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OMELIE DI DON CHECCO
Anno Liturgico 2008 -2009 - Vangelo di Marco
INDICE
I domenica d'Avvento - 30 Novembre 2008. 3
II domenica d'Avvento - 7 Dicembre 2008. 5
IMMACOLATA - 8 Dicembre 2008. 7
III Domenica d'Avvento - 14 Dicembre 2008. 9
IV Domenica d'Avvento - 21 Dicembre 2008. 11
NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2008. 13
SANTA FAMIGLIA di GESÙ - 28 Dicembre 2008. 15
II DOMENICA di NATALE - 4 Gennaio 2009. 17
EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2009. 19
BATTESIMO del SIGNORE - 11 Gennaio 2009. 21
II Domenica del tempo ordinario - 18 Gennaio 2009. 23
III domenica del tempo ordinario - 25 Gennaio 2009. 25
IV Domenica del tempo ordinario - l Febbraio 2009. 27
V Domenica del tempo ordinario - 8 Febbraio 2009. 29
VI Domenica del tempo ordinario - 15 Febbraio 2009. 31
VII Domenica del tempo ordinario - 22 Febbraio 2009. 33
I Domenica di Quaresima - 1 Marzo 2009. 35
II DOMENICA di QUARESIMA - 8 Marzo 2009. 37
III DOMENICA di QUARESIMA - 15 Marzo 2009. 39
IV DOMENICA di QUARESIMA - 22 Marzo 2009. 41
V DOMENICA di QUARESIMA - 29 Marzo 2009. 43
PASQUA di RESURREZIONE - 12 Aprile 2009. 45
II DOMENICA di PASQUA - 19 Aprile 2009. 47
III DOMENICA di PASQUA - 26 Aprile 2009. 49
IV DOMENICA di PASQUA - 3 Maggio 2009. 51
V DOMENICA di PASQUA - 10 Maggio 2009. 53
VI DOMENICA di PASQUA - 17 Maggio 2009. 55
ASCENSIONE del. SIGNORE - 24 Maggio 2009. 57
PENTECOSTE - 31 Maggio 2009. 59
SANTISSIMA TRINITÀ - 7 Giugno 2009. 61
CORPUS DOMINI - 14 Giugno 2009. 63
XII Domenica del tempo ordinario - 21 Giugno 2009. 65
XIII Domenica del tempo ordinario - 28 Giugno 2009. 67
XIV Domenica del tempo ordinario - 5 Luglio 2009. 69
XV Domenica del tempo ordinario - 12 Luglio 2009. 71
XVI Domenica del tempo ordinario - 19 Luglio 2009. 73
XVII Domenica del tempo ordinario - 26 Luglio 2009. 75
XXII Domenica del tempo ordinario - 30 Agosto 2009. 77
XXIII Domenica del tempo ordinario - 6 Settembre 2009. 79
XXIV Domenica del tempo ordinario - 13 Settembre 2009. 81
XXV Domenica del tempo ordinario - 20 Settembre 2009. 83
XXVI Domenica del tempo ordinario - 27 Settembre 2009. 85
XXVII Domenica del tempo ordinario - 4 Ottobre 2009. 87
XXVIII Domenica del tempo ordinario -11 Ottobre 2009. 89
XXIX Domenica del tempo ordinario - 18 Ottobre 2009. 91
XXX Domenica del tempo ordinario - 25 Ottobre 2009. 93
TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2009. 94
XXXII Domenica del tempo ordinario - 8 Novembre 2009. 96
XXXIII Domenica del tempo ordinario -15 Novembre 2009. 97
CRISTO RE - 22 Novembre 2009. 99
I domenica d'Avvento - 30 Novembre 2008
"Vegliate dunque: voi non sapete I domenica d'Avvento - 30 Novembre 2008
quando il padrone di casa ritornerà... Marco 13, 33-37
Siamo all'inizio del tempo dell'Avvento, ricomincia il ciclo della nostra preghiera, ci prepariamo al Natale… vedete qui uno dei segni: quattro candele, se ne accende una per domenica. Qualcuno di voi comincerà a tirar fuori i personaggi del presepio, a preparare l'albero di Natale, a pensare ai doni da fare... insomma, quello che facevamo l'anno scorso, quello che abbiamo fatto l'anno prima... il ciclo, l'eterno ritorno, sempre le stesse cose... e noi non viviamo più nel mondo contadino dove questo era molto più sentito: primavera, estate, autunno, inverno... gli stessi lavori da rifare negli stessi tempi, e non solo questo... la sensazione che l'uomo sia sempre lo stesso, che non cambi mai nulla, che tutto si ripeta, soprattutto, le cose negative: le stesse violenze, gli stessi innocenti che vengono uccisi, le stesse crudeltà...
E non riguarda solo il mondo, riguarda anche me e, forse, riguarda anche voi: sempre le stesse pigrizie, le stesse incomprensioni, gli stessi peccati. In un libro della Bibbia: l'Ecclesiaste è scritto: "Niente di nuovo sotto il sole"! Molti di noi hanno questa sensazione, che diventa più forte quando comincia un anno, quando ricomincia un ciclo.
Eppure, vedete, la nostra fede, la fede prima d'Israele e poi la fede di Cristo è il tentativo di andare oltre questo senso ciclico della realtà! È il tentativo di camminare verso una direzione, di non rifare sempre le stesse cose. Israele ha avuto la grande intuizione, di cui tutti siamo figli, di mettere nel cuore della propria fede, l'uscita dall'Egitto...
C'è la schiavitù dietro le spalle; bisogna andare verso il futuro, verso una "terra nuova - per usare le loro parole - dove scorre il latte e il miele" e - per usare la più bella parola ebraica - verso lo "Shalom"... è la pienezza della pace, della tranquillità, è il benessere, è la fraternità, gli uomini che si ritrovano fratelli.
Verso questa "terra" Israele sente di dover camminare e quando ha paura, quando ha la tentazione di tornare indietro verso l'Egitto, verso la schiavitù, verso le stesse cose, sente Dio davanti che lo chiama, lo invita ad andare avanti, a non accontentarsi della strada fatta. Non si è ancora arrivati allo "Shalom", bisogna ancora camminare… questo è anche il cuore del Vangelo!
Si cammina verso Gesù, è Lui l'ultimo orizzonte: vegliate perché Lui deve tornare! Non possiamo accontentarci finché ciascuno di noi… ma anche le nostre case, la città in cui viviamo, il mondo, non hanno raggiunto la dimensione di Cristo. Andiamo "verso", camminiamo, non ci stanchiamo di camminare: è il cuore della fede!
Ma il Vangelo sa che non è affatto semplice, ci sono delle immagini... - mi è capitato di rileggerle proprio nelle settimane scorse - straordinarie: la vita dell'uomo è immaginata come una navigazione in una piccola barca su un mare in tempesta. Si deve arrivare all'altra riva, ma il vento è contrario, le onde stanno per sommergere la barca... c'è Gesù, ma sembra dormire, a volte sembra un fantasma… quando Pietro gli dice: "Fammi venire..." Gesù lo invita a camminare sull'acqua.
Come si può camminare sull'acqua? Eppure, quando Pietro non ci riesce, quando i discepoli si lamentano, Gesù dolcemente li rimprovera: "Perché avete paura, non avete ancora fede?". La fede è andare oltre la paura che ci prende, la paura che le cose siano sempre le stesse, che non cambi mai nulla.
La fede è il coraggio di guardare lontano, di camminare verso Gesù, concretamente, verso i Suoi sogni, verso i Suoi valori… nella casa in cui abito, con la gente che vive con me... aldilà delle mie pigrizie, delle mie vigliaccherie, delle mie paure: essere cristiani significa conservare nel cuore il coraggio della speranza!
State tranquilli! Il Vangelo ce lo ripete spesso: è quasi impossibile! È come "camminare sull'acqua", ma la fede è questa! Non contentarsi di quello che siamo, di quello che è il mondo. Continuare a sognare, a camminare, a cercare di capire cosa significhi seguire Gesù nel concreto dei miei giorni.
Io non ve lo posso dire perché è diverso per ciascuno di noi. Ciascuno di noi ha la propria vita, le proprie esperienze e aspettare Gesù, trovare il coraggio della speranza, significa una cosa diversa per ciascuno di noi… ed è difficile, è "camminare sulle acque"!
Avete ascoltato l'invocazione della prima lettura "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!" Noi sappiamo che Gesù ha squarciato i cieli… è sceso, ma non in modo glorioso, per risolvere magicamente i nostri problemi… il problema delle mie vigliaccherie e delle mie paure... è sceso per farsi compagno di strada, per invitarmi a seguirlo, per chinarsi a "lavarmi i piedi"… ed è qui per farsi cibo per me e mi chiede: "Hai paura, non hai ancora fede?" Ma, poi, non mi caccia via, mi dice: "Vieni, prendi, spezza il mio Pane, mangia"… e mi invita a spezzarlo con chi ho intorno ogni giorno.
Questa è la fede! Non rassegnarsi al ciclo dell'eterno ritorno, camminare verso Gesù, camminare verso la realizzazione dei Suoi sogni, sentirlo vivo per me, per questa società per questo mondo… non dimenticando che, per fortuna, in ogni angolo della terra c'è chi cerca di vivere i valori di Gesù, magari senza conoscerlo.
Gesù ci viene incontro a Natale, viene a condividere la nostra vita; non risolve i nostri problemi, ma ci cammina davanti e ogni tanto si volta e dice a me e a ciascuno di voi: "Coraggio, non aver paura"
Camminiamo ancora, il mondo non può fermarsi finché non arriva a Gesù, finché i Suoi sogni non si avverano: vegliate - ci ripete il Vangelo di oggi - aspettate, cercate il Signore.
Non è facile, è come "camminare sull'acqua", ma questa è la fede! Gesù, qualche volta, "dorme", qualche volta sembra un "fantasma", ma è qui, con noi, ci cammina accanto, si fa Pane... Lo aspettiamo ancora… viene Natale.
Lui ci aiuti.
Un voce grida: "Nel deserto preparate II domenica d'Avvento - 7 Dicembre 2008
la via al Signore…" Isaia 40, 1-11 - Marco 1, 1-8
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore…
Frasi simili ne ho ascoltate molte, nel mio lungo cammino di prete, mi è capitato di ascoltarla ancora la settimana scorsa, per questo comincio così… la frase è più o meno questa: "Gesù non poteva spiegarci con chiarezza come stanno le cose, non poteva dirci con parole semplici cosa dobbiamo fare!".
No, non poteva, perché la vita si evolve continuamente, cambiano gli uomini, cambiano le civiltà, le culture, cambiano le situazioni, non esistono quindi parole che possono avere lo stesso senso in ogni tempo… quando nelle religioni le parole vengono ritenute assolute ed eterne si rischia l'integralismo ed il fanatismo, con conseguenze spesso drammatiche.
La nostra tradizione religiosa è ricca di immagini, di simboli, che vanno interpretati, adattati, resi concreti nella situazione vitale di ciascuno di noi: è il compito della nostra libertà, della nostra ricerca. Io - ma penso sia successo a molti di voi - sono stato educato alla fede con le rispostine del catechismo: piccole frasi che pretendevano di spiegare tutto e, spesso, non spiegavano nulla. Mi hanno insegnato molte regole e regolette, ma raramente mi hanno messo in contatto con i grandi simboli della nostra tradizione religiosa.
Le letture di oggi ci propongono uno di questi simboli il "deserto". Perché il deserto è così importante nella tradizione ebraico-cristiana?
Chi ha avuto la fortuna di passarci qualche giorno parla di spazi sconfinati, di paesaggi stupendi, della bellezza quasi incredibile delle notti stellate: una moltitudine di stelle che noi, abitanti delle città, non possiamo più vedere… di fronte a tanta bellezza l'uomo si sente piccolo, colmo di stupore. Da questa esperienza di meraviglia e di bellezza, secondo qualcuno, è nato nel cuore dell'uomo il senso religioso…
Ma nella Bibbia il senso del "deserto" non viene dalla contemplazione della natura, ma dalla memoria della storia: la storia iniziale e fondante della fede d'Israele.
Il deserto è il luogo della fuga dall'Egitto, del passaggio verso la libertà: non si può rimanere nel deserto, bisogna andare oltre, verso una meta, - ne parlavamo già Domenica scorsa - bisogna avere un sogno, una speranza nel cuore, non ci si può fermare, bisogna camminare in fretta.
Il deserto è dunque il luogo in cui non si possono portare cose superflue, che appesantiscono il cammino, occorre portare solo le cose essenziali: ecco allora un primo significato simbolico del deserto: la ricerca delle cose essenziali, dei valori fondamentali della vita.
Non pensate - è successo già troppo spesso nella storia della Chiesa - alla fuga dal mondo, alle penitenza e al digiuno, a mangiare, come Giovanni, solo "cavallette e miele selvatico", non è questo l'essenziale: Gesù, lo sapete era diverso, per Lui non sono importanti digiuni e penitenze, ma la ricerca dei valori essenziali: la libertà, la giustizia, la tenerezza, il servizio, l'amore, la pace, la solidarietà…
Ecco la solidarietà: nel deserto non si può rimanere soli, chi rimane indietro, chi lascia il gruppo rischia di perdersi e di morire; occorre camminare insieme, aiutarsi, condividere quel poco che si ha, sostenersi a vicenda nel cammino.
Ma c'è di più: nel deserto si va per cercare Dio! Mosè sale sul monte alla ricerca del volto misterioso di Dio, cerca "l'oltre" di Dio, la sua parola, la sua luce.
Cerca di superare la tentazione di fabbricarsi idoli: giù, ai piedi della montagna, c'è la tentazione di farsi il "vitello doro", un simbolo dei valori che impediscono all'uomo di essere libero, di credere, di sognare; a cui l'uomo rischia di sacrificare se stesso e gli altri: il potere, il successo, il denaro, l'egoismo, l'indifferenza.
Ecco alcuni degli aspetti essenziali del simbolo del deserto… ma cosa significano per me in concreto: a cosa posso rinunciare, cosa appesantisce il mio cammino, cosa è veramente essenziale per me, quali valori ritengo fondamentali e come posso viverli nella mia esperienza di ogni giorno?
Cosa significa per me camminare insieme, vivere la solidarietà, cosa posso in concreto condividere con gli altri, chi posso aiutare nel cammino e chi può aiutare me?
E Dio che posto ha nella mia vita? Continuo anch'io a "salire sul monte", a cercare l'oltre, a superare i miei idoli e quali sono?
Domande a cui solo ciascuno di noi può rispondere, in maniera personale, altrimenti restano discorsi astratti e generici.
Il Signore ci aiuti.
"Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso IMMACOLATA - 8 Dicembre 2008
Dio. Ed ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e Luca 1, 26-38
lo chiamerai Gesù"… Allora Maria disse: "Ecco la
serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola".
È un episodio accaduto tanti anni fa, ma mi è rimasto impresso e, ogni tanto, mi torna in mente. Erano venuti nella parrocchia in cui stavo, a "Stella Maris", un gruppo di persone di varie confessioni cristiane... - se ricordo bene era una delle giornate mondiali della gioventù - e s'è fatta una celebrazione comune con tutti questi cristiani: protestanti di varie confessioni, ortodossi: una bella celebrazione, un segno di unità.
Dopo la celebrazione, due signori... - poi ho saputo che uno era un pastore protestante - mi dissero: "Abbiamo visto che nella vostra chiesa c'è solo in un angolo una piccola, bella statua della Madonna e davanti non c'è nessun candeliere, nessuna candela che si possa accendere". E io ho detto: "Forse vi siete meravigliati e avete anche un po' sofferto... - sapete, i protestanti non hanno una grande devozione per la Madonna - per tutto questo devozionismo che c'è in Italia... i tanti santuari, le Madonne che piangono, che versano, addirittura, lacrime di sangue, tutte le candele... forse, questo vi ha un po' scandalizzati!".
Uno di loro mi ha risposto con aria molto dolce: "Vede, padre, noi... - e coinvolgeva anche il suo amico - abbiamo riflettuto su questo e ci sembra che a noi sia mancata un po' la devozione alta Madonna, perché è, per voi, un segno della tenerezza di Dio, della dolcezza, dell'aspetto femminile e materno".
Questo aspetto materno c'è nell'Antico Testamento... Dio, qualche volta, appare come una mamma, ma, spesso, viene trascurato, specialmente nel nord dell'Europa, dove c'è una religiosità severa, un senso rigido, a volte cupo, della legge e del peccato. Quei due dicevano: "A noi, forse, è mancato un po' il senso della dolcezza, della femminilità, il senso della maternità".
Ho trovato molta bello questo: diverse esperienze religiose che si incontrano e si scambiano valori e ognuno stima i valori dell'altro… perché, vedete - lo dicevamo anche ieri - la nostra tradizione religiosa è molto complessa, ricca di immagini, di simboli - in questo caso - di modelli. La Madonna è un modello per un cristiano... non sappiamo quasi nulla della sua vita, i Vangeli ne parlano pochissimo, soltanto qualche episodio… e non sappiamo nemmeno se i fatti si sono svolti come sono raccontati. Eppure Maria diventa nel Vangelo un simbolo, un modello, per la nostra fede, per la nostra vita cristiana.
Forse la prima cosa che viene in mente a tutti voi è che Maria è un simbolo di bellezza: l'Italia è piena di stupende immagini di Maria.
Mi capitava anche sabato scorso di vedere un documentario sul restauro della "Madonna del cardellino" di Raffaello... - forse l'avrà visto anche qualcuno di voi - un quadro stupendo e ce ne sono tanti. Non c'è chiesa antica di Roma che non conservi qualche immagine meravigliosa di Maria, piena di dolcezza, di femminilità, di bellezza.
Ma non è soltanto questo! Se leggete attentamente i pochi episodi del Vangelo che parlano di Lei, vedete che è il simbolo, il modello di colei che sa "vedere", sa accorgersi… A me sembra, per la mia esperienza, questa una virtù soprattutto femminile… Già mia mamma si accorgeva con uno sguardo, quando c'era qualcosa che non andava dentro di me. Ma poi ho visto tante volte questa capacità nelle donne che ho conosciuto!
Pensate al Vangelo che abbiamo ascoltato oggi... Maria riceve un grande annunzio, sta per diventare la madre del Signore, del "Figlio dell'Altissimo"... sembra capire una cosa sola: sua cugina è incinta, al sesto mese e può avere bisogno di lei; si alza e parte.
E se ricordate anche 1'episodio delle nozze di Cana: manca il vino! Forse un'ombra di tristezza sul volto di quei giovani sposi. Chi se ne accorge? Lei! Chi dice a Gesù: "Non hanno vino, bisogna fare qualcosa"? Lei! Lei è capace di accorgersi… e il primo passo per voler bene veramente è quello di accorgerti di chi hai accanto, e saper poi, senza pensarci troppo - come abbiamo ascoltato oggi - affrettarsi a dare una mano.
Ma c'è di più! Maria è il modello di chi sa ascoltare il Signore e fidarsi dell'impossibile. L'angelo le dice: "Sta per nascere Qualcuno dal cielo". Come è possibile? E poi: "Ecco la serva del Signore". Eccomi, io accetto, offro la mia vita, mi metto a disposizione…
Vedete, Maria diventa un simbolo di bellezza, un modello di accoglienza, di tenerezza, diventa un modello di fede, di chi sa accogliere la parola di Dio e fidarsi, di chi sa mettere a disposizione la propria vita.
Se dovessi spiegarvi il senso della festa di oggi: la festa dell'Immacolata Concezione, dovrei cominciare adesso e probabilmente finirei a Natale. Fermatevi qui! Fermatevi a queste belle immagini di Maria. Fermatevi all'immagine della dolcezza, della maternità, della tenerezza, di chi è capace di accorgersi, di chi sa credere, di chi sa fidarsi, di chi sa mettere a disposizione se stessa per il progetto di Dio: è questo il senso della fede!
A questo punto Maria può diventare il modello del cristiano. Non più l'icona, quasi superstiziosa, che ogni tanto manda messaggi, sempre gli stessi, e che ogni tanto piange, non ride mai; non più il segno del miracolismo a cui ricorrere nel momento di necessità, ma il modello di fede, di amore, di tenerezza: la mamma, la donna, colei che sa credere.
Il Signore ci aiuti!
Il suo nome era Giovanni: egli venne come III Domenica d'Avvento - 14 Dicembre 2008
testimone, per dare testimonianza alla luce… Giovanni 1, 6-8. 19-28
Qualcuno di voi, forse, lo ricorderà, ci domandavamo, nelle domeniche precedenti, cosa nutre, cosa sostiene la nostra fede, il nostro credere. Nella prima domenica dicevamo che credere è un cammino verso il futuro, con un sogno nel cuore, con dei valori per cui vivere. Poi abbiamo visto che una lunga tradizione sostiene questi valori. La tradizione migliore che sta dietro le nostre spalle... - notavamo domenica scorsa - non è fatta tanto di precetti, di regole, quanto di grandi immagini, di grandi simboli e - se ricordate - ci fermavamo sul simbolo del "deserto": un cammino in cui occorre rinunciare al superfluo per cercare l'essenziale, che bisogna fare insieme senza isolarsi; soprattutto in cui si cerca Dio!
E poi il giorno dell'Immacolata ci fermavamo su un modello: Maria è il modello della nostra fede!
Valori, simboli, modelli. Non basta! Non basta per credere! Ci vogliono i testimoni! Abbiamo ascoltato per ben quattro volte, nel Vangelo di oggi, queste parole: testimone, testimonianza. Giovanni è un testimone!
In questi duemila anni che ci separano da Gesù, la storia della nostra fede è fatta di testimoni: persone che hanno reso concreti i valori, la realtà di Gesù. Pensate ai grandi santi... a Francesco, a Teresa (abbiamo qui la statua), pensate ai grandi pensatori: Tommaso, Agostino, pensate a Erasmo, pensate anche a quelli che sono stati esclusi: Giordano Bruno bruciato in piazza!
Ma ricordate anche i grandi scienziati: Galilei era uno che ci credeva sul serio ed è stato un testimone di cosa significa credere e di come si può ricercare nella Scrittura, non tutto, ma le cose essenziali.
Pensate ai grandi poeti... cosa sarebbe la nostra fede senza Dante? Pensate ai grandi pittori... le immagini della tenerezza, della passione, dell'amore di Gesù, di Maria: immagini stupende che nutrono la nostra tradizione e la nostra fede.
Ma dopo aver dato uno sguardo a "volo d'uccello" a tutti questi, pensate a quelli il cui nome non conoscerete mai... una "moltitudine immensa" di gente di tutti i giorni: contadini, artigiani, giovani, adulti; gente che ha saputo cercare Gesù con tutta la passione del suo cuore e ha portato fino a noi il "testimone" della fede: testimoni concreti!
Quando si legge - capita di sentirlo spesso anche in televisione - che la storia della Chiesa, è fatta di inquisizioni, di crociate, di scomuniche... tutte cose vere, di cui dobbiamo tenere conto, ma spesso ci si dimentica della moltitudine immensa dei testimoni, della gente che ha saputo rendere concreti nei vari tempi della storia dell'uomo i valori di Gesù, che ha saputo cercare Lui e testimoniarlo.
Ma non basta! Non basta, perché ciascuno di noi non sarebbe qui se non avesse i suoi testimoni. E io, oggi, vorrei invitarvi tutti a ringraziare il Signore, ripensando un momento a questi testimoni… anche, per dare ragione a questa pianeta che porto (forse per voi un po' strana) è rosa, oggi è la domenica "gaudete": un invito a rallegrarsi! A metà dell'Avvento, come a mezza Quaresima c'è una domenica festosa: è oggi!
I miei testimoni non sono quelli di nessuno di voi e i testimoni di ciascuno di voi non sono quelli degli altri. Noi, se siamo qui, abbiamo avuto ciascuno i nostri testimoni della fede.
Io sono stato particolarmente fortunato... ne ho avuti una moltitudine, solo a nominarli finiremmo a Natale: mio papà, mia mamma, i miei nonni, alcuni zii, grandi patriarchi del mondo contadino e, poi, la gente che ho avuto intorno nella mia vita, fin da quando ero ragazzo: gente che mi ha testimoniato la passione per il bene, per la libertà; gente mite, misericordiosa, che aveva fame e sete di giustizia.
Nella mia storia ci sono bambini, giovani straordinari, adulti, anziani con i capelli bianchi, le ginocchia vacillanti, ma capaci di testimoniare serenità, tenerezza, amore per la vita, delicatezza, rispetto... qualcuno ne conoscete anche voi, perché alcuni sono comuni, ma i miei sono solo i miei! L'elenco mio non è quello di nessuno di voi.
Pensate... - cosa quasi miracolosa, mi ritengo uno dei cristiani più fortunati della storia - nel mio elenco ci sono anche parecchi sacerdoti, c'è, anche un vescovo, un parroco, addirittura, un Papa, cosa che, forse, non è successa a nessun cristiano nella lunga storia della fede: sono i miei testimoni!
Come non rendere grazie al Signore per tutta questa gente? E quali sono i vostri testimoni? Chi è stato, per voi, testimone dei valori di Gesù, chi è stato per voi testimone di tenerezza, di ricerca di libertà, di attenzione verso gli altri, di passione per il bene?
Certo, nella fede ci vogliono i grandi sogni, i grandi ideali di Gesù, ci vuole la tradizione, i simboli, ci vogliono i modelli, ma se non ci fossero stati i nostri testimoni, noi non saremmo qui!
E, allora, cantate con me il vostro grazie al Signore per tutti quelli che nella vita ci hanno camminato accanto e sono stati testimoni… e ricordatelo ogni volta che alla televisione vedete tutto il male... ricordatelo, ogni volta che nei libri leggete tutte le malefatte della storia della Chiesa... è tutto vero, è terribilmente tutto vero, ma non c'è solo questo nella vita!
Ci sono i testimoni! C'è la gente che ci aiuta a vivere e a credere; la gente che ci ha voluto bene, la gente che è stata per noi testimone di bellezza, di giustizia, di libertà, di vita... speriamo di camminare anche noi su questa strada.
Il Signore ci aiuti.
L'angelo le disse: "Non temere, Maria, IV Domenica d'Avvento - 21 Dicembre 2008
perché hai trovato grazia presso Dio. Luca 1, 26-38
Ed ecco, concepirai un figlio... "
Abbiamo tentato in questo tempo d'Avvento di chiederci cosa nutre la nostra fede, il nostro cammino verso i sogni, i valori, gli ideali di Gesù… e ci siamo detti che abbiamo una lunga tradizione che può aiutarci, sostenerci: una tradizione fatta non tanto di regole, di precetti, quanto di grandi simboli, di grandi immagini, da tradurre nel concreto della nostra esperienza.
Ci siamo poi detti che la nostra fede è sostenuta anche da alcuni modelli: Maria che troviamo ancora oggi nel Vangelo... - è la seconda volta in questo Avvento - può essere il modello della nostra fede, del nostro credere, del nostro fidarci di Dio.
E poi, domenica scorsa... - qualcuno di voi lo ricorderà - dicevamo che tutto questo non basta, se ciascuno di noi non ha dei testimoni, delle persone che hanno resi vivi, concreti, i valori di Gesù... persone che hanno condiviso il nostro cammino, che sono stati per noi, in qualche modo, testimoni di gratuità, di libertà, di vita, di amore… era un invito, domenica, a ringraziare tutti questi testimoni!
Non basta per arrivare a Natale! Direte voi: "Cosa manca ancora?". Manco io, manca ciascuno di noi! La fede rimane un fatto personale! La mia scelta di Cristo, la mia accoglienza di Lui, il fare spazio a Gesù nella mia vita.
Come posso, allora, prepararmi al Natale, cosa posso fare? Non vorrei suggerirvi nessuna cosa concreta da fare, questo, ciascuno di noi, forse, l'ha gia fatto, forse, troverete ancora il modo... vorrei indicarvi degli atteggiamenti che ritengo fondamentali, almeno per quello che ho capito io.
Una dei grandi simboli che abbiamo incontrato in questo Avvento: il "deserto", ci ricordava la ricerca dell'essenziale; il cammino nel deserto non consente carichi superflui, bisogna lasciarli per via.
Cos'è l'essenziale del Natale? Vi risparmio, perché ritengo delle sciocchezze, le cose che avete ascoltato tante altre volte in questi giorni sul Natale consumistico... credo che viviamo un momento in cui se uno ha un po' di soldi fa bene a spenderli... aiutiamo tanta povera gente o delle persone che rischiano di perdere il lavoro... (ma queste sono questioni di cui mi intendo poco). Avete fatto regali? Alcuni ne dovete comprare ancora? Fateli! Avete preparato un bel pranzo di Natale? Vedete se potete aggiungere qualche altra cosa! Avete fatto un bell'albero di Natale? Forse c'è una luce in più da mettere! Tutte queste sono cose importanti, ma poi c'è l'essenziale!
Proviamo, in questo Natale, a guardare il sole, il mare, gli alberi intorno a noi anche in questo inverno... il sole ricomincia a salire: è anche la festa del sole "invitto", non lo dovremmo mai dimenticare! Ma soprattutto guardiamoci negli occhi gli uni gli altri.
In queste feste di Natale, a volte, così complicate e noiose, guardiamoci negli occhi, ritroviamo il coraggio di guardarci, di guardare noi, la nostra vita, quello che siamo, quelli che sono i nostri rapporti: questo è l'essenziale. Il Natale è tempo di cercare qualche cosa di nuovo nel nostro stare insieme, nella nostra capacità di incontrarci, di condividere la vita...
L'altra cosa che vorrei suggerirvi è, forse, la più difficile del nostro cammino di fede; una cosa quasi impossibile!
Stiamo leggendo, con vari gruppi, il Vangelo di Marco che ci ricorda, quasi in ogni pagina, che tutti noi ci aspettiamo qualcosa da Dio. Marco proibisce a tutti di dire che Gesù è il Messia. Ripete continuamente che non bisogna divulgare i segni miracolosi, perché non vengano presi per prodigi. Quando i farisei gli chiedono un segno, risponde bruscamente che non avranno nessun segno. Perché? Perché la fede è gratuità! Perché il Dio in cui crediamo non è un Dio al nostro servizio. Allora, nel prepararci al Natale, vorrei invitarvi a porvi, con delicatezza e rispetto, questa domanda: cosa mi aspetto dal Natale? Cosa chiedo al Signore? Cosa vorrei da Dio? A cosa penso che serva il Natale? A cosa mi serve Dio? Ecco - se ho capito qualche cosa - la fede è andare oltre la domanda: "a cosa mi serve?". È un cammino verso la gratuità!
Forse dimentichiamo troppo spesso che le due grandi feste della nostra fede: il Natale e la Pasqua ci presentano l'una un cucciolo d'uomo, un piccolo Bambino indifeso: lo troveremo qui la notte di Natale... cosa volete chiedere a un Bambino appena nato? È Lui che ci tende le mani!
E a Pasqua, troveremo un Dio inchiodato sulla croce! Noi, come tutti gli uomini del mondo, pensiamo di aver bisogno di un Dio onnipotente... - lo ripetiamo tante volte nelle preghiere - di un Dio che ci custodisca e ci protegga... e, quindi, tutti noi ci aspettiamo qualcosa e ci dimentichiamo che la fede è un cammino verso la gratuità, alla ricerca di un Dio che non serve a noi… siamo noi che serviamo a Dio, è Lui che chiede il nostro impegno, perché il mondo sia più bello e pacifico.
Non siamo noi a chiedere a Dio la pace, è Dio che chiede a noi la pace: questo è il cuore del Natale, questo è il cuore della fede. Il passaggio difficile... - il Vangelo ce lo ripete quasi in ogni pagina - il viaggio quasi impossibile dal bisogno alla gratuità, dal "cosa mi serve", "cosa ti chiedo", al "cosa mi chiedi", a "cosa servo" a chi mi sta accanto nella vita… è difficile, ma questo è prepararsi al Natale!
E la terza cosa che vorrei suggerirvi è lo stupore, la meraviglia! Non si può vivere il Natale senza stupore! Maria dice: "Come è possibile?". Già, come è possibile… la vita, la bellezza, la pace, l'amore?... Come è possibile che Dio venga a condividere la nostra vita, a camminare con noi, a farsi compagno di strada? La meraviglia, lo stupore e, poi, l'accoglienza, lo spalancare le braccia, l'accogliere Gesù, che viene così com'è e non come noi vorremmo che fosse: è questo il Natale!
Un cuore che si apre, si apre alla meraviglia, allo stupore, all'accoglienza... all'accoglienza di Dio e all'accoglienza di chi ci sta accanto... è un cammino quasi impossibile, ma è il cammino della fede; un cammino che non finisce mai, un continuo passaggio dal bisogno alla gratuità.
Il Signore ci aiuti!
Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, NATALE del SIGNORE - 25 Dicembre 2008
lo avvolse in fasce e lo depose in mangiatoia. Luca 2, 1-14
Se leggete con attenzione i Vangeli, vi accorgete che non riusciamo a sapere né quando Gesù è nato, né dove è nato, né quali sono le circostante della sua nascita. Il Vangelo di Luca, che abbiamo appena ascoltato, ci parla di una stalla, dei pastori che arrivano. Il Vangelo di Matteo ci parla invece di una casa e dei magi che portano doni preziosi. Il Vangelo di Marco non nomina nemmeno Betlemme, non sa che esista e così il Vangelo di Giovanni: insomma, non sappiamo quando, dove, in che condizioni, è nato Gesù.
Questo può sembrare un guaio per noi - come sempre quando non sappiamo qualcosa - eppure, forse, può essere un dono prezioso per questo Natale, perché ci permette di usare la nostra fantasia, la nostra immaginazione e, allora, fate un piccolo sforzo: togliete il presepe! Togliete l'asino, il bue, la capanna, la stella cometa, togliete tutto... e fermatevi!
E, qui, la maggior parte di voi non ha bisogno di immaginazione... fermatevi davanti a un bambino appena nato!
Molti di voi hanno fatto questa esperienza... guardatelo, un momento, un bambino appena nato: ancora sporco di sangue; bisogna afferrarlo per i piedi e scuoterlo un po' perché l'aria gli riempia, per la prima volta, i polmoni, bisogna aspettare il suo grido, magari, dargli qualche colpetto: una piccola creatura totalmente indifesa; un refolo d'aria potrebbe spegnerlo.
Un cucciolo d'uomo assolutamente inerme! Non può nemmeno guardarvi negli occhi, i suoi occhi non mettono ancora a fuoco nulla, non può nemmeno sorridere, ciò che contraddistingue la specie degli uomini. Non può far niente, nemmeno tendere le mani, può solo piangere e urlare la sua voglia di vivere.
Ma guardate, un momento, gli occhi della mamma, specialmente, se è il suo primogenito. Questa creatura che è costata tanta, tanta fatica, nove mesi sono lunghi, pesanti... le nausee, il dolore e, poi, la gioia incontenibile di stringere un piccolo bambino, di vederlo per la prima volta attaccarsi al seno e succhiare avidamente il latte... un bambino indifeso che si affida totalmente alla mamma… e anche il papà - oggi molti papà assistono al parto - tenere tra le mani, spesso incerte e trepidanti, questo piccolo essere inerme, che è nostro, frutto del nostro amore… ma, anche, non è nostro: viene dalla forza della vita.
Un piccolo essere inerme, indifeso a cui non si può chiedere niente, assolutamente niente eppure ti riempie la vita di un'emozione, di una gioia che non ha uguale sulla terra.
Adesso guardate il Bambino che abbiamo qui raffigurato! Vedete, non è un bambino appena nato, questo avrà almeno due o tre mesi, è cresciuto troppo in fretta e non solo: questo Bambino è l'immagine di Dio! Forse la maggior parte di voi, specialmente chi ha i capelli bianchi, ha fatto la mia stessa esperienza... quando mi mettevo davanti al presepio pensavo: è Dio e, quindi, sa tutto, mi conosce, conosce anche i pensieri del mio cuore. Ma c'è di più: mi giudica, sa chi sono, cosa ho fatto… e avevo timore, perché mi dicevano che a quelli che non erano stati buoni durante l'anno... quando ero io bambino non Babbo Natale, ma la Befana avrebbe portato un po' di carbone, perché Gesù non era contento, perché Gesù mi giudicava.
Guardate quel Bambino, ci dicono: "È Dio!" e, allora, vorremmo che cresca in fretta, che cominci a parlare, che ci illumini, che faccia qualcosa per noi, che ci mostri la via...
Vedete, non è più un Bambino appena nato, ne abbiamo fatto qualche cosa che risponde alle nostre idee di Dio… e, allora, ritornate a quel bambino che avete stretto tra le mani, ritornate a quelle emozioni, a quei sentimenti e ditevi di nuovo: "È Dio!".
Dio venuto a condividere la nostra vita, a vivere con noi, a camminare con noi per le strade polverose di questo mondo… e non chiedetegli nulla, non si può chiedere niente ad un bambino appena nato! Un bambino appena nato si affida a noi, si affida alla nostra vita, al nostro cuore, alla nostra passione, al nostro desiderio di vederlo crescere, di custodirlo, ma, prima di pensare a cosa dobbiamo fare, all'impegno per farlo crescere... lo stupore, la meraviglia: Dio è con noi! No, non affrettatevi a chiedergli qualcosa, non aspettatevi che faccia qualche cosa per noi… è Dio con noi!
Fratello della nostra vita, amico del nostro cammino, compagno di strada, venuto a condividere con noi la fatica di vivere, lo sforzo di portare la pace dentro di noi, intorno a noi; l'impegno per costruire un mondo più giusto... vive con noi, ma è un piccolo Bambino indifeso, si affida a noi…
E ricordate.. - le mamme, i papà ricordino quei momenti - quel bambino a cui non potevate chiedere niente e che vi era costato tanta fatica... quel bambino vi ha riempito la vita e l'ha trasformata, ve l'ha resa infinitamente più ricca.
Un bambino che nasce è una promessa di vita, un bambino che nasce è una richiesta d'amore, un bambino che nasce è un dono d'amore… e se questo bambino è Dio, Dio ci ama!
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno SANTA FAMIGLIA di GESÙ - 28 Dicembre 2008
di sapienza e la grazia di Dio era su di lui. Luca 2, 22-40
Uno dei maestri più importanti per me, che mi ha insegnato a leggere il Vangelo, la Bibbia era un amico più giovane di me, Angelo si chiamava, insegnava in una delle università ecclesiastiche, qui a Roma, era uno dei più competenti nello studio della Scrittura in tutta Italia... (ma sapete, in questo paese, spesso, i competenti non vengono molto apprezzati). Devo a lui tante, tante cose e, forse, potete approfittarne, qualche volta, anche voi.
Una volta, nell'istituto dove insegnava, gli hanno chiesto di fare un corso sulla famiglia nel Vangelo e nel Nuovo Testamento, per delineare un modello ideale della famiglia cristiana. E lui aveva risposto: "Vedete, nel Vangelo e nel Nuovo Testamento della famiglia se ne parla molto poco e quasi sempre male e quindi, se volete, posso farlo sull'Antico Testamento!" e, difatti, così ha fatto, scrivendo un libro che ho letto parecchie volte.
Che vorrà dire che nel Nuovo Testamento della famiglia se ne parla poco e, spesso, male e perché?
Se volete intuire qualcosa... - il discorso, come potete immaginare, sarebbe lungo - cominciate dal padre Dante: "Vergine, madre, figlia del tuo figlio": già questo non è molto normale... Nel Vangelo di Marco leggete che a un certo punto Maria, con i suoi parenti, lascia Nazareth per andare a cercare questo figlio che se n'era andato di casa e pensavano che fosse uscito di senno... forse era bene riportarlo a casa, perché continuasse a fare il falegname... che andava a fare in giro per il mondo? Pensavano che fosse diventato matto!
Nelle sue lettere Paolo sconsiglia, decisamente, il matrimonio... è meglio non sposarsi... e c'è qualcuno, anche oggi, che pensa che, forse, aveva ragione.
Cosa può significare, questo per noi?
Credo che questo discorso sia importante sempre, ma, forse, particolarmente nel tempo in cui viviamo, oggi quando uno dice: famiglia... non sa bene cosa dica!
Conosco bambini che hanno due o tre padri, due o tre madri, cinque o sei nonni... non sanno a chi dare i resti. Conosco delle persone che si sono sposate due o tre volte. Ci sono persone che sono costrette ad andare a lavorare molto lontano dalla loro casa lasciando, spesso, la moglie i figli o il marito da soli! Cosa significa, per loro, famiglia? Ci sono alcuni che le circostanze della vita hanno lasciato soli o perché non si sono mai sposati o perché sono rimasti vedovi o perché sono stati abbandonati... cosa significa, per loro, famiglia? Che senso ha parlare di un modello ideale di famiglia, quando di famiglie ce ne sono di tutti i generi, specie e qualità?
Oggi assistiamo a famiglie, spesso con grande tenerezza, formate soltanto da due uomini o da due donne. Qual è il modello ideale di famiglia?
Il modello ideale di famiglia - per quello che ho capito io - non esiste! Non può esistere perché siamo tutti diversi... viviamo circostanze diverse... non solo non può esistere, ma è pericoloso, perché il modello ideale porta a giudicare e, spesso, a condannare e allora...?
Da dove potremmo cominciare?
Io credo che potremmo cominciare (scusate il latino) da quello che dicevano gli antichi Romani: "Maxima debetur puero reverentia", cioè a un bambino si deve il più assoluto rispetto e, allora, vedete che l'importante non è un ideale di famiglia, ma la singola persona. È questo bambino che ha diritto al rispetto, così come hanno diritto al rispetto gli adulti.
In questo paese ci capita di vivere un tempo in cui alcuni uomini, forse ne conoscete qualcuno anche voi, vengono da lontano, vivono malamente in baracche, per lavorare qui da noi, facendo lavori che noi non facciamo più... lasciando la famiglia, la moglie, i figli per mandare loro qualche soldo… come hanno fatto i nostri padri e i nostri nonni per tanti anni.
Che significa per loro, famiglia?
Ci sono delle badanti che accudiscono i nostri vecchi, che hanno lasciato mariti, figli, spesso lontani, per racimolare qualche soldo e farli crescere con dignità… come hanno fatto le nostre nonne tempo fa… a loro si deve il più assoluto rispetto!
Allora, vedete... - per quello che ho capito io - non contano modelli ideali di famiglia; contano le persone, le persone concrete con cui abbiamo a che fare, che ci capita di incontrare, a cui si deve il più totale rispetto e, se è possibile, occorre aiutarli, soprattutto se sono bambini.
Ma c'è di più - secondo me - noi viviamo un tempo di difficoltà e di crisi e temo che diventerà ancora più profonda nell'anno che sta per venire. In questi casi il rischio è la paura! Il rischio è che ci si richiuda nella famiglia come in un piccolo guscio e si cerchi di difenderlo a tutti i costi, dimenticandosi del resto...
Nessun uomo è "un'isola", nessuna famiglia è un'isola, non si può vivere rinchiusi nel proprio guscio. Non si può non vivere l'attenzione a quello che ci succede intorno, la partecipazione alla vita comune, la condivisione, il rispetto per ogni uomo, tentando, se ci rimane un briciolo di fede, di cacciare ogni paura dal nostro cuore, di cacciare ogni tentazione di rinchiuderci, perché questo ci porta, a volte, a costruire barricate, a sentire gli altri come nemici, come dei pericoli che insidiano la nostra vita... ci portano via il lavoro, ci portano via lo spazio... la paura rischia di inaridire il cuore dell'uomo!
Rinunciate, allora, a un modello ideale di famiglia, non c'è nel Vangelo! Nel Vangelo - per quello che ho capito io - c'è l'uomo! L'uomo che è prima di tutto, prima di ogni modello ideale, prima di ogni legge, prima di ogni "sabato": l'uomo e il rispetto dell'uomo, del più piccolo degli uomini, dell'uomo che soffre.
Il Signore ci aiuti
In principio era il Verbo, e il Verbo era II DOMENICA di NATALE - 4 Gennaio 2009
presso Dio e il Verbo era Dio. Giovanni 1, 1-5. 9-14
Quando ho cominciato a celebrare la Messa, nel lontano 1961, ancora tutto si diceva in latino, gli altari erano, per la maggior parte, rivolti verso il muro - come i più anziani ricorderanno - e sull'altare c'erano tre quadretti, a volte, con cornici abbastanza preziose; qualcuna se ne trova ancora sulle bancarelle degli antiquari, si chiamavano "carte gloria".
In uno di questi c'era il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato, si leggeva sempre alla fine della Messa. Poi le cose sono cambiate, adesso questo brano si legge molto raramente: forse non è ritenuto più così importante.
Gli studiosi dicono che molti cristiani, all'inizio, hanno fatto una gran fatica ad accettare il Vangelo di Giovanni insieme agli altri Vangeli, pensavano, forse, che fosse troppo diverso. Difatti, se ci pensate un momento, c'è molta diversità dal racconto che abbiamo ascoltato la notte di Natale, i pastori, la capanna, da quello che ascolteremo martedì i Magi, la stella… parole semplici, racconti di persone, oggi abbiamo ascoltato parole astratte e complesse a spiegarsi: Verbo, grazia, verità, luce, tenebre, vita, mondo, carne e i primi cristiani erano probabilmente sconcertati da queste parole troppo astratte.
Qui abbiamo un capolavoro compiuto da una comunità probabilmente molto diversa dalle altre... ha una storia molto complicata. Questa estate ho letto un libro piuttosto grosso, tentando di convertirmi al Vangelo di Giovanni… (non ci sono del tutto riuscito, ma questa è un'altra storia).
Cosa hanno fatto queste persone? Hanno tentato di rendere il Vangelo comprensibile anche ai pensatori, ai filosofi, agli intellettuali del tempo, usando le loro parole, il loro linguaggio, questo linguaggio, era diverso e distante da quello che usavano gli altri, ma, senza preoccuparsene, sono riuscite a compiere questo capolavoro, che è rimasto importante per secoli e secoli.
Anche oggi ogni comunità cristiana dovrebbe tentare di trovare le parole capaci di comunicare l'annunzio del Vangelo ad ogni generazione, ad ogni ambiente.
Quando però le parole si cristallizzano, diventano fisse, rischiano di divenire incomprensibili o almeno di non essere più in grado di comunicare facilmente la verità di Gesù. Qualcuno di voi potrebbe dire: "Ma le parole non dovrebbero durare per sempre, la verità non è sempre la stessa, non è uguale in ogni tempo?". La verità, forse, sì, ma siamo noi che conosciamo la verità, ciascuno la conosce come può, e in maniera diversa secondo i tempi, i momenti e le culture: questo, credo, che sia un discorso scontato!
Basta pensare alla storia della medicina o della fisica o dell'astronomia...! Tante cose sono cambiate… e non perché il sole e la luna siano cambiati, ma perché il nostro comprendere la natura, la storia, la vita cambia. È normale che cambi e quando cambia è normale, anche, che si creino dei contrasti, delle divisioni, delle incapacità a comprendersi gli uni con gli altri.
Il dramma viene - ed ha attraversato molti secoli della storia della Chiesa - quando si cominciano a sacralizzare le parole e si scomunicano gli altri... anche perché, se comprendere la verità della medicina, della fisica, dell'astronomia è difficile, quanto più complicato è capire Dio: Dio, dice il Vangelo di oggi, nessuno l'ha mai visto e l'Antico Testamento ci ammonisce a non parlare troppo di Dio, a non usare troppo le sue parole, perché ciascuno di noi se lo può fabbricare a proprio uso e consumo… e, allora, cosa facciamo? Non parliamo più?
Parliamo! Ma senza assolutizzare le parole, senza scomunicarci… cercando di ascoltarci perché ciascuno di noi, nelle sue parole, può portare un briciolo della verità inaccessibile di Dio, perché Dio nessuno lo conosce e, questo, - per quello che ho capito io - non vale soltanto per noi cristiani, vale, anche, negli incontri con uomini di altre religioni: anche loro tentano di intuire qualche aspetto del volto inaccessibile di Dio… essere capaci di ascoltarci è una cosa che ritengo fondamentale.
Sono discorsi che valgono non solo per le verità religiose, ma anche per i principi morali: in questo periodo sembrano sorgere spesso conflitti di opinioni tra i cristiani. È importante evitare di scomunicarci a vicenda, è importante tentare di capirci, di ascoltarci… è anche necessario - ma qui il discorso sarebbe troppo lungo - che alcuni principi rimangano fondamentali. Ma i principi veramente fondamentali - per quello che ho capito io - sono il rispetto dell'uomo, l'attenzione verso l'altro, specialmente il debole, la tenerezza soprattutto verso i piccoli, i bambini.
Poi è importante che ciascuno di noi non si stanchi di cercare il Signore e la sua luce e anche di testimoniarla a chi ci sta intorno, ma di questo parleremo - se vorrete ritornare - martedì prossimo e leggeremo il racconto dei Magi… sono il simbolo del cristiano!
II cristiano non si stanca di cercare la luce, cammina… cammina insieme con chi vuole condividere la strada con lui, in ogni parte della terra, e continua a cercare la luce… ma non ritiene di possedere la verità, non ritiene mai che la sua verità sia assoluta. La verità è sempre relativa; non perché la verità sia relativa, ma perché noi siamo relativi! Perché noi possiamo conoscerne solo qualche briciolo e possiamo dircelo l'un l'altro, ascoltandoci e tentando di intuire qualche cosa di più. Non è sempre facile.
Il Signore ci aiuti.
Al vedere la stella, i Magi provarono una gioia EPIFANIA del SIGNORE - 6 Gennaio 2009
grandissima. Entrati nella casa videro il bambino Matteo 2, 1-12
con Maria sua madre si prostrarono e lo adorarono.
Avvertiti sogno di non tornare da Erode, per
un'altra strada fecero ritorno alloro paese.
Ritengo, questa, una delle pagine più suggestive del Vangelo, ma se vi perdete dietro alle tante domande che si possono ascoltare anche oggi alla radio, alla televisione o leggere sui giornali, non sapete dove andate a finire, la mente rischia di smarrirsi. Se si comincia a chiedere: quale stella guidava i Magi? Qualcuno dice una cometa, qualche altro una congiunzione di pianeti. E chi sono questi Magi? Potete leggere che sono degli astrologi del lontano oriente, addirittura dell'India, o dei seguaci di Zarathustra, o degli adoratori del sole, dei cultori della luce e via discorrendo...
Se vi chiedete: Erode come può preoccuparsi se gli dicono che nasce un bambino... lui, il grande e potente re d'Israele? Tra l'altro - lo sapete - Erode è morto quattro anni prima della data in cui, noi, fissiamo la nascita di Gesù! Come può aver scatenato una strage di bambini, soltanto preoccupato per un nuovo arrivato sulla terra? E chi sono questi sacerdoti, questi maestri della legge, questi sapienti che sanno tutto, ma nessuno ha la curiosità di andare a vedere cosa è successo, di seguire questi strani personaggi che vengono da lontano? E la folla a Gerusalemme - come avete ascoltato - si turba, comincia a rumoreggiare, si passano parola, ma nessuno si muove, nessuno cerca... perché? Chi è tutta questa gente?
Se cominciate a seguire queste domande, la mente vi porta lontano e rischiate di non capire affatto questa pagina straordinaria.
Provate a girare le domande! Provate a farvene altre: ci sono oggi nel mondo bambini che muoiono? Non poche migliaia come al tempo di Erode secondo il racconto; sono decine, centinaia di migliaia che muoiono per la violenza, le malattie, la fame, vicino a noi, nel Medio Oriente, in Africa, in India, in America Latina... nel mondo tanti bambini muoiono! Muoiono perché nel mondo ci sono tanti "Erodi", tanti che pensano solo al loro potere... oggi! non uno strano personaggio vissuto quasi duemila anni fa!
Ci sono, oggi, nel mondo sapienti che parlano e sembrano saper tutto, che hanno una risposta per ogni domanda e, però, non si muovono a cercare? Basta che accendiate la radio e apriate la televisione, leggiate un giornale e vedete che il mondo è pieno di saccenti, di gente che pensa di sapere tutto, pronuncia sentenze, ma non cerca, non ascolta.
C'è, oggi, una folla che si agita, si turba, che segue le mode, va dietro agli ultimi incantatori, ma in cui, pochi, si preoccupano di capire e di cercare? La troviamo intorno a noi ogni giorno!
E, allora, chi sono i Magi? Sono io, siete voi, ogni cristiano è rappresentato da questi Magi! Il cristiano è uno che cerca Gesù, che insegue la luce, la insegue con coraggio, senza lasciarsi scoraggiare se incontra nel suo cammino la violenza, l'indifferenza, coloro che sanno tutto. Lui continua a cercare la Luce, continua a inseguire la verità, convinto di non possederla mai, ma di doverla sempre cercare.
Il cristiano è uno che cerca di incontrare Gesù, cerca la sua luce nella Parola che ascoltiamo ogni domenica, nel Pane che spezziamo. Il cristiano è uno che cerca Gesù nella gente che ha accanto ogni giorno.
"Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere". "Ma quando, Signore?". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei fratelli lo hai fatto a me".
Gesù, la sua luce, la troviamo dentro di noi, nella sua Parola; Gesù lo incontriamo intorno a noi nella gente che ci sta accanto… e continuiamo a camminare, a cercare, senza mai sentirci sicuri e arrivati.
Qualche volta, anche noi, come i Magi, dobbiamo tornare per "un'altra strada". Erode è troppo grande per noi, troppo grandi sono le tragedie del mondo.... ci si stringe il cuore… anche i Magi tornano per un'altra via.
Il cristiano conosce la sua impotenza, sa che non può contrastare tutto il male che c'è nel mondo, ma non si stanca, per questo, di cercare la luce; non si stanca di conservare la speranza nel suo cuore.
Il cristiano è uno che cerca di incontrare Gesù nel quotidiano concreto della sua vita, nella gente che ha intorno ogni giorno; sa che può incontrarlo, lì, nei piccoli servizi quotidiani; sa che, li, può cercare Gesù e la sua luce.
I Magi siamo noi! Noi che non ci lasciamo scoraggiare da quelli che pensano di sapere tutto, che dicono tante parole sicure, a volte, troppo sicure. Noi non ci lasciamo scoraggiare dalla "folla" che si agita. Noi siamo gente che tenta, nel profondo del proprio cuore, di inseguire la luce, di cercare Gesù nel concreto della propria vita.
Il Signore ci aiuti.
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da BATTESIMO del SIGNORE - 11 Gennaio 2009
Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Marco 1, 7-11
Giordano da Giovanni.
Abbiamo lasciato martedì scorso Gesù nella culla e oggi - come avete ascoltato - lo ritroviamo adulto. Il Vangelo di Luca ci dice che aveva circa trent'anni.
Cosa è successo in questi trent'anni? Non sappiamo assolutamente nulla e, quindi, potete esercitare la vostra fantasia… e può essere utile immaginare la vita di Gesù.
Cominciate a immaginare la casa in cui vivevano, molto diversa dalle vostre: una capanna molto semplice, forse, una specie di grotta con un tetto che sporgeva un po' e dentro un focolare, un grande giaciglio su cui dormivano tutti insieme, un pagliericcio, fatto con un po' di foglie secche, di paglia, e insieme dormivano, probabilmente, anche qualche pecora, qualche capra, qualche gallina, l'asino della casa...
E Gesù com'era? Dormiva di notte quando era piccino o, come qualche bambino screanzato dei nostri giorni, scambiava la notte per il giorno, portando alla disperazione Maria e Giuseppe? E Maria aveva latte a sufficienza?
Gesù, quando ha cominciato a camminare… prima degli altri? Poi, quando andava il sabato alla Sinagoga a imparare, come ogni bambino ebreo, a leggere e a scrivere, era il primo della classe o a metà, oppure l'ultimo?
Nella bottega di falegname, accanto alla casa, come si comportava Gesù? Se gli cadeva un martello su un piede diceva, pure lui, qualche parolaccia? E, se qualche cosa non gli riusciva, avrà preso qualche scapaccione da Giuseppe, come si usava a quel tempo? Adesso i bambini non si toccano più, ma, allora, se non davano scapaccioni non erano bravi padri!
E se qualcuno a cui consegnava il tavolo o la sedia che aveva aggiustato non era soddisfatto... anche lui si arrabbiava e rispondeva, qualche volta, male?
La sera andava all'osteria del villaggio a bere un po' di vino insieme con gli amici? E gli piaceva dire battute e raccontare barzellette? Avrà avuto, anche lui, una simpatia per qualche ragazza del villaggio? E, quando è diventato più grande, cosa lo ha spinto ad andare via da Nazareth? Perché gli stava stretto il paese?
Vedete, tante domande… e ciascuno di noi può rispondere come vuole, tanto non sappiamo assolutamente niente e non sapremo mai nulla di tutto questo!
Ciascuno di voi può immaginare quello che vuole… eccetto che non pensiate di sapere rispondere a tutte queste domande perché Gesù è Dio! Siccome Gesù è Dio… certamente la notte dormiva, certamente era il primo della classe, certamente non diceva parolacce e via discorrendo. Ma se fate così rischiate il più grave dei peccati, quello dell'idolatria! Cioè, pensate di sapere chi sia Dio e che cosa si possa dedurre dalla nostra idea di Dio… siccome Gesù è Dio si comporta così!
Se ricordate, domenica scorsa, l'Evangelo ci avvertiva che Dio nessuno lo ha mai visto. Noi possiamo averne qualche barlume, qualche traccia, cercando di conoscere Gesù. Quindi, il cammino da fare non è: siccome so chi è Dio Gesù si comportava così, ma tentare di intuire qualche cosa di Dio nei gesti, nelle parole, nelle azioni di Gesù… allora, questi trent'anni diventano importanti.
Dio che si fa uno come noi, un bambino come gli altri, a scuola come gli altri a imparare faticosamente a leggere e a scrivere, magari, sulla sabbia, perché non c'era altro modo... Gesù che cresce, che lavora, forse, che si arrabbia, che sente nel cuore il bisogno di andare lontano. In tutto questo cogliamo la presenza di Dio nella nostra vita. Dio con noi nel quotidiano, senza predicare, senza fare prodigi... Dio che lavora, che studia, che cresce: Dio accanto a noi.
Abbiamo avuto la fortuna di scoprire l'importanza di quei trent'anni, nel secolo scorso, da uno dei grandi personaggi della Chiesa, purtroppo, non molto conosciuto: Charles de Foucauld: passò a Nazareth anni, cercando di vivere la vita di Gesù, senza predicare, senza compiere grandi opere, solo cercando di condividere la vita degli altri, di "essere come loro" e diceva che questo è importante per intuire qualcosa di Dio…
Così come è importante quello che abbiamo letto oggi: Gesù se ne va da Nazareth e - come avete ascoltato - si fa battezzare. Il Vangelo di Marco è molto sobrio, gli altri Vangeli metteranno in bocca a Giovanni Battista l'imbarazzo dei primi cristiani: "Sei tu che devi battezzare me, non io che posso battezzare te!".
È l'imbarazzo dei primi cristiani di fronte a Gesù, a questo falegname dalle mani callose, che viene da un paese sperduto e si mette i fila con tutti i peccatori. Non alza la voce, non grida, non predica: si mette in fila con la gente dal cuore pesante, che sa di non essere giusta... si mette in fila con me e - se posso coinvolgervi - si mette in fila con voi, accanto a noi, in cammino verso la giustizia, verso il bene; compagno di strada, compagno di viaggio: è questo viaggio che dovremmo tentare di fare in quest'anno che ci sta davanti.
Cercare le tracce di Dio, cercare le tracce della verità e del bene.... le tracce, soltanto le tracce, senza sicurezze, nel cammino insieme a Gesù di Nazareth!
Vi avviso, è un cammino difficile, quasi impossibile… perché? Perché noi siamo stati educati all'idolatria e non alla fede!
Siamo stati educati a pensare di sapere chi sia Dio, a ripetere che è onnipotente... l'onnipotenza di Dio dobbiamo scoprirla in un bambino che succhia il latte, che cresce, che va a scuola, che impara il mestiere di falegname e non per un giorno, ma per trent'anni… un Dio che finisce sulla croce: questo è l'unico Dio che, noi, possiamo incontrare… in Gesù di Nazareth!
Questo Dio cercheremo, aldilà dell'eredità che ci portiamo sulle spalle, aldilà delle nostre idee di Dio.... lasciatele ai piedi dell'altare. La ricerca di Dio non può mai finire… e un cristiano lo cerca nella vita di Gesù, in quello che possiamo sapere di Lui, della sua Parola, in quello che possiamo intuire nel Pane che spezziamo, qui, ogni domenica: sarà la nostra ricerca, ma avremo Lui per compagno, a Lui faremo riferimento, di Lui tenteremo di ascoltare la Parola, di contemplare i gesti, in Lui cercheremo, senza sicurezze, ma anche con grande speranza, le tracce di Dio e le tracce del bene nella nostra vita.
Il Signore ci aiuti.
"Rabbì - che tradotto significa maestro - II Domenica del tempo ordinario - 18 Gennaio 2009
dove dimori?". Disse loro: "Venite Giovanni 1, 35-42
e vedrete". Andarono dunque...
Penso che non siate così ingenui da pensare che abbiamo letto una piccola storia di tanti anni fa, qui c'è il racconto di un'esperienza: l'esperienza fondamentale dei primi discepoli, ma anche la mia, la vostra, quella di ogni credente. Il cammino della fede comincia, appunto, dalla domanda: "Maestro, dove dimori?". Non si tratta di conoscere l'indirizzo di Gesù, si tratta di cercare, giorno dopo giorno, con passione, la "terra" in cui abita Gesù, il Suo spazio. Gesù - per quello che ho capito io - abita la terra dei valori, dell'ideale, del sogno.
Gesù abita la terra della gratuità, della tenerezza, la terra della libertà, della giustizia. Gesù abita la terra in cui l'uomo ha fame e sete di giustizia, in cui si è miti, misericordiosi, in cui si cerca di operare la pace. Gesù abita la terra in cui, aldilà delle tradizioni, delle regole, si cerca l'essenziale, si cercano i valori che rendono vera, bella, ricca la vita di un uomo; la terra in cui si è convinti che "il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato!".
Ma Gesù abita anche la terra in cui conta un solo bicchiere d'acqua fresca, dato con generosità; in cui non viene mai spento il "lucignolo che fumiga", non viene spezzata la "canna incrinata". Gesù abita la terra in cui contano i piccoli gesti quotidiani, in cui conta la mano tesa, la vita condivisa.
Gesù abita la terra in cui sono importanti anche i piccoli, gli ultimi; in cui chi sbaglia viene cercato e "portato sulle spalle" come da un buon pastore e invitato a rialzarsi e camminare ancora... Gesù non abita la terra in cui si è giudicati e condannati, in cui si è esclusi perché "diversi"…
Gesù abita la terra in cui l'uomo è invitato alla "festa"...
La fede è una continua ricerca della "dimora" di Gesù. Se posso, vorrei oggi invitarvi a prestare una particolare attenzione, perché troppe volte si ascoltano, alla radio e alla televisione, discorsi sulla fede che - a mio avviso - portano completamente fuori strada. Si parla spesso del credente come se avesse sicurezze assolute, dispensato quindi dal cercare e dal confrontarsi: chi pensa di possedere certezze è spesso un fanatico e un intollerante. Il simbolo del vero credente sono i "magi" che senza stancarsi, con passione, inseguono la luce. Qualche volta intravedono qualche segno, qualche barlume, qualche volta la luce sembra scomparire, ma continuano a cercare…
Un altro equivoco - almeno secondo me - è pensare che la fede consista principalmente nel credere in una serie di "dogmi", di verità assolute, ad esempio che Dio esiste, che Gesù è il Figlio di Dio, che è presente nell'Eucarestia… tutte cose importanti, ma la domanda fondamentale della fede, che è bene ciascuno di noi si porti nel cuore, è: "Maestro, dove dimori?", perché essere cristiani - per quello che ho capito io - significa continuare a cercare la terra in cui abita Gesù, qual è il Suo stile di vita, i Suoi valori: è la terra della libertà, della gratuità; è la terra del sogno, dell'ideale, la terra dei valori essenziali… e verso questa "terra" Gesù ci invita a camminare...
"Venite e vedrete" e non una volta sola, ma giorno dopo giorno, alla ricerca di quello che è essenziale nella vita. Essere cristiani è un cammino, una ricerca che non ha fine, per tentare di "abitare" anche noi, nella "terra" in cui vive Gesù!
Un altro discorso, che spesso si ascolta sulla fede, parla di un "dono": alcuni ce l'hanno altri no. Si rischia di parlare della fede come di una cosa, che so un libro, un orologio: ad uno viene donato ad un altro no. La fede è un rapporto personale con una persona, con Gesù. Posso parlare di dono solo se penso ad un rapporto personale. La moglie è un dono per il marito e viceversa, i figli sono un dono per i genitori… ma tutti sappiamo che è un dono che vive una storia continua, con i suoi limiti, i suoi errori, le sue avventure giornaliere e qualche volta può anche drammaticamente finire; è un dono che va continuamente riconquistato e arricchito.
I discepoli, come me, come voi, hanno avuto la fortuna, il dono di incontrare Gesù di conoscere qualcosa dei suoi valori e poi tentano di seguirlo, di abitare nella terra dove lui dimora...
Allora il credente non si sente depositario unico di quei valori, sa che può condividerli con ogni uomo di buona volontà. La fede, se è autentica, non divide da chi cerca la giustizia, il bene e la pace, a qualunque religione, razza o popolo appartenga. Se posso fare un esempio con un personaggio che è ormai un mito: Gandhi… se gli aveste chiesto: tu credi in Gesù? vi avrebbe probabilmente risposto di no, ma continuando a parlare vi sareste accorti che lui "dimorava" nella terra di Gesù più di voi, certamente più di me.
Ecco, se ho capito qualcosa, credere non è possedere certezze assolute, ritenere veri una serie di dogmi, distinguersi dagli altri, ma continuare a cercare la "dimora" di Gesù, i Suoi valori, i Suoi ideali, i Suoi sogni.
Il Signore ci aiuti.
Passando lungo il mare di Galilea, vide III domenica del tempo ordinario - 25 Gennaio 2009
Simone e Andrea, mentre gettavano le Marco l, 14-20
reti in mare e disse loro:"Venite dietro a me..."
Domenica scorsa abbiamo ascoltato il racconto della stessa esperienza, ma, forse, tutti avete notato che oggi è parecchio diverso. Domenica scorsa erano i discepoli che cercavano Gesù... gli vanno dietro, Lui si volta e domanda: "Chi cercate?". E rispondono: "Maestro, dove dimori, dove abiti?". Oggi, invece, le parti si invertono, è Gesù che va a cercare i discepoli: "Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini".
Domenica scorsa dicevamo che essere cristiani significa cercare con passione dove Gesù dimora, qual è lo "spazio" della Sua vita, quali sono i Suoi valori, i Suoi ideali, i Suoi sogni. Dicevamo che lo spazio di Gesù è quello della gratuità, della libertà, della tenerezza, del servizio, dell'amore.
Oggi dobbiamo dire qualche altra cosa! Non so se avete notato una piccola stranezza, in quello che abbiamo letto stamattina. Marco dice che Gesù chiama Pietro e Andrea mentre stanno gettando le reti in mare e, più avanti, chiama Giacomo e Giovanni che stanno sulla barca con il padre e rassettano le reti... che motivo c'è di insistere su questi particolari: sul gettare o rassettare le reti? Non basta dire che sono pescatori?
Non basta! Oggi la riflessione ci conduce a tante domande... i valori, gli ideali, i sogni di Gesù dobbiamo tradurli... - perché non rimangano soltanto vuote parole - nel concreto della vita di ogni giorno, nei nostri rapporti familiari, nel rapporto con il lavoro, con la società in cui viviamo e, allora, permettetemi di proporvi qualche domanda e voi potreste aggiungerne infinite altre per la vostra riflessione.
Cominciamo dai rapporti familiari... se in una famiglia non si va più d'accordo, se è un litigio continuo, se c'è sopraffazione e umiliazione... che fare? E, se un figlio prende una strada che ci sembra pericolosa, fino a che punto deve arrivare la pazienza, l'accoglienza, il rispetto per chi sbaglia? E quali sono i giusti rapporti tra suocera e nuora? Ci sono suocere che sembrano avere la vocazione di rompere le scatole, ma ci sono anche certe nuore… e, spesso, è conflitto, come uscirne, come risolverlo? È facile parlare di gratuità, di libertà, di amore, ma cosa significa? Cosa significa di fronte a una malattia che devasta la vita di una famiglia? Cosa significa di fronte ad un malato di Alzheimer? Fino a che punto la pazienza?
E se usciamo da casa e andiamo - che so - a scuola... come si comporta un insegnante con gli "ultimi"? Il Vangelo parla di accoglienza degli ultimi... ma c'è un limite? E, se questo mette in difficoltà gli altri, se ritarda il cammino dei "primi", cosa fare? Se nella classe c'è un delinquente, un prepotente, uno che non riesce a convivere con gli altri... anche lui è un "ultimo", ma cosa fare? Qual è il limite della pazienza e della sopportazione?
E, se andiamo nel mondo del lavoro... mi chiedeva, parecchio tempo fa, un signore: "Che ci sto a fare io, come cristiano, in un'azienda in cui l'unico motivo di esistere è il profitto, il fare soldi, qualche volta senza troppo curarsi della giustizia e del rispetto della gente?" Che fa un cristiano in un'azienda così? E se, lavorando, mi accorgo che un compagno ruba... cosa fare? Metto in pericolo, se lo denunzio, lui, i suoi figli, la sua famiglia e rischia di essere cacciato! Come debbo comportarmi?
E, se uscite dal mondo del lavoro... si parla, in questi giorni, nella nostra società, molto della vita: il diritto dell'embrione a vivere, il diritto a una morte serena e tranquilla, senza accanimento terapeutico... cosa fare? Chi ha ragione, chi ha torto? E cosa fare in un momento in cui la paura sembra dominare la vita degli uomini? La paura delle donne, in questi giorni; la paura per chi lavora di perdere il posto, di non riuscire a farcela più a portare a casa lo stipendio alla fine del mese... cosa fare, come comportarsi? Cosa significa, in queste circostanze concrete della nostra vita, la gratuità, la libertà, il rispetto dell'ultimo, la ricerca della giustizia?
Tante domande...! C'è qualche risposta? Nessuna risposta! Almeno io non posso darvela, ma non può darvela nessuno, perché le situazioni sono diverse per ciascuno di noi e ciascuno di noi non può che cercare con passione, con tutta la propria intelligenza, il proprio cuore, e tentare di rispondere a queste domande che sono, però, le domande concrete della vita, altrimenti, le parole rimangono vuote e astratte!
Risposte non posso darvene ma un consiglio, sì, e ve lo do volentieri!
Se qualcuno vi dice: "È la legge di Dio che dice così!". Se potete, chiedeteglielo: "Come osi nominare Dio?". Se non potete chiederglielo - accade spesso purtroppo - borbottate dentro di voi: "Come si permette, costui, di nominare il nome di Dio, fosse anche il Papa o un vescovo, come osa nominare Dio?". E poi continuate a cercare con pazienza e fiducia, se potete con l'aiuto di qualche amico, per tentare di rispondere alle domande concrete che la vita vi propone…
Se leggete la Bibbia, vi accorgete che il comandamento più importante è proprio questo: "Non nominare il nome di Dio", noi abbiamo aggiunto "invano" per tentare di correggere anche il Signore...
Non dire cosa Dio vuole, qual è la Sua legge perché, in nome della volontà di Dio, sono state fatte guerre, crociate, sono stati devastati continenti interi... "Non nominare il nome di Dio" chiunque tu sia! Non pensare di sapere qual è la legge di Dio, cosa vuole Dio nel concreto della vita di una persona: è il compito di ciascuno di noi, della nostra intelligenza, del coraggio del nostro cuore, della nostra passione per la vita, cercare di tradurre, nel concreto delle nostre esperienze familiari, sociali, con la gente che abbiamo intorno, i valori in cui crediamo, concretamente, con gesti a volte semplici.
E se non ce la faccio? Se non ce la faccio, so che vado dietro ad un Maestro che non spegne mai il "lucignolo che fumiga", non spezza "la canna incrinata". Un Maestro che ti mette la mano sulla spalla e ti dice: "Provaci ancora!" e se non ce la fai ti tende la mano, perché tu stia in piedi con tutto il coraggio di essere uomo e possa continuare a cercare, con passione, le vie della vita, nel concreto dei tuoi giorni, nei rapporti concreti che vivi... è, là, che le parole di Gesù possono diventare vere e se non ce la fai, Lui verrà a cercarti come il pastore cerca la pecora che s'è perduta, perché tu possa ancora camminare e cercare in piena libertà, ma con tutta la passione del tuo cuore, le vie della vita e nessuno... nessuno, nessuno può dirti cosa Dio vuole.
Nel concreto della tua vita puoi intuire qualcosa solo tu, se cerchi con passione.
Il Signore ci aiuti.
…ed erano stupiti del suo insegnamento: IV Domenica del tempo ordinario - l Febbraio 2009
Egli infatti insegnava loro come uno che Marco 1, 21-28 - I Cor. 7, 32-35
ha autorità...
La cosa forse più curiosa che incontra chi legge il Vangelo di Marco l'abbiamo ascoltata oggi. Ci sono i "diavoli" che sanno chi è Gesù, ma vengono cacciati e devono tacere. Non succede una volta sola, ma almeno tre... addirittura, si prostrano in ginocchio per adorarlo, Gesù ordina loro, severamente, di tacere.
Voi tutti penso sappiate che quando leggiamo di "diavoli" nel Vangelo, non dobbiamo pensare a strani personaggi con le corna e il forcone che, magari, prendono possesso di una persona: sono storie del mondo antico! Il "diavolo" è un simbolo, un simbolo del male, di quello che è negativo. Ma ciò che sorprende è: perché conoscere Dio, sapere chi è Dio è una cosa negativa? Perché chi sa chi è Gesù deve tacere?
Permettetemi di insistere su questo tema... - l'abbiamo già accennato domenica scorsa - che ritengo fondamentale: pensare di sapere chi sia Dio è causa di grandi sofferenze nel cuore delle persone e nella storia della Chiesa.
Dio nessuno lo conosce, non può che essere aldilà di ogni nostro pensiero, di ogni nostra idea, di ogni nostra immaginazione e ciascuno di noi ha la tentazione di farsi un Dio a propria immagine e somiglianza... un Dio severo che punisce e castiga; un Dio consolatore; un Dio che provvede ai guai, quando capitano… insomma ciascuno di noi rischia di farsi - come diceva un ragazzo tanto tempo fa - il proprio "vitello d'oro", il Dio fatto a propria immagine e somiglianza.
Non solo ciascuno di noi ha questa tentazione, ma ha anche quella di imporre agli altri la propria idea di Dio: in nome di Dio sono stati bruciati eretici, streghe, sono stati condannati scienziati, sono stati compiuti orrendi misfatti nel corso della storia della religione, non soltanto della nostra… e purtroppo questo dramma continua ancora.
Dio nessuno lo conosce! Noi possiamo trovarne qualche traccia inseguendolo, cercandolo. Forse, vi aiuta a capire qualcosa di quello che tento di dirvi l'esperienza di Pietro!
Pietro va dietro a Gesù. Ad un certo punto del loro cammino insieme, Gesù si volta verso i Suoi discepoli e chiede: ''Chi sono io per voi?". E Pietro prontamente risponde: "Tu sei il Messia, il Figlio di Dio". Sembra arrivato alla conoscenza! Leggete soltanto qualche parola avanti e trovate che Gesù dice a Pietro: "Sta lontano da me, satana, tu non pensi come Dio, ma come gli uomini".
Pietro, pover'uomo, è diventato "satana"! Lui pensa che Gesù venga da Dio e sia il potente, il forte, il grande, colui che, finalmente, possa restaurare il regno d'Israele, Colui che risolve i problemi della vita di Pietro e, quando Gesù gli annunzia che finirà su una croce, Pietro si ribella, diventa il "satana". Ha creduto di sapere chi sia Dio!
Pietro non arriverà a sapere chi è Dio, ma continuerà il Suo cammino con Gesù e quasi alla fine della storia del Vangelo, Gesù, dopo che Pietro lo ha rinnegato per tre volte, si volterà a chiedergli: "Pietro, mi vuoi bene?". Non gli chiede più: "Chi sono io?". Gli chiede: "Mi vuoi bene?". E Pietro gli risponde: "Sì, Signore, ti voglio bene". Ma Gesù glielo chiede una seconda volta e poi una terza volta e Pietro si sconcerta… "Tu lo sai…" Gesù gli dice: "Pasci le mie pecore".
Gesù incoraggia Pietro a seguirlo nel cammino e, se volete un'immagine... - è soltanto leggenda - qui a Roma c'è la chiesina del "Quo Vadis", Pietro si allontana, ancora una volta se ne va, ancora una volta rinnega il suo Signore e incontra Gesù che cammina verso Roma: "Dove vai, Signore?". "A morire al tuo posto!" E Pietro capisce che ancora deve seguire Gesù, là, dove gli sembrava impossibile poterlo seguire.
Ecco la fede! Il tentativo di andare dietro a Gesù ed intuire qualche cosa di Lui, del Suo cammino, dei Suoi valori, dei sogni del Suo cuore. È una fede fatta di dubbi, di rinnegamenti, di ripensamenti…
Diffidate... diffidate di chi pensa di sapere chi sia Dio; di chi, in nome di Dio, impedisce il funerale ad un povero cristiano; di chi, in nome di Dio, proibisce di ascoltare le richieste di un povero padre disperato; di chi dice: "Questa è la legge di Dio!". Diffidate di questa gente!
E imparate a diffidare leggendo le antiche parole… vi siete accorti della seconda lettura? Qualcuno di voi l'ha ascoltata con attenzione? Paolo dice grandi sciocchezze! Se fosse qui gli diremmo: "Paolo, cosa dici? Che hai capito del matrimonio, che hai capito delle donne? Niente e, allora, taci! Perché dici: Il Signore vuole questo?"
E quando avete costatato che l'Apostolo dice sciocchezze, nessuno può più turbarvi: chiunque parli nella Chiesa può anche dire sciocchezze!
Dio è una ricerca, è un cammino, è una speranza. È un cammino che conosce i dubbi, le incertezze, i rinnegamenti... come Pietro, ma non si ferma, non si stanca… e può capitare anche a voi - come capitava agli apostoli, come è capitato a me - che Gesù si volti e ti chieda: "Te ne vuoi andare anche tu?". "Dove vado, Signore? Tu solo hai parole di vita. In Te ho intuito qualcosa dei valori fondamentali. Tu... - come dice il Vangelo - parli con "autorità" non come gli altri maestri. Tu m'hai messo nel cuore qualcosa di grande, degli ideali per cui val la pena di vivere".
Non so tutto, cammino, cerco, intuisco la gratuità, il dono, il servizio, la comunione, la condivisione... sono i valori che Gesù m'ha messo nel cuore… ma poi a realizzarli...
Realizzarli è un cammino che non finisce mai, che conosce smarrimenti, dubbi, difficoltà, problemi, cadute, ma io non vado lontano da Gesù. Lui m'hai messo nel cuore le cose che contano nella vita... io vado dietro a Lui!
La fede è questo! È il cammino che non si stanca di seguire Gesù, di cercare in Lui le tracce di Dio, senza sicurezze, senza assolutismi... altrimenti diventa fanatismo e il fanatismo genera morte... pensate alla nostra storia o, almeno, a quella parte terribile della storia della nostra fede e, poi, pensate anche ai tanti martiri, alle tante persone dal cuore sincero, ai tanti "semplici" che hanno camminato nella storia inseguendo Dio, i Suoi sogni, tentando di conoscere Gesù.
lo ne ho conosciuti tanti e, penso, anche voi ne avete conosciuti. Sui libri di storia, sul calendario non ci sono i loro nomi... non c'è il nome di mio padre, di mia madre, di mio nonno, di mia zia... non c'è il loro nome, ma sono "giusti".
I giusti che hanno rispetto per altri, i giusti che non osano mai dire: "In nome di Dio, tu devi essere bruciato!". Non lo dicono perché seguono il Signore - per usare le parole del Vangelo -"mite e umile di cuore", Gesù che ti cammina davanti, che ti tende sempre la mano e, se non ce la fai, ti invita a rialzarti e a camminare ancora, come ha fatto con Pietro e con tutti i veri cristiani della storia.
Vi ripeto: diffidate degli intolleranti, diffidate di chi parla in nome di Dio, diffidate di chi crede di possedere la verità.
La verità sulla terra non la possiede nessuno, la verità è una ricerca. Per usare le parole del Vangelo di Marco, bisogna diventare come "bambini", con gli occhi sgranati, stupiti, con il cuore pieno di domande che, spesso, non hanno risposta.
Il Signore ci aiuti
La suocera di Simone era a letto con la V Domenica del tempo ordinario - 8 Febbraio 2009
febbre... Egli si avvicinò e la fece alzare Marco 1, 29-39
prendendola per mano; la febbre la lasciò
ed ella li serviva.
Abbiamo ascoltato, stamane, la prima guarigione di Gesù nel Vangelo di Marco; potremmo chiamarlo il primo miracolo, ma è qualcosa di molto semplice. C'è a letto, nella casa di Pietro la suocera che ha un po' di febbre.
Se telefonate ... - forse vi sarà capitato qualche volta - al vostro medico curante, dicendo: "Ho un po' di febbre..." Vi dice: "Sotto le coperte, un po' di latte caldo, un po' di miele... - se è un medico all'antica - qualche fumento..." Poi passa! C'è bisogno di un miracolo?
Eppure, questo, per Marco è, forse, il miracolo più importante di tutti! È il primo miracolo e ci aiuta a comprendere il senso... - e dovremo riparlarne più volte - che hanno i miracoli nel Vangelo di Marco: sono simboli, segni della vita quotidiana di ciascuno di noi e, questo, è il segno più importante… "la febbre la lasciò ed ella li serviva", ecco questa donna, si alza per "servire".
Marco comincia a parlarci di "servizio" e il lungo cammino del Vangelo, prima di entrare a Gerusalemme, finisce con queste parole: "Siate come me che sono venuto non per essere servito, ma per servire e donare la mia vita".
Il "servizio" è il cuore del Vangelo! La parola servizio, a più d'uno di voi non piace, sembra si parli di servitù, di servi, nell'antichità di schiavi… se non vi piace la parola cercatene un'altra, che so: condivisione della vita, dono di sé, amore, quello che volete, ma il concetto, poi, è sempre quello: il credente vive il dono di sé, l'attenzione agli altri, soprattutto, a chi tribola. Davanti alla porta della casa di Pietro, che è il simbolo della Chiesa, - lo avete ascoltato - si raduna una folla dolorante verso cui bisogna andare, per "servire".
Quando, però, parlate di servizio - o la parola che usate voi - non pensate a fatti straordinari, che so: ai "Medici senza frontiere" o a quelli di "Emergency", che vanno in paesi lontani, dove c'è la guerra, a curare malattie, a chinarsi sui bambini. Non pensate a suore o missionari che vanno in terre lontane. Non pensate a giudici… ne ascoltavo uno l'altro giorno, che cerca di combattere la malavita nella profondità della Calabria. Non pensate a insegnanti che si dedicano ai bambini più poveri, più disagiati, meno curati: sono tutte cose importantissime... queste persone andrebbero onorate; di loro si dovrebbe parlare sui giornali. I giornali, spesso, sono pieni di delinquenti, di gente che uccide, c'è tanta gente, invece nel mondo, che dedica la vita agli altri, con tenerezza e amore.
Ma il "servizio" di cui parla il Vangelo non è solo questo è, anche, il servizio quotidiano di ciascuno di noi. Il primo servizio è quello della mamma e del papà nei confronti dei figli per aiutarli a crescere, per nutrirli, educarli. Servizio è quello del marito verso la moglie e della moglie verso il marito, quello verso gli amici: servizi semplici a volte! Fare una gita insieme o riunirsi la sera a giocare a "burraco". (Io non so nemmeno cosa sia, ma vedo che molti giocano a "burraco").
Il servizio è anche questo: fare una partita a carte con gli amici la sera, raccontare una barzelletta: tutto questo è servizio, tutto questo è attenzione verso gli altri, tutto questo rende la vita più bella, più gioiosa… e di questo si tratta!
E, ricordate, quando parlate di servizio, che non si tratta di miracoli, di prodigi.... al tempo di Gesù il mondo era pieno di lebbrosi, moltissimi erano i ciechi... tutto questo è quasi finito, potrebbero scomparire del tutto non perché dei santi hanno fatto miracoli, ma perché degli studiosi hanno cercato, studiato, hanno inventato i modi per curare e, oggi, tante malattie sono sconfitte e tante altre se ne potrebbero sconfiggere con l'aiuto di tutti.
Il servizio è qualcosa che ci riguarda tutti... nel posto dove lavoriamo, nella vita sociale e politica... ciascuno di noi è invitato a fare quello che può perché il mondo sia migliore, più bello.
Ma c'è una cosa che mi ha intrigato in questi giorni perché - lo avete notato - la mattina dopo Gesù si sveglia di buon mattino, quando ancora è buio e se ne va in un luogo solitario a pregare, arriva Pietro e gli dice: "Maestro, tutti ti cercano!". "Andiamo da un'altra parte!".
Cosa può significare questo per il nostro servizio? Ho chiesto aiuto a qualche persona nei giorni passati e qualcuno m'ha detto: "Pensa a quello che erano un tempo le "dame di carità" che, tutte impellicciate e curate, andavano a fare un po' di elemosina ai poveri, con quel senso di superiorità e di degnazione o, pensa, alle persone più importanti di una città che si vestivano di sacco e andavano a mettersi in mostra nella processione e, spesso, erano anche mafiosi o, pensa a quello spettacolo - secondo me profondamente indecoroso - a cui assistiamo in questi giorni, in cui tanta gente cerca di mettersi in mostra parlando senza un minimo di rispetto di una donna che - secondo il medico che l'accompagnava - è morta diciassette anni fa!"
A mio avviso e uomini di Chiesa... - e ce ne sono stati tanti - e uomini politici e giornalisti e pensatori farebbero bene, qualche volta, a fare come Gesù: andare sul monte e tacere! E quando gli dicono: "Vieni c'è la folla...". "Vado da un'altra parte".
Non si può, per mettersi in mostra, utilizzare il dolore, la sofferenza, la pena di una persona che se volete... - secondo me, no - è sospesa tra la vita e la morte. Non si può, non lo può nessuno!
Il rispetto, la tenerezza, l'attenzione, soprattutto verso il dolore è qualche cosa che ritengo fondamentale: alla morte, alla sofferenza, al dolore si addice il silenzio! Nessuno può mettersi in mostra nel fare "servizio". È nel segreto del cuore che possiamo trovare anche le nostre lacerazioni e, poi, rispettare chi è diverso da noi, chi la pensa diversamente. Sembra così difficile nel mondo di oggi, eppure, a me sembrerebbe una cosa normale!
Perché in questa nostra società fatta di radio, di televisione, di giornali è venuto meno il rispetto, è venuta meno la tenerezza, è venuto meno il silenzio?
Ecco, forse, di questo parla il Vangelo di oggi... mentre ci invita al servizio, ci invita, anche, ad andare in "cima alla montagna", perché nessuno possa dire che fa servizio per farsi vedere, per mettersi in mostra.
Mi colpivano le parole di un vescovo, l'unico, forse, che ha avuto il coraggio di parlare così... (questa è la cosa che più mi pesa nella vita di questa misera Chiesa in cui mi tocca di vivere gli ultimi giorni: ho conosciuto una Chiesa migliore per mia fortuna) il vescovo di Foggia sembra abbia detto: "Lasciatela andare in pace", ripetendo le parole di Papa Giovanni Paolo secondo, quando volevano portarlo ancora una volta in ospedale: "Lasciatemi andare in pace".
Perché quello che vale per un Papa, non deve valere per ogni cristiano?
Il Signore ci aiuti.
"...un lebbroso lo supplicava: "Se vuoi, VI Domenica del tempo ordinario - 15 Febbraio 2009
puoi guarirmi!". Mosso a compassione Marco 1, 40-45 - Levitico 13,1-2. 45-46
lo toccò: "Lo voglio, guarisci"...
Ho ascoltato tante volte parlare della lebbra come simbolo del peccato. Immaginavo, quando ero bambino, che la mia anima, si coprisse di piaghe: era il peccato, era la lebbra, che corrompeva la mia anima.
Penso che parole simili le abbiate ascoltate tutti e ne trovate l'eco anche nel foglietto della Messa che avete tra le mani dove, forse, qualcuno avrà notato che, nell'introduzione, si parla della lebbra come simbolo del peccato.
Debbo alle tante esperienze della mia vita, ai libri che ho letto, alle straordinarie persone che conoscevano il Vangelo, che ho avuto la fortuna di incontrare, alle centinaia di volte che ho letto il Vangelo con la gente, la convinzione che, qui, del peccato non si parla affatto, almeno direttamente. Il Vangelo di Marco ce ne parlerà domenica prossima e vedrete che il tono sarà completamente diverso.
C'è una cosa curiosa nella pagina che abbiamo letto! Voi sapete tutti che il Vangelo per più di mille anni non è stato stampato - non c'era ancora la stampa - ma copiato e ricopiato infinite volte e gli studiosi debbono affannarsi a trovare le parole originali tra i tanti manoscritti che, spesso, sono identici… ma c'è qualche differenza.
Forse una delle più importanti l'abbiamo letta nella pagina di oggi. Qui leggiamo che Gesù "ebbe compassione" di questo lebbroso, ma gli studiosi hanno trovato manoscritti antichi - pochi - in cui è scritto che Gesù fu preso da "indignazione" davanti a questo lebbroso. Gli studiosi ritengono che questa sia la versione originale, anche perché - come avete ascoltato - Gesù "ammonendolo severamente, lo cacciò via subito". C'è un moto di indignazione, quasi di rabbia, di Gesù nella pagina che abbiamo letto. Perché? lo ritengo che questa sia una delle cose più importanti su cui riflettere nel Vangelo.
Perché Gesù è così "indignato"? Lo abbiamo ascoltato dalla prima lettura: la lebbra era, e in parte lo è ancora, una malattia terribile. La pelle si riempiva di piaghe, pian piano cadevano anche le dita delle mani e dei piedi, causando sofferenze terribili che, un tempo, non sapevano curare. Non solo! Il lebbroso era emarginato dalla comunità - come avete ascoltato - doveva vestirsi di stracci e andare in giro gridando: "Impuro! Impuro!". Impuro che non significa soltanto malato, ma anche peccatore: "Io sto scontando il mio peccato!", Questo è il "capolavoro" della religione e non soltanto della nostra: non solo soffri, patisci sofferenze inenarrabili, ma è anche "colpa tua"!
Colpa dei tuoi peccati e - cosa terribile nella tradizione ebraico-cristiana - se non sconti i tuoi peccati, sconti quelli di tuo padre o di tuo nonno, fino alla terza e alla quarta generazione.
Ecco quello che provoca l'indignazione di Gesù: il dolore, la sofferenza e questo modo di affrontarli! L'indignazione perché qualcuno osa pensare che sia il castigo di Dio e, questo, ha influito a lungo nella storia della Chiesa perché, poi, si è cominciato a pensare che la sofferenza espiasse il peccato, il proprio e quello degli altri. Si è cominciato a pensare che la sofferenza fosse in qualche modo gradita a Dio.
Nel corso della storia della Chiesa abbiamo conosciuto... - potete leggerlo sui libri, ma qualcuno mi dice che, purtroppo, non è ancora finito - gente che si flagella, che si mette il cilicio, gente che fa pellegrinaggi strisciando, rovinandosi le ginocchia e i piedi... tutto per scontare il peccato e fare cosa gradita a Dio! Un tempo si credeva fosse fede, oggi sappiamo che si tratta solo di masochismo, di cui purtroppo qualche "sadico" approfitta facendo fare ai propri "devoti" pesanti penitenze.
In che Dio crediamo? Chi è Dio? Come ama i Suoi figli un Dio che gradisce la sofferenza, il dolore, il sacrificio? Come si può pensare che un bambino sconti il peccato di suo padre? Eppure queste cose si ripetono ancora oggi! Anche qui, a Ostia, c'è qualcuno che osa dire: "Ringrazia il Signore per il tuo dolore, Dio ti ha fatto un dono mandandoti una sofferenza!".
È assurdo! È qualche cosa che dovrebbe suscitare tutta la nostra indignazione. Ecco perché, in questa pagina, c'è l'indignazione di Gesù contro il dolore, contro l'esclusione del malato, contro l'idea che il malato sia punito per i suoi peccati. Noi non possiamo più pensare così!
Un tempo, gli uomini, non sapevano come curare il male, non c'era nessuna difesa contro il dolore e, allora, tentavano di sublimarlo: "Guarda, è gradito a Dio, offri a Lui il tuo dolore, per scontare i tuoi peccati e quelli degli altri". E c'era gente che ci credeva e, forse, era anche un po' di sollievo per il loro dolore, ma, oggi, non possiamo più accettarlo. Dobbiamo ascoltare quei medici saggi che ci dicono che in Italia siamo in ritardo nella terapia contro il dolore.
Oggi sappiamo che un uomo ha diritto di non soffrire. Oggi sappiamo che una donna ha diritto di partorire senza dolore. Sono delle bestemmie - secondo me - pensare che Dio ami il dolore, che si possa offrire come sacrificio che Lui gradisce.
Anche Gesù... - forse qualcuno lo dimentica - di fronte al Suo dolore ha pregato: "Padre, allontana da me questo calice... ". Anche Gesù, di fronte alla sofferenza, ha provato paura e angoscia e terrore: queste sono le parole che trovate nel Vangelo, se lo leggete attentamente.
Ecco, allora - se ho capito qualcosa - ciascuno di noi, se vuol essere un vero credente, fa bene a conservare nel cuore una profonda indignazione contro il dolore, a pretendere di non soffrire. Ciascuno di noi deve ribellarsi quando si dice che il dolore è una punizione di Dio. Ciascuno di noi deve fare attenzione... - perché ci capita spesso, capita anche a me - a non emarginare chi soffre, soprattutto chi soffre di un dolore psichico. Ce ne sono tanti! I nostri medici non sanno ancora curarli del tutto... e ci fanno paura e ci allontaniamo, emarginiamo chi manifesta una profonda depressione o qualche altro malanno dello spirito...
Tutto questo, noi, non dobbiamo più accettarlo! A volte non sappiamo cosa fare... forse possiamo dare il nostro piccolo contributo perché gli studi proseguano, ma quello che è importante è che ciascuno di noi conservi nel cuore "l'indignazione" contro il dolore e, se qualcuno davanti a voi osa dire: "Il dolore è gradito a Dio, è un dono il dolore!". Ribellatevi, urlate, gridate: "Dov'è la tua fede? In che Dio credi? Come si può credere in un Dio che ama il dolore e la sofferenza?". La sofferenza va combattuta con tutte le forze.
Ecco... - se ho capito - in questa pagina si parla dell'indignazione di Gesù di fronte al dolore, di fronte a colui che soffre e per questo viene emarginato, di fronte a chi pensa che il dolore sia un castigo di Dio. Ecco perché deve andare, cacciato via severamente, nel Tempio a sbattere in faccia ai sacerdoti la loro "incredulità". Credono che Dio abbia punito quel pover'uomo e, adesso, ha scontato il suo male.
Non si possono credere queste cose, noi crediamo in un altro Dio! Crediamo nel Dio di Gesù e il Dio di Gesù è il Dio della "festa", è il Dio della tenerezza, dell'amore. Qualche volta il dolore è inevitabile ma, allora, ogni cristiano dovrebbe fare tutto quello che può per alleviarlo: una carezza, la tenerezza, la vicinanza, il tenersi per mano, il non allontanarsi e usare tutti i mezzi possibili... tutti, tutti per eliminare il dolore dalla vita dell'uomo!
È un'ingiustizia il dolore! Se si può fare in modo che un uomo non soffra, bisogna farlo in tutti i modi possibili, con tutti gli strumenti che la medicina moderna ci offre… e, poi, c'è tanto dolore nel mondo per la fame, la miseria, la guerra e, spesso, ci sentiamo impotenti.
Ciascuno di noi trovi le sue strade per conservare nel cuore "l'indignazione" contro il dolore.
Ciascuno di noi trovi le proprie strade per tentare di fare quello che può perché ci sia meno dolore sulla faccia della terra.
Il Signore ci aiuti.
Si recarono da lui portando un paralitico VII Domenica del tempo ordinario - 22 Febbraio 2009
sorretto da quattro persone. Non potendo Marco 2, 1-12
però portarglielo innanzi, a causa della
folla, scoperchiarono il tetto…
Forse qualcuno di voi lo ricorderà, domenica corsa vi dicevo che non è il lebbroso il simbolo del peccatore, non è con la lebbra che Marco vuole parlarci del peccato: oggi ce ne parla con uno dei racconti più straordinari del suo Vangelo.
Occorre la vostra fantasia per immaginare questo racconto, certamente simbolico, che la comunità di Marco è riuscita a costruire. Ogni volta che lo leggo mi meraviglio di come siano capaci di creare dei simboli così straordinari.
Dunque: il peccato non è come una serie di piaghe che deturpano il corpo, il peccato è la "paralisi". Quest'uomo sulla barella è il simbolo di chi non riesce ad amare, di chi non riesce a vivere con tenerezza, con libertà, di chi non riesce ad "alzarsi" - Marco ci ripete spesso questo concetto - per "servire", per mettersi a disposizione degli altri, per condividere la vita... è, là, immobile sul suo letto, non si muove, non agisce, non vive, è inerte: il male è l'incapacità di fare il bene, di vivere il dono di sé, la condivisione, l'amicizia, la tenerezza, l'amore.
Quest'uomo cerca di liberarsi dalla sua "paralisi". Sa che dentro la casa c'è Gesù... - forse non l'avete notato - che annunzia "la Parola": tenta di comunicare i sogni del Suo cuore, gli ideali della Sua vita, i valori essenziali. Dentro, Gesù annunzia il Suo Vangelo, la Sua "bella notizia": parla di libertà, di amore, di servizio, di tenerezza… e quest'uomo vuole incontrarlo, ma c'è tra lui e Gesù una "folla" dura, pesante, impenetrabile, tanto che Marco inventa che debbono "salire sul tetto" e addirittura "scoperchiarlo" per poter scendere e arrivare a Gesù.
Cos'è questa folla? Provate anche qui ad immaginare! Se volete partite da lontano... provate ad immaginare un ragazzo cresciuto in una famiglia mafiosa, che ha vissuto fin dall'infanzia quei valori e si trova circondato dalle leggi ferree della mafia... come può liberarsi? Come può uscire da quel mondo? Come può arrivare alla libertà, alla giustizia? La "folla" che ha intorno, folla fatta di persone concrete, è spessa, dura, terribile.
Oppure, se volete pensare... - per venire più vicino a noi - a uno dei nostri ragazzi, qui ad Ostia, che è capitato tra quelli che oggi chiamano "un branco", in cui c'è la sopraffazione, la violenza, a volte, addirittura la droga… come può uscirne? Il branco ha le sue leggi e per uscirne ci vuole coraggio… a volte, non si può!
Oppure, venendo ancora più vicino a noi - se volete essere coinvolti - come si può in questa società, in cui i giornali, la televisione, la radio, quella che si chiama "l'opinione pubblica", sembrano incitarci tutti all'indifferenza, alla paura, peggio, all'aggressività verso il diverso, verso lo straniero? Come si può andare al di là? Come si può conservare la speranza in questo mondo in cui anche le autorità della Chiesa e dello Stato sembrano giorno, dopo giorno, volerci strappare la fiducia e la speranza dal cuore? Come si può superare questa "folla"?
Ecco la "folla" del Vangelo di Marco: è quasi un incubo! C'è la folla che impedisce di avvicinare Gesù! Ecco perché bisogna salire sul "tetto e scoperchiarlo"!
Ma come può un "paralitico" muoversi e camminare? È paralitico! Ma ci sono gli amici! A volte, non si può uscire da certe situazioni se non hai degli amici con cui confrontarti, che ti sorreggono, che condividono i tuoi valori.
Gli amici possono permetterti di avvicinarti a Gesù, di "scavalcare la folla", di "aprire il tetto", di incontrarti con Lui, con la Sua parola, con i Suoi valori, con i sogni della Sua vita.
E quando, finalmente, ci sei arrivato cosa trovi? Il rimprovero? L'invito a confessare tutti i tuoi peccati? No: "alzati e cammina", "prendi su il tuo letto e va". Va, perché nel momento in cui incontri "la Parola", in cui incontri i sogni di Gesù e riesci a scrollarti di dosso il peso della "folla", puoi camminare e andare! Forse con passo incerto e vacillante, ma a poco a poco, se gli amici ti aiutano, puoi andare!
E, se leggete appresso il Vangelo di Marco... - non lo potremo fare domenica prossima perché è già Quaresima e cominceremo a prepararci alla Pasqua - troverete un altro che si alza per camminare: è Levi seduto al banchetto delle imposte, al banchetto del suo ladrocinio, dei suoi furti, della sua sopraffazione. Anche lui si alza, anche lui è invitato a seguire Gesù, per andare dove? Verso l'espiazione, verso la condanna? No! è invitato a far "festa", a preparare un "banchetto" a cui vanno invitati tutti i suoi compagni, perché possano ancora credere nella "festa" e nella voglia di camminare verso la giustizia...
E il segno, l'unico che Gesù ci ha lasciato è qui: una tavola apparecchiata, un Pane che spezziamo e noi - se posso coinvolgervi - non siamo dei giusti. Io so di non esserlo, ma vengo qui proprio per incontrare Gesù, la Sua parola, la Sua vita donata; per spezzare il Pane, per condividerlo e non mi aspetta il rimprovero, l'espiazione, la condanna... ma l'invito: "Alzati e cammina, provaci ancora" e se durante la settimana non ce la faccio del tutto, domenica torno qui per sentirmi ancora dire: "Coraggio, mangia, alzati e cammina, fa "festa", perché nella tua vita ci sia, almeno, un pizzico di festa, di servizio, di tenerezza, di amore".
Certo, non posso venire qui a "far finta", sarei un uomo da nulla! Non vengo ipocritamente, per sentirmi dire: "Io ti perdono". Dimenticate alcune delle parole di questa pagina del Vangelo: sono parole che si sono accumulate nel corso della storia. Conservate nel cuore l'immagine dell'uomo che si "alza e cammina" quando ha fatto, però, per arrivare a Gesù, lo sforzo di andare oltre la "folla".
È quello che sono invitato a fare io e ciascuno di voi e, se non ce la facciamo, domenica siamo ancora qui per sentirci dire: "Alzati e cammina", perché vogliamo provarci, perché vogliamo vivere, perché vogliamo credere nella giustizia, perché non vogliamo rassegnarci all'indifferenza, alla violenza, alle brutture di questo mondo perché, nel cammino della nostra vita, ci sia almeno un po' di tenerezza e di amore.
Non è facile, per questo torniamo qui domenica dopo domenica a cercare, a tentare di camminare, a sentirci dire da Gesù ancora una volta: "Alzati e cammina, alzati, non ti rassegnare, coraggio!" Ma non è semplice.
Il Signore ci aiuti
"...lo Spirito sospinse Gesù nel deserto, I Domenica di Quaresima - 1 Marzo 2009
e nel deserto rimase quaranta giorni, Marco 1, 12-15
tentato da satana..."
Certamente tutti voi sapete che i racconti del Vangelo sono simbolici e in un doppio aspetto: simboli della vita di Gesù e quindi della nostra.
Poco prima delle parole che abbiamo appena ascoltato c'è il racconto del Battesimo di Gesù, che è anche un simbolo del nostro Battesimo e quindi della vita cristiana.
Dopo il Battesimo, prima ancora di annunciare il Vangelo, Gesù viene sospinto nel deserto per affrontare il demonio: un simbolo della tentazione e del male. Noi abbiamo letto "sospinse", ma la parola greca è molto più forte: lo Spirito "butta fuori" Gesù… come un soldato spinto fuori dalla trincea, con una baionetta alle spalle, per combattere: è la "guerra santa", un concetto questo che troviamo nell'Antico Testamento, nel Vangelo, nel Corano. Avete molto sentito parlare della "guerra santa" nell'Islam, ma è un'ignobile caricatura di questo concetto ridurlo alla guerra contro gli infedeli, fino a spingersi al terrorismo, a farsi esplodere in mezzo alla folla per uccidere il maggior numero di persone. Quando pensate a queste cose non dimenticate le "guerre sante" della storia del Cristianesimo: le crociate, la conquista dell'America latina… fino al nostro terrorismo degli anni settanta, che sembra aver avuto una delle radici non minori nell'idealismo e nell'integralismo di un certo cattolicesimo.
La vera "guerra santa" è quella che dobbiamo combattere in noi stessi, contro le tentazioni, contro il male che è dentro di noi. Come sapete i Vangeli di Matteo e di Luca cercano di descriverci, in modo simbolico, le principali tentazioni dell'uomo: parlano dell'egoismo… ricordate le pietre da trasformare in pane… del voler mettersi in mostra, dell'apparire, dell'uso di una religione miracolistica per i propri interessi, della tentazione della ricchezza e del potere. Marco non dice nulla di tutto questo e forse è meglio così, perché ciascuno di noi sappia ritrovare le proprie tentazioni… che so la pigrizia, l'intolleranza, l'indifferenza…
Se posso coinvolgervi, credo che una delle tentazioni che ci accomunano in questo momento sia la sfiducia, la paura, il ritirarsi nei nostri piccoli gusci, ben protetti e difesi, la tentazione di non affrontare il male, il rifiuto del combattimento, il rimanere rintanati nelle nostre trincee, che riteniamo sicure.
Ma non c'è solo la guerra contro il male che è dentro di noi, ma anche contro quello che troviamo intorno a noi. È difficile generalizzare: ciascuno di noi ha le proprie esperienze e possibilità molto diverse. Posso solo raccontarvi quello che mi è capitato in queste ultime settimane: ho incontrato persone che combattevano a favore di una legge seria e rispettosa sul "testamento biologico", non si tratta soltanto di regole e disposizioni, ma di libertà, del rispetto dovuto a chi la pensa diversamente da me. Ogni idea è da rispettare, ma perché deve essere imposta agli altri?
Prima della Messa un signore mi ricordava che il padre di Eluana è stato iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio, in seguito agli esposti presentati da molti gruppi cattolici, io dicevo che forse solo una parte era di cattolici, ma lui sosteneva che sono tutti. Dov'è finito il rispetto per gli altri? Perché un'attrice comica come Luciana Littizzetto deve ricordarci che mentre si discute, a volte con parole feroci, sul dovere di proseguire l'idratazione e il nutrimento di una persona in coma da 17 anni, a Milano diversi barboni sono morti di fame e di freddo, non valeva anche per loro il dovere a non far mancare l'idratazione e l'alimentazione? Perché pochissimi tra i cattolici, semplici fedeli ed autorità, ripetono queste cose? Perché si discute di principi astratti e si lasciano morire le persone?
Nelle scorse settimane ho ascoltato persone che cercano di adottare bambini che vivono in un orfanotrofio e debbono affrontare difficoltà burocratiche di ogni genere, per poter tentare di offrire a questi bambini migliori possibilità di vita. Ho parlato con alcuni che non potendo accogliere un bambino, si occupano di adozione a distanza.
Altre persone cercano di combattere la battaglia contro la fame, la sete e le malattie, magari solo contribuendo alla costruzione di un pozzo per persone che non hanno nemmeno l'acqua potabile.
Altri ancora si preoccupano e cercano di fare qualcosa per contrastare il crescere dell'indifferenza, dell'aggressività, della violenza in molti dei nostri ragazzi.
Ecco solo alcuni esempi di "guerra santa": la lotta contro l'ingiustizia, la fame e la sete, la violenza, l'intolleranza, la mancanza di libertà. L'importante che non sia mai una guerra contro le persone… certo i delinquenti vanno perseguiti con severità e tolti dalla vita sociale, ma non si deve mai generalizzare e colpevolizzare tutto un gruppo, che so gli zingari, gli stranieri, ecc…
La vera "guerra santa" non può che cominciare dentro di noi, cercando in noi stessi le radici del male, le tentazioni contro cui combattere, i "demoni" che rovinano la vita.
Poi ciascuno di noi - qui dentro tutti siamo diversi, molti di noi sono anziani e le nostre possibilità molto limitate - forse può fare la propria piccola "guerra santa", cercare il proprio modo per combattere l'ingiustizia, la violenza, l'indifferenza, i mali che affliggono la nostra società… magari solo con una piccola offerta per il progresso della ricerca scientifica e della medicina.
Combattere i "demoni" dentro di noi e intorno a noi questa è la vera "guerra santa" a cui il Vangelo chiama ogni cristiano; quello che un credente non dovrebbe fare è rinchiudersi nel guscio delle proprie paure, nelle sicurezze spesso fallaci della propria famiglia. Non è certo semplice, lo sapete meglio di me.
Il Signore ci aiuti..
"Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!". II DOMENICA di QUARESIMA - 8 Marzo 2009
E improvvisamente, guardandosi attorno, non Marco 9, 2-10
videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Domenica scorsa - forse qualcuno di voi lo ricorderà - il Vangelo ci invitava a quello che Paolo chiama "il buon combattimento della fede", la guerra contro tutto ciò che è male, contro tutto quello che sciupa e rovina la vita.
Oggi il Vangelo ci ricorda che per combattere il male, per cercare di vivere la fede, nel concreto della propria vita, tentando di rendere il mondo migliore, occorre avere una "luce" dentro e, per questo, occorre incontrare Gesù, la Sua luce, la Sua gloria. Occorre che Lui ci metta un "fuoco" nel cuore. Occorre salire sul "monte", ascoltare la Sua parola, sentire "la voce dall'alto" che conferma: "Questi è il Figlio mio".
Occorre fare esperienza della lunga tradizione che sta dietro le nostre spalle: Mosè ed Elia ci aiutano a scoprire i valori essenziali della vita… una luce che illumina il cammino, un fuoco dentro che ti spinge ad andare avanti, a costruire un mondo più giusto.
Occorre, per ogni credente, salire sul "Tabor", in qualche momento della vita. Salire "lassù in alto" quasi ad avere esperienza viva di Dio, quasi a toccare con mano Gesù.
Voi, che esperienza di "Tabor" avete avuto? Ci sono stati, nella vostra vita, dei momenti in cui avete sentito Gesù vicino, in cui vi sembrava di toccar con mano i Suoi valori, i Suoi sogni, i Suoi ideali; in cui vi sembrava, fin nel profondo del cuore, che Gesù avesse veramente ragione?
Questa domanda l'ho fatta a me, prima di rivolgerla a voi... ma vi avviso che io sono stato un uomo particolarmente fortunato, una fortuna quasi sfacciata nei miei rapporti con la fede e con il Signore e, quindi, fate attenzione: non fatevi coinvolgervi più di tanto dalla mia esperienza personale.
Io, fin da quando ero un piccolo bambino, ho fatto esperienza del "Tabor"! Mi sembrava di toccar con mano l'amore di Gesù, la tenerezza di Dio quando, nella notte di Natale, mettevo il Bambinello nel presepe con mio papà, mia mamma, le mie sorelle e ci sembrava che tutto fosse bello, che l'amore fosse il senso vero della vita.
Quando ero un po' più grande, ma ancora un bambino, delle mattine di Pasqua passate col papà al Gianicolo a guardare lo splendore della natura, che si risveglia a primavera e ad ascoltare le campane di Roma, che suonavano tutte insieme per la Risurrezione. Mi sembrava di sentire la gloria del Signore accanto a me, nel mio cuore, intorno a me, nella bellezza della natura, nel suono di tante campane che annunziavano la Risurrezione.
E, poi, sono cresciuto e ho avuto la fortuna di incontrare un gruppo di ragazzi, con cui ci ritrovavamo, qualche volta, a cercare il Vangelo, il Signore. Poi il mio "Tabor" è stato, per gran parte della mia vita, a Subiaco (forse molti di voi lo conoscono) nei due monasteri. Andavamo lì, a volte in gruppo, con i miei amici di Trastevere, poi, quando stavo in seminario e per i primi anni da prete, andavo lì da solo, d'inverno; non c'era nessuno se non la bellezza delle montagne, la neve e il mio passeggiare, nel freddo del mattino, con il Vangelo in mano e i sogni di Gesù nel cuore... e mi sembrava che tutto fosse vero, che si potesse toccare con mano... mi sembrava che ritornando da lì si poteva veramente essere santi, trasformare il mondo.
E, poi, sono andato in parrocchia e ho trovato dei gruppi di giovani entusiasti... allora potevo parlare con i giovani, condividere le loro esperienze, la loro vita, i loro dubbi, le loro incertezze ma, anche, i loro entusiasmi, le loro speranze. Ci sono stati dei momenti che non scorderò mai in cui, in tanti, ci ritrovavamo a cantare, a leggere dei testi, che venivano e dalla tradizione e da una Chiesa viva, che sentivamo intorno e ci sembrava che cambiare il mondo fosse cosa di anni, non di secoli; che si poteva veramente portare tanta speranza intorno a noi.
E, poi, sono venuto qui, ad Ostia e non posso raccontarvi tutti i momenti in cui abbiamo condiviso qualche cosa di grande, in cui ho sentito nel cuore e intorno a me la fede, il coraggio della speranza; gente che ci credeva sul serio… e ci aiutavamo a credere.
Ricordo tante notti di Pasqua, quando la luce si diffondeva per tutta la chiesa e ci sembrava che i valori di Gesù fossero veri, luminosi, che quasi potessimo toccarli con mano.
E allora - direte voi - il cammino del cristiano dovrebbe essere sempre pieno di luce? Un cammino pieno di certezze, con un "fuoco" che ti arde dentro, ricco di speranza?
Se pensate questo non avete ascoltato attentamente il Vangelo di oggi che ci presenta le contraddizioni del credere! Quelle contraddizioni che io ho sentito, qualche volta, dentro di me… e posso assicurarvi che il sentimento della fede va dall'entusiasmo (a volte cieco, a volte addirittura fanatico) alla depressione e alla disperazione. Sono momenti diversi nella vita!
Un tempo non lo sapevo, non sapevo leggere il Vangelo, ma sta scritto nella pagina abbiamo ascoltato stamattina - non so se vi siete accorti - Pietro dice: "È bello per noi stare qui; costruiamo tre tende" - "tre capanne" dice la traduzione nuova - e poi aggiunge: "non sapeva cosa dire perché erano spaventati".
Come, sei spaventato e vuoi costruire le tende? Quando uno è spaventato, scappa! Non solo, ma nel Vangelo di oggi c'è la frase più forte, più pesante, più dura del Vangelo... ma è la nostra esperienza, che questi cristiani riescono ad esprimere!
Ad un certo punto tutto sparisce e "non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro". Nessuno!
Vi è capitato, qualche volta, di andare ad una riunione o ad una festa, magari arrivando un po' prima degli altri ed eravate, lì, in tre o quattro… arriva qualcuno e dice: "Non c'è nessuno?" E avete pensato, se non proprio detto: "Come, noi siamo nessuno?!".
Ma qui non si parla di noi, qui si parla di Gesù! Può, Gesù, diventare "nessuno" per un credente? Eppure è quello che ci hanno detto oggi! Gesù diventa "nessuno"! Ti ritrovi solo, non ci sono nemmeno Pietro, Giacomo e Giovanni.
Solo in un cammino in cui la gloria del Signore è scomparsa, dal cuore se n'è andata la certezza della fede e - avete ascoltato - nasce il dubbio: "Ordinò loro di non raccontare a nessuno quello che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero tra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti". Non capiscono!
Il dubbio, la solitudine... Gesù che ti sembra ormai "nessuno" e bisogna scendere da quel "monte", perché non si può restare lassù! Bisogna scendere, andare giù in mezzo alla gente e, là, ci sono i "diavoli" cattivi... - li abbiamo conosciuti domenica scorsa - e Gesù ti rimprovera: "Perché hai poca fede?".
Pure il rimprovero, qualche volta, ti tocca ascoltare! "Perché hai paura, non hai fede?".
E, allora, cerchi di tornare sul "Tabor", ma il Tabor non è più il Tabor, non c'è la "luce", c'è Gesù solo e ti chiede il coraggio di camminare senza vedere troppo, di portare, giù, in mezzo alla gente qualcosa di quella "luce" che qualche volta hai scoperto: e il cammino della fede è proprio questo! È tentare di camminare ogni giorno, a volte, da soli; a volte la Chiesa che ti sta intorno non ti sostiene.
E, allora, ti senti solo, spaventato, la speranza sembra andarsene, ma sei stato qualche volta sul "Tabor" - io ci sono stato tante volte - sai che Gesù ha ragione e, allora, bisogna camminare lo stesso e ritrovare il coraggio di dire: "Si, Lui ha ragione, è Lui il Figlio, è Lui che dobbiamo ascoltare". È con i Suoi sogni che dobbiamo camminare per le strade del mondo, ma, a volte, quanto è difficile, quando ti ritrovi solo e Gesù sembra "nessuno"!
Il Signore ci aiuti
Trovò nel tempio gente che vendeva III DOMENICA di QUARESIMA - 15 Marzo 2009
buoi, pecore e colombe, e là seduti, Giovanni 2, 13-25
i cambiamonete. Allora fece una frusta
di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio
La pagina che abbiamo appena ascoltato è - forse lo avete notato anche voi - particolarmente difficile da interpretare e, in qualche punto, anche particolarmente inquietante. Perché Gesù è così duro con quelli che vendono buoi, pecore, colombe nel cortile del tempio? Era tutto perfettamente legittimo, non solo, ma era tutto necessario per i riti che si svolgevano nel tempio, riti sacri che hanno tradizioni antichissime, Gesù, con gesto che sembra carico di violenza, caccia tutti fuori!
Ma non è questa la cosa più inquietante! Poco più avanti abbiamo ascoltato che "molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti…". Che vuol dire? Non basta nemmeno credere? Gesù non si "fida"? Che senso hanno queste strane parole?
Ecco, tento - per quello che ho capito - di dirvi alcune possibili interpretazioni di questa pagina (poi, voi, ne cercherete altre o verificherete se dico cose sensate, ma, ve lo ricordo, non è semplice interpretare questa pagina, perché ha molti significati complessi). Come si può tentare di interpretare una pagina così complicata? Cercando di capire attraverso tutto il Vangelo quale può essere l'atteggiamento di Gesù verso il tempio e, quindi, verso la religione, perché il tempio di Gerusalemme era il cuore della religione ebraica!
Quando mi capita di leggere questa pagina insieme con la gente, c'è sempre qualcuno che dice: "Anche i nostri santuari, spesso, sono luoghi di mercato; fuori ci sono tante bancarelle dove si vendono statuette, ricordini, immagini…". È con questo che ce l'ha il Signore?
Secondo me quello è l'unico miracolo che si compie nei santuari! C'è gente che può vendere qualche cosa e guadagnare un po' di soldi per sbarcare il lunario e dar da mangiare ai propri figli.
Ma se non è questo, cosa c'è?
Guardate - sempre per quello che ho capito io - il tempio di Gerusalemme era diventato un luogo di potere religioso ed economico e, molti, in Israele erano in polemica nei confronti del tempio e chiedevano che fosse purificato, che non fosse più il luogo della superbia, della volontà di potere, del dominio dei sommi sacerdoti, e, anche, del loro desiderio di accumulare denaro attraverso le tasse del tempio.
E, nel corso della storia della Chiesa, cosa è stato il Vaticano? Non è stato un luogo di potere e di accumulazione di denaro? A volte i Papi possedevano addirittura uno Stato e imponevano agli altri il proprio potere: potere civile, legale, religioso. Presumevano anche di poter dire cosa fosse valido per la scienza o cosa fosse giusto e cosa sbagliato per la morale ed imporlo alla società… e non sono storie antiche, sono, almeno in parte, storie di oggi ed un cristiano serio dovrebbe con tutte le sue forze combattere lo strapotere dei capi della Chiesa: prendere in mano "cordicelle" e fustigare! Lo fanno in pochi ormai… ci siamo adattati a sopportate quasi tutto!
Ma forse, qualcuno di voi potrebbe saggiamente dire: "Cominciamo a prendercela con gli altri e non con noi stessi?".
No! In questa pagina credo che Gesù ce l'abbia anche con noi! Perché, vedete, uno degli atteggiamenti che possiamo portarci dentro… - io me lo son portato dentro per buona parte della mia vita ed ancora in parte, perché è difficile sradicare dentro di noi certi atteggiamenti - è un rapporto con Dio, spesso, di tipo commerciale: io ti offro qualche cosa, vengo a Messa, faccio le mie preghiere, cerco di essere - per quello che posso - una persona per bene e Tu dammi, in cambio, la salute, il benessere, fa crescere bene i miei figli… Se, poi, il dolore, la disgrazia attraversa la nostra vita ci ritroviamo totalmente sgomenti. Perché hai permesso questo? Perché mi è capitato questo guaio? Che ho fatto di male?
Vedete, il nostro rapporto con Dio rischia di essere un rapporto di tipo quasi commerciale: io ti do e Tu mi dai; io ti offro e, in cambio, voglio la Tua protezione; faccio il bene, ma mi aspetto che le cose della mia vita funzionino… rischia di non esserci più la gratuità di cui ci parlano quasi tutte le pagine del Vangelo! Il rapporto con Dio, la ricerca del bene non possono che essere gratuiti!
Ma c'è dell'altro nella polemica di Gesù contro il tempio e la religione!
Il fatto è che - lo sapete da altre pagine del Vangelo - chi frequenta il tempio, chi porta le sue offerte, chi osserva tutte le leggi si sente buono, si sente giusto… sono quasi cinquant'anni che sono prete, le parole più feroci, più cattive, più ingiuste sul prossimo, sapete da chi l'ho ascoltate? Da persone che venivano a Messa e facevano la Comunione tutte le mattine… Io vado a Messa tutte le mattine, sono una persona per bene, rispetto le leggi, sono bravo e pago pure le tasse… il sentirmi "giusto" mi porta a giudicare e, a volte, a condannare gli altri. È il rischio di chi va nel tempio ed osserva tutte le regole… è il rischio del tempio!
Ma non basta nemmeno questo per il Vangelo di oggi, perché avete ascoltato che "molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti". Se fosse qui gli diremmo: "Facciamo tanta fatica a credere e non ti fidi nemmeno di noi, ma che vuoi, cosa cerchi da povera gente come noi?"
Vedete, quando… - parliamo prima degli altri, poi, parliamo di noi - vedete certe folle che accorrono nei santuari, che venerano certi santoni, che dovrebbero appartenere alla psichiatria più che alla santità… folle che cercano segni, qualcosa da toccar con mano… è fede quella? È fede la ricerca entusiastica e fanatica del segno? È fede la folla che applaude senza sapere perché? Secondo me no! E, Gesù, forse, non si fida di certe manifestazioni che attraversano, di volta in volta, la vita della Chiesa.
Ma io che c'entro? Vedete, la fede è una ricerca continua e, quando mi sento sicuro di aver trovato molte certezze, forse Gesù, che conosce il mio cuore, mi chiede: fino a che punto la tua fede è sincera? È ricerca appassionata di quello che è giusto… non ti sembra, a volte, di sentirti troppo sicuro della tua fede? Non ti sembra che non cerchi più, e rischi di giudicare il tuo prossimo? A me, qualche volta, succede! E mi ricordo che Gesù può non "fidarsi" di me, delle mie false sicurezze.
Per quello che ho capito io, la fede, è ricerca che non si stanca mai; è cercare dentro di me e intorno a me, non nei segni esterni, nelle manifestazioni, nei riti, nel tempio, perché di ogni tempio Gesù dice: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". Egli parlava del tempio del suo corpo. È Lui il Tempio nuovo, è Lui il cuore della nostra fede, è Lui che un credente cerca con cuore appassionato e sincero, ma, anche, con cuore fragile, pieno di domande, capace di ascolto e di dialogo… spesso vive nell'incertezza e nel dubbio, ma quando si ritrova intorno all'altare ascolta Gesù che gli dice; "Vieni e mangia". È Lui il nostro cibo, la nostra luce, la forza che ci spinge a conservare nel cuore la fede, anche se fragile ed insicura. È lui che ci nutre perché possiamo conservare nel cuore i suoi sogni, i suoi ideali, senza sentirci "buoni", senza giudicare nessuno.
Il Signore ci aiuti.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel IV DOMENICA di QUARESIMA - 22 Marzo 2009
mondo per condannare il mondo, ma perché Giovanni l, 14-21
il mondo sia salvato per mezzo di Lui.
Gli uomini spesso…- e questo non vale solo per il mondo antico, vale, in gran parte, anche per noi - non si contentano di analizzare i fatti, di interpretare gli accadimenti, cercando di comprenderne le cause, le motivazioni, le conseguenze. Spesso scelgono la scorciatoia di pensare ad un progetto totale, ad una volontà superiore che ordina tutto, ad una provvidenza che dirige le cose del mondo. E questo per noi moderni, che amiamo la semplicità, complica terribilmente le cose! Dico per noi, perché credo di poter parlare non solo in prima persona perché, avendo letto tante volte il Vangelo con la gente, mi sono reso conto che certe considerazioni sono condivise da molti.
Noi abbiamo bisogno di narrare i fatti, di comprenderne i significati più semplici, i motivi reali. Perché dico tutto questo, oggi? Perché in questa pagina del Vangelo avete ascoltato proprio un tentativo di interpretazione provvidenziale degli avvenimenti.
Vediamo se riesco a spiegami per bene.
Avete ascoltato all'inizio che "come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo": la croce di Cristo è, per i primi credenti, un grave scandalo, ma invece di tentare di capire che cosa è accaduto, quali sono le cause degli avvenimenti, riescono a risolvere il problema con un progetto superiore: "bisogna" che il Figlio dell'uomo sia inchiodato sulla croce, per la salvezza del mondo.
Questo, per noi, è inaccettabile! Come è possibile che Dio esiga il sacrificio, il sangue, la morte per la salvezza degli uomini? In che Dio crediamo? In un "moloc" desideroso di sangue, come hanno creduto tanti uomini della storia? Anche noi pensiamo che il nostro Dio esiga il sangue, il sacrificio e che, quindi, "bisogna" che Gesù sia "innalzato"?
Ma se Gesù "deve" essere innalzato allora hanno ragione quelli che dicono: "Che c'entriamo?". Giuda può dire: "Se c'è un progetto, se c'è un piano, a me, è stata affidata la parte del traditore, ho seguito il copione e l'ho fatto anche bene!". La stessa cosa potrebbero dire i capi ed il popolo di Israele che in questi duemila anni, come sapete, sono stati più volte accusato di deicidio: se questo era il progetto, se era la volontà di Dio, che colpa abbiamo noi? Abbiamo fatto solo la nostra parte!
Vedete come si complica l'interpretazione della vita? Non solo, nel Vangelo di oggi abbiamo anche ascoltato che Gesù "non è venuto per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui", però "chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio".
Allora c'è una condanna o non c'è una condanna? E dietro questo "chi non crede, chi non accetta la Luce", molti studiosi vedono la predestinazione. Sant'Agostino dice che l'umanità è "massa dannata", molti sono destinati al fuoco eterno, destinati da Dio secondo il Suo progetto. Tutto questo a noi - ripeto dico un noi collettivo, perché ho condiviso queste riflessioni con molte persone - ripugna, non riusciamo ad accettarlo. Noi abbiamo bisogno di guardare i fatti, gli avvenimenti, gli accadimenti, cercando di capirne la realtà, i motivi, le conseguenze.
Allora - vedete - (devo farla corta perché il discorso sarebbe lungo), Gesù è venuto in mezzo a noi, testimone di giustizia, di gratuità, di libertà, di servizio, di tenerezza… e, come è successo a tanti uomini della storia, e stato respinto e condannato. Troppi uomini nella storia del mondo hanno pagato per il loro desiderio di giustizia. Troppi uomini hanno pagato la loro lotta per la liberta, per l'affermazione dei diritti umani e civili. Troppi uomini sono stati uccisi e, come tutti questi uomini, anche Gesù è stato ucciso... non per un progetto "superiore" di salvezza, ma per la violenza degli uomini; violenza reale, concreta, che provoca morte e che vediamo ancora intorno a noi e qualche volta - almeno in parte - anche dentro di noi.
Questa violenza e una cosa reale, dura, terribile, da combattere in tutti i modi. Non fa parte di un progetto "superiore" a noi, non fa parte di un destino, di una predestinazione. Gesù è venuto a condividere - questo sì possiamo dirlo - i bassifondi della nostra storia, a vivere accanto all'uomo perseguitato, al bambino innocente che muore per colpa della violenza degli uomini, è là, accanto agli ultimi che troviamo il Cristo. È là, accanto al perseguitato, al debole, a colui che subisce violenza che troviamo Dio.
È venuto per "condannare" e chi non crede è già condannato? Che interpretazione possiamo dare a queste parole?
Vedete, Gesù è stato testimone di gratuità, di libertà, di amore, di tenerezza, di servizio... ora, ogni credente sa che questi sono i valori fondamentali della vita! Se uno non vive - almeno un po' - secondo questi ideali, la sua vita è sciupata, inutile, fa solo del danno.
Chi è colui che segue la luce e vive i principi di Gesù? Solo chi va in chiesa? No! Solo chi appartiene alla religione cattolica? No! Solo chi appartiene ad un partito politico cattolico? No! Solo chi è prete, vescovo, Papa? No! La storia, la terribile storia che abbiamo dietro le spalle, dice che, spesso, anche i cristiani, le autorità della Chiesa appartengono al mondo dell'incomprensione, della mancanza di luce, del male... e non sono, purtroppo, storie lontane: sono anche dei nostri giorni!
Vive i valori di Gesù anche l'ateo, anche colui che dice di non credere, ma che si porta nel cuore sentimenti di giustizia, passione per la libertà e per il bene… lui non sciupa la vita ed è nostro fratello nel cammino della vita, nel nostro tentativo di credere.
E Gesù è venuto per condannare? Se io non ce la faccio quando incontro Gesù cosa mi accade? Il Vangelo ci parla dell'adultera portata sulla piazza... vogliono lapidarla, Gesù dice: "Nessuno ti condanna, neanch'io". Gesù ci ha raccontato la parabola del "Padre misericordioso", il figlio che va via e sciupa la vita, quando ritorna trova "la festa" e l'invito a camminare ancora e a credere ancora, perché Gesù ha fiducia nella nostra possibilità di cambiare e scegliere il bene.
Certo, se non vivo - almeno in parte - i valori di Gesù, se non tento di vivere il desiderio di giustizia, di libertà, di tenerezza, di amicizia, di amore, la mia vita è sciupata! Ma se, qualche volta, mi capita di non farcela, l'incontro con Lui è incontro di speranza. Lui è accanto a me per dirmi: "Coraggio, puoi camminare ancora, puoi credere ancora, puoi amare ancora…".
Ecco, vedete, rinunciamo... - e ripeto, dico parole che spero vi coinvolgano, non parlo in prima persona singolare - ai grandi progetti, alla provvidenza... Parliamo di noi, del nostro bisogno di luce, del nostro bisogno di ideali, della nostra passione per la vita e ci sentiamo fratelli di ogni uomo di buona volontà e sappiamo di dover combattere ogni violenza, ogni ingiustizia, ogni sopraffazione dell'uomo sull'uomo, per camminare verso i sogni e gli ideali di Gesù e se non ci riusciamo, quando ci ritroviamo qui insieme Lui ci invita a "mangiare" ed a camminare ancora! È venuto per condividere la nostra vita nei bassifondi della storia, per conservare nei nostri cuori il coraggio della speranza.
II Signore ci aiuti.
Se il chicco di frumento non cade V DOMENICA di QUARESIMA - 29 Marzo 2009
per terra e non muore, resta solo; Giovanni 12, 20-33
se invece muore porta molto frutto.
Chi ama la propria vita la perde e chi
odia la propria vita… la conserverà.
Ho provato per tutta la settimana a ricordare chi avesse scritto una frase che, qualche tempo fa, ci aveva molto colpito, ma non sono riuscito, contentatevi, quindi, della frase senza saperne l'autore.
La frase è questa: "Quando saremo davanti a Dio non sarà Lui a chiederci conto della nostra vita, ma saremo noi a chiedere conto a Lui della storia di questo mondo. Quando saremo davanti a Dio non saremo noi a dover chiedere perdono, ma sarà Lui a dover chiedere perdono a noi".
È una frase piuttosto forte, come tutti voi pensate in questo momento! Perché mi è venuta in mente proprio in questi giorni? Che c'entra con il Vangelo che abbiamo letto?
Vedete, il Vangelo che abbiamo letto conserva due frasi: "Se il chicco di frumento non cade per terra e non muore, resta solo; se invece muore porta molto frutto".
È, spesso, questa la logica della vita! Perché Dio ci ha fatto così?
Vedete, nel corso della storia molti scienziati, uomini di fede sono morti senza vedere il frutto del loro lavoro... pensate a Galilei o a Darwin... Per parlare di fede e di morale pensate a gente come Tommaso Moro o Erasmo da Rotterdam che vedono ancora i frutti del loro lavoro non compiuti. Pensate... - per venire più vicino a noi - a grandi uomini come Ernesto Bonaiuti o Lorenzo Milani... ancora i frutti della loro azione sono lontani dall'essere pienamente maturi.
Perché, spesso, gli uomini giusti non riescono a vedere i frutti del loro lavoro? E, questo, non vale soltanto per grandi personaggi della storia. Nella mia, ormai lunga, esperienza ho visto dei genitori morire senza poter vedere nei figli i frutti della loro educazione appassionata... poi, magari, i figli, che durante la vita non hanno saputo nemmeno dire un "grazie", quando i genitori non ci sono più portano qualche frutto di quello che hanno ricevuto.
Questo succede anche a qualche insegnante. Questo succede, spesso, anche a noi preti. Quando ero giovane un mio amico diceva: "Ci dicono che dobbiamo lavorare, qui, intensamente anche se non vediamo i frutti, perché, magari, i frutti spuntano dall'altra parte del mondo - e poi aggiungeva - ma non c'è mai qualcuno che semina dall'altra parte del mondo e noi vediamo qui i frutti?". È la logica della vita! Ma perché questa logica? Perché l'uomo non può vedere i frutti del suo lavoro? Spesso!
Ma c'è una frase ancora più forte: "Chi ama la propria vita la perde; chi perde la vita per me la trova". Che mondo è questo in cui occorre perdere la vita? Perché tanti giusti, tanti martiri nel corso della storia... pensate - che so - a Martin Luther King a Gandhi, pensate a tanti giudici di questo nostro tribolato paese, pensate a tante persone che hanno rischiato e perduto la vita per il bene. I malvagi, spesso, godono e vivono a lungo e il giusto viene ucciso!
Perché…? Perché ha creato un mondo così?
Non è forse, Lui, che deve renderci conto di questa vita, di come ci ha fatti? La prima cosa che un bambino impara a dire è: "È mio!" E penso che voi, più di me, avrete assistito a furibonde liti tra compagni per contendersi un gioco o qualcosa del genere... a volte i bimbi sembrano isterici nel dire il loro "mio". E non soltanto loro, anche quando si diventa adulti siamo costruiti per difendere la nostra vita, per possedere, per affermarci sugli altri. Che senso ha "perdere la vita"? Perché la gratuità, il rispetto degli altri ci costa tanto? Perché Dio ci ha fatti così? Non è Lui che dovrebbe chiederci perdono? Per i tanti bambini che muoiono, per le guerre, per le devastazioni, per tutta la malvagità che c'è nel cuore dell'uomo? Non l'ha fatto Lui l'uomo così com'è?
Vedete, a questo punto, forse, qualcuno di voi è d'accordo con tutte queste domande, ma allora fermatevi a riflettere e ponetevi le domande decisive della fede: in che Dio crediamo? Ci hanno parlato troppe volte del Dio onnipotente, provvidente, che guida il cammino e il destino dell'uomo. In tutti gli angoli della terra la religione è, spesso, partita dal bisogno dell'uomo di protezione e ha sempre cercato, quindi, un Dio o vari "dei" che fossero potenti e magari specializzati, per curare i nostri malanni, per guarire il nostro cuore. Al Dio onnipotente e provvidente, noi, non riusciamo a rinunciare, eppure, un credente, sa, che l'unico Dio in cui può credere è inchiodato sulla croce, le braccia spalancate tra cielo e terra!
Lì, non si manifesta il Dio potente che regola il destino dell'uomo; lì si manifesta il Dio impotente che è venuto a condividere i bassifondi della storia, a camminare accanto all'innocente ucciso, a condividerne la sorte; anche Lui ucciso dalla violenza del mondo.
Noi non riusciamo a rinunciare alla nostra idea di Dio… e non riusciamo ad accettare la vita così com'è. Noi vorremmo che fosse diversa e, qualche volta, ci dimentichiamo di combattere per costruirla diversa.
In questa vita la gratuità, l'attenzione verso gli altri, il dono di sé, a volte, comporta il sacrificio della vita e non soltanto nelle grandi cose, ma, anche, nelle piccole cose. Il bambino deve rinunciare a qualche cosa di sé per poter giocare con gli altri. Il marito e la moglie devono rinunciare a qualche cosa di sé per costruire un "noi". L'amicizia si basa sulla gratuità ma, a volte, quanto è faticoso accettare questa logica!
La logica della rinuncia al mio "io", la capacità di accettare che si "perda", almeno una parte, dei nostri bisogni e interessi egoistici, perché ci sia la bellezza della vita, la gratuità, la pace. Direte voi: "Belle parole! Quanto è difficile realizzarlo nel concreto della vita!". Eppure è questa l'unica realtà in cui siamo chiamati a vivere, questo è l'unico mondo in cui siamo chiamati a seminare i semi della giustizia anche se, a volte, non vediamo i frutti.
Questo è l'unico mondo, in cui siamo invitati a credere, con passione, nella bellezza della vita, nella gratuità, nell'amore, nell'amicizia, anche se, qualche volta, è terribilmente difficile rinunziare a qualcosa di sé, per vivere fino in fondo la gratuità: per questo è venuto Gesù! Per camminare con noi, per insegnarci a condividere la vita, conservando nel cuore i sogni della libertà, della gratuità, del rispetto e del servizio... ma quanto sia difficile lo sapete come me e, forse, più di me!
Il Signore ci aiuti
Il primo giorno della settimana, Maria di PASQUA di RESURREZIONE - 12 Aprile 2009
Màgdala si recò al sepolcro di mattino, Giovanni 20, 1-9
quando era ancora buio, e vide che la
pietra era stata tolta dal sepolcro.
Capitano, a volte nella vita, delle coincidenze curiose, strane. Circa una settimana fa, un signore che canta in un coro di canti popolari, mi chiedeva: "Conosci qualche canto sulla Resurrezione? Perché, io, conosco tanti canti sulla passione, sulla morte di Gesù, ma nessuno sulla Resurrezione". E dicevo: " È vero, anch'io ho tante collezioni di canti popolari, ma non ce n'è nessuno sulla Resurrezione!".
E due giorni fa, un amico, mi faceva notare un articolo in cui un giornalista scriveva: "I cattolici sanno celebrare la passione e la morte del Signore ma non la Resurrezione".
È vero! Nelle nostre tradizioni popolari - credo, che tutti vi abbiamo partecipato, specialmente chi ha i capelli bianchi - ci sono le processioni del "Cristo morto", l'incontro della Madonna addolorata con Gesù portato al sepolcro, le "tre ore di agonia", ci sono tante "Via Crucis", ma non c'è quasi nessuna celebrazione popolare sulla Resurrezione del Signore.
In parte è giusto, perché è il dolore che ha bisogno di essere consolato e celebrato, ma il rischio è quello di cadere nell'esaltazione del dolore o, peggio, nel masochismo. Molte persone nella storia della Chiesa hanno creduto che il dolore sia gradito a Dio! Alcuni si flagellavano, si mettevano il cilicio, facevano lunghe penitenze, lunghe espiazioni, pensando di fare cosa gradita al Signore!
E la Pasqua? Eppure la Pasqua è il cuore della nostra fede! E, prima di noi, il cuore della fede di Israele, da cui tutti dipendiamo.
La Pasqua, vedete, ha origini molto lontane. Era, all'inizio, una festa della primavera, della transumanza. Quando i pastori partivano per i pascoli estivi si faceva una cerimonia propiziatoria. Si sacrificava un agnello, si doveva poi preparare il pane non lievitato, che chi viene da certe regioni d'Italia, conosce bene: ad esempio il pane "carasau" in Sardegna. È pane senza lievito, duro come un sasso, che serviva per essere portato in giro per mesi.
Tutto questo faceva parte di una celebrazione festosa. Israele ha intuito che poteva sostituire questa celebrazione, della natura, delle cose che tornano ogni anno, dell'agricoltura, con una celebrazione della storia. Ha inserito nella festa l'uscita dall'Egitto: l'Esodo. Dietro le spalle la schiavitù, il male, la sofferenza, il dolore... davanti la liberazione e la vita!
Il cammino verso il futuro, verso la speranza è diventato pian piano il cuore stesso della fede di Israele! Potete leggere nella Bibbia come quella che, all'inizio, forse, era un solo la piccola storia di qualche schiavo fuggito dall'Egitto, è diventata la grande epopea di tutto un popolo, che passa attraverso muraglie d'acqua. Israele riesce pian piano a dare un'importanza fondamentale al "passaggio" del Mar Rosso. Pasqua significa: passaggio.
Passaggio da un passato di morte, di dolore, di schiavitù, verso un futuro di libertà, di vita, verso la speranza.
E noi cristiani abbiamo continuato a celebrare la Pasqua, ma al posto "dell'agnello", adesso, c'è Gesù! E celebrare la Resurrezione non è più solo (ma, anche... e questo, qualche volta, ce lo scordiamo) celebrazione della primavera, non solo celebrazione dell'Esodo (ma anche… e, purtroppo, si dimentica spesso) per noi, è celebrazione di Gesù: memoria di Lui, che non è morto, ma vive!
Una volta una delle nostre catechiste domandava ai suoi bambini: "Cosa significa, per voi, che Gesù è risorto?" Un bambino ha alzato la mano: "Significa che aveva ragione Lui!".
Vedete, a mio avviso, tutti i teologi del mondo, che hanno scritto grandi volumi, non hanno saputo trovare una definizione della Pasqua più bella e più profonda di questa!
Significa che aveva ragione Lui! Significa che non hanno ragione la violenza, il male, la vigliaccheria, il tradimento che l'hanno inchiodato sulla croce. Significa che non ha ragione l'odio, che non ha ragione il male. Significa che ha ragione l'amore, la vita donata, la passione per la libertà e per la giustizia: Resurrezione, Pasqua significa che ha ragione Lui!
Significa che l'ultima parola di questo mondo non è il dolore, non è la violenza, non è il male, ma Gesù! Celebrare la Pasqua significa celebrare, nel cuore della nostra vita, il futuro, la liberazione, la costruzione di un mondo migliore e più giusto… e quotidianamente.
Quest'anno celebriamo una Pasqua particolare; il nostro cuore si stringe e qualcuno di noi, - più d'uno, penso - è costretto a chiudere la televisione perché non ne può più di vedere immagini di dolore e di morte. Adesso posso darvi un consiglio: prendete un'agenda e scrivete e... fra un anno, quando nessuna televisione sarà più lì, quando si saranno scordati di tutto, ricordatevene voi, perché è allora che ci sarà bisogno di speranza, di ricostruzione, di passione per la vita, di coraggio! È allora che non bisognerà più costruire il cemento che si sgretola e uccide la gente. È allora che noi dovremo contribuire a costruire la vita.
Sì! È giusto ricordarsi della morte, ma è importante aiutare quelli che soffrono, quelli che hanno il cuore schiantato a ritrovare le ragioni della vita. È importante costruire un mondo più giusto… oggi si può fare in modo che se viene un terremoto la gente non muoia. In California, in Giappone sanno farlo, perché da noi, no? Occorre curare il mondo non soltanto nei momenti di emergenza in cui, almeno in Italia, tutto sembra sempre possibile... ci sono volontari che partono... tutto va bene, tutto è bellissimo, ma fra un anno, fra due anni, quando bisogna costruire… allora la speranza deve diventare una cosa concreta.
Qualcuno di voi, forse, può dire: "Che c'entra questo con la Pasqua?". La Pasqua o è anche questo o non è! Per quello che ho capito io, la Pasqua o dice qualche cosa alla nostra vita concreta, di ogni giorno, oppure sono soltanto belle parole. La fede o ci mette dentro la passione per costruire il mondo, il coraggio della vita e della speranza, oppure sono soltanto parole che servono solo a consolarci un po'.
La nostra fede è impegno! La Pasqua, soprattutto, è impegno! Ha ragione Gesù, ha ragione chi crede e chi vive l'amore, ha ragione chi crede e chi vive la libertà, ha ragione chi crede e chi vive la giustizia, chi si impegna ogni giorno perché il mondo sia più bello. Ha ragione Lui, non lo dimenticate!
Quando la mente si smarrisce per tentare di pensare cosa significhi che il Signore è risorto, che corpo aveva, dove è andato, dove è adesso... allontanate tutto questo e tornate al bambino: "Che significa che Gesù è risorto?". "Che aveva ragione Lui!"
È semplice! Questo, forse, lo capiamo tutti, ma, se ho capito qualcosa, questa è la più profonda definizione della Pasqua che potete trovare sulla faccia della terra e ci coinvolge tutti, perché se ha ragione Lui allora, anche noi, possiamo, ogni giorno, tentare di vivere i Suoi sogni, i Suoi ideali di tenerezza, di servizio, di amore, di attenzione agli altri, di condivisione della vita, soprattutto con chi tribola e, non solo nei momenti di emergenza in cui il cuore ci si stringe, ma nel quotidiano di ogni giorno quando chi tribola non può e non deve essere dimenticato da chi ama.
Il Signore ci aiuti.
Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!" II DOMENICA di PASQUA - 19 Aprile 2009
E Gesù: "Beati quelli che pur non avendo visto, Giovanni 20, 19-31
crederanno".
Per molti di noi... - e, spero, che coinvolga parecchi di voi - è diventato quasi un ritornello: e se avesse ragione Tommaso?
In molti campi della vita è scontato che abbia ragione Tommaso: l'uomo del dubbio, che ha bisogno di toccare con mano, di verificare, di provare. È scontato, o dovrebbe essere scontato, nella scienza. La scienza, la medicina, l'ingegneria e quant'altro, procedono proprio attraverso il dubbio, la ricerca, i tentativi, le prove. Tutto deve essere provato, sperimentato, verificato e le prove devono essere ripetibili, altrimenti non viene validata la ricerca.
Ma quello che vale per la scienza vale, o dovrebbe valere, anche per quello che riguarda l'economia. Cosa produce ricchezza veramente nel mondo? Cosa può fare in modo che la differenza tra ricchi e poveri non cresca, che la ricchezza venga distribuita in maniera più uniforme? Cosa permette a chi è povero di guadagnare, di entrare, anche lui, nella produzione dei beni che rendono più godibile la vita? Anche qui non si può che procedere attraverso i tentativi, il dubbio, la ricerca e, se qualche cosa non va, si corregge, si prova qualcosa di diverso.
Quello che vale per l'economia, vale anche per il diritto. Non ci sono leggi universali che valgono da sempre! Le leggi dovrebbero essere frutto di ricerca, di dubbio, di accomodamenti. Si prova a fare una legge e se non funziona, si cambia.
Al tempo di Gesù la maggior parte degli uomini erano schiavi... pian piano, attraverso il dubbio, la ricerca, questo è stato cambiato. Un tempo c'era la pena di morte anche nello Stato Pontificio… il boia lavorava spesso. A Campo de' Fiori non è stato bruciato solo Giordano Bruno... Oggi, per molti di noi, la pena di morte e insopportabile! I principi del diritto, anche quelli sono cambiati attraverso il dubbio, la ricerca, il provare, verificare… se qualche cosa non va, si cambia.
Quello che vale per il diritto vale, anche, per la morale… un tempo la condizione della donna era di totale inferiorità ed era accettato normalmente; la schiavitù era considerata inevitabile. L'apostolo Paolo invita lo schiavo che è fuggito a tornare dal padrone e continuare a fare lo schiavo! Pian piano la ricerca, la passione per la libertà, il desiderio di capire chi è veramente l'uomo, ha portato a cambiare. Anche la morale non ha principi che valgono sempre… cambia, si modifica, man mano che capiamo cosa significa il rispetto dell'uomo, la dignità della persona.
Abbiamo avuto nei mesi scorsi e, ancora li viviamo, esempi clamorosi... i casi Welby, Englaro, i preservativi... tutta una serie di problemi morali che si sono posti e non possono essere risolti con il dogmatismo, ma soltanto con l'ascolto, la ricerca, il dubbio, il chiedersi che cosa è giusto e cosa non lo è; dov'è il rispetto dell'altro, quali sono i principi essenziali della vita.
Quello che vale per l'economia, per il diritto, per la scienza vale, anche, per la religione. Quando ho cominciato a studiare, per diventare prete, nel lontano 1955... tutto era in latino ed ho dovuto fare una gran fatica a leggere libri in francese, perché non si potevano tradurre in italiano... in Italia, sotto Pio XII, era proibito il dubbio, la ricerca! Molti di voi ne hanno fatto esperienza... - specialmente chi ha i capelli bianchi - quando osavamo fare qualche domanda, ci rispondevano: "È un mistero, bisogna credere, senza pensare!".
Ricordo ancora - e lo ricordo con orgoglio e nostalgia - l'indignazione dei nostri ragazzi, all'uscita da un matrimonio, quando il prete aveva detto allo sposo: "Se vuoi vivere sereno e felice devi rinunciare a pensare e ti devi affidare". I nostri giovani sono usciti indignati! Affidarsi è quanto di più sciocco ci possa essere sulla faccia della terra! Dei ragazzi che si indignano quando gli si dice che per essere cristiani bisogna rinunciare a pensare… ti fa sospettare di non essere vissuto del tutto invano! Anche nella religione, è importante il dubbio, la ricerca… durante la mia vita, sono cambiate tante cose... è venuto il Concilio e, quello che sembrava intoccabile... - il latino per esempio - è cambiato, è diverso il ruolo e l'importanza dello studio del Vangelo e della Bibbia... non del tutto! Cambierà ancora qualche cosa?
Ecco, ora, la domanda fondamentale! Cosa può significare quello Gesù dice a Tommaso: "Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno!". Si può credere senza vedere, senza toccare con mano?
Vedete, i valori fondamentali della vita non si possono toccare con mano! La libertà, la giustizia, l'uguaglianza tra gli uomini, il rispetto… sono cose che noi non possiamo verificare del tutto.
Ecco - per esprimermi meglio che posso - quello che è accaduto venerdì scorso... dicevo: "Possiamo sperare che i nipoti, dei nipoti, dei nipoti, dei nipoti... (aggiungete quanti nipoti vi pare) dei vostri figli vedranno un mondo in cui non ci siano più guerre? Possiamo sperare che i nipoti, dei nipoti, dei nipoti... possano vedere un mondo in cui non ci sia più l'enorme differenza tra poveri e ricchi; in cui l'uomo e la donna abbiano gli stessi diritti; in cui non ci siano più differenze di sesso, di religione; in cui anche tutte le religioni si trovino a credere negli stessi valori?
Qualcuno, venerdì, sorrideva, forse qualcuno sorride anche qui... debbo avvisarvi: se volete essere cristiani avete una sola soluzione! Dovete credere nell'escatologia e nell'apocalisse! Cioè dovete credere che Dio - come credevano i primi cristiani - ad un certo punto si stanchi di questo mondo, lo distrugga e ne faccia uno nuovo... su qualche pianeta sperduto nello sconfinato universo!
Senza attendere il disastro, è possibile credere che i nipoti, dei nipoti, dei nipoti, dei nipoti vivranno in un mondo radicalmente diverso da quello di adesso? Questo non potete toccarlo con mano e, questo, noi, non lo vedremo mai, questo, noi, possiamo solo sperarlo e crederlo: questa è la fede! Non la sciocca ricerca di qualche santone, di qualche apparizione o di qualche miracolo... questo è imbonimento del popolo, ricerca di soldi.
La vera fede è credere che i valori di Gesù, quello per cui Lui è venuto sulla terra, quello in cui Lui ha creduto: la passione per la libertà, la giustizia, la tenerezza verso gli altri, la pace, il rispetto, l'amore, diventino, un giorno, il tessuto della vita dell'uomo.
Queste cose non possiamo toccarle con mano, queste cose non possiamo verificarle, queste cose possiamo solo crederle e sperarle, ma se non crediamo e speriamo questo, non siamo cristiani! Se crediamo in Dio, se crediamo in Gesù Cristo non possiamo rinunciare alla speranza, non possiamo non credere nel futuro, non possiamo non credere cha aveva ragione Gesù e che i Suoi valori, in qualche modo, diventeranno il tessuto della storia… se ci crediamo sul serio, ciascuno di noi tenterà di fare quello che può perché questo, pian piano, si realizzi.
E chi è scettico... (scusate se ve la faccio un po' lunga, ma sono discorsi importanti) non dimentichi che al tempo di Gesù i due terzi degli uomini nel bacino del Mediterraneo erano schiavi; oggi ce n'è ancora qualcuno, ma non sono certo i due terzi!
Al tempo di Gesù le donne non contavano niente né nella Chiesa, né fuori della Chiesa; oggi qualcosa è cambiato, non tutto! Al tempo di Gesù una classe media non esisteva, c'erano i ricchissimi e i poverissimi, i grandi latifondisti e gli schiavi; oggi molte cose sono cambiate. Al tempo di Gesù la pena di morte era data per scontata e, non solo la pena di morte, la crocifissione che è una morte atroce e terribile; oggi molte cose sono cambiate e sono passati solo duemila anni...
Forse dovranno passarne altri duemila... come sarà il mondo fra duemila anni? O sarà distrutto - potete scegliere - o sarà un mondo più bello e più giusto. Questo dipende dalla nostra fede, dalla nostra passione, dal nostro rispondere all'invito di Gesù: "Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno", perché noi, quel mondo, non lo vedremo, nemmeno i più giovani tra noi... i nipoti, dei nipoti, dei nipoti... forse.
Il Signore ci aiuti
Sconvolti e pieni di paura, credevano III DOMENICA di PASQUA - 26 Aprile 2009
di vedere un fantasma. Luca 24, 35-48
Debbo, a più d'uno di voi, delle scuse e, quindi, anche il tentativo di riparare... - come si conviene quando si debbono delle scuse - per due motivi. Il primo è più semplice da riparare. Nelle domeniche precedenti ve l'ho fatta un po' troppo lunga e le omelie lunghe sono sempre una cosa poco buona. Il secondo motivo è, invece, molto più difficile e complesso.
Perché, vedete, nelle domeniche precedenti ho insistito... - come si conviene, forse, per la Pasqua - sulla gioia cristiana, sulla speranza, sulla realizzazione nel futuro dei valori di Gesù. E questo può essere stato scambiato da qualcuno di voi per ottimismo.
L'ottimismo - vedete - è un sentimento che va, viene nella vita di un uomo; dipende dal carattere, e ascoltare una predica che sembra particolarmente ottimista, può mettere un peso sul cuore di qualcuno; sul cuore, soprattutto, di chi non ha grandi speranze nel futuro, di chi vede nero, di chi non riesce ad aspettarsi niente di buono.
L'ottimismo non è la fede! La fede è un'altra cosa! La speranza non è l'ottimismo! La speranza, a volte, si strappa faticosamente al coraggio del nostro cuore. Se mi avessero spiegato il Vangelo di oggi quando ero ragazzo, mi avrebbero sconcertato profondamente. Se qualcuno m'avesse detto, quando avevo quindici o sedici anni, che i discepoli non avrebbero riconosciuto il Signore e si sarebbero spaventati, non prima della crocifissione, non quando era sulla croce, ma dopo la risurrezione, avrei detto: "Questo è pazzo!". Eppure, è quello che abbiamo ascoltato stamattina!
I discepoli non riescono a riconoscere Gesù! Sono ritornati i due discepoli che sono andati a Emmaus, hanno camminato con Gesù per tre ore... - tanta è la distanza tra Gerusalemme a Emmaus - e non lo hanno riconosciuto. Lo hanno riconosciuto solo alla fine, spezzando il pane!
Quando poi Gesù appare, i discepoli sono "sconvolti e pieni di paura", credono di vedere un fantasma e, quando Gesù insiste, il Vangelo dice: "per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore".
Sono soltanto simboli... - non sappiamo cosa è accaduto là - ma simboli di un riconoscere Gesù, di una fede, di una speranza, che si fanno largo, faticosamente, nel cuore dell'uomo.
La fede genera speranza, ma faticosamente, lentamente e non ha niente a che spartire con l'ottimismo e il pessimismo. Qualcuno di noi è nato pessimista, non riesce a vedere gli aspetti positivi della vita. Qualcuno è nato ottimista, tutto sembra bello, entusiasmante; ci sono, anche, periodi della vita che vanno e vengono. Se ho capito qualcosa, questo con la fede non c'entra niente!
La fede ci chiama a tentare di essere... - lo avete ascoltato alla fine del Vangelo - dei testimoni! Testimoni di Gesù, testimoni dei Suoi valori… e non è chiamato, soltanto, chi è ottimista, anzi direi che è chiamato di più il pessimista, chi non riesce a vedere un futuro... È chiamato, al di là di ogni speranza, a essere testimone con la gente che ha intorno, testimone di giustizia, di tenerezza, di libertà, di amore, testimone dei valori di Gesù.
Può dire, il pessimista: "Non c'è amore e rispetto nel mondo! Vedete quante umiliazioni della dignità dell'uomo ci sono sulla faccia della terra? Bene, io, no! Io credo in Gesù e, quindi, con la gente che ho intorno, magari soltanto con i figli, tento di essere testimone dei valori di Gesù, del futuro, della speranza. Penso, spesso, di non ottenere niente, non riesco a vedere alcun risultato, mi sembra di non riuscire... ma io credo che Gesù abbia ragione! Allora ci provo, anche se non ho entusiasmo, se mi manca la gioia nel cuore, se mi costa tanta fatica..."
Non conta la gioia, non conta l'ottimismo, contano la speranza e la fede che, a volte, un credente strappa faticosamente alla paura, al buio del proprio cuore.
Credete che sia semplice per coloro che sono state vittime del terremoto guardare al domani? Certamente non lo è! Fra loro ci saranno gli ottimisti, quelli che hanno cominciato a darsi da fare... i pessimisti rischiano di rinchiudersi in se stessi... loro, hanno bisogno di strappare dal profondo del loro cuore il coraggio di ricostruire, la voglia di andare avanti. Anche se sanno che verranno i "corvi", coloro che vorranno approfittare di tutto, anche se vedono buio, anche se il cuore si stringe… chi crede in Gesù, nei Suoi valori, tenta di viverli, per quel poco che può!
Ma se il cuore è pesante, se vede scuro, significa che non ho fede? No, non ditelo mai! Non dite mai a uno che non ha gioia, a chi vede scuro, a chi non crede nel futuro: "Tu non sei cristiano, non hai fede!" È un'offesa al suo dolore!
Noi preti, qualche volta, esageriamo nel parlare di futuro, di speranza: per questo, a qualcuno, devo chiedere scusa, perché rischio di aver messo un peso sul suo cuore!
Il Signore ci aiuti
Gesù disse: "Io sono il buon pastore. Il buon IV DOMENICA di PASQUA - 3 Maggio 2009
pastore dà la propria vita per le pecore". Giovanni 10, 11-18
In uno degli incontri che abbiamo fatto la scorsa settimana per leggere insieme il Vangelo, una signora raccontava la sua piccola avventura. Si è trovata ad un funerale e si è messa in fila con gli altri per fare la Comunione. Il giovane prete che presiedeva... se una persona - ce ne erano due davanti a lei - non rispondeva: "Amen", a voce alta non gli dava la Comunione. Non solo, ma quando è toccato a questa signora di far la Comunione, non ha messo le mani come secondo lui si debbono mettere non le ha dato la Comunione. È andata in sacrestia a protestare, ma senza risultati.
Un'altra signora diceva: "Io ho teso la mano... mi ha dato un colpetto e me l'ha buttata via". E un altro signore diceva: "Io avrei da raccontare di peggio...!". Abbiamo chiuso lì perché avevamo cose più importanti da dirci.
È strano...! Oggi, vedete, nelle letture che avete ascoltato, si parla del "buon pastore", dell'unico "pastore" della nostra vita e, invece, la comunità cristiana ci invita a pregare per le "vocazioni", quindi per i pastori... ma se ti capitano dei pastori così a chi ti raccomandi?
Non si tratta dei pastori, ma di capire cos'è essere cristiani. Se il cristianesimo si riduce a regolette, a piccole leggi, addirittura, a rispondere "Amen" o a come si deve mettere la mano, siamo veramente alla fine.
Per quello che ho capito io, il cristianesimo è seguire Gesù, cercando i valori fondamentali della vita, cosa è veramente importante nella nostra esperienza cristiana e umana, nei rapporti con le persone che ci stanno intorno.
Molti di voi hanno tribolato con le regole: il digiuno prima della comunione, il venerdì... molti di voi hanno tribolato con i precetti per la limitazione delle nascite... Quando il cristianesimo si riduce a tutta una serie di regole, soprattutto quando non si può capirle, non ha più senso!
Gesù è il "pastore", che cerca di condurci sui pascoli della vita, dei valori autentici, profondi, valori che rendono la vita più bella e più giusta: i pascoli della libertà, della passione per il bene; la tenerezza, il servizio, la condivisione…
Andiamo dietro al Pastore come pecore... quando dico: "Come pecore", molti di voi pensano a un animale un po' stupido e ubbidiente: non avete conosciuto le pecore!
Tra le tante fortune che ho avuto nella mia vita, c'è stata anche quella di aver fatto, qualche volta, il pastore, quello reale, andando in giro dietro le pecore. Il pastore, veramente, non ero io, era un mio cugino e portava le pecore - come si conviene ad un buon pastore - dove credeva che ci fosse l'erba buona, ma poi si disperdevano tutte, se ne andavano a cercare 1'erba migliore, ognuna con la sua personalità... c'era quella più coraggiosa che andava più lontano… e, quando la sera, bisognava riportarle a casa, specialmente in certi giorni, abbiamo passato ore e ore su per la montagna per radunarle e riportarle nella stalla, dove bisognava prendere il latte...
Ogni pecora ha la sua personalità e il pastore - mi sembrava una cosa straordinaria - le conosceva tutte, una per una e sapeva quale era più capricciosa, quale meno, quella più ubbidiente, quella più intraprendente, quella che sapeva cercare l'erba migliore… e se questo vale per le pecore, quanto più per gli uomini!
Siamo tutti diversi e seguire Gesù, cercare in Lui i valori essenziali è affidato alla personalità, alla ricerca, alle domande, alla passione di ciascuno di noi. Siamo tutti invitati a seguire l'unico "Pastore" Gesù, ognuno di noi con la sua capacità di capire e giudicare… poi, possiamo anche avere grande pazienza con i pastori che ci capita di incontrare nella vita... alle volte così sciocchi da credere che tutto si riduca a qualche piccola regoletta.
Avete, forse, ascoltato che le letture di oggi ci propongono un'altra immagine che per i primi cristiani - ma, anche, per tanti cristiani che ho incontrato nelle mia vita - è stata importante: è la pietra angolare. Gesù "è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo", quella su cui si basa tutta la casa.
C'è una "pietra d'angolo", ma poi c'è bisogno di tante pietre e l'apostolo Pietro ci dice che noi siamo le "pietre viventi" e senza di noi non si costruisce la casa.
Gesù ha bisogno di noi… ha bisogno della nostra libertà, del nostro coraggio, della nostra passione. Ciascuno di noi può contribuire a costruire la casa, a costruire la ricchezza della vita, nella propria famiglia, nel posto dove lavora, nella comunità, nella civiltà. Ciascuno di noi è chiamato a dare il proprio contributo perché sia la "casa" di tutti... la casa della giustizia, la casa del bene.
A volte non ci riusciamo, ma possiamo sempre tornare qui e siamo invitati a mangiare...
Tra poco ripeterò per due volte: "Prendete e mangiatene tutti". Tutti, in italiano, significa: tutti! Non alcuni sì e altri no! Chissà perché in questi duemila anni troppe volte questo è stato dimenticato!
Nella Chiesa, ho conosciuto, specialmente quando ero un giovane prete, tante persone che dicevano: "Tutti, ma io, no! Io, no; per questo, per questo, per questo..." Tutti significa: tutti!
Gesù è venuto per tutti, per tentare di essere il Pastore che ci conduce ai valori essenziali della vita. È venuto in mezzo a noi per essere il fondamento della nostra esperienza, per aiutarci a cercare, ciascuno con la sua personalità, i Suoi valori, le cose importanti, quello che rende bella e vera la vita.
Il Signore ci aiuti
Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane V DOMENICA di PASQUA - 10 Maggio 2009
in me e io in lui, porta molto frutto... Giovanni 15, 1-8
Ho, da molto tempo, il timore di ripetermi, di dire sempre le stesse cose: predicare sulle stesse pagine del Vangelo, anno dopo anno e cercare di dire qualcosa di diverso è complicato. Poi mi sono reso conto che certi concetti vanno ripetuti, perché sono molto difficili da assimilare per chi ha dietro le spalle un certo tipo di educazione.
Vedete, ho letto ormai centinaia di volte il Vangelo insieme alla gente e mi sono accorto che una delle cose più difficili da accettare è che il Vangelo deve essere interpretato. Occorre scegliere tra le varie affermazioni del Vangelo quella con cui si è d'accordo e quella che, invece, non ci convince. Occorre rendersi conto che nel Vangelo ci sono contraddizioni e pericoli. Oh...! Addirittura il pericolo nel Vangelo? Ebbene, sì! Per quello che ho capito io, nelle pagine del Vangelo si annidano non pochi pericoli!
Qualcuno può dire: "Ma il Vangelo non è la parola del Signore, allora come è possibile che bisogna interpretarlo? Come è possibile che ci siano pericoli, che occorre scegliere? Non è sempre il Vangelo?". Ebbene, no! - sempre per quello che ho capito io, è chiaro -.
Ci ho messo una vita a capire queste cose e, quindi, mi rendo perfettamente conto che per molti di voi seguirmi in questo discorso non è affatto semplice, ma la pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato si presta, forse, ad intuire qualche cosa di più.
Vedete, in questa pagina c'è, forse, l'immagine più bella del nostro rapporto con Gesù: è l'immagine del "tralcio inserito nella vite". Una stessa vita unisce noi a Gesù, come il tralcio che è inserito nella vite… ed è l'immagine più gratuita che il Vangelo ci propone.
Domenica scorsa si parlava del "pastore" che conduce le pecore nei pascoli della vita. Lo seguiamo perché abbiamo bisogno da mangiare... qui, no! Siamo una cosa sola con Lui, siamo inseriti in Lui per portare frutto, non per il nostro interesse, ma per essere in grado di portare frutto: la stessa vita, gli stessi valori, gli stessi ideali ci uniscono a Gesù e, questo, ci permette di portare frutti di giustizia e di bene.
Dov'è, allora, il pericolo? Avete ascoltato che il Padre "ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto". Questa potatura è sempre stata interpretata come la sofferenza che ci migliora, ci fa crescere, ci rende capaci di comprendere tante cose... È un discorso che ho ascoltato fin da bambino. Lo avevo fatto mio, mi sembrava anche di riconoscerlo nella mia esperienza...
Una volta ad una giovane ragazza che aveva molto sofferto ho osato dire: "Hai sofferto, però questa sofferenza ti ha maturato, ti ha fatto crescere!". Mi ha guardato con occhi di fuoco che non dimenticherò più e mi ha detto: "Sta zitto, tu, che non sai che cosa significa soffrire!".
Ho capito che è una sciocchezza dire che la sofferenza matura. La sofferenza è sofferenza, e quando si esalta la sofferenza - troppe volte è successo in questi duemila anni - si rischia di cadere nel masochismo, nel flagellarsi, nel fare penitenza, nel pensare che nel soffrire, nel sacrificio ci sia qualcosa di gradito a Dio, che Lui vuole per la nostra crescita.
Ma c'è ancora di peggio in questa pagina del Vangelo perché - avete ascoltato - che il tralcio che non porta frutto "viene gettato via e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano". Vedete, i cristiani in questi duemila anni, non hanno avuto pazienza di aspettare che Dio buttasse il tralcio nel fuoco; hanno pensato "loro" di "arrostire" chi pensavano che non portasse frutto: hanno bruciato eretici, streghe, gente diversa, pagani... forse per prepararli al fuoco del purgatorio o, addirittura, dell'inferno. È assurdo pensare che Dio destina qualcuno al fuoco dell'inferno!
Ma c'è, in questa pagina, un pericolo ancora più grande... "Ora basta": dirà qualcuno. No! perché i pericoli, che ho citato adesso, riguardano gli altri: questo, riguarda, forse, la maggior parte di voi...!
Perché avete anche ascoltato: "Se rimanete in me… chiedete quello che volete e vi sarà fatto". Potrei chiedervi: "Chi di voi non ha fatto, qualche volta, l'esperienza di aver chiesto e chiesto con insistenza e di non avere ottenuto? Cosa significa, allora, che non siete bravi cristiani? Tutti noi, penso... io, certamente, ma conosco più d'uno di voi... tutti noi abbiamo chiesto e non abbiamo ottenuto e non perché non eravamo cristiani, non perché non avevamo fede e non eravamo radicati in Cristo. E, a qualcuno di noi, è anche capitata la disgrazia di incontrare qualche "santone" da cui si è sentito dire: "Se tuo padre ha il tumore, la colpa è di qualcuno di voi!" e, contro questa povera donna, i famigliari hanno puntato il dito: "Sei tu...!" ho visto questa donna piangere disperata perché il "santone" aveva detto: "Se tuo padre ha il tumore, la colpa è di qualcuno, qualcuno che non sa pregare, qualcuno che non ha fede, qualcuno che ha peccato!".
Non vi sembra, questo, non solo un pericolo gravissimo, ma una bestemmia verso il Signore e verso i credenti?
Vedete, allora, che in questa pagina del Vangelo - sempre per quello che ho capito io - debbo scegliere... ma non è la parola del Signore? Vedete, al tempo di Gesù non c'erano i registratori. Al tempo di Gesù le parole venivano raccolte da uomini come noi, che si portavano dentro la difficoltà di credere, la speranza di essere sempre esauditi, una fiducia totale nel Signore, un bisogno di Lui, della Sua onnipotenza.
Come si esce... - chiederà qualcuno di voi - da tutto questo? Per quello che ho capito io, in un solo modo: dobbiamo continuare a cercare con fiducia qual è il senso della nostra fede... cosa possiamo trovare nelle parole del Vangelo. E qui troviamo una delle immagini più belle che il Vangelo ci consegna, ma occorre anche, diffidare delle interpretazioni, specialmente di alcune che sono state date e, ancora, qualche volta, si danno del Vangelo. Continuare a cercare nella certezza che - come dice la lettera che abbiamo ascoltato dell'apostolo Giovanni - "Dio è più grande del nostro cuore" e se più grande del nostro cuore, certamente più grande di ogni nostra parola, di ogni nostro tentativo di esprimere in parole, la realtà di Dio, il nostro rapporto con Lui.
Qualche volta riusciamo a intuire qualche cosa. Anche chi ha scritto queste pagine, qualche volta, si sbagliava... ma è normale, siamo uomini!
Dio è più grande e il Suo volto non può che essere cercato con passione e, anche, con il timore di dire cose sciocche… A me è capitato di farlo, forse è capitato anche a voi, speriamo che non ci capiti più.
Il Signore ci aiuti
"Questo è il mio comandamento: che vi VI DOMENICA di PASQUA - 17 Maggio 2009
amiate gli uni gli altri come io ho amato voi". Giovanni 15, 9-17
Come potete immaginare ho celebrato molti matrimoni, senza amarli troppo perché sono, in genere, delle celebrazioni in cui c'è grande confusione e pochi sono attenti. Gli sposi, invitati a cercare un brano del Vangelo per la loro cerimonia, spesso, sceglievano proprio quello che abbiamo letto oggi, perché - come avete ascoltato - si parla di amore, del comandamento dell'amore, l'unico che il Signore ci ha lasciato: "Amatevi come io ho amato voi".
Tante volte mi sono domandato: "Ma questi due hanno la più pallida idea di cosa significherà amarsi nella loro vita?".
Ho fatto quando ero un giovane prete, - tanto, tanto tempo fa - l'esperienza di preparare, insieme ad altri amici, delle coppie al matrimonio, sei mesi prima che questo avvenisse e ci siamo resi conto che, spesso, non avevano mai parlato di quella che sarebbe stata la loro vita. Non avevano mai parlato dei ruoli, dei compiti di ciascuno in casa: chi lava i piatti e chi non li lava, chi lavora e chi non lavora, come si educano i figli, quali sono le possibilità di dialogo all'interno di una coppia; niente di tutto questo! Ascoltavamo con sgomento ed abbiamo smesso di fare queste preparazioni al matrimonio sei mesi prima: non ha quasi senso!
L'amore è fatto di sentimenti, di desideri, di passione, di piacere, ma anche di tanta pazienza, di incomprensioni, di fatica; a volte, di drammi che capitano. L'amore è fatto, qualche volta, anche del coraggio di lasciarsi liberi di andare ciascuno per la propria strada, ma soprattutto, è fatto di quotidianità, dei piccoli gesti di ogni giorno, della capacità di capirsi, di dialogare, di darsi una mano, di rispettare l'uno l'altro; e quello che vale per il matrimonio - lo capite facilmente - vale per tutto nella vita.
Vi siete mai chiesti: "Cosa significa amare? Cosa significa voler bene?". Tante cose diverse per ciascuno di noi! Cosa significa voler bene a chi abita vicino al mio appartamento? A volte soltanto non tenere la televisione troppo alta, non battere con gli zoccoli camminando sul pavimento. A volte, invece, posso perdere con lui ore e ore del mio tempo. Tante cose diverse per tante situazioni diverse!
E, allora - vedete - mi sono rallegrato quando, alcune coppie che avevano capito qualche cosa di più del cammino matrimoniale, non sceglievano più questa pagina del Vangelo, ma un'altra, quella in cui Gesù invita i Suoi discepoli a diventare bambini: "Se non diventate come bambini, non potete entrare nel Regno di Dio". Perché? Perché il bambino è completamente aperto alla vita, è curioso, deve rendersi conto di tutto. Avete ascoltato la prima lettura con un po' di attenzione? È una lettura straordinaria, Pietro "si rende conto"... Quanta fatica avrà fatto - povero Pietro - a rendersi conto che doveva rinunciare ai suoi principi, alle regole che doveva seguire un bravo ebreo… e, Pietro era un ebreo osservante, non poteva nemmeno entrare in casa di Cornelio, c'è stato addirittura bisogno di una visione con un gran lenzuolo, pieno di animali puri e impuri, che scende dal cielo… e poi entra e "si rende conto" che Dio non fa preferenza di persone e che lo Spirito lo ha preceduto.
Pietro è diventato un "bambino", ha rinunciato a possedere la verità, a possedere lo "Spirito" e se ne sente inseguitore. Ecco cosa può significare, concretamente, voler bene nella vita di ogni giorno: tentare di "rendersi conto" della realtà, dei bisogni di chi mi sta accanto ogni giorno.
C'è un comandamento del Vangelo che credo tutti conosciate: "Ama il prossimo tuo come te stesso". Non c'è volta che si legge questa frase insieme con dei bravi cristiani che non ci sia qualcuno che dice: "E se l'altro non vuol essere amato come io amo me?". È profondamente giusto! "Ama il prossimo tuo come te stesso ", forse sarebbe meglio: "Ama il prossimo tuo come lui vuol essere amato, come lui può essere amato". Cerca di renderti conto di chi è lui, di quali sono le sue esigenze, le sue possibilità, i suoi desideri, i suoi sogni, la sua realtà, allora, le conseguenze saranno le più disparate... alle volte dovrai chiamare la Polizia per farlo mettere in prigione, alle volte dovrai essere, addirittura, capace di morire per lui. E, come potete immaginate, tra il farlo mettere in prigione e dare la vita per lui, c'è tutta la gamma delle possibilità per cui l'amore diventi concreto; quando sono capace - come Pietro - di "rendermi conto"! Ma per rendersi conto - non dimenticatelo - occorre rinunciare ai principi assoluti, rinunciare a possedere la verità, rinunciare a saper tutto, farsi un "bambino", con gli occhi pieni di stupore, che cerca, che si guarda intorno, che tenta di rendersi conto.
Ci pensate? Se in questi duemila anni, fino alle nostre ore, i Papi, i vescovi, i preti e, anche, i cristiani avessero cercato di "rendersi conto" rinunciando al dogmatismo? Saremmo arrivati in Paradiso! Ancora non ci siamo... significa che è molto difficile "rendersi conto" veramente e saper amare, ma non c'è altra strada.
Il Signore ci aiuti
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, ASCENSIONE del. SIGNORE - 24 Maggio 2009
fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Marco 16, 15-20
Celebriamo oggi l'Ascensione del Signore. Era, per i primi cristiani, una delle feste più importanti, perché segna - come avete ascoltato - il passaggio tra la vita di Gesù e la vita della Chiesa. Se ricordate, domenica scorsa, parlavamo del "rendersi conto", della fatica che ha fatto Pietro per capire cosa significasse seguire Gesù, vivere concretamente i Suoi ideali.
Oggi questo concetto è ancora ribadito: i discepoli debbono "rendersi conto" che adesso tocca a loro. Avete ascoltato nella prima lettura che "stavano fissando il cielo" come imbambolati; debbono venire "due uomini in bianche vesti"… adesso è il tempo loro, tocca a loro andare in giro per il mondo a testimoniare i valori di Gesù. Comincia il lungo cammino dei cristiani... noi veniamo dopo duemila anni, ma facciamo parte di questa storia. Tocca ora a noi renderci conto di cosa significhi seguire Gesù, essere Suoi testimoni… ed è un cammino lentissimo!
Vedete, Darwin… (non domandatevi cosa c'entri Darwin con il Vangelo di oggi... un momento e cerco di spiegarmi) ci ha insegnato che l'evoluzione è un fatto estremamente lento. Riguarda non soltanto la materia, la terra, le piante, gli animali, riguarda anche gli uomini, riguarda... e questo quando ero giovane non riuscivo nemmeno ad immaginarlo, la morale. Anche la morale pian piano si evolve, ci si "rende conto" di quali siano i valori più importanti.
E riguarda anche la fede… - o meglio non la fede, ma la consapevolezza della fede - certo la mia fede è identica a quella di Pietro, Andrea, Paolo, ma è la comprensione, il modo di esprimere la fede che cambia! Ed è un cammino lentissimo, che certo non si è ancora fermato!
Nella settimana scorsa è tornato più volte questo discorso con degli esempi di cui vorrei parlarvi perché, forse, vi aiutano a comprendere qualche cosa di quello che voglio dire. Il primo è, forse, il più semplice per mostrare la lentezza del progresso.
Vedete, al tempo di Gesù, chi era dissidente veniva messo in croce, poi i "cristiani" hanno accolto la "Sua" parola e son diventati più buoni... - la croce è un supplizio terribile - i dissidenti li bruciavano sul rogo. Poi sono diventati ancora un po' più "buoni", gli tagliavano la testa, poi li impiccavano. Poi, la morte, sembrava troppo e, allora, gli toglievano il lavoro... Nel secolo scorso, un grande cristiano come Ernesto Buonaiuti è stato ridotto in miseria: gli hanno tolto il lavoro sia all'interno della Chiesa, sia nell'università: era uno scomunicato a cui non si poteva nemmeno parlare. Oggi di un teologo dissidente, di cui vi capita di leggere spesso articoli sui giornali, dicono: "No, non è un teologo, è solo un filosofo"… ma non perde il posto.
Vedete che progresso! Prima lo si crocifigge, poi lo si arrostisce, poi gli si taglia la testa, poi lo si impicca, poi gli si toglie il lavoro e, poi, si dice. "Mah, è solo un filosofo!". Non mi sembra per l'interessato cosa da poco! Un progresso lento e faticoso...
Un altro esempio che è venuto fuori nella settimana scorsa riguarda l'antisemitismo. Nel corso della storia della Chiesa c'erano i ghetti. Se andate a Roma, al di là del Tevere, intorno alla Sinagoga, ne trovate ancora qualche resto: la piccola cappella in cui erano costretti ad andare ad ascoltare il "Quaresimale" (si mettevano i tappi di cera nelle orecchie per non sentire, poveri ebrei!) e questo è successo in Italia perché noi siamo "bonaccioni", bastava rubargli i soldi e metterli nel ghetto... in altre parti dell'Europa ci sono stati dei "pogrom", delle uccisioni, in Spagna, in Ungheria, in Russia, prima di arrivare all'ultima grande strage nazista... Oggi gli Ebrei non sono più uccisi, non ci sono più ghetti, anche se l'antisemitismo c'è ancora nella Chiesa, nella nostra società.
Un altro esempio che veniva fatto in questa settimana è il culto della Madonna. Nei primi tempi era molto limitato... nel Vangelo di Marco, che stiamo leggendo quest'anno, la Madonna è, addirittura, scomunicata, messa fuori dal cammino della fede. Poi, pian piano è venuto il culto mariano; secondo qualcuno anche in maniera eccessiva… c'è un po' del grande "mammismo" della tradizione mediterranea. Riflettevamo che questo culto mariano, è stato reso possibile perché ci si rendeva conto che le differenze tra maschio e femmina non sono sostanziali. Al tempo di Gesù una donna non contava niente; non poteva nemmeno fare da testimone in un tribunale ebraico. Pian piano il ruolo della donna è diventato sempre più importante. Si è potuto elevare Maria a modello del cristiano, si è potuta onorare "lei" come donna; ed è una cosa di non poca importanza!
Qualcuno di voi, molto giustamente dirà: "C'e ancora molta strada da fare prima di vedere una donna, qui, al posto suo, vestita con i paramenti?" Bisognerà aspettare parecchio, forse, i nipoti, dei nipoti, dei nipoti potranno vederlo, chissà forse un giorno, forse tra duemila anni potranno vedere anche una "papessa" (non come la papessa Giovanna che è una favola!) Un tempo le donne non contavano niente, adesso la Madonna è onorata come donna nella Chiesa.
Ma c'è un altro cammino che ritengo particolarmente importante: il cuore del Vangelo è la gratuità, una religione che sia basata sulla gratuità! Quanto cammino abbiamo fatto! Chi ha i capelli bianchi - e, qui, siamo in parecchi - ricorda le indulgenze, i primi venerdì del mese, i fioretti, i sacrifici, i voti, le promesse... sembrava che il rapporto religioso fosse un rapporto "ti do e Tu mi dai" faccio un'offerta, un sacrificio, e Tu mi dai la Tua benedizione e la Tua protezione... un rapporto in cui la gratuità era poco evidente. Tutto sembrava basato sull'interesse….
Un altro dei "cuori" del Vangelo, forse il più importante, è racchiuso nella frase: "Non è l'uomo fatto per il sabato, ma il sabato è fatto per l'uomo". Non contano le regole, i principi astratti... quanto cammino s'è fatto su questa strada!
Quando ho cominciato a celebrare Messa - quasi cinquant'anni fa - tutto era in latino. Questi paramenti avevano tutti il loro particolare significato, dovevamo studiare per mesi il senso di tutte queste cose! Vi ricordate il digiuno prima della Comunione? Vi ricordate tutte le regole che c'erano per la Confessione e quant'altro? Oggi, di queste cose, non ne parla più nessuno, sono passate, ma c'è ancora molta strada da fare...
Nei mesi scorsi le coscienze di molti di noi sono state turbate da casi come quello di Englaro, di Welby, in cui sembrava che i principi passassero avanti alla persona, al dolore, alla sofferenza di un individuo.
Quando queste cose diventeranno ricordi del passato? Non tanto in fretta perché l'evoluzione - ricordatelo - è un cammino lentissimo. La presa di coscienza dell'uomo cresce faticosamente ed è affidata alla responsabilità di ciascuno di noi. Dobbiamo tentare di essere sempre di più consapevoli di cosa possa significare essere discepoli di Gesù e non è cosa semplice, non è a buon mercato... esige ricerca, impegno, intelligenza; esige un cuore coraggioso, ma quello con cui vorrei concludere è... non un messaggio, ma una constatazione che dà speranza. Se nella storia della Chiesa prima c'era la croce, poi si bruciavano, poi si tagliava la testa e adesso si dice soltanto che è un "filosofo"; se i ghetti non ci sono più, se il latino non si usa più… significa che l'uomo di strada ne fa!
Strada faticosa, un po' avanti, un po' indietro, strada lenta, difficile, ma strada! Abbiamo bisogno di questa fiducia per continuare a cercare, per continuare ad andare avanti.
Il Signore ci aiuti
Venne all'improvviso dal cielo un rombo, PENTECOSTE - 31 Maggio 2009
come di vento che si abbatte gagliardo... Atti 2, 1-11 - Giovanni 15, 26-27
ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo...
Qualche giorno fa, alla Messa del mattino, mi capitava di ascoltare, ancora una volta, un breve racconto del libro degli Atti degli Apostoli in cui si narra che Paolo, arrivato ad Efeso, trova dei discepoli e chiede: "Avete ricevuto lo Spirito Santo?" Quelli rispondono: "Non abbiamo mai nemmeno sentito parlare dello Spirito Santo". "Che battesimo avete ricevuto?": chiede ancora Paolo: "Quello di Giovanni Battista". Erano discepoli, appartenevano alla comunità cristiana e non avevano mai sentito parlare dello Spirito Santo.
Questo mi ha fatto venire in mente la mia esperienza. Sin da quando ero un giovane prete una delle domande che più ho dovuto ascoltare è: "Chi è lo Spirito Santo", tentavo di rispondere… tentativi falliti come potete immaginare. La maggior parte dei cristiani che ho incontrato sono come quelli di Efeso: "Noi non ne abbiamo mai sentito parlare".
Mi sono chiesto in questi giorni perché lo Spirito, che pure ha così grande importanza e negli Atti degli Apostoli, come avete appena ascoltato, e nelle lettere di Paolo e anche nel Vangelo, soprattutto in quello di Giovanni, nel lungo corso della storia della Chiesa è stato trascurato così tanto che la maggior parte dei cristiani non ne ha mai sentito parlare.
E poi mi son detto che il motivo non è così difficile da comprendere. Vedete, la nostra religione - la religione popolare soprattutto, non quella dei mistici - parte da nostri bisogni. La nostra tradizione è popolata di Santi di ogni genere, ciascuno più o meno specializzato in qualche malattia; pensate a Santa Lucia, che è patrona degli occhi, pensate ai Santi della peste: San Sebastiano e San Rocco. C'era il Santo specializzato negli animali: Sant'Antonio Abate; in tutte le stalle dei paesi di gran parte d'Italia, almeno quella che conosco, c'era sempre l'immagine di Sant'Antonio Abate, quello con il porcellino, non Sant'Antonio di Padova. Sant'Antonio di Padova era un tempo quello a cui più ci si rivolgeva per qualunque bisogno; mia mamma diceva che se perdi qualcosa basta dire tre "Gloria Patri" a Sant'Antonio e la ritrovi. Ieri sera parlando di queste cose a tavola con un gruppo di amici ho scoperto che Sant'Elpidio, in molte regioni d'Italia, in Abruzzo soprattutto, viene invocato contro il terremoto... con poco successo evidentemente.
Sapete, è normale che i santi vengano invocati con poco successo… però, anche se non ci ascoltano, non possiamo farne a meno: abbiamo bisogno di loro. Soprattutto ne avevano bisogno gli antichi… anche noi - almeno chi ha i capelli bianchi - abbiamo recitato la supplica alla Madonna di Pompei: "E se Voi non ci volete ascoltare, diteci almeno a chi dobbiamo rivolgerci!". A qualcuno bisogna rivolgersi, di qualcuno abbiamo bisogno, qualcuno che venga incontro ai nostri bisogni, che curi i nostri malanni…
In questa religiosità per lo Spirito Santo c'è poco spazio. Lo Spirito Santo appartiene ad un'altra dimensione, come avete ascoltato nelle letture di oggi, è come un vento che spalanca le porte e toglie la paura. Lo Spirito Santo è luce che illumina e guida nel cammino, è fuoco che scalda il cuore. Lo Spirito ci spinge a comprenderci pur parlando linguaggi diversi…
Come avete ascoltato nella lettera di Paolo, oggi particolarmente illuminata: "Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé"… Tutto va bene, ma io ho gli occhi che ci vedono poco, ho la gamba che zoppica, datemi qualcuno a cui potermi rivolgere per tutto questo.
Lo Spirito Santo, come avete ascoltato nel Vangelo, ci guida verso tutta la verità, è quindi spinta verso il futuro, invito ad una ricerca appassionata, perché anche Gesù non ci ha potuto dire "tutta la verità"… la fede è dunque avventura, ricerca di quello che è giusto, accettazione del cambiamento… e voi sapete, per esperienza anche attuale, quanto è difficile per le gerarchie e per il popolo cristiano non aggrapparsi alla tradizione...
Lo Spirito è come il vento, dice il Vangelo, non si sa da dove viene né dove va, bisogna inseguirlo con passione giorno per giorno.
Ecco, lo Spirito appartiene a quel senso profondo - almeno per quello che ho capito io -della religiosità che è la gratuità. L'incontro con Dio non perché mi serve, non perché ne ho bisogno, ma perché è Luce, Verità, Vita! Soprattutto, lo Spirito è "Dio con noi"… non tanto "Dio per noi", per soccorrere i nostri bisogni; condivide il nostro cammino, ci cammina davanti, ci invita al futuro… Dio che dobbiamo inseguire.
Noi facciamo fatica a comprendere tutto ciò. Eppure, se ripensate alle vostre esperienze più profonde, intuite che la gratuità è il cuore della vita! Pensate ai vostri rapporti con i figli: ad un figlio non voglio bene perché mi serve, ma perché è lui; perché è venuto a condividere la mia vita, perché la arricchisce, è la luce dei miei occhi. Lo stesso vale nel rapporto tra due persone che si amano: marito, moglie, amici. Se l'amicizia è basata sul bisogno, se mi chiedo: a cosa mi può servire? A cosa mi giova? Sapete che finisce presto. La vera amicizia è basata sulla gratuità, il vero amore tra due persone è basato sulla gratuità. Ti voglio bene perché sei tu, con te condivido la vita, ti voglio bene perché fai parte della mia vita.
Ecco, lo Spirito è Dio che fa parte della nostra vita, che viene a camminare con noi, a tenere accesa la Luce, il Fuoco nel nostro cuore. Dio con noi: il Vangelo di oggi usa una bella parola: "Paraclito", è una parola che molti di voi non conoscono. Il "paraclito" era l'avvocato difensore. I primi cristiani sentivano il bisogno che Dio camminasse con loro per sostenere e difendere, come un avvocato, il loro camminare inseguendo i sogni di Gesù, i Suoi valori… chi me lo fa fare di cercare l'amore, la gratuità, la pace, la tenerezza, quello di cui parla Paolo… perché non faccio come tutti?
Ecco, lo Spirito è Dio con noi e ci difende, difende i valori, i sogni, il nostro cammino… Dio nel nostro cuore. Non gli possiamo chiedere i miracoli che ci servirebbero, dobbiamo inseguirlo, dobbiamo sentirlo compagno di strada, dobbiamo vivere la gratuità.
Ma quanto è difficile nella nostra vita! Siamo intrisi di bisogni, siamo povera gente. Ecco perché anche oggi ci ritroviamo qui ad invocare, a sognare, a tentare di sentire presente lo Spirito di Dio. "Non vi lascerò soli - dice Gesù - vi lascerò il mio Spirito, sarò con voi, nel profondo del vostro cuore". Questa è l'essenza del cristianesimo!
II Signore ci aiuti.
"Ecco, io sono con voi tutti i giorni, SANTISSIMA TRINITÀ - 7 Giugno 2009
fino alla fine del mondo". Matteo 28, 16-20
Domenica scorsa - forse qualcuno di voi lo ricorda - vi dicevo che nella mia lunga avventura di prete, ho incontrato spesso dei cristiani come quelli di Efeso che, a Paolo che chiedeva se conoscessero lo Spirito Santo, rispondevano: "Non ne abbiamo mai sentito parlare".
Oggi debbo dirvi il contrario. Nella mia lunga avventura di prete ho ascoltato, moltissime volte, gente che sa, o meglio pensa di sapere, chi sia Dio. Ho sentito persone di tutti i generi, specie e qualità... li ho ascoltati in colloqui personali, nelle riunioni di gruppo. Ho letto sui giornali, sulle riviste, sui libri... ho ascoltato alla radio, visto alla televisione un'infinità di gente che parla di Dio, che sa cosa Dio vuole e cosa non vuole, cosa permette e cosa proibisce...
Quando ero giovane - parecchio tempo fa, ma qualcuno di voi lo ricorda - Dio diceva anche come bisognasse votare!
Ho incontrato tanta gente che sa, o meglio pensa di sapere, quando Dio interviene e quando no, cosa può fare e cosa non può fare - o meglio può fare tutto - cosa punisce, chi punisce e come, chi premia e come lo premia.
Molti di voi ricordano una frase che ha accompagnato quasi tutta la mia infanzia e giovinezza, perché mia mamma la ripeteva spesso: "Non si muove foglia che Dio non voglia". A guardare il mondo e le grandi tragedie che accadono, l'unica conclusione possibile sarebbe un "sano ateismo"! Se è vero che "non si muove foglia che Dio non voglia", che tutto dipende da Lui e dal Suo volere, non bisogna cambiare religione, bisogna cambiare mondo, bisogna andare da un'altra parte… forse sulla Luna o su Marte o su qualche stella lontana c'è qualcosa di diverso.
La festa di oggi: la Santissima Trinità ci ricorda che Dio è Mistero, più grande di ogni nostra parola, di ogni nostro pensiero, "oltre" tutto quello che possiamo dire, immaginare, pensare.
C'è un comandamento nell'Antico Testamento che gli Ebrei ritenevano fondamentale... noi lo abbiamo banalizzato in quel "non nominare il nome di Dio invano" ma, sapete, gli Ebrei erano rigidi, non osavano nominare mai il nome di Dio. Ma dietro il divieto di pronunciare il nome di Dio c'è un'idea fondamentale della nostra fede... - almeno per quello che ho capito io - nessuno di noi può pretendere di sapere chi sia Dio!
Il rischio qual è? Che ciascuno di noi se lo faccia a propria immagine e somiglianza, che lo usi, addirittura, contro gli altri. Noi sentiamo, spesso, parlare di integralismo, di fanatismo religioso e pensiamo al mondo mussulmano... ma, quando ascoltate questi discorsi, ricordate sempre la nostra storia di cristiani, il nostro fanatismo! Noi abbiamo fatto crociate! Abbiamo, con la croce in mano, conquistato e distrutto l'America latina con tutti i nativi del luogo... abbiamo fatto le cose più tremende. Sulle cinture delle SS era scritto :"Got mit uns", Dio con noi! Chissà quale Dio? Ma "loro" pensavano di sapere, addirittura di sapere, che Dio volesse l'olocausto di un popolo, perché aveva ucciso il Suo Figlio.
Vedete quanto c'è di terribile dietro il pensare di sapere chi sia Dio, che cosa Dio voglia. Il cristiano deve, quando tenta di parlare di Dio, mettersi sempre una mano sulla bocca e aprirla con grande trepidazione. Deve sapere che le sue parole sono sempre parole imperfette, estremamente limitate.
Chiederete: "Ma, allora, non si può sapere e dire proprio niente?". No! qualche cosa possiamo intuire, ma sempre con grande timore, sempre con grande venerazione "dell'oltre", del Mistero. Il Vangelo, ci aiuta a intuire qualche cosa... lo avete ascoltato, oggi, anche dalla lettera di Paolo: Gesù si rivolgeva a Dio chiamandolo: "Abbà! Papà!"
Nel Vangelo di Luca trovate la straordinaria parabola del "Padre Misericordioso", una parabola quasi incomprensibile per noi, ma che ci fa intuire, forse, qualcosa dei sogni del cuore di Dio, di quello che Lui veramente ama.
Eppure, se leggete il Vangelo con attenzione, trovate altre immagini di Dio, a volte più severe, a volte addirittura contraddittorie... trovate scritto che sulla croce Gesù dice: "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno" e nello stesso Vangelo trovate la convinzione dei primi cristiani che Dio ha mandato il "suo" esercito a distruggere Gerusalemme, per vendicarsi della morte di Suo Figlio.
Chi è Dio? Possiamo intuire qualche cosa, ma intuirlo quasi a tentoni; possiamo continuare a cercare, dobbiamo scegliere in base ai valori che abbiamo nel nostro cuore. Avete ascoltato, oggi, nella prima lettura che Dio ha tratto fuori il Suo popolo, quello che si era scelto, dall'Egitto "con braccio potente e mano forte" e ha distrutto gli Egiziani...! Chissà che ne pensano gli Egiziani?!
Chi è Dio? Nel Vangelo noi possiamo intuire qualche cosa attraverso l'avventura umana di Gesù di Nazareth, la Sua parola e, soprattutto, i Suoi gesti... eppure, io ho incontrato molti cristiani - forse li avete incontrati anche voi - che pensano di sapere chi sia Gesù, perché Gesù è Dio! Se Gesù è Dio, sa tutto! Se Gesù è Dio, può fare qualunque miracolo! Se Gesù è Dio, è onnipotente! Se Gesù è Dio, punisce e premia. Se Gesù è Dio, non può soffrire! Tutti discorsi che io ho ascoltato infinite volte da gente che parlava di Gesù pensando di conoscerlo perché pensavano di sapere chi è Dio!
Il Vangelo ci invita a capovolgere questo atteggiamento, a tentare, attraverso la vicenda umana di Gesù di Nazareth, uno di noi, di intuire qualche cosa del "Mistero" di Dio. Amate questa parola! "L'oltre" di Dio per chi non ama la parola "mistero"! E tentate di intuire qualche cosa dei Suoi sogni, di quello che Lui si porta nel cuore, sapendo che dobbiamo scegliere, tra le varie immagini, quella che più è conforme al cammino dell'uomo, alle cose che pian piano, cercando con passione, andiamo scoprendo... perché ogni parola che trovate su Dio, anche nella Bibbia, anche nel Vangelo è sempre parola di uomini... piccola, imperfetta parola di uomini che, spesso, non si mettono la mano sulla bocca!
Intuire qualche cosa di Dio attraverso Gesù… domenica scorsa dicevamo che Gesù ci parla dello Spirito: Dio "con noi"; non tanto Dio "per noi", che viene a risolvere i nostri problemi, a tappare i nostri buchi, a compiere miracoli... Dio che cammina con noi per illuminare il nostro cammino, per suscitare il "fuoco" nel nostro cuore, che ci spinge verso il futuro, verso una ricerca appassionata…
Intuizioni, solo intuizioni di un Dio che non può che appartenere "all'oltre", oltre ogni nostro pensiero, oltre ogni nostra parola, anche se frutto di ricerca appassionata... eppure il Vangelo dice che possiamo sentirlo e intuirlo nel profondo del nostro cuore: Dio con noi, nel nostro povero cammino di uomini.
Il Signore ci aiuti
Mentre mangiavano, Gesù prese il calice, CORPUS DOMINI - 14 Giugno 2009
lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: Esodo 24, 3-8 Marco 14,12-16; 22-26
"Questo è il mio sangue, il sangue
dell'alleanza, versato per molti".
Possiamo continuare il gioco delle Domeniche precedenti anche se, purtroppo, non è un gioco ma una triste realtà. Forse qualcuno di voi lo ricorda, due domeniche fa, alla festa di Pentecoste vi dicevo che la maggior parte dei cristiani che ho incontrato, come quelli di Efeso, dicevano: "Non abbiamo mai sentito parlare dello Spirito Santo". Domenica scorsa, al contrario, dicevo che ho ascoltato moltissimi cristiani ed anche molti non cristiani, parlare molto, troppo, di Dio. Gente che sapeva tutto di Dio: cosa fa, cosa ordina, quando interviene, chi premia, chi punisce.
Oggi debbo dirvi che la maggior parte dei cristiani che ho conosciuto non ha mai sentito parlare dell'Alleanza a proposito dell'Eucaristia. Provate a domandarvelo: chi di voi, salvo qualche eccezione che certamente ci sarà, ha sentito, parlando dell'Eucaristia, accennare all'Alleanza? Abbiamo sentito parlare di precetti, di regole, di processioni, di riti, abbiamo sentito parlare del dovere di confessarsi, abbiamo ascoltato tanti racconti di miracoli, ma dell'Alleanza pochissimi cristiani hanno sentito parlare.
Eppure vedete, per quello che ho capito io, l'Alleanza è forse il concetto fondamentale della nostra Fede. La Fede degli ebrei prima e quella dei cristiani poi. Vi siete mai chiesto perché la comunità cristiana non reagisce, facendosi serie domande, quando si accorge che nei covi dei capi della mafia: Riina, Provengano, si trovano tanti santini, libri religiosi di ogni genere, Vangeli, Bibbie, accuratamente sottolineati? Perché nella casa del boss il padre Frittitta va a celebrare la Messa? Vi siete mai chiesto: che religione abbiamo insegnato, che religiosità testimoniamo? La religione in cui Dio è l'onnipotente, che protegge tutti e quindi anche il capo mafia che ha bisogno di fare soldi e di restare impunito?
Che ne è dell'Alleanza, cioè di un monoteismo in cui l'incontro con Dio mi pone esigenze etiche? Il Dio dei credenti non è il Dio che ci protegge, a cui rivolgersi nel momento del bisogno, ma il Dio che ci viene incontro e ci chiede di fare con Lui un patto di Alleanza. Un patto serio in cui Lui si impegna con noi, ma a patto che ci impegniamo con Lui. Vedete, dell'Alleanza i cristiani hanno sentito parlare molto raramente… eppure, ogni volta che dico Messa, ripeto: "Questo è il Calice della nuova ed eterna Alleanza". Alleanza nuova ed eterna.
Cos'è l'Alleanza? Cosa c'è dietro questo concetto? Se leggete la Bibbia con un po' di attenzione trovate che tutti fanno Alleanza con Dio: Abramo, Isacco, Giacobbe e poi Mosè con quel grande racconto che avete ascoltato stamattina e che può aver turbato qualcuno di voi. Se prendessi qui un catino di sangue e lo spruzzassi su di voi, probabilmente molti uscirebbero disgustati, eppure è quello che abbiamo sentito raccontare.
Che c'entra il sangue con l'Alleanza? Occorre fare un passo indietro. Vedete, gli uomini primitivi non avevano stati né chiese organizzate, avevano un solo strumento: quello di fare un patto, di stringere un'Alleanza. Due tribù sono in guerra, ad un certo punto la gente si stanca e si lamenta: perché tutto questo sangue, perché tanta violenza? Facciamo un patto, facciamo una grande festa ed i due capi, a nome di tutti, stringano un patto, un patto serio che non si può violare, un patto che facciamo davanti al Signore, che sia sigillato con il sangue. Gli antichi facevano un piccolo graffio sul braccio, univano due gocce di sangue: ecco siamo come fratelli, abbiamo lo stesso sangue, abbiamo fatto un patto di sangue. Il sangue per gli antichi era la vita! Quando vedevano un uomo ferito da una freccia ed il sangue cominciava a sgorgare, se non si ferma, dopo un po' quell'uomo muore: pensavano dunque che la vita fosse nel sangue! Il sangue è la vita: per gli Ebrei non si può nemmeno toccare, non si può assolutamente mangiare. Ed allora unire due gocce di sangue è fare un patto di vita, un patto che ci impegna per sempre.
Poi il sangue è diventato simbolo del sacrificio e della morte. E la seconda lettura che avete ascoltato dalla Lettera agli Ebrei esprime idee difficili da condividere, ma il discorso sarebbe troppo lungo e quindi ne parleremo un'altra volta.
Ritorniamo al concetto di Alleanza. L'Alleanza dunque gli antichi la fanno con un simbolo di vita, il sangue per loro è la vita.
Gli Ebrei pensano che Dio offra loro di fare un patto. Il rapporto con Dio è un rapporto di Alleanza: Dio si impegna con noi e noi ci impegniamo con Lui. Un patto serio, con delle regole da osservare, l'avete ascoltato nella prima lettura, ove due volte si ripete questo concetto: noi accettiamo le regole e le vogliamo osservare… L'incontro con Dio esige giustizia, rispetto per l'altro, condivisione della vita. Il popolo di Israele sa che se non c'è questo impegno la religiosità non è sana, è solo la religione dei pagani, la religione dei tanti templi, con tanti Dei specializzati, a cui si ricorre nel momento del bisogno. Israele sa che con Dio ci si incontra, che con Lui si fa un patto… e occorre rinnovarlo continuamente, perché siamo povera gente e non ce la facciamo ad osservarlo completamente.
E Gesù ha stabilito un nuovo patto… e voi sapete che in quella Cena ha preso un catino, non di sangue, ma di acqua e si è chinato a lavare i piedi e poi ha guardato i suoi discepoli negli occhi uno ad uno ed ha detto: "Avete capito? Vi lascio un comandamento nuovo: amatevi come io vi ho amato". Ecco il senso dell'Eucaristia! Se veniamo qui soltanto per adempiere un rito, per invocare la protezione del Signore e non sentiamo che qui rinnoviamo la nostra Alleanza, il nostro patto con Dio, la nostra Messa non ha senso. Dio si fa pane per noi, viene a condividere la nostra vita, ma noi ci impegniamo, ci impegniamo sulla strada della giustizia, del rispetto, della condivisione, per usare una parola difficile: sulla strada dell'amore. Senza questo impegno, senza questo patto, senza l'Alleanza, la nostra religiosità perde completamente di senso.
Allora non ci meravigliamo se nelle stanze dei boss si celebra la Messa o ci sono tanti Vangeli. È una religiosità del bisogno, della protezione. Anche il boss ha bisogno di essere protetto, anche il boss ha bisogno di Dio, per sé, per i suoi figli, per i suoi guadagni, per i suoi progetti. Ma dov'è il monoteismo etico, dov'è l'esigenza di moralità, dov'è il Dio che quando lo incontri ti chiede qualcosa? Il patto, l'Alleanza: Io sono con te, ma tu sei chiamato a seguire le Mie tracce, a cercare la Mia luce, a cercare, ogni giorno, con tutta la passione del tuo cuore, la giustizia e il bene. È il cuore della nostra fede che noi celebriamo qui, quando alzo il calice e dico: "Questo è il calice della nuova ed eterna Alleanza".
Il Signore ci aiuti.
...Poi disse loro: "Perché avete paura? XII Domenica del tempo ordinario - 21 Giugno 2009
Non avete ancora fede?" Marco 4, 35-41
Se leggete soltanto un po' più avanti nel Vangelo di Marco, trovate ancora il racconto di una tempesta sul lago e i discepoli - come avete ascoltato - hanno paura, ad un certo punto vedono arrivare Gesù, camminando sulle acque, e credono che sia un fantasma...
Mi capitava, qualche tempo fa, di vedere alla televisione un programma... - roba americana, ma che interessa anche qui da noi - in cui avevano invitato un prestigiatore famoso per capire se si potesse, con un trucco, camminare sulle acque… lui aveva mostrato molti trucchi, ma tutti molto moderni... concludeva che al tempo di Gesù non era possibile camminare sulle acque e quindi si trattava di un vero prodigio.
Non mi è mai successo di vedere - ma forse, qualcuno di voi lo ha visto - che qualche volta sia stato interpellato un meteorologo per capire se qui di tratta di un vero miracolo, oppure, di un improvviso rialzo di pressione, di un cessare totale del vento che fa calmare le onde del lago.
Non c'è modo peggiore di rendere ridicolo il Vangelo, questo straordinario Vangelo di Marco! E la cosa che mi impressiona è che ci sono dei cristiani che ascoltano con attenzione queste cose: molti purtroppo non hanno la più pallida idea di cosa sia il Vangelo! E quasi mai si ascolta qualche autorità, qualche teologo lamentarsi di certe sciocche interpretazioni del Vangelo.
Qui ci troviamo davanti ad un racconto simbolico che esprime, forse, il dramma più grande della fede di un credente: è il dramma del silenzio di Dio! Di fronte al male, alla sofferenza dov'è Dio? Perché non interviene? Perché Gesù sembra dormire?
Qui non si tratta tanto del miracolo di una tempesta che si calma, ma del dramma del sonno di Gesù durante la tempesta. A volte la vita, al credente, sembra una traversata nella notte, senza vedere la luce, aspettando un'alba che non arriva mai. Santa Teresa di Gesù Bambino ha molto sofferto alla fine della sua vita e scrive nei suoi appunti: "So che c'è il sole, ma vedo soltanto nuvole, nel mio cuore c'è solo buio e disperazione". E raccomandava alle sue consorelle: "Tenete lontano dal mio comodino le medicine perché, in certi momenti, uno non sa più quello che fa...".
È il dramma del silenzio di Dio, che tanti hanno espresso, nel secolo scorso, di fronte alla catastrofe assurda della Shoa, di fronte alle immense distruzioni della guerra. Dov'è Dio? Perché non interviene?
Questo dramma esprime questa pagina del Vangelo… e potete trovarlo, in maniera più articolata, ma senza dare soluzioni, nel libro di Giobbe, di cui avete ascoltato soltanto tre frasi, ma, forse, qualcuno può rileggere questo libro straordinario dell'Antico Testamento.
Ma non c'è solo il silenzio di Dio in questo racconto c'è, anche, la paura dei discepoli, la loro incapacità a rendersi conto della "tempesta"...
Vedete, qualche giorno fa, mi capitava di ascoltare alla radio un piccolo accenno ad un rapporto del Censis che parla dell'aumento dell'egoismo nella nostra società, soprattutto, tra i giovani. Mi ha impressionato questo annuncio! Ho cercato se da qualche parte, sui giornali potesse esserci qualcosa di più... ho dovuto cercare su internet il rapporto del Censis... ed è impressionante!
Cresce, nel nostro paese, l'affermazione dell'individuo, l'esaltazione della libertà individuale in contrasto, spesso, con la società. Cresce l'individualismo del singolo e delle famiglie… e cresce soprattutto nei giovani.
Ed è impressionante leggere che il bullismo, nelle scuole, diventa sempre più vasto e comincia sempre più presto. Comincia dalle scuole elementari, se non addirittura dalla scuola materna e purtroppo molti professori si sentono impotenti e sembra crescere l'indifferenza dei genitori che pensano, soltanto, a difendere il piccolo guscio della propria famiglia. Cresce l'uso degli alcolici da parte dei nostri ragazzi, e cresce l'uso delle droghe e cresce la violenza... ci sono "numeri" che fanno veramente impressione!
Uno si aspetterebbe un società preoccupata di tutto questo... giornali che scrivono, gente che dibatte... i nostri giornali si occupano di belle ragazze, forse un po' sventate... il "gossip" sembra riempire le pagine delle nostre riviste e dei nostri giornali!
Non solo... le autorità della Chiesa, i cristiani, sembrano non rendersi conto di quello che succede o propongono rimedi antichi di secoli o vecchi pregiudizi… e la paura rischia di attanagliare il cuore degli uomini.
Che sarà del nostro futuro?
Ecco, questo, esprime la straordinaria pagina del Vangelo che abbiamo appena letto! E, forse, potete far vostra la domanda di Gesù: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?".
La paura è, secondo il Vangelo, il contrario della fede. Qui non si tratta di aspettare un prodigio che venga dall'alto, non si tratta di aspettare che Gesù venga a risolvere i nostri problemi... si tratta di continuare a credere che Lui ha ragione, che un credente non può rassegnarsi al crescere dell'egoismo, della violenza. Un credente non può rassegnarsi alla paura.
Se un credente si lascia sopraffare dalla paura, sta perdendo la sua fede; la fede in Gesù, nei Suoi valori, che sono affidati a noi, al nostro coraggio, al nostro impegno… ma l'impegno dovrebbe essere di tutta la comunità cristiana, ma a volte sembra di rimanere soli… Se la comunità cristiana, come i discepoli sulla barca, si lascia prendere dalla paura, allora, è responsabilità di ciascuno di noi non rassegnarsi.
A me, a voi, Gesù rivolge la domanda: "Perché hai paura? Non hai ancora fede?".
Il Signore ci aiuti
E subito la fanciulla si alzò e camminava; XIII Domenica del tempo ordinario - 28 Giugno 2009
aveva infatti dodici anni. Essi furono Marco 5, 21-43
presi da grande stupore"
Quello che abbiamo appena ascoltato è il catechismo sul Battesimo della comunità di Marco... non avete capito che si tratta di un catechismo... noi - soprattutto chi ha i capelli bianchi - siamo abituati al catechismo delle domandine e risposte. Se non avete capito, però, non preoccupatevi troppo perché anche chi ha tradotto questa pagina non ha capito granché, infatti ha usato - come avete ascoltato - per ben tre volte la parola "bambina" per una ragazza che ha dodici anni. Se lo aveste detto a lei, tanto tempo fa: "Bambina io, sto per sposarmi!" A quel tempo ci si sposava a dodici anni, quando arrivavano le prime mestruazioni.
Non solo, se avete notato, sul foglietto ci propongono una lettura breve, invitandoci a saltare quello che c'è in mezzo: il racconto della donna che perde sangue.
Non solo, non fanno mai leggere, la domenica, quello che c'è prima… il catechismo sul Battesimo, non comincia qui, c'è anche un racconto, che ritengo il più straordinario del Vangelo di Marco... non ce lo fanno leggere - secondo me - per il semplice fatto che non lo capiscono, ma, in verità, non è semplice da capire: è il racconto di Gesù che incontra un "indemoniato".
Un indemoniato che è estremamente violento, lo legano con le catene, lui strappa le catene, va in giro sui monti, vive nei cimiteri, in mezzo alle tombe, si percuote con le pietre, fa danno a sé e agli altri: si tratta, è chiaro, di immagini, ma di una grande violenza.
Gesù comincia a parlare con il "diavolo" che ha dentro e poi si accorge che non è uno solo, ma sono duemila e questi duemila diavoli chiedono a Gesù: "Per favore mandaci in quei maiali". E Gesù dice: "Va bene, andate nei maiali". E duemila maiali vanno ad affogarsi nel lago.
I guardiani vanno a chiamare la gente del paese: "Venite a vedere quello che è successo, i maiali sono finiti nel lago". Arriva la gente e trova l'uomo che prima era così violento... lo trovano calmo, seduto, vestito e che ragiona bene. E il Vangelo di Marco dice: "Allora si spaventarono...". Non si erano spaventati prima, di fronte alla violenza, si spaventano adesso davanti all'uomo che ragiona bene, è calmo, guarito, sano… e che cosa fa la gente del villaggio?: "Gesù, per favore, va via, a noi servono i maiali, non ci interessa che tu guarisca la gente, noi preferiamo i maiali".
Ecco, il Vangelo di Marco dice ai suoi cristiani: "Se preferite i maiali, il discorso finisce qui, è inutile parlare di vita cristiana, di Battesimo. Se preferite i "maiali" all'uomo sano non si può andare avanti".
Chi sono i "maiali" oggi? Ricchezza, potere, carriera e successo ad ogni costo, interessi privati, soldi, spesso frutto di corruzione, mafia, arricchimenti ingiusti, denari sparsi un po' per tutto il mondo... e nel nostro paese, in questo momento, un'ondata di volgarità che sembra travolgere tutto... ma la gente, troppa gente, continua a preferire i "maiali" all'uomo sano.
Il Vangelo continua parlando di una ragazza che sta per morire, Gesù va per farla risorgere. È certamente un simbolo: i primi cristiani... - basta leggere le Lettere di Paolo che sono state scritte circa trent'anni prima di quello che abbiamo letto - parlano del Battesimo come di un passaggio dalla morte alla vita. Ed è un passaggio radicale! Se incontri Gesù sei chiamato a tagliare con il male, con l'ingiustizia, la violenza, la corruzione, la volgarità, con tutto quello che umilia l'uomo... e puoi farlo, ci devi credere, ci puoi credere!
La gente... - lo avete notato, perché questa pagina straordinaria è piena di simboli - ride! Sì, la gente ride! Ma non rideva soltanto al tempo di Gesù, ride anche oggi! Provate a parlare con un ragazzo, che va a scuola, provate a dirgli: "Se incontri Gesù, devi passare dalla morte alla vita, rinunciare alla volgarità, all'egoismo, a pensare solo a te stesso; rinunciare a bere, a fumare, a tutto ciò che sciupa la tua vita e quella degli altri; rinunciare a una vita che non sia condivisa, rispettosa, educata, tenera". Vi chiederà: "Come è possibile?". Forse si metterà a ridere, come rideva la gente al tempo di Gesù.
E allora? Allora potete parlargli di questa donna che sta in mezzo alla folla, una folla asfissiante che stringe Gesù da ogni parte, che sembra quasi impedire a questa donna di incontrare e toccare Gesù... lo tocca, è guarita, eppure, Gesù la cerca. Non può rimanere in mezzo a quella folla, deve "uscire" e dire "tutta la verità". Alla fine ce la fa, si strappa dalla folla, crede: "Va, la tua fede ti ha salvata".
È riuscita a strapparsi da questa "folla" e, badate, questa folla, rischia di asfissiare anche noi… comincia dal Papa, i vescovi, i preti, le televisioni, i giornali! Come posso gridare a un ragazzo: "Esci dalla "folla", da questo mondo così volgare che ti stringe da ogni parte, credi nella vita!".
Ecco, se vuoi essere credente, occorre farlo! A questo ti chiama Gesù, per questo è venuto Gesù: essere battezzati significa questo!
Ora, vedete, in questa pagina ci sono solo simboli: non ci sono rispostine, formule, comandi, precetti, regole; ma solo i simboli mi permettono di rendere vivo e attuale il Vangelo! Che significa nella mia esperienza concreta "passare dalla morte alla vita"? Che significa per un ragazzo? Che significa per un adulto, per un anziano? Che significa, per me, rinunciare all'ingiustizia, al male? Che significa per un ragazzo che vive nei licei di oggi, "uscire dalla folla", essere se stesso?
Occorre che la comunità cristiana educhi la gente alla libertà, alla ricerca, alla passione per il futuro e per il bene... non cerchi soltanto gente ubbidiente, che sa dire solo: "Si". Rischiamo di veder crescere delle "pecore", della gente incapace di uscire dalla folla e Gesù vuole individui responsabili, capaci di "uscire", capaci di essere se stessi, capaci di cercare la libertà, il bene: questa è la vita cristiana, questo tenta di dirci il catechismo del Vangelo di Marco, che era - come avete ascoltato - un catechismo per adulti, non per bambini.
Scusate se ve l'ho fatta un po' lunga oggi, ma ritengo questa pagina - rileggetevela a casa - il più straordinario racconto del Vangelo di Marco. Non leggetela come una storiella. Cercate tutti i simboli - quasi in ogni riga ce n'è uno - e tentate di tradurlo nel mondo di oggi, nella vostra vita concreta perché Gesù... - non la comunità cristiana, non le autorità della Chiesa, ma Gesù, sì - si fida di noi, si fida della nostra libertà, ci chiama ad essere liberi, a cercare la verità e la giustizia... chiama, soprattutto, i giovani! Non è facile, però!
Il Signore ci aiuti.
E molti rimanevano stupiti e dicevano: XIV Domenica del tempo ordinario - 5 Luglio 2009
"Da dove gli vengono queste cose? E Marco 6, 1-6
che sapienza è quella che gli è stata data?"
Forse pochi di voi lo ricordano, domenica scorsa, il brano del Vangelo terminava con queste parole: "Prese la mano della bambina e le disse: «alzati!». E subito la fanciulla si alzò… E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.".
Disse di "darle da mangiare"... perché ordinare di dar mangiare alla ragazza appena risuscitata? Spero che abbiate ormai imparato a leggere il Vangelo di Marco, questo straordinario Vangelo pieno di simboli. Domenica scorsa, vi dicevo che leggevamo il catechismo sul Battesimo... oggi ascoltando le parole: "disse di darle da mangiare", capite subito che comincia un altro catechismo: quello sull'Eucaristia e, difatti, i capitoli seguenti, fino al grande racconto della "moltiplicazione dei pani", sono il catechismo di Marco sull'Eucaristia.
Quando ho cominciato... molto tempo fa, ma non moltissimo, purtroppo: io son diventato prete senza conoscere il Vangelo e, quindi, questo vi renda clementi verso i preti da cui ascoltate, certe volte, prediche assurde. Siamo diventati preti senza sapere niente del Vangelo!
Quando ho cominciato a intuire qualche cosa del Vangelo, mi domandavo: "Perché il catechismo sull'Eucaristia comincia con questo racconto?". Un racconto in cui Gesù va nel Suo paese e non lo vogliono accettare perché dicono: "Ha sempre fatto il falegname! È stato qui trent'anni ad aggiustare mobili, sedie, costruire case e capanne... - facevano un po' di tutto, i carpentieri di un tempo - qui c'è tutta la Sua famiglia, gente normalissima, ci sono Giacomo, Ioses, Giuda, Simone: i Suoi fratelli, le sorelle, la madre sta qui"… il padre, forse, non c'era più.
Perché comincia con questo racconto in cui Gesù sembra apparire in tutta la Sua quotidianità? Uno qualunque, uno del popolo, un artigiano, proprio per questo non possono credere alla Sua Parola, non riconoscono in Lui il Profeta.
Poi ho intuito qualche cosa!
Vedete, i primi cristiani.. - cominciamo a parlare di loro poi ci toccherà parlare anche di noi - erano abituati a liturgie particolarmente solenni; nel tempio c'erano sacerdoti rivestiti con tuniche ricamate d'oro, incenso, grandi sacrifici... Nei templi, non soltanto in Israele, ma un po' in tutto il mondo del bacino del Mediterraneo, in Grecia, a Roma, si andava per chiedere il miracolo, la grazia! Come in tanti santuari di oggi, c'erano attaccati al muro, come ex voto, stampelle, piedi, mani, cuori, uteri... - un po' di tutto - e, la gente, andava quando aveva bisogno di un aiuto divino. C'erano feste, processioni… si portava fuori la statua del dio con grande solennità… c'erano templi famosissimi, pensate solo a quello di Delfi, in cui si andava per chiedere un oracolo. C'erano le Sibille che interpretavano il futuro!
I primi cristiani pensano che Gesù abbia detto: "Niente di tutto ciò, lasciate perdere… una tavola, un pezzo di pane; la vita di ogni giorno". Il pane spezzato: il segno del dono, della vita condivisa, il segno dell'amore.
E noi che catechismo... - specialmente chi ha i capelli bianchi - abbiamo fatto sull'Eucaristia? Ci parlavano del miracolo di Bolsena, dei prodigi dell'asino che si inginocchia davanti all'Eucaristia… e che cosa abbiamo visto? Grandi processioni, belle infiorate, abiti straordinari, liturgie lunghe e solenni.
Tanto tempo fa... - ormai cominciamo ad essere tutti un po' vecchi - una catechista aveva portato i suoi bimbi, in preparazione alla Prima Comunione, ad assistere ad una liturgia a San Pietro. Hanno partecipato ad un pontificale solenne col Papa… è tornata dicendo: "Mai più, mai più!". Quelle cerimonie sembrano espressione di lusso, di magniloquenza, di ricchezza, di potere... che hanno a che spartire con questo segno così povero, così semplice, così quotidiano? Una tavola, un pezzo di pane, un bicchiere di vino, Gesù ci ha lasciato intorno a questa tavola: è il segno della nostra vita, della vita condivisa, del servizio quotidiano.
Qui... forse, qualcuno c'è che fa il falegname, certamente non più di uno o due, molti di voi che fanno? Si occupano dei nipoti che, qualche volta, sembrano insopportabili… ci sono nipoti terribili! Qualcuno, peggio, si occupa dei cani dei nipoti... bisogna portarli a spasso perché i nipoti vogliono il cane, ma, poi, se ne deve occupare il nonno.
L'Eucaristia riguarda queste cose. Riguarda il servizio quotidiano, il lavoro, i rapporti con gli altri, la vita condivisa di ogni giorno e dentro questa vita che Gesù ha voluto lasciare il Suo Segno... ma anche noi, siamo povera gente, abbiamo bisogno di andare al santuario, chiediamo il miracolo... siamo come la gente di Nazareth! Quando arriva Gesù, dicono: "Tutto qui? Non è il falegname?!" E la nostra tentazione di fronte a questa "tavola", una tentazione che ha attraversato questi duemila anni, è proprio quella di dire: "Tutto qui?"
Mettiamoci un po' di orpelli intorno, un po' di incenso, dei vestiti solenni, processioni, feste, raccontiamo un po' di miracoli... la gente forse crederà… si rischia che si arrivi a celebrare Messa nel covo del capomafia!
L'Eucaristia, nell'intenzione di Gesù, - per quello che aveva intuito la comunità di Marco - è nel quotidiano, nella nostra vita di ogni giorno, nel nostro spezzare il pane con la gente che abbiamo intorno, nella vita che si dona, nei servizi semplici, quotidiani: è lì che noi rendiamo presente Gesù, la Sua parola, i sogni della Sua vita.
Ecco perché - per quello che ho intuito io - il catechismo dell'Eucaristia comincia così e credo che sia fondamentale. Se non accettiamo questa quotidianità è inutile andare avanti! Il catechismo dell'Eucaristia comincia da qui, da un piccolo "boccone" di pane condiviso, da un bicchiere di vino, che è segno del nostro stare insieme e della gioia dell'incontro con il Signore.
Cose non semplici per noi: ci sembra - lo ripeto - di avere bisogno non di un "Pane" spezzato, ma di qualche grazia, di qualche miracolo, che il Signore ce la mandi buona, che ci faccia guarire da qualche malanno, che le ginocchia non diventino troppo fragili… insomma anche noi quando veniamo qui diciamo al Signore: "Dacci una mano, fatti vedere, se ci sei batti un colpo...!". E, in genere il "colpo" non lo batte… "Vieni, prendi, mangia, il pane è spezzato per te".
C'è qualcuno di voi che dice: "Signore, io non sono degno". "Che t'ho chiamato a fare, qui? Prendete e mangiatene tutti". Chissà perché, nel lungo cammino dell'Eucaristia, molti dicono: "Tutti, ma tu no!"? "Perché io no, se Gesù dice tutti?" "Gesù capisce poco, comandiamo noi preti... tu no!".
Qualcuno di voi si sente dire: "Tu no"? Tra poco dirò per due volte: "Prendete e mangiatene tutti". In italiano "tutti" significa tutti! Non lo dico io, l'ha detto Lui!
Il Signore ci aiuti.
Gesù chiamò i Dodici e incominciò XV Domenica del tempo ordinario - 12 Luglio 2009
a mandarli a due a due… "Se in qualche Marco 6, 7-13
luogo non vi accogliessero e non vi
ascoltassero, andatevene e scuotete
la polvere sotto i vostri piedi".
Abbiamo ascoltato il secondo capitolo del catechismo del Vangelo di Marco sull'Eucaristia. Forse qualcuno di voi ricorda che, Domenica scorsa, il primo capitolo ci parlava della quotidianità del Segno che Gesù ci ha lasciato: un Pane spezzato e condiviso, che riguarda la nostra vita di ogni giorno, il nostro lavoro, il nostro rapporto con gli altri.
Oggi il secondo capitolo ci ricorda che la vita non è affatto semplice, anzi presenta, a volte, aspetti drammatici.
Gesù manda i suoi discepoli ad annunziare il Vangelo, a tentare di essere testimoni dei Suoi valori, ma li avvisa: "Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi". È la dura esperienza del fallimento che i credenti hanno conosciuto, spesso, in questi duemila anni… e non riguarda solo persone vissute tanto tempo fa, riguarda anche noi.
A volte i genitori non riescono a comunicare ai figli i valori in cui credono, a volte gli insegnanti non riescono a comunicare l'amore per la cultura e il sapere, a volte chi cerca di impegnarsi per una giustizia onesta o per una società più giusta vede fallire il proprio impegno.
Allora gli uomini sono tentati di imporre con la forza le proprie idee. Troppe volte i cristiani hanno cercato di imporre i propri valori: pensate all'inquisizione, agli eretici torturati, costretti ad abiurare, addirittura bruciati sul rogo. Anche se oggi queste cose non si usano più, le autorità della Chiesa sono tentate di imporre i valori ritenuti cristiani attraverso il compromesso con il potere politico, i concordati, la richiesta di leggi. A volte, invece, si è cercata la scorciatoia di "convertire" i pagani con i soldi, il dono di un piatto di riso. È difficile per noi uomini accettare il fallimento dei nostri sforzi, del nostro impegno, cerchiamo qualche scorciatoia… la tentazione del potere, del denaro, della forza, diventa allora troppo forte.
Oggi, poi, manca una parte del secondo capitolo sull'Eucaristia (non ce la fanno leggere, a mio avviso, perché non la capiscono): è il lungo racconto, che tutti conoscete, dell’uccisione da parte di Erode di Giovanni Battista. Erode nel Vangelo è il simbolo della violenza ingiusta, della persecuzione che incontra, a volte, chi cerca di testimoniare la giustizia e il bene. Dov'è Dio, cosa fa Gesù?... "Ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche". Ci ritroviamo poveri e sprovveduti, Gesù ci ha lasciato solo un Pane da spezzare…
Come può l'uomo accettare non solo il fallimento, ma anche la persecuzione e la violenza, senza rispondere con la stessa violenza? Purtroppo la storia ci dice che, quando i cristiani - circa nel trecento - non sono stati più perseguitati, hanno cominciato a diventare persecutori. Hanno cercato di costringere con la forza, spesso con la spada e la minaccia di morte, i pagani a divenire cristiani. Non sono pochi coloro che, rifiutando il Battesimo, sono stati uccisi… Troppo spesso i cristiani hanno organizzato crociate, hanno usato la spada, distruggendo intere civiltà in America Latina e in Africa. C'è una storia della Chiesa che qualcuno ha definito criminale.
A questo punto dovremmo chiederci seriamente: "E se avesse ragione Lui?". Ci ha lasciato i suoi valori, i sogni del suo cuore e un Pane da spezzare e condividere: ci è sempre sembrato troppo poco! Abbiamo creduto di più nella forza, nella violenza, nelle leggi, nelle regole! Forse, se i credenti avessero veramente vissuto lo spirito dell'Eucaristia, la storia dell'umanità sarebbe stata diversa, tanto sangue e tante stragi sarebbero state risparmiate al cammino degli uomini.
Il Vangelo di oggi e la storia dovrebbero insegnarci che non abbiamo altra strada, se vogliamo essere credenti, che quella di accettare i fallimenti, le incomprensioni, il sorriso ironico, se non proprio la persecuzione, le violenze, per noi, spesso, fortunatamente piccole, che dobbiamo subire nella vita, senza stancarci di conservare nel cuore i valori di Gesù, di testimoniarli, come possiamo, con i gesti concreti della nostra vita. Il credente sa che ha solo dei "semi" da spargere intorno a sé, sa che non può rinunciare a seminare, come può, con coraggio, i semi della gratuità, della giustizia, del bene.
Ecco perché quando veniamo qui insieme la Domenica, troviamo solo un Libro e una tavola con il Pane da spezzare… siamo sempre tentati di dire: "Tutto qui?" Sì tutto qui! Gesù ci ha lasciato solo questo segno della vita condivisa, del dono, del servizio, dell’attenzione all'altro, del rispetto, della tenerezza… nella povertà, nella gratuità più totale…"nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura"… Spesso pensiamo che sia troppo per noi.
Il Signore ci aiuti.
"Venite in disparte, in un luogo solitario, XVI Domenica del tempo ordinario - 19 Luglio 2009
e riposatevi un po' "… Sbarcando, vide Marco 6, 30-34
molta folla e si commosse per loro...
e si mise ad insegnare loro molte cose.
Ancora un piccolo passo nel grande catechismo del Vangelo di Marco sull'Eucaristia. Un piccolo passo prima del grande racconto, che tutti conoscete e che leggeremo Domenica prossima: la "moltiplicazione dei pani e dei pesci". Un racconto a cui è affidato il tentativo di comprendere il senso profondo di quello che facciamo qui ogni Domenica, dell'Eucaristia che Gesù ci ha lasciato.
Forse qualcuno di voi ricorda i passi che abbiamo fatto nelle Domeniche precedenti. Due Domeniche fa il Vangelo ci ricordava che l'Eucaristia riguarda la nostra vita quotidiana, il lavoro di ogni giorno... è dentro gli avvenimenti che ci accadono.
Il Vangelo raccontava che quando Gesù è andato a Nazareth, nel suo paese, la gente non lo ha riconosciuto come Maestro. Dicevano: "Tutto qui? Ma Lui è il nostro falegname, il nostro carpentiere. Per trent'anni è stato qui, in mezzo a noi, aggiustava tavoli, riparava sedie, costruiva case e capanne...! Perché si mette a predicare e quali segni fa?".
In questi duemila anni tante volte i cristiani - lo ricordiamo ancora - hanno pensato: "Tutto qui? È questo che Gesù ci ha lasciato, solo un Pane da spezzare e condividere?". E abbiamo cercato in tutti i modi di rivestire questo Segno con simboli, orpelli, vestiti particolari, processioni, concetti grandi e complicati... un po', forse, per difenderci dalla semplicità e dalla quotidianità di questo Segno.
Domenica scorsa - forse qualcuno di voi lo ricorda - il catechismo faceva un passo avanti, ci ricordava che la vita non è soltanto fatta di cose quotidiane ma, a volte, diventa drammatica e l'uomo conosce, sperimenta il fallimento e, qualche volta, la persecuzione.
Lo sperimentano non soltanto i preti - ci siamo abituati - ma anche i padri e le madri di famiglia, gli insegnanti, la gente che, nel mondo, tenta di renderlo un po' migliore; sembra, che tanti sforzi che facciamo finiscano nel nulla, non portino frutto… o, almeno, noi non li vediamo. Non solo, qualche volta, c'è la persecuzione. Chi si impegna per la giustizia viene perseguitato, non riceve l'applauso, il consenso della gente ma, a volte, il rifiuto, l'ostilità se non, addirittura, la persecuzione e la violenza e la morte.
E Dio che cosa fa? E Gesù che cosa ci ha lasciato di fronte a tutto questo? Ancora, una Parola e un Pane da spezzare e niente di più. Ancora siamo tentati di dire: "Tutto qui? Perché non ci aiuti? Perché non fai in modo che gli sforzi dei giusti portino frutto?".
Oggi ancora un passo. Avete ascoltato che i discepoli tornano dalla loro missione stanchi, affaticati, forse, sfiduciati... Gesù li guarda negli occhi, vede tutta la loro stanchezza e dice: "Venite un momento in disparte, in un luogo solitario, noi soli... ci ritroviamo, riprendiamo coraggio, parliamo insieme e tentiamo di guardare gli avvenimenti di ogni giorno, l'affanno, la corsa della vita, un po' da lontano, ritroviamo i valori essenziali".
È quello che dovremmo tentare di fare, qui, ogni Domenica... fermarci un po' seduti ai piedi di Gesù, noi soli con Lui, per tentare di guardare la nostra vita quotidiana un po' da lontano, senza la corsa, l'affanno, le preoccupazioni di ogni giorno.
Ma queste preoccupazioni, subito, ritornano e il dramma, forse, più profondo dell'uomo credente è questa "folla" immensa che ci sta intorno e ci portiamo dietro quando veniamo qui. Forse qualcuno di voi, stamattina, ha acceso là radio, ha aperto a televisione e ha visto ancora il dramma della guerra, della sofferenza, della violenza, della fame… e ci portiamo, spesso, questo sgomento nel cuore… cosa possiamo fare? Dio perché non interviene? E Gesù che cosa ci ha lasciato?
E ancora... ancora dobbiamo dirci: ci ha lasciato una Parola, un Libro e un Pane da spezzare, nient'altro!
Perché non un prodigio? Perché qualche volta non ci aiuta? Perché non ci toglie, almeno, l'affanno e l'ansia del cuore? Perché non fa qualche cosa, almeno, per la pace nel mondo? Domenica ci dirà: "Avete pani e pesci?". "Solo due, Signore!". "Metteteli insieme, ciascuno metta il proprio pane e il proprio pesce e la vita si moltiplicherà!". Non c'è altro! Non c'è altro!
Noi qualche volta avremmo bisogno del Dio onnipotente, del Dio che cambia la storia del mondo e troviamo, ogni volta che veniamo qui, in Chiesa, una tavola apparecchiata, un Pane da spezzare, un Libro da leggere e nient'altro! Nient'altro!
Questo è il catechismo dell'Eucaristia, questo è il senso di quello che facciamo qui la Domenica, ma non è semplice, per noi, accettare e vivere tutto questo.
Il Signore ci aiuti.
"C'è qui un ragazzo che ha cinque pani XVII Domenica del tempo ordinario - 26 Luglio 2009
e due pesci; ma che cos'è questo per tanta Giovanni 6, 1-15
gente". Rispose Gesù: "Fateli sedere".
Quando ero giovane (credo che sia accaduto a molti di noi e che a qualcuno di voi accada ancora) pensavo che la Comunione, l'Eucaristia, lo spezzare il Pane fosse una caratteristica della religione cattolica... insomma, pensavo, che solo noi, tra tutte le religioni, facciamo la Comunione, celebriamo l'Eucaristia, gli altri no.
Poi studiando, leggendo, ascoltando, mi sono reso conto che tutti spezzano il pane, specialmente al tempo di Gesù, che in tutte le religioni esiste la comunione.
Tutti spezzano il pane! Nel bacino del Mediterraneo al tempo di Gesù - ma, in gran parte anche oggi - se andavate nella casa di un contadino, subito vi offrivano un pezzo di pane, magari, intinto nel sale e un bicchiere di vino come segno di accoglienza, di ospitalità, di amicizia.
Non solo, nel mondo ebraico, alla sera del sabato, c'è la benedizione solenne del pane, come segno di ringraziamento. La stessa cosa facevano gli Esseni: spezzavano il pane, lo benedicevano e lo condividevano tra di loro. Tutti spezzano il pane!
Non solo, il concetto di comunione è quanto di più diffuso c'era in quasi tutte le religioni. Per rendersene conto basta leggere, con un po' di attenzione, le Lettere dell'apostolo Paolo e si noterà come i primi cristiani avessero una gran paura di entrare in comunione con gli idoli, con i demoni, mangiando le offerte del sacrificio.
L'apostolo Paolo deve arrendersi a questa paura. Lui pensa che i demoni non esistano, che gli idoli non siano niente, ma deve fermarsi di fronte alla paura invincibile che hanno i suoi cristiani e dice: "Se rischio di scandalizzarli, di offenderli, non mangerò carne in eterno!". Credevano che mangiare le offerte del sacrificio mettesse in comunione con gli idoli. Vedete come il concetto di comunione fosse largamente diffuso.
Allora capite che il problema dei primi cristiani è quello di comprendere… cosa facciamo? Facciamo quello che fanno tutti! Ma qual è il senso profondo del gesto che Gesù ci ha lasciato, che ha voluto nel cuore della nostra esperienza religiosa e della nostra fede?
Il racconto che abbiamo letto è proprio un tentativo per cercare di comprendere il senso dell'Eucaristia. Come avete notato è un racconto che ha origine lontane, viene, addirittura, dal Libro dei Re.
Questo racconto è particolare perché si trova ben sei volte nei Vangeli. C'è in tutti e quattro... anzi - come avete notato - nel Vangelo di Giovanni è particolarmente dilatato e, nel Vangelo di Marco e di Matteo lo trovate per due volte, con numeri un po' diversi. Era, quindi, per loro, un racconto particolarmente importante. A questo racconto affidano la comprensione dell'Eucaristia… ed è un racconto in cui il cuore è la condivisione.
E un racconto in cui c'è gente che ha fame! La prima cosa che colpisce è che si tratta di qualche cosa molto materiale… e si ripete in tutti i Vangeli. C'è gente che ha fame... fame di pane!
E' l'ideale, - come avete ascoltato - non è il pauperismo, il digiuno... l'ideale è che tutti abbiano cibo in abbondanza, tanto che avanzino i pezzi di pane e che se ne riempiano tanti canestri!
Il cristiano è chiamato a vivere l'ideale del benessere, in cui la fame di tutti sia saziata… ma, perché si moltiplichi il pane e la vita, bisogna avere il coraggio di condividere: "Ci sono solo cinque pani e due pesci; ma cos'è questo per tanta gente?" "Portateli qui!" E nel momento in cui il ragazzo è capace di condividere i suoi pani e i suoi pesci, tutto si moltiplica.
Se volete avere una conferma di quanto questo discorso - in fondo molto materiale e quotidiano - sia importante nella prima comunità cristiana, leggete la Prima Lettera di Paolo ai cristiani di Corinto… sente dire che quando si radunano per la Cena, per la Messa... come facciamo, noi, il sabato sera e la Domenica, a quel tempo, però, la Messa non era così formale, tutti in fila, seduti... un gruppetto di gente intorno a una tavola e ciascuno aveva portato il suo piccolo fagotto con un po' di cibo: del pane, qualche oliva, del vino da bere... insomma, qualcosa per una cena fraterna...
Ma nella comunità di Corinto si sono create delle divisioni e, spesso, la divisione è tra ricchi e poveri. Da una parte i ricchi mangiano in abbondanza, sono quasi ubriachi e dall'altra, i poveracci, hanno fame. Non sono capaci di condividere!
Paolo interviene con parole severissime: "Perché venite qui ad offendere la Chiesa? Mangiate a casa vostra! Questa non è più la cena del Signore!". Evidentemente per Paolo il senso della "Cena" è la condivisione! Se non si è capaci nemmeno di mettere in comune quello che si ha, non ha senso il ritrovarsi insieme.
Per Paolo il problema era un piccolo gruppo di cristiani che non sapevano mettere in comune le poche cose che hanno portato per la cena! E se venisse qui, Paolo, cosa direbbe? Guarderebbe, forse, con sgomento la comunità dei cristiani! Guarderebbe le grandi differenze che ci sono nel mondo tra poveri e ricchi e l'incapacità di molti cristiani di condividere, di aiutare, di mettersi a disposizione gli uni degli altri, di affrontare con un po' di saggezza e di capacità i grandi problemi della vita.
Anche in questi giorni, in Italia ascoltate le solite polemiche tra il nord e il sud e l'incapacità di trovare le strade, da una parte di un maggiore impegno, dall'altra di una maggiore capacità di condivisione.
Qualcuno di voi, dirà: "Cosa c'entrano questi problemi con l'Eucaristia?". Ma il racconto di oggi ci dice che l'Eucaristia riguarda anche questo oppure non è! Almeno in parte, perché riguarda anche la Comunione con Dio, l'Alleanza... a questo è dedicato il racconto dell'Ultima Cena... ne parleremo un'altra volta, ne abbiamo già parlato nella festa del Corpo del Signore. Quando mi fermo su un aspetto non voglio negarne altri, ma quello che leggiamo - ve lo ripeto - è per i primi cristiani il racconto più importante del Vangelo, ripetuto sei volte. Per loro è fondamentale!
L'Eucaristia ha senso se siamo capaci di condividere.
Noi potremmo dire a Gesù quello che dicono a quel tempo: "Abbiamo solo cinque pani e due pesci. Cos'è, questo, per tanta gente?". Cos'è, questo, oggi, per il mondo intero? Solo due pani? E Gesù ci dice: "Condividete quello che avete, nella vita di ogni giorno, con chi vi sta accanto… condividete il pane, condividete la cultura, l'intelligenza, la tenerezza, l'amicizia, quello che potete".
Don Milani, uno dei grandi maestri, purtroppo un po' dimenticato, tra le tante cose che diceva c'era anche questa: "Non mi parlate dei Cinesi, io non so niente dei Cinesi, non posso fare niente per loro, io posso condividere il mio tempo, le mie forze, le mie capacità solo con questi ragazzi che ho intorno". E per loro ha dato se stesso, diventando un maestro di vita anche per tutti noi.
Ecco, condividere quello che abbiamo, poche cose… "cinque pani e due pesci" e alcuni di voi... - io mi sento tra quelli - nemmeno cinque pani, forse, un pane solo, da condividere con gli altri... qualche parola, un gesto di tenerezza, un po' di amicizia, la condivisione della vita di ogni giorno... ma, questo, è il senso di quello che facciamo qui.
Paolo, se non sappiamo farlo, verrebbe a dirci: "Mangiate a casa vostra! Perché venite qui? Disprezzate la Chiesa di Dio!".
L'Eucaristia è prima di ogni cosa condivisione e condivisione di cose quotidiane, di cose semplici, di quello che abbiamo... possiamo metterlo in comune perché la vita si moltiplichi.
Qualcuno di voi pensa: "Ci sono altri aspetti dell'Eucaristia..." Certo! Ma non posso parlarvi di tutto, lasciateli per un'altra volta. Oggi fermatevi su questo, ricordando, però, che per i primi cristiani, questo, è un aspetto fondamentale... senza la condivisione, senza il mettere in comune quello che si ha, l'Eucaristia non ha senso. Ma questo, forse, è troppo difficile per noi.
Il Signore ci aiuti.
"Perché i tuoi discepoli non si comportano XXII Domenica del tempo ordinario - 30 Agosto 2009
secondo la tradizione degli antichi, ma Marco 7, 1-8. 14-15. 21-23.
prendono cibo con mani impure?"
La pagina del Vangelo che abbiamo appena letto è strana, perché il discorso di Gesù ha scandalizzato la gente del Suo tempo e, per motivi diversi, può scandalizzare anche noi.
Al tempo di Gesù i farisei, i maestri della legge, i fedeli, coloro che - come noi - andavano al Tempio regolarmente, osservavano tutta una serie di prescrizioni rituali, che avevano una tradizione antica e venerabile… queste tradizioni erano osservate non per motivi igienici - non sapevano niente, a quel tempo, dell'igiene, dei batteri - ma perché si creavano dei tabù religiosi.
Un po' in tutte le religioni c'è il moltiplicarsi di situazioni che rendono "impuri": mangiando la carne di un animale proibito, andando in giro per il mercato, sfiorando una tomba, incontrando uno di un'altra religione… e occorreva fare spesso dei rituali di purificazione. Il senso dell'impurità, che porta alla lontananza da Dio, è diffuso in molte religioni, forse, perché fa comodo ai preti che la gente abbia il senso di colpa e debba, poi, ricorrere a loro.
Gesù sembra dire: "Tutto questo non serve, è solo tradizione degli uomini, non c'entra niente con la volontà di Dio".
D'altra parte le parole di Gesù rischiano di scandalizzare noi, perché tutti, quando torniamo dal mercato, ci laviamo accuratamente le mani. Tutti laviamo, piatti, bicchieri, lenzuoli… se non lo facessimo, giustamente, ci prenderebbero per sporcaccioni.
Allora vengono fuori domande serie: "Ma la morale, la comprensione di quello che è giusto o sbagliato cambia col tempo? Quello che è valido al tempo di Gesù, non è valido oggi? E le parole di Gesù non hanno un valore assoluto?".
Se ponete queste domande a qualche cristiano osservante, anche tra i capi della Chiesa, rischiate di essere trattati da eretici... eppure, se ci riflettete bene, è proprio così! La morale cambia! Cambia secondo la comprensione che l'uomo ha della vita, della realtà.
Un tempo, Gesù poteva dire: "Lasciate perdere tutte queste abluzioni, questi riti". Oggi, io, non ve lo posso dire. Non posso dire: "Tornando a casa, non lavatevi le mani!". Mi prendereste per pazzo. Allora dubitiamo di quello che ha detto Gesù? Anche Lui ha detto sciocchezze? Non ha detto sciocchezze, ha detto cose che avevano senso per il Suo tempo e non hanno più senso per noi… perché? Perché siamo cresciuti nella scienza, nella comprensione di quello che ci sta intorno.
"Ma allora - può dire qualcuno - non esistono principi assoluti, irrinunciabili?". Trovate queste parole, quasi ogni giorno, sui giornali, perché ci capita di vivere problemi complicati… problemi che riguardano la nascita, l'inseminazione artificiale, le clonazioni, addirittura possibili dell'uomo e dalla altra parte tutti i problemi che riguardano la morte: l'eutanasia, il prolungamento esasperato delle cure mediche…
Se provate a leggere dei giornali, ad ascoltare le opinioni di tutti, trovate da una parte gente che dice: "Basta il buon senso e il rispetto, certi integralismi non hanno niente a che spartire con la moralità". Altri che vi dicono: "Sono in gioco principi assoluti, irrinunciabili, ne va di mezzo la vita, la dignità dell'uomo"
Chi ha ragione? Non pensate che vi possa dire io chi ha ragione! Posso dirvi, però, qualche cosa che ritengo fondamentale!
C'è una frase che pian piano, ho ritenuto la frase, forse, più importante del Vangelo: "Non è l'uomo fatto per il sabato, il sabato è fatto per l'uomo"
Cioè, non sono i principi, le regole, le tradizioni, la cosa fondamentale, l'assoluto è l'uomo, qualunque uomo, il più piccolo degli uomini. Ed è il rispetto dell'uomo che dovrebbe guidare la nostra ricerca morale.
Ma non è affatto semplice, anche perché alcuni di noi vivono in ambienti sociali e culturali in cui molti principi sembrano irrinunciabili. Pensate un po' al mondo dei militari: l'osservanza delle regole, le leggi, l'obbedienza agli ordini, sono principi che molti ritengono assoluti. I regolamenti, gli ordini ricevuti vanno osservati sempre e comunque. Pensate al mondo dei preti… tante regole, tante tradizioni… di più, vengono educati ad ubbidire, senza pensare.
È sempre giusto? Se sento che certi principi vanno contro la mia coscienza, cosa debbo fare? Cosa posso fare? E c'è un problema ancora più serio: come posso rendermi conto che certe regole, certi principi, non sono giusti, se mi trovo a vivere in un sistema di rigide tradizioni?
Vedete, la prima cosa - secondo me fondamentale - è che ciascuno di noi abbia una venerazione e un culto… per una piccola, indispensabile, parola: "perché?"!
Perché debbo fare certe cose? Perché si osservano certe regole? Perché esistono certi principi, e sono veramente irrinunciabili? Domandarsi "perché?" significa mettersi in un cammino di ricerca, di approfondimento, di domande che non finiscono mai, con un'unica certezza, che non si possono avere sicurezze, che quello che veramente conta è il rispetto dell'uomo, di ogni uomo, del più piccolo degli uomini.
Qualcuno di voi potrà dire: "Così, rischia ciascuno di farsi la morale come gli fa comodo! Io prendo certi principi e ne rifiuto altri. Ritengo che certe cose siano giuste e certe siano sbagliate… come posso risolvere il problema?"
Provate a porre queste domande a qualche cristiano di quelli "bravi e osservanti" (se ne trovano ancora, sempre di meno, ma qualcuno se ne trova, purtroppo!) vi risponderà: "Basta ubbidire al Papa!". Consigliategli di leggere la storia! I papi hanno detto tali e tante sciocchezze in questi duemila anni, che si potrebbero riempire biblioteche intere e non solo sciocchezze, hanno fatto anche affermazioni criminali! Allora non posso nemmeno fidarmi del Papa? Non solo, oggi abbiamo visto che non posso fidarmi nemmeno della Parola del Vangelo. A chi mi devo raccomandare?
Non esistono scorciatoie - ve lo ripeto - non esistono scorciatoie! La vita è una cosa seria. Bisogna conservare nel cuore una ricerca appassionata e sincera di quello che è giusto. Bisogna continuare a domandarsi "perché?". Bisogna camminare con un cuore fragile che non conserva mai certezze assolute, che sempre è capace di mettere in discussione tutto. Perché queste regole, perché questi principi? Sono veramente indispensabili e, soprattutto, sono veramente rispettosi dell'uomo, di quest'uomo, di questa persona concreta? Anche perché certi principi che valgono per uno, possono non valere per un altro!
Allora, qualcuno di voi può dire: "Tutto diventa incerto, la morale è tutta relativa"? A volte sentiamo dire che il relativismo è la "peste del mondo moderno". Il relativismo non è un principio è un fatto: basta guardarsi intorno e trovate dei cristiani, che ritengo giusti e buoni, che la pensano in un modo e altri cristiani, che ritengo giusti e retti, che la pensano in un altro modo, sono persone del tutto corrette, appassionate del bene e della giustizia: è il relativismo!
Chi ha ragione? Chi può dirci chi ha ragione? Dovrebbe venire qualche angelo dal cielo, ma gli angeli non vengono dal cielo eccetto che nelle fantasie malate di qualche pazzo… li fanno santi, magari, ma sono sempre fantasie malate di qualche pazzo!
E allora? Allora non resta - ve lo ripeto - che il cuore sincero e, se siete fortunati, il conforto di amici, di gente che - come voi - cerca, che si pone domande, che si chiede "perché?" e che continua a cercare, portandosi nel cuore un rispetto totale, vero, per l'uomo, per ogni uomo, per il più piccolo degli uomini. Avendo, forse, come principio veramente irrinunciabile: non devo - per quanto dipende da me, per quanto mi è possibile - far del male a nessuno.
Vi sembra troppo poco? Cercate "dell'altro" se vi riesce, ma "dell'altro" che sia serio. Non cercate scorciatoie, non servono scorciatoie: la vita è una cosa seria, troppo seria, per affidarla alle scorciatoie.
Il Signore ci aiuti.
Gli portarono un sordomuto. Lo prese XXIII Domenica del tempo ordinario - 6 Settembre 2009
in disparte, lontano dalla folla... Marco 7, 31-37
E subito gli si aprirono gli orecchi…
E comandò loro di non dirlo a nessuno.
La breve pagina che abbiamo ascoltato stamane ci ripropone due tra le preoccupazioni, forse, più importanti del Vangelo di Marco: una, il miracolo e l'altra, la "folla".
Trovate in tante pagine del Vangelo di Marco che Gesù proibisce severamente di parlare del miracolo che ha fatto... lo avete ascoltato anche oggi.
Marco è molto preoccupato che il suo Vangelo venga preso come un invito al miracolismo. È costretto ad usare il linguaggio religioso del tempo, dove ogni messaggio può passare soltanto attraverso il racconto di un prodigio, di un miracolo. Ma è preoccupato che la religione diventi "pagana": la religione del ricorso a Dio soltanto nel momento del bisogno.
Vedete, al tempo di Marco, tutto il bacino del Mediterraneo era pieno di templi in cui si narravano storie di grandi miracoli… c'erano, appesi alle pareti del tempio, tanti ex-voto, di tutti i tipi: braccia, piedi, mani... Marco è seriamente preoccupato! Se la religione è basata soltanto sul bisogno e sull'interesse, non c'è nessuna gratuità, nessuna seria ricerca di Dio e dei Suoi valori.
Se posso insistere su questo tema, vorrei farvi un esempio che, forse, agli orecchi di qualcuno può suonare un po' blasfemo, ma vuol essere soltanto una riflessione, una provocazione. Vedete, nei mesi passati abbiamo sentito parlare, quasi ogni giorno, del superenalotto e penso anche che qualcuno di voi - forse più d'uno - ha comprato il biglietto nella speranza di vincere...
Se ci pensate... è più facile vincere al superenalotto che ricevere un miracolo! Ci sono nel mondo molti meno miracoli che vincite al superenalotto. E il meccanismo è sempre lo stesso. Da una parte lo Stato, coloro che gestiscono la vendita dei biglietti fanno propaganda, invitano i giornali a parlarne, eccetera... Il guadagno di chi è? Di una sola persona che vince, ma soprattutto dello Stato e di chi si occupa di organizzare queste cose; "loro" hanno tutto l'interesse che voi giochiate!
Allo stesso modo i santuari fanno propaganda, hanno tutto l'interesse che voi andiate a portare la vostra offerta nella speranza di un miracolo, ma il miracolo avviene più raramente di un vincita al superenalotto!
E, adesso, fate un passo avanti nella riflessione! Voi avete giocato la schedina del superenalotto, ma questo, certamente, non ha modificato la vostra vita di ogni giorno. Avete continuato a lavorare, a occuparvi della casa, a curare figli, nipoti, a cercare di divertirvi, magari andando al mare: questa è la vita, fatta di cose quotidiane, poi, uno spera che giocando qualche cosa cambi… ma si sa che la vita è un'altra cosa.
Allo stesso modo, secondo Marco, la religione è un'altra cosa: o riguarda le cose di ogni giorno, oppure è soltanto il bisogno, a volte esasperato, dell'uomo di avere una protezione, un prodigio, un intervento "dall'alto" che, poi, non accade quasi mai.
Marco tenta di dirci che la vera fede è ricerca di Dio, dei Suoi sogni, dei valori essenziali. Ecco, allora, il secondo tema, la seconda preoccupazione che il Vangelo di Marco ci propone: la "folla". E, oggi, Marco insiste su questo tema, voi, con molta probabilità, non ve ne siete accorti, perché bisognerebbe studiare attentamente il Vangelo...
Avete ascoltato all'inizio che Gesù "uscito da Tiro, passando per Sidone… arriva in pieno territorio della Decapoli". Perché tutta questa insistenza? Marco vuole dirci che siamo in terra pagana: la terra della violenza, della sopraffazione, della schiavitù, del male… da questa terra si può "uscire", occorre avere il coraggio di lasciare la "folla", per seguire Gesù.
C'è un'immagine che mi aiuta a capire e, forse, può aiutare anche voi... provate ad immaginare il Colosseo com'era a quei tempi. La gente che riempiva le gradinate sessanta, settantamila persone, che gridano, applaudono, urlano...per cosa? Per della gente che si scanna e muore… e vuole vedere il sangue, non si esce finché tutta la grande arena del Colosseo non è bagnata di sangue.
Marco è convinto che anche lì, anche in mezzo a quella "folla", Gesù, ci invita ad "uscire", a seguirlo "in disparte", dove possiamo ascoltare, la Sua Parola, dove può aprirci le orecchie e il cuore.
E oggi? Oggi non è importante, anche per noi, questo discorso? Non viviamo anche noi in mezzo ad una "folla"? .Qualcuno di noi... (io sono un po' tra questi, forse per la vecchiaia, ma non solo) è preoccupato da questa società: sembra crescere la volgarità, l'intolleranza, l'arroganza, il razzismo, la violenza, sembra crescere l'egoismo...: "così fan tutti!".
È possibile ritrovare il coraggio di farsi prendere per mano da Gesù e "uscire" da questa "folla"? Non è semplice perché questa folla è pesante, ci stringe da ogni parte. È una folla che ama il gioco, che sembra preferire chi alza la voce e grida, che non si preoccupa della volgarità… È possibile dire: "No" a tutto questo? È possibile "uscire"? Trovare il coraggio di farsi prendere per mano da Gesù e andare lontano? Forse è possibile, ma, lo sapete, non è facile perché la "folla", - questo incubo del Vangelo di Marco - ci stringe da ogni parte. Così fan tutti, tutti gridano, grido anch'io se no chi mi sente? Tutti si fanno i fatti propri, me li faccio anch'io, se no come faccio a campare? E così facendo il mondo si corrompe!
Ecco le preoccupazioni di Marco: il miracolo! Perché la religione non sia basata sull'interesse, ma sulla gratuità. La "folla"! Ma è possibile andare "oltre", è possibile trovare il coraggio di seguire Gesù, perché Lui ci apra le orecchie, il cuore e possiamo conservare dentro di noi i Suoi valori, i Suoi ideali, i Suoi sogni. Non è facile.
Il Signore ci aiuti.
...Ed egli domandava loro: XXIV Domenica del tempo ordinario - 13 Settembre 2009
"Ma voi, chi dite che io sia?". Marco 8, 27-35
Anche all'inizio del foglietto che avete tra le mani è scritto che siamo nel cuore del Vangelo di Marco. Gesù chiede ai Suoi discepoli: "Che dite di me, chi sono io?" e Pietro a nome di tutti risponde: "Tu sei il Cristo". È la prima professione di fede che si trova nei Vangeli.
Poi, pian piano si amplia. Se leggete - per esempio - il Vangelo di Matteo, trovate: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Nel corso dei primi secoli - ce ne sono voluti tre o quattro - si è arrivati alla "professione di fede" che tra poco reciteremo: "Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre". Queste parole sono frutto di lunghe controversie a volte, crudeli; sono costate sangue, conflitti molto forti tra cristiani.
A pensarci bene a molti di noi queste parole dicono poco. Se vi chiedessi: "Cosa significa "generato e non creato"? credo che non mi sapreste rispondere. Ancora di più se chiedessi: "della stessa sostanza del Padre"? Qual è la "sostanza" del Padre?
Vedete, nei tempi antichi c'era un bisogno esasperato di usare parole sempre più precise per esprimere la realtà di Gesù, in fondo, è tentare di dire il "Mistero di Dio" - a detta di molti - indicibile. Queste parole si sono, poi, cristallizzate. Prima si recitavano in latino - la gente non capiva granché - adesso le recitiamo in italiano e creano problemi a qualcuno.
Negli anni passati alcuni hanno tentato di fare delle "professioni di fede" un po' diverse. Qualcuno di voi, forse, ricorderà Paolo VI, quando è andato in Palestina, Giovanni Paolo II... io, nei tanti libretti per le celebrazioni di prime Comunioni, Cresime eccetera, che si sono accumulati nel corso della mia avventura di parroco, ho raccolto decine e decine di "credo", uno diverso dall'altro… e se si potessero raccogliere tutte le "professioni di fede" del mondo, se ne troverebbero miliardi.
Pensateci un po', se chiedessi a ciascuno di voi: "Chi è per te Gesù?", quante risposte pensate che avremmo? E una diversa dall'altra! Risposte che tentano di esprimere il nostro rapporto con Gesù con parole semplici, non con le parole auliche che troviamo sui libri; qualcuno ne direbbe di più, qualcuno di meno.
Se volete capire, pensate alle parole, alle tante parole che avete detto o che avete ascoltato da un marito alla moglie o dalla moglie al marito, alle parole dette ai figli, ai nipoti... C'è chi ne usa poche, basta uno sguardo e ci si capisce. C'è chi per dire il proprio amore è capace di poesia, di parole ricche, belle, importanti. Altri dicono parole di estrema semplicità... dietro queste parole cosa c'è? C'è il desiderio di comunicare una scelta: "Ti voglio bene, nella mia vita conti più di tutto, voglio condividere con te le esperienze buone e meno buone, voglio camminare con te, io ti amo".
Questo, che ho detto con parole tra le più semplici, è stato detto sulla faccia della terra con milioni di parole diverse, ma dietro c'è sempre lo stesso tentativo di rispondere alla domanda: "Chi sei tu per me?".
Il Vangelo di oggi ci dice anche un'altra cosa? Pietro fa la sua professione di fede, ma subito dopo si accorge che non condivide le scelte di Gesù, che cerca di andare dietro a "Qualcuno" che non ha capito del tutto, da cui, in fondo, rimane deluso. Pietro non riesce ad accettare il fallimento, la sofferenza di Gesù… se Gesù viene da Dio, non può soffrire, non può fallire. È venuto per cambiare il mondo, non può finire su una croce, eppure, proprio di questo gli parla Gesù!
E la mia e la vostra esperienza qual è?
Abbiamo detto: "sì" a Gesù. L'abbiamo detto con tutta la convinzione del nostro cuore, ma quante volte ci ha deluso? Quante volte era diverso da come ce lo aspettavamo? Quante volte ci è sembrato che ci chiedesse cose più grandi di noi... il nostro cammino dietro il Signore è come quello di Pietro fatto di slanci, di desideri: "Noi vogliamo seguirti", ma, poi, è anche fatto di delusioni, di incertezze, di dubbi, di passi indietro; abbiamo, a volte, quasi la voglia di dire: "Basta, non ce la faccio più, non ti capisco più, non ho più il coraggio di venire con Te!".
Succede anche nell'amore umano, tra marito e moglie, tra fidanzati... qualche volta non ce la facciamo. A volte, poi, riusciamo a riconciliarci, a riprendere la strada, a camminare ancora... dopo un litigio si può riprendere il cammino: è quello che ha fatto Pietro!
Lui non si è stancato di andare dietro a Gesù perché la sua scelta era profonda, lo coinvolgeva fino in fondo e nella vita di ogni giorno. Qualche volta non capiva più, qualche volta rimaneva smarrito, una volta è arrivato, addirittura, a rinnegare Gesù, ma, poi, è sempre tornato. Per usare le sue parole: "Dove andremo Signore? Tu solo hai parole di vita, io voglio venire con Te". Lo ha fatto fino alla fine!
È la nostra fede! Una fede, spesso, fragile, indifesa, tentennante, dubbiosa. Qualche volta facciamo anche noi i nostri sbagli, qualche volta diciamo anche noi il nostro "no" a Gesù, ma poi anche noi, come Pietro, abbiamo voglia di tornare e di dire: "Voglio restare con Te, Signore, anche se qualche volta non ti capisco, se qualche volta mi deludi".
Guardate, non vi vergognate di queste parole! Le hanno dette tutti i santi "veri" della storia! Non date retta a certe storie di santi che, magari, vi propongono in televisione, di quelli che sono sempre giusti, che sanno tutto... Se leggete la storia di Santa Teresa di Gesù Bambino, (siamo nella chiesa a lei dedicata) vedete nelle sue pagine la disperazione: in certi momenti arriva a dire: "So che sopra le nubi c'è il sole, ma io vedo solo buio". La disperazione...! A volte avremmo voglia di dire al Signore: "Mi avevi promesso che venendo con Te avrei trovato la gioia, la pace e trovo solo il buio, il dolore, la disperazione... Chi sei Tu per me?".
Questo ha detto Teresa, come ha detto Francesco, come hanno detto i santi "veri" della storia... difendetevi da chi dice che per essere cristiani bisogna sempre credere con fede incrollabile, che non conosce mai il dubbio e lo scoraggiamento... Rispondete così: "E Pietro? Pietro, secondo te, non era un buon cristiano? Eppure a volte fa fatica ad accettare Gesù, Pietro arriva a rinnegarlo! Io sono come Pietro non come te!"
Ma Gesù ama la gente come Pietro, ama la gente come noi, che cerca di seguirlo, qualche volta ce la fa, qualche volta non ce la fa.
Il Signore ci aiuti
...e disse loro: "Se uno vuole essere il XXV Domenica del tempo ordinario - 20 Settembre 2009
primo, sia l'ultimo e il servitore di tutti" Marco 9, 30-37.
Ad una prima lettura, la pagina che abbiamo letto, sembra composta di tre momenti staccati tra di loro: Gesù annunzia la Sua morte, poi i discepoli litigano fra di loro su chi sia il più grande e, poi, Gesù dice che occorre accogliere il "bambino", l'ultimo... (i bambini di quel tempo non i nostri che sono coccolati e protetti in tutti i modi, per fortuna).
Se, però, ci si ferma a riflettere ci accorgiamo che, invece, molto probabilmente, ci sono dei profondi legami tra questi tre momenti e che si tocca, forse, il cuore della nostra fede, il cuore dell'annunzio del Vangelo.
Vediamo, se mi riesce di farvi, con parole semplici, un discorso che ritengo piuttosto complesso.
Cominciamo da lontano! Nella vita e prima della vita, nella materia, vince sempre ciò che è più potente, più forte. Se volete tagliare il marmo dovete usare il diamante, perché? perché è più forte e più duro del marmo e vince il diamante.
Se dal mondo della materia passate al mondo della vita, voi vedete che, tra i tanti semi che le piante spargono, quello che cresce è il più forte, il più potente.
Se andate nel bosco, vedete che sotto i grandi alberi (alberi giganteschi ce ne sono tanti in questo nostro paese) non cresce niente. L'albero più grande ha soffocato tutti gli arbusti del sottobosco: non c'è più niente, è cresciuto solo "lui", ha affermato la sua potenza, la sua forza!
Se dal mondo delle piante passate al mondo degli animali potete vedere, in qualche documentario, che nel nido della cannaiola, il pulcino del cuculo appena esce dall'uovo butta fuori tutti gli altri per crescere "lui" solo, il più forte, il più potente. Nel nido del falco, se manca il cibo, il pulcino più grande mangia gli altri: li uccide e li divora.
Se dal mondo degli uccelli passate a quello dei mammiferi, vedete che tra i leoni colui che riesce a riprodursi, ad affermare se stesso è il più forte, il più potente. Nel mondo dei cervi, colui che comanda è quello che ha le corna più grandi, che ha più potenza e più forza.
E, se dal mondo degli animali, passate al mondo degli uomini: quali sono stati considerati gli eroi, i personaggi più importanti? I potenti, i forti! Pensate alla storia leggendaria di Achille nell'Iliade o - se volete qualcosa di più concreto - pensate ai Faraoni o a Giulio Cesare che ha conquistato gran parte dell'Europa o a Gengis Kan che aveva un impero immenso e che ha trasmesso i suoi geni a milioni di persone...
Il più forte, il più potente, il più grande afferma se stesso e domina tutto quello che può. Questa è la legge della materia, delle pietre, della vita, delle piante, degli animali, degli uomini!
Allora, potete facilmente comprendere come, quando l'uomo tenta di pensare a Dio, lo pensa onnipotente: Lui ha creato il mondo, governa la terra e i cieli, tutto dipende da Lui, può tutto!
La pagina del Vangelo di oggi rovescia questo mondo! Lo rovescia radicalmente e non partendo dalle pietre, ma da Dio. Gesù dice: "Io finisco su una croce". Lui è il debole, il piccolo, l'indifeso, ucciso come un malfattore, inchiodato sul legno! Là, si manifesta Dio, l'unico Dio in cui possiamo credere è inchiodato su quella croce… dunque, non il Dio onnipotente, ma il Dio "impotente"! Non conta più la potenza, la forza: conta la gratuità e il dono di sé.
E se Dio è così, noi, siamo invitati ad essere così! Quindi, se i Suoi discepoli litigano per stabilire chi sia il più importante, Gesù dice: "Siate come Dio… l'ultimo, il servo di tutti è il primo! Il senso della vita non è una corsa ad affermare se stessi, la propria forza, a dominare sugli altri... il senso della vita è il servizio, il dono, è la tenerezza, l'amore...". A questo punto, è chiaro che occorre accogliere l'ultimo, "il bambino"!
E, non pensate ai nostri bambini, pensate ai bambini del tempo: erano l'ultima ruota del carro, se mancava il cibo, chi rimaneva affamato era il bambino. Non si può accettare che l'adulto muoia di fame, il bambino non ce la fa da solo, deve morire il bambino.
Dunque "l'ultimo" deve essere accolto e chi lo accoglie, accoglie Dio. Dio si manifesta nell'ultimo, nell'indifeso, nel piccolo e chi vuole credere in Dio non può che vivere la gratuità e l'accoglienza verso l'ultimo.
Ora pensate un momento alla storia per vedere come questo "rovesciamento" radicale, in cui non conta più la potenza, ma la gratuità, sia difficile per noi uomini!
Pensate al secolo scorso, a quella che è stata l'esperienza religiosa di molti uomini qui in Italia o in Germania. Pensate all'esaltazione, all'affermazione della potenza... pensate a Hitler, pensate a Mussolini, pensate a quella propaganda insistita... Goebbels era un genio della propaganda! I giornali, la radio, il cinema, (a quel tempo non c'era ancora la televisione) tutto era al servizio della potenza e della forza, la forza che doveva dominare il mondo, che non esitava ad andare a conquistare terre lontane... E i cristiani che facevano? Applaudivano! E non applaudiva gente sprovveduta, applaudivano i Papi che hanno osato dichiarare questi personaggi "uomini della provvidenza". Applaudivano i cardinali, i vescovi, i preti e applaudiva la maggioranza dei cristiani... Applaudivano! E le conseguenze? La conseguenza è stata che gli ultimi, gli indifesi, e anche molti bambini, finivano "bruciati nel camino".
È difficile accettare "l'impotenza" di Dio! È difficile accettare che la vita non si basi sulla forza, sul potere, ma sul servizio, sull'accoglienza, sul rispetto, sulla tenerezza...
Per fortuna, la nostra storia di credenti non è fatta soltanto di applausi ma, anche, di tanta gente che si è messa veramente e sinceramente al servizio degli ultimi.
Ma non sono molti anche tra i santi: se guardate con attenzione il calendario trovate personaggi che hanno indetto crociate o bruciato eretici o accumulato potere e ricchezze. A volte sembra che l'esaltazione di personaggi come Madre Teresa o don Gnocchi siano solo un alibi per coprire l'indegnità di una Chiesa che pensa solo al potere e ad affermare la propria forza nella società.
Vi sembrano parole un po' dure? Ma guardate che qui - se ho capito qualcosa - siamo nel "cuore" della fede e in un cuore difficile, quasi impossibile per noi uomini, perché - ve lo ripeto - le pietre son fatte così, le piante san fatte così, gli animali son fatti così e noi siamo animali, la storia è fatta così e, noi, dobbiamo credere che tutto questo va ribaltato, che non conta la potenza e la forza, ma la gratuità e l'amore: è quasi impossibile per noi!
Dovremmo onorare tutti coloro che ne sono capaci almeno un po'. Dovremmo ringraziare il Signore con tutto il nostro cuore per quel poco che riusciamo a fare anche noi.
Quanto sia difficile credere che l'accoglienza dell'ultimo e del piccolo, che la tenerezza e l'amore siano il cuore stesso della vita, per tutti noi non è complicato capirlo! Forse, non so se capita anche a voi come a me, basta guardarsi allo specchio la mattina e si capisce che la tenerezza e l'amore non sono a buon mercato: per questo Dio è finito su una croce, per questo si è manifestato impotente in mezzo a noi, ma accettare Dio impotente, non è facile per noi!
Qualcuno di voi che ha i capelli bianchi, ricorderà... ci rivolgevamo alla Madonna di Pompei: "E se voi non ci volete aiutare, diteci, almeno, a chi dobbiamo rivolgerci.." Noi non possiamo fare a meno dell'onnipotenza, della forza di Dio, è troppo per noi! Eppure Dio si è fatto "carne" per finire su una croce, per mostrare la Sua impotenza e ci invita ad essere al servizio, ci invita ad accogliere un "bambino": questo è l'unico Dio in cui possiamo credere, questo - se ho capito qualcosa - è il cuore della nostra fede, non a buon mercato.
Il Signore ci aiuti.
"Chiunque vi darà da bere un bicchiere XXVI Domenica del tempo ordinario - 27 Settembre 2009
d'acqua nel mio nome perché siete di Marco 9,38-43.45,47-48
Cristo, non perderà la sua ricompensa"
Avete ascoltato con attenzione questa pagina? E avete capito qualche cosa? Cosa significa essere cristiani!? Si tratta di essere tolleranti e accoglienti con chi la pensa diversamente da noi, non è dei nostri? Oppure si tratta di prendere qualcuno, mettergli una "macina da mulino al collo e buttarlo nel mare"? E non mi sembra molto tollerante!
Oppure cosa significa seguire Gesù? Bisogna "tagliarsi una mano, i piedi, cavarsi un occhio, addirittura, perdere la vita oppure basta dare un "bicchier d'acqua"? Che significa essere cristiani? Una risposta astratta non c'è! L'unica risposta possiamo trovarla nella vita.
Vedete, nel lungo corso della storia della Chiesa, spesso, i cristiani e anche le autorità della Chiesa se la sono presa, sono stati intolleranti con i piccoli, i deboli, gli indifesi... pensate a tutte le storie, che anche qualcuno di voi ha subito, per il divorzio, per la contraccezione, per far nascere un bambino o per l'eutanasia o quant'altro, spesso, ce se la prende con chi è più debole e si diventa, invece tolleranti e, addirittura, conniventi con i potenti, con i mafiosi, con chi accumula grandi ricchezze, con i dittatori della storia.
Cosa vuol dire essere cristiani? Quando devo accogliere chi è diverso da me? E quando si deve gridare tutta la propria intolleranza, tutto il proprio rifiuto nei confronti di certe persone?
E, poi, che significa essere cristiani? Perdere la mano, l'occhio, il piede, addirittura la vita? A molti cristiani e anche a tanti non cristiani, che credevano nella giustizia e nel bene, è stato chiesto anche il sacrificio supremo. La storia dell'umanità è fatta di tanti martiri: martiri per la giustizia, per il bene... gente che ci credeva e per la propria fede ha perso la vita.
E, se non volete pensare a qualche cosa di cruento e crudele, pensate a quei padri, a quelle madri di famiglia che hanno perso gran parte della loro vita dietro un figlio nato handicappato. Ne incontrate anche per le strade di Ostia e vedete attenzione, tenerezza, amore verso una persona, magari, seduta su una carrozzella che si muove appena… e la vita si perde.
Oppure pensate a chi - ne ho conosciuti tanti - ha perso mesi e anni dietro una persona malata... un anziano, ormai, confinato in un letto, incapace di muoversi, incapace, a volte, di capire. C'è gente che è ridotta quasi in schiavitù, che perde la vita. Questo è essere cristiani? Oppure basta dare un "bicchiere d'acqua"? Un bicchiere d'acqua, forse, l'abbiamo dato tutti! Io ho i "certificati", i testimoni, non so se li avete anche voi.
Vi racconto un episodio accaduto una quindicina di anni fa, forse anche di più. Avevo fatto più o meno questa predica sul "bicchiere d'acqua", quando ero ancora nella parrocchia di Stella Maris e, dopo la Messa, si presenta in sacrestia una giovane mamma con due bambini e... "Si ricorda di me, don Checco?". "Ma non so...". "Io sono Annamaria! Quando facevo la seconda media ci siamo conosciuti". La sua faccia non me la ricordavo, era cambiata, erano passati più di trent'anni, non l'avevo mai più vista...
Quando faceva la seconda media gli era morta la mamma e - ero allora un giovane prete - avevo perso con lei parecchie ore ad ascoltarla, lasciarla parlare, tentando di darle un po' di speranza e di conforto. Mi ricordavo benissimo la sua storia! E lei mi ha detto: " Don Checco, lei a me qualche bicchiere d'acqua, in quei tempi, me l'ha dato veramente!"
Sono passati quindici anni, non l'ho vista più! Io l'ho considerata come un angelo mandato dal cielo a darmi il "certificato": qualche bicchiere d'acqua l'ho dato! Quando mi presenterò davanti al Signore e Lui mi chiederà: "Allora, che hai fatto?". "Aspetta Annamaria! - spero che arrivi un po' dopo di me perché è giovane, Annamaria - domanda a lei! Dice che un bicchier d'acqua gliel'ho dato, Tu hai detto che basta, quindi che altro vuoi?".
Io qualche bicchiere d'acqua l'ho dato e voi ce l'avete una "Annamaria"? Penso di sì! Trovate qualcuno che possa dire: "Lei, a me, qualche bicchiere d'acqua l'ha dato!".
Per Gesù basta! Qualcuno dice: "Ma bisogna darlo "perché siete di Cristo", solo così vale!" Ho sentito, a volte, dei preti dire così..." Vi ricordate la pagina del Vangelo di Matteo: "Avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere...". "Quando mai, Signore!". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei miei fratelli, l'hai fatto a Me". Ogni uomo è di Cristo, qualunque "bicchiere d'acqua" è prezioso davanti a Dio e "non perderà la sua ricompensa"
Fatevi, dunque, qualche "Annamaria" e potrebbe bastare. Potete fare anche qualche altra cosa... potete chiedere al Signore che basti " un bicchiere d'acqua" ma, io, non mi fiderei, il Signore, qualche volta non ascolta. Chissà perché? Qualche volta sembra che ci pigli in giro, può dire:"Sì, sì, va bene un bicchiere d'acqua, però, adesso, tre anni dietro ad una persona malata…!". "Eh no, i bicchieri d'acqua io li ho dati e hai detto che bastava?!". "A qualcuno basta, a don Checco basta, a te, no!" "A chi tocca non s'ingrugna": si dice a Roma!
Forse ci conviene dare tutti i "bicchieri d'acqua" che possiamo… e poi chissà.
Il Signore ci aiuti
…"L'uomo non divida ciò XXVII Domenica del tempo ordinario - 4 Ottobre 2009
che Dio ha congiunto". Marco 10, 2-16
Nei libri tutto sembra chiaro, semplice, preciso. Ho cominciato circa cinquant'anni fa a studiare il "De matrimonio" - a quel tempo parlavamo in latino. Il matrimonio - secondo i libri - è un'istituzione basata sulla generazione dei figli e sull'indissolubilità! Tutto chiaro, con un fondamento ben preciso - così ci dicevano - nella Scrittura e nel Vangelo!
L'antica parola della Genesi dice: "Crescete e moltiplicatevi", mettete al mondo tutti i figli che potete. E la pagina del Vangelo di oggi sembra avere un chiaro riferimento all'indissolubilità del matrimonio... "L'uomo non separi ciò che Dio ha unito". Tutto chiaro!
Poi, la vita... e ti accorgi che avendo, noi, imparato a non far morire più i bambini, non potevamo moltiplicarli all'infinito, non c'era più posto! E poiché la maggior parte degli uomini non vivevano più in campagna, dove ci sono grandi spazi, ma in città, bisognava imparare a limitare le nascite, a limitarle sul serio! Diceva, propri ieri, un signore al supermercato: "Noi eravamo diciannove fratelli!". Oggi sorridiamo, non ci sarebbe spazio per loro!
E l'indissolubilità sembrava il fondamento della famiglia. Ci dicevano, con discorsi un po' terroristici, che i bambini nati in famiglie divorziate sarebbero cresciuti malamente e dolorosamente...
E, poi, in questi cinquant'anni che son prete, l'esperienza, le tante storie che ho conosciuto e che ho sentito raccontare... e molte erano storie dolorose: di famiglie in cui c'era la violenza, la sopraffazione, la mancanza di rispetto, l'umiliazione...
Debbo confessarvi che, nella mia vita, ho pregato più volte perché due potessero separarsi e non che rimanessero insieme.
Vedete, ci hanno insegnato - lo hanno insegnato anche al Papa - che non si può dividere una coppia (eccetto qualche ridicolo processo alla "Rota") ma nessuno ci ha insegnato come si fa a tenerla insieme, perché, alle volte, non le regole, i principi, i giuramenti, ma l'amore, finisce... a volte scioccamente, stupidamente, a volte perché non c'è più o, forse, perché non c'è mai stato, c'è solo sopraffazione, mancanza di rispetto.
Non solo... nella mia lunga esperienza ho visto crescere sereni, tranquilli e perbene tanti ragazzi figli di coppie divorziate e ho visto crescere malamente e dolorosamente ragazzi che sembravano vivere in una coppia quasi perfetta.
E allora... Allora i principi vanno a farsi benedire. La vita è un'altra cosa! La vita è complicata… è fatta, a volte di fallimenti, a volte di sconfitte, a volte di peccato.
E poi… la fortuna più grande, forse, della mia vita è stata la scoperta del Vangelo
Vedete, nel Vangelo si parla di peccato e di fallimento, ma non in questa pagina... ce ne sono altre, straordinarie, e c'è sempre la speranza di riprendere la strada, di camminare ancora.
In questa pagina, non ci sono regolette! Qui c'è il "sogno", il sogno del primo mattino del mondo. Il sogno di due persone che tentano di diventare una cosa sola... una cosa sola nel corpo, nel cuore, nello spirito… e, io, ho avuto la fortuna, grande fortuna, di vedere anche questo... non soltanto coppie che vivevano il dolore e il fallimento, ma anche coppie che sono arrivate alla fine della vita ancora innamorate. Ho visto occhi inteneriti, ormai velati dalla cataratta, che si guardavano ancora innamorati. Ho visto persone che per tutta la vita avevano saputo condividere se stessi, che si intendevano con uno sguardo, un aggrottare di ciglia, con un piccolo movimento della bocca. Ho visto...!
E, credo, che ogni coppia cristiana, ogni credente debba continuare ad essere testimone presso chi cresce, presso i ragazzi, i giovani della possibilità, della bellezza di volersi bene, bene fino in fondo.
E poi? E poi c'è un'altra cosa nel Vangelo di oggi. Forse non lo avete notato ma, se riprendete, durante il canto, il foglietto, vedrete che ci propongono anche una lettura breve del Vangelo di oggi... tolgono la seconda parte, quella del "bambino"... "Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso".
Ebbene, in questi lunghi anni abbiamo scoperto che questo, che sembra agli occhi di qualcuno un passo che si può trascurare, è, forse, la pagina fondamentale del Vangelo.
Una delle soddisfazioni della mia vita è aver visto che, ormai, in quasi tutti i Battesimi che si preparano insieme, si sceglie questa pagina del Vangelo, quella del "bambino" e, non per riguardo al bambino, ma agli adulti, ai genitori. Non solo, in molti matrimoni che ho celebrato, la pagina scelta era proprio quella del "bambino".
Non si tratta di rimanere bambini, si tratta di "diventare" bambini! Chi è il bambino? un essere ingenuo, innocente? Tutt'altro! Il bambino è fondamentalmente uno che ha la vita davanti, che cerca, che non si stanca di cercare e di provare. Avete visto qualche bambino che impara a camminare? prima "gattona" un po', poi si alza, cade, si rialza, ricade, ma si rialza sempre e cerca di camminare finché non ci riesce e poi corre...
Il bambino è uno che ha solo il futuro davanti, che non ha un passato dietro le spalle, sempre è teso al domani, vive, anche se non lo sa, di speranza, di possibilità che si rinnovano ogni giorno.
Di più! Il bambino è uno che si guarda intorno con uno stupore totale, che cerca di scoprire il mondo, di scoprirlo piano piano, a tastoni, con le mani, con la bocca, poi con la mente, con il cuore... Il bambino è uno che non si contenta mai, che non si sente mai arrivato, che sa di non sapere.
Di più! Il bambino è uno che vive la vita come un dono! È per lui un dono l'aria, il sole, il mare... sono soprattutto un dono il papà, la mamma, qualche fratello, se li ha, gli amici che pian piano comincia a incontrare… vive tutto come un dono.
Di più! Il bambino è uno che non accampa diritti, che non dice: "Io ho fatto... io ho acquisito meriti, tu mi devi questo!". Il bambino riceve tutto!
E come può, un matrimonio, realizzare il "sogno" se non si rimane bambini? Se non si è capaci di guardare l'altro con stupore e meraviglia? Se non si è capaci di sentire che c'è sempre un futuro, che dopo ogni sbaglio, ogni fallimento si può ricominciare, si può, ancora, guardare lontano?
Come è possibile amarsi se non c'è la convinzione che l'altro è un dono per me? Come si può amare se si accampano diritti? Se si dice: "Io ho fatto questo, io porto i soldi a casa, io... io...?"
Qualche volta, tutto questo, non è possibile realizzarlo! Qualche volta si conosce il fallimento e, allora, altre pagine del Vangelo ci parlano della possibilità di riprendere sempre una strada, di provarci ancora, di non stancarsi...
Se posso darvi un consiglio... mandate a farsi benedire tutte le regole, i tribunali della "Rota", tutte le sciocchezze di certe leggi. Il cristiano vive di ideali, vive di sogni... tenta di realizzare nella sua vita il sogno di Dio e dell'uomo: il sogno di un amore tenero, rispettoso, fedele, appassionato. Non è a buon mercato.
Il Signore ci aiuti.
…"Va', vendi quello che hai e XXVIII Domenica del tempo ordinario -11 Ottobre 2009
dallo ai poveri"... Ma a queste Marco 10, 17-30
parole egli si fece scuro in volto
e se ne andò rattristato...
Domenica scorsa - qualcuno di voi, forse, lo ricorderà - il Vangelo ci proponeva un bambino: "Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso". Oggi abbiamo l'opposto del bambino!
Fermatevi, un momento, a guardare con attenzione questo signore. Non è più un bambino, non è nemmeno giovane - come suggerisce il foglietto che avete tra le mani - perché dice: "fin dalla mia giovinezza" ormai, probabilmente, lontana. Allora fissate il vostro sguardo su di lui...
Un uomo di una certa età, se non proprio anziano, ben vestito, elegante, con l'aria un po' altera... guarda con superiorità tutta questa gente che sta intorno a Gesù: poveri pescatori, contadini, se non proprio degli straccioni... Ha sentito parlare di Gesù come di un Maestro importante e si inginocchia davanti a Lui: "Maestro buono, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" Cosa devo "fare" per "avere"...? Gesù gli dice: "Lascia tutto!". Rimane sconcertato.
Cosa si aspettava? Cosa andava a chiedere a Gesù? Potete immaginare! Forse si aspettava che Gesù gli dicesse: fai un pellegrinaggio a Gerusalemme; oppure, costruisci una sinagoga per il villaggio o restaura quella che c'è; oppure, fai una ricca offerta per i poveri… Niente di tutto questo! "Lascia tutto!" Quest'uomo vuole "avere", vuole comprare la vita eterna. Non può! "Lascia tutto…"
Qui occorre una parentesi... Anche a qualcuno di voi sarà capitato - come è capitato a me - di ascoltare qualche frate più largo che alto, grasso e rubizzo, che esaltava la povertà, parlava con disprezzo dei soldi, arrivando a dire che il denaro è "lo sterco del diavolo". Il denaro è una cosa seria! E, forse, i frati, i preti farebbero bene a non parlarne troppo e anche il Vaticano sarebbe meglio se non ne parlasse, visti i trascorsi della sua banca.
L'ideale, non è la povertà, l'ideale è la ricchezza - non so se ve ne siete accorti - a Pietro, Gesù, promette che avrà "cento case, cento campi, cento fratelli"... è l'abbondanza, la ricchezza! L'ideale non è un certo pauperismo francescano che ha afflitto, con grande ipocrisia, la storia della Chiesa. L'ideale è la ricchezza!
Ma se non si parla di soldi, di che si parla, qua? Fate un passo indietro.
Quest'uomo, chiede a Gesù che cosa deve fare e Gesù gli dice: "Osserva i comandamenti... non rubare, non uccidere…". "Ma questo l'ho fatto fin dalla mia giovinezza!" Guardate bene il cuore di quest'uomo! È uno che ha costruito la sua vita, forse potrebbe dirvi: "Mi son fatto dal nulla". Ha sempre osservato la legge. Si è costruito un piedistallo per guardare dall'alto in basso chi gli sta intorno. Lui ha molti soldi e, forse, se gli venisse richiesta, potrebbe fare una congrua offerta… lui probabilmente va in Sinagoga ogni sabato: si sente giusto e, forse, disprezza questa povera gente che non è stata capace di arricchirsi, che qualche volta non osserva la legge, che non frequenta la Sinagoga.
Si sente "giusto" e ora crede di aver trovato uno come lui… "Maestro buono, che devo fare…?". "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo!".
Vedete, Gesù arriva a dire a quest'uomo: "Nemmeno io sono buono, butta via tutto, butta via la tua superiorità; il tuo sentirti giusto; butta via i tuoi soldi: la vita non si basa sui soldi. Non si basa nemmeno sulla giustizia che credi di aver costruito. Queste cose non contano! Non puoi "avere", la vita eterna, devi "essere"… e per "essere" devi ridiventare bambino".
Conta il guardare al domani, conta la ricerca, la gratuità, il sentirti in cammino verso la giustizia. Non basta adempiere la legge, perché non c'è la legge nel cuore de Vangelo! Nel cuore del Vangelo c'è il "sogno", l'ideale di un amore che sa condividere la vita, che moltiplica la ricchezza non per sé, ma per tutti, che moltiplica la vita: "cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi…" la vita che si basa sulla gratuità, sul dono: il sogno di un bambino!
Forse c'è tra voi qualcuno che pensa di avere un peso sul cuore e quindi non si sente "giusto" per nutrirsi di Gesù, stamattina, "Maestro buono… che devo fare?" "Perché mi chiami buono?", Gesù si mette dalla parte vostra. Anche Lui arriva a non sentirsi buono per camminare con noi, per cercare con noi la gratuità e il bene.
Ecco il cuore di questa pagina del Vangelo. Non si parla di soldi, qui! C'è ancora l'invito a diventare bambini. Si parla di rinunciare a quello che abbiamo costruito, a sentirci "giusti", ricchi di soldi e di opere… per vivere la gratuità e il dono.
È quasi impossibile per noi, ma Gesù ancora ci ripropone il sogno di un bambino. Non siate come questo vecchio signore! Non abbiate paura di Dio! Non pensate di dover moltiplicare le vostre opere, le vostre pratiche religiose, le vostre offerte: vivete la gratuità, vivete la vita come un dono; vivetela come la vive un bambino e, se vi sentite in colpa buttatevi tra le braccia del Padre con la fiducia di un bambino, che sa di essere sempre perdonato, perché il cuore del Padre è più grande del suo.
II Signore ci aiuti.
"Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto XXIX Domenica del tempo ordinario - 18 Ottobre 2009
per farsi servire, ma per servire..." Marco 10, 35-45
Due discepoli si avvicinano a Gesù e gli chiedono di poter stare ai primi posti quando si realizzerà il Suo Regno, gli altri discepoli si indignano - forse lo avremmo fatto anche noi - perché proprio loro al primo posto?
Questo, offre a Gesù l'occasione per dire: "Tentate di essere come me che non son venuto per essere servito, per cercare il primo posto, ma per servire, per donare la mia vita".
A leggere le Letture di oggi - ne trovate conferma anche nell'introduzione del foglietto che avete tra le mani - sembra che il servizio di Gesù consista fondamentalmente nel Suo donare la vita, morendo in croce "in riscatto per molti". Per quello che ho capito io, la cosa è molto, molto più complessa.
Vedete, i primi cristiani cominciano a credere che Gesù venga "dall'oltre" di Dio, da quella realtà che è al di là di ogni immaginazione e di ogni pensiero, dal mistero profondo dell'essere e cominciano ad intuirLo come un mistero di gratuità e di amore.
Gesù viene da questa dimensione indicibile, inimmaginabile e si è fatto "carne", è diventato uno di noi per mettersi al servizio. Questo servizio è solo la croce? I primi cristiani cominciano a rendersi conto che Gesù ha vissuto per trent'anni nel silenzio - se così possiamo chiamarlo - di Nazareth.
Allora, provate un momento ad immaginare questa vita. Provate a vedere i primi anni di Gesù, e anche per Lui il tentare di muoversi e riuscire faticosamente a camminare, come ogni bambino. Immaginate la scuola, il sabato alla sinagoga, che condivide con i Suoi compagni… (studiavano poco a quel tempo).
Immaginatelo, poi, ad imparare lentamente il lavoro del padre: piallare le assi, sistemare una tavola, aggiustare una sedia, riparare un tavolo... per anni e anni Gesù ha fatto solo questo!
E, poi, immaginatelo nel servizio quotidiano insieme alla Sua famiglia: aiutare la mamma, il papà, i tanti fratelli che aveva, più piccoli di Lui, sembra.
Immaginatelo la sera, magari, all'osteria con gli amici a dire qualche battuta, a raccontare barzellette (chissà come sapeva raccontare le barzellette Gesù?). Tutto questo è quotidianità, è servizio, tutto questo per trent'anni. Dio è venuto a vivere in mezzo a noi per condividere la nostra vita, per donare qualche cosa di Sé.
Poi è andato in giro per il mondo, ha tentato di comunicare i segreti del Suo cuore, i sogni della Sua anima... pochi lo hanno ascoltato, ma non si è stancato! Ha continuato fino alla fine, anche rischiando la vita.
Ora, vedete, Gesù ci invita ad essere come Lui, a tentare di vivere, anche noi, il servizio... se la parola "servizio" non vi piace - a molti non piace - usatene un'altra: condivisione, attenzione verso gli altri, tenerezza.
Di che cosa è fatto il servizio?
Vedete, oggi, è la giornata missionaria: pensiamo, preghiamo... farete - chi vorrà - la propria offerta per chi va in giro per il mondo a testimoniare il Signore, qualche volta rischiando la vita e, se seguite i giornali, il telegiornale, spesso, c'è un martirologio, quasi uno stillicidio di persone che muoiono per essere fedeli a questa missione.
Ma è solo questo il servizio?
Noi speriamo di non dover mai finire sulla croce o sotto i colpi di qualche fanatico e, allora, noi, siamo esentati dal servizio o la nostra vita non è servizio?
Ecco, ripensate ai trent'anni di Nazareth... È servizio anche l'accudire i propri figli, lo star dietro alla loro crescita, soprattutto alla crescita psicologica, quando arrivano ai quattordici o quindici anni e diventa difficile capirli e tentare di intuire quali sono i loro veri bisogni.
E il servizio dei nonni che corrono di qua e di là... per accompagnare i nipoti a scuola, alla piscina o al calcio o alla lezione di inglese o di musica... diventano, qualche volta, i nonni, schiavi dei bambini. Si parla di "schiavitù" nel Vangelo di oggi... "il primo tra voi sarà schiavo di tutti" oggi, mi pare, che tocchi ai nonni! Anche questo è servizio!
Come è servizio il mettersi una cravatta più bella per far piacere alla moglie. Come è servizio far l'amore con passione e tenerezza anche quando non se ne avrebbe voglia. Come è servizio il vivere il proprio lavoro, cercando di farlo meglio possibile, cercando di essere attenti alle esigenze degli altri che vivono con noi. Come può essere servizio occuparsi del mondo che ci sta intorno, dalle cose più semplici... il differenziare la raccolta dei rifiuti perché il mondo si sporchi di meno, si sciupi di meno. Come è servizio occuparsi dei problemi - per quanto possiamo - di questa società, della scuola, della vita civile, della politica, del mondo intero, in cui miliardi di persone non hanno cibo a sufficienza...
Tutto questo è servizio! Tutto questo è attenzione all'altro, tutto questo è tenerezza! A tutto questo ci chiama il Signore!
"Tentate di essere come me... non sono venuto per essere servito, ma per servire, per donare la mia vita". Donarla nel quotidiano, nelle cose di ogni giorno, tentare di vivere la tenerezza, l'attenzione all'altro, la gratuità, l'amore.
Non è facile, ma questa è l'unica strada che il Signore ci traccia davanti: per questo è venuto a camminare davanti a noi e ci invita a seguirlo.
Il Signore ci aiuti.
Allora Gesù gli disse: "Che cosa vuoi che XXX Domenica del tempo ordinario - 25 Ottobre 2009
io faccia per te?". E il cieco gli rispose: Marco 10, 46-52
"Rabbunì, che io veda di nuovo".
Lungo la strada il grido del cieco... non è il grido di uno sconosciuto, strano personaggio di tanto tempo fa... è il mio grido e - se posso coinvolgervi - il vostro grido, il grido di tutti i cristiani che, seriamente, hanno attraversato la storia in questi duemila anni.
Perché questo grido? Perché "lungo la strada" il credente ha bisogno di gridare: "Signore, fa che io veda?".
Fate un passo indietro. Nelle domeniche precedenti, Marco, ci ha condotto in un lungo cammino, ci invitava a "salire la montagna" della fede, della vita cristiana.
A chi siamo andati dietro? Marco ha tentato di dircelo... Gesù è venuto dalle dimensioni "dell'oltre" di Dio, dal mistero infinito... ed è venuto in mezzo a noi per condividere la nostra vita, per essere uno di noi, ed è venuto - ci diceva Marco domenica scorsa - "non per essere servito, ma per servire e donare la Sua vita".
Ripensate a questo servizio!
Il servizio di Nazareth, nella Sua famiglia, con gli amici; l'imparare faticosamente il mestiere di falegname, la vita quotidiana, lo stare insieme con gli altri... una vita fatta di attenzione, di tenerezza. Poi, è andato in giro per il mondo a testimoniare i sogni dei Suo cuore, gli ideali della Sua vita ed è stato... - per usare le parole di Paolo - "fedele fino alla morte e alla morte di croce"
Andiamo dietro ad un "servo" mite, impotente, indifeso, che, come un agnello innocente, finirà su una croce. Dietro a questo Signore tentiamo di camminare... e cosa ci chiede?
Vi ricordate le domeniche precedenti? Ci chiede di ridiventare "bambini"... bambini che non accampano diritti, che non pensano di essere arrivati; bambini che vivono di stupore, di meraviglia, che accettano la vita e gli altri come un dono. Bambini che non si stancano mai di camminare, di conservare la speranza dentro di loro; allora diventiamo capaci di un amore fedele, tenero, nella famiglia, verso la moglie, verso il marito, verso le persone che ci stanno intorno ogni giorno...
E, poi, un passo più avanti.
Ci chiama a non basare la nostra vita sul denaro, a non sentirci "giusti", arrivati, a non pensare di poter guardare gli altri dal piedistallo di quello che abbiamo accumulato e dell'osservanza della legge, del sentirci a posto... Gesù ci invita a scendere da quel piedistallo, a sentirci, anche noi, povera gente, in cammino.
E, poi, domenica scorsa ci diceva: "Come me, non per cercare i primi posti, non per essere serviti, ma per servire". Per mettere la nostra vita a disposizione degli altri, per condividerla nella tenerezza, nell'attenzione, nella generosità, nell'amore.
Ecco la strada, la strada che Gesù ci mette davanti! Andiamo dietro di Lui, non l'onnipotente Signore di cui avremmo bisogno, ma il "servo" fedele. Non Colui che viene a tappare i buchi delle nostre debolezze, ma Colui che si china a lavarci i piedi e ci chiede di fare altrettanto, diventando "bambini", condividendo la vita, vivendo anche noi di amore e di tenerezza. Allora, come è possibile non "gridare"?
Chi di noi è capace di amare fino in fondo? Chi di noi è capace di non rivolgersi all'altro pensando di aver fatto "qualcosa" per lui e quindi di avere diritto al contraccambio? Chi di noi è capace di un amore fedele anche quando costa sacrificio, anche quando si tratta di andare fino in fondo? Chi di noi è capace di condividere totalmente i sogni del cuore di Gesù?
E, allora, non ci resta che gridare: "Rabbunì, che io veda; fa che anch'io possa seguirti "lungo la strada", apri i miei occhi, dammi la fede, fa che creda nei Tuoi sogni, negli ideali della Tua vita".
Non è semplice, per questo gridiamo: "Signore, fa che io veda".
Apparve una moltitudine immensa, di TUTTI I SANTI - 1 Novembre 2009
ogni nazione, razza, popolo e lingua… Apocalisse 7, 2-4, 9-14. Matteo 5, 1-12
"Beati i poveri... quelli che sono nel pianto...
i miti... quelli che hanno fame e sete di giustizia
i misericordiosi... gli operatori di pace.
Le Letture che abbiamo appena ascoltato, ci permettono di dare uno sguardo - solo uno sguardo, è chiaro - su Dio, sul mondo, ma uno sguardo che ritengo essenziale.
Potremmo cominciare con una domanda che abbiamo rivolto, tante volte, ai nostri bambini e ai nostri giovani: "Secondo te, Dio, dalla parte di chi sta?". E la risposta, pronta, era sempre: "Dio sta dalla parte di tutti, non può fare preferenze di persone!".
Si poteva continuare il discorso: "Secondo te, se una mamma ha tre figli e uno si ammala, dalla parte di chi sta la mamma?". "Ah, certo, dalla parte di quello che è malato, dedicherà a lui tutte le sue attenzioni e gli altri non se ne avranno a male!".
Ecco, Dio è così! Sta dalla parte della povera gente, di chi piange. Sta dalla parte di chi è perseguitato per la giustizia, di tutti gli oppressi, i perseguitati della storia del mondo
"E, secondo te, la mamma, può guarire il suo bambino malato?". "Ah, se è una malattia grossa, no! Gli può stare solo vicino, lo può tenere per mano, lo può accompagnare, lo può sostenere... ma non lo può guarire!". Ecco, così è Dio!
Dio non può intervenire nei grandi mali del mondo... è venuto a condividerli, sta dalla parte degli ultimi, dei poveri; è nato in una capanna per questo, è finito su una croce. Sta dalla parte di tutti gli oppressi della storia. Ecco, Dio è così!
E, Dio, come sogna il cuore dell'uomo? "Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, beati i miti, i misericordiosi, gli operatori di pace"...
Ecco com'è il cuore di Dio e come vorrebbe che fosse il cuore dell'uomo. Beati quelli che cercano la pace con passione e tentano di costruirla ogni giorno. Beato chi è mite, misericordioso, chi ha fame e sete di giustizia e Gesù è venuto in mezzo a noi per essere testimone di tenerezza, di misericordia, di attenzione verso l'altro: ha sempre perdonato chi gli portavano, puntando il dito contro il peccato, si è chinato a lavare i piedi della Sua gente.
Ma le Letture di oggi ci invitano anche a dare uno sguardo sul mondo ed è fondamentale per noi, oggi.
Vedete, noi viviamo in un mondo in cui dominano la televisione, la radio, i giornali e lo sguardo che abbiamo sul mondo è, spesso, su un mondo pieno di male. La televisione e la radio ci mettono davanti soltanto i misfatti, i delitti, le violenze che ci sono nel mondo! Non ci parla mai, - e per fortuna: vuol dire che è una cosa "normale" - di quello che il brano dell'Apocalisse chiama "una moltitudine immensa di ogni razza, popolo e nazione"
Cercate, con gli occhi della vostra fantasia, di guardare questa "moltitudine immensa"... Tutte le mamme che si occupano con tenerezza dei figli, che si sacrificano per loro. Tutta la gente che lavora onestamente, tutti quelli che hanno fame e sete di giustizia, che cercano di costruire un mondo migliore... Guardateli... "una moltitudine immensa"!
Non leggerete mai i loro nomi sui giornali, non li vedrete mai alla televisione, ma ci sono! Sono la stragrande maggioranza degli uomini che vivono sulla faccia della terra. Sono i piccoli, i semplici, quelli che si portano dentro una fame vera della giustizia, un desiderio autentico di pace.
Allora, oggi, vi conviene fare memoria dei vostri santi, perché ciascuno ha i propri santi! Non pensate ai santi del calendario, spesso sono dei personaggi discutibili. Trovate il loro nome sotto la condanna a morte di eretici, di streghe. Trovate il loro nome sotto l'indizione delle Crociate e di tanti altri misfatti della storia. Trovate il loro nome nell'elenco dei potenti, di quelli che hanno accumulato grandi ricchezze... non pensate a loro!
Pensate ai vostri santi... probabilmente vostro padre, vostra madre, quello zio che avete incontrato, quella nonna che é stata per voi testimone di tenerezza, di attenzione, di servizio, di amore. Ciascuno di noi ha i propri santi! Il loro nome non sarà mai sul calendario, ma sono i nostri santi! Quelli che per noi sono stati testimoni di libertà, di pace, di giustizia... quelli a cui abbiamo voluto bene e ci hanno voluto bene. Sono i nostri santi e ciascuno di noi ha i suoi e sulla faccia della terra molti uomini hanno i propri santi: di questi, oggi, facciamo memoria e sono "una moltitudine immensa"!
Ecco uno sguardo, solo uno sguardo, su Dio e sul mondo, ma uno sguardo fondamentale, che ci permette di intuire qualche cosa del cuore di Dio e della storia vera del mondo.
Il Signore ci aiuti.
"...la folla gettava monete nel tesoro. XXXII Domenica del tempo ordinario - 8 Novembre 2009
E tanti ricchi ne gettavano molte. Marco 12, 38-44
Ma, venuta una vedova povera,
vi gettò due monetine..."
Il Vangelo di Marco praticamente finisce qui, con questa piccola, straordinaria perla: non resta che il grande discorso sulla fine del mondo, di cui leggeremo qualche frase domenica prossima e il lungo racconto della Morte e Resurrezione di Gesù. Questi appartengono alla tradizione comune, ma la ricerca del Vangelo di Marco di qualche racconto che fosse un segno della vita di Gesù finisce con questa che io considero una piccola, straordinaria perla.
Perché? Forse lo ricordate... Marco ci ha condotto in un cammino dietro Gesù che sembra sconfinare nell'infinità del cielo: il cammino dell'amore totale e fedele, del servizio, dell'attenzione verso gli altri, il cammino della libertà, della dedizione e alla fine di questo cammino - forse lo ricordate, due domeniche fa - trovavamo il grido del cieco: "Signore, fa che io veda; Signore, fa che possa seguirti, dammi la fede".
Ma chi è il vero cristiano? Soltanto l'eroe, il santo, colui che compie prodigi, che ha visioni, che ha le stimmate impresse sul corpo? Soltanto "loro" sono i veri cristiani, i modelli di vita?
Permettetemi una piccola parentesi. Vedete, nella lunga storia del cristianesimo (che continua… è vicenda dei giorni scorsi) spesso, sono stati onorati gli eroi, i santi, i santoni... persone di ogni genere accorrono per una persona che sembra avere le stimmate, le visioni, che compie prodigi... preti, vescovi, tutti accorrono... Ma è questo il modello del cristiano?
Vi siete mai chiesti perché, nella lunga storia della Chiesa, il Vangelo sembra non contare?
Oggi abbiamo davanti una piccola, povera, semplice vedova. Provate ad immaginarla... una persona anziana, gli occhi un po' appannati, le ginocchia la reggono a stento... non ha da buttare nel tesoro del tempio che qualche piccola monetina!
Ne ho incontrate nella vita - per mia grande fortuna - di persone così! Persone anziane che avevano soltanto un soldo da gettare nel tesoro della vita, ma te lo offrivano con semplicità e gratuità totale: il semplice tesoro di un sorriso, della loro ironia, del senso profondo della vita.
Guardatela questa vedova perché, lei, ci viene proposta, oggi, come modello della vita cristiana. Credo che abbiamo bisogno di questa vedova! Abbiamo bisogno di questa vecchina che ha soltanto un soldo da gettare nel tesoro del tempio. Ne abbiamo bisogno in questo mondo di chiacchieroni, di gente che vuole mettersi al primo posto, che ostenta la propria ricchezza, il proprio potere. Ne abbiamo bisogno, in questa Chiesa, in cui sembrano contare soltanto coloro che radunano tanta gente, ammassano folle di persone.
Ne abbiamo bisogno, soprattutto, per la nostra vita. Forse abbiamo qualche spicciolo in più da gettare nel tesoro della vita, ma, forse, nessuno di noi è capace di essere un eroe, di compiere prodigi... allora, uscendo da questa chiesa, portatevi a casa questa straordinaria carezza del Vangelo di Marco. Gesù dice a me e a tutti voi: "Se hai soltanto pochi spiccioli da gettare nel tesoro della vita, non ti preoccupare, davanti a Dio non conta chi fa grandi cose. Davanti a Dio conta chi cerca di donare quello che ha e lo fa con semplicità, con tenerezza… e se non ci riesce del tutto "grida" al Signore e prova ancora".
Quello che conta non sono le grandi cose, ma la tenerezza di un sorriso, un gesto di affetto, l'attenzione verso chi vive con noi ogni giorno. Ecco perché - secondo me - quello che abbiamo letto stamattina è una piccola, straordinaria perla, preziosa per me e, spero, per tutti voi.
Tornatevene a casa con una carezza sul viso: è la carezza di Gesù, è la carezza del Vangelo di Marco, che ci aiuta ogni giorno a gettare nel tesoro della vita quello che abbiamo con gratuità e tenerezza.
Il Signore ci aiuti
"...quando il ramo di fico si fa tenero XXXIII Domenica del tempo ordinario -15 Novembre 2009
sapete che l'estate è vicina. Così anche Marco 13, 24-32
voi: quando vedrete accadere queste
cose, sappiate che Egli è vicino... "
La pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltata, forse più di altre, ci mostra le ambiguità, le contraddizioni della nostra fede che sono, poi, le ambiguità e le contraddizioni della vita.
Vedete, da una parte, chi crede in Dio, chi cerca di portarsi nel cuore i valori di Gesù non può che essere profondamente insoddisfatto di questo mondo, così carico di violenza, di sopraffazione; questo mondo, in cui tanta gente ha fame, in cui i bambini muoiono, non può essere accettato: ci sono troppe ingiustizie!
Allora, la tentazione è quella della fuga, quella di aspettare un mondo radicalmente nuovo, che scenda "dall'alto": questa terra è brutta e malvagia, non possiamo che aspettarne un'altra! C'è chi non aspetta l'intervento di Dio e usa la violenza, il tritolo per distruggere questo mondo nell'illusone di costruirne uno totalmente diverso.
Il credente vive questa profonda ambiguità. Da una parte il mondo in cui è stato gettato è per tanti aspetti, inaccettabile. D'altra parte, però, nel cuore della sua fede c'è "l'incarnazione", fondamentale per un cristiano. Dio si è fatto "carne", è diventato uno di noi, parte di questo mondo; non ha aspettato nell'alto dei cieli che "le stelle cadessero, la luna e il sole si oscurassero". È venuto a prendere parte di questa nostra terra, ha accettato questo mondo e, quindi, al credente, che pur prova tanta insoddisfazione nei confronti del tempo in cui vive, non resta che accettarla questa vita, se vuole essere come Dio, come Gesù.
L'incarnazione è il cuore della fede, l'incarnazione è accettazione di questa terra. Accettazione della realtà, del mondo che abbiamo intorno, della vita e anche - cosa a volte difficile - accettazione di se stessi, dei propri limiti, della propria realtà, delle proprie pulsioni profonde, delle proprie incapacità, delle proprie incompetenze.
Tutto questo non può che essere accettato e, allora, qual è la tentazione? È la rassegnazione, la sfiducia che si possa cambiare qualcosa, che qui, in questa terra, si possa fare qualcosa perché il mondo sia migliore, perché io sia migliore, perché le cose che mi stanno intorno, in qualche modo, cambino e, passo passo, diventino migliori.
Vedete, contraddizioni profonde! Da una parte l'insoddisfazione nei confronti di questa vita e di se stessi e dall'altra parte il dovere di accettarla e di cogliere, in questa vita, tutti gli aspetti positivi, tutto il bene che c'è intorno a noi, senza dividere il mondo in buoni e cattivi; senza farsi venire inutili, sciocchi sensi di colpa... accettare se stessi, la propria dimensione di uomo, i propri limiti, ma accettarli rassegnandosi?
Il credente sa che non può rassegnarsi, che nel cuore della fede c'è la speranza! Se uno non ha speranza nel domani, nel futuro non ha fede! Perché? Perché il credente sa che nell'ultimo orizzonte non c'è il nulla, il vuoto, il male, la violenza, la rassegnazione, ma c'è Gesù, la Sua realtà, i Suoi ideali, i Suoi sogni: è Lui l'ultima parola, l'ultima meta della nostra storia...
Il Vangelo ci suggerisce un'immagine molto tenera... "quando vedete il ramo del fico diventare tenero e spuntano le foglie sapete che l'estate è vicina". Noi vediamo Lui nell'ultimo orizzonte e lo celebriamo qui... tra poco diremo: "Proclamiamo la Tua Resurrezione, nell'attesa della Tua venuta".
Quando celebriamo la venuta del Signore non possiamo che vivere la speranza! Una speranza concreta fatta del nostro guardarci intorno ogni giorno e vedere come io stesso e la mia famiglia e l'ambiente in cui vivo e il mondo che mi sta intorno possono essere, almeno un po', migliori.
Se non vivo, se non coltivo questa speranza, non sono un credente, mi sono rassegnato, ho rinunciato a credere in Cristo.
Vedete, dunque, da una parte l'insoddisfazione e dall'altra parte l'accettazione... una insoddisfazione che non può invocare la distruzione del mondo, un'accettazione che non può essere rassegnazione e sfiducia... non resta che la speranza!
Una speranza che sia concreta, che sia cogliere nel mondo, in me stesso, in chi mi sta intorno, nella vita, tutti gli aspetti positivi e insistere su questi aspetti positivi e, allora, un consiglio... la televisione e i giornali vi fanno vedere solo il negativo della vita! Non potete cogliere soltanto questi aspetti, si rischia che la speranza cada dal cuore, che la sfiducia e la rassegnazione si impossessino del vostro animo: non è cristiano! Il cristiano sa che aspetta Gesù! Il cristiano sa che deve tentare di vivere i Suoi valori ogni giorno, accettando se stesso, i propri limiti, i limiti del mondo che ha intorno, ma sforzandosi - per quello che può - di renderlo, almeno, un po', migliore.
Non è facile, lo sapete.
Il Signore ci aiuti!
"II mio regno non è di questo mondo... Per questo sono CRISTO RE - 22 Novembre 2009
venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità". Giovanni 18, 33-37
Oggi celebriamo la festa di Cristo Re. Cosa può significare per noi? Vedete, uno dei problemi che hanno i credenti è quello di trovarsi davanti a tante espressioni che cercano di rendere la realtà di Gesù: Gesù è il Messia, il Figlio dell'uomo, è il Signore, il Figlio di Dio o - come diciamo oggi - Gesù è il Re dell'universo.
Cosa significano queste parole? Cosa c'è dietro? Noi siamo abituati a ripetere queste parole fin da quando eravamo bambini. Specialmente chi ha i capelli bianchi ha imparato tante rispostine del catechismo che sembravano esaurienti e chi ci interrogava era soddisfatto se rispondevamo parole precise.
Ma cosa c'è dietro queste parole, ve lo siete mai chiesto? Cosa significa che Gesù è il Figlio di Dio, il Signore, il Re dell'universo? Queste parole rimangono vuote se dentro non ci mettiamo una vera esperienza di Lui, della Sua vita, di quelli che sono i valori, gli ideali, i sogni che si portava nel cuore. Per essere cristiani - per quello che ho capito - occorre tentare di fare - ed è una strada che non finisce mai - esperienza di Gesù, della Sua realtà, della Sua vita.
Oggi diciamo che Gesù è Re. Cosa significa? Quando Gesù dice: "Il mio regno non è di questo mondo" significa che è dell'altro mondo, che regna aldilà della storia, in un mondo che è aldilà della nostra esperienza? Un mondo che non è di "quaggiù", ma che appartiene ai cieli? Oppure, Gesù non ci chiama verso un altro mondo, ma a costruire un mondo "altro", diverso, che abbia dei valori diversi da quelli che sembrano dominare la storia di questa nostra terra?
A leggere il Vangelo sembra chiaro che Gesù non ci chiami a un altro mondo, ma a rendere diverso questo mondo! Qualche domenica fa - forse, qualcuno di voi lo ricorda - abbiamo letto nel Vangelo di Marco queste parole: "Voi sapete che i capi delle nazioni dominano su di esse e le opprimono... tra voi, però, non è così: chi vuol essere grande tra voi sarà vostro servitore e chi vuol essere il primo sarà il servo di tutti... come il Figlio dell'uomo che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la Sua vita".
Allora, vedete, non si tratta di un mondo aldilà della storia, si tratta di un mondo "altro" qui sulla terra. Un mondo in cui chi ha qualche potere non cerchi l'affermazione di sé, non aumenti la sua prepotenza sugli altri, ma si metta al servizio, un servizio al bene della gente.
Un'altra frase del Vangelo che tutti, certamente, conoscete è quella del discorso finale del Vangelo di Matteo: "Avevo fame e m'hai dato da mangiare, avevo sete e m'hai dato da bere, ero nudo e m'hai vestito...". "Quando, Signore, ti abbiamo visto affamato e assetato...?". "Ogni volta che avete fatto questo al più piccolo dei fratelli lo avete fatto a me".
Sono parole importanti per un credente, oggi, perché viviamo in un mondo in cui tutti cercano di apparire... non soltanto i capi della terra che cercano di mostrarsi in tutti i modi, ma anche la gente comune: sembra che uno non vale se non appare in televisione. Sembra che apparire, vestendo abiti firmati, ostentando l'ultimo telefonino, sia quello che conti...
Gesù "sparisce", lo avete mai notato? In quel discorso Gesù sparisce dietro l'ultimo bambino della terra... "Avevo fame e m'hai dato da mangiare...". "Quando, signore?". "Ogni volta che hai fatto questo al più piccolo dei fratelli, lo hai fatto a me". Vedete, l'ideale non è apparire, mostrarsi nella propria potenza e nella propria ricchezza... l'ideale è trovarsi accanto all'ultimo dei bambini, a chi ha una lacrima da asciugare; accanto a chi, vicino a noi, ha qualche bisogno...
Un'altra frase del Vangelo che, nella mia esperienza di Gesù - perché, vedete, si tratta di esperienza e un'esperienza che non può finire e si arricchisce sempre - ritengo fondamentale è quella che dice: "Non è l'uomo fatto per il sabato, ma il sabato è fatto per l'uomo".
Cos'è il "sabato"? Il sabato è ogni legge, ogni tradizione, ogni regola, il sabato è anche la fede, anche la preghiera... tutto può diventare un "sabato" se non è a servizio dell'uomo. Quello che conta è l'uomo, ogni uomo!
Gesù non vuole essere lodato, applaudito, pregato, ma vuole essere incontrato nell'ultimo della terra, in chi si trova in difficoltà, in chi ci sta accanto.
Credo che Lui dall'alto dei cieli abbia guardato, qualche volta, rabbrividendo, la nostra storia di cristiani. Abbiamo usato la croce - il Suo trono, perché questo è il trono di Gesù - per indire crociate, per conquistare le Americhe, per infliggere sofferenze a chi era diverso: è questo il Regno di Gesù? Io credo che Lui abbia guardato con disgusto questa storia!
Ma, se volete fare una riflessione seria, non pensate soltanto alle crociate, alla conquista dell'America, alla storia di tempi lontani... è fondamentale che ciascuno di noi pensi a sé, alla propria vita, alla propria esperienza di Gesù... Fino a che punto, io, ho fatto miei i valori, i sogni, la vita di Gesù? Fino a che punto Lo riconosco in chi mi sta accanto ogni giorno? Fino a che punto non cerco di apparire ma di essere? Fino a che punto vivo il servizio semplice, nella vita di ogni giorno?
Vedete, Gesù dice a Pilato che è venuto per testimoniare la verità... Pilato - se leggete subito appresso - gli domanda: "Che cos'è la verità?". Gesù non risponde! Non è un discorso astratto, la verità, per un credente! La verità è esperienza; esperienza di Gesù, della Sua vita, dei Suoi sogni.
Fino a che punto, anche noi, andiamo alla ricerca di questa verità? Tentiamo di essere veri, cioè di essere, almeno in parte, come Gesù, nell'attenzione verso gli altri, nella ricerca della pace, nel dono di noi stessi?
Non è semplice.
Il Signore ci aiuti.