio, deve affrontare il male, vincere il peccato dentro di sé e intorno a sé. Ma per vincere il male non servono regole, promesse di premi, minacce di castighi... occorre innamorarsi del bene! Avere dentro di sé una luce che guida i propri passi, dei valori in cui credere e per cui vivere, un fuoco che ci spinge a impegnarci per il bene.
Questo vale per tutti i campi della vita! Un insegnante che cerca di comunicare qualche cosa ai suoi alunni deve usare voti, pagelle... ma se non riesce a comunicare un po' di passione, un po' del senso della bellezza di ciò di cui parla... non andrà molto lontano!
Questo vale anche per l'educazione dei figli. Ci possono essere regole, (servono a volte) ma se non si riesce a comunicare l'importanza dei valori, la bellezza della giustizia, della condivisione, del rispetto dell'altro... l'educazione rimarrà molto parziale!
Ecco, i discepoli di Gesù hanno fatto esperienza di incontrarsi con Gesù e di scoprire i sogni del suo cuore, i valori essenziali della vita, qualche cosa di luminoso, di bello.
Qualche volta - come avete ascoltato - avevano un po' di sonno, non fisico: la difficoltà di capire, di lasciarsi prendere da questi valori... ma, altre volte, hanno provato dei momenti di entusiasmo. Tutto sembrava bello, luminoso, sembrava possibile un mondo completamente nuovo.
Gesù li aiutava a riscoprire la grande tradizione di Israele. Avete ascoltato che ci sono Mosè ed Elia perché, questo, (lo avrete capito tutti) è un racconto simbolico che, probabilmente, riassume tanti incontri di Gesù con i suoi discepoli. Tanti momenti straordinari in cui, magari la sera seduti intorno al fuoco, parlando come amici, Gesù, comunicava loro una luce straordinaria, un fuoco che gli ardeva dentro.
E - probabilmente - più di una volta Pietro (o gli altri discepoli, perché Pietro è sempre il rappresentante) avrà detto: "Fermiamoci qui, facciamo una comunità tutta nostra!". È una della grandi tentazioni del cristianesimo! Ogni tanto ci sono - ce ne erano nei tempi antichi e ce ne sono anche oggi - dei gruppi di cristiani che dicono: "Stiamo tra di noi, ci vogliamo bene, facciamo una bella comunità molto unita... il mondo va per conto suo!". Non si può rimanere sul monte, non si può rimanere a guardarsi negli occhi! Bisogna affrontare il combattimento con il male. Lo spazio della vita cristiana non è la piccola comunità, è il mondo!
E, questo, vale anche per noi che ci ritroviamo qui in ogni domenica. Ci sediamo, ascoltiamo Gesù, qualche volta ci sembra quasi di toccare con mano la sua verità, l'importanza dei suoi valori, dei sogni del suo cuore, ma non ci possiamo fermare qui, dobbiamo andare nel mondo di ogni giorno e là ci sono i "diavoli cattivi", là c'è il combattimento contro il male, ma si può tentare di affrontarlo soltanto se dentro di noi c'è qualche cosa di importante, se crediamo sul serio, se abbiamo una luce dentro, se abbiamo accolto Gesù e i suoi valori.
Ecco il senso di questa sacra rappresentazione. Non sappiamo che cosa sia accaduto sul monte, ma c'è l'esperienza fondamentale di ogni cristiano. L'incontro con Gesù che ti fa intravedere qualche cosa di grande, di straordinario, la bellezza del bene... Come sarebbe bello il mondo se ci fosse giustizia, condivisione, rispetto, se si potesse camminare insieme… ma è un orizzonte lontano! A volte, Gesù, sembra "solo", sparisce tutto: lo sconcerto del cristiano che si ritrova il dubbio nel cuore… se ne va l'entusiasmo. Ecco perché - ogni tanto - bisogna risalire sul "monte". Bisogna guardare negli occhi Gesù, sognare un mondo più bello, se i suoi ideali diventassero realtà! Oggi è compito nostro, a volte difficile, ma non c'è altro modo di essere cristiani.
Il Signore ci aiuti.
"Credete che quei Galilei fossero più peccatori III DOMENICA di QUARESIMA - 3 Marzo 2013
di tutti i Galilei per aver subito tale sorte…" Luca 13, 1-9
"Se non vi convertite, perirete tutti..."
"Padrone, lascialo ancora quest'anno..."
La pagina che abbiamo appena letto ci offre tre messaggi che considero particolarmente importanti per la vita cristiana. Per la mia esperienza (ormai abbastanza lunga) sono tra i messaggi del Vangelo più difficili a recepire. Vediamoli!
Il primo messaggio tenta di rompere la connessione tra la disgrazia e il peccato. Avete ascoltato... c'è Pilato che uccide delle persone... sono forse colpevoli più degli altri? No! La torre di Siloe cade su della gente, forse per un terremoto... sono più colpevoli quelli che rimangono uccisi degli altri? No! II collegamento tra la disgrazia e il peccato è quanto di più diffuso c'è sulla faccia della terra, in tutte le religioni.
Una delle frasi che più mi è capitato di ascoltare nel corso della mia vita è questa: "Padre, che ho fatto di male perché mi capiti questo?" Voi non immaginate quante mamme ho visto temere che Dio le possa punire nei figli! Che Dio è questo? Ne ho incontrate tante con l'ansia, con la preoccupazione... avevano fatto qualche sbaglio e avevano paura non di essere punite loro, ma i figli per colpa loro.
È capitato - forse - anche a voi di ascoltare qualche personaggio, anche importante, della Chiesa dire che l'AIDS - una malattia terribile - è la punizione per i peccati del nostro tempo.
A voi, forse (per fortuna) non è capitato di ascoltare il santone di turno che dice: "Se tuo padre ha il tumore, qualcuno di voi ha peccato!". Ho visto piangere disperatamente una donna perché se l'erano presa con lei, che era la più debole e fragile della famiglia.
Ecco il legame tra la disgrazia e il peccato! II Vangelo - come avete ascoltato - tenta di romperlo in maniera radicale, soprattutto lì sulla croce: è il Giusto, il Santo, non può essere punito per i suoi peccati! Rompere questo legame - per la mia esperienza - è quanto di più difficile ci sia!
Ricordatevene quando sentirete qualcuno afflitto chiedervi: "Che ho fatto di male perché Dio mi punisca?". "In che Dio credi? Come è possibile che Dio ti punisca o punisca i tuoi figli in modo così crudele?".
Il secondo messaggio è altrettanto importante, ma più drammatico: "Se non vi convertite, perirete tutti". È un messaggio sulla gravità del male: il peccato, il male sciupano la vita!
Vale per ciascuno di noi: se diventiamo egoisti, se facciamo idoli della nostra vita il potere, il denaro, il successo, il prestigio... la vita si rovina per noi e per gli altri o - per dire cose più semplici - se non mi prendo cura della mia salute, se fumo, se mangio troppo... la vita si sciupa e corro il rischio di buttarla via.
Quello che vale per ciascuno di noi vale per la famiglia... se non c'è dialogo, rispetto l'uno per l'altro, se c'è sopraffazione... la vita si rovina non perché venga un castigo dall'alto (questo appartiene al mito) noi la sciupiamo!
Questo vale per il mondo del lavoro... se non c'è rispetto, collaborazione, se c'è sfruttamento dell'uomo sull'uomo... si vive male, in maniera infelice.
Questo vale per la scuola... se non c'è collaborazione tra genitori e insegnanti, se non c'è attenzione ai bambini, anche agli ultimi... la vita si sciupa, non si aiutano, soprattutto i più deboli ad essere uomini.
Questo vale per la vita sociale (forse in questo momento, in Italia, questa riflessione potrebbe essere indispensabile). Se non ci convertiamo, andiamo tutti a "remengo"! Rischiamo di distruggere il nostro paese se non c'è serietà, voglia di costruire, di rispettarsi, di cercare un modo di vivere la politica, il rapporto con la società, con il lavoro, con i grandi problemi economici che ci affliggono... con dedizione, con rispetto, con voglia di fare il meglio che si può, senza protestare soltanto, gridare... non serve a niente! Serve rimboccarsi le maniche e lavorare perché il mondo sia migliore. Ecco, se non ci convertiamo rischiamo di perire tutti! È il senso del secondo messaggio di questa pagina del Vangelo!
Il terzo messaggio ci consola, perché è quello dell'albero del fico che da tre anni non porta frutto e il padrone dice: "Taglialo!". E il servo, Gesù: "Aspetta ancora... ancora un anno, zappiamo, mettiamo il concime, chissà che non porti frutto?" E, probabilmente, l'anno prossimo, ripeterebbe le stesse parole! Perché Dio non perde la fiducia nell'uomo, in ciascuno di noi, nella nostra possibilità di cambiare.
Quante volte (voi non immaginate) ho ascoltato persone dirmi: "Padre, Dio non può perdonare uno come me!" Schiacciati dal senso di colpa, incapaci di rimettersi in cammino, quasi oppressi dalla paura Dio!
In che Dio ci hanno insegnato a credere? Nel Dio che ha fiducia nell'uomo, nel Dio che da sempre una possibilità, nel Dio che crede in me e aspetta che io porti frutti di bene? Ne parleremo ancora in questa Quaresima, il Vangelo di Luca ci regalerà la straordinaria parabola del Padre misericordioso, la festa di Dio per il nostro cuore pesante.
Tre messaggi che vorrei conservaste nel cuore, importanti ma - ricordatevi - difficili (almeno per la mia esperienza). E se vi è possibile, fate in modo che chi ci sta intorno partecipi di questi messaggi e la nostra vita possa essere migliore.
II Signore ci aiuti.
Quando era ancora lontano, suo padre lo IV DOMENICA di QUARESIMA - 10 Marzo 2013
vide, ebbe compassione, gli corse incontro, Luca 15, 1-3. 11-32
gli si gettò al collo e lo baciò.
La pagina che abbiamo appena letto è (secondo me) forse la più bella del Vangelo, ma anche la più difficile. Difficile entrarci dentro perché si tratta di entrare nel cuore di Dio.
E, allora, se volete intuire qualche cosa provate a partire da lontano, quasi dal di fuori e fate vostro (molti di voi credo che lo facciano) il discorso che ho sentito ripetere tante volte: "Ha ragione il fratello più grande! Lui ha sempre lavorato… perché non gli stato dato mai un capretto per far festa con i suoi amici?"
Guardatelo meglio questo fratello più grande! È uno che ha lavorato, ha ubbidito sempre, ha fatto - però - della legge il piedistallo per giudicare e condannare.
II servo gli dice: "Tuo fratello è tornato!" Ma lui, quando si rivolge al Padre, gli dice: "Tuo figlio ha sperperato tutto!". E il Padre continua a dirgli: "Tuo fratello...!".
Ecco è diventato incapace di amare! Il fratello non è più suo fratello, non fa più parte della possibilità del suo amore. È preso dalle cose, non vuole che si sciupi il "vitello grasso", non gli importa del fratello che è tornato. Ma c'è di più… dice: "Tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici!". Ma il Padre non aveva diviso tutto? Non aveva anche lui tanto da spendere come ha sperperato il fratello più giovane? Perché non ha mai preso un capretto per far festa con i suoi amici? Forse perché non ha amici? È veramente incapace di amicizia e di amore? O, forse, perché non ama la festa? Ama soltanto il lavoro, l'osservanza... perché, questo, lo fa sentire giusto! Questo costruisce il piedistallo da cui giudica gli altri.
E, adesso, guardate il fratello più giovane. Non pensate - come capita ad alcuni - che sia il tipico giovane che cerca l'indipendenza, che vuole allontanarsi dal potere del padre e se va lontano. No! Pensate ad un delinquente; uno dei capi della mafia, uno dei principali spacciatori di droga del nostro tempo: a loro bisogna pensare!
Questa gente ha sciupato tutto! Questo figlio ha sciupato tutto! È ridotto in miseria, non ha più da mangiare, non gli danno nemmeno una carruba e allora torna, ma non a cercare il Padre, torna a cercare cibo. Anche lui cerca le cose; anche per lui sono importanti le cose e del Padre non gli importa: "Trattami (notate la sottigliezza di Luca) come uno dei tuoi salariati". Nemmeno come un servo; il servo fa parte della casa; il salariato no! Viene una volta sì e una no!
È oppresso - probabilmente - dal senso di colpa, non si sente più degno di essere figlio. Non sente più la capacità di amare il Padre, di riconciliarsi con il fratello... Solo un tozzo di pane e essere trattato come un salariato, purché abbia qualcosa da mangiare!
Ed ora guardate il Padre. A Lui non importa niente delle cose, a Lui interessano i figli, tutti e due i figli! E li va a cercare e corre... corre incontro al figlio più giovane che viene da lontano e gli butta le braccia al collo e lo invita alla festa. Ma esce a cercare anche il fratello più grande. Anche da lui va e gli parla e lo invita... perché vuole che partecipino alla festa: la festa della vita.
Il sogno di Dio di rispondere al male con la festa! La festa dell'amore, della riconciliazione, della bellezza, la festa della vita. Saranno entrati i due fratelli (è una riflessione che possiamo fare, forse un po' amara) nella festa?
Ci sarà entrato il fratello più piccolo? Sarà capace di sentirsi ancora figlio? E ci sarà entrato il fratello più grande? Avrà demolito quella corazza per cui si sente giusto e disprezza il suo prossimo? Saranno capaci della festa della riconciliazione, del sentirsi fratelli? Non lo sappiamo!
Ma, questa parabola, non parla dei fratelli, parla del Padre, parla del sogno del Padre, della passione del Padre per i figli, per ogni figlio - soprattutto - per il figlio che s'è perduto.
Per Lui nessuno è perduto irrimediabilmente. Per Lui un figlio va cercato, inseguito… bisogna tentare di farlo entrare nel grande banchetto della festa della vita, quando la vita diventa tenerezza, amore, riconciliazione, pace, libertà: ecco quello che vuole il Padre!
E, adesso, provate a farvi una domanda, ma è una domanda quasi impossibile: "Come possiamo calare i sogni di Dio nel concreto della nostra esperienza di uomini? Che significa, questo nel mio rapporto con Dio, quando qualche volta mi capita di aver paura di Dio, di essere punito da lui? Che rapporto ha, questo, con la mia fede? Quanto c'è in me il sogno della festa, della gratuità?". II Padre vuole che partecipiamo alla festa della vita! Cosa significa, questo, per i rapporti in famiglia, con i figli? Cosa significa, questo, nei rapporti della società? Cosa significa per le nostre carceri. Fino a che punto il carcere è il tentativo dello Stato di considerare chi ha sbagliato ancora figlio, ed impegnare tutte le forze perché torni a partecipare alla festa della vita?
Vedete, il Padre non rimprovera, non punisce, non alza la voce, non condanna... il Padre ama solo la festa, vuole solo la festa!
Badate, tutto questo per noi è quasi impossibile! Ma perché non deve appartenere ai sogni più profondi e più belli della nostra vita? Sognare è vivere e, senza sogni, la vita non ha senso.
II Signore ci aiuti a sognare, a portare i suoi sogni nel concreto della nostra esistenza.
"Maestro questa donna è stata sorpresa V DOMENICA di QUARESIMA - 17 Marzo 2013
in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Giovanni 8, 1-11
Legge, ci ha comandato di lapidare
donne come questa. Tu che ne dici?"
II Vangelo di Giovanni - come avete ascoltato - ci porta oggi sulla piazza del tempio di Gerusalemme. Non sappiamo se questo episodio sia veramente accaduto o sia la ricostruzione di un poeta della comunità di Giovanni, ma certamente ci fa intuire qualche cosa del cuore di Gesù e ci fa riflettere su alcuni dei temi fondamentali della nostra fede.
Allora (se volete) con gli occhi della fantasia andate, là, su quella piazza, la grande piazza del tempio e cercate di immaginare...
La folla intorno a questa povera donna, là, buttata per terra, gli occhi terrorizzati... la folla intorno grida, vuole il sangue. Non è una novità! Tante volte - nella storia degli uomini - la folla ha gridato, ha applaudito e non soltanto nel mondo pagano... pensate alla nostra Roma, quando si andava a Ponte a vedere le esecuzioni capitali. C'era la folla che applaudiva, anche quando si ammazzava o si bruciava un innocente (pensate a Giordano Bruno).
La folla, la crudeltà della folla! II bisogno di violenza e di sangue! Una folla in cui pochi sono gli innocenti, forse nessuno. Chi è veramente buono? Chi può giudicare?
Dall'altra parte Gesù, la sua tenerezza, la sua misericordia, la sua volontà di guardare negli occhi ogni persona umiliata, offesa, violentata; anche se ha peccato!
Da una parte non c'è soltanto la folla e i capi del popolo. Da una parte c'è la Legge, la tradizione che esige che questa donna sia lapidata. Da una parte c'è - addirittura - la Parola di Dio, c'è la "volontà" di Dio così come è espressa nella Bibbia. Per ben due volte potete trovare, nell'Antica Legge, il dovere di lapidare chi è sorpreso in adulterio.
Ed ecco - allora - che Gesù si trova a fare una scelta: la scelta della disubbidienza! Non vuole sottostare alla Legge! Non può accettare quella che è "Parola di Dio".
Nel corso della storia della Chiesa lo avremmo bruciato sul rogo! Non si può rifiutare la Parola di Dio! Non si può andare al di fuori della legge, eppure Lui non condanna questa donna. Non condanna in nome di un principio per Lui assoluto: il rispetto dell'uomo!
Prima della tradizione, prima delle regole, prima della Legge, prima della Parola di Dio: c'è l'uomo, ogni uomo, anche l'uomo peccatore! A ogni uomo è dovuto un rispetto assoluto! Al centro della vita non c'è la religione, non c'è la fede, non c'è la parola di Dio, ma c'è l'uomo, ogni uomo: è questo il cuore di Gesù e (se ho capito qualcosa) il principio fondamentale della nostra fede… difficile da applicare.
Non soltanto nei tempi antichi, in cui sono stati bruciati eretici, condannati facilmente a morte dei peccatori, ma anche oggi... Fino a che punto deve prevalere la legge nei confronti di chi è divorziato? Nei confronti di un omosessuale? Perché non possono sposarsi? Fino a che punto devono prevalere i principi verso chi la pensa diversamente da noi? Come la nostra legge si deve comportare di fronte ad un immigrato? Ad un uomo che viene da lontano, con gli occhi terrorizzati per la guerra e le violenze che ha subito? Fino a che punto le nostre carceri sono rispettose della dignità umana? La nostra legge, le nostre tradizioni, la nostra fede, possono passare avanti all'uomo, ad ogni uomo, al più piccolo degli uomini?
Vedete, non è una cosa marginale. Se ho capito qualcosa, è l'essenziale della fede. Dio si mette a servizio dell'uomo. Lo vedremo Giovedì Santo: Gesù si chinerà a lavare i piedi dei suoi, guardandoli negli occhi: il rispetto dell'uomo, un rispetto assoluto!
L'uomo passa avanti a tutto… "non è l'uomo fatto per il Sabato, il Sabato è fatto per l'uomo": è il cuore del Vangelo. È bene che lo teniamo presente ogni giorno e ci chiediamo cosa possa significare nel concreto della nostra vita.
Il Signore ci aiuti.
Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, PASQUA di RISURREZIONE - 31 Marzo 2013
e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Giovanni 20, 1-9
Ci si sente spesso inadeguati a commentare il Vangelo, a testimoniare i valori di Gesù che troviamo nelle pagine che ascoltiamo ogni domenica. Ma è a Pasqua che io sento tutta la mia incapacità a comunicarvi la pienezza della gioia, la speranza del mattino di Pasqua.
Vedete, siamo abituati da tempo alla celebrazione della sofferenza, del dolore. Venerdì Santo, in molte città d'Italia - anche qui vicino a noi - si sono fatte lunghe processioni, le tre ore di agonia... ricostruzioni storiche della passione di Gesù... tante celebrazioni in cui - addirittura - c'erano persone che camminavano a piedi scalzi o si percuotevano facendo uscire il sangue... tutte celebrazioni del dolore, della sofferenza. Raramente trovate in giro per l'Italia delle celebrazioni della Pasqua, della Risurrezione, della vita, della gioia.
Sembra difficile a noi uomini credere nella gioia, nella pienezza della vita, nel bene... eppure è il cuore della fede cristiana e anche dell'antica fede ebraica. Israele celebra con noi in questi giorni l'uscita dall'Egitto, dalla schiavitù, dall'oppressione, dalla negatività… e il cammino verso il futuro, verso un mondo in cui scorre il latte e il miele, in cui ci sia libertà, giustizia, la pienezza della vita: è il cuore della fede di Israele e anche della nostra.
Pasqua è il passaggio... passaggio dalla morte, dalla violenza che ha inchiodato Gesù sulla croce, alla speranza della Risurrezione ed è una speranza concreta nei nostri giorni, nella nostra vita. Dobbiamo tentare di vivere la speranza, la gioia...
Ci sono dei momenti in cui, questo, è particolarmente difficile, in cui il credente deve strappare dal profondo del suo cuore, della sua fede, il coraggio di guardare avanti, di continuare a sperare, a credere fino in fondo che Gesù ha ragione! Ha ragione la sua libertà, il suo rispetto per l'uomo, la sua tenerezza, il suo chinarsi a lavare i piedi, il suo avvicinarsi ad ogni uomo, al più piccolo degli uomini, il suo fermarsi a tavola per invitare alla gioia.
Pensate a quanti episodi, nel Vangelo, troviamo Gesù a tavola con i peccatori, lo chiamano "un mangione e un beone". Lui nel giorno di Cana ha cambiato l'acqua in vino, Lui ha moltiplicato il pane. Lui amava la festa! Lui voleva che nel nostro cuore ci fosse la festa. Non ha amato il dolore, la sofferenza, la penitenza, il ripiegarsi dell'uomo su se stesso. Lui amava il coraggio della speranza, per costruire un mondo più giusto nel concreto della nostra vita.
Vedete, anche nelle preghiere che abbiamo recitato stamattina, spesso, si parla dell'aldilà, della vita futura... ma noi non sappiamo niente, è tutto affidato alle mani amorose di Dio: è la nostra suprema speranza. Celebrare la Pasqua significa celebrare "questa" vita. Significa celebrare i nostri rapporti con le persone. Significa celebrare, qui, il coraggio della speranza, la ricerca della gioia, del piacere... Non è la sofferenza che ama Dio… ama la gioia, il piacere dell'uomo e ci chiama a condividerli tra di noi.
Vedete come sono povere le mie parole! Fate dunque appello a tutta la forza della vostra fede, per dire: "Gesù ha ragione"! Non ha ragione la violenza, il male, la sofferenza, il dolore. Ha ragione l'amore, ha ragione la pienezza della vita, la libertà, la gioia.
Sembrano parole vane, ma se non diventano il tessuto vivo della nostra esperienza, a volte faticosa, da strappare dal profondo del nostro cuore... rischiamo di non essere cristiani!
II cuore del cristianesimo non è il Venerdì Santo, ma la Pasqua! II cuore del cristianesimo non è l'esaltazione della sofferenza è l'Alleluia di Pasqua, la gioia di Pasqua!
C'è chi oggi, fa fatica a celebrare la gioia di Pasqua (tra di noi più d'uno) chiediamo allo Spirito il coraggio di non fermarci al dolore, alla sofferenza, alla morte, ma di andare oltre... di credere nella vita, di credere nel nostro impegno di moltiplicarla. Solo se moltiplichiamo intorno a noi la vita, la tenerezza, il piacere, l'attenzione all'altro, il servizio, il dono di noi stessi, la libertà… viviamo la Pasqua. La viviamo come Gesù l'ha vissuta donando Se Stesso per noi.
II Signore ci aiuti
Poi disse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito II DOMENICA di PASQUA - 7 Aprile 2013
e guarda le mie mani; tendi la tua mano e Giovanni 20, 19-31
mettila nel mio fianco".
Quando ero ragazzo (penso sia successo a più d'uno di voi) ho ascoltato tante prediche in cui si rimproverava aspramente il dubbio di Tommaso, che non si fida, non vuole credere.
E sentivo tutti questi rimproveri un po' rivolti a me, ai miei dubbi, alle mie domande; non mi contentavo facilmente delle risposte che mi davano... volevo chiedere ancora e spesso mi dicevano: "È un mistero, bisogna fidarsi, bisogna affidarsi".
Potete allora immaginare, imparando a leggere il Vangelo, con quanta gioia ho scoperto che Gesù non rimprovera affatto Tommaso, anzi, lo invita a venire, a toccare, a mettere le mani, a guardare, a scoprire. Gesù sembra lodare le domande di Tommaso.
E come avrebbe potuto fare altrimenti? Ci avete mai pensato? Gesù è uno che ha dubitato di tutto e di tutti! Non si è fidato di nessuno! Ha cominciato a non fidarsi - addirittura - della Parola di Dio! Come se io venissi qui e vi dicessi: "Non mi fido del Vangelo!". Se leggete il Vangelo di Matteo trovate per ben otto volte Gesù che dice: "È stato detto... e - badate - non da qualche persona qualunque, è stato detto nella Bibbia: "ma io vi dico...". Un'altra cosa, cercava altre strade, cercava di interpretare la Scrittura, di capire cosa era giusto e cosa non lo era, cosa si poteva e si doveva cambiare, come si poteva interpretare in un altro modo.
Gesù non si è fidato del Tempio, della grande liturgia. Anche lì voleva vedere, toccare, non si fidava di quello che dicevano i sommi sacerdoti, i maestri della Legge; ha contestato tutti!
Non si fidava nemmeno della sua famiglia! Se leggete il Vangelo di Marco trovate che, ad un certo punto, i suoi familiari vanno a cercarlo perché pensano che sia diventato matto. Andava per un'altra strada...! Non si fidava di quello che dicevano il papà e la mamma (che pure erano persone perbene) aveva bisogno di altro, di cercare altrove.
Non si è fidato nemmeno dei suoi discepoli... Quando Pietro lo prende da parte e gli dice: "Questo non ti può succedere..." Gesù lo allontana dicendo: "Sta lontano da me, Satana, tu non pensi come Dio…". Vedete, c'è nel Vangelo l'elogio, pagina per pagina, della ricerca, del dubbio, del dissenso, del cercare di capire cosa è veramente essenziale per il cammino dell'uomo.
Pensate... sognate... come sarebbe stata diversa la storia - non dico del mondo, ma almeno della nostra Europa - se i cristiani invece che all'obbedienza cieca, all'applauso incondizionato fossero stati educati allo spirito critico, alle domande, alla ricerca… non ci sarebbe stato Hitler, nè Mussolini, non ci sarebbero state tante sciocchezze fatte - a volte - in nome di Dio.
No, fratelli, non bisogna fidarsi. Bisogna cercare, domandare… ne abbiamo - credo - un bisogno disperato in questo momento della vita del nostro paese, in cui troppa gente applaude senza sapere chi, senza sapere perché. Gente che si lascia trascinare dall'ultima aria che tira, senza porsi domande, senza interrogarsi. Non abbiamo l'educazione al dissenso. Non abbiamo l'educazione a capire, ad approfondire, a domandarsi, a chiedere. Non abbiamo l'educazione al dubbio, un dubbio costruttivo. Abbiamo l'educazione alla maldicenza, a volte alla volgarità.
E quello che vale per la vita sociale, vale anche per la vita della comunità cristiana. Dobbiamo educarci ed educare i nostri ragazzi a pensare, a cercare, ma seriamente. Non possiamo educarli a dire: "Tutto va male!". Cosa va male? Perchè va male? Cosa si può fare di meglio? Dobbiamo educarli a non applaudire chi grida. Non possiamo educarli ad inseguire l'ultima Madonna che appare; l'ultimo santone che fa prodigi. Dobbiamo educarli a cercare di capire che cosa significa credere, come si può toccare con mano Gesù, i suoi valori, la sua realtà più profonda. Dobbiamo educarli a cercare cosa si può fare perché il mondo sia migliore, perché ci sia più giustizia, più pace, più rispetto degli altri, degli ultimi, non a parole, ma con gesti concreti cercando di capire che cosa può fare concretamente ciascuno di noi. Non è affatto facile!
II Signore ci aiuti.
"Venite a mangiare"... prese il pane e lo III DOMENICA di PASQUA - 14 Aprile 2013
diede loro e così pure il pesce. Poi disse Giovanni 21, 1-14
a Pietro: "Mi vuoi bene?". "Signore, tu
conosci tutto; tu sai che ti voglio bene".
Abbiamo appena letto il ventunesimo capitolo del Vangelo di Giovanni. Secondo la maggioranza degli studiosi è stato aggiunto quando il Vangelo era stato già composto, secondo alcuni da cinquanta, secondo altri addirittura da cento anni.
Si sente il bisogno di aggiungere qualche cosa, da dove viene questa aggiunta? Forse da una lunga riflessione della comunità cristiana che cerca di interrogarsi su cosa è la fede, su qual è il nostro rapporto con Gesù, oppure per l'intuizione geniale di qualche poeta di questa comunità cristiana che ci consegna questa straordinaria pagina? Forse tutte e due le cose!
Certamente qui c'è una riflessione attenta e profonda, (vi consiglio di rileggerla questa pagina, sarebbe troppo lungo spiegarla in tutti i suoi aspetti) sulla nostra vita cristiana e occorre andare aldilà dell'apparenza, non prendere quello che abbiamo letto come il raccontino di un fatto accaduto; ci sono tanti indizi che ci invitano ad andare oltre, ad approfondire, a chiederci: "Che c'entro con questa pagina?".
Ci sono tante cose strane: sorprende vedere Gesù sulla riva e i discepoli non lo riconoscono, pur essendo stati per tanto tempo con Lui. Hanno lavorato tutta la notte senza prendere nulla, poi, sulla parola di Gesù, una pesca straordinaria.
Pietro - come avrete notato - sta sulla barca, nudo; si veste per buttarsi in acqua! In genere ci si spoglia per buttarsi in acqua! Pietro si veste! È nudo davanti al Signore, povero Pietro!
Gesù prepara qualche cosa per loro. Accende il fuoco, arrostisce un po' di pane e poi dice: "Portate un altro po' dei pesci che avete pescato". Poi per tre volte chiede a Pietro: "Mi vuoi bene?". Non basta una volta sola? Gesù insiste per tre volte, tanto che alla fine Pietro si sgomenta: "Forse non si fida di me?".
Ecco - vedete - dietro questo, che sembra un racconto, c'è la mia e, forse, la vostra esperienza. Quante volte abbiamo fatto fatica a riconoscere il Signore e non in astratto, ma nei suoi valori, nella realtà profonda della sua vita, nei suoi insegnamenti? Quante volte - ancora di più - abbiamo fatto fatica a riconoscere Gesù nell'altro? "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei miei fratelli, lo hai fatto a me". La difficoltà di riconoscere il Signore nel fratello che ci sta accanto.
Quante volte abbiamo fatto esperienza della tenerezza di Gesù, del suo invitarci a mangiare? Ogni volta che veniamo qui la domenica c'è l'invito del Signore: "Prendete e mangiatene tutti". È Lui che prepara il "pranzo" per noi! È Lui che, con tenerezza, ci invita ad incontrarlo.
Quante volte abbiamo fatto esperienza che senza di Lui, senza i suoi valori rischiamo di "lavorare invano tutta la notte senza prendere niente?".
E quante volte abbiamo fatto esperienza di Gesù che - come a Pietro - ci chiede: "Mi vuoi bene?" e non una volta, ma due, tre per farci accogliere il suo abbraccio, la sua riconciliazione.
Voi non immaginate quante persone ho incontrato che si portano nel cuore il senso della colpa, il peso! C'è chi dice: "Dio non può perdonare uno come me!" E non gli si può nemmeno dire: "Se è così non hai fiducia in Gesù, non hai fede, perché Gesù è venuto non per i giusti, ma per i peccatori, è venuto per te. Se non accogli la sua misericordia, il suo abbraccio rischi di non essere credente". Non si può dirlo perché si mette un altro peso sul cuore! Non soltanto ha rimorsi per le sue colpe del passato, ma anche per questa: non sentirsi accolto e perdonato dal Signore.
È la vita cristiana, in cui siamo invitati a fare esperienza di Lui, della sua tenerezza, della sua riconciliazione, del suo venirci incontro, del preparare per noi la Tavola, del darci la speranza che dopo ogni mancanza possiamo ritrovare la fiducia di camminare, di credere, di amare: "Mi ami tu?". È la domanda che Gesù rivolge a ciascuno di noi.
Ecco, non abbiamo letto un fatterello accaduto tanto tempo fa, ma una riflessione straordinaria sulla vita cristiana, sulla nostra fede, su quello che siamo, sulla difficoltà che, a volte, abbiamo di riconoscere il Signore, di accettare la sua tenerezza, la sua misericordia, la difficoltà, a volte, di accettare che senza i suoi valori, senza credere nella giustizia, nella libertà, nella pace, nell'amore... rischiamo di vivere una vita che non raccoglie niente, che la "rete" rimanga vuota…
L'incontro con il Signore non è sempre semplice - lo sapete bene - ma, questa, è la fede. Questa pagina del Vangelo ce la mette davanti in tanti aspetti e vi invito a rileggerla ancora per cercarne tutti gli angoli nascosti perché ce ne sono tanti e uno più bello dell'altro.
II Signore ci aiuti.
"Le mie pecore ascoltano la mia voce IV DOMENICA di PASQUA - 21 Aprile 2013
e io le conosco ed esse mi seguono". Giovanni 10, 27-30
L'immagine del pastore, che ancora una volta il Vangelo ci propone, è molto lontana dalla nostra sensibilità. Penso che nessuno di voi ha mai fatto il pastore, né ha conosciuto da vicino un pastore e il suo rapporto con le pecore. Per gli antichi era diverso!
II pastore era quanto di più comune c'era, lì, sulle colline della Galilea. Tanti pastori conducevano al pascolo le pecore, che conoscevano una per una. Il pastore viene - fin dall'Antico Testamento - preso come un'immagine di Dio.
Più volte si parla di Dio come del pastore che cammina avanti alle sue pecore, le conduce sui pascoli della vita ed esse lo seguono. A volte se ne parla con una straordinaria tenerezza, come nel libro del profeta Isaia che dice che Dio, come un pastore, cammina davanti al suo gregge "porta gli agnellini sul petto e conduce pian piano le pecore madri": la tenerezza di Dio nei confronti del suo popolo.
II Nuovo Testamento riprende l'immagine del pastore. Il nostro compito è quella di tradurla per noi a cui dice poco!
Vedete, il credente segue Gesù, cerca di andare con Lui, di seguire i suoi passi sulla strada della vita. Crede che in Lui ci siano i valori essenziali e con Lui cammina e tenta interpretare il cammino su cui ci conduce e di domandarsi: "Cosa farebbe Gesù se stesse, qui, al posto mio?".
Ma c'è un'immagine ancora più forte nel Nuovo Testamento: il pastore nutre le sue pecore, non soltanto gli cammina davanti e le conduce, ma le nutre... noi siamo qui riuniti intorno alla Tavola e fra poco dirò: "Prendete e mangiate".
Ecco, forse è l'immagine più forte del Nuovo Testamento. Gesù stesso, il pastore, che si fa cibo per le sue pecore perché si nutrano di Lui, perché diventino con Lui una cosa sola.
Il sogno di ogni cristiano è quello di Paolo: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me". Nutrirsi di Gesù, della sua Parola, della sua vita, del suo amore, della sua tenerezza.
La tenerezza... è un'altra parte del rapporto con Gesù... "nessuno le strapperà dalla mia mano": siamo nelle mani del Signore e nessuno può strapparci da Lui, perché ci vuole bene, perché dona la sua vita per noi.
Ma non c'è solo l'immagine dei pastore, c'è anche l'immagine delle pecore. La pecora - per molti di noi - è un animale un po' sciocco che va seguendo le altre con la testa china... è tutt'altro! La pecora conosce il pastore, ascolta la sua voce; sa che il pastore la protegge e se viene il lupo non scappa, sta con lei e la difende. E, allora, lo cerca, in Lui cerca le strade della vita
Vedete - per quello che ho capito io - nella Chiesa si può stare soltanto a testa alta cercando di capire chi è veramente il pastore. II Vangelo ci ricorda che c'è un unico pastore: "Non chiamate nessuno pastore sulla terra, perché è uno il vostro pastore, il Cristo".
Nell'esperienza della Chiesa antica - ma anche presente - troppi si fanno "pastori del gregge". Troppi credono di fare il pastore in nome di Gesù e, invece, invitano soltanto a seguire se stessi... Guardatevi da loro! Ce ne sono troppi! Ce ne sono troppi nel mondo ecclesiale e purtroppo - in questo paese - anche troppi nel mondo civile.
Le pecore dovrebbero essere capaci di pensare con la propria testa, il loro scopo dovrebbe essere quello di riconoscere il pastore e seguirlo aldilà dei dubbi, delle difficoltà; capire chi è veramente, quali sono i valori essenziali che Lui è venuto a testimoniarci.
Ecco, Gesù ci cammina davanti e siamo invitati a seguirlo da uomini liberi, responsabili, consapevoli. Gesù si fa Pane per noi, per nutrirci; perché possiamo vivere di Lui; perché possiamo far nostri i suoi valori e camminare con Lui per le strade della terra. Non è sempre semplice, ma questa è la fede.
II Signore ci aiuti.
"Vi do un comandamento nuovo: che vi V DOMENICA di PASQUA - 28 Aprile 2013
amiate gli uni gli altri. Come io ho amato Giovanni 13, 31-33. 34-35
voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri".
Una domanda che può aiutare anche voi a riflettere su questa pagina del Vangelo che tocca, forse, il cuore della nostra morale, della nostra fede. Perché Gesù sente il bisogno, nell'Ultima Cena, di dare ai suoi discepoli un comandamento nuovo? Lo avete ascoltato: "Vi lascio un comandamento nuovo: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni con gli altri". Non bastava l'antico comandamento, che tutti conoscete, che pure è ripetuto più volte nel Vangelo: "Ama il prossimo tuo come te stesso"?
Che cosa aggiunge questo comandamento che Gesù lascia ai suoi discepoli: "Ama come io ti ho amato"? Ho dovuto pensare non poco... e mi sembra di avere intuito che, qui, c'è qualche cosa di fondamentale per la nostra fede e per la nostra morale.
Vedete, si sposta il centro di riferimento della vita morale. Non sono più io, è l'altro. Non sono più io, ma chi mi sta davanti. Coloro nei quali Dio si manifesta concretamente sono le persone che mi stanno intorno. Voglio vedere se mi riesce di spiegarmi.
Conoscete tutti la parabola del buon Samaritano... il maestro della legge chiede a Gesù: "Chi è il mio prossimo?". Gesù racconta la parabola e fa Lui la domanda: "Chi è stato prossimo per lui?". Vedete il cambiamento! Non chi è il mio prossimo, ma chi è prossimo per lui: il centro di gravità si sposta; non sono più io, è l'altro! Ed è fondamentale perché l'altro, spesso, non vuole essere amato come io amo me.
Vedete, un anziano non può amare un giovane come se fosse anziano: è diverso, profondamente diverso da lui... per la cultura, per il modo di vivere e vuole essere amato così com'è, con i suoi valori, le sue spinte, le sue emozioni.
Un malato non vuole essere amato come se fosse sano, specialmente per quelle malattie che oggi conosciamo di più, che sono le malattie dell'intimo, della mente. Uno che è depresso non vuole essere amato come se fosse sano. Non puoi dirgli: "Coraggio, datti da fare, impegnati!". Se si può, occorre dargli una mano, amarlo come lui è.
Un figlio non vuole essere amato dai genitori come i genitori pensano che debba crescere il figlio, secondo i loro progetti, la loro ideologia, il loro modo di vivere, quella che è stata la loro esperienza umana. II figlio va per un'altra strada e vuole essere amato così come è, e non come vorremmo che fosse.
Un omosessuale vuole essere amato per quello che è; vuole che si rispetti la sua reale natura e non vuole essere amato come se non lo fosse. Un ateo, uno che appartiene ad un'altra religione, non vuole essere amato come se fosse cristiano.
Vale per il rapporto del marito con la moglie; vale per il rapporto con gli amici... occorre amare l'altro come è e non come io vorrei che fosse. È il principio del "sabato" che per me è il cuore del Vangelo. Non è l'ideologia, la dottrina, non sono i principi, non è nemmeno la religione il criterio: tutto è fatto per l'uomo, per l'altro e anche io non posso essere il criterio dell'amore. L'altro vuole essere amato così come è: così ci ha amato Gesù.
Ha amato anche quelli che lo hanno tradito. Ha amato anche i peccatori. Ha amato anche Pietro che lo ha rinnegato. Ha amato tutti noi così come siamo, con le nostre debolezze, le nostre diversità. Ognuno di noi è diverso e anche tra di noi, l'amore, non può essere che un amore tenero, gratuito e libero. Libero da pregiudizi, libero da volontà di imporre il nostro modo di essere... un amore rispettoso, attento all'altro; attento, soprattutto ai più giovani… come crescono, cosa sperano, cosa hanno nel cuore?
A volte possono sbagliare anche loro - è evidente - e, se possiamo, cerchiamo di dargli una mano a capire il senso della vita, ma sempre nel rispetto, sempre senza pretendere che "io" sia il criterio dell'amore. Non sono io, è Dio, Dio che si manifesta nell'altro. Dio che ha fatto ogni uomo così come è e non come io vorrei che fosse: il rispetto, la tenerezza, l'attenzione all'altro è il cuore stesso della nostra morale. Non è facile, però!
Il Signore ci aiuti.
"Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel VI DOMENICA di PASQUA - 5 Maggio 2013
mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e Atti 15,1-2. 22-29. Giovanni 14, 23-29
vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto»
C'è una frase che sorprende nella pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato. Gesù ai discepoli dice: "Quando verrà lo Spirito Santo, la promessa del Padre, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà quello che io vi ho detto".
Ma Gesù non ha insegnato tutto ai suoi discepoli, le cose essenziali, almeno? E perché noi cristiani abbiamo bisogno di qualcuno che ci insegni tutto e ci ricordi quello che ha detto Gesù?
Ecco - vedete - questa è una dimensione fondamentale della fede... non ci si può mai contentare di quello che si è intuito, di quello che si è capito, si deve sempre cercare oltre. Nessuno mai sa tutto!
Questo vale - ed è scontato per noi - nelle cose di ogni giorno, nella vita delle relazioni personali... chi conosce fino in fondo un amico? Dobbiamo sempre essere attenti ed aperti a qualche cosa di nuovo, a qualche cambiamento per poterlo accogliere così com'è.
Questo vale per un figlio che cresce... diventa diverso e chi lo conosce fino in fondo? E quale marito conosce pienamente la moglie e quello che vale per i rapporti interpersonali vale - è scontato - per la scienza. Quale scienziato può dire: "So tutto!". Un vero scienziato vi dice che ci sono delle cose che sa, che ha scoperto, ma che gli hanno posto tante altre domande e deve ancora cercare; che non deve contentarsi di quello che sa, soprattutto di quello che si è sempre detto.
Questo vale per tanti aspetti... pensate alla medicina, pensate alla cultura, a tutto quello che riguarda la vita dell'uomo. Ci sono persone (ne ho incontrate parecchie nelle vita) che dicono: "Questo non vale - però - per la fede. La fede si basa su verità eterne e immutabili".
Se il bisogno di scoprire ancora vale per un'altra persona, per la scienza; non vale, infinitamente di più, per Dio, per le sue verità, per la sua Parola? Non è Dio infinitamente più grande del nostro cuore, della nostra intelligenza? E, allora, come non continuare ad aprirsi, a cercare altre strade, ad accogliere qualche cosa di nuovo che qualche persona illuminata ci fa intuire?
Tante volte nella storia della Chiesa persone di grande valore, hanno aperto nuove strade, nuovi orizzonti... questo è successo anche a tanta gente semplice, di tutti i giorni, che non si contentava di quello che si è sempre fatto, si è aperta al futuro... eppure, spesso, le autorità della Chiesa hanno condannato - qualche volta, addirittura - hanno bruciato, scomunicato.
Anche il secolo scorso è stato pieno di questa lotta contro chiunque proponeva qualche cosa di nuovo… il modernismo: una battaglia senza esclusioni di colpi comprese le delazioni, gli abusi, le privazioni dell'insegnamento, le scomuniche.
Oggi è finito questo? Possiamo aspettarci che si possa guardare al futuro? Vi faccio solo un esempio che mi è capitato in questi giorni, un paio... Il Papa, quello nuovo che tutto il popolo applaude con grande calore, ha detto in una delle sue ultime prediche: "Le donne devono avere un ruolo fondamentale nel cristianesimo". Ma se provaste a domandargli: "Allora, possiamo cominciare a parlare della possibilità per le donne di diventare prete?". Forse vi risponderebbe: "Oh, no! Si è sempre fatto così!". A qualcuno sembra una presa in giro!
Ieri sera con un gruppo di persone, per fare una riflessione su cose di vita (leggiamo il Vangelo in maniera un po' diversa) mi trovavo a casa di una coppia di omosessuali: due persone deliziose che si vogliono un gran bene, che cercano di darsi da fare perché il mondo sia migliore... perché non possono sposarsi? II loro amore è più vero e più forte di quello di tante altre persone che ho conosciuto: uomini e donne incapaci di amarsi sul serio.
Trovate un modo di risolvere questi problemi nella prima lettura che vi consiglio di rileggere. C'è un grande problema nella prima comunità cristiana. Alcuni dicono che se i pagani vogliono diventare cristiani, devono prima diventare ebrei e circoncidersi. Paolo e Barnaba che stanno - ormai - nel mondo pagano, dicono: "Non c'é bisogno, basta la fede". E c'é una lunga discussione che rischia di spaccare la Chiesa e alla fine - come avete ascoltato - si mettono d'accordo e dicono con solennità: "Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, che siete liberi; non c'è bisogno di diventare ebrei; però ci sono alcune cose che sono essenziali: non dovete mangiare le carni sacrificate agli idoli; dovete astenervi dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime".
Ora, tutte queste cose per loro essenziali a noi sembrano sciocchezze… ma non le aveva dette lo Spirito Santo? Ma lo Spirito Santo ci spinge ad andare avanti, a scoprire che il sangue non è la vita! Sembrava allora una cosa assoluta… Non si poteva nemmeno mangiare il pollo soffocato bisognava far uscire tutto il sangue - cosa tra l'altro impossibile - voi mangiate tranquillamente animali soffocati… forse troppi.
C'è qualcuno, qui, che è vegetariano e ci propone nuovo stile di vita, che abbia ragione lui? Bisogna ascoltare, aprirsi, dialogare, bisogna essere convinti che c'è un oltre… vedete che siamo ritornati alla vita di tutti i giorni.
Per i grandi problemi della Chiesa non abbiamo grandi cose da fare. Possiamo dire qualche parola, "ma nun ce se fila nessuno" per dirla franca! Quindi non vi preoccupate del sacerdozio delle donne nella Chiesa, forse ai nipoti dei nipoti dei nipoti... non so a quanti nipoti dovete arrivare, succederà, perché sono cambiate tante cose nel corso di questi duemila anni.
Ma quello di cui ci possiamo preoccupare è di non accontentarci di aver capito chi ci sta accanto, di aver capito un figlio, un nipote. Dobbiamo essere sempre capaci di ascolto, di andare oltre. La verità non si possiede, la verità si insegue.
Il vero cristiano si apre al "vento" dello Spirito. Il vento che ci spinge avanti, verso tutta la verità; ma il vento dello Spirito è leggero come una brezza di mare. Bisogna aprire il cuore, le orecchie, bisogna essere disposti al dialogo, sapere di non sapere, ascoltare gli altri, perché tutti, anche quelli che - magari - parlano contro di noi, ci portano un pizzico di verità... ma ascoltare, aprirsi al futuro non è affatto semplice.
II Signore ci aiuti
Mentre li benediceva, si staccò da ASCENSIONE del SIGNORE - 12 Maggio 2013
loro e veniva portato su, in cielo Atti 1, 1-11. Luca 24, 46-53
La festa di oggi, l'Ascensione, è stata per i primi cristiani e per tanti altri in questi duemila anni, una festa particolarmente importante, perché segna il passaggio fondamentale. Forse avrete notato che abbiamo letto nel Vangelo l'ultima pagina: Gesù saluta i suoi e sale in cielo. Abbiamo letto la stessa pagina, un po' diversa, negli Atti degli Apostoli.
Gli Atti degli Apostoli non parlano più di Gesù, parlano della prima comunità cristiana: parlano di noi, c'è il momento del passaggio. Gesù se ne va, i primi cristiani si guardano in faccia con un po' di nostalgia, ma ascoltano la Parola del Signore ripetuta - come avrete, forse, notato - due volte: "Voi mi sarete testimoni...". Ecco, è il tempo nostro, a noi è dato il compito di continuare l'opera di Gesù in mezzo agli uomini.
I primi cristiani hanno riflettuto molto su questo momento e hanno individuato - forse - la più grande tentazione per i cristiani di tutti i tempi: una tentazione a cui i cristiani hanno ceduto molto spesso. Vediamola un momento.
Avete notato che i discepoli stanno a guardare il cielo, quasi imbambolati, in attesa di qualche cosa di magico e devono venire due uomini in bianche vesti, probabilmente pensavano a due angeli: "Perchè state a guardare il cielo? Che fate qui? II compito vostro è di andare in giro per il mondo!".
Cosa significa "rimanere a guardare imbambolati il cielo"? Qual è la tentazione?
Vedete, la prima tentazione - forse non riguarda molti di voi - è quella di domandarsi: "Cosa è successo? Gesù dove è andato? In che parte del cielo? - per noi il cielo è diventato infinito - E dove sta il suo corpo? E dove si siede se è un vero corpo?" Tutte domande a cui non possiamo rispondere: è lo spazio di Dio. Uno spazio aldilà di ogni nostra parola. Fermarsi a interrogarsi su questo ci porta lontano dalla vita di ogni giorno, ci fa rimanere "imbambolati", con tante domande, con tanti dubbi che sembrano fondamentali e non hanno nessun senso. Per il credente violare lo spazio di Dio è assolutamente impossibile!
Ma c'è un'altra tentazione che - forse - ci riguarda un po' più da vicino, certamente ha riguardato tanti cristiani nel corso della storia... l'idea che il compito di un cristiano è quello di guadagnarsi il Paradiso, di accumulare meriti per salvarsi l'anima e, a questo, si è unito un lungo discorso sull'Inferno, il Purgatorio, il Paradiso... un discorso complicato con tante immagini, non del tutto innocenti, perché il discorso sull'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso serve a mantenere il potere sulle coscienze dei fedeli e serve - in maniera impressionante, forse non più oggi, ma in tempi antichi - per fare soldi, innumerevoli soldi... Conventi, parrocchie, monasteri si sono arricchiti proprio con l'idea del Purgatorio, di far pagare per la salvezza delle anime che altrimenti stanno a bruciare. Trovate delle edicole delle anime purganti e trovate tanti canti per la raccolta di soldi "per le anime" in tutte le regioni d'Italia. Fermarsi a cercare come guadagnarsi il Paradiso, come salvarsi dalle fiamme, ci distoglie dall'aldiquà, dal servizio dei fratelli.
Poi un'altra tentazione... quella di aspettare dall'alto la soluzione dei nostri problemi di ordine morale: che cosa è giusto, che cosa è sbagliato, basta che parli "l'alto", che ci dica qualche cosa la Parola di Dio o meglio non la Parola di Dio, ma la parola che - spesso - ci dicono gli interpreti di Dio: i capi della Chiesa, gli Scribi, i Farisei (ci sono anche oggi). "È così: questo l'ha detto Dio!"e ci tolgono la facoltà di cercare, di interrogarci, di domandarci: "Quali sono le strade della morale man mano che il tempo passa?".
Qualche volta - addirittura - si è cercato di far venire dall'alto la verità della scienza e ancora oggi c'è qualche scienziato che si sente dire: "No, è scritto nella Bibbia! No, questa è la volontà di Dio!". È la grande tentazione di guardare in alto invece di guardarci negli occhi, di leggere libri, di ascoltare i sapienti.
E un'altra tentazione è quella di pensare che con la preghiera possiamo ottenere la soluzione dei problemi della vita. Preghi perché un tuo amico sia guarito, perché nel mondo ci sia pace... sembra una cosa logica; ce lo hanno insegnato fin da bambini, ma il Vangelo dice: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare...". Non c'è scritto: "Avevo fame e tu prega per me!". Se puoi mi dai un pezzo di pane, altrimenti è inutile che preghi.
Ecco, guardare verso l'alto per aspettarci la soluzione dei problemi senza tentare, noi, di mettere tutto il nostro impegno per risolvere i problemi della vita, questo, è un altro dei rischi che i cristiani hanno visto in questi discepoli che stanno "imbambolati" a guardare il cielo: "Perché state qui? Andate! Lui tornerà! È la vostra suprema speranza, ma adesso è il tempo vostro!". Il tempo - lo avete ascoltato in tutte e due i racconti - di essere testimoni.
Testimoni concreti, vivi di Gesù, dei suoi valori, della sua realtà, ma - come avete ascoltato - forse non possiamo nemmeno farcela da soli. Abbiamo bisogno di aprirci al "vento" di Dio, al "soffio" dello Spirito, ma - di questo - parleremo domenica prossima: è la festa di Pentecoste e sentiremo parlare del vento che viene "dall'alto", del vento a cui dobbiamo aprirci per spalancare le porte, per essere testimoni di Gesù, dei suoi sogni, dei suoi valori, della sua vita.
II Signore ci aiuti.
Apparvero loro lingue come di fuoco, che DOMENICA DI PENTECOSTE - 19 Maggio 2013
si dividevano, e si posarono su ciascuno di Atti 2, 1-11. Giovanni 14,15-16.23-26
loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo.
I primi cristiani devono aver parlato a lungo dello Spirito, devono aver pensato, pregato e - soprattutto - devono aver vissuto la ricerca dello Spirito di Dio nella loro vita, nel concreto della loro esperienza, se sono stati capaci di donarci lo straordinario racconto di Pentecoste, così ricco di simboli. Simboli che tentano di comunicarci il senso di un rapporto vivo e profondo con l'Alto, con Dio, con il suo "vento", il suo "soffio". Avete ascoltato i simboli: un fragore, quasi un rombo che sveglia, scuote e, poi, un vento impetuoso che spalanca le porte, abbatte i muri, fa di queste persone - legate alla grande tradizione ebraica - cittadini del mondo capaci di andare lontano, di essere testimoni di Gesù, testimoni di Dio su tutta la terra.
E poi una "luce"... una luce che illumina, che fa vedere orizzonti nuovi. Ma anche una fiammella che è calore, scalda. Non dicevano i discepoli di Emmaus: "Non ci ardeva, forse, il cuore quando Gesù ci spiegava le Scritture?". Ecco, come un "fuoco" che riscalda il cuore: questo è lo Spirito, questa è la loro esperienza; un cuore che si scalda, una passione che ti prende, i valori diventano vivi per te
Ma c'è un altro simbolo, forse il più profondo di questa pagina, certamente quello che è descritto più a lungo. Avete ascoltato che ci sono persone di tutte le razze... qui radunano quasi tutti gli abitanti del bacino del Mediterraneo, almeno di quello orientale e tutti sentono parlare la loro lingua: a tutti viene annunziato il sogno di Dio. È quasi il ricomporsi della grande frattura dell'umanità che - secondo la tradizione biblica - si è compiuta con la "Torre di Babele". Ricordate l'episodio: gli uomini vogliono costruire una torre alta, vogliono impossessarsi di Dio e si ritrovano a non capirsi più. Quando l'uomo riempie il mondo di se stesso, non ascolta più! Si divide, non si capisce più e non possono che venire tensioni e guerre.
I primi cristiani sognano un mondo in cui tutto questo sia ricomposto, in cui - finalmente - ci sia un'umanità in cui ci si capisce, si parla lo stesso linguaggio, ci si intende, ci si ascolta: un sogno straordinario che - purtroppo - nella tradizione cristiana anche dei primissimi tempi, è stato subito limitato: si sono costruiti subito i muri... "quelli che sono con noi hanno ragione, gli altri bisogna sradicarli, non sono dei nostri!".
Costruiscono muri, fossati… e la grande tradizione teologica ha elaborato, poi, l'idea che "fuori dalla Chiesa non c'è salvezza". "Noi" possediamo la verità, gli altri sono "massa dannata" destinati alla perdizione eterna. Non ci si ascolta, non ci si comprende, non si attenti all'altro: è il grande dramma che ha attraversato la storia della Chiesa fino ai nostri giorni.
Oggi dovremmo recuperare questo sogno: il sogno di un'umanità in cui ci si capisca, ci si ascolti, si comincino a parlare gli stessi linguaggi.
Abbiamo... - e non dimenticate e non fatelo dimenticare ai vostri figli, ai vostri nipoti - avuto nella nostra esperienza fatti straordinari! Nel 1948 è stata promulgata la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Uomini di tutte le nazioni, di tutte le razze, di tutte le religioni si sono ritrovati nei valori fondamentali e nel 1989 la Convenzione dei diritti dell'infanzia. Se vogliamo ritornare alla nostra Italia, ricordate che nel 1947 abbiamo approvato e votato la Costituzione Italiana. C'erano persone di tutte le estrazioni sociali, culturali; gente di sinistra, di destra, cattolici, comunisti, liberali... hanno trovato parole straordinarie che potevano unirci, in cui di nuovo potevamo intenderci, parole che sono state riconosciute tra le più belle del mondo.
Conserviamole nel cuore queste cose perché possiamo far nostro il sogno di un'umanità in cui ci si capisce, in cui tutti i popoli si ritrovano nei valori fondamentali. E non è importante solo per i popoli, ma anche per le persone, per ciascuno di noi. Ma c'è una condizione irrinunciabile: non si può ritenere di possedere la verità. Nessuno possiede la verità! Non ci sono principi assoluti e - forse - dovremmo renderci conto che dovremmo rinunciare un po' ai principi che scendono dall'alto.
Guardiamoci negli occhi... se crediamo nello Spirito ciascuno di noi ne porta in sé un riflesso e allora non resta che ascoltarci, rispettarci, tentare di capirci e, allora, troveremo valori comuni, troveremo strade comuni, riconosceremo i diritti di tutti e tenteremo di camminare insieme.
Lo so...! Lo so perché conosco un po' il mondo: è un sogno lontano, un sogno per i nipoti dei nipoti... ma, ciascuno di noi anche nella vita quotidiana può coltivare questo sogno, ascoltando chi è vicino, non ritenendo mai di essere sicuro di tutto, mettendosi in discussione, ascoltando il "vento" di Dio, il "soffio" dello Spirito che spira ovunque, come dice il Vangelo. Ciascuno ne ha un riflesso, può portarci un po' della luce, della verità, un po' del calore e del fuoco. Ah! Se gli uomini, i popoli e - soprattutto - se le persone, se anche noi fossimo capaci di rinunciare alle nostre certezze, capaci di ascoltarci, di condividere la vita... allora, lo Spirito di Dio riempirebbe la terra come le acque riempiono il mare - così parla l'Antica Scrittura -: è il nostro sogno, il sogno di Pentecoste, il sogno di un'umanità in cui si trovino i valori comuni, ci si senta fratelli, tutti figli animati dallo stesso Spirito.
II Signore ci aiuti.
Quando verrà lui, lo Spirito di SANTISSIMA TRINITÀ - 26 Maggio 2013
verità, vi guiderà a tutta la verità. Giovanni 16,12-15
Celebriamo oggi - come penso tutti sappiate - la festa della Santissima Trinità, il mistero di Dio, Uno in tre Persone.
Quando ero ragazzo i miei catechisti, i miei sacerdoti si sforzavano di spiegarmi Dio, il mistero. Parlavano del trifoglio: tre parti e una foglia sola. Parlavano del triangolo: tre lati, una sola figura e in mezzo a questo triangolo c'era (qualcuno di voi lo ricorda) un inquietante occhio che scrutava ogni angolo del nostro cuore e della nostra vita.
La Trinità sembrava a me - che avevo una certa antipatia per la matematica - un strano teorema in cui Tre è Uno, Uno è Tre e mi sembrava qualche cosa di freddo, di lontano dalla mia esperienza e dalla mia vita. E se provavo a domandare, mi dicevano: "È un mistero! Bisogna credere, credere ciecamente, perché Dio è più grande della nostra mente e del nostro cuore".
Poi, andando avanti nella vita mi sono accorto che, nella grande tradizione ebraica e poi cristiana, di Dio non si dovrebbe parlare. Gli Ebrei - addirittura - non ne pronunciano il nome perchè Dio abita "l'oltre". Se è Dio è infinitamente più grande della nostra mente, è meglio non parlarne, anche perché si è tentati di dire che cosa Dio vuole e che cosa Dio non vuole, che cosa secondo Lui è lecito e che cosa non è lecito. Interpretiamo, noi, la volontà di Dio e, questo, ha portato - lo sapete - a fare delle guerre, a bruciare degli eretici, a considerare nemici quelli che non la pensano come noi e via dicendo...
Quando la verità si fa venire dall'alto, quando si pensa di conoscere Dio, e di sapere cosa Lui vuole e cosa non vuole... l'inevitabile conseguenza è l'intolleranza, l'integralismo.
Poi ho avuto la fortuna di scoprire il Vangelo… non potevo sapere chi è Dio, ma tentare di intuire qualche cosa di Lui attraverso le parole di Gesù, la vita di Gesù.
Pensate alla parabola del Padre Misericordioso... il figlio se ne va lontano, sciupa tutta la sua vita, i suoi beni e si riduce a fare il guardiano dei maiali... torna e trova la festa! La festa...! Come si può rispondere al male con la festa? Noi non possiamo! Forse solo Dio! Se vi piace la parola "mistero", è un mistero, ma - vedete - che è un mistero luminosissimo da intuire, da cercare... cosa può significare? Come si può rispondere al male non con la sofferenza, la punizione, il castigo - addirittura - con l'inferno, ma con la festa? Questo è Dio! Ma chi è Dio? Cosa significa?
E pensate a Gesù... è venuto, compagno della nostra vita, a proclamare "Beati i miti, quelli che hanno misericordia, gli operatori di pace, gli affamati e assetati di giustizia..." Ma è questo il mondo? Questo è il sogno del mondo! Ed è un sogno - per noi - non facilmente comprensibile!
Volete usare di nuovo la parola "mistero"? È un mistero! Come si può sognare un mondo in cui si sia tutti fratelli? In cui il più piccolo sia amato e rispettato come il più importante? In cui ci sia una comunione e una fraternità totale? È un mistero per noi, ma un mistero luminoso, un sogno da cercare, da tentare di intuire... non è più quella cosa oscura che era per me il Mistero Trinitario, quasi un astratto teorema matematico: no! è qualcosa vitale, è la ricerca di Dio, del suo volto; è la ricerca della pienezza della vita del mondo… e sento Dio un po' più vicino a me.
E so che è più grande del mio cuore, che va sempre cercato, che è sempre aldilà di ogni mia parola, di ogni mia immagine, di ogni mia idea e sento Gesù, fratello della mia vita, che cammina accanto a me per le strade del mondo, tenta di mettere nel mio cuore la passione per la giustizia, per la libertà, per la verità; mette nel mio cuore la ricerca di Dio, che è una ricerca appassionata della bellezza, dell'oltre, di qualche cosa che è più grande di tutto quello che posso avere dentro di me, un invito ad uscire da me per cercare l'Altro, l'infinito, per intuire qualche cosa senza mai poter arrivare… altrimenti Dio non sarebbe Dio.
E poi lo Spirito (ne abbiamo parlato domenica scorsa che era la festa di Pentecoste) il "vento" di Dio che attraversa la terra e abbatte i muri, spalanca le porte e riunisce gli uomini in una sola famiglia in cui ci si può capire: ancora, qui, un sogno!
Se volete (se la parola vi piace) un mistero, ma un mistero di luce, un mistero luminoso, da inseguire, cercare, sognare, anche nella nostra vita quotidiana: il mistero di un Dio che non capisco, ma che cerco appassionatamente… e lo cerco in chi mi sta accanto.
Gesù è venuto per dirci e, forse, è il momento più alto del suo parlarci: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare...". "Ma quando, Signore?". "Ogni volta che l'hai fatto al più piccolo dei fratelli lo hai fatto a me". Dio non lo trovo nell'alto dei cieli; lo trovo nel fratello che mi cammina accanto, lo trovo in colui che con me condivide la vita e, là, intuisco qualche cosa di Dio, "dell'oltre", dell'Assoluto, della pienezza della luce e del bene.
Non - dunque - un mistero oscuro, non qualche cosa da credere senza pensare, ma una ricerca semplice, sincera, appassionata della sua luce, della sua libertà... ricordando sempre che la luce, la libertà, la pienezza, l'amore di Dio li trovo nel fratello che mi sta accanto.
II Signore ci aiuti
"Questo è il mio corpo, che è per voi; SS. CORPO e SANGUE di CRISTO - 2 Giugno 2013
fate questo in memoria di me" Corinzi 11, 23-26. Luca 9, 11-17
Quando ero ragazzo (penso sia accaduto a molti di voi) sono stato preparato alla Comunione in due modi. Da una parte tutta una serie di regole, di precetti, che a volte, addirittura mettevano scrupoli: non bisognava mangiare fin dalla mezzanotte, bisognava fare attenzione anche a bere l'acqua e, quando ci lavavamo i denti, a non inghiottire nemmeno una goccia d'acqua, non bisognava toccare l'Ostia con i denti, poi bisognava confessarsi; ci incutevano la paura di commettere sacrilegi, di andare a fare la Comunione senza l'anima pura.
Dall'altra parte tutta una serie di racconti prodigiosi... pensate al racconto di Bolsena: il sacerdote incredulo che spezza l'Ostia ed esce sangue (ho addirittura incontrato qualcuno che ha paura che mentre mangia l'Ostia gli si riempia la bocca di sangue) tanti altri miracoli, tanti prodigi che confermavano la presenza reale di Gesù e poi le disquisizioni: "Quanto tempo rimane Gesù, nel mio stomaco?" e altre - secondo me - sciocchezze di questo genere, ma quasi nessuno mi ha aiutato a capire il senso dell'Eucaristia, il significato di quello che noi celebriamo: sono simboli, ma simboli profondi della nostra esperienza.
Quando si celebra l'Eucaristia si entra in comunione con Gesù, quasi ad essere una cosa sola con Lui ed anche con i fratelli, una comunione di vita, un essere insieme fatto di servizio, di dono. Gesù si dà per noi... ricordate nel racconto dell'Ultima Cena, nel Vangelo di Giovanni, Gesù che si china a lavare i piedi: il dono, il servizio, la pienezza dell'amore.
E poi "Eucaristia": è una parola greca che significa ringraziamento, lo stupore per la bellezza del creato, per le persone che abbiamo intorno, per tutti i doni della vita: la lode, il ringraziamento, la riconoscenza...
E il "far memoria" non è secondo la tradizione biblica solo ricordare, ma rivivere.
E poi il tema dell'Alleanza: il patto di Dio con l'uomo e dell'uomo con Dio che attraversa tutto l'Antico Testamento e anche il Nuovo: "Questo è il calice della nuova ed eterna Alleanza".
Tanti temi su cui meriterebbe di soffermarsi a lungo, analizzarli uno per uno...
Oggi, vorrei fermare la vostra attenzione su un altro tema... dirò tra poco: "Prendete e mangiatene tutti". (Fatemi fare qui una piccola premessa: ripeto ogni volta che celebro la Messa l'invito del Signore: "Prendete e mangiatene tutti" e noto sempre che c'è qualcuno che non mangia! Si sente escluso! "Io no, m'hanno detto così!". "Ma chi t'ha detto così se Gesù dice: tutti?". Tutti, in italiano - se non lo cambiamo - significa: tutti!).
Ma cosa significa "mangiare" Gesù? Non siamo dei cannibali! È certamente un segno, un simbolo, ma un simbolo che viene dalla profondità della storia.
Vedete, fin dai tempi più antichi l'uomo ha pensato di potersi impossessare dello spirito, del cuore, della vita, dei sentimenti, della forza di un'altra persona. Quando il mondo era primitivo, (ma è successo fino a qualche anno fa) in battaglia, il guerriero vincitore mangiava il cuore del nemico sconfitto, non come un atto di vilipendio, ma, soprattutto se era stato un grande eroe, per nutrirsi della sua forza, del suo coraggio: è una celebrazione sacra, un mistero... così, qualche volta, beveva il suo sangue.
Nella Scrittura il sangue, il cuore non si può toccare, è di Dio! II sangue è la vita, ma c'è anche lì il segno del mangiare. Se leggete il libro del profeta Ezechiele vedete che c'è l'Angelo che va dal profeta e gli consegna un rotolo: "Prendi e mangia" e lo sentiva - dice - dolce nel suo stomaco: "Mangia, nutriti e poi va per essere testimone"
Qui, ogni domenica siamo invitati a nutrirci di Gesù, dei suoi valori, dei sogni del suo cuore, dei suoi ideali, della bellezza della sua vita; nutrirci, farli nostri fino a poter dire - è il sogno di ogni credente, come dell'apostolo Paolo -: "Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me"… mi sono nutrito di lui, sono diventato una sola cosa con lui: ecco il senso più profondo dell'Eucaristia.
Fra poco lo ripeterò e molti di voi - spero tutti - vi nutrirete di Gesù: un simbolo, un segno, ma un simbolo che non si conclude qui. Nella vita di ogni giorno dobbiamo continuare a tentare di nutrirci di Lui, dei suoi valori, dei pensieri del suo cuore, della realtà della sua vita... è Gesù che deve diventare parte di noi: questo è il senso dell'Eucaristia, di quello che facciamo qui.
Quindi dimenticate (se posso darvi un consiglio) gli scrupoli, che ci hanno messi da bambini, di non essere degni. Ma chi è degno di nutrirsi di Gesù? Me ne dovrei andare io per primo, ma penso che dovreste venire con me anche tutti voi. Gesù non è venuto per quelli che sono bravi, per quelli giusti, per quelli che non sbagliano mai: Gesù è venuto per noi, perché continuassimo a cercarlo (non ci ha detto una volta sola, ma ogni domenica... chi vuole - addirittura - ogni giorno), a nutrirci di Lui… "Ma io non sono bravo, sono..." proprio per questo hai bisogno di nutrirti di Lui per camminare ancora, per conservare nel cuore la speranza, di essere come Lui.
Mangiare, nutrirsi di Gesù: questo è uno dei tanti sensi dell'Eucaristia. Ci capiterà di parlare degli altri... ma oggi fermiamo su questo la nostra attenzione: "Prendete e mangiatene tutti". Nutriamoci di Gesù, della sua vita, dei suoi sogni.
II Signore ci aiuti
Si avvicinò e toccò la bara, poi disse: X DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 9 Giugno 2013
"Ragazzo, dico a te, alzati!" Il morto Luca 7, 11-17
si mise seduto e cominciò a parlare.
Sono ormai quasi duemila anni che queste parole sono state scritte. In questi duemila anni sono stati celebrati innumerevoli funerali nel mondo cristiano. Ebbene! Di fronte a nessuna bara i cristiani hanno pregato perché si aprisse e il morto risuscitasse.
Anche a me è capitato di celebrare (come potete immaginare, sono ormai cinquanta anni che sono sacerdote) tanti funerali, alcuni anche di ragazzi giovani, figli di madre vedova, che erano il sostegno della loro mamma. Ebbene! Anche di fronte a quelle bare nessuno di noi ha sentito la possibilità di pregare perché la bara si aprisse e quel figlio tornasse a vivere.
E, allora, che senso ha questa pagina del Vangelo per noi?
Forse soltanto l'annuncio che c'è una vita oltre la morte, che Gesù può dare la risurrezione? Ma questo che appartiene al "dopo", è qualche cosa, per il credente, assolutamente aldilà delle sue possibilità di immaginare, di comprendere e, forse, anche di credere.
Noi, di fronte alla morte non possiamo che far nostro il sospiro di Gesù: "Padre, nelle tue mani affido la mia vita".
Affidata "all'oltre", affidata a Dio, all'Indicibile, che non possiamo immaginare, sentire, vedere... "l'oltre" e dobbiamo mettere punto!
Ma se dobbiamo mettere punto, se questa pagina del Vangelo non ci dice niente, per il nostro quotidiano, per la nostra vita cristiana... è, forse, inutile leggerla!
Cosa può dirci questa pagina? Ci aiuta l'apostolo Paolo, il quale dice che tutti noi siamo stati battezzati nella morte per risorgere con Cristo. Tutti noi siamo passati dalla morte alla vita e non una volta per sempre, ogni giorno siamo invitati a questo passaggio perché Gesù è il Signore della vita e alla vita ci chiama.
Che cos'è, per Paolo, la "morte" che noi viviamo? Tutto quello che sciupa la vita: l'ingiustizia, la mancanza di speranza, di rispetto verso gli altri, la violenza, la sopraffazione, la mancanza di piacere… potete fare l'elenco lungo quanto volete! Tutto questo sa di "morte", perché sciupa la vita dell'uomo. L'incontro con Gesù - anche qui ogni domenica - ci fa incontrare il Signore della vita. Occorre allora andare aldilà di tutto ciò che è male, per cercare tutto quello che - invece - la vita la arricchisce, la fa più bella: questo è il compito del credente, moltiplicare la vita intorno a sé nella tenerezza, nel rispetto, nell'attenzione agli altri, nella condivisione, nella giustizia, nell'impegno perché il mondo sia più giusto.
Noi veniamo qui la domenica e ci incontriamo con Gesù, il Signore della vita, Lui ci rimette in cammino... Se abbiamo qualche cosa che ci pesa, se anche noi - in questa settimana - abbiamo un po' sciupato la vita... Lui ci prende per mano e ci dice: "Coraggio, sei risorto!". Dedicati con tutta la passione del tuo cuore (senza scrupoli perché gli scrupoli non dovrebbero avere senso davanti al Signore) fa quello che puoi: una carezza, un sorriso, le cose più semplici, anche una barzelletta, il dar piacere a chi ti sta accanto... il piacere dell'arte, della lettura, della contemplazione della natura, il piacere del cibo, del sesso: tutto questo è la vita, che noi dobbiamo condividere: tutto questo è compito del risorto! Il Signore ci invita a qualche cosa di più grande: all'amore, all'attenzione agli altri, alla vita che si fa comunione, rispetto, servizio di chi ci sta accanto ogni giorno: ecco il senso di questa pagina dei Vangelo!
Portatela nel cuore, non è soltanto il racconto di un prodigio accaduto tanto tempo fa: (non sappiamo nemmeno se questo ragazzo era veramente morto o era solo una morte apparente: non ci interessa!) è un simbolo della mia vita e della vostra vita. Noi siamo chiamati a "morire" a tutto quello che è male, a vivere il "bene", a moltiplicare l'amore, la speranza, la gioia, il piacere, il rispetto, la tenerezza, la giustizia, a costruire un mondo più bello, in cui i valori di Gesù siano veri.
II Signore ci aiuti
Ecco una donna, una peccatrice, XI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 16 Giugno 2013
portò un vaso di profumo... Luca 7, 36-50
Abbiamo letto una delle pagine più straordinarie - per quello che ho capito - del Vangelo di Luca. Una pagina che ci porta nel cuore del Vangelo, che ci fa intuire qualche cosa del modo di pensare di Gesù, della sua mentalità, di quello che per lui è prezioso.
Vedete, qui troviamo da una parte il fariseo - persona perbene, probabilmente - che sente un profondo disgusto per il male. Lui ha davanti una prostituta, una peccatrice e dice: "Se sapesse di quale genere è questa donna non si lascerebbe toccare". Di che genere è! Giudica in astratto, giudica le prostitute, giudica la prostituzione... per Gesù è completamente diverso!
Lui ha davanti una donna, questa donna concreta, con tutto il dramma della sua esistenza, con la sua passione, con il suo amore, con il suo desiderio di uscire dalla sua vita: questa donna! Non una prostituta! Non appartiene ad un genere, ha un nome, un cognome: è lei! E lei ha bisogno di essere guardata negli occhi. Lei ha bisogno di essere presa per mano e rimessa in cammino.
Pensare non ai principi astratti, alle categorie, alle astrazioni, ma alle persone concrete… sembra semplice, ma (se posso dirvi la mia esperienza) è stata - forse - la cosa più difficile della mia vita, come è difficile entrare nel cuore del Vangelo.
Vedete, quando ero un giovane prete mi hanno insegnato tutti i principi della morale. Principi che sembravano chiari, sicuri. Ho combattuto per anni (adesso - per fortuna - non succede più) con il problema della contraccezione, con la proibizione della pillola: "Non si può, è proibito!" E poi ti trovavi davanti delle persone concrete; due persone che si volevano bene, che avevano bisogno di stare insieme in tutti i sensi e che si trovavano - però - con una casa piccola, a volte con un lavoro precario e che non potevano permettersi di mettere al mondo dei figli e quando ne avevano messo al mondo uno, per molti di loro, era già troppo. Erano persone concrete, avevano un cuore, un'anima, un desiderio - forse - di mettere al mondo più figli, ma non potevano...
Lo stesso discorso vale per i rapporti prematrimoniali. Guai! Bisogna arrivare vergini al matrimonio… poi ti trovavi davanti delle persone concrete. Due ragazzi che si volevano bene, che stavano da tempo insieme, che si amavano sul serio, ma che per problemi di lavoro non potevano ancora sposarsi e c'era tempo, a volte molto tempo. "No, non si può! Non potete fare la Comunione, dovete stare fuori dalla Chiesa". Principi, non persone; l'incapacità di guardare negli occhi queste persone concrete, questi due ragazzi che si vogliono bene.
Lo stesso vale per l'omosessualità. Quando eravamo giovani non sapevamo niente di che cosa fosse l'omosessualità perché, qui, c'è bisogno della scienza che ti dica chi sono queste persone e, allora, devi guardare nel cuore... Persone concrete che si vogliono bene, che sono così con tutto il loro peso della fatica di vivere - a volte - con le loro sofferenze: persone concrete; uomini e donne che hanno il diritto di amarsi.
E lo stesso vale per il principio del divorzio: guai! Se uno è divorziato non può più fare la Comunione… e ti trovi davanti persone concrete! Tutti i fallimenti della loro storia e tutta la difficoltà di ritrovare un rapporto nuovo, ricco, in cui ci sia veramente l'amore, un amore che - forse - non hanno mai conosciuto: persone concrete.
Lo stesso vale per l'eutanasia... principi astratti... non si può staccare il sondino... ma hai davanti un uomo, un uomo che soffre, che non ce la fa più, per cui la vita è diventata insopportabile, non è più vita: "questo" uomo conta per Gesù di Nazareth! Non le teorie, non le astrazioni!
Scusate se vado un po' sopra le righe, abbiate pazienza, ma è la mia vita... cinquant'anni di fatica per capire che cosa è il Vangelo, quale ne è il cuore. Per Gesù non contano i principi irrinunciabili, astratti, le regole, le leggi... per Gesù conta "una persona": questa persona concreta che mi sta davanti.
Lo ripete sempre per il bene e il male: "Chi avrà dato scandalo a uno solo di questi piccoli, è bene che si metta una pietra al collo e si butti nel mare". "A chi avrà dato un bicchiere d'acqua a uno solo di questi piccoli non mancherà la sua ricompensa". Uno solo! Questa persona qui, questa persona concreta!
Non è facile per noi. Giudichiamo sempre per astrazioni: gli stranieri, i mussulmani, i rumeni, i politici... esistono persone, non categorie, esistono persone concrete che hanno il diritto di essere guardati negli occhi e accolti per quello che sono, con tutta la loro storia, con tutti i loro problemi, i loro sogni, i loro desideri...
E anche noi siamo persone concrete e Dio ci accoglie così come siamo, con le nostre difficoltà e quando sbagliamo - come questa donna - ci rialza in piedi, ci fa una carezza: "Va, non peccare più". Gesù conosce ciascuno di noi così come siamo e a ciascuno di noi vuole bene. Potessimo conservare tutto questo nel cuore, saremmo un po' più cristiani.
Il Signore ci aiuti
"Ma voi chi dite che io sia?" XII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 23 Giugno 2013
Luca 9, 18-24
È la domanda fondamentale per ogni cristiano; per me, per voi, per tutti quelli che cercano di credere sulla faccia della terra: "Chi è Gesù per me?"
A questa domanda non si risponde con una professione di fede, con delle parole: è una tentazione che ha attraversato la Chiesa. A volte se non si dicevano proprio quelle parole si rischiava di finire sul rogo e c'era gente che dicendo quelle parole si sentiva pienamente cristiana.
Così per rispondere a questa domanda non basta dire: "Sono stato battezzato, cresimato, appartengo a qualche fervente associazione cattolica... oppure, per me, sono stato ordinato prete e ho professato i miei voti." Così è per le suore... La vita cristiana non è fatta solo di parole, di riti, di segni - sono cose importanti - quello che conta è seguire Gesù sulla sua strada, seguirlo fino in fondo, tentando di fare nostri i suoi valori, gli ideali del suo cuore, la sua libertà, la sua gratuità, il suo spirito di servizio, l'attenzione agli altri, la ricerca del bene comune: è un cammino che non finisce, non finisce per il singolo e non finisce per la Chiesa. Anche la Chiesa è in cammino!
Avete ascoltato la prima lettura di Paolo: "Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio né femmina". Secondo voi siamo riusciti a fare in modo che non ci siano più differenze tra lo straniero e il nativo della patria, tra chi crede e chi non crede? Siete convinti che siano stati superati, nella Chiesa, le differenze tra maschio e femmina? Sapete qual è l'epoca in cui ci sono stati più schiavi al mondo? La nostra! Oggi ci sono più schiavi che in tutta la storia dell'umanità (come numero, certo non come proporzione).
Vedete - allora - che è un cammino... un cammino che non finisce mai, un cammino in cui ciascuno di noi deve tentare di essere come Gesù.
Mi colpiva - qualche giorno fa, forse l'ha visto anche qualcuno di voi - Ermanno Olmi, il grande regista, che in una trasmissione televisiva diceva di essere un "aspirante cristiano" e a chi gli obiettava: "Guardi, no, lei da quello che ha fatto, dalle sue opere si vede che è un vero cristiano". Diceva: "Se mi sentissi cristiano non dovrei camminare ancora, non dovrei cercare più, non dovrei più interrogarmi: mi sentirei arrivato e allora - veramente - non sarei cristiano".
II cristiano è uno che cammina, che cerca e allora anche tutti noi faremmo bene a dichiararci "aspiranti cristiani", in cammino alla ricerca di Gesù, dei suoi valori, degli ideali del suo cuore.
C'è una frase nel Vangelo di Matteo che colpisce sempre, Gesù dice: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli". Non so se siete come me, tutti un po' superbi, crediamo di essere brave persone, ma - certo - se vi domandassi: "Sei perfetto come il Padre celeste, sei perfetto come Dio?" Pochi di voi avrebbero il coraggio di dire: "Sì".
Siamo gente in cammino, che cerca di capire chi è Gesù, cosa è venuto a portare sulla terra, quali sono i suoi valori e siamo in ricerca - soprattutto - per tentare di viverli ogni giorno, con semplicità, nei piccoli gesti e, se sentiamo di non farcela, non ci scoraggiamo perché il Vangelo è pieno di persone che Gesù prende per mano e rialza per rimetterli in cammino: paralitici, zoppi, ciechi... a cui dice: "Alzati, vieni e seguimi". II cieco di Gerico - guarito - segue Gesù lungo la strada... non ha finito di camminare, ma può continuare perché si è lasciato prendere per mano da Gesù!
Ecco, anche noi non diciamoci cristiani, facciamo come Ermanno Olmi, diciamoci "aspiranti cristiani", questo ci dà la sensazione di essere in cammino.
Poi… "se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso…" noi non amiamo la sofferenza, ma non siamo cristiani solo quando tutto è semplice, anche quando ci costa o dobbiamo rinunciare a qualche cosa di noi stessi, anche se dovessimo rischiare di perdere la vita (speriamo che non accada mai), essere cristiani significa che ci sono valori più grandi di tutto, della famiglia, della professione, della vita stessa: la giustizia per tutti, la libertà, il rispetto, il servizio, la gratuità... sono i valori di Gesù! I valori verso cui, camminiamo senza stancarci. Non è facile.
Il Signore ci aiuti
"Lascia che i morti seppelliscano XIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 30 Giugno 2013
i loro morti…" Luca 9, 51-62
Quando si leggono queste parole c'è sempre qualcuno che si sgomenta: "È possibile che Gesù sia così duro? Non si può nemmeno andare a prendere congedo da quelli di casa, non si può - addirittura - andare a seppellire il padre che è morto? È assurdo! Che parole sono queste?".
Vedete, quando il Vangelo ci sgomenta conviene fermarsi un momento e guardare più attentamente. II Vangelo - come sapete - è stato scritto quasi duemila anni fa ed ha un linguaggio diverso dal nostro a cui non siamo abituati; un linguaggio - a volte - paradossale.
Vediamo un momento. Se c'è una cosa che un morto non può fare è seppellire un altro morto: "Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti". Non è possibile, quindi qui c'è qualcosa d'altro! Di che si tratta?
Domenica scorsa il Vangelo ci invitava a metterci in cammino dietro Gesù, a seguirlo e anche oggi - avete sentito - si è sempre in cammino, si segue Gesù, c'è l'invito a camminare sulla sua strada...
Il Vangelo di oggi vuole soltanto darci delle indicazioni - addirittura - dei segnali di pericolo nel cammino dietro il Signore. La strada dietro Gesù è una strada seria... non deve mettere paura, ma occorre serietà!
II primo segnale è importantissimo! Se i cristiani di tutti i tempi fossero stati attenti quanti guai sarebbero stati risparmiati al mondo: è il segnale contro dell'intolleranza! I Samaritani non vogliono ricevere Gesù e i discepoli invocano il "fuoco dal cielo". Gesù si volta e li rimprovera! Troppe volte i cristiani non hanno aspettato il "fuoco dal cielo", ma lo hanno acceso loro.
Oggi vedete - ascoltando notizie che vengono dal mondo - quanto è pericolosa l'intolleranza, l'integralismo! Ascoltate spesso di talebani o di altri gruppi integralisti che uccidono, bruciano, distruggono immagini e ci fa orrore tutto questo: è il fanatismo, è pensare di possedere la verità.
Quando ascoltate queste parole - però - fate attenzione a tre cose. La prima... Oggi parliamo di alcuni gruppi mussulmani, ma se guardiamo la storia della Chiesa i cristiani hanno fatto di peggio. Hanno acceso roghi, hanno distrutto intere civiltà, hanno distrutto immagini... la storia della Chiesa gronda sangue: l'intolleranza!
La seconda considerazione che vi conviene fare è che il mondo mussulmano, così come il mondo cattolico non è fatto soltanto di gente violenta e intollerante; la maggior parte dei mussulmani di oggi sono gente pacifica che cerca solo di vivere in pace e con un po' più di giustizia.
E la terza considerazione... a volte l'intolleranza non è soltanto quella grave che uccide, che brucia, c'è quella di ogni giorno, il non accettare l'altro, nella stessa famiglia, tra genitori e figli, tra amici. Si pensa di possedere la verità e si giudica e si condanna l'altro. L'intolleranza, l'integralismo, il pensare di possedere la verità è forse il pericolo più grande nell'andare dietro il Signore.
E poi la seconda indicazione... qui non si tratta di un segnale di pericolo ma di un'indicazione. Andare dietro il Signore significa scegliere il cammino della gratuità: "Voglio venire con te, Maestro". "Il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". "Guarda che non ho niente. Se vuoi venire con me non aspettarti ricompense, premi. Vieni con me perché ritieni che sia giusto, sia bello, perchè credi in certi valori. Non aspettarti la ricompensa, non aspettarti un premio; non si fa il bene per avere un premio, ma perché è bene, perché è giusto, perché si scelgono valori importanti". Seguire il Signore vuole un cuore totalmente gratuito, non possiamo aspettarci niente.
Secondo la grande tradizione cattolica non possiamo meritarci nemmeno il Paradiso, non è un premio, ma un dono assolutamente disinteressato e gratuito di Dio, perché appartiene "all'oltre".
La terza immagine è molto forte: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti" Non è possibile! Allora, che vuol dire? II cristiano è uno che sceglie il mondo della vita. Non può fare nessun compromesso con il mondo della morte. Cos'è il mondo della morte secondo il Vangelo? È tutto quello che sciupa la vita dell'uomo: la violenza, la sopraffazione dell'uomo sull'uomo, la menzogna, il procurare sofferenza agli altri: tutto questo sciupa la vita, tutto questo, per usare il loro linguaggio è il mondo della morte: da questo mondo della morte, il credente, è invitato ad uscire con un coraggio totale.
Noi amiamo la vita, abbiamo rispetto degli altri, amiamo la libertà, il piacere, la felicità, noi amiamo tutto quello che rende ricca e bella la vita… e per questo dobbiamo impegnarci.
E l'ultima immagine: bisogna fare in fretta, non si può voltarsi indietro. "Lascia che io mi congedi da quelli di casa mia". "Chi mette mano all'aratro non si può voltare indietro". Sono scelte radicali, decisive.
Vedete, parole che non fanno paura, ma chiedono un impegno serio, un impegno per la gratuità, per la vita, per la bellezza: questo è seguire il Signore, con coraggio, senza stancarsi. Gesù ci chiama a seguirlo sulle vie di un mondo più bello, migliore: è il compito di ogni credente, senza paura, senza scoraggiarsi mai, perché camminiamo con Lui, nella gratuità, cercando la pienezza dell'amore.
II Signore ci aiuti
"…non portate borsa, XIV DOMENICA dei TEMPO ORDINARIO - 7 Luglio 2013
né sacca, né sandali…" Luca 10,1-12. 17-20
Ancora - come domenica scorsa - in cammino, ancora sulla strada per seguire Gesù e tentare di essere testimoni di Lui e ancora, per questa strada, delle indicazioni, dei segnali di pericolo espressi - ormai lo sapete - in forma incisiva, paradossale - come usano gli antichi - non sempre facile da interpretare.
Di indicazioni in questa pagina ce ne sono molte e vorrei attirare la vostra attenzione solo su qualcuna di loro che sembrano - non solo a me - particolarmente importanti.
La prima: "Senza borsa, senza sacca". La testimonianza del Signore può essere fatta soltanto nella povertà, nell'offrire valori e testimonianze senza pensare di imporli con la forza o di comprarli con il denaro, senza pensare di portare le proprie ricchezze anche culturali.
Vedete, nella storia della Chiesa troppe volte si è cercato di imporre con la forza il cristianesimo: popolazioni sono state obbligate a battezzarsi. Altre volte si è usato il denaro, il potere. A volte si è cercato di portare altrove la propria cultura, il proprio modo di pensare.
Nel secolo scorso, molti studiosi hanno accusato le Missioni cattoliche di avere distrutto intere culture che sembravano semplici, primitive, ma erano ricche di profondi valori, per portare la cultura occidentale, i nostri modi di pensare, di vivere: ecco, il messaggio di Gesù non ha bisogno di contorni, non ha bisogno di ricchezze, nemmeno culturali: deve essere testimonianza di valori semplici e autentici.
Badate che quello che vale per la storia della Chiesa vale anche per noi!
L'esperienza mi dice che - spesso - i genitori tentano di comunicare ai figli il messaggio cristiano con la forza, qualche volta con la corruzione: "Se vieni a Messa, ti do un premio!". Oppure si tenta di comunicare loro non i valori essenziali, ma il proprio modo di fare, la propria cultura, le proprie liturgie, il proprio modo di pregare, le proprie tradizioni... l'importante è comunicare a chi ci sta accanto i valori essenziali di Gesù... se poi non seguono il nostro modo, se non vengono in chiesa, se non seguono le pratiche religiose... ho incontrato tanti ragazzi, che erano un po' la disperazione di alcuni genitori un po' bigotti, ma che avevano dentro dei valori autentici, più forti di quelli dei loro genitori che non sopportavano che non seguissero le loro tradizioni, i loro schemi, le loro liturgie, i loro modi di pensare: quello che conta sono i valori essenziali
La seconda indicazione, che volevo sottolinearvi, a me è risultata - al principio - molto difficile; non riuscivo a capire che cosa potesse significare: "Non passate da una casa all'altra". Perché non passare da una casa all'altra? È bello essere ospitati da una e poi dall'altra e poi ho capito che in questa frase semplice c'è qualche cosa di importante: è l'invito a radicarsi, a prendere a cuore le situazioni in cui uno è chiamato a vivere, le persone che hai intorno.
Vedete, mi aiutò una frase un po' forte, paradossale di don Milani (uno dei nostri grandi maestri) che diceva: (lui parlava dei maestri ma valeva benissimo anche per me) "I maestri sono come i preti e le puttane, vanno con tutti e non vogliono bene a nessuno".
È veramente un rischio, il rischio di non radicarsi... se una persona è un po' difficile, antipatica la tentazione è di girare lo sguardo da un'altra parte, di non prenderla a cuore e ho notato che questo vale, qualche volta, anche tra le persone qualunque, non soltanto per i preti o per i maestri: vale tra gli amici, tra i colleghi di ufficio o di lavoro, vale - a volte - anche tra parenti: l'invito a radicarsi, a prendere a cuore chi la vita ci ha dato il dono di incontrare, anche se - qualche volta - non è semplice.
Un'altra indicazione è importante ma difficile, molto difficile: "Scuotete la polvere dai piedi". II cristiano deve avere il coraggio di scuotere la polvere dai propri piedi, non deve accettare situazioni di ingiustizia, di corruzione, di male.
Vedete, quando ero giovane dicevo che la Chiesa doveva ritrovare il coraggio della scomunica. Io pensavo alla scomunica verso i mafiosi, i corruttori, verso tutte le ingiustizie che ci sono nella nostra società. Un amico spagnolo - lo ricordo con affetto - che studiava la storia, mi rispose: "Ricordati, Checco, hanno sempre scomunicato quelli sbagliati". Ed è vero!
Ecco, il cristiano deve - secondo me è importante - avere il coraggio di scuotere la polvere dai piedi. Noi non possiamo avere niente a che fare con la corruzione, con la mafia, con la 'ndrangheta. Non abbiamo niente a che fare con il sistema delle raccomandazioni, con questa società in cui - troppo spesso - va avanti soltanto chi è raccomandato, chi è protetto. Non possiamo avere niente a che fare con la trascuratezza sul posto di lavoro... il lavoro va preso sul serio! Noi non possiamo avere niente a che fare con gli scansafatiche, ma attenzione a non scomunicare quelli che soltanto la pensano diversamente da noi e - magari - sono migliori di noi. Scuotere la polvere dai piedi, ma per le cose essenziali: l'ingiustizia, il male
E l'ultima indicazione (perché vi ho già annoiato troppo: ce ne sarebbero altre, come avete visto, ma non si può farla troppo lunga specialmente quando fa caldo) è anche questa importante: i discepoli tornano contenti dicendo: "Abbiamo scacciato i diavoli". Cosa hanno fatto non lo sapremo mai e Gesù dice: "Attenzione, non è il successo che conta, il successo può corrompere l'uomo. Quello che conta e che i vostri nomi siano scritti presso Dio, cioè, quello che conta è che voi avete cercato di fare le cose giuste". Il criterio non può essere il successo o l'insuccesso.
Vedete, Gesù l'esempio più tipico dell'insuccesso! È morto solo su una croce abbandonato da tutti! Sembrava un fallito eppure aveva ragione lui!
A volte, nella storia dei suoi seguaci fino a noi, c'è stata gente che è stata applaudita, osannata... e non aveva ragione! Non è il successo, il criterio!
La storia del secolo scorso dovrebbe esserci sempre davanti agli occhi e vale anche per oggi... Non è l'applauso, non è il successo che conta… noi italiani siamo facili all'applauso, ricordatevi di Hitler e di Mussolini...
Non è che se si radunano anche milioni di persone che applaudono allora hanno ragione. II signore ci ha dato una testa per pensare, per cercare di capire, di distinguere e di applaudire soltanto quando siamo convinti che ci siano dei valori autentici.
Il successo non è un criterio come non lo è l'insuccesso, molti uomini che hanno portato avanti l'umanità - spesso - non hanno avuto successo. Questo vale per gli scienziati, per i pittori, per gli artisti e vale per gli uomini comuni. Spesso, gente che ha provato l'insuccesso ha portato al mondo valori autentici, ha fatto avanzare il cammino dell'umanità: vale anche per noi, nella vita di tutti i giorni. Ve l'ho fatta lunga, scusate.
Il Signore ci aiuti.
"Amerai… il tuo prossimo XV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 14 Luglio 2013
come te stesso" Luca 10, 25-37
Tralasciamo il primo comandamento, anche perché molti commentatori ritengono che se si osserva il secondo, cioè il precetto di amare il prossimo, si osserva anche il primo, perché Dio non può essere amato che nel prossimo, in quelli che ci stanno intorno.
E allora fermiamo la nostra attenzione sul comandamento che tutti voi conoscete e che avete sentito ripetere decine se non centinaia di volte: "Ama il prossimo tuo come te stesso".
Sembra il comandamento più semplice e chiaro della Legge, eppure se vi fermate un momento a riflettere trovate una serie quasi infinita di complicazioni. Vediamone qualcuna. Innanzitutto "ama il prossimo tuo come te stesso" significa che devi amare te stesso! Sembra una cosa scontata? Se potessi farvi alzare la mano, vi domanderei: "Quanti di voi si amano sul serio?". Molti non si amano! Non hanno cura di sé, della propria salute, della propria cultura, della vita comune, dell'interesse per tante cose che la vita ci offre. Tanti si sacrificano per gli altri, dimenticandosi di se stessi!
Una delle prediche che ha avuto più successo nella mia vita (ne ho fatte tante) è quella sul "sano egoismo". Ho consigliato spesso ai nonni, ai genitori un po' di sano egoismo: lasciate che i figli se ne vadano per la loro strada, voi pensate a voi stessi, cercate di volervi bene sul serio. Ed è - vedete - la prima difficoltà.
La seconda l'avete ascoltata, espressa dal dottore della legge: "Chi è il mio prossimo?". Se rifacessi la domanda, anche qui, probabilmente avrei risposte che ho sentito tante volte: "Il mio prossimo sono tutti gli uomini". E che significa?
Don Milani, (che era uomo saggio) diceva più o meno così: "Non mi parlate dei cinesi, io non ne conosco nessuno, io posso voler bene a solo questi ragazzi e a loro dedico la mia vita".
L'amore per il prossimo è qualche cosa di concreto, di fattivo per le persone che abbiamo intorno e possono essere - secondo la parabola di oggi - anche l'antipatico, anche quello che la pensa diversamente da me, quello che è di un'altra religione, quello che è straniero. II Samaritano per l'ebreo è uno straniero - addirittura - un nemico, appartiene ad un'altra religione in conflitto con la religione ebraica: un altro, un diverso può essere il mio prossimo.
Ma in questa parabola c'è - secondo me - qualche cosa di più che, forse, non avete notato: provateci un momento.
La domanda del fariseo è: "Chi è il mio prossimo?". La risposta di Gesù è: "Chi è stato prossimo per lui". Vedete come si sposta il centro di gravità? Chi è il "mio" prossimo... chi è prossimo per "lui"! Non più io, lui!
Amare gli altri come me stesso - ve lo siete mai chiesto? - l'altro vuole essere amato come io mi amo? Spesso no! E cosa significa amare veramente un altro? Pensate alle vostre difficoltà della vita quotidiana... un marito vuole essere veramente amato come la moglie lo ama o vorrebbe qualche cosa di diverso? La moglie vuole essere amata come il marito la ama o vorrebbe qualche cosa di diverso? E - soprattutto - un figlio... un figlio che ha quindici o sedici anni cosa significa amarlo come amo me stesso? Lui, probabilmente, va per un'altra strada, ha un'altra cultura, ha un altro modo di fare e io debbo accettare il dialogo e - molto spesso - il conflitto, perchè il padre deve fare il padre, deve dare dei principi... ma il figlio è insofferente, vuole andare per un'altra strada...
Cosa significa amarlo? Non significa certamente cercare di catturare in tutti i modi il suo affetto, il suo amore... significa cercare di fare il suo bene. Ma qual è veramente il suo bene, aldilà del modo in cui, io, vedo il bene? Se mi seguite, vedete che ci troviamo di fronte a problemi tra i più difficili della vita.
Quando ero giovane ho sbagliato tante cose, ma una non l'ho sbagliata, dicevo soprattutto alle mamme che cominciavano ad avere figli di dodici, tredici anni: "Adesso ti aspetta solo un compito: litigare con i tuoi figli! Litigare... significa che devi avere la capacità di essere adulta, di dire: "no", di guidare per una strada… e tuo figlio ha diritto di lottare, di cercare se stesso, la sua individualità, perché lui è lui e non vuol essere amato come tu hai amato te stessa".
Vedete quante domande! Come è difficile capire cosa significa concretamente amare la persona che è accanto a me.
Quando ripensando o riascoltando questa pagina qualcuno vi dirà che è la più chiara, semplice, facile del Vangelo... un momento... forse (almeno quello "scemo" del mio ex parroco dice così) è la più difficile.
Il Signore ci aiuti
"Maria ha scelto la parte XVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 21 Luglio 2013
migliore, che non le sarà tolta" Luca 10, 38-42
Questa pagina, letta subito dopo quella che la precede provoca - in genere - un profondo sconcerto. La pagina precedente - lo ricordate - l'abbiamo letta proprio domenica scorsa, era la parabola del Buon Samaritano: è l'esaltazione del servizio!
II Samaritano si ferma, prende il suo olio, il suo vino, cura le ferite di chi ha trovato sulla strada, lo mette sulla cavalcatura, lo porta in albergo, paga per lui: è tutto servizio, è l'esaltazione del servizio, del fare qualche cosa per gli altri.
Oggi... il servizio sembra criticabile. Marta, affannata per tante cose da fare, chiede a Gesù: "Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?" C'è la stessa parola "servire" e Gesù gli risponde: "Maria ha scelto la parte migliore e non le sarà tolta". Che significa?
Quando una pagina del Vangelo ci sconcerta in maniera particolare, là - probabilmente - c'è qualche cosa di molto importante e credo che, in questa pagina, ce ne siano molte di cose importanti. Vediamone qualcuna.
Prima di "fare" qualche cosa per qualcuno, prima di mettersi al servizio di un altro occorre "essere" con l'altro, condividere qualche cosa con lui, immedesimarsi in lui, fare strada insieme, ascoltare: è - pensateci un momento - la realtà fondamentale della nostra fede.
Gesù prima di fare qualche cosa per noi è venuto a condividere la nostra vita, ad essere uno di noi: è il grande messaggio del Natale... un Bambino, che non può far niente, nemmeno sorridere. Un Bambino che è diventato uno di noi, per camminare con noi, per condividere la nostra vita: ecco, prima di fare "per", occorre essere "con". Occorre mettersi in ascolto, occorre entrare in sintonia, occorre condividere, occorre fare strada insieme.
Badate bene! Non c'entrano niente, qui, i sentimenti: la simpatia, l'antipatia... sono cose di cui non abbiamo controllo. Posso cercare di mettermi nei panni di una persona che mi è profondamente antipatica; posso condividere con lui la vita, ma mi rimane antipatica... dei sentimenti, (l'ho ripetuto tante volte) non siamo padroni. Possiamo di tentare di guardare negli occhi l'altro, di capire, anche colui che sbaglia, chi è profondamente diverso da me, di mettermi a fare strada con lui, nei suoi panni, anche se i sentimenti che provo possono essere - a volte - di profondo disgusto.
Pensate - se volete - a Francesco d'Assisi: si avvicina al lebbroso e - probabilmente - prova (come tutti) ribrezzo eppure gli butta le braccia al collo, condivide con lui una parte del cammino.
Ecco, essere "con", condividere è - a volte - più importante che fare "per", anche perché altrimenti si fa senza sapere cosa si fa e se è giusto.
Ma c'è un altro messaggio importante che vale - soprattutto - per questo nostro tempo in cui - come Marta - siamo presi da molti servizi. C'è gente (ne ho incontrata tanta nella vita)… mamme che corrono dalla mattina alla sera... il lavoro e i bambini e preparare il pranzo e lavare, stirare... sembra non esserci respiro. Non c'è più un momento per fermarsi e contemplare.
Contemplare che cosa? La bellezza della natura, il cielo stellato, il mare. Contemplare una poesia, ascoltare una bella musica, vedere un bel film: guardare, fermarsi, riempirsi di qualche cosa che è bello, incantarsi di fronte al sorriso di un bambino. A volte passiamo in mezzo a tutte queste cose senza fermarci, presi dai molti affanni e dai molti servizi e ci sfugge - forse - il senso più profondo della nostra vita: lo stupore per la bellezza, il guardare, il contemplare.
E c'è ancora qualche cosa di importante per noi che siamo cristiani ed è il fermarci ai piedi di Gesù ad ascoltar la sua parola, a cercare nelle sue parole i valori fondamentali della vita: è quello che dovremmo tentare di fare, qui.
Qualcuno ci dice: "Ma non fate niente?". No, non facciamo niente, ma troviamo qualche momento per stare fermi, per guardare Gesù negli occhi, per tentare di ascoltare la sua parola, di condividere i valori del suo cuore, di essere insieme a lui nel cammino della vita.
Ecco - vedete - c'è l'importanza di Marta. Marta è fondamentale! Ricordo sempre le tante signore (sono tante, eh! ho letto centinaia di volte questo Vangelo) che, quando si arriva qui, dicono: "Don Che', le chiacchiere stanno a zero, si nun c'è Marta nun se magna". È vero, se non c'è Marta non si mangia! II servizio è indispensabile, non se ne può fare a meno, ma c'è qualcosa d'altro: guardarsi negli occhi, ascoltare, condividere, fermarsi a godere la bellezza della vita, tentare di cercare in Gesù i valori fondamentali del nostro cammino. Non è sempre facile.
Il Signore ci aiuti.
"Se voi dunque, che siete cattivi, XVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 28 luglio 2013
sapete dare cose buone ai vostri Luca 11, 1-13
figli, quanto più il Padre vostro del
cielo darà lo Spirito Santo a quelli
che glielo chiedono!"
Ho ascoltato (penso come voi) tante prediche e tanti commenti alla parte centrale della pagina del Vangelo che abbiamo letto, ma raramente mi è capitato di ascoltare un commento, una predica sulla prima parte e quasi mai sulla conclusione di questa pagina.
Perché? Perché la parte centrale sembra semplice e del tutto a nostro favore. Sembra dire: "Pregate, cercate, bussate, insistete e otterrete quello che volete, come l'uomo che bussa alla porta e anche se l'amico dorme si deve svegliare per l'insistenza - così anche voi - insistete e quello che chiedete otterrete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto".
Sembra semplice... eppure alzi la mano chi di voi ha pregato e non ha fatto l'esperienza di non essere esaudito: bussiamo e nessuno ci apre; cerchiamo e non troviamo; preghiamo e sembra che nessuno ci ascolti e siamo stati fortunati se qualcuno non ci ha detto che in fondo se non abbiamo ottenuto è perchè non abbiamo saputo pregare; perché non abbiamo insistito abbastanza; perché non abbiamo avuto sufficiente fede: e, questo, mette - a volte - un peso terribile sul cuore delle persone. Non solo non si ottiene quello che si cerca, ma sembra che sia per colpa tua, perché non hai saputo pregare, non hai pregato abbastanza!
Qualcuno di voi... no, molti di voi sanno che io faccio un tè miracoloso, che guarisce ogni malanno, allontana ogni guaio... si beve - però - a proprio rischio e pericolo, perché il tè è miracoloso, ma se non produce l'effetto desiderato è perché non avete avuto sufficiente fede - quindi - è sconsigliato... si scherza - evidentemente - ma il discorso è serio.
Dio abita "l'oltre" e non sempre quello che cerchiamo otteniamo, eppure - a volte - siamo come bambini impauriti e bisognosi... come il soldato nella trincea che ha paura e - magari - è ferito e invoca la mamma, ma sa che la mamma è lontana e non può ascoltarlo.
Noi abbiamo bisogno di pregare, eppure la preghiera rimane per noi un mistero e allora ci conviene andare alla fine di questa pagina: "Chi di voi - dice il Vangelo - se un figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe?" Certo nessuno! "Chi, se un figlio gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, tanto più il Padre celeste… ci aspetteremmo: vi darà quello che gli chiedete. No, vi darà lo Spirito Santo se glielo chiedete!
Lo Spirito Santo... E chi l'ha mai chiesto? Eppure è lo Spirito Santo che noi possiamo chiedere! È il "vento" di Dio che spalanca le porte e rende liberi. È la "luce" di Dio che illumina la nostra vita, ci fa vedere i valori essenziali. È il "fuoco" che riscalda e ci rende capaci di amare.
E, allora, possiamo anche tornare all'inizio e guardare - un momento - la preghiera che Gesù ci ha messo sulle labbra: "Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno". Non prego per me, prego per il Regno, perché si compia sulla terra il Regno di Dio, la pienezza della vita e del bene.
E "dacci il pane" non "dammi il pane", daccelo a tutti. Non c'è preghiera se non c'è anche ricerca di giustizia; di giustizia per tutti, del pane per tutti! E "rimetti a noi le colpe, come noi le rimettiamo ai nostri debitori": è la ricerca della pace, della concordia, del superare il dissidio; è la ricerca di una vita migliore: ecco il senso profondo della preghiera.
Ricerca "dell'oltre" di Dio. Dio abita il mistero e non sappiamo - quando preghiamo - che cosa ci consegnerà, che cosa ci darà. Dobbiamo pregare incessantemente perché venga il suo Spirito dentro di noi, perché possiamo scoprire, della vita, i valori essenziali, perché possiamo vivere con amore e nella pace. Non è sempre facile.
Il Signore ci aiuti.
"Quando sei invitato a nozze... XXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 1 Settembre 2013
va a metterti all'ultimo posto... Luca 14, 13-14
Quando offri un banchetto,
invita poveri, storpi, zoppi, ciechi.."
Sarà capitato anche a voi - come è capitato a me più d'una volta - di incontrare qualcuno che sostiene che il Vangelo non va interpretato, commentato, ma va preso alla lettera e vissuto così com'è o - almeno - occorre cercare di viverlo.
Potete provare, se vi capita di parlare con qualcuno che dice così, a chiedere come si può applicare alla lettera quello che abbiamo letto oggi.
Per quello che ho capito il Vangelo va interpretato, commentato e - qualche volta - addirittura criticato, per cercare di coglierne il messaggio fondamentale, qualche cosa che arricchisca la nostra vita.
Proviamo a vedere il Vangelo di oggi. Vi è mai capitato di incontrare qualcuno di quelli che si mettono all'ultimo posto sperando di essere invitati più avanti? Quelli umili, che vi dicono che non valgono niente per sentirsi dire: "No, non è vero". Ipocriti della peggior specie!
Allora cosa ci dice il Vangelo di oggi? È un messaggio forse importante per il nostro tempo in cui la società sembra invitarci ad "apparire" più che ad "essere", a metterci in mostra, a cercare di essere in prima fila. Oggi abbiamo la televisione, i giornali... molti sgomitano, si danno da fare in maniera - a volte - sconsiderata per apparire, per essere i primi. C'è chi cerca in tutti i modi la raccomandazione per far carriera, per andare avanti, per cercare di arrivare al primo posto, non per merito, ma perché son riusciti a trovare la strada giusta: la ricerca della strada per apparire, per arrivare avanti è uno dei mali dei nostro tempo - forse - uno dei mali di sempre.
II cristiano - secondo me - è impegnato a cercare il primo posto! Noi dobbiamo realizzare i doni che Dio ci ha dato ed è giusto cercare di essere i migliori in tutti i campi senza false umiltà, cercando di mettere a frutto tutte le possibilità che abbiamo.
Un pittore deve cercare di essere il miglior pittore del mondo, magari non ci riesci, ma ci provi. Un ingegnere deve tentare di essere il migliore, così un architetto, così lo spazzino... anche un insegnante dovrebbe cercare di essere il miglior insegnante, di darsi da fare per arrivare ad essere il più bravo della scuola, non per apparire, ma perché è importante per quelli che incontra che metta a frutto tutte le possibilità che ha.
"Essere primi in tutto - dicevamo quando eravamo ragazzi - per onore di Cristo Re" (forse qualcuno lo ricorda): è il compito del cristiano, di ogni cristiano.
E la seconda parte del Vangelo di oggi: chi di voi ha mai invitato i poveri, gli zoppi, gli storpi, i ciechi che incontra sulla strada? Nessuno! E, allora, che significa questa parola, che da domani possiamo cominciare a farlo? Impossibile. Ma c'è un messaggio? Per quello che ho capito è il messaggio fondamentale della vita cristiana: il messaggio della gratuità, la capacità di amare senza cercare il contraccambio, anche quando si rischia di non essere riamati: è la cosa più importante della vita e penso che tutti voi ne abbiate fatto esperienza.
L'esperienze più belle della nostra vita le abbiamo fatte quando ci siamo sentiti amati gratuitamente perché siamo noi e non per quello a cui serviamo, non per quello che possiamo restituire. Succede quando l'amicizia è autentica; succede nel rapporto con i figli, con i nipoti... a volte non sono nemmeno capaci di riconoscenza… ma a noi non interessa perché vogliamo bene, perché è bello voler bene!
E possiamo anche criticare il Vangelo perché ci dice: "Adesso non avrai la ricompensa, ma l'avrai alla risurrezione dei giusti, l'avrai dopo la morte" Eh, no: questo è umiliare l'amore! Non siamo d'accordo, almeno io non sono d'accordo, ma non sono solo, ho con me uno dei più grandi filosofi della storia il quale dice che l'amore è autentico quando non cerca il premio; quando si ama perché e bello amare; quando si ama con gratuità, perché la gratuità è il cuore della vita dell'uomo o - almeno - dovremmo cercare che lo sia.
Come sapete (come me o - forse - meglio di me) non e affatto facile eppure questa è la vita cristiana: cercare di essere i migliori, cercare di vivere la gratuità nei rapporti con gli altri, con chi ci sta accanto, con le persone che attraversano la nostra vita.
Il Signore ci aiuti.
"Se uno viene a me e non XXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 8 Settembre 2013
mi ama più di quanto ami Luca 14, 25-33
suo padre, la madre…"
Le parole che abbiamo appena ascoltato sono - a mio avviso - tra le parole più incomprensibili, sconcertanti, del Vangelo e tenete presente che l'ultima traduzione (quella che avete ascoltata oggi) ha ammorbidito il testo greco che parla - addirittura - di odiare il padre, la madre.
"Chi non odia il padre, la madre non può essere mio discepolo". Che significa? È assurdo dover odiare il padre, la madre per seguire Gesù! Che c'è dietro queste parole così paradossali?
La mia riflessione è stata molto lunga e mi sembra di aver intuito (come spesso succede quando il Vangelo sembra incomprensibile) che qui c'è qualche cosa di importantissimo - forse - di fondamentale per la vita cristiana e per la vita dell'uomo.
Vediamo se posso comunicarvi in qualche modo le mie intuizioni perché possiate proseguire la vostra ricerca.
Che significa amare Gesù più del padre, della madre? Per prima cosa significa che non c'è persona, autorità, tradizione che possa, per me, sovrastare Gesù, i suoi valori, i suoi ideali, le cose importanti che scopro in Lui.
Vedete, l'uomo è spesso tentato di seguire le tradizioni, quello che si è sempre fatto e di andare dietro a persone autorevoli che sembrano condurlo sulla strada della salvezza!
Pensate alla nostra storia più recente... il secolo scorso, il drammatico secolo ventesimo: Hitler, Mussolini avevano un seguito immenso; gente che applaudiva; milioni di cristiani che - come noi - andavano a Messa tutte le domeniche e che non hanno capito la gravità delle aggressioni, delle leggi razziali... Dov'era il loro spirito critico?
Ma se volete venite a qualche cosa di più vicino... Quante volte nel corso della storia delle scienze i grandi luminari, i "baroni" hanno impedito a gente giovane di andare avanti, di far progredire la scienza? Quante volte, in un gruppo di insegnanti, il pensare comune impedisce la ricerca del bene, la passione per la giustizia, il servizio vero dei ragazzi?
Quante volte i nostri ragazzi non riescono a liberarsi della logica del gruppo, del "branco", incapaci di pensare con la propria testa? "Chi ama gli amici, il "branco" più di me, non è degno di me" e, questo, vale anche sul posto di lavoro; vale in tanti ambiti della vita.
Dobbiamo conservare lo spirito critico, un severo spirito critico che - badate bene - è l'esatto contrario della maldicenza.
In questo paese siamo afflitti dalla maldicenza. Aprite la televisione e vi parlano male di tutto e di tutti. Aprite un giornale e vi parlano male di tutto e di tutti, ma non vi aiutano a capire. Lo spirito critico è cosa completamente diversa: è ricerca dei valori essenziali, di quello che giova al cammino dell'uomo, è poi lettura attenta di quello che abbiamo intorno, per capire quale passo avanti si può fare, senza avere sogni impossibili. Occorre che mi schieri con chi è capace di fare un passo avanti, con chi lavora per migliorare questa società, senza aspettarmi che risolva tutto. Questo è un autentico spirito critico: ricerca appassionata di valori e capacità, seria, di interpretare il tempo.
Qualcuno di voi dirà: "Ma questo è difficile, quasi impossibile!" Ma la storia del cristiano non è a buon mercato: bisogna essere capaci di ricerca attenta, di impegno serio nel mondo in cui viviamo.
E c'è un altro aspetto... Qualche volta per seguire Gesù, per seguire i valori essenziali, si mette a rischio la propria vita, la vita dei propri figli, del padre e della madre. Non vi sembri un discorso astratto. Questo succede ogni giorno nel mondo. Questo è successo in maniera drammatica nel secolo scorso in questo paese.
Pensate alla guerra... Quanta gente che per salvare un ebreo che fuggiva, un perseguitato, un ragazzo inseguito lo ha nascosto e ha messo a rischio la propria vita e la vita dei propri figli e spesso l'ha perduta.
Dei giudici hanno messo a rischio la propria vita per la giustizia e l'hanno persa... credevano fermamente che la loro vita sarebbe stata dignitosa soltanto se non avevano paura, se cercavano la giustizia e il bene.
Questo vale anche per tanti ragazzi che cercano di pensare con la propria testa nel "branco" che fa del male e ti coinvolge; la capacità di dire: no, anche a costo di essere derisi, emarginati; la capacità di scegliere i valori e di vedere chi intorno a me può aiutarmi a fare un passo avanti alla ricerca di questi valori.
La vita cristiana è una cosa seria e, allora, a questo punto potete prendere in mano anche il testo che dice: "Chi non prende la propria croce, non può essere mio discepolo". Prendere la croce non significa (come qualche volta è stato detto nella storia della Chiesa) amare il dolore e la sofferenza, flagellarsi, fare inutili digiuni: questo, sì, che è assurdo! Noi non amiamo il dolore e la sofferenza, ma amiamo il bene e questo bene - qualche volta - è rischioso e per il bene si deve mettere a rischio la propria vita, i propri beni, tutto!
Ecco - vedete - (quello che ho intuito io) c'è in queste pagine qualche cosa di fondamentale che vale per il cristiano, ma per ogni uomo. Ognuno è invitato a non fidarsi della tradizione, di quello che parla più forte, dell'ultimo guru che scende in politica; è invitato a non fidarsi ciecamente del Papa o dell'ultimo santone che attraversa la storia; è invitato a non fidarsi del parroco che parla, (non vi potete fidare di me): dovete pensare con la vostra testa, è indispensabile. Ed è indispensabile educare noi stessi e i nostri ragazzi, a questo autentico spirito critico che (ve lo ripeto) è il contrario della maldicenza: è ricerca appassionata dei valori autentici e di come possono diventare concreti, piccolo passo dopo piccolo passo, secondo le possibilità di ciascuno.
È questo che (secondo me) dice questa pagina straordinaria del Vangelo, difficile, sconcertante, ma - forse - fondamentale.
Il Signore ci aiuti
E cominciarono a far festa. XXIV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 15 Settembre 2013
Luca 15, 1-32
II Vangelo di Luca, in questa straordinaria pagina, tenta di gettare uno sguardo nel cuore stesso di Dio e non dobbiamo meravigliarci se questo guardare il cuore di Dio per noi rimane quasi incomprensibile, qualche cosa che appartiene "all'oltre", al mistero in cui Dio abita. Per noi è difficile immaginare e - soprattutto - vivere questa pagina.
Pensate che in questi duemila anni si è continuato a leggere - più volte all'anno e alcuni più volte alla settimana - questa pagina del Vangelo eppure si è continuato a predicare l'inferno, una pena infinita in cui non c'è nessuna possibilità di riconciliazione.
È stato raccontato in tanti modi, l'inferno. È stato dipinto su tante pareti delle chiese - specialmente antiche -, immagini mirabili che volevano incutere timore alla gente: Dio che non perdona, una pena eterna... come si può conciliare con questa pagina?
Non solo... ma nel corso della storia i cristiani hanno bruciato eretici, hanno condannato a morte dei delinquenti, sempre in nome di Dio. Come si può conciliare con questa pagina?
Vedete, allora, che questa pagina, che a una prima lettura può sembrare semplice, è per noi, per il nostro cuore, troppo grande, quasi incomprensibile e, allora, guardiamo - un momento - questa parabola, guardiamone i protagonisti...
I due figli... questi sì li conosciamo bene, fanno parte della nostra esperienza, dell'esperienza anche dentro di noi. II figlio più grande: lui ha osservato tutte le regole; è uno che lavora sodo; potremmo dire una brava persona ma, di questo, ha fatto il suo piedistallo per giudicare, per condannare. Lui è preoccupato dei soldi: "Questo figlio più piccolo ha sciupato tutto e adesso viene a prendersi i soldi - magari - i soldi miei; che venga condannato, punito secondo la legge".
Il figlio più grande (secondo me) non ama la "festa". Dice al padre: "Tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici". E il padre gli risponde: "Tutto ciò che è mio è tuo". Il padre non ha diviso le sostanze? Perché non ha fatto festa? Forse perché non ha amici? Forse perché non ama la festa? Forse per lui è solo importante il lavoro per accumulare ricchezze, per sentirsi giusto? Dov'è la tenerezza, dov'è l'amicizia? Ecco il fratello che conosciamo!
E il figlio più piccolo è - anche lui - uno che vuole i soldi e poi non è capace di gestirli e sciupa tutto e quando si trova in miseria cerca ancora le cose materiali, cerca il cibo e torna a casa non per trovare il padre, non per cercare il fratello; vuole un tozzo di pane. E torna a casa schiacciato dal senso di colpa: "Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Ecco il senso di colpa che anche noi conosciamo, che schiaccia, che ci fa sentire indegni, incapaci di tornare da Dio.
E ora guardate il padre... a lui dei soldi non gliene importa niente; quando glieli chiedono subito divide ogni sostanza, non si preoccupa... Lui ama i figli... e li va a cercare e non si stanca di andarli a cercare, come il pastore che ha perso la pecora; come la donna che ha smarrito la moneta... Corre incontro al figlio che viene da lontano, non aspetta che arrivi, gli corre incontro. Esce anche a cercare il fratello più grande perchè vuole che tutti e due partecipino alla festa, alla festa della vita, alla festa della gratuità, alla festa dell'amore.
Ci saranno entrati, i figli, alla festa? Non lo sappiamo! Il Vangelo non ce lo dice.
Per noi è difficile la "festa", per noi è difficile il sogno della riconciliazione, della gratuità. Solo Dio, forse, può rispondere al male con la "festa". Per noi è impossibile, è troppo grande: abbiamo bisogno di leggi, di regole, di punizioni, di carcere... È possibile gettare il cuore oltre? È possibile intuire qualche cosa del sogno di Dio e tradurlo nella nostra vita? È possibile vivere la festa? È possibile vivere la gratuità? È possibile vivere la riconciliazione in questo nostro mondo, nel nostro cuore, con la gente che abbiamo intorno ogni giorno?
È troppo per noi, ma è il sogno di Dio! E noi siamo qui ogni domenica intorno a una "tavola" e in cui siamo tutti accolti... non c'è il vitello grasso sulla tavola, ma c'è Gesù che si fa pane per la nostra festa, perché nessuno si porti nel cuore il senso di colpa, perché nessuno si senta respinto, perché tutti siamo accolti nella grande festa di Dio: un segno, ma un segno della vita, un segno perché la vita sia festa, anche quando attraversa momenti difficili: festa della tenerezza, dell'accoglienza dell'altro, festa della riconciliazione, della mano tesa, della vita condivisa, festa dell'amore. È il sogno di Dio: che possa diventare, almeno un po', il nostro sogno.
Il Signore ci aiuti.
I figli di questo mondo sono… XXV DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 22 Settembre 2013
più scaltri dei figli della luce. Luca 16, 1-13
Chissà se anche Gesù ha passato momenti di scoraggiamento e di sfiducia. A leggere questa pagina sembra proprio di sì.
Dire ai suoi discepoli: "Guardate che i figli delle tenebre sono più scaltri, più capaci dei figli della luce" cioè più capaci di voi, significa avere poca fiducia in questa povera gente che gli va dietro ormai da qualche anno.
I figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce, più capaci di interpretare quello che succede, come questo amministratore disonesto che prima ruba e poi lo fa ancora: si rende conto della sua situazione drammatica e cerca di risolverla! E "i figli della luce" cosa fanno?
Forse non è un atto di sfiducia, ma una provocazione ai suoi discepoli... a noi, quindi! Un invito ad interpretare quello che accade, a leggere quello che ci sta intorno, per cercare di fare tutto il bene possibile.
Forse non è sfiducia perché Gesù credeva che il credente dovesse moltiplicare i "semi", senza scoraggiarsi, con grande fiducia nel futuro. Il seme piccolo come un granellino di senape, poi diventa quasi un albero. II seminatore sembra spargere i suoi semi tra le pietre, tra i rovi ma, poi, c'è la grande festa della mietitura: non abbiate paura, quindi!
Guardate alla storia della Chiesa, alla storia dell'umanità e vi accorgete che questa speranza di Gesù, questa fiducia, questo cercare di dare alla sua gente il coraggio di cercare il domani... non è andato del tutto perduto!
Ho ascoltato tante volte delle persone che dicono: "Al tempo di Gesù la vita era migliore; la vita della campagna... oggi come si fa a seguire i suoi comandamenti, i suoi valori?".
Rifletteteci un momento... la vita al tempo di Gesù era infinitamente peggiore della nostra. Nel bacino del Mediterraneo i due terzi degli uomini erano schiavi. Oggi esiste ancora la schiavitù, ma ci fa orrore! Non la riteniamo ammissibile.
Ma se volete un altro esempio... andate qualche volta (lo consiglio spesso) al Colosseo, (io sono stato proprio ieri, ho fatto il giro su al secondo piano); andate anche voi lassù, guardatevi intorno in quella platea immensa e poi chiudete gli occhi e immaginate...
Immaginate decine e decine di migliaia di persone che gridano, urlano, applaudono... applaudono che cosa? Applaudono davanti ad un'arena intrisa di sangue: sangue di animali e sangue di uomini. Gridavano, applaudivano perché uomini si scontrassero tra di loro e si uccidessero e inclinavano il pollice per uccidere e mandavano delle persone nude per essere sbranate dalle belve.
Oggi ci lamentiamo qui a Roma - e giustamente - perché un po' di scalmanati combineranno qualche guaio davanti allo stadio e dobbiamo impiegare un migliaio di agenti per controllare questi screanzati che vanno allo stadio - però - per vedere ventidue ragazzotti in mutande che corrono dietro a un pallone: è un'altra cosa, non c'è sangue! II terreno dell'Olimpico, stasera, non sarà intriso di sangue: è un'altra cosa!
Il mondo rispetto al tempo del Colosseo dei passi avanti li ha fatti e - questo - dovrebbe darci fiducia; fiducia che anche noi possiamo tentare di far fare al mondo che ci sta intorno un piccolo passo avanti, ma - per far questo - dobbiamo essere capaci di leggere quello che succede. Leggere con intelligenza, con attenzione, con passione e non soltanto quello che succede nel grande mondo che - a volte - ci sfugge, ma quello che succede nelle nostre case, quello che capita ai figli che crescono, ai nipoti, quello che capita agli amici, quello che capita nel posto di lavoro, nella scuola: capire cosa succede, cosa ci succede intorno.
Non bisogna aver paura, bisogna leggere, capire... capire il dramma delle persone, capire la nostra situazione, cosa si può fare in questo paese, cosa può fare ciascuno di noi. Forse soltanto parlare, forse soltanto aiutare chi ci sta intorno ad aprire gli occhi, a rendersi conto di quello che accade: ecco, "questo rendersi conto" è la caratteristica dell'amministratore che ruba e continua a rubare... lui si rende conto... e Gesù ci provoca... e voi, cercate di rendervi conto di quello che succede? Non per fare il male, perché voi dovete fare il bene, ma - qualche volta - non vi rendete conto, non vedete, non cercate di capire quello che vi succede intorno!
È fondamentale leggere - come diceva il Concilio - i segni dei tempi. Leggere quello che accade, leggerlo da "giusti", da gente che cerca la giustizia e la pace. Ma non si può cercare in astratto, bisogna rendersi conto di quali sono i piccoli passi che ciascuno di noi, nell'ambiente in cui vive, può fare perché ci sia più giustizia, più pace, più amore, ma (ve lo ripeto) per far questo bisogna essere capaci di leggere quello che ci capita intorno, di capire quello che succede. Non è facile.
Il Signore ci aiuti
Abramo rispose: "Se non XXVI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 29 Settembre 2013
ascoltano Mosè e i Profeti, Luca 16,19-31
non saranno persuasi neanche
se uno risorgesse dai morti"
La storia dell'uomo ricco e malvagio che non si preoccupa dei poveri, che qua gode e si diverte e poi nell'altra vita finisce tra le fiamme dell'inferno... e la storia del povero che qui tribola, non ha da mangiare, vengono - addirittura - i cani a leccargli le piaghe e che poi nell'altra vita è nella gioia... è una delle storie più diffuse nel bacino del Mediterraneo al tempo di Gesù, del Vangelo... se ne sono trovate simili in Egitto, come nel Medio Oriente e nel mondo intero: è la legge del contrappasso. Chi di qua ha goduto e fatto del male, di là patirà e soffrirà. Ne avete un esempio straordinario (penso lo abbiate letto in molti) nell'inferno di Dante...
Sembra un discorso di interesse fondamentale per la vita cristiana. A Luca non gliene importa niente! Lui di queste cose non se ne occupa. Il suo problema è completamente un altro e per dircelo ha fatto una cosa di cui - forse - non vi siete accorti: ha cambiato la parabola!
Il buono, il giusto, anzi - addirittura - il santo come è Abramo diventa un malvagio. Si può negare di intingere un dito nell'acqua e darne un goccio a chi sta in mezzo alle fiamme? Non lo neghereste al peggior nemico! E invece il malvagio che sta a soffrire nell'inferno è un buono, perché si preoccupa - pur nella sua sofferenza - dei suoi fratelli: "Mandali ad avvisare perché non vengano qui!" Si preoccupa di loro! Invece di dire: "Maledetti... anche loro hanno contribuito alla mia perdizione, che vengano anche loro a tribolare". Dice "Padre Abramo manda Lazzaro ad ammonirli!".
II capovolgimento... il buono diventa un malvagio, il malvagio buono.
Perché Luca fa questo cambiamento? Perché vuole attirare la nostra attenzione sull'ultima frase: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti non saranno persuasi, nemmeno se uno risorgesse dai morti". Noi potremmo aggiungere: - perché viviamo duemila anni dopo - "Se non ascoltano Mosè e i Profeti e Gesù non saranno persuasi"
La Parola è essenziale! Questa è la fede, non tanto il prodigio, il miracolo quanto l'ascolto attento, appassionato della parola di Gesù, la ricerca dei suoi valori, di quello che Lui pensa, di quello che Lui crede, per portarlo nella nostra vita di ogni giorno.
Il miracolo non ha mai convertito nessuno. Qualcuno di voi mi dirà: "Ma nella storia della Chiesa sembra che non si parli altro che di miracoli. Per fare un "santo" bisogna che siano dimostrati dei miracoli! Si raccontano tanti prodigi. Ci sono santuari in cui si fanno miracoli. Perché? Questo nasce dal bisogno dell'uomo. L'uomo ha bisogno di protezione, di un'ultima maniglia a cui aggrapparsi nel momento della disperazione, ma la fede non è questo: la fede è un'altra cosa.
Un prete, uno che cerca di comunicare la fede sarebbe (qualche volta ti passa per la mente) lieto di poter dire davanti a un funerale, dove ci sono - spesso - molti miscredenti che escono ed entrano e non gliene importa niente: "Adesso vi faccio vedere" Scopre la bara: "Risorgi!" Tutti si convertono? Non si converte nessuno! Non è questa la fede!
La fede è Gesù, è la ricerca di Lui, ricerca appassionata, quotidiana di cosa ha detto, di quali valori ha portato in mezzo a noi, di chi è stato Gesù per noi, di cosa ha fatto: l'ascolto della Parola, la condivisione della Parola.
Non so se avete notato (sarà capitato anche a voi) che quando vi parlano di certi santi del passato, ma anche recenti... pensate a sant'Antonio di Padova che "guarisce tutto". Se chiedete: "Ma che ha fatto sant'Antonio?" Se uno conosce un po' vi racconta una serie lunghissima di miracoli; li trovate anche dipinti (come è capitato a me) sui muri delle chiese. Se poi provate a domandare: "Ma che ha detto, come ha parlato di Gesù?". "Mah, non so!".
Quello che interessa è il prodigio, il miracolo, perché di questo abbiamo bisogno, ma (ripeto) Luca ci dice: "Guardate la fede è un'altra cosa", più faticosa, più severa; non servono i prodigi, non servono i miracoli.
Quando eravamo ragazzi ci dicevano che il miracolo è la prova che Gesù è il Figlio di Dio. No, la prova che Gesù sia Dio è la sua vita, le sue parole, i suoi gesti. I miracoli che racconta il Vangelo sono solo simboli della vita di Gesù. Simboli di quello che Lui aveva nel cuore, di quello che voleva comunicarci e del nostro rapporto con Lui.
Ecco cos'è la fede! È ricerca di Gesù, non del prodigio. Ricerca dei valori di Gesù, della vita di Gesù perché diventi - almeno un po' - la nostra vita: questo è convertirsi, questo è credere. Non è facile, lo sapete.
II Signore ci aiuti
"Se aveste fede quanto un XXVII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 6 Ottobre 2013
granello di senape, potreste Luca 17, 5-10
dire a questo gelso: "Sradicati
e vai a piantarti nel mare".
A volte una pagina del Vangelo sembra proprio un indovinello - soprattutto - per noi che leggiamo, dopo duemila anni, parole scritte con un linguaggio paradossale, lontano dal nostro modo di parlare. Oggi ne abbiamo un esempio (secondo me) straordinario.
Cosa abbiamo capito del Vangelo di oggi? Se lo avete ascoltato attentamente dovrebbe esserci almeno uno che dice: "Voglio provare se ho fede almeno come un granello di senape. Adesso esco e dico a questo platano di sradicarsi e piantarsi nel mare".
Il Signore dice che accadrebbe! Ma vedo che nessuno si è mosso! E, allora, che vuol dire questa parola, che senso ha? Anche perché il platano sta bene qui, nel mare non serve a niente. Che significa questa parola? Cos'è la fede?
E la seconda parte del Vangelo di oggi: "Chi di voi, se ha un servo…?" E poi la conclusione: "Quando avete fatto tutto quello che vi è stato comandato dite: "siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".
Qui c'è gente che lavora da mattina a sera, che combatte con i nipoti, con i figli e poi alla sera si presenta davanti al Signore a dire una preghiera: "Sei un inutile servo, hai fatto quello che dovevi fare!". "Signore, almeno un grazie, almeno un incoraggiamento!". "No, inutile servo, hai fatto quello che dovevi fare".
È una parola paradossale, ma sulla essenzialità della fede e della vita, perché l'essenza della fede, che dovrebbe essere l'essenza della vita dell'uomo, è la gratuità. Fare quello che si può senza aspettarsi ricompensa. Vivere per amore, nella gratuità, perché è bene amare, perché è bello amare senza aspettarsi il ringraziamento, il premio.
Questo ce lo hanno insegnato anche alcuni grandi filosofi: il bene si fa per il bene, si fa gratuitamente. Ma questo è quasi miracoloso perché va contro tutte le leggi della natura. La natura è basata sull'interesse.
Così è la natura delle pietre che tendono a stare salde, a non rovinarsi, a difendersi dall'acqua, dal gelo per rimanere compatte…
E anche la pianta cerca il suo interesse, cerca il sole per crescere e delle altre piante non gliene importa niente. Se andate nella pineta di Ostia... si chiama pineta, ma in gran parte è composta da lecci, guardatevi intorno: sotto il leccio non cresce niente! I lecci sono prepotenti: "Noi vogliamo la luce, l'acqua e le altre piante… da un'altra parte!"
E anche nel mondo animale ciascuno fa il suo interesse, non si commuove per l'altro! Il leone mangia la gazzella: è così! II leone più forte ammazza i piccoli dell'altro leone perché vuole avere i suoi piccoli. E c'è di peggio! La vespa, che vuole fare i suoi vespini, va a mettere l'uovo in un bel bruco grasso e corposo... e quello si sviluppa e mangia il bruco mentre è ancora vivo: povero bruco... mangiato mentre vive perché deve essere carne fresca. E nel mondo del falco si fanno due pulcini, ma il più grosso mangia quello più piccolo! Vince il più forte, il prepotente; non c'è tenerezza, non c'è gratuità...
E qualcuno di voi potrà dire: "E nel mondo degli uomini...?". Nel mondo degli uomini sembra peggio. C'è gratuità, c'è rispetto degli altri, c'è accoglienza, c'è tenerezza nella società umana, c'è il senso della gratuità, dell'attenzione al più piccolo, al più debole...? Poco, sembra!
Ecco, allora, il miracolo! Ecco, allora, il "granello di senape"! Unite le due pagine del Vangelo. Trasportare l'albero nel mare non serve, occorre fare miracoli, ma quali?
Al tempo di Gesù c'erano tanti lebbrosi; oggi ce ne sono pochissimi, non perché dei santi hanno fatto miracoli, ma perché i medici hanno studiato, hanno capito e hanno trovato le cure adatte.
Al tempo di Gesù c'erano tanti ciechi; oggi ce ne sono molti di meno... se vi cala una cataratta andate all'ospedale, anche qui al Grassi, la mattina entrate e la sera uscite e ci vedete bene! È la medicina che fa questi prodigi, ma i medici non hanno ancora saputo fare il miracolo della gratuità, il miracolo del rispetto, della condivisione, dell'amore, dell'attenzione agli altri e - questo - vale a livello planetario... cosa si riesce a fare per un mondo più giusto?
Si sentono tante parole, ci si stringe il cuore per le tragedie che accadono... l'altro giorno... Fra tre giorni nessuno ne parlerà più!
Abbiamo sentito tante prediche, ma nessuno che dice: "Da domani cerchiamo di metterci a un tavolino per cercare di capire cosa si può fare!". È un problema immenso, ma un problema che esige la gratuità, il rispetto, l'aiuto reciproco, la solidarietà, il sentirsi fratelli nel cammino della storia degli uomini.
E quello che vale nella grande storia del mondo, vale anche per il nostro quartiere, per le nostre famiglie: vivere fino in fondo la gratuità, il rispetto dell'altro, ascoltare, condividere, essere attenti al più piccolo, all'indifeso, a quello che non può dirti nemmeno un grazie, senza aspettarsi il premio: questo è il miracolo!
Ecco perché sono unite le due parti del Vangelo di oggi. Se avessi fede come un granellino di senape... non preoccuparti dell'albero: sta bene dove sta, ma di chi ti sta accanto, sì! Ma della gratuità, sì! Ma dell'amore, sì! E, sappi, che è un vero e proprio miracolo perché vai contro le leggi della natura, perché vai contro la situazione del mondo, perché vai contro l'ambiente che ti sta intorno, spesso...!
Occorre essere capaci di fare miracoli e ti serve una fede piccola come un granello di senape... altrimenti il mondo non cammina, non diventa più bello, più libero, più gratuito, più amorevole, più giusto!
II Signore ci aiuti
"Uno di loro… si prostrò XXVIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 13 Ottobre 2013
davanti a Gesù, ai suoi piedi, Luca 17, 11-19
per ringraziarlo.
La pagina di oggi ci ricorda un aspetto fondamentale per la vita cristiana e per la vita dell'uomo in genere: la gratitudine, il ringraziamento.
Le cose essenziali di quello che abbiamo ci sono state donate, non le abbiamo fatte noi. Non siamo nati da soli, ci hanno fatto nascere. La bellezza del sole, la luce della luna di notte, il cielo stellato, il mare, la pineta, il fiore che sboccia, lo splendore delle montagne: tutto ci è stato donato, niente di tutto questo abbiamo fatto!
E non soltanto le cose, ma anche le persone... le persone che abbiamo intorno sono un dono per noi. II sorriso di un bambino, la tenerezza, l'affetto di cui siamo circondati, la gratuità di cui - a volte - facciamo esperienza: tutto è dono.
È dono anche lo sforzo che tanti uomini hanno fatto per migliorare la scienza, la medicina che ci permettono di vivere meglio. È dono l'attenzione dei genitori per i figli. È dono l'impegno dell'insegnante, del medico: tutto riceviamo come un dono dalla buona volontà di chi ci sta intorno, anche il bene che si fa nel mondo, tanto bene di cui non sentite mai parlare sulle pagine dei giornali... e per fortuna, perché è la normalità! Per un credente è dono Gesù, la sua Parola, i valori che tenta di comunicarci.
Tutto è dono! E un canto di ringraziamento dovrebbe rivolgersi ogni giorno verso la vita e per chi crede verso Dio.
Prima di andare avanti debbo dirvi una cosa che ritengo molto importante e a cui vi prego di fare attenzione quando si fanno questi discorsi.
C'è - forse - tra di voi qualcuno che dice tra sé: "Ma io per che cosa posso ringraziare? La mia vita è quasi un inferno!". Ci sono momenti della vita in cui nessun canto di ringraziamento può sgorgare dal suo nostro cuore.
Pensate a questa povera gente che fugge dalla guerra, dalla miseria, dalla fame, dall'umiliazione e trova la morte nel mare... di cosa possono ringraziare?
Ci sono persone che quando si fa il discorso del ringraziamento, della gioia, della gratitudine, dicono: "Ma io... io per che cosa posso ringraziare?". E se c'è qualcuno tra voi lo pregherei di tapparsi le orecchie, oppure, di uscire, con l'augurio sincero che presto possa trovare motivi di ringraziare qualcuno, di ringraziare l'esistenza, di ringraziare Dio.
Se c'è qualcuno che non può ringraziare non si senta in colpa. Ci sono tante persone nel mondo che non possono dire grazie perché la vita - per loro - è troppo pesante.
Ma è bene che vada avanti, perché tra di voi ci sono - spero la maggior parte - persone che possono dire grazie alla vita. Grazie per tutte le cose buone che vivono in questo momento. La condizione per dire grazie è non sentirsi in grado di accampare diritti: "Io ho fatto... ho costruito...".
Il Vangelo ci dice che dobbiamo essere come bambini. II bambino è uno che riceve tutto come un dono; non può dire: "Io ho fatto…!". La mamma ha portato il bambino in seno per nove mesi... sono lunghi e - a volte - pesanti e poi non finisce lì... ci sono le notti che non si dorme, tutte le preoccupazioni, le ansie e rischia di sentirsi in diritto nei confronti di questo bambino, di vederlo non più come "il dono" che ha riempito la sua vita, ma come qualcuno che deve seguire le sue idee, il suo modo di pensare… e non c'è più gratitudine: "Devi essere come io ti voglio, perché io ti ho fatto!"
Ecco, la condizione per il ringraziamento è sentire che l'essenziale della vita ci è donato… e se ci è donato ci sentiamo in debito e dobbiamo tentare di rendere qualche cosa di quello che ci è stato donato, perché quello che abbiamo ricevuto sia arricchimento anche per chi ci sta intorno, sia dono per chi cammina con noi.
Ecco, l'essenza della vita del cristiano è il ringraziare, è la gratitudine… la gratitudine che ci fa capaci di custodire il mondo perché, se questo mondo ci è stato donato dobbiamo custodirlo, proteggerlo, curarlo. Curare la natura, curare le persone che abbiamo intorno, rendere più bello il mondo in cui viviamo.
Noi la domenica ci ritroviamo per celebrare l'Eucaristia. Come qualcuno di voi sa questa è una parola greca che significa - appunto - ringraziamento, lode a Dio, alla vita per tutto quello di buono che abbiamo ricevuto, per tutto quello di buono che anche noi abbiamo saputo fare. Il ringraziamento più importante - forse - è proprio questo: "Signore, ti ringrazio perché anche io ho saputo fare un po' di bene, la ricchezza della mia vita è il bene che mi hai dato la gioia di compiere".
Ecco, ringraziamento, gratitudine, gratuità è il cuore della nostra fede.
Il Signore ci aiuti.
"Ma il Figlio dell'uomo, XXIX DOMENICA dei TEMPO ORDINARIO - 20 Ottobre 2013
quando verrà, troverà la Esodo 17, 8-13. Luca 18, 1-8
fede sulla terra?"
Le letture di oggi - come avete ascoltato - ci ripropongono il tema della preghiera, l'invito a domandarci: che cos'è pregare? E lo fanno in maniera molto sconcertante per noi... un invito a cercare, a pensare, a domandare, senza credere di trovare risposte semplici.
La prima lettura è per molti cristiani particolarmente suggestiva.
Il popolo d'Israele combatte contro il popolo di Amalèk e Mosè sale sul monte a pregare, a invocare da Dio la vittoria contro i nemici e, quando tiene le braccia alzate, Israele vince; ma è stanco, vecchio ormai e le braccia gli cadono e devono venire due giovanotti a sostenerlo, Mosè tiene le braccia alzate e finalmente Israele vince e passa tutti i suoi nemici a fil di spada!
Questa immagine di Mosè con le mani alzate era molto cara ad alcuni dei ragazzi che preparavano per la Cresima (al tempo in cui era parroco) per sconcertarli un po' bastava chiedere: "Secondo voi, cosa ne pensavano gli uomini di Amalèk passati a fil di spada? Perché Dio ascolta uno e non ascolta gli altri che - forse - hanno pregato allo stesso modo?" E rimanevano molto perplessi! Era un modo per aiutarli a pensare.
II Vangelo ci propone ancora una volta il problema della preghiera che è caro a Luca. L'altra volta (vi ricordate?) Luca diceva: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto". "Chi di voi se ha un figlio che gli chiede un pane, gli darà una pietra?". "Se, dunque, voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre celeste vi darà lo Spirito Santo". "Lo Spirito Santo? Noi ci aspetteremmo che ci dia quello che gli chiediamo!". Perché ci spiazza così, Luca? Perché lo Spirito Santo?.
E oggi è ancora di più provocatorio... C'è un giudice disonesto che non si preoccupa né di Dio, né del prossimo e una povera vedova (immaginate una persona anziana) che va ogni mattina a tirarlo per la veste e a chiedere: "Fammi giustizia..." E lui lo fa non per amore della giustizia, ma perché si stanca di essere disturbato da questa vecchia! E Luca conclude: "E Dio non farà forse giustizia ai suoi figli? Non risponderà prontamente alle loro preghiere?".
Tutto sembra semplice, vero? Poi la conclusione ci spiazza completamente: "Ma il Signore, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" E che c'entra? Perché questa domanda così inquietante? E se la preghiera non fosse altro che il combattimento giornaliero, incessante, di ogni cristiano per conservare la fede?
Fede che non è qualche cosa di astratto, credere ad alcuni Misteri di difficile comprensione, no, fede è qualche cosa di molto concreto! È conservare nel nostro cuore i valori che Gesù ci ha trasmesso. Conservare il senso della giustizia, della pace, della gratuità, della fraternità, del riconoscersi fratelli... tutti valori che - a volte - è difficile conservare dentro di noi.
Ogni uomo ha il dovere, oltre che il diritto assoluto di curare la propria coscienza. La coscienza non è qualche cosa che abbiamo dalla nascita bella e confezionata... qualcuno dice: "Ascolta la tua coscienza". Ma cos'è la coscienza? La coscienza ce la formiamo nel corso della vita... ascoltando le persone che ci sembrano sagge, cercando i valori importanti, facendo - per chi è credente - riferimento a Gesù... ed è qualche cosa di cui siamo responsabili.
È nostra cura cercare l'essenziale (e - dice il Vangelo - con una preghiera incessante) facendo riferimento a Dio che abita "l'oltre", senza fermarci alle nostre passioni, ai nostri desideri immediati, senza ascoltare il primo imbonitore che parla per condizionare la nostra coscienza.
Vedete - il secolo precedente ci ha lasciato un monito importantissimo per ogni cristiano su cui dovremmo continuamente interrogarci... Perché nella terra cristiana e non di gente selvaggia, ma nella terra di Bach, di Beethoven, di Kant, di Goethe, nella terra di tanti scienziati, si è affermato il nazismo? Dov'era la coscienza di questa gente? Perché hanno preferito la volontà di potenza, hanno preferito l'orgoglio nazionale al rispetto dell'uomo? Perché si è potuto verificare lo sterminio di milioni di persone nei campi di concentramento? Dov'era finita la coscienza della gente? Perché tanta gente ha lasciato inquinare la propria coscienza? E quello che è successo il Germania è successo in gran parte anche in Italia: le leggi razziali... rimangono un'onta per noi... per noi, per i nostri padri che erano credenti!
Ecco la necessità della preghiera, ecco il combattimento quotidiano... per conservare nel cuore la fede, i valori essenziali.
"II Figlio dell'uomo, quando tornerà, troverà la fede?" È una domanda inquietante per tutti noi. Nel cammino della vita riuscirò a conservare la fede? Ripeto, non una fede astratta, non una fede che obbliga a venire in chiesa... no! La fede che ci fa fratelli di tanti uomini di buona volontà: la fede nei valori, la fede nelle cose importanti. Valori e cose importanti che non sono a buon mercato, devono essere custodite, conservate dentro di noi.
Noi sediamo sulle spalle dei grandi che ci hanno preceduto e soprattutto per il cristiano sulle spalle di Gesù, ma dobbiamo ascoltarlo, far nostra la sua vita, i suoi valori. Soltanto così potremmo conservare una coscienza limpida e seria, soltanto così potremmo conservare la fede, una fede concreta che ci fa capaci di dare il nostro contributo alla giustizia e alla bellezza del mondo.
Il Signore ci aiuti
"O Dio, ti ringrazio perché non XXX DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 27 Ottobre 2013
sono come gli altri uomini ladri, Luca 18, 9-14,
ingiusti, adulteri..."
La parabola di oggi - come avete ascoltato - ci presenta due personaggi: il primo è una persona onesta, che non ruba, paga tutte le tasse, va al Tempio regolarmente, fa i suoi digiuni, osserva tutte le pratiche religiose con grande cura.
L'altro è un pubblicano, cioè un esattore delle tasse: uno che è al servizio del potere romano; un potere che si occupa solo di arraffare quello che può, quindi un collaborazionista, uno sfruttatore della povera gente e non solo riscuote le tasse per i romani, ma cerca più che può di arricchirsi, è un ladro.
Chi dei due riceve la vostra approvazione, la vostra simpatia? Credo di non avere dubbi! Eppure Gesù rivolta completamente la frittata! Il secondo torna a casa giustificato, il primo no! È una provocazione, ma una provocazione forte, per me, per voi, per tutta la nostra società.
Chi viene in chiesa e cerca di essere una persona onesta corre un rischio... ce lo dice l'inizio della parabola detta "per alcuni che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri". Ecco il rischio che corre chi viene in chiesa ogni domenica, chi cerca di comportarsi bene... il disprezzo degli altri, il sentirsi in credito nei confronti della società e della vita. Crede di aver fatto tutto il suo dovere e si aspetta una ricompensa. Non vive la gratuità, la condivisione e - soprattutto - ha fatto della sua giustizia il piedistallo per giudicare il suo prossimo e - spesso - è un giudizio maligno e cattivo.
Posso dirvi la mia esperienza? Nel lungo cammino della mia vita sacerdotale (ormai sono più di cinquant'anni) sapete da chi ho ascoltato i giudizi più severi e maligni? Da persone che venivano a Messa tutte le domeniche e - a volte, addirittura - tutte le mattine! Persone dal cuore duro che condannavano, giudicavano - a volte - le persone che avevano vicino, - a volte - i propri figli, i propri nipoti con un giudizio cattivo che non ammetteva la giustificazione, la comprensione.
E questo vale anche per questa nostra società che giudica perché molti si sentono "onesti"... quelli che pagano le tasse, che fanno il loro lavoro e rischiano di perdere il senso della misericordia.
Per farvi un esempio... mi trovavo ad ascoltare qualche settimana fa uno dei nostri deputati che diceva, gridando: "I nostri emigranti andavano in Germania, negli Stati Uniti e si rimboccavano le maniche e lavoravano! "Questi" vengono e rubano...!" Nessuno ha detto a questo signore: "Torni alle elementari, cerchi una buona maestra e si faccia insegnare la storia! E adesso la denunciamo per plagio perché ha ripetuto le identiche parole che dicevano gli americani e i tedeschi nei confronti della nostra gente! Perché la nostra gente ha riempito l'America della mafia e così anche la Germania!" e ci disprezzavano e ci giudicavano, senza tener conto delle tantissime persone oneste.
Anche una società può sentirsi giusta e chiudersi e disprezzare… a volte, addirittura i bambini ed è qualche cosa che non si può accettare nel nostro cuore. Ecco perché è bene che tutti noi ci sentiamo un po' come il pubblicano in fondo alla chiesa, perché abbiamo nel cuore qualche peso, soprattutto l'incapacità di fare il bene fino in fondo, di amare totalmente, di vivere pienamente la gratuità.
Spesso ci dimentichiamo della fortuna che abbiamo avuto di essere persone perbene. Io non cesso di ringraziare mio padre, mia madre, i miei nonni, le persone che ho incontrato nella mia esperienza... - tanti - li ricorderemo venerdì prossimo... tante persone che hanno fatto di me una persona fondamentalmente onesta: questo è la ricchezza della mia vita. Questo non mi permette di giudicare e - soprattutto - di disprezzare il mio prossimo. Chi sono io per disprezzare gli altri? Chi sono io per giudicare il mio prossimo?
Ecco la provocazione di questa parabola che Gesù rivolge soprattutto a noi. A noi che ci ritroviamo qui in chiesa ogni domenica per la preghiera. A noi anche se non siamo del tutto giusti Gesù vuole bene... si fa Pane per noi, ma ci chiede: "Siate un po' come me, andate incontro alla gente che ha il cuore pesante, a chi ha sbagliato".
Gesù - vedete - si ritrovava a tavola (e per questo lo rimproveravano) non con i giusti, ma con i peccatori, con la povera gente, con me, con noi. Ecco, essere un po' come Gesù, vivere la gratuità, ritenersi fortunati se si è onesti e si cerca di essere giusti e ringraziare il Signore e fare di questo dono che abbiamo ricevuto qualche cosa che gli altri possano condividere con la nostra testimonianza, ma - soprattutto - essere capaci di non condannare, di non giudicare malignamente nessuno.
Giudicare i fatti, sì. Giudicare i drammi che succedono nel mondo, sì, ma le persone... le persone lasciamole giudicare a Dio e sentiamoci lieti del nostro essere giusti e ringraziamone il Signore, ma mai facciamone un piedistallo per la critica severa, il giudizio maligno.
II Signore ci aiuti.
"Zaccheo, scendi subito, XXXI DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 3 Novembre 2013
perché oggi devo Luca 19, 1-10
fermarmi a casa tua".
Ho letto e raccontato questa pagina del Vangelo centinaia e centinaia di volte... serviva a preparare i bambini alla prima Comunione. Nell'ultimo incontro mi piaceva raccontare questa storia e oggi vorrei invitare anche voi a guardare questo racconto con gli occhi di un fanciullo, facendo appello a tutta la vostra fantasia.
Non domandatevi chi era Zaccheo e come è possibile che un uomo anziano si arrampichi su un alto albero com'è il sicomoro, (son tutte domande che non hanno senso) qui non ci troviamo davanti al racconto di un fatto avvenuto, ma ad un simbolo: forse uno dei più belli della nostra fede e del nostro incontro con Gesù, allora, aprite gli occhi della fantasia e cercate di guardare Zaccheo, ha un nome che non troverete più nel Nuovo Testamento e, forse, ciascuno di noi farebbe bene a sostituirlo con il proprio nome.
Zaccheo era ormai avanti con gli anni perché era diventato un capo, una persona importante e si era arricchito. Aveva basato tutta la sua vita sulla ricerca del potere, del denaro e gli era riuscito, forse perché era capace, ma sentiva nel cuore un'inquietudine, forse aveva smarrito le cose essenziali della vita, non aveva saputo cogliere quello che è veramente importante nel cammino dell'uomo e ha sentito parlare di Gesù di Nazareth: dice parole semplici, ma profonde, che colpiscono il cuore. È completamente diverso da lui. Non ha nessun potere, non è ricco, va in giro mendicando il pasto dagli amici - eppure - attira la gente e chi gli va dietro sembra pieno di entusiasmo: chi è quest'Uomo?
Zaccheo sente il desiderio di conoscerlo... va, ma trova la "folla", la folla che gli impedisce di incontrare il Signore. Zaccheo è piccolo, ma non di statura! Zaccheo è piccolo perché non sa superare la "folla". Non sa superare la mentalità comune, i tanti valori che circolano intorno a lui.
C'è una "folla" che impedisce anche a noi di incontrare il Signore, di cogliere i valori importanti della vita: c'è tanto consumismo anche oggi. C'è tanto disprezzo per chi è diverso. C'è tanta incapacità di cogliere l'essenziale: la "folla", che incontrate sui giornali, alla televisione.
Zaccheo non si ferma, vuole andare oltre e si arrampica come un monello sull'albero e si sarà nascosto, un po' impaurito, tra le foglie, forse ha paura di essere scoperto: Gesù si ferma sotto l'albero!
Guardate un momento Zaccheo: "Che farà adesso Gesù? Forse mi rimprovera per tutto quello che ho rubato? Forse aizzerà la folla contro di me, Lui che è un profeta severo?". Niente di tutto questo! Uno sguardo: "Zaccheo, scendi, voglio fermarmi a casa tua, voglio mangiare con te".
E Zaccheo scende pieno di gioia. Negli occhi di Gesù ha veduto altri orizzonti, ha veduto un mondo che - forse - lui non ha mai scoperto: il mondo dell'amicizia, della gratuità, della tenerezza; il mondo della ricerca dei valori essenziali e Zaccheo conosce, forse per la prima volta, la gioia, la pienezza della gioia; la gioia che sta nel profondo del cuore: è il senso della vita cristiana.
Vedete, spesso ci hanno proposto la vita cristiana come qualche cosa di cupo, fatta di rinunce, di digiuni, di sofferenze, di negazione di ogni piacere e di ogni gioia. La gioia e il piacere troppe volte ce le hanno mostrate come cose sospette. L'incontro con Gesù è per Zaccheo un'esplosione di gioia e corre a preparare da mangiare e - ormai - le cose di prima non contano più... "Se ho rubato restituisco quattro volte tanto, la metà dei miei beni la do ai poveri". Ormai ha scoperto che c'è qualche altra cosa per cui vale la pena di vivere! Qualche cosa di più profondo, qualche cosa che riempie la vita veramente di gioia. La gioia, la dimensione importante del credente!
(A questo punto debbo sempre fare una parentesi) C'è qualcuno, anche tra di voi, che oggi non può provare gioia per tanti diversi motivi. Non si preoccupi, non si faccia sensi di colpa. L'invito alla gioia non può portare colpe. La gioia è un sogno e noi vi auguriamo... e io auguro di tutto cuore a chi oggi non ha gioia nel cuore che possa un giorno provarla, quando le condizioni della vita siano cambiate.
Ma ora immaginatevi che qui ci sia un albero e che ci siamo sopra tutti noi, nascosti tra le foglie e Gesù passa sotto e ci guarda...: "Scendi, voglio mangiare con te". Non avete da preparare la tavola come ha fatto Zaccheo: la Tavola è già pronta! Lui si fa Pane per farci sentire la sua vicinanza, per condividere la nostra vita. Lui vuole che sentiamo la bellezza di ritrovarci insieme come fratelli intorno a una tavola, uniti con Lui, nutrendoci di Lui, dei suoi sogni…
Ecco, siamo qui tutti intorno alla Tavola: Gesù è in mezzo a noi e ci invita a mangiare e ci invita alla gioia, alla pienezza della vita, alla gratuità, alla fraternità, a scoprire tutto quello che è bello e buono.
Il Signore ci aiuti
"Dio non è dei morti, XXXII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 10 Novembre 2013
ma dei viventi..." Luca 20, 27-38
Presentano a Gesù, alcuni ebrei che, fedeli all'antica tradizione, non credono nella risurrezione, la domanda che ha attraversato la vita degli uomini fin dai primi tempi: "C'è un'altra vita? C'è la speranza della risurrezione?". La risposta di Gesù - come avete ascoltato - è estremamente sobria. Si limita a dire che questi sadducei hanno torto, che Dio è il Dio della vita.
Ora se confrontate questa risposta di Gesù con tutti i discorsi che avete ascoltato - alcuni di voi fin dall'infanzia - sull'Inferno, il Paradiso e soprattutto sul Purgatorio... se la confrontate con tutte le immagini che avete visto, a volte straordinarie... pensate al Giudizio Universale di Michelangelo, a quello di Giotto a Padova, quasi tutte le chiese antiche avevano questa immagine del tormento e della gloria.
Ci sono stati, nella storia Chiesa, santi e santoni che ci raccontano di essere stati di persona all'Inferno e aver visto i tormenti... tutto questo per mettere paura alla gente: paura di Dio, del suo giudizio. Si pensava - un tempo - che la gente si potesse convertire attraverso la paura.
Gesù dice pochissime parole... perché di quello che è oltre la morte non possiamo sapere, vedere, immaginare nulla. Noi siamo uomini del tempo e cosa sia l'eterno sfugge completamente alla nostra immaginazione, alla capacità di pensare... non possiamo nemmeno balbettare una parola.
Credo che se il credente è serio, sulla sua bocca rimane soltanto la parola di Gesù sulla croce: "Padre, nelle tue mani affido al mia vita". Quasi un sospiro, un'invocazione; senza poter vedere, sapere, capire, immaginare niente. Per noi lo spazio è quello di "questa" vita: questa è la nostra vita!
E, allora, se rileggete questa pagina vi accorgerete che Gesù parla di "questa" vita, parla della nostra fede, del senso del nostro vivere e ci dice almeno tre cose (ce ne sono altre, ma su tre vorrei attirare la vostra attenzione).
Dio non è il Dio della morte, ma della vita e a noi uomini ha affidato la vita! È quello che ripeto quasi tutte le volte che mi capita di celebrare un funerale. Noi non abbiamo nessuna altra possibilità di rispondere alla morte se non quella di moltiplicare la vita, di difendere la vita con passione, di moltiplicare la vita degli uomini nella tenerezza, nell'accoglienza, aumentando il piacere, la gioia, la gratuità. Dobbiamo difendere la vita anche degli animali, di tutte le creature del mondo. Dobbiamo difendere il creato per non sciuparlo… il nostro Dio ci chiama alla vita e ama la vita.
La seconda riflessione che trovate in queste parole riguarda la nostra fede. Il Dio in cui crediamo è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe... è il Dio di Gesù - quindi - il Dio della storia! Il Dio che si manifesta nel rapporto con noi. Troppe volte ci hanno parlato dei Dio dei filosofi: il Dio onnisciente, onnipotente, che governa l'universo, il Dio del destino: il nostro Dio è il Dio di Gesù Cristo! Quando guardate questa croce non potete più parlare di un Dio che può tutto. Dio, in sé, noi non lo conosciamo, possiamo intuire qualcosa nel nostro rapporto con noi e di fronte a un bambino che muore, di fronte alla tragedia delle Filippine, dov'è l'onnipotenza? Questa croce non ci parla di onnipotenza: è "questo" il Dio della nostra fede, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe; il Dio che chiama alla libertà, che affida all'uomo la responsabilità.
E c'è un'altra cosa che dice questa pagina del Vangelo (una cosa, forse, oggi particolarmente importante). Quando i farisei chiedono a Gesù: "Questa donna che ha avuto sette mariti, di chi sarà moglie perché tutti e sette l'hanno avuta?". Lui dice: "Voi non capite la potenza di Dio".
Che cos'è la potenza di Dio? È l'amore liberato! Noi viviamo un amore possessivo, geloso. Ascoltate quasi ogni giorno - purtroppo - le conseguenze tragiche: ci sono uomini che uccidono le proprie donne perché non le vogliono perdere, perché le ritengono di loro proprietà: "È la mia donna, non può lasciarmi e, quindi, prima che sia di un altro io la uccido!". È un amore geloso, possessivo. E quello che vale nel rapporto tra uomo e donna vale anche nei rapporti con i figli... a volte vogliamo possederli, i figli. Vale anche nel rapporto con gli amici.
II sogno a cui Gesù ci chiama è un amore libero. Un amore in cui ciascuno si senta amato, ma libero; in cui ciascuno non si senta proprietà di nessuno, perché nessuno può possedere la mia anima, nessuno può possedere me.
Ecco - vedete - non si parla "dell'oltre", l'oltre è affidato alle mani amorose di Dio. Potete ripetere con Gesù, ma è quasi un sospiro: "Padre, nelle tue mani affido la mia vita, ma tu, Padre, hai affidato a me "questa" vita; la vita di chi mi sta vicino, la vita del creato. Tu mi hai invitato a cercarti, nella storia di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, nella storia di Gesù. Tu, Padre, mi chiami ad un amore libero, gratuito verso tutti; verso chi mi sta accanto, soprattutto. Un amore che non sia possesso, gelosia, che non sia volontà di dominare, ma che sia gratuità, apertura".
Parole - direte voi - facili! Non sono nemmeno facili - ve lo posso confermare - ma parole... la vita - lo sapete - è molto più complicata.
Il Signore ci aiuti.
"Quando sentirete parlare XXXIII DOMENICA del TEMPO ORDINARIO - 17 Novembre 2013
di guerre e di rivoluzioni Luca 21, 5-19
non vi terrorizzate…"
Abbiamo letto una piccola parte del grande discorso che, nel Vangelo di Matteo, di Luca e dì Marco conchiude la predicazione di Gesù. Un discorso particolarmente importante per la prima comunità cristiana e - forse - anche per noi, per il momento in cui viviamo. Vediamo di capirci qualche cosa... perché queste parole - per la mia esperienza - spesso mettono ansia nel cuore della gente e, quando una parola del Vangelo mette ansia, preoccupazione, non è più annunzio di speranza, di fiducia, sentimento vivo della presenza di Gesù nella nostra vita, che non può essere presenza di paura, di preoccupazione e di ansia.
I primi cristiani vivono momenti drammatici. In Israele, ormai, si vivono da tempo. Come avete ascoltato ci sono guerre, i Romani hanno invaso tutto, ci sono rivolte, c'è molta violenza. I primi cristiani sperimentano la persecuzione e all'interno delle loro comunità il tradimento.
In questa situazione Gesù cerca di comunicare loro la speranza, la voglia di non rassegnarsi al presente, ma di costruire il futuro; di costruirlo, qui, in questo tempo, nello spazio della vita.
Tante immagini del superamento della paura ci sono nel Vangelo... pensate alla "tempesta sul lago", pensate a tante altre volte in cui Gesù invita i suoi a non aver paura: "Perché avete paura, uomini di poca fede? Alla fine, all'orizzonte della storia ci sono io!".
I primi cristiani pensano che ci possa essere una soluzione magica: aspettano il ritorno glorioso e trionfante del Signore Gesù. Lo aspettano a momenti. Ormai, in questo mondo - secondo loro - non ci può essere più speranza. La speranza è posta in un mondo futuro, in un evento straordinario, grandioso in cui le stelle cadranno dal cielo, il sole si oscurerà, la luna non manderà più la sua luce, in cui ci sarà il fuoco che devasta tutto il male del mondo per far risplendere, poi, i giusti: un'illusione!
E pian piano se ne rendono conto e arrivano a scrivere queste parole (le trovate qualche frase prima, nel Vangelo di Luca): "I farisei gli domandarono: "Quando verrà il Regno di Dio?". Ed Egli rispose loro: "Il Regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, in modo che nessuno dirà: eccolo qui, oppure, eccolo là; perché il Regno di Dio è già in mezzo a voi".
Il regno di Dio avanza faticosamente nella storia. È compito di ogni credente costruire il futuro con passione, con amore, nella libertà.
Qui c'è la straordinaria intuizione che il popolo d'Israele ci ha trasmesso: Israele riceve dalla tradizione del suo tempo l'idea che all'inizio del mondo (conoscete tutti la storia) c'era il mondo perfetto: il Paradiso. In altre tradizioni c'è l'età dell'oro e da allora il mondo decade lentamente. L'uomo diventa sempre più cattivo… non c'è speranza nel futuro.
Israele a un certo punto trova il coraggio di ribaltare... dietro le spalle non c'è il mondo perfetto, dietro le spalle c'è la schiavitù! È L'annuncio della Pasqua. Occorre lasciare l'Egitto, la schiavitù. Occorre costruire un mondo in cui ci sia la giustizia, la libertà, in cui ci sia l'abbondanza... ed ecco le loro immagini luminose: la terra dove scorre il latte e il miele, dove le lance saranno trasformate in falci, le spade in aratri. Un mondo luminoso che il credente è invitato a costruire giorno per giorno con passione, con tenacia.
Questo vale ancora di più per noi cristiani, perché nel futuro non mettiamo soltanto la speranza di una terra, nel futuro per noi c'è Gesù. Siamo convinti che il futuro dell'umanità è Gesù e che verso di Lui andiamo e che questo mondo dobbiamo trasformarlo lentamente, in un futuro luminoso, bello.
Mi capita di sentire: (l'ho ascoltato tante volte nel corso della mia vita e anche recentemente, purtroppo) "Il mondo va sempre peggio, l'amore diminuisce, l'odio e l'egoismo crescono" Questo toglie la speranza dal cuore degli uomini, la voglia di futuro… "Se il mondo va sempre peggio perchè mi devo sforzare?".
Al tempo di Gesù (l'ho ripetuto tante volte) due terzi degli uomini nel bacino dei Mediterraneo erano schiavi, si andava al circo a vedere gente che si uccideva e non si era contenti finché la sabbia del Colosseo non si riempiva di sangue. Oggi queste cose ci fanno orrore! Qualche passo avanti faticoso, difficile lo abbiamo fatto. II senso del rispetto dell'uomo, i diritti universali dovrebbero essere - ormai - patrimonio di tutti noi: ecco la costruzione del futuro, qui, in questa terra.
E - allora - un appello a chi ha la mia età! In questo momento in cui l'Italia sembra dominata dalla paura... continuate a raccontare che cosa era l'Italia negli anni cinquanta! Nel '50 l'Italia era distrutta, ma noi... noi siamo vissuti nella speranza. Intorno a noi c'era chi si dava da fare, si rimboccava le maniche, voleva un mondo diverso, e hanno ricostruito l'Italia in brevissimo tempo. Hanno parlato di un miracolo, il miracolo della speranza! Era gente che non si rassegnava alla distruzione, alla morte.
Badate, questa non è una cosa marginale della vita cristiana, ne è l'essenza. Senza speranza non c'è cristianesimo, senza sguardo rivolto al futuro, senza desiderio di costruirlo, non siamo fedeli a Gesù.
Queste parole che abbiamo ascoltato che sembrano mettere paura ci dicono una sola cosa: nel futuro c'è Gesù, verso il suo Regno noi andiamo... questo Regno è già in mezzo a noi, dobbiamo, per quello che possiamo, costruirlo, arricchirlo, renderlo sempre più vivo. C'è bisogno, in questo momento in Italia, di speranza! Ce ne è stato bisogno sempre, ma forse in questo momento ancora di più. I nostri ragazzi rischiano di veder cadere dal cuore la speranza: è compito - soprattutto - dei vecchi, di ribellarsi, di dire: non è così! Noi abbiamo vissuto situazioni infinitamente peggiori delle vostre... e i nostri padri ce l'hanno fatta!
E - allora - se credete in Gesù, nei suoi valori non rassegnatevi. Nel futuro non c'è il male; ci "deve" essere il bene: è affidato a noi, alla nostra buona volontà, al coraggio del nostro cuore.
Il Signore ci aiuti
"Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!" CRISTO RE - 24 Novembre 2013
Luca, 23, 35-43
Concludiamo oggi l'anno della nostra preghiera dando uno sguardo a Gesù sulla croce. È Lui il nostro Signore. Oggi celebriamo la festa di Cristo Re.
Ma chi è Gesù per noi? Cosa ci aspettiamo da Lui? Le domande che sotto la croce gli rivolgono sono domande importanti anche per noi: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!" Non è sceso, non ha salvato né se stesso, né i due ladroni con Lui!
Ma - allora - chi è Gesù? Perché non risponde alle attese che ci portiamo dentro? Come noi se le son portate dentro i cristiani di tutti i tempi. Vorremmo che Gesù fosse…
Vorrei indicarvi tre aspetti (ce ne potrebbero essere altri, ma questi tre sono importanti, per quello che ho capito io)
Gesù può servire ad affermare il proprio potere. È stata la tentazione della Chiesa in questi duemila anni. In nome Suo, con la Croce in mano, si sono proclamate crociate, si sono bruciati eretici, scomunicati coloro che pensavano diversamente. Con la croce in mano si sono conquistati immensi territori e sono scomparse antiche tradizioni... sempre con la croce in mano! Sempre per affermare il "potere" di Cristo, Signore dell'universo! Gesù ha potere su tutto - quindi - anche noi partecipiamo di questo potere.
Questo vale anche per il potere dentro casa. Non possiamo imporre ai figli, ai nipoti - in nome di Dio - quello che pensiamo sia giusto. Ho visto genitori usare il nome di Dio per mettere paura ai propri figli. Ho visto padri spirituali (così si chiamano) tendere alla conquista del cuore di alcuni giovani per farli servi - non di Dio - ma della loro volontà di dominare il cuore e la coscienza degli uomini.
Ma è veramente un potere quello di un Uomo inchiodato sulla croce che muore nella solitudine e quasi nella disperazione?
Il secondo aspetto di cui vorrei parlarvi: Gesù viene spesso usato nella tradizione cristiana per difendere le tradizioni, le leggi, i principi irrinunciabili. Tante volte lo hanno opposto al cammino umano: pensate alle grandi controversie sull'universo di Galilei... pensate all'evoluzione di Darwin... "Gesù la pensa così". In nome di Dio, in nome del Cristo, "voi" siete fuori dalla verità! Come se "noi" possedessimo la verità!
Ma non soltanto in questioni così importanti, ma anche in questioni più pratiche... l'autorità di Gesù viene usata per difendere i nostri modi di vedere. Tanti anni fa ci è capitato di fare lunghe discussioni sulla lunghezza dei capelli o delle gonne... "Il Signore vuole così!" Capelli lunghi? Capellone! " II Signore non vuole". Abbiamo discusso dell'uso della lingua latina nella liturgia, ma più profondamente abbiamo avuto discussioni sul nascere e sul morire.
Quanti figli e quali sono i mezzi per limitare le nascite? Non si può! Il mondo cambia ma noi dobbiamo rimanere fedeli a quello che ha detto il Signore... Ma lo ha detto veramente, il Signore?
E anche per quello che riguarda la fine della vita. Abbiamo saputo limitare le nascite e - forse - dovremmo anche occuparci del problema del morire perché, oggi, non ci fanno più morire! L'accanimento terapeutico può essere considerato necessario da certa tradizione cattolica.
Di queste cose possiamo parlare perché Gesù ci ha lasciato (per quello che ho capito io)un principio fondamentale: "Non è l'uomo fatto per il sabato, ma il sabato è fatto per l'uomo". Se fate vostro questo principio vi sentirete liberi perché, il "sabato" è tutto quello che è tradizione, regola, principio irrinunciabile... la vita cambia, i problemi intorno a noi diventano diversi e quello che è fondamentale è il rispetto dell'uomo, di ogni uomo, del più piccolo degli uomini.
Quando la legge, la tradizione, l'autorità non è a servizio dell'uomo... va cambiata! È il principio fondamentale del nostro rapporto con il Signore.
E c'è un altro aspetto su cui vorrei attirare la vostra attenzione. Quante volte nel corso della mia vita ho sentito la domanda: "A che cosa mi serve Gesù?". E se provavate a rispondere che Gesù non ti serve... perché Gesù non è Colui che viene a tappare i buchi delle tue debolezze, che ti guarisce quando stai male... a questo ci deve pensare la tua ricerca, ci devono pensare i medici. Gesù non è il tappabuchi delle tue debolezze, Gesù puoi cercarlo soltanto nella gratuità, nella passione per la giustizia e del bene. Non devi chiederti a che cosa ti serve Gesù, ma a cosa servi, tu, a Gesù, perché il mondo sia più giusto, più libero, più bello.
Il tuo rapporto con Lui non può essere che un rapporto di gratuità. Siamo fatti per condividere la vita, per essere l'uno a servizio dell'altro.
Ecco, l'ultimo giorno della nostra preghiera si conclude con uno sguardo a Gesù sulla croce. Non è venuto per essere servito, ma per servire, per donare la vita e su questa strada ci chiama. Non è il Dio onnipotente che tappa i buchi della nostra debolezza, non è il Dio a cui ricorrere nel momento del bisogno... rischiamo di sentirci dire che se non siamo stati ascoltati è colpa nostra perché non abbiamo saputo pregare.
Il nostro rapporto con Dio non può che essere gratuito, Dio non può servire a difendere la tradizione, i principi.
Non è la volontà del potere che Gesù è venuto a testimoniare in mezzo a noi. È venuto per farci liberi... liberi dal potere, liberi dalla tradizione, liberi dai principi irrinunciabili, liberi dal bisogno di essere accuditi "dall'alto".
A noi, alla nostra passione per la vita, alla nostra ricerca della libertà, della giustizia Gesù si affida. Chiama noi a servire come Lui è venuto per servire. Chiama noi a donare la vita come Lui ce l'ha donata.
II Signore ci aiuti